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ANTEPRIMA MULTIMEDIALI

Il segmento testuale Filosofia è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 2709Analitici , di cui in selezione 97 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da (Mito e civiltà moderna) Ernesto De Martino, Mito, scienze religiose e civiltà moderna in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 3 - 1 - numero 37

Brano: [...]tenzione anche a questo importante aspetto dei rapporti fra mito e civiltà moderna. Abbiamo comunque ragione di credere che, anche così come si è riusciti ad attuarlo, il presente tentativo ha qualche merito, soprattutto se si tien conto che in Italia rappresenta in certo senso il primo del genere, soprattutto per la prospettiva che lo caratterizza: infatti solo in parte potrebbero essere considerati come antecedenti i fascicoli dell’Archivio di Filosofia diretti dal Castelli (Filosofia della Religione, 1955; Filosofia e Simbolismo, 1956) e la raccolta Umanesimo e Simbolismo, curata dallo stesso Castelli (Padova, 1958). Numerosi sono invece gli antecedenti stranieri, come

— per ricordare i più recenti e i più importanti — i due volumi delYEranos Jahrbuch del 1949 e del 1950 (rispettivamente dedicati al mito e al rito), i numeri di Studium Generale del maggio, giugno e luglio 1955, il Journal of American Folclore del 1955, n. 370, e soprattutto il recentissimo fascicolo di Daedalus, Journal of thè American Academy of Arts and Sciences, che è della primavera del 1959 e che è dedicato interamente al mito e [...]

[...]nza storicoreligiosa moderna, fortemente radicata nel presente e nei suoi problemi anche quando volge la sua attenzione all’arcaico, al simbolico, al mitico, al magico, al sacro*MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA

Negli ultimi quarantanni, e più precisamente a partire dalla fine della prima guerra mondiale il dominio delle scienze religiose è senza dubbio entrato in una crisi decisiva. Nell’età precedente le scienze religiose — cioè la filosofia, la storia, la etnologia, la tipologia, la sociologia, la psicologia della religione — nella misura in cui si muovevano al di fuori di presupposti teologici e apologetici mostravano uno spiccato orientamento ad accogliere i temi ermeneutici della eredità illuministica, idealistica, materialistica e positivistica: basterebbe ricordare gli schemi dell’evoluzione religiosa dell’umanità dal Comte in poi, le teorie religiose di Fuerbach e del materialismo storico, la scienza del mito e la storia comparate delle religiosi inaugurate da Max Mùller, la etnologia religiosa di un Tylor e di un Frazer, [...]

[...]la Psychologie der Weltaschuungen dello Jaspers, la cosiddetta rinascenza kierkegaardiana. Qualche anno più tardi, nel 1923, J. W. Hauer pubblicherà Die Religionen: ihr Werden, ihr Sinn, ihre Wahrheity opera nella quale già affioravano alcuni temi che dovevano poi, una diecina d’anni più tardi, alimentare — come si è già detto — il « movimento della fede tedesca », capeggiato dallo stesso Hauer. Il Sacro, oltre l’ovvio ed esplicito richiamo alla filosofia religiosa dello Schleiermacher, riprende e sviluppa un tema che già era affiorato in due storici delle religioni, il Marett e il Sòderblom: il tema, cioè, di uno specifico carattere dell’esperienza religiosa. In sostanza il « timore religioso » si distingue per qualità dagli altri timori naturali per un suo oggetto specifico, che è il « radicalmente altro » :

... Il religiosamente misterioso, il puro myrum, è — se vogliamo forse coglierlo nella sua più tipica essenza — il « tutt’altro » (Ganz andere), il thateron, l’anyad, l’alienum, Faliud valde, lo straniero e l’estraneo, ciò che è assol[...]

[...]58 dalla casa editrice Feltrinelli.

(41) R. Caillois, L’homme et le sacre, 19502, p. 39 sg.

(42) JungKerényi, Prolegomeni dio studio scientifico della mitologia, trad. ital. Torino 1948, p. 33 sg.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA

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sione che il mito, nella concretezza della vita religiosa, affonda le sue radici nel rito e nel culto, e che fuori di questo rapporto il mito non è più tale, ma diventa arte, dramma, letteratura, filosofia, scienza, cioè — in generale — opera umana avviata alla consapevolezza della sua umanità e mondanità (43). Ma il vero e proprio atto di nascita di questo indirizzo è segnato da due symposia editi da S. Hooke, nei quali un gruppo di studiosi sottoponevano ad analisi il rapporto fra mito e rito nel vicino Oriente. Poteva sembrare una disputa fra dotti tendente a rivalutare nella religione di Israele, e in genere nelle civiltà delPoriente vicino, il rituale ed il culto, e a rintracciare i modelli miticorituali che operavano in questa vasta area religiosa, soprattutto in rapporto al tema della « [...]

[...]icorituale si lasciò talora fuorviare da una unilaterale accentuazione del momento rituale della vita religiosa (47), resta come suo merito l’aver energicamente sottolineato che un vero mito, nel quale si crede e che conferisce vita e significato, è inseparabile dal rito e dal culto o almeno dalla prospettiva di un possibile riviverlo, in date e luoghi stabiliti, in una definita vicenda liturgica : i « miti » che operano nella letteratura, nella filosofia, nella scienza senza alcun riferimento a un culto attuale o possibile sono propriamente letteratura, filosofia o scienza, ma non miti vivi, ancorché ne riecheggiano il tema. Noi cercheremmo del resto inutilmente in questo indirizzo generale delle scienze religiose formulazioni teoriche molto rigorose, tali da assùrgere a un vero e proprio impegno sistematico. Forse la formulazione teorica più impegnata è quella tentata da Clyde Kluckhohn in una monografia apparsa in The Harward Theological Review (48). L’autore polemizza con la tendenza prevalente nel secolo decimonono di considerare i miti indipendentemente dai rituali corrispondenti e dai loro concreti nessi esistenziali, e al tempo stesso rimprover[...]

[...]tà culturali. Per quanto già nel mondo antico si manifesta il processo di liberazione del profano dal sacro, per entro la civiltà cristiana la progressiva autonomia dell’umano dal divino ha intensificato il suo ritmo, soprattutto dalla Riforma e dal Rinascimento in poi. Noi abbiamo scoperto oggi le « origini » miticorituali del teatro, delle arti figurative, della letteratura, della danza e della musica, il nesso fra mito, teologia, metafisica e filosofia, il passaggio dalla sacralità del gruppo sociale e dalle ideologie teocratiche ai problemi della moderna convivenza democratica, il liberarsi della tecnica e della produzione dei beni economici dall’orizzonte « numinoso » in cui per così lungo tempo si sono svolte e hanno trovato protezione: ma questa nostra scoperta non è nient’altro che la presa di coscienza di un processo che soprattutto la civiltà occidentale ha condotto innanzi, in un riferimento più

o meno mediato col « senso della storia » dischiuso dal Cristianesimo.

Ma ce qualche cosa di più. Non soltanto il Cristianesimo, al p[...]

[...]uistione e della vastissima bibliografia attingendo da A. Vógte, Rivelazione Milo, in «Problemi e orientamenti di Teologia Dogmatica », Milano 1957, I, pp. 827 sgg.; R. Marlé, Bultmann e Vinterpretazione del nuovo testamento, trad. it., Brescia 1958; G. Miegge, L’evangelo e il mito nel pensiero di Rudolf Bultmann, Milano 1956; F. Bianco, Introduzione al problema dello smitologizzamento, nel voi. « Metafisica ed Esperienza Religiosa », Archiv. di Filosofia, Roma 1956, pp. 265 sgg.; F. Bianco, Mito, simbolo, esistenza, nel voi. « Filosofia e simbolismo », Archiv. di Filosofia, 1956, pp. 289 sgg. e Metodo fenomenologico e interpretazione del mito, ibidem, 1957, pp. 199 sgg.; M. Bendi scioli, Interpretazioni razionalistiche del Cristianesimo primitivo, Padova 1952, pp. 68 sgg.; R. Tucci S. Un nuovo allarme fra i teologi protestanti, in « Civiltà Cattolica », quad. 2562, 16 marzo 1957, pp. 580 sgg.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA

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sere facile spiegare Fattuale interesse per la religione facendo appello alla frustrazione delle speranze che parecchi avevano riposto nella scienza, nell'umanesimo, nei movimenti politici secolari. Avendo sopravalutato il[...]



da Libri ricevuti in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]o, a cura di Clara Strada Janovic, Torino, Einaudi, pp. xvi506.
ID., L'opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, traduzione di Mili Romano, Torino, Einaudi, 1979, pp. 524.
BRONISLAW BACZKO, L'utopia. Immaginazione sociale e rappresentazioni utopiche nell'età dell'illuminismo, traduzione di Marghe rita Botto e Dario Gibelli, Torino, Einaudi, 1979, pp. XII460.
MARIALUISA BALDI, Filosofia e cultura a Mantova nella seconda metà del Settecento. I manoscritti filosofici dell'Accademia Virgiliana, Firenze, La Nuova Italia, 1979, pp. 234.
BRUNO VALERIO BANDINI (a cura di), Storia e storiografia. Studi su Delio Cantimori, Atti del convegno tenuto a Russi (Ravenna) il 78 ottobre 1978, Roma, Editori Riuniti, 1979, pp. 240.
HERCULINE BARBIN detta ALEXINA B., Una strana confessione, memorie di un ermafrodito presentate da Michel Foucault, traduzione e nota introduttiva di Brunella Schisa, Torino, Einaudi, 1979, pp. xiv124.
GIORGIO BARONI, Giuseppe Ungaretti, Firenze, Le Monnier, 1980[...]

[...]storico internazionale (Messina, Aula Magna dell'Università, 1012 ottobre 1975), Cosenza, Pellegrini, 1979, pp. 644.
ID., Strutture agrarie e lotte per la terra nel Mezzogiorno contemporaneo: la Calabria, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 1979, pp. XVI770.
Dizionario letterario delle opere di tutti i tempi e di tutte le letterature, Appendice, vol. III, AZ, Indici, Milano, Bompiani, 1979, pp. 900.
MARIA CRISTINA DONNINI MACCIÒ, Educa zione e filosofia in Aristotele, Torino, Loescher, 1979, pp. 214.
FRANCO DONZELLI, Economia FRANCESCO FENGHI, Diritto, Venezia, Gulliver, 1979, pp. 170.
FËDOR MICHAJOLOVIC DOSTOEVSKIJ, Lettere ad Anja, presentazione di Paolo Prestigiacomo, traduzione di Denise Mariani, Roma, Il Melograno, 1979, pp. 174.
UGO DOTTI, Niccolò Machiavelli. La fenomenologia del potere, Milano, Feltrinelli, 1979, pp. 160.
DUE ANONIMI, L'albero a cui tendevi la pargoletta mano. Antologia di poesie studiate e imparate a memoria sui banchi di scuola di una volta, prefazione di Giancarlo Vigorelli, Milano, Mursia, 1979, pp. 296.
FRI[...]

[...]9, pp. x166.
GIUSEPPE FARINELLI, Il romanzo tra le due guerre, Brescia, La Scuola, 1980, pp. 270.
498 LIBRI RICEVUTI
M. FATTORI e M. BIANCHI (a cura di), Ordo, Atti del II Colloquio Internazionale del Lessico Intellettuale Europeo (Roma, 79 gennaio 1977), Roma, Edizioni dell'Ateneo & Bizzarri, 1979, due volumi, pp. xiv848.
ROSARIO FERRERI, Innovazione e tradizione nel Boccaccio, Roma, Bulzoni, 1980, pp. 126.
LUDWIG FEUERBACH, Principi della filosofia dell'avvenire, a cura di Norberto Bobbio, Torino, Einaudi, 1979 reprint (1971), pp. xII144.
MOSES I. FINLEY, The Idea of a Theatre: The Greek Experience, British Museum Publications, 1980, pp. 16.
ALESSANDRO FINZI, Modelli grafici e critica letteraria, Torino, Einaudi, 1979, pp. x130.
JEANLOUIS FLANDRIN, La famiglia. Parentela, casa, sessualità nella società preindustriale, prefazione di Guido Verucci, Milano, Comunità, 1979, pp. 330.
ANNA FOLLI, Vent'anni di cultura ferrarese: 19251945, 2 volumi, Bologna, Pàtron, 19781979, pp. LII256396.
ANN FOREMAN, Condizione femminile ed alienazione.[...]

[...]NI, Aristotelismo e Scolastica, Torino, Loescher, 1979, pp. 304.
ALDO GARGANI (a cura di), Crisi della ragione. Nuovi modelli nel rapporto tra sapere e attività umane, con scritti di C. Ginzburg, G. C. Lepschy, F. Orlando, F. Rella, V. Strada, R. Bodei, N. Badaloni, S. Veca, C. A. Viano, Torino, Einaudi, 1979, pp. 366.
EUGENIO GARIN RENATO TREVES VITTORIO ENZO ALFIERI GIUSEPPE CAMBIANO WALTER TEGA ANTONIO SANTUCCI ALDO ZANARDO NORBERTO BOBBIO, Filosofia e marxismo nell'opera di Rodolfo Mondol f o, Firenze, La Nuova Italia, 1979, pp. VIII232.
RINO GENOVESE, Dell'ideologia inconsapevole. Studio attraverso Schopenhauer, Nietzsche, Adorno, prefazione di Remo Bodei, Napoli, Liguori, 1979, pp. 148.
SALVATORE GENTILE, Repatriare Masuccio al suo lassato nido. Contributo filologico e linguistico, Galatina, Congedo, 1979, pp. 232.
GIULIANO IMPERATORE, Misopogon edizione critica, traduzione e commento a cura di C. Prato e D. Micalella, Roma, Ateneo & Bizzarri, 1979, pp. xL206.
CHIARA GIUNTINI, Scienza e società in Inghilterra. Dai Puritani a Newton[...]

[...]oescher, 1979, pp. 292.
L. RON HUBBARD, Scientology. I fondamenti del pensiero, traduzione di Giuseppe Borsarini e Paolo Facchinetti, Copenhagen, Dipartimento delle pubblicazioni, 1979, pp. x130.
LIBRI RICEVUTI 499
JOHAN HUIZINGA, La civiltà olandese del Seicento, prefazione di Delio Cantimori, traduzione di Piero Bernardini Marzolla, Torino, Einaudi, 1979 reprint (1967), pp. xvii120.
LAURA ISEPPI CARLO NATALI CLAUDIO PACCHIANI FRANCO VOLPI, Filosofia pratica e scienza politica, Abano Terme, Francisci, 1980, pp. 178.
MARIO ISNENGHI, L'educazione dell'italiano. Il fascismo e l'organizzazione della cultura, Bologna, Cappelli, 1979, pp. 472.
ID., Intellettuali militanti e intellettuali funzionari. Appunti sulla cultura fascista, Torino, Einaudi, 1979, pp. viii290.
PIETRO JANNI, Etnografia e mito. La storia dei Pigmei, Roma, Edizioni dell'Ateneo & Bizzarri, 1978, pp. 142.
CHRISTIAN JENSEN WOLFGANG SCHMID
MARCELLO GIGANTE, Saggi di papirologia ercolanese, Napoli, Morano, 1979, pp. 115.
HANSPETER KLAUS, Selbstinterpretation bei Leopardi, B[...]

[...] traduzione di Maria Pia Lunati Figurelli, prefazione di Bruno Dente, Milano, Edizioni di Comunità, 1979, pp. 446.
PIER PAOLO PASOLINI, Il caos, a cura di Gian Carlo Ferretti, Roma, Editori Riuniti, 1979, pp. 274.
NINO PASTI, Falchi colombe e struzzi, problemi militari, Roma, Carecas, 1978, pp. 222.
FEDERICO PASTORE, La conoscenza come azione. Saggi su Lukács, Milano, Marzorati, 1980, pp. 170.
CHAÏM PERELMAN LUCIE OLBRECHTSTYTECA, Retorica e filosofia, Introduzione di Furio Semerari, Bari, De Donato, 1979, pp. 182.
LEO PESTELLI, Parlare italiano, nuova edizione riveduta e aggiornata, Milano, Feltrinelli, 1979, pp. 380.
CLAUDIA PETRACCONE, Le città italiane dal 1860 a oggi, Torino, Loescher, 1979, pp. 296.
CARLO PETTAZZI, Th. Wiesengrund Adorno. Linee di origine e di sviluppo del pensiero (19031949), Firenze, La Nuova Italia, 1979, pp. xvI296.
JEAN PIAGET, Cibernetica e strutture operatorie del pensiero, a cura di Leonardo Trisciuzzi, Maria Teresa Poropat, Maria Cargnello, Torino, Loescher, 1979, pp. 117.
CESARE PIANICOLA, Filosofia e [...]

[...]ilano, Feltrinelli, 1979, pp. 380.
CLAUDIA PETRACCONE, Le città italiane dal 1860 a oggi, Torino, Loescher, 1979, pp. 296.
CARLO PETTAZZI, Th. Wiesengrund Adorno. Linee di origine e di sviluppo del pensiero (19031949), Firenze, La Nuova Italia, 1979, pp. xvI296.
JEAN PIAGET, Cibernetica e strutture operatorie del pensiero, a cura di Leonardo Trisciuzzi, Maria Teresa Poropat, Maria Cargnello, Torino, Loescher, 1979, pp. 117.
CESARE PIANICOLA, Filosofia e politica nel pensiero francese del dopoguerra, Torino, Loescher, 1979, pp. 298.
STEFANIA PICCINATO, Testo e contesto della poesia di Langston Hughes, Roma, Bulzoni, 1979, pp. 255.
MICHELANGELO PICONE, « Vita nuova » e tradizione romanza, Padova, Liviana, 1979, pp. VIII204.
ANTONIO PIROMALLI, Albino Pierro. Dialetto e poesia, Cassino, Garigliano, 1979, pp. 142.
STEFANO POGGI, Le origini della psicologia scientifica, Torino, Loescher, 1980, pp. 272.
CARLO FERDINANDO Russo direttore responsabile
Autorizzazione del Tribunale di Firenze N. 89 in data 25 marzo 1949
INDUSTRIA TIPOGRAFICA FI[...]



da Giovanni Mari, Ritratti critici contemporanei. Louis Althusser in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]e forme dell'« ideologia borghese » sviluppatosi nel quadro delle « critiche di destra » dello stalinismo. Una difesa, come vedremo, che ha comportato un « ritorno alle fonti », ai classici, e che Althusser ha portato avanti, spesso da solo, non in nome dell'ortodossia (come da piú parti si è creduto di poter affermare), ma in nome di una « comprensione » e di una « intelligenza » di Marx da conquistare mediante la scoperta e lo sviluppo della « filosofia marxista ».
La Prefazione (1965) agli scritti raccolti nel Per Marx si apre con queste considerazioni: « Pur avendo tutti preso spunto da occasioni particolari, questi testi sono tuttavia il prodotto di una medesima epoca e di una medesima storia. Sono, a modo loro, i testimoni di una singolare esperienza, che tutti i filosofi della mia epoca che hanno tentato di pensare dentro Marx hanno vissuta: la ricerca del pensiero filosofico di Marx, indispensabile per uscire dal vicolo cieco teorico in cui la storia ci aveva cacciati » (PM, p. 5).
Il periodo in cui la ricerca di Althusser si svolge [...]

[...]». Che il marxismo, « contrariamente alla frettolosa definizione di Lenin », non è « `un blocco d'acciaio', ma comporta difficoltà, contraddizioni e lacune » che hanno un loro preciso ruolo nella crisi attuale (« Non possiamo infatti contentarci di risolvere tutto con la responsabilità di Stalin », Finalmente, p. 225).
Nel 1978 i punti di maggior debolezza del pensiero di Marx gli appaiono i seguenti: la sopravvivenza in esso dell'« idea di una filosofia della storia » che, come l'« unità fittizia » imposta al Capitale dall'esigenza di dover partire dall'« astrazione del valore », rileva un'insufficiente resa dei conti filosofica con l'hegelismo; le ben scarse indicazioni circa la natura e la funzione della « sovrastruttura » (« il diritto, lo Stato, le forme ideologiche »); l'assenza di una riflessione teorica sul problema dell'organizzazione (mo, pp. 113120). L'idea di una crisi del marxismo permette infine una nuova consapevolezza storica: questa crisi non può essere considerata un mero fatto recente ed improvviso, essa appare piuttosto co[...]

[...]separazione può essere agevolmente identificato nel 1970.
La « rettifica » consiste essenzialmente nell'assunzione da parte della problematica di Althusser di un nuovo tipo di rapporto tra politica e teoria, precisamente nella proposta della tesi del « primato della pratica sulla teoria », cioè del « primato della lotta di classe nell'economia e nella politica sulla lotta di classe nella teoria » (EA, p. 5). La lotta di classe nella teoria è la filosofia, precedentemente (Per Marx e Leggere il Capitale) definita come « teoria della pratica teorica ». Qui mi interessa soprattutto notare come, sia la congiuntura politica in cui Althusser « interviene », sia la sua stessa ricerca filosofica presentano una svolta: la prima nel '68, la seconda nel '70. E la cronologia di queste due svolte è tale da porre immediatamente il problema del primato della politica sulla svolta teorica di Althusser (la quale, d'altra parte, come vedremo, è indissolubilmente intrecciata all'interpretazione che Althusser compie di un'altra svolta, avvenuta piú di cento anni[...]

[...]a di Althusser (la quale, d'altra parte, come vedremo, è indissolubilmente intrecciata all'interpretazione che Althusser compie di un'altra svolta, avvenuta piú di cento anni prima, quella che nel 1845 è compiuta dal giovane Marx).
Di questo primato occorrerebbe ricostruire le specifiche forme di presenza nelle grandi questioni teoriche e politiche sollevate in questi ultimi anni dal filosofo francese (a cominciare dalla nuova definizione della filosofia), di esso tuttavia già conosciamo la forma generale: la dichiarazione della « crisi generale del marxismo ». Questa infatti si presenta come l'istanza complessiva e finale che oggi la filosofia di Althusser pone al marxismo teorico e politico, nel secondo periodo della sua ricerca che si svolge nella fase
LOUIS ALTH'USSER 411
di iniziativa e di stallo del movimento operaio e comunista. Ed anche se questo approdo della filosofia di Althusser possiede tempi intrinseci, ed in particolare presenta una fase di transizione che inizia nel 1966 (Cours de philosophie pour scientifiques) ed ha uno dei suoi punti piú alti in Lenin e la filosofia (1968, febbraio), mi sembra evidente che la « logica esterna » di tale sbocco non sia ricostruibile prescindendo dal « Maggio '68 ».
Ma la vera difficoltà che presenta lo sviluppo della filosofia di Althusser, ed in particolare la sua « autocritica », non riguarda tanto la ricerca del nesso che intercorre tra la fase politica successiva al 1968 e la enunciazione della « crisi generale del marxismo », bensí la individuazione del nesso (cioè del « primato » di quale politica) che intercorre tra la fase aperta dal 1956 e la « deviazione teoricista » di tale filosofia. In altre parole, esiste una radice politica di questa « deviazione » filosofica? perché questa « deviazione » nel periodo di difesa del marxismo e di « ritorno alle fonti » (anni Sessanta)? anche a quali errori o deviazioni di tipo politico si può far risalire l'idealismo filosofico di cui Althusser si autocritica? Il filosofo francese non dice niente in proposito, egli si sofferma solo sulle radici teoriche del proprio « teoricismo » e « razionalismo » (Spinoza, Bachelard, una certa influenza dello strutturalismo, ecc.), come se il « primato » della politica si esercitasse solo dal momento [...]

[...]ita. L'« autocritica » in verità ci pone di fronte ad un fatto abbastanza sconcertante. Infatti Althusser, dopo essersi criticato per aver sostenuto negli anni Sessanta posizioni idealistiche (« Teoricismo vuol dire qui: primato della teoria sulla pratica, insistenza unilaterale sulla teoria; ma piú precisamente: razionalismo speculativo », EA, p. 22, nota 20), difende senza alcuna esitazione gli effetti politici ed ideologici ottenuti da questa filosofia « speculativa »: « Ma, e questo è certamente piú importante, alcune tesi che noi attaccavamo hanno dovuto fare marcia indietro: cioè le tesi umaniste, storiciste, ecc. » (EA, p. 40). Ora la difficoltà è tutta qui perché Althusser, dopo aver rivendicato il primato della pratica sulla teoria (in Elementi di autocritica questo primato è rivendicato anche quando si definisce « principale » la giusta tendenza politica dei primi saggi, rivolti contro le « pseudospiegazioni » del xx Congresso e contro gli assalti dell'ideologia borghese, e « secondaria » la loro « deviazione » filosofica), e dopo av[...]

[...] Althusser, dopo aver rivendicato il primato della pratica sulla teoria (in Elementi di autocritica questo primato è rivendicato anche quando si definisce « principale » la giusta tendenza politica dei primi saggi, rivolti contro le « pseudospiegazioni » del xx Congresso e contro gli assalti dell'ideologia borghese, e « secondaria » la loro « deviazione » filosofica), e dopo aver riconosciuto che nei saggi degli anni '60'65 egli ha sostenuto una filosofia razionalista e speculativa, conclude difendendo gli effetti politici ed ideologici determinati dall'inter
412 GIOVANNI MARI
vento di questa filosofia nella congiuntura, quindi ristabilendo un nuovo tipo di separazione tra filosofia e politica.
Si tratta di un tipo di separazione particolare, la quale si esprime in un'assenza, e che riguarda il « secondario », cioè la « deviazione ». Nel senso che tale separazione non impedisce di veder il nesso che intercorre tra la congiuntura e la tendenza « principale » e giusta della riflessione degli anni '60'65, impedisce di vedere solo quello che intercorre tra la stessa congiuntura e la « deviazione ». E questa separazione che permane tra filosofia e politica sul piano della « deviazione », cioè del « secondario », non solo impedisce di pensare la possibilità di un primato non [...]

[...]ca.
Si tratta di un tipo di separazione particolare, la quale si esprime in un'assenza, e che riguarda il « secondario », cioè la « deviazione ». Nel senso che tale separazione non impedisce di veder il nesso che intercorre tra la congiuntura e la tendenza « principale » e giusta della riflessione degli anni '60'65, impedisce di vedere solo quello che intercorre tra la stessa congiuntura e la « deviazione ». E questa separazione che permane tra filosofia e politica sul piano della « deviazione », cioè del « secondario », non solo impedisce di pensare la possibilità di un primato non giusto della politica sulla teoria (su cui invece Althusser si era molto acutamente soffermato nella Introduzione al Per Marx), ma finisce per caratterizzare teoreticamente la filosofia dei primi saggi soltanto per i suoi aspetti negativi: un « secondario » quindi che diviene esaustivo. Ovvero un'« autocritica », per un verso (sul lato del politico) incompleta (assenza della ricerca del rapporto tra idealismo filosofico e pratica politica degli anni Sessanta), e per l'altro (sul lato del filosofico) forse anche eccessiva. Vedremo in seguito come è forse possibile colmare questa incompletezza, questa assenza.
3. Uno dei grandi temi presenti in tutto l'arco della ricerca di Althusser è rappresentato dalla questione del « giovane Marx ». Cioè da quel complesso di problemi di o[...]

[...]tabilisce tra il xx Congresso e lo sviluppo dell'interesse attorno agli scritti giovanili di Marx. La connessione è la seguente: la critica del « culto della personalità » e delle « violazioni della legalità socia
LOUIS ALTHUSSER 413
lista » da un lato, e, dall'altro, le varie interpretazioni umanistiche del pensiero di Marx elaborate a partire dai suoi scritti giovanili, sono espressione di una medesima ideologia. Dell'« ideologia giuridica e filosofia borghese », la cui struttura è caratterizzata dall'« opposizione della Persona (Libertà = Volontà = Diritto) e della Cosa » (EA, p. 16). Il xx Congresso, in altre parole, avrebbe favorito, con le proprie « pseudospiegazioni » interamente sovrastrutturali della deviazione staliniana, la diffusione nel movimento operaio delle interpretazioni ideologiche e filosofiche umanistiche del marxismo (umanesimo marxista, filosofia marxista dell'uomo, umanesimo socialista, umanesimo reale, ecc.). « Dopo il xx Congresso, un'ondata apertamente di destra si diffuse... Si strappò nuovamente ai socialdemocratici e ai preti... lo sfruttamento delle opere giovanili di Marx, per ricavarne una ideologia dell'Uomo, della Libertà, dell'Alienazione, della Trascendenza, ecc.... L'ortodossia, come dice J. Lewis, ne fu quasi sommersa: non il `pensiero' di Stalin, che continuò, e continua da parecchio tempo, ad andare avanti indisturbato, nelle sue basi, nella sua `linea' e in alcune delle sue pratiche — ma proprio la teoria di Marx e [...]

[...]torici di Stalin. Una posizione, in altre parole, che non intende fare, come invece fanno certi umanisti marxisti, tabula rasa di una complessa esperienza del movimento operaio, e che per molti versi si può ricondurre a certe posizioni del Pcc. Quello teorico è rappresentato dalla tesi dell'« antiumanesimo teorico di Marx », del rifiuto, cioè, di Marx della « pretesa teorica » della concezione umanistica (radicata nella tradizione della « grande filosofia classica ») di spiegare la storia e la politica a partire da un'« Essenza dell'Uomo ». Marx non parte dall'uomo e dal Soggetto (soggetto razionale, economico, morale, giuridico e politico), bensí dal modo di produzione, dalle forze produttive, dai rapporti di produzione, dalla lotta di classe, dalla sovrastruttura, ecc. Per Althusser, comunque, il carattere antiumanista della teoria marxista non esclude affatto l'assunzione da parte del movimento operaio di una ideologia umanistica (e con altri caratteri): l'ideologia è un fenomeno permanente della società (anche di quella comunista) con prec[...]

[...]rmanente della società (anche di quella comunista) con precise funzioni pratiche e l'atteggiamento nei suoi
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confronti va stabilito volta per volta con criteri strettamente politici (si può fare « Una (eventuale) politica marxista dell'ideologia umanista », PM, p. 206). Ciò che lo studioso francese combatte è dunque soltanto la riduzione del marxismo ad una ideologia umanistica, sia perché il marxismo non è un'ideologia (è una filosofia e una scienza della storia), sia perché tale riduzione farebbe cadere il marxismo sotto l'influenza dell'ideologia dominante, essendo l'umanesimo una componente essenziale dell'offensiva ideologica della borghesia volta a mettere da parte la lotta di classe in nome dell'Uomo. Ebbene questo gruppo di tesi che qui abbiamo assai schematicamente ricordato, e che si presentano sostanzialmente identiche in tutta la prima fase della ricerca di Althusser, sono elaborate dal filosofo francese proprio a partire dai suoi interventi sul giovane Marx. I quali, quindi, si presentano, da un lato, come rivol[...]

[...]cerca di Althusser, sono elaborate dal filosofo francese proprio a partire dai suoi interventi sul giovane Marx. I quali, quindi, si presentano, da un lato, come rivolti contro le pseudospiegazioni del xx Congresso ed i fondamenti ideologici della « critica di destra » dello stalinismo, e, dall'altro, come una « difesa » della « specificità » e della « radicale diversità » del marxismo nei confronti delle forme essenziali della ideologia e della filosofia borghese, nonché, a partire dal 1970, anche nei confronti della scienza (tesi della specificità del marxismo come scienza rivoluzionaria). Tali interventi, oltre ad aprire una riflessione sulla ideologia in generale, ed in particolare sulla struttura di quella borghese sorretta dalla « filosofia classica » su cui dovremo ritornare, approdano a due ordini di risultati specifici, di carattere storiografico e teorico, di grande importanza: 1) la periodizzazione dell'evoluzione del giovane Marx e la spiegazione del significato teorico della fondamentale tappa di questa evoluzione rappresentata dagli scritti del 1845 (Tesi su Feuerbach e Ideologia tedesca) mediante la categoria filosofica di « rottura epistemologica »; 2) la definizione della deviazione staliniana come « recrudescenza » e « vendetta postuma » della tendenza fondamentale della ii Internazionale, l'economicismo, affermatasi[...]

[...]rivoluzionario a partire dal 1845). Sia il concetto di
« rottura epistemologica », per designare un fatto interno a tale itinerario (la discontinuità teorica tra la scienza marxista della storia e la sua preistoria hegeliana e, soprattutto, feuerbachiana) ed insieme per sottolineare tutta la « specificità » e « novità » della fondazione del materialismo storico (Marx apre il « continenteStoria », precedentemente occupato dalle ideologie e dalla filosofia della storia, alla scienza: un evento teorico e politico
« irreversibile » e « senza precedenti nella storia umana »). Sia infine la tesi dell'antiumanesimo teorico di Marx. Tuttavia egli dà due interpretazioni della « rottura epistemologica » e quindi della storia e della periodizzazione di Marx. Nel primo periodo (non solo negli scritti compresi nel Per Marx: 196065, ma anche in Lenin e la filosofia: 1968) Althusser non vede le
« condizioni sociali, politiche, ideologiche e filosofiche » della « rottura epistemologica » e riduce questo evento ad un solo fatto interno al pensiero di Marx. Ne « constata » l'esistenza e da questa parte per definire l'ideologia come il regno dell'« errore », della preistoria del materialismo storico, e per concepire la nuova filosofia (il materialismo dialettico) come la conseguenza della fondazione di tale nuova pratica scientifica. Già Bachelard aveva scritto che la « scienza crea una filosofia » (La formation de l'esprit scientifique), e da Bachelard Althusser non trae soltanto l'idea di « rottura epistemologica ».
Il limite speculativo del primo periodo si manifesta quindi, sia nella interpretazione teoricista della « rottura epistemologica » (« Ecco ciò che mancava d'essenziale ai miei primi saggi: la lotta di classe e i suoi effetti nella teoria », EA, p. 41), sia nella contrapposizione razionalista, « in generale », tra la scienza (« la verità ») e la ideologia (« l'errore »), sia, infine nell'appiattimento della filosofia marxista sulla scienza (la filosofia come « Teoria del[...]

[...] l'idea di « rottura epistemologica ».
Il limite speculativo del primo periodo si manifesta quindi, sia nella interpretazione teoricista della « rottura epistemologica » (« Ecco ciò che mancava d'essenziale ai miei primi saggi: la lotta di classe e i suoi effetti nella teoria », EA, p. 41), sia nella contrapposizione razionalista, « in generale », tra la scienza (« la verità ») e la ideologia (« l'errore »), sia, infine nell'appiattimento della filosofia marxista sulla scienza (la filosofia come « Teoria della pratica teorica ») e della scienza marxista (che è invece « rivoluzionaria ») sulla scienza in generale. Nel secondo periodo (cioè a partire dallo scritto Sull'evoluzione del giovane Marx, del 1970, e soprattutto nella Réponse à J. Lewis ed in Elementi d'autocritica, entrambi del 1972), Althusser si pone il problema delle « condizioni » della « rottura epistemologica », individuandole essenzialmente nel « cambiamento di posizione teorica di classe dell"individuo' storico MarxEngels » (EA, p. 42). In questi
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scritti la « rottura epistemologica » è quindi [...]

[...]o' storico MarxEngels » (EA, p. 42). In questi
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scritti la « rottura epistemologica » è quindi preceduta e « comandata » dal passaggio di Marx (e di Engels) a posizioni politiche e ideologiche di classe proletarie e dal connesso mutamento filosofico rappresentato dal distacco nei confronti dell'antropologia filosofica di Feuerbach. Questo passaggio determina una rottura (rupture) ideologica nei confronti dell'ideologia e della filosofia borghese ed una richiesta, da parte di questa « rivoluzione filosofica », della « `rottura' (coupure e, in italiano, tra virgolette) epistemologica », dopo la quale soltanto è possibile il non ritorno alla filosofia della storia. « Dicendo: `la rottura epistemologica' è la prima, ed essa è nello stesso tempo `rottura' filosofica, commettevo dunque due errori. Perché, nel caso di Marx, la prima è la rivoluzione filosofica — e questa non è una 'rottura' » (RJL, p. 78). Non è piú la scienza a creare la filosofia, ma è questa, in posizione « centrale », e sotto la spinta della scelta ideologica e politica, a permettere la rivoluzione scientifica imponendo un nuovo « oggetto » alla riflessione (non piú l'uomo, il soggetto, ecc., ma le forze produttive, i rapporti sociali di produzione, ecc.): « è la posizione politica (di classe) a occupare il posto determinante, ma è la posizione filosofica che occupa il posto centrale, poiché è essa che assicura il rapporto teorico tra la posizione politica e l'oggetto della riflessione » (sEJM, p. 50). Ovvero la « filosofia come lotta di classe nella teoria », il « [...]

[...]permettere la rivoluzione scientifica imponendo un nuovo « oggetto » alla riflessione (non piú l'uomo, il soggetto, ecc., ma le forze produttive, i rapporti sociali di produzione, ecc.): « è la posizione politica (di classe) a occupare il posto determinante, ma è la posizione filosofica che occupa il posto centrale, poiché è essa che assicura il rapporto teorico tra la posizione politica e l'oggetto della riflessione » (sEJM, p. 50). Ovvero la « filosofia come lotta di classe nella teoria », il « primato della pratica sulla teoria » scoperto e verificato nella storia del giovane Marx.
Occorrerebbe poter avere lo spazio per tentare di svolgere alcune osservazioni. Vorrei comunque cercare di tematizzarne almeno due, entrambe connesse all'introduzione ed all'uso che Althusser compie della coppia rupture/coupure che riassume per molti versi, mi sembra, le novità essenziali della svolta teorica rappresentata dall'« autocritica ». Innanzitutto occorrerebbe rilevare con precisione il significato teorico dell'introduzione di questa coppia di concetti[...]

[...] condizioni materiali, sociali, ideologiche e filosofiche della produzione delle conoscenze in grado di spiegare in modo non meccanicistico e sociologico (Althusser direbbe anche non « storicistico ») il « comando » del materiale sul teorico. In altre parole si potrebbe dire che si tratta del programma di un'epistemologia materialista. Si pone allora il problema del rapporto tra questa epistemologia ed il materialismo storico, da una parte, e la filosofia marxista, dall'altra. Ci sono, evidentemente, delle sovrapposizioni problematiche e delle distinzioni da porre con chiarezza.
Seconda osservazione. La coppia rupture/coupure, che intende spiegare l'influenza, il « comando », del « materiale » (ideologico e politico) sull'evoluzione del teorico (scientifico) mediante la funzione « centrale » della « ri
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voluzione » filosofica, opera in particolari condizioni e in un modo particolare. Molto schematicamente, il funzionamento della coppia r./c. nel ragionamento di Althusser sembra implicare: 1) una (Althusser direbbe)
« to[...]

[...]ione del teorico (scientifico) mediante la funzione « centrale » della « ri
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voluzione » filosofica, opera in particolari condizioni e in un modo particolare. Molto schematicamente, il funzionamento della coppia r./c. nel ragionamento di Althusser sembra implicare: 1) una (Althusser direbbe)
« topica », cioè una disposizione, una struttura spaziale dei livelli pratico (ideologicopolitico), filosofico, scientifico in cui la filosofia occupa il posto
« centrale »: 2) una struttura temporale che stabilisce la successione delle
« rivoluzioni »: quelle nella teoria (la r. e la c.) avvengono sempre dopo la modificazione al livello del pratico, del « materiale » (la scelta di classe), e la c. avviene sempre dopo la r.; 3) una omogeneità « rivoluzionaria » (in senso politico, di classe) tra il passaggio di classe (proletaria) che costituisce l'iniziale modificazione pratica e la nuova scienza fondata (in questo caso il materialismo storico) che è « rivoluzionaria » (in senso di classe) e che costituisce il risultato teorico fi[...]

[...] scienza (entrambe « rivoluzionarie ») sembrano poter tendere, per un verso, a qualche forma di meccanicità causale, e, per l'altro, sembrano far risorgere dall'ombra del passato il motto « scienza borghese/ scienza proletaria », pur cosí efficacemente e ripetutamente criticate e derise dallo stesso Althusser che anche negli Elementi di autocritica lo definisce un'« impostura ». Contro queste tendenze opera la « topica », cioè la posizione della filosofia, opera la filosofia: in Althusser cambiano, e radicalmente, sia la posizione nella « topica », sia la concezione della filosofia, ma non muta mai la funzione antisociologista e antieconomicista, e quindi anche, come vedremo, antistoricista ed antiumanista, della filosofia. Ma è sufficiente definire questo tipo di « centralità » perché la filosofia sia messa realmente in grado di assolvere a questa funzione? Perché questa « centralità », che può apparire un privilegio ed una eccezionalità (la filosofia è partecipe sia del pratico sia del teorico, e dei loro rispettivi oggetti), di fatto è anche assenza e debolezza. La filosofia non ha un proprio oggetto, né una vera
e propria autonoma proposta: le Tesi su Feuerbach si limitano ad « annunciare » una nuova posizione filosofica che gli scritti successivi non elaboreranno. Essa è essenzialmente criticità. È attraverso la critica filosofica dell'ideologia e della filosofia dell'uomo e della storia borghese che secondo Althusser si rendono « visibili » alla riflessione scientifica di Marx (ed Engels) i « meccanismi di dominio e di sfruttamento borghesi » (il nuovo oggetto) precedentemente « ricopertimascheratimistificati » (SEJM, p. 52). Le forme `forti' di questo oggetto (che la scienza borghese costituisce nell'Economia politica) per le posizioni di classe proletarie sono conquistabili su due piani, su quello pratico (ideologia e politica di classe) e su quello scientifico (la scienza « rivoluzionaria », il materialismo storico).
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Al live[...]

[...] piani, su quello pratico (ideologia e politica di classe) e su quello scientifico (la scienza « rivoluzionaria », il materialismo storico).
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Al livello filosofico non esiste una forma accettabile di tale oggetto: i Manoscritti economicofilosofici del '44 permettono proprio di constatare l'impossibilità della forma filosofica della riflessione su tale oggetto (critica althusseriana dei concetti di lavoro alienato, ecc.). La filosofia quindi non entra in merito all'oggetto, non apporta (rispetto alla politica ed alla scienza) alcun contributo diretto alla sua definizione, non esiste un livello filosofico dell'economia politica. Ma a questo punto la sola « centralità » critica è realmente in grado di far assolvere alla filosofia la sua funzione di controtendenza al meccanicismo, al sociologismo, all'operaismo? Questa « centralità » sembra funzionare soprattutto al fine di una determinazione diretta del teorico scientifico da parte del pratico materiale, solo al fine di mettere in rapporto diretto (sgombrato il campo dagli ostacoli ideologici, filosofici e scientifici borghesi) la politica (proletaria) e la riflessione scientifica sotto il comando di questa politica e del suo oggetto. Ma la filosofia non entra in merito alle forme di questo « comando », essa non sembra in grado di pensare una articolazione della linea[...]

[...]ontrotendenza al meccanicismo, al sociologismo, all'operaismo? Questa « centralità » sembra funzionare soprattutto al fine di una determinazione diretta del teorico scientifico da parte del pratico materiale, solo al fine di mettere in rapporto diretto (sgombrato il campo dagli ostacoli ideologici, filosofici e scientifici borghesi) la politica (proletaria) e la riflessione scientifica sotto il comando di questa politica e del suo oggetto. Ma la filosofia non entra in merito alle forme di questo « comando », essa non sembra in grado di pensare una articolazione della linearità della successione, né di rendere piú complessa e non totale ed universale l'omogeneità ai contenuti di classe.
4. Il problema della filosofia marxista costituisce senza dubbio il tema centrale di tutta la ricerca di Althusser (EMP, p. 136), nonché della sua vita, perché in essa è racchiusa l'idea di un nuovo rapporto tra lavoro intellettuale e militanza politica, l'idea di un lavoro filosofico relativamente autonomo che è anche intervento politico, e quella di una militanza politica che non può esaurirsi nell'attivismo pratico. Il problema della filosofia di Marx è anche il problema di come essere comunisti in filosofia.
Althusser pone con chiarezza i termini generali del problema della filosofia marxista sin dallo scritto con cui si apre il Per Marx, « I `manifesti filosofici' di Feuerbach » (1960): Marx non ha mai esplicitamente formulato la sua « filosofia », che tuttavia è presente ed operante « dentro » i suoi scritti. Il problema è allora quello di scoprire e sviluppare la filosofia « celata » nella « pratica teorica » (e politica) di Marx applicando a Marx (« un circolo »), sviluppandoli, i non molti elementi espliciti che egli stesso fornisce (a cominciare da quelli contenuti nel suo scritto filosofico piú importante, l'Introduzione del '57 a Per la critica dell'economia politica). Lo scritto in cui Althusser ritiene che si debba piú che in ogni altro ricercare la filosofia di Marx è il Capitale, la sua opera scientifica piú importante. La filosofia marxista è infatti l'insieme dei concetti indispensabile a pensare 1'« immensa rivoluzione teorica » che le scoperte scientifiche di Marx hanno determinate nel « teorico esistente », rappresentato essenzialmente dalla filosofia hegeliana. Il fatto che Marx non abbia sufficientemente « pensato »
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il significato filosofico delle proprie scoperte scientifiche, questa sua lacuna, determina, come vedremo, non pochi problemi e difficoltà di ordine teorico.
Per Althusser comunque soltanto la ricerca e lo sviluppo della filosofia di Marx permettono di « rispondere alla domanda sul posto occupato dal Capitale nella storia del sapere » (Lc, p. 15), risposta indispensabile, questo l'obiettivo politico e teorico di fondo del filosofo francese, per una effettiva « intelligenza » dell'opera marxiana e della sua « radicale diversità »
e « specificità ». Piú tardi, nel 1975, Althusser ha ribadito la sostanza di queste posizioni che fin dall'inizio degli anni Sessanta gli erano apparse come le piú giuste per « uscire dal vicolo cieco teorico in cui la storia ci aveva cacciati »:
È questa novità, questa differenza radicale di[...]

[...]oria ci aveva cacciati »:
È questa novità, questa differenza radicale di Marx, rivoluzionaria nella teoria
e nella pratica, che ho voluto non soltanto far sentire, ma anche far percepire,
e se possibile far concepire, poiché consideravo politicamente e teoricamente vitale per il movimento operaio e i suoi alleati (e tuttora lo considero) che questa differenza fosse pensata. Per ottenerlo, non potevo fare altro che pormi al livello della nuova filosofia, prodotta da Marx nella sua rivoluzione scientifica... Ho ancora questa convinzione. La formulerei in altro modo da Per Marx e Leggere « Il Capitale », ma ritengo di non essermi sbagliato nell'indicare nella sua filosofia il luogo da cui si può capire Marx, perché in essa si riassume la sua posizione (EMP, pp. 1356).
Si è già visto come il giudizio che Althusser formula circa il carattere
e vitale » per il movimento operaio ed i suoi alleati della conquista di una chiara percezione e concezione della « differenza radicale di Marx » è riconducibile alla congiuntura politica e teorica apertasi col xx Congresso. Qui vorrei tentare, molto brevemente, di avanzare una risposta al problema posto nel secondo paragrafo del presente scritto circa il nesso che può intercorrere tra la « deviazione teoricista » della fil[...]

[...]rmula circa il carattere
e vitale » per il movimento operaio ed i suoi alleati della conquista di una chiara percezione e concezione della « differenza radicale di Marx » è riconducibile alla congiuntura politica e teorica apertasi col xx Congresso. Qui vorrei tentare, molto brevemente, di avanzare una risposta al problema posto nel secondo paragrafo del presente scritto circa il nesso che può intercorrere tra la « deviazione teoricista » della filosofia della prima fase della ricerca di Althusser e la congiuntura, in cui è venuto a trovarsi il movimento comunista dopo le « pseudospiegazioni » del xx Congresso, dominata dal problema dello stalinismo e delle sue « sopravvivenze » teoriche
e politiche. A questo fine mi sembra indispensabile rifarsi alla forma filosofica in cui il dogmatismo staliniano si è costituito ed è stato assimilato nell'esperienza storica del movimento comunista internazionale, cioè al « materialismo dialettico »: il programma filosofico e politico in cui la visione unitaria e totalizzante del marxismo del periodo stali[...]

[...]iú elevati ed efficaci. Ebbene mi pare che i limiti di speculativismo che Althusser individua nella propria ricerca debbano anche essere fatti risalire proprio ad un suo iniziale insufficiente distacco da questo « materialismo dialettico », una delle « sopravvivenze » piú tenaci e diffuse dello stalinismo. Piú precisamente, proprio al tentativo
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che Althusser compie, al fine di rinnovarlo, di iscrivere la propria ricerca della filosofia di Marx all'interno del programma del « materialismo dialettico ». Di questo programma egli non mantiene soltanto la distinzione tra filosofia marxista e scienza della storia marxista, ciò che gli facilita, tra l'altro, la ricerca della filosofia di Marx. Ne mantiene inizialmente, pur rinnovandoli profondamente, alcuni obiettivi di fondo che influenzano in senso speculativo la sua ricerca, ed i quali rispondono tutti alla medesima esigenza, profondamente radicata nel movimento comunista, di possedere una teoria in grado di abbracciare tutte le cose ed il loro movimento sul modello della presunta unità filosofica (dialettica) del pensiero di Marx.
Il razionalismo speculativo di Althusser (che possiede anche delle venature metodologistiche), in quanto deviazione filosofica, pone proprio questo tipo di istanza alla filosofia marxista, q[...]

[...]o la sua ricerca, ed i quali rispondono tutti alla medesima esigenza, profondamente radicata nel movimento comunista, di possedere una teoria in grado di abbracciare tutte le cose ed il loro movimento sul modello della presunta unità filosofica (dialettica) del pensiero di Marx.
Il razionalismo speculativo di Althusser (che possiede anche delle venature metodologistiche), in quanto deviazione filosofica, pone proprio questo tipo di istanza alla filosofia marxista, quella di costituire i quadri generali di una razionalità in grado di unificare e sintetizzare tutto lo scibile possibile a partire dalla teoria delle leggi in generale del movimento delle cose.
Chiameremo Teoria (con la maiuscola) la teoria generale, ossia la Teoria della pratica in generale... Questa Teoria è la dialettica materialistica che è una cosa sola con il materialismo dialettico... la Teoria generale stessa (la dialettica) in cui viene espressa teoricamente l'essenza della pratica teorica in generale, e attraverso questa l'essenza delle trasformazioni, del `divenire' del[...]

[...]materia prima data in un determinato prodotto, trasformazione effettuata da un determinato lavoro umano facendo uso di determinati mezzi (di `produzione') » (PM, p. 145).
Permane tuttavia in Althusser l'idea enorme che una pratica teorica e politica, il marxismo, possa contenere in sé il metodo, l'essenza ed il segreto, di tutte le pratiche sociali ed intellettuali, e che la « Teoria » che definisce questo metodo (il materialismo dialettico, la filosofia di Marx) possa essere conquistata a partire dalla pratica teorica (scientifica) piú alta di Marx, il Capitale. Una controprova a queste osservazioni si può rintracciare, mi sembra, nelle seguenti affermazioni contenute nell'Avantpropos scritta da Althusser nel 1977 all'opera di G. Duménil, Le concept de loi économique dans `Le Capital', cinque anni, cioè, dopo l'« autocritica »: « La teoria marxista non è di diritto universale, né arbitrariamente estendibile ad ogni fenomeno che appartiene al campo dei `fatti' sociali ed umani... Ecco ciò che forse scoraggerà i metafisici marxisti dall'impegn[...]

[...]l'« autocritica »: « La teoria marxista non è di diritto universale, né arbitrariamente estendibile ad ogni fenomeno che appartiene al campo dei `fatti' sociali ed umani... Ecco ciò che forse scoraggerà i metafisici marxisti dall'impegnarsi nell'avventura d'estendere d'autorità la teoria marxista a degli oggetti che essa esclude dal suo campo, o sulla cui sorte mantiene il silenzio » (Ap, p. 20).
5. Althusser inizia la propria riflessione sulla filosofia di Marx a partire da determinati « vuoti » e « punti di fragilità teorica » del ragionamento marxiano, e perviene, nella seconda metà degli anni Sessanta, all'esplicita affermazione che l'attuale « crisi generale del marxismo » va spiegata anche con le « difficoltà, contraddizioni e lacune » del pensiero di Marx. In generale i risultati piú significativi della ricerca althusseriana sono sempre connessi all'individuazione di alcuni punti precisi di difficoltà e di insufficiente od assente elaborazione teorica rintracciabili in Marx e nel marxismo. Tuttavia dietro questa continuità di atteggiam[...]

[...]x, concernono il « Teorico » (il filosofico), non lo scientifico vero e proprio.
Certamente, come per il concetto di « causalità strutturale » (che considereremo piú sotto), le debolezze filosofiche di Marx si ripercuotono anche nei risultati scientifici. Per questo Althusser può parlare di uno sviluppo
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del marxismo a partire dalla « lettura » delle sue difficoltà filosofiche e dal conseguente e necessario sviluppo della sua filosofia. Comunque in questi anni è proprio la persuasione dell'esistenza di un certo tipo di sistematicità del discorso scientifico del Capitale, della validità dell'unità che il « metodo di esposizione » di Marx ha saputo imporre alla sua materia di indagine, ciò che permette ad Althusser di identificare i « vuoti » epistemologici. Del resto, egli nota, questo tipo di ritardo filosofico è inevitabile: la fondazione di una nuova scienza introduce una « nuova forma di razionalità », una
« rivoluzione nel Teorico esistente », che solo successivamente la filosofia è in grado di definire compiutamente. [...]

[...]l discorso scientifico del Capitale, della validità dell'unità che il « metodo di esposizione » di Marx ha saputo imporre alla sua materia di indagine, ciò che permette ad Althusser di identificare i « vuoti » epistemologici. Del resto, egli nota, questo tipo di ritardo filosofico è inevitabile: la fondazione di una nuova scienza introduce una « nuova forma di razionalità », una
« rivoluzione nel Teorico esistente », che solo successivamente la filosofia è in grado di definire compiutamente. E ciò appare tanto piú valido per Marx, in cui devono assommarsi lo sforzo di consapevolezza epistemologica
« quello di fondazione del materialismo storico.
Nel secondo periodo, che culmina nell'enunciazione della « crisi generale del marxismo », è la stessa unità scientifica dell'opera di Marx ad essere messa in discussione da Althusser, a cominciare da alcuni aspetti essenziali del Capitale: « ...l'unità del Denkprozess del Capitale, l'unità del suo ordine di esposizione, non è come si presenta — ma segnatamente ineguale e disparata » (Ap, p. 22). Opp[...]

[...]ofici ha perciò un significato assai diverso da quello sostenuto negli anni Sessanta e permette attualmente ad Althusser di fondare teoricamente la
« crisi generale del marxismo » sulla sua « crisi teorica ».
Ma vediamo, anche se molto schematicamente, i principali risultati a cui Althusser perviene a partire dalle « difficoltà » e dai « punti di fragilità teorica » del ragionamento di Marx. Come Althusser indica in E facile essere marxisti in filosofia? questi risultati possono essere raggruppati attorno a due grandi temi: quello della « determinazione in ultima istanza » (della sovrastruttura da parte dell'economia) e quello del « processo di conoscenza ». La prima questione, che Althusser affronta in relazione al problema del rapporto tra Marx ed Hegel, è trattata in particolare nei saggi Contraddizione e surdeterminazione (1962) e Sulla dialettica materialistica (1963), entrambi compresi nel Per Marx, oltreché nella seconda parte del saggio L'oggetto del « Capitale » (1965), compreso in Leggere « Il Capitale ».
Il ragionamento di Althus[...]

[...]esenti nella formazione sociale) e degli elementi determinati (la sovrastruttura). Causalità di cui pure Marx tiene conto e calcola gli effetti. Tuttavia Althusser definisce questa « causalità strutturale », o « causalità metonimica » (termine tratto dalla psicanalisi), come una « causalità assente », ovvero presente solo nei suoi effetti. Infine sottolinea che in questo concetto si deve ricercare la grande novità teorica di Marx rispetto alla « filosofia classica », la quale in base ad una riflessione sulle conquiste scientifiche era pervenuta a due concetti di causalità: quella « transitiva » di Descartes (legata alla scienza di Galilei) e quella « espressiva » di Leibniz e poi di Hegel (legata al calcolo infinitesimale). In Elementi di autocritica Althusser rileva nella propria nozione di « causalità strutturale » un eccesso di « civetteria » nei confronti della terminologia strutturalistica, ed un'effettiva influenza della filosofia di Spinoza e non dell'ideologia strutturalista, e propone di esprimere lo stesso concetto, d'accordo con la [...]

[...] una riflessione sulle conquiste scientifiche era pervenuta a due concetti di causalità: quella « transitiva » di Descartes (legata alla scienza di Galilei) e quella « espressiva » di Leibniz e poi di Hegel (legata al calcolo infinitesimale). In Elementi di autocritica Althusser rileva nella propria nozione di « causalità strutturale » un eccesso di « civetteria » nei confronti della terminologia strutturalistica, ed un'effettiva influenza della filosofia di Spinoza e non dell'ideologia strutturalista, e propone di esprimere lo stesso concetto, d'accordo con la « tradizione marxista », mediante quello di « causalità dialettica materialistica ». A me comunque sembra che su questo tema della determinazione in ultima istanza, a parte le differenze terminologiche e le precisazioni concettuali, la sostanza del ragionamento di Althusser non muti rispetto a ciò che ho cercato di sottolineare circa il tipo di critica antieconomicista che egli porta avanti negli scritti del Per Marx. A questo proposito si può infatti leggere in Elementi di autocritica:[...]

[...]sa su di essa se non nelle forme della lotta di classe, che è, in senso forte, la sua esistenza storica. Dire che `la causa è assente' significa dunque... che la `contraddizione in ultima istanza' non è mai presente di persona sulla scena della storia... » (EA, p. 24).
La seconda questione, il « processo di conoscenza », già presente nel Per Marx, è trattata in modo particolare nel saggio introduttivo di Leggere il Capitale, Dal `Capitale' alla filosofia di Marx (1965), e ritorna in numerosi scritti successivi, tra i quali faremo brevi riferimenti ad Elementi di autocritica (1972), È facile essere marxista in filosofia? (1975), l'Avantpropos al libro di Duménil già ricordata, Marxismo oggi (1978). Questa questione è legata all'interpretazione dell'Introduzione del 1857 a Per la critica dell'economia politica, in cui Marx affrontando il problema del proprio metodo (Il metodo dell'economia politica), fornisce una serie di elementi che ad Althusser appaiono indispensabili per l'analisi del « discorso scientifico » mar
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xista, della sua « novità » e « specificità », che è appunto l'obiettivo di Leggere il Capitale. Nel primo periodo della sua ricerca Althusser particolarmente è influenza[...]

[...]à ricordati, tra i quali il piú significativo mi sembra essere l'Avantpropos del '78. In Elementi di autocritica Althusser sottolinea l'ispirazione spinoziana delle proprie tesi sul « processo di conoscenza », rilevando in particolare la presenza di tale ispirazione nella definizione della « conoscenza come produzione » e nell'affermazione dell'« interiorità » del criterio di scientificità del discorso scientifico. In È facile essere marxisti in filosofia? Althusser dopo aver riaffermato la tesi della « conoscenza come produzione » e del « primato dell'oggetto reale sull'oggetto di conoscenza », ed aver precisato che la tesi di questo primato prevale su quella della « distinzione tra oggetto reale e oggetto di conoscenza », si sofferma sul tema degli effetti della conoscenza sul reale. Egli nota come la « conoscenza del reale `cambia' qualcosa nel reale, perché vi aggiunge per l'appunto la sua conoscenza... però tutto accade come se questa aggiunta si annullasse da sola nel suo risultato » (p. 157). Il problema del meccanismo che produce l'« e[...]

[...]omo » e di
« soggetto ». Lacan, a cui non sfugge che Freud ha fondato una scienza (« Una scienza nuova, che è la scienza di un oggetto nuovo: l'inconscio », FL, p. 9), ha compreso l'esigenza e l'importanza teorica di un « autentico ritorno a Freud », che egli realizza nella duplice forma di una « critica ideologica » (contro lo sfruttamento ideologico del pensiero di Freud portato avanti dalla psicologia, dalla sociologia, dalla biologia, dalla filosofia) e di un
« chiarimento epistemologico » (come già Marx, anche Freud dovette formulare le proprie scoperte mediante concetti teorici già esistenti — il modello della fisica energetica di Helmholtz e di Maxwell — che essendo stati creati per altri scopi determinano nella psicoanalisi delle zone di opacità teorica). In questo duplice lavoro di restaurazione e di sviluppo Lacan perviene alle proprie scoperte mediante il ricorso ad una scienza piú recente di quella a cui si rifà Freud. È infatti attraverso il ricorso ai concetti della linguistica strutturale che Lacan chiarisce ed approfondisce l[...]

[...]e ed approfondisce l'idea freudiana che tutto dipendeva dal linguaggio chiarendo che « il discorso dell'inconscio è strutturato come un linguaggio » (FL, p. 18).
Già da questa sommaria esposizione risulta evidente il parallelismo che Althusser instaura, attraverso quello tra Marx e Freud (che in questo modo ne risulta rafforzato), tra la propria opera di difesa della radicale diversità del marxismo e del suo sviluppo attraverso la ricerca della filosofia di Marx,
e l'opera analoga che Lacan compie nei confronti del pensiero di Freud. Un'interpretazione degli anni Sessanta, in altre parole, non solo come del periodo del ritorno a Marx (Althusser, Della Volpe, ed altri), ma anche del ritorno a Freud (Lacan), come « ritorno », insomma, ai massimi teorici rivoluzionari del campo delle scienze umane.
Piú direttamente connessa alla ricerca althusseriana sull'ideologia (che vedremo nel paragrafo seguente) è l'idea che Freud avrebbe sottoposto ad una prova trasformatrice « una certa immagine tradizionale, giuridica, morale
e filosofica, cioè in de[...]

[...]ri pazienti isterici); la critica del concetto tradizionale di « soggetto » (entrambi hanno criticato l'idea dell'« unità e dell'identità inseparabile di ogni coscienza » e della sua « funzione » unificante) .
La riflessione di Althusser insiste particolarmente su quest'ultimo aspetto: per il filosofo francese non è infatti la coscienza, bensí l'ideologia a costituire i soggetti. Se Marx, criticando l'economia politica, ne ha criticato anche la filosofia sottostante dell'uomo cosciente dei suoi bisogni come elemento primario di ogni società, la scoperta dell'inconscio critica l'idea della coscienza come base dell'unità morale e psicologica dell'uomo. Idea di uomo cosciente di sé di cui l'ideologia dominante ha assolutamente bisogno per poter imporre liberamente agli individui una determinata « forma di identificazione » per « giungere all'unificazione delle loro differenze concrete » e per consentire « l'egemonia delle forme materiali dell'ideologia dominante » (MF, p. 138).
7. Un altro grande tema presente in tutto l'arco della ricerca di A[...]

[...]x » e strettamente connesso al concetto di « rottura epistemologica », esso è posto da Althusser, fin dagli scritti del Per Marx, sul piano piú generale della ricerca e della necessità di una teoria della natura e della efficacia specifica della sovrastruttura, e si specifica, piú tardi, attorno ai temi dello stato e del partito politico.
Althusser affronta la questione dell'ideologia e della sua presenza sotto molteplici aspetti. Rispetto alla filosofia tradizionale, quando sostiene che la filosofia classica borghese riflette nelle proprie categorie il soggetto giuridicopolitico dell'ideologia borghese, in particolare quando essa definisce i termini del « problema della conoscenza », cioè delle garanzie e delle condizioni per cui un soggetto entra in rapporto ad un oggetto nell'atto conoscitivo. In questa ottica la filosofia classica appare caratterizzata e dalla riflessione sulla scienza moderna (i due tipi di causalità già ricordati), e dalla riflessione sull'ideologia del soggetto (il problema gnoseologico). In relazione alla scienza ed agli operatori scientifici, quando elabora le nozioni di « conoscenza come
LOUIS ALTH'USSER 433
produzione », di « rottura epistemologica », di « filosofia spontanea degli scienziati » (temi che vedremo subito). Sul piano politico e della lotta di classe, quando parla di « ideologia dominante », di « ideologia piccolo borghese », di « ideologia proletaria ». Infine, ed è ciò su cui soprattutto mi soffermerò, sul piano della società e della storia, quando elabora gli elementi di una teoria in generale dell'ideologia dedicandovi uno dei suoi scritti piú interessanti e fortunati, Ideologia e apparati ideologici di Stato (1969).
Ai punti estremi della riflessione althusseriana su questi temi troviamo gli scritti raccolti nel Per Marx e Il marxismo [...]

[...]a in generale dell'ideologia dedicandovi uno dei suoi scritti piú interessanti e fortunati, Ideologia e apparati ideologici di Stato (1969).
Ai punti estremi della riflessione althusseriana su questi temi troviamo gli scritti raccolti nel Per Marx e Il marxismo oggi (1978). Nei primi il marxismo è visto (ad eccezione del saggio Sul giovane Marx, 1961) solamente come il risultato di una « rottura epistemologica » nei confronti dell'ideologia, la filosofia come determinata dalla fondazione della scienza, l'ideologia proletaria (meglio quella che la classe operaia si dà come piú utile alla propria lotta di classe) come una sfera a sé, mero limite negativo e deformazione della realtà di fronte alla verità della scienza, insieme di concezioni pratiche interamente subordinate alla tattica politica. In Marxismo oggi, lo si è già visto, si ammettono, invece, due forme del marxismo, quella « teorica » e quella « ideologica »: il marxismo è quindi anche, e non secondariamente, « ideologia marxista ». In questo scritto Althusser si pone dal punto di vis[...]

[...] della teoria marxista e del movimento operaio. Fin dall'inizio il marxismo, il « pensiero di Marx », non è separabile dalle esperienze, dalle lotte, dalle posizioni ideologiche della classe operaia: « il pensiero di Marx si è formato e si è sviluppato all'interno del movimento operaio, sulla sua base e sulle sue posizioni » (Mo, p. 112). Questo punto di vista è comunque già operante in alcuni scritti attorno al 1970, quando ormai il concetto di filosofia è definito dal filosofo francese a partire dal significato politico della sua funzione in seno alla teoria (già in Lenin e la filosofia, 1968) e la funzione dell'ideologia proletaria, dell'istinto di classe, è connessa positivamente alla fondazione del materialismo storico mediante la posizione centrale della filosofia posta tra la politica e la teoria (Sull'evoluzione del giovane Marx, 1970).
Di questi anni immediatamente precedenti l'« autocritica » vale la pena di ricordare anche alcuni eccessi, significativi anche se collocati in un periodo di riaggiustamento e di ridefinizione della problematica. Ad esempio quelli, di natura direi operaista, contenuti nella Introduzione al Libro del Capitale (1969), quando Althusser sostiene che « per comprendere il Capitale... occorre giungere a posizioni di classe proletarie, ciò è relativamente facile per gli operai... Poiché possiedono `per natura' un `istinto di [...]

[...]teoria. Totalità che nel primo periodo è raggiunta da Althusser a spese dell'ideologia (relegata sostanzialmente nel negativo e nel prescientifico), e nel secondo a spese della teoria, di cui si enuncia la finitezza e la crisi. Se l'integralità della teoria nel primo periodo aveva assunto la forma del razionalismo, nel secondo sembra assumere quella dell'operaismo. La debolezza di entrambe le soluzioni sembra risiedere nelle due concezioni della filosofia che le sorreggono. Le quali, in entrambi i casi, non riescono a risolvere il problema di una concezione del rapporto tra ideologia e scienza che permetta di pensare e la specificità e l'apertura effettiva del marxismo. Se questo è vero, allora in Althusser si riflette, irrisolta, la principale e profonda difficoltà teorica di Marx a pensare teoricamente il rapporto tra scienza e ideologia. Le due « forme » del marxismo, quella teorica e quella ideologica, anche nel pensiero del filosofo non si toccano mai.
Ma vediamo, i principali risultati conseguiti da Althusser nella ricerca sull'ideologi[...]

[...]onoscere i meriti storici della « grande tradizione umanistica » che ha saputo affermare, al

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l'inizio dell'era moderna, un'idea laica e terrena della dignità e della libertà dell'uomo contro la Chiesa e le ideologie religiose. Ciò che ad Althusser preme rilevare è l'origine e la funzione di classe di tale umanesimo (storicamente non separabile dalla borghesia in ascesa) che trova le sue espressioni piú elaborate nella « filosofia classica » e nell'economia politica borghese. Entrambe volte alla ricerca di una spiegazione della storia e della società fondate teoricamente sull'idea di un « soggetto originario », su « un concetto di uomo dalle pretese teoriche, cioè come soggetto originario dei suoi bisogni (homo oeconomicus), dei suoi pensieri (homo rationalis), dei suoi atti e delle sue opere (homo moralis, juridicus et politicus) » (EMP, p. 169).
In Filosofia e filosofia spontanea degli scienziati (1967), è introdotta la nozione di « filosofia spontanea degli scienziati » (Fss) per indicare il fatto che in « ogni scienziato vi è un filosofo che sonnecchia », come emerge in maniera spettacolare nei momenti di crisi delle scienze. Questa ideologia scientifica, che va distinta, sia dalla filosofia, sia dalla ideologia pratica (o concezione del mondo) dello scienziato, rappresenta l'idea che l'operatore scientifico si fa, spesso inconsapevolmente, della scienza e del proprio lavoro di ricerca. La FSS presenta due elementi che ne costituiscono il contenuto
« contraddittorio ». L'elemento I (credenza nell'esistenza della realtà oggettiva, nella oggettività della conoscenza, nel metodo scientifico) è di origine
« interna », ed è materialistico. L'elemento II è idealistico e di origine esterna, proviene cioè da tesi filosofiche elaborate al di fuori della pratica scientifica, e la cui fun[...]

[...]rre
« il dominio dell'idealismo sul materialismo » (PPss, p. 96).
La lotta di classe che si svolge nella società è quindi ben presente, attraverso il « rapporto di forza filosofico » che agisce attraverso l'intermediazione della Fss, anche nella ricerca scientifica. E, affinché tale lotta non si risolva quasi immancabilmente a vantaggio dell'ideologia della classe dominante, Althusser propone una « alleanza » tra gli operatori scientifici e la filosofia materialisticodialettica, la sola in grado di intervenire su tale rapporto di forza modificandolo a vantaggio del materialismo, cioè dell'elemento I.
Vediamo infine le tappe essenziali dell'analisi dell'ideologia in generale, analisi in cui lo studioso francese raggiunge i suoi risultati piú significativi.
436 GIOVANNI MARI
Nel 1961 (Sul giovane Marx) egli non fuoriesce dall'impostazione marxiana dell'Ideologia tedesca: piú tardi (1963) definirà egli stesso questa impostazione dall'ideologia. Il carattere essenziale di questa consiste nella « deforcentrale dell'articolo è quello della poss[...]

[...]sso questa impostazione dall'ideologia. Il carattere essenziale di questa consiste nella « deforcentrale dell'articolo è quello della possibilità e della necessità della liberazione dall'ideologia. Il carattere essenziale di questa consiste nella « deformazione » della « realtà », nella risposta deformata ai problemi reali che essa rappresenta. Il ragionamento di Althusser si sviluppa mediante le coppie deformazione/realtà, ideologia/scienza (la filosofia è assimilata all'ideologia). La spiegazione e la storia dell'ideologia sono interamente fuori da essa, a lei esterne. Propriamente l'ideologia non ha storia: esistono solo la storia reale e la storia delle scienze. La liberazione dalla « cappa ideologica » avviene mediante un atto di cui Althusser non precisa la natura e che chiama metaforicamente un « cambiamento di terreno », e che, concretamente, storicamente, consiste nella « riscoperta » della « storia reale » e dei « problemi reali ». Fuori di metafora il cambiamento di terreno è la « rottura epistemologica » che nel giovane Marx produc[...]

[...]unesse Etudiante Chrétienne du Lycée du Parc. Due anni piú tardi è promosso al concorso dell'Ecole Normale Supérieure, Lettere. Nel 1940 è fatto prigioniero a Vannes in Bretagna; tradotto in Germania vi rimane prigioniero fino al maggio 1945. Durante gli anni 194548 è allievo all'E.N.s., rue d'Ulm a Parigi. Si diploma, sotto la direzione di Gaston Bachelard, con un lavoro sulla Notion de contenu dans la philosophie de Hegel. Nel 1948 è agrégé di filosofia. Nello stesso anno si iscrive al Partito Comunista Francese, a cui tuttora aderisce. Nel 1950 è agrégé répétiteur e segretario dell'E.N.s., nel 1962 Maîtreassistant e segretario dell'E.N.S.
OPERE DI L. ALTHUSSER (19511978)
1. Contributo nella discussione sulla sessione Journées nationales d'études pedagogiques des professeurs de philosophie (1950), « Revue de l'enseignement philoso
phique », I, 1951, n. 1/2, p. 12. 2. A propos du marxisme, ivi, III, 1953, n. 4,
pp. 1519. 3. Note sur le matérialisme dialectique, ivi, III, 1953, n. 5, pp. 11
17. 4. Sur l'objectivité de l'histoire (Lettre à[...]

[...] Leser (1967), in
Für Marx, Frankfurt/M, Suhrkamp, 1968, pp. 715 (corrisponde alla prefazione anche
delle trad. inglese e svedese di Pour Marx). 33. Avertissement (1967), alla 2'
ediz. di Lire le « Capital », Paris, Petit collection Maspero, 1968 (tr. it. in n. 23). 34. Intervista rilasciata a M. A. Maciocchi, « l'Unità », 1° febbraio 1968 (tr. franc. col titolo La philosophie comme arme de la revolution, « La Pensée », 1968,
n. 138). 35. La filosofia la politica e la scienza, « Rinascita », xxv, 1968, 15
marzo, pp. 2324. 36. Lénine et la philosophie, « Bulletin de la Société française
de Philosophie », 1968, n. 4, pp. 125181. Poi, con lo stesso titolo, Paris, Maspero,
1969, 59 pp. (tr. it. n. 49). 37. A magyar olvasöhoz (Al lettore ungherese), in
L.A., Marx az elmélet forradalma, Budapest, Kossuth, 1968, pp. 915 (in S. Karsz, Théorie et politique, Paris, Librairie A. Fayard, 1974, tr. it. di A. Cairoli, Bari, De
dalo, 1976, pp. 333339). 38. Comment lire « Le Capital », « L'Humanité »,
21 marzo 1969 (tr. it. in n. 66). 39. Avertisse[...]

[...]. 47. Lettera al traduttore (di Freud et Lacan)
del 21 febbraio 1969, in n. 46, pp. 177178. 48. Presentación (1971) alla nuova
edizione di MARTA HARNECKER, Los conceptos elementales del materialismo histórico,
Mexico, Siglo xxl, 19794°, pp. xixvi (tr. it. in S. Karsz, pp. 348354). 49. Lénine
et la philosophie suivi de Marx et Lénine devant Hegel, Paris, Maspero, 1972, 91 pp. Raccoglie i nn. 36, 44, 43 (tr. it. di F. Madonia, L.A., Lenin e la filosofia. Seguito da: Sul rapporto fra Marx e Hegel. Lenin di fronte a Hegel, Milano, Jaca Book,
1972). 50. Sur une erreur politique. Les maîtres auxiliaires, les étudiants tra
vailleurs et l'aggrégation de philosophie, « France Nouvelle », 1972, nn. 1393 e 1394,
pp. 912 e 1013. 51. Reply to John Lewis (Self Criticism), « Marxism Today »,
xvi, 1972, nn. 10 e 11, pp. 310318 e 343349 (tr. it. in n. 53). 52. The con
ditions of Marx's Scientific Discovery. On the New Definition of Philosophy (1970),
« Theoretical Practice », 1973, n. 7/8, pp. 411 (tr. it. in n. 60). 53. Réponse à
John Lewis, Paris,[...]

[...]l 1° marzo 1967, in R.D., La critique des armes,
i, Paris, Seuil, 1974, pp. 262269. 58. Justesse et Philosophie, « La Pensée »,
1974, n. 176, pp. 38. Riprodotto in 59 (tr. it. n. 59). 59. Philosophie et Phi
losophie Spontanée des Savants (1967), Paris, Maspero, 1974, 156 pp. Si tratta, con modifiche, dell'introduzione al Cours de philosophie pour scientifiques diretto da Althusser nel 196768 all'Ecole Supérieure (tr. it. di F. Fistetti, L.A., Filosofia e filosofia spontanea degli scienziati, Bari, De Donato, 1976; in Appendice i nn. 37, 55,
46, 48, già pubblicati in S. Karsz, op. cit.). 60. Eléments d'autocritique, (1972),
Paris, Hachette, 1974, 127 pp. Comprende anche un Avertissement (1974), pp. 78; Eléments d'autocritique (1972), pp. 9101; Sur l'évolution du jeune Marx (1970) che è la tr. franc. del n. 52, pp. 103126 (tr. it. di N. Mazzini, L.A., Elementi
di autocritica, Milano, Feltrinelli, 1975). 61. Quelque chose de nouveau,
« L'Humanité », 12 ottobre 1974. 62. Les communistes et la philosophie,
« L'Humanité », 5 luglio 1975. 63. Estil simpl[...]

[...]OURT, Lyssenko. Histoire réelle d'une « science prolétarienne », Paris, Maspero, 1976, pp. 79 (tr. it. di F. Grillenzoni, D.L., Il caso
Lyssenko, Roma, Editori Riuniti, 1977). 66. Positions (19641975), Paris, Édi
tions Sociales, 1976, 173 pp. Comprende, oltre ad una Nota editoriale, i rm. 19, 34, 38, 48, 42, 63 (tr. it. L.A., Freud e Lacan, Roma, Editori Riuniti, 1977, a cura e
con Introduzione di Claudia Mancina) 67. La tran f ormación de la filosofia,
Granada, Propuesta, 1976, 46 pp. Conferenza tenuta alla Facoltà di Filosofia e Let
tere dell'Università di Granada il 26 marzo 1976. 68. Über Marx und Freud
(1976), in L.A., Ideologie und ideologische Staatsapparate, WestBerlin, VSA, 1977,
pp. 89107 (tr. it. in n. 75). 69. Anmerkung über die ideologischen Staats
apparate (1976), in L.A., Ideologie und ideologische Staatsapparate, cit., pp. 154
168. 70. 22ème congrès, Paris, Maspero, 1977, 71 pp. Conferenza tenuta alla
Sorbona il 16 dicembre 1976 su invito del « Cercle de philosophie de l'Union des
442 GIOVANNI MARI
étudiants communistes » (tr. it. parziale col titolo Il socialismo è la transizione, in
« Trans[...]



da (Mito e civiltà moderna) Diego Carpitella, I «primitivi» e la musica contemporanea in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 3 - 1 - numero 37

Brano: [...]con Schoenberg:
« Ciò che infatti ne potevo desumere, e che mi appropriai per descrivere la crisi generale della civiltà e della musica in particolare, costituiva il motivo fondamentale del mio libro: la vicinanza della sterilità, la disperazione innata e predisponente al patto con il diavolo » (45).
A cui fa eco, anche qui, l'Aldrich in Mente primitiva e civiltà moderna (La psiche primitiva) :
(43) Cfr. ROGNONI, Introduzione a TH. W. ADORNO, Filosofia, ecc., op. cit. (p. XXVI).
(44) TH. W. ADORNO, Dissonanzen (Goettingen, 1958). Trad. it. a cura di G. Manzoni (Feltrinelli, 1959), pp. 156186.
(45) Cfr. in ROGNONI, Introduzione alla Filosofia ecc., p. X.: Ist A. Schoenberg Doktor Faustus? Scharfer öffentlicher Briefwechsel zwischen dem Komponisten und Thomas Mann, in « Die Zeit », Hamburg, 1949, n. 5; e anche Thomas Mann und Arnold Schoenberg, in « Neue Auslese », maggio 1948. Per il « diabolico » nella psicanalisi cfr. K. HORNE Y, Nevrosi e sviluppo della personalità (Bompiani, 1953). Pagine sul « Patto con il demonio », 38, '15, 224, 561.
130 DIEGO CARPITELLA
p. 57 ... « È molto difficile distinguere il carattere attribuito da alcuni studiosi all'uomo primordiale chiamato talvolta pittorescamente l'Uomo delle caverne — da que[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] F. Alderisio, Riflessioni di A. Gramsci sul concetto della finalità nella filosofia della prassi in Studi gramsciani

Brano: Felice Alderisio
RIFLESSIONI DI A. GRAMSCI SUL CONCETTO DELLA FINALITÀ` NELLA FILOSOFIA DELLA FRASSI
facilmente riconoscibile che tutta la materia raccolta nel volume postumo di Gramsci Il materialismo storico e la filosofia di B. Croce presenta un andamento asistematico e rapsodico, e spesso ha un carattere meramente filologico, anziché speculativo, per quanto il volume stessa riesca largamente informativo ed illuminante su di un notevole gruppo di questioni anche d'interesse strettamente filosofico e dottrinario. Ed. anche, o specialmente, le riflessioni sporadiche e per lo piú vaghe e indirette ivi contenute sulla finalità, o teleologia, nel mondo naturale e soprattutto nel mondo umano — la quale categoria, per quanto intervenga solo occasionalmente, o per lo piú inconsapevolmente, nelle pagine degli autori pi[...]

[...]rgamente informativo ed illuminante su di un notevole gruppo di questioni anche d'interesse strettamente filosofico e dottrinario. Ed. anche, o specialmente, le riflessioni sporadiche e per lo piú vaghe e indirette ivi contenute sulla finalità, o teleologia, nel mondo naturale e soprattutto nel mondo umano — la quale categoria, per quanto intervenga solo occasionalmente, o per lo piú inconsapevolmente, nelle pagine degli autori piú insigni della filosofia della prassi e del materialismo storico, è necessariamente intrinseca e implicita in tale dottrina, ed è particolarmente valida per distinguerla, anche meglio che non si sia fatto neI passato, dal comune indirizzo del naturalismo positivistico o dello schietto materialismo, — sono state pensate e scritte da Gramsci in forma filologica, immediata e intenzionalmente provvisoria, se non proprio di sfuggita; e ciò forse è avvenuto assai piú in considerazione della gran difficoltà del tema e dell'impegno critico da esso richiesto, che non per il misconoscimento o la svalutazione di esso in ordine [...]

[...] positivistico o dello schietto materialismo, — sono state pensate e scritte da Gramsci in forma filologica, immediata e intenzionalmente provvisoria, se non proprio di sfuggita; e ciò forse è avvenuto assai piú in considerazione della gran difficoltà del tema e dell'impegno critico da esso richiesto, che non per il misconoscimento o la svalutazione di esso in ordine alla più compiuta. e soddisfacente concezione della natura e della storia nella filosofia della. prassi. E quindi ovvio e naturale per me che il tema di questa comunicazione rispetti e quasi rispecchi nella sua trattazione l'indole e l'andamento delle riflessioni gramsciane che ad esso si riferiscono, fino a la sciare allo stato semplicemente allusivo o alquanto indeterminato quegli
54 I documenti del convegno
spunti di idee, che cosí furono abbozzati nei quaderni del carcere, donde fu tratta la materia per il suddetto volume.
Gramsci ha affermato che la « filosofia della prassi è una concezione nuova, indipendente, originale », e che la sua indipendenza e originalità è quella [...]

[...]vio e naturale per me che il tema di questa comunicazione rispetti e quasi rispecchi nella sua trattazione l'indole e l'andamento delle riflessioni gramsciane che ad esso si riferiscono, fino a la sciare allo stato semplicemente allusivo o alquanto indeterminato quegli
54 I documenti del convegno
spunti di idee, che cosí furono abbozzati nei quaderni del carcere, donde fu tratta la materia per il suddetto volume.
Gramsci ha affermato che la « filosofia della prassi è una concezione nuova, indipendente, originale », e che la sua indipendenza e originalità è quella « di una nuova cultura in incubazione, che si svilupperà con lo svilupparsi dei rapporti sociali »; ha scritto inoltre che « la filosofia della prassi è uguale a Hegel piú Davide Ricardo » 1, in quanto i nuovi canoni metodologici introdotti da Ricardo in economia « hanno avuto un significato d'innovazione filosofica » (cosicché, ad es., il principio della legge di tendenza nell'homo oeconomicus e nel mercato determinato « è stata una scoperta di valore anche gnoseologico », ed « implica appunto una nuova concezione della necessità e della libertà» 2); e infine — ancora piú determinatamente — ha scritto che « la filosofia della prassi è una riforma e uno 'sviluppo dello hegelismo, è una filosofia liberata (o che cerca di liberar[...]

[...]iú Davide Ricardo » 1, in quanto i nuovi canoni metodologici introdotti da Ricardo in economia « hanno avuto un significato d'innovazione filosofica » (cosicché, ad es., il principio della legge di tendenza nell'homo oeconomicus e nel mercato determinato « è stata una scoperta di valore anche gnoseologico », ed « implica appunto una nuova concezione della necessità e della libertà» 2); e infine — ancora piú determinatamente — ha scritto che « la filosofia della prassi è una riforma e uno 'sviluppo dello hegelismo, è una filosofia liberata (o che cerca di liberarsi) da ogni elemento ideologico unilaterale e fanatico ». In altri termini, ritenendo egli che la proposizione di Engels del « passaggio dal regno della necessità al regno della libertà » debba essere analizzata ed elaborata « con molta finezza e delicatezza », è quindi — ciò che è ancora piú significativo — pervenuto alla franca ammissione di un'etica o moralità del materialismo storico, cosí scrivendo:
1 M. S., p. 90.E da aggiungere che G. ha anche rilevato la diffusa opinione che la filosofia della prassi è una pura filosofia, cioè « la scienza della dialet[...]

[...]e e fanatico ». In altri termini, ritenendo egli che la proposizione di Engels del « passaggio dal regno della necessità al regno della libertà » debba essere analizzata ed elaborata « con molta finezza e delicatezza », è quindi — ciò che è ancora piú significativo — pervenuto alla franca ammissione di un'etica o moralità del materialismo storico, cosí scrivendo:
1 M. S., p. 90.E da aggiungere che G. ha anche rilevato la diffusa opinione che la filosofia della prassi è una pura filosofia, cioè « la scienza della dialettica » , ed ha altre due parti, che sono « l'economia e la politica »; e che essa con tali tre parti « rappresenta il coronamento e il superamento del grado piú alto che verso il '48 aveva raggiunto la scienza delle nazioni piú progredite d'Europa : la filosofia classica tedesca, l'economia classica inglese e l'attività e scienza politica francese » (M. S., pp. 1289). Ma egli ha badato soprattutto a rilevare l'importanza della dialettica, che è « dottrina della conoscenza e sostanza midollare della storiografia e della scienza politica », e ad intendere la filosofia della prassi « come una filosofia integrale e originale che inizia una nuova fase nella storia e nello sviluppo mondiale del pensiero, in quanto supera (e superando ne include in sé gli elementi vitali) sia l'idealismo che il materialismo, tradizionali espressioni delle vecchie società » (M. S., p. 132). Mi par degno di rilievo anche il buon apprezzamento che G. fece del Lange, giudicandolo uno storico coscienzioso ed acuto, che ha del materialismo « un concetto assai preciso, definito e limitato, e perciò... non considera materialistici né il materialismo storico e neanche la filosofia di Feuerbach » (M. S., p. 152).
2 G. i[...]

[...] in quanto supera (e superando ne include in sé gli elementi vitali) sia l'idealismo che il materialismo, tradizionali espressioni delle vecchie società » (M. S., p. 132). Mi par degno di rilievo anche il buon apprezzamento che G. fece del Lange, giudicandolo uno storico coscienzioso ed acuto, che ha del materialismo « un concetto assai preciso, definito e limitato, e perciò... non considera materialistici né il materialismo storico e neanche la filosofia di Feuerbach » (M. S., p. 152).
2 G. intende il « mercato determinato » di Ricardo come un « determinato rapporto di forze sociali in una determinata struttura dell'apparato di produzione », il quale rapporto viene «garantito (cioè reso permanente) da una determinata superstruttura politica, morale, giuridica » (M. S., p. 99).
Felice Alderisio 55
« La base scientifica di una morale del materialismo storico è da cercare, mi pare, nell'affermazione che "la società non si pone compiti per la soluzione dei quali non esistano già le condizioni di risoluzione ". Esistendo le condizioni, "la solu[...]

[...]ionalità storica, su cui insiste il materialismo storico per l'efficacia dell'azione economicopolitica, con l'esigenza etica propria del libero volere agente secondo fini suggeriti soprattutto dalla detta condizionalità e da realizzarsi, se necessario, anche con un rovesciamento della prassi; onde il progresso sociale riesca una moralizzazione sociale. Ma il detto volume contiene un'altra riflessione, molto ampia e forse meglio introduttiva alla filosofia della prassi, e con la quale Gramsci vedeva questa filosofia presupporre il passato culturale della Rinascita e della Riforma, la filosofia tedesca e la Rivoluzione francese, :il calvinismo e l'economia classica inglese, il liberalismo laico e in senso lato lo storicismo, che sta alla base di tutta la concezione moderna della vita. E di tutto questo complesso movimento « la filosofia della prassi è il coronamento », quale «riforma intellettuale e morale », e anche quale dialettizzamento del « contrasto tra cultura popolare e alta cultura » : essa è « una filosofia che è anche politica, e una politica che è anche filosofia ». Però essa « attraversa ancora la sua fase popolaresca », non essendo cosa facile ï1 suscitare da essa « un gruppo d'intellettuali indipendenti »; è ancora « la concezione di un gruppo sociale subalterno senza iniziativa storica,
1 M. S., p. 98. In questo capitoletto, intitolato « Scienza morale e materialismo storico», è difficile cogliere sicuramente il senso inteso da G. nel distinguere «una gerarchia dei fini » da « una graduazione dei fini »; ma mi par verosimile che egli abbia alluso ad una successione storica dei fini individuali e sociali, ed all'azione, o «missione» storica, della[...]

[...]o prepostera, — dei fini stessi, che sono solamente da attendersi se e come la storia effettiva li realizza.
5.
56 I documenti del convegno
che si amplia continuamente, ma disorganicamente, e senza poter oltrepassare un certo grado qualitativo », finché non si arrivi al possesso dello Stato, all'esercizio reale di una egemonia sociale, che solo può permettere « un certo equilibrio organico nello sviluppo del gruppo intellettuale ». Ed anzi la filosofia della prassi è divenuta anch'essa « pregiudizio » e « superstizione », o è quasi « l'aspetto popolare dello storicismo moderno » , « contiene in sé un principio di superamento di questo storicismo». È anche accaduto, nella storia della cultura, che ogni volta che è affiorata la cultura popolare, e dalla « ganga popolare » — in una fase di rivolgimento — « si selezionava il metallo di una nuova classe», si è avuta una fioritura di « materialismo »; e che viceversa « nello stesso momento le classi tradizionali si aggrappavano allo spiritualismo».. « Hegel, a cavallo della Rivoluzione francese e[...]

[...]versa « nello stesso momento le classi tradizionali si aggrappavano allo spiritualismo».. « Hegel, a cavallo della Rivoluzione francese e della Restaurazione, ha dialettizzato i due momenti della vita del pensiero, materialismo e spiritualismo, ma la sintesi fu " un uomo che cammina sulla testa ". I continuatori di Hegel hanno distrutto quest'unità, e si è ritornati ai sistemi materialistici da una parte e a quelli spiritualistici dell'altra. La filosofia della prassi, nel suo fondatore, ha rivissuto tutta questa esperienza, di hegelismo, feueibacchismo, materialismo francese, per ricostruire la sintesi della unità dialettica: " l'uomo che cammina sulle gambe ". Il laceramento avvenuto per l'hegelismo si è ripetuto per la filosofia della prassi, cioè dall'unità dialettica si è ritornati da una parte al materialismo filosofico, mentre l'alta cultura moderna idealistica, ha cercato d'incorporare ciò che della filosofia della prassi le era indispensabile per trovare qualche nuovo elisir» 1 (di lunga vita per la classe di. cui la cultura idealistica è stata ed è l'esponente).
È facile qui rilevare che Gramsci intuiva nella concezione hegeliana — a parte la cattiva riuscita di essa in una sorta di uomo capovolto, che cammini sulla testa delle idee, e non sulle gambe dei bisogni e delle forze reali — una sintesi di due momenti della vita e del pensiero, e vedeva pure, in corrispondenza o analogia col laceramento avvenute nella scuola hegeliana, anche un laceramento avvenuto nella filosofia. della prassi, spess[...]

[...]idealistica è stata ed è l'esponente).
È facile qui rilevare che Gramsci intuiva nella concezione hegeliana — a parte la cattiva riuscita di essa in una sorta di uomo capovolto, che cammini sulla testa delle idee, e non sulle gambe dei bisogni e delle forze reali — una sintesi di due momenti della vita e del pensiero, e vedeva pure, in corrispondenza o analogia col laceramento avvenute nella scuola hegeliana, anche un laceramento avvenuto nella filosofia. della prassi, spesso degenerata in pregiudizio o superstizione materialistica e deterministica. Onde egli avvertiva che se la filosofia della prassi aveva
1 M. S., pp. 867.
Felice Alderisio 57
ragione di affermare che ogni « verità » creduta eterna ed assoluta « ha avuto origini pratiche e ha rappresentato un valore provvisorio (storicità di ogni concezione del mondo e della vita) », bisognasse ancora ammettere — per quanto la cosa fosse difficile farla comprendere « praticamente » — che una tale interpretazione storicista delle verità supreme del mondo e della vita « è valida anche per la stessa filosofia della prassi, senza scuotere quei convincimenti che sono necessari per l'azione » , e senza perciò dedurre dallo stori[...]

[...] M. S., pp. 867.
Felice Alderisio 57
ragione di affermare che ogni « verità » creduta eterna ed assoluta « ha avuto origini pratiche e ha rappresentato un valore provvisorio (storicità di ogni concezione del mondo e della vita) », bisognasse ancora ammettere — per quanto la cosa fosse difficile farla comprendere « praticamente » — che una tale interpretazione storicista delle verità supreme del mondo e della vita « è valida anche per la stessa filosofia della prassi, senza scuotere quei convincimenti che sono necessari per l'azione » , e senza perciò dedurre dallo storicismo « lo scetticismo morale e la depravazione ». Insomma Gramsci qui riassume nella concettosa riflessione già riferita la sua veduta circa la filosofia della prassi: « Ecco perché la proposizione del passaggio dal regno della necessità a quello della libertà deve essere analizzata ed elaborata con molta finezza e delicatezza » 1.
Altra considerazione di Gramsci che a me sembra pure orientata o convergente verso il nostro tema è quella sul concetto di regolarità e necessità nello sviluppo storico, a cui giunse il « fondatore della filosofia della prassi » (Marx); ma non proprio per « una derivazione dalle scienze naturali », bensí con « una elaborazione di concetti nati nel terreno dell'economia politica, specialmente nella forma e nella metodologia che la scienza economica ricevette da Davide Ricardo », (la cui impostazione delle leggi economiche Gramsci riteneva necessario studiare). Infatti Ricardo « non ha avuto importanza nella fondazione della filosofia della prassi solo per il concetto di " valore " in economia, ma ha avuto un'importanza " filosofica ", ha suggerito un modo di pensare e d'intuire la vita e la storia ». Tale modo di pensare è, detto alla buona, « il metodo del posto che, delta premessa che dà una certa conseguenza »; ed a Gramsci parve che esso « debba essere identificato come uno dei punti di partenza (stimoli intellettuali) delle esperienze filosofiche dei fondatori della filosofia della prassi ». Ma l'economia classica dette luogo a una « critica dell'economia politica », la quale è partita dal concetto della « storicità » del mercato determinato e del suo cosiddetto « automatismo », mentre gli economisti puri concepivano gli elementi o fattori economici come « eterni », « naturali ». « La critica analizza realisticamente i rapporti delle forze che determinano il mercato, ne approfondisce le contraddizioni, valuta le modificabilità connesse all'apparire di
1 M. S., p. 95.
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nuovi elementi e al loro rafforzarsi, e presenta la caducità e sost[...]

[...]rici », e senza che con ciò si tratti «di scoprire una legge metafisica di determinismo, e neppure di stabilire una legge generale di causalità. Si tratta solo di rilevare come nello svolgimento storico si costituiscano delle forze relativamente permanenti, che operano con una certa regolarità e automatismo ». In altri termini non si può indicare una vera e propria « legge» dei fatti storici, eterna ed immutabile; ma l'accennato « elemento della filosofia della prassi » (derivato, secondo Gramsci, soprattutto dall'impostazione delle leggi economiche fatta dal Ricardo) « è poi, nientemeno, il suo particolare modo di concepire l'immanenza » . Nel senso finora chiarito « il concetto di necessità è strettamente connesso a quello di regolarità e di razionalità » . Non è la necessità nel senso
1 M. S., pp. 99100. A proposito del modo di pensare la vita e la storia conseguentemente alla forma e al metodo dell'economia politica del Ricardo, Gramsci qui annota che bisogna vedere, o meglio studiare, il concetto filosofico di caso e di legge, il concett[...]

[...]ttavia quanto egli riuscí a considerare sull'argomento fu segno per lui di un chiaro e fermo
i M. S., p. 101. Qui G. ricorda i concetti di « Provvidenza » e di « fortuna » come sono stati adoperati speculativamente dai filosofi idealisti italiani, specialmente dal Croce, del quale occorreva vedere il libro sul Vico, « in cui il concetto di Provvidenza è tradotto in termini speculativi, e in cui si dà inizio all'interpretazione idealistica della filosofia vichiana ».
60 1 documenti del convegno
orientamento, e tale orientamento è sempre valido e necessario per la migliore intelligenza e il piú sicuro quanto necessario sviluppo della filosofia della prassi.
Ed ecco ora l'osservazione piú diretta e calzante sul concetto della finalità, lasciataci da Gramsci nei suoi « quaderni », per quanto anch'essa sia rimasta alla fase di una semplice obiezione polemica e di una vaga e generica presa di posizione teoretica. E un'annotazione avente per titolo « La teleologia » 1 e fa parte delle molteplici critiche che Gramsci scrisse contro il Manuale popolare di sociologia marxista di Bukharin. Egli fra l'altro lamentava che tale libro proprio « nella questione della teleologia » apparisse piú vistosamente difettoso, poiché a tale proposito que[...]

[...]e riflessioni nel suo Dizionario filosofico (alla voce Fin, cause finale), distinguendo i fini fittizi e innaturali da quelli manifestamente naturali e razionali, per cui iniziò il suo ragionamento con questa ferma battuta: « Il parait qu'il faut être forcené pour nier que les estomacs soient faits pour digérer, les yeux pour voire, les oreilles pour entendre».
Felice Alderisio 61
dalla scienza naturale, e di essere accortamente adottata dalla filosofia della prassi), Gramsci prese posizione a questo punto in una lunga e concettosa nota, valendosi del pensiero di Kant, di Goethe e di Croce. In tale nota Gramsci comincia col citare dalle Xenie del Goethe (nella traduzione del Croce)' l'esortazione satirica contro il finalismo volgare: «Il Teleologo: — II Creatore buono adoriamo del mondo, che, quando — il sughero creò, inventò insieme il tappo » ; poi riporta questa breve ed importante chiosa del Croce stesso: « Contro il finalismo estrinseco, generalmente accolto nel secolo decimottavo, e che il Kant aveva di recente criticato surrogandolo c[...]

[...]udizi del Goethe: « Il Kant è il
più eminente dei moderni filosofi, quello le cui dottrine hanno maggiormente influito sulla mia cultura; la distinzione del soggetto dall'oggetto
e il principio scientifico che ogni cosa esiste e si svolge per ragion sua propria ed intrinseca (che il sughero, a dirla proverbialmente, non nasce per servir di turacciolo alle nostre bottiglie) ebb'io comune col Kant, ed io in seguito applicai molto studio alla sua filosofia». Da ultimo Gramsci trae il succo di tali anteriori motivi di pensiero, e conclude la sua interessantissima nota con questa franca dichiarazione di teleologismo storico: « Nella concezione di missione storica {sottint.: del proletariato moderno) non potrebbe scoprirsi una radice teleologica? E infatti in molti casi essa assume un significato equivoco e mistico. Ma in altri casi ha un significato, che, dopo il concetto kantiano della teleologia, può essere sostenuto e giustificato dalla filosofia della prassi ».
Gramsci dunque, con siffatto suo orientamento filosofico piú avanzato
e decisame[...]

[...] anteriori motivi di pensiero, e conclude la sua interessantissima nota con questa franca dichiarazione di teleologismo storico: « Nella concezione di missione storica {sottint.: del proletariato moderno) non potrebbe scoprirsi una radice teleologica? E infatti in molti casi essa assume un significato equivoco e mistico. Ma in altri casi ha un significato, che, dopo il concetto kantiano della teleologia, può essere sostenuto e giustificato dalla filosofia della prassi ».
Gramsci dunque, con siffatto suo orientamento filosofico piú avanzato
e decisamente fuori del quadro convenuto del materialismo causalistico, cioè meramente naturalistico e meccanico, era rivolto ad una concezione
e spiegazione causalefinalistica della natura ed ancora piú ad un finalismo immanente e volontaristico della prassi storica umana. Ed il suo merito per tale orientamento è stato tanto maggiore in quanto egli non ebbe modo di scoprire, né di poter rendere manifesto alcunché di preciso
e netto in tale senso nella precedente e migliore letteratura del materialismo s[...]

[...]torico, per quanto si sentisse sicuro di non deviare dall'intimo spirito di esso e dal suo immancabile sviluppo teoreticopratico. Ma fu certamente per un avverso destino che egli non poté accorgersi di cam
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minare — anche per il detto orientamento — sulle stesse orme (starei quasi per dire anche di Marx: in verità, di un Marx assai poco conosciuto o rilevato, e ancor meno approfondito) dell'altro grande teorico della filosofia della prassi, il quale proprio il predetto orientamento cominciò ad aprire ed a proporre negli ultimi anni della sua attività scientifica in alcuni manoscritti inediti intorno alla Dialettica della natural. Un tale documento interessantissimo di scienza e filosofia della natura, — in cui si proclama che « la dialettica, spogliata del misticismo », è ormai divenuta « una necessità assoluta per la scienza, che ha ormai lasciato il terreno sul quale bastava fare uso delle categorie fisse », che « i risultati della scienza moderna si devono spiegare razionalmente », che « è necessario pensare; che atomo, molecola, ecc. non possono essere osservati col microscopio, ma solo col pensiero » 2 — rimase per tre decenni :inutilmente affidato al Bernstein e sottratto ad ogni studio; né della tardiva pubblicazione fattane a Mosca nel 1925 una prima volta (e poi, ivi[...]

[...] nuovo, nel 1927 e nel 1935) poté forse giungere a Gramsci qualcosa di piú della semplice notizia bibliografica. Ma egli avrebbe certamente molto gioito nel leggere alcune cose in quei manoscritti di Engels, e molto si sarebbe giovato delle numerose utili indicazioni storiche e riflessioni teoretiche engelsiane sulla dialettica naturale, sulla finalità nella natura, sui rapporti tra la natura e l'uomo, e sui rapporti in genere tra la scienza, la filosofia, la storia naturale e la storia umana. E cosí egli vi avrebbe certamente rilevato, e con pieno assentimento, questo giudizio storico di Engels sulla scienza naturale e sulla filosofia, da questi formulato specialmente nei confronti di Moleschott, di Vogt, di Büchner e di Haeckel e con riferimento all'hegelismo, al darwinismo ed alla scienza positivistica: «La filosofia compie una vendetta postuma contro la scienza per il fatto che la scienza l'ha abbandonata, e tuttavia gli scienziati avrebbero potuto vedere, già dai successi scientifici della filosofia, che in tutta questa filosofia c'era qualcosa di superiore a loro anche per quel che concerne il terreno loro proprio, specifico (Leibniz, fondatore della matematica dell'infinito, di fronte al quale Newton, schiacciato daI
1 Opera postuma di Engels, da lui lasciata incompiuta e in gran parte allo stato frammentario (qui citata nella trad. ital. La dialettica della natura, Roma, Ed. Rinascita, 1950, 2' ed.).
2 ENGELS, oli. cit., p. 198.
Felice Alderisio 63
metodo induttivo come un asino dalla soma, fa la figura del plagiario e del guastatore; Kant, teoria delle origini cosmiche prima di Laplace; Oken, il primo in Germa[...]

[...] 198.
Felice Alderisio 63
metodo induttivo come un asino dalla soma, fa la figura del plagiario e del guastatore; Kant, teoria delle origini cosmiche prima di Laplace; Oken, il primo in Germania ad accettare la teoria dell'evoluzione; Hegel: la sintesi e i1 raggruppamento razionale delle scienze naturali da lui fatti sono un'impresa molto piú grande di tutti gli assurdi materialistici messi insieme)... Gli scienziati credono di liberarsi dalla filosofia ignorandola o insultandola; ma poiché senza pensiero non vanno avanti e per pensare hanno bisogno di determinazioni di pensiero e accolgono però queste categorie, senza accorgersene, dal senso comune delle cosí dette persone colte dominato dai residui di una filosofia da gran tempo tramontata, non sono affatto meno schiavi della filosofia, ma lo sono il piú delle volte purtroppo della peggiore. Gli scienziati possono prendere l'atteggiamento che credono: essi sono sotto i1 dominio della filosofia. C'è da porre solo il problema se essi vogliono essere dominati da una cattiva filosofia corrente, o da una forma di pensiero teorico che riposa sulla conoscenza della storia del pensiero e sui suoi risultati » 1. $ vero, e non si può omettere di parlarne, che Engels, distinguendo l'indirizzo filosofico basato su « categorie fisse » da quello dialettico basato su « categorie fluide » (e per questo indirizzo egli si contentava di fare solo i nomi di Aristotele ed Hegel), e giudicando insostenibile la rigida opposizione di premessa e conseguenza, di causa ed effetto, di identità e differenza, di realtà ed apparenza ecc., in quanto « l'un polo è già contenuto in nuce nell'altro, e a[...]

[...]nziché eretta sulle spalle e sulle gambe (con la forza delle quali soltanto é possibile portare il proprio corpo e camminare), riguarda — nel concetto
e nell'immagine — direttamente il rapporto tra il fine e la causa, o il fine e il mezzo (o i mezzi), e può quindi bene sviluppare ed arricchire l'esposizione del pensiero di Gramsci in rapporto al tema propostomi, importa che io esamini anche ciò che egli ha scritto sul detto motivo critico della filosofia d'ella prassi contro la concezione del mondo storico ponente l'uomo « con la testa all'ingiú » . Gramsci dunque, in una lunga riflessione filologica su Marx e Hegel j, comincia con l'avvertire che « nello studio dello hegelismo di Marx » occorre ricordare che questi (il quale ebbe « carattere » — e Gramsci fece pur bene a rilevarlo —« eminentemente praticocritico ») aveva partecipato alla vita universitaria di Berlino pochi anni dopo la morte di Hegel (1831), cioè quando doveva essere ancora vivissimo « il ricordo dell'insegnamento orale di Hegel e delle discussioni appassionate » da esso già[...]

[...]rre in qualche modo alla fonte hegeliana questa plastica e notissima immagine critica di Marx (e che fu poi anche di Engels), raffigurante un uomo capovolto, che stando con la testa in basso e con le gambe per aria si sforzi tuttavia di camminare (come sanno fare i saltimbanchi), e diretta quindi a riprodurre — con immediato e irresistibile effetto di comicità — la strana posizione che all'uomo sarebbe stata data dalla concezione hegeliana della filosofia della storia e, anzitutto, da quella del diritto e dell'eticità. Difatti Gramsci osservò che l'immagine degli « uomini con la testa in giú » dové derivare dallo stesso Hegel, poiché questi se ne era servito « parlando della Rivoluzione francese » , e scrivendo che « in un certo momento della Rivoluzione francese (quando fu organizzata la nuova struttura statale) pareva che il mondo camminasse sulla testa, o qualcosa di simile ». Egli inoltre (affidandosi ancora ad un suo vago ricordo, per l'impossibilità in cui si trovava di riscontrare le fonti) aggiunse anche che il Croce si sarebbe una vol[...]

[...]ra statale) pareva che il mondo camminasse sulla testa, o qualcosa di simile ». Egli inoltre (affidandosi ancora ad un suo vago ricordo, per l'impossibilità in cui si trovava di riscontrare le fonti) aggiunse anche che il Croce si sarebbe una volta domandato « di dove i1 Marx abbia preso questa immagine » ; ed in conclusione della sua notazione filologica tornò a scrivere che quella immagine si trovava « certamente in un libro di Hegel (forse la Filosofia del diritto: non ricordo) »; o che piú veramente gli appariva « scaturita da una conversazione tanto è fresca, spontanea, poco " libresca " » . E in una breve nota a questo punto si legge — a proposito sempre della suddetta immagine — che A. Labriola aveva scritto: «Gli è proprio quel codino di Hegel che disse come quegli uomini (della Convenzione) avessero pei primi, dopo Anassagora, tentato di capovolgere la nozione del mondo, poggiando questo su la ragione» ~.
Gramsci dunque aveva colto nel vero ritenendo che proprio Hegel era stato il primo ad usare l'immagine della « testa » dell'uomo ([...]

[...]enso e valore, tanto positivo nell'uso fattone dallo Hegel, quanto negativo nell'uso a controsenso e a distorsione critica, a cui ben presto quell'immagine della testa (resa, da eretta, rovesciata) era stata comicamente ridotta da qualche spiritoso antihegeliano, o piú verisimilmente da un riformatore di sinistra del sistema di Hegel. Ed io confesso di aver provato un certo disappunto per non aver trovato alcuna soddisfazione ad una
1 Cioè alla Filosofia della storia di Hegel (cap. ultimo: p. 552 dell'ed. tedesca Reclam, Leipzig, 1924). Il passo a cui Labriola si riferiva (esprimendo soprattutto un consenso, e non una critica, e per il pensiero di Hegel e per la opera dei giacobini, in quanto essa intendeva porre il mondo della storia sulla testa dell'uomo, cioè basarlo sulla ragione) è questo: « Da quando il sole sta fisso nel firmamento ed i pianeti gli girano intorno, non si era ancora visto che l'uomo si pone sulla testa, cioè sul pensiero, e secondo questo costruisce la realtà — sich auf den Kopf, das ist, auf den Gedanken stellt, und di[...]

[...]l Lukàcs in una sua pregevole opera 1, in cui con grande diligenza e discernimento ha indagato
e ripresentato le fonti del pensiero hegeliano e di quello marxistico, ed ha adoperato assai di frequente, ed a scopo critico, la frase auf den Kopf quasi come un trito ritornello o uno scongiuro.
però un fatto che il nostro A. Labriola, la cui illuminata e profonda ortodossia marxistica è fuori discussione anche rispetto alla revisione critica della filosofia della storia di Hegel, si astenne tuttavia dall'usare — a scopo di critica — quell'immagine della testa umana rovesciata, cosí com'era stata, se non foggiata, adoperata anche da Marx. Né si può supporre che il Labriola l'avesse ignorata, o non l'avesse rilevata, ma piuttosto che egli, piú avveduto e moderato critico della posizione hegeliana in materia di filosofia della storia e di etica e politica, non intendesse di spingere la sua critica fino al segno di un totale rovesciamento o capovolgimento di quella. Ed io non ritengo qui fuori luogo di richiamare una chiara allusione al senso astrattamente realistico o materialistico, cioè troppo unilaterale, che quell'immagine aveva assunto contro l'idealismo hegeliano, cioè l'allusione che ad essa fu fatta dallo Spaventa in un luogo della sua Logica e Metafisica, dove essa è accompagnata dalla dovuta critica. Premessa da lui l'esplicita ammissione che sia impossi
1 È l'opera di G. LUKÀcs, Der ¡unge Hegel U[...]

[...]B. Spaventa per congiungere insieme l'evoluzione del Darwin col dialettismo idealistico dello Hegel (lavoro che Spaventa « cornpié da sé » nel 1864, e cioè appena un quinquennio dopo l'apparizione del capolavoro di Darwin; e del felice congiungimento dell'evoluzione naturalistica con la dialettica del pensiero Antonio Labriola altamente lodò il suo antico maestro in una lettera a Engels del 14 marzo 1894).
Felice Alderisio 69
bile trattare la filosofia della storia « sulle nude tre dita dell'Idea in sé, Idea fuori di sé e Idea in sé e per sé, senz'altro » (o, in altri termini, soltanto « sulla testa delle Idee, o dello Spirito », come suonava il ritornello critico dei marxisti), cosí Spaventa proseguiva: «Quel che non posso ammettere è il dommatico autaut del realismo e dell'idealismo, dell'a posteriori e dell'a priori; o con buone gambe, ma cieco; o veggente, ma zoppo. Hegel stesso ha sempre protestato contro questa mutilazione dell'integrità dello spirito scientifico. E pure ci ha di quei che annunziano di aver superato Hegel, sacrificand[...]

[...]oè contro la sorgente luminosa di quell'apparenza o riflesso, il quale certo ne è una necessaria presupposizione, ma è come una scala che permetta di salire ad una sommità. Ed ecco il luogo di Hegel nella sua quasi letterale espressione, e con qualche lieve sfrondamento: « Il pur o conoscere sé stesso nell'assoluto essere altro, questo etere come tale, è il fondamento e il corpo della scienza, ovvero il sapere in generaie. I1 cominciamento della filosofia ha per presupposto ed esigenza che la coscienza venga a trovarsi in questo elemento, il quale però ottiene il suo compimento e la sua trasparenza [ossia l'interna conoscenza, quella data dalla Logica di Hegel) mediante il movimento del suo proprio divenire... La scienza richiede da parte sua all'autocoscienza che questa si sia elevata in questo etere affinché possa vivere con lei ed in lei, e affinché viva; e all'opposto l'individuo ha diritto di esigere che la scienza gli fornisca almeno la guida per elevarsi al detto punto di vista, e che gli mostri lo stesso in lui stesso... Mentre la posi[...]

[...]e un mero riflesso di quella, e non come il coronamento e l'autoriflessione della stessa realtà o esistenza nel suo sapersi ed attuarsi, ossia la finalità ultima, che è la finalità stessa del reale e ad esso immanente.
Ritengo cosí di aver messo in opportuna luce, e riportato all'attualità della presente considerazione e ricerca filosofica un importante filone di pensiero di Antonio Gramsci, e ripreso insieme una esigenza teoretica interna alla filosofia della prassi ed al suo metodo dialettico nella sua concezione della natura e della storia umana e nella sua azione conseguente, aprendo infine una vasta ed interessante prospettiva di lavoro.
6.



da Benno Sarel, Intellettuali e classe operaia nella Germania orientale durante la crisi del '56 in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...]smo è la burocrazia; infine che Stato e burocrazia stanno reciprocamente assimilandosi.
ß ß ß
La figura di 'gran lunga piú notevole nella cultura filosofica della Germania Orientale è quella del prof. Ernst Bloch di Lipsia. In realtà egli è, insieme a. Lukàcs, uno dei pochissimi filosofi marxisti del cosiddetto mondo orientale. Quando E. Bloch rientrò dalla emigrazione nel 1947, i dirigenti del Partito — che conoscevano superficialmente la sua filosofia — lo accolsero come una personalità intellettuale rappresentativa, capace di dar lustro al regime. Da anni il prof. Bloch insegna a Lipsia e forma degli scolari che, a loro volta, diventano assistenti o incaricati nelle varie università della Germania Orientale. L'influenza del prof. Bloch è rimasta a lungo limitata nell'ambito dei seminari di filosofia: il suo insegnamento, astratto com'era, non sembrava presentare alcun addentellato con la realtà. Per anni il solo appunto che gli venne mosso dagli intellettuali che gravitavano intorno al segretario del Partita fu la mancanza di presa di posizione politica, il suo rifiuto di aderire al Partito. Di colpo, nel 1956, senza che lo stesso Bloch abbia modificato in nulla la sua
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condotta, le idee da lui professate sono diventate forze politiche e ideologia del movimento reale.
Partito da Hegel per arrivare a Marx, il prof. Bloch poneva al centro dei suoi interessi i problemi del[...]

[...]à, la quale altro non è che un reciproco rapporto del soggettivo e dell'oggettivo. Basandosi sul Marx giovane, Bloch prevede il momento in cui soggetto e oggetto sono destinati a confondersi l'un nell'altro. Filosofo della categoria del possibile, fenomenologo dell'anticipazione per riprendere i termini di Streisand, — Bloch appare come lo storico del pensiero utopistico, altrimenti detto del pensiero rivolto verso l'avvenire. Bloch lega la sua filosofia alla esistenza del proletariato. Secondo lui, solo dopo la nascita del proletariato e quella del marxismo, filosofia del proletariato, é diventato possibile, in filosofia, di rivolgersi verso il futuro.
L'insegnamento del prof. Bloch acquista una attualità politica nel 1956, quando è posto nuovamente il problema della coscienza del proletariato e, più concretamente, del rifiuto degli operai di riconoscersi nelle istituzioni che si dicono promanare da loro. Dapprima le autorità chiedono a Bloch di riconoscere di essere un filosofo idealista e di non dichiararsi più marxista. Naturalmente Bloch rifiuta e, nell'autunno del 1956, gli viene tolta la cattedra.
INTELLETTUALI E CLASSE OPERAIA NELLA GERMANIA ORIENTALE 139
Da anni nei seminari del prof. Bloch si stud[...]

[...]ecnica contribuisce ad alienare l'operaio e a separarlo dal suo prodotto.
Nel 1956 queste discussioni perdono il carattere astratto che avevano fino allora. L'ambiente universitario, nel suo complesso, si modifica. Migliaia di studenti di ogni facoltà effettuavano da anni dei periodi di lavoro nelle fabbriche. In seguito alle loro osservazioni, ma anche grazie ad inchieste organizzate all'uopo, si erano intraprese, soprattutto negli istituti di filosofia di Lipsia e di Berlino, delle ricerche sperimentali sulla coscienza operaia. Anche presso i giovani storici, presso alcuni studenti di letteratura e di filosofia, si ritrovano le idee del prof. Bloch. Poiché l'insegnamento del marxismo é obbligatorio in tutte le facoltà, capita spesso che gli assistenti e gli incaricati nel campo delle scienze sociali siano degli ex alunni del prof. Bloch. Un allievo di Bloch, incaricato di filosofia all'Università di Jena, Richard Lorenz, propane l'idea di una ricerca sui rapporti fra la soggettività individuale e la situazione oggettiva, quale è data dalle istituzioni della Repubblica Democratica Tedesca. E il Lorenz, sulla linea del pensiero di Bloch, suggerisce che non possono esistere istituzioni né Stato socialista se gli uomini non li considerano come tali e non si comportano in conseguenza. Lo stesso prof. Bloch dea finisce il dogmatismo che caratterizza l'ideologia ufficiale a controrivoluzione all'interno del marxismo ».
***
In tal modo nel 1956 la teoria marxista, che era sta[...]

[...]stituzioni ufficiali di cui é la negazione, così
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l'ideologia rivoluzionaria cresce in seno all'ideologia ufficiale, usa i suoi stessi concetti, pur essendole radicalmente opposta. I giovani filosofi sono spinti dalle loro preoccupazioni intellettuali a cercare il legame con la classe operaia e ad assumere nello stesso tempo un atteggiamento rivoluzionario.
A Berlino, durante i mesi di ottobre novembre, un giovane incaricato di filosofia, che aveva precedentemente insegnato a Lipsia, Wolfang Harich, organizza un gruppo clandestino di opposizione. Fin dall'aprile 1956 Harich si era espresso, nell'organo della Lega Culturale « Sontag », per la libertà di discussione e contro il dogmatismo. Affermava che per poter affermare il carattere erroneo di una opposizione é necessario osservarla da una prospettiva piú elevata, in una fase sucessiva del pensiero. Harich dirigeva la « Rivista Tedesca di filosofia » e nello stesso tempo era membro della direzione di « Aufbau », casa editrice della Lega Culturale. In tal modo la casa editric[...]

[...]precedentemente insegnato a Lipsia, Wolfang Harich, organizza un gruppo clandestino di opposizione. Fin dall'aprile 1956 Harich si era espresso, nell'organo della Lega Culturale « Sontag », per la libertà di discussione e contro il dogmatismo. Affermava che per poter affermare il carattere erroneo di una opposizione é necessario osservarla da una prospettiva piú elevata, in una fase sucessiva del pensiero. Harich dirigeva la « Rivista Tedesca di filosofia » e nello stesso tempo era membro della direzione di « Aufbau », casa editrice della Lega Culturale. In tal modo la casa editrice, la « Rivista di Filosofia » e la rivista « Sontag » diventarono le roccheforti della opposizione intellettuale berlinese. Nelle sue note — pubblicate in seguito frammentariamente — Harich definisce la sua attività « azione rivoluzionaria di classe » e prende come esempio la rivolta operaia del 1953. Harich e i suoi compagni, tutti membri del S.E.D., intendevano, come gli oppositori polacchi, di agire all'interno del Partito. Ma nello stesso tempo essi erano convinti che una azione condotta nella sola zona sovietica di occupazione sarebbe stata votata all'insuccesso e che era necessario assicurarsi delle allean ze al d[...]

[...] occupazione sarebbe stata votata all'insuccesso e che era necessario assicurarsi delle allean ze al di là delle frontiere, approfittare insomma della peculiare situazione del paese, posto tra la Polonia e la Germania Occidentale.
Harich aveva organizzato un gruppo centrale di cinque membri che si riuniva clandestinamente e di cui facevano parte la sua segretaria, il direttore della casa editrice « Aufbau », uno dei redattori della « Rivista di Filosofia » e un giovane economista, con l'incarico particolare di prendere contatti nelle imprese. Questo gruppo ristretto aveva lo scopo di elaborare il progetto di programma che do. veva essere poi sottoposto all'esame del Comitato Centrale, dei Comitati Regionali e della redazione della rivista teorica del Partito. Nello stesso tempo era preso in esame il problema di organizzare una conferenza per discutervi i problemi ideologici. Come dimostrano i contatti presi con alcuni ambienti intellettuali polacchi e con un giornale neutralista di sinistra della Germania Occidentale (« Die Andere Zeitung »),[...]

[...]blema dei viaggi in Germania Occidentale, ora dei periodi da trascorrere nelle fabbriche — contribuiscono a chiarire le idee dei giovani intellettuali. Nello stesso tempo in cui Walfang Harich organizza il centro di opposizione che si è visto, numerosi gruppi clandestini si formano nelle università e anche in alcuni licei (3). Ricordiamo il caso di due gruppi di studenti della università di Berlino, uno di studenti di storia e uno di studenti di filosofia, che sembra abbiano elaborato, ciascuno indipendentemente dall'altra, un programma politico (4). E' da menzionare anche il gruppo degli studenti di chimica di Halle, che si è posto in modo concreto il problema di una azione comune con gli operai (5).
Non c'è dubbio che l'opposizione operaia e l'opposizione degli intellettuali avrebbero finito con l'unirsi. Tuttavia nei mesi successivi al XX Congresso, mentre la critica degli intellettuali è viva .e aperta, l'iniziativa degli operai, che pur sarebbe di importanza fondamentale, resta in secondo piano. La tattica del regime consiste allora nell[...]



da Ernesto De Martino, Apocalissi culturali e Apocalissi Psicopatologiche in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69

Brano: [...]te moderna, trad. it. Milano 1961; F. ALTHEIM, Apokalyptik heute in `Die neue Rundschau', 1954, fast. 1; FRANE:LIN L. BAUMER, TwentiethCentury Version of the Apocalypse, in ' Cahiers d'histoire mondiale ' a cura della Commissione internazionale per una storia dello sviluppo scientifico e culturale dell'umanità, vol. I, 1954, pp. 623 sgg.; la raccolta di articoli di vari autori contenuti nel fascicolo s Apocalisse e Insecuritas a dell'Archivio di Filosofia diretto da E. Castelli, MilanoRoma 1954; H. FRIEDRICH, La lirica moderna, traduzione italiana, Milano 1961; R. VOLMAT, L'art psychopathologique, Parigi 1956; H. PETRICONI, Das Reich des Untergangs (con saggi su R. Wagner, E. Zola, M. Barrés, A. Kubin, O. Spengler e Th. Mann), Amburgo 1958; C. MAGRIs, Il mito absburgico nella letteratura austriaca moderna, Torino 1963; R. RUNCINI, I cavalieri della paura, in Passato e Presente n. 1617 del 1960; e, naturalmente, i saggi di Günther Anders.
(2) La tradizione apocalittica giudaicocristiana è esaminata in H. BIETENHARD, Das tausendjährige Reich, Z[...]

[...]na è esaminata in H. BIETENHARD, Das tausendjährige Reich, Zurigo 1955. Per la apocalittica protocristiana è da vedere in generale, oltre che O. CULLMANN, Christus und di Zeit: die urchristliche Zeit und Geschichtsauffassung, Zurigo 1948, la problematica connessa al cosiddetto ` rinvio ' (Verzögerung) della parusia e, in particolare, H. CONZELMANN, Die Mitte der Zeir, Tübingen 1954 (6' ed. 1962), con larga bibliografia. Per il legame tra moderna filosofia della storia ed escatologia giudaicocristiana, cfr. K. Löwrra, Meaning in History, Chicago 1948 (Weltgeschichte und Heilsgeschichte, Stuttgart 1953; trad. it. Significato e fine della storia, ed. Comunità, 1963); R. NIEBUHR, Faith and History, New York 1949. Un tentativo, del resto molto discutibile, di abbracciare in un'unica valutazione complessiva le diverse modalità storiche del millenarismo cristiano
108 ERNESTO DE MARTINO
delle grandi religioni storiche, connesso al mito delle periodiche distruzioni e rigenerazioni del mondo (3). In quarto luogo, infine, sta il documento etnologico de[...]

[...]egrato in una più vasta prospettiva di controllo e di confronto che abbracci le altre apocalissi storicoculturali e i loro corrispondenti rischi psicopatologici.
APOCALISSI CULTURALI ECC. 115
opere di Hans Sedlmayr e di Robert Volmat (9). Manca tuttavia un confronto sistematico e metodologicamente fondato tra le diverse manifestazioni della apocalittica dì oggi — non solo nell'arte, ma nella musica, nella poesia, nel romanzo, nel teatro, nella filosofia, nel costume — e la corrispondente documentazione psicopatologica, così come manca, in un argomento così tipicamente 'interdisciplinare, l'impiego di chiare formule metodologiche di collaborazione interdisciplinare fra lo storico della cultura e l'antropologo da una parte e lo psichiatra dall'altra. Nei limiti di questo saggio, e con l'intenzione di fornire più la proposta di un progetto di ricerca che una ricerca in sé compiuta con k relative conclusioni, saranno qui allineati e commentati alcuni pochi testi indicativi, sufficienti almeno ad impostare il problema: seguirà poi il confronto co[...]



da m.c.c., scheda sintetica di «Letteratura» (1937-1971) in KBD-Periodici: Rinascita 1975 - 8 - 29 - numero 34

Brano: [...]ativamente un f ascicolo alla letteratura ed uno alle arti figurative, redattori rispettivamente G. Zampa e M. Masciotta. I fascicoli di letteratura man tengono, della serie precedente, le rubriche Recensioni e Cronache (musicali, cinematografiche, ecc.), affiancandovene un'altra, dal titolo Rassegne, dove confluiscono gli interessi per le letterature straniere (francese, inglese e americana), assieme a due nuovi argomenti: Critica e filologia e Filosofia, a cura rispettivamente di L. Caretti e R. Assunto.
Nel 1953, per i tipi dell'editore De Luca di Roma, la rivista ritorna al vecchio titolo, ma, a riprova di un interesse ormai . non più esclusivamente letterario, si qualifica come « rivista di lettere e arte contemporanea ». Infatti, rifiutata la formula di Letteratura Arte contemporanea, la nuova serie di Letteratura contempera in uno stesso numero gli interessi letterari e artistici. Col tempo « una linea estetica la quale ha sempre tenuto d'occhio [...] l'instaurarsi della più stretta collaborazione tra le varie arti e soprattutto fra l[...]



da m.c.c, scheda sintetica di «Antologia Viesseux» [sic! Vieusseux] in KBD-Periodici: Rinascita 1975 - 8 - 29 - numero 34

Brano: [...]eux. La rivista si articola in due sezioni: una Scheda, che mette a fuoco di volta in volta un problema di attualità in ambito politico, storico, economico, letterario e artistico, con il metodo dell'intervista (interviste con A. Bertolino sul Cnel, con L. Caretti sulla situazione editoriale dei classici italiani, con U. Procacci sui compiti delle Soprintendenze alle belle arti, ecc.); una serie di Ragguagli critici, comprendenti Artz, Economia, Filosofia, Lettere, Storia. Ultimamente la rivista si è venuta arricchendo di un'ulteriore sezione riservata ai Contributi critici nei vari settori della cultura. Fra i collaboratori figurano P. Barucci, E. Boncinelli, G. Bonsanti, V. Bramanti, G. Cherubini, P. Logli. (m. c. c.)



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] L. Sichirollo, Hegel, Gramsci e il marxismo in Studi gramsciani

Brano: [...]nella forma di " romanzo filosofico ", si riesce a comprendere cos'è la realtà, cioè si ha, in un solo sistema e in un solo filosofo, quella coscienza delle contraddizioni che prima risultava dall'insieme dei sistemi, dall'insieme dei filosofi, in polemica tra loro, in contraddizione tra loro » J.
Ma d'altra parte: « elementi di spinozismo, di feuerbachismo, di
hegelismo, di materialismo francese ecc., non sono per nulla parti essenziali della filosofia della prassi né questa si riduce a quelli, ma ciò che piú interessa è appunto il superamento delle vecchie filosofie, la nuova sintesi o gli elementi di una nuova sintesi, il nuovo modo di concepire la filosofia... È certo che l'hegelismo è il piú importante (relativamente) dei motivi al filosofare del nostro autore... » 2.
1 M. S., p. 93.
2 M. S., pp. 1589.
270 I documenti del convegno
Ritenere tali posizioni libere articolazioni di una meditazione che non ha altro oggetto del proprio esercizio che la pagina sulla quale procede esercitandosi, significa non solo assolutizzarle ma imporsi come compito la determinazione e la ricostruzione della loro mediazione. La quale è subito evidente come ricerca di una tradizione possibile della filosofia della prassi, di un intero storicoideologico che abbia [...]

[...]are del nostro autore... » 2.
1 M. S., p. 93.
2 M. S., pp. 1589.
270 I documenti del convegno
Ritenere tali posizioni libere articolazioni di una meditazione che non ha altro oggetto del proprio esercizio che la pagina sulla quale procede esercitandosi, significa non solo assolutizzarle ma imporsi come compito la determinazione e la ricostruzione della loro mediazione. La quale è subito evidente come ricerca di una tradizione possibile della filosofia della prassi, di un intero storicoideologico che abbia costituito e costituisca il presupposto, il .tempo di quella filosofia, e insieme esprima la ragione di una comprensione, storica e speculativa. Ci accompagnerà sempre — ma ci indichi ad un tempo il cammino — il contrappunto: « La filosofia della prassi è stata un momento della cultura moderna... »1 e « {l'hegelismo] ebbe certo una importanza eccezionale e rappresenta un momento storicomondiale della ricerca filosofica » 2; nel modo della determinazione di una filosofia, nell'uso esplicito di una particolare categoria, troviamo già qui la prima giustificazione non esterna del nostro interesse.
« La filosofia della prassi presuppone tutto questo passato culturale, la Rinascita e la Riforma, la filosofia tedesca e la Rivoluzione francese, iI calvinismo e l'economia classica inglese, il liberalismo laico e lo storicismo che è alla base di tutta la concezione moderna della vita. La filosofia della prassi è il coronamento di tutto questo movimento di riforma intellettuale e morale, dialettizzato nel contrasto tra cultura popolare e alta cultura » 3. Tradizione dunque come tradizione umanistica; e si sa quanto valga questo termine in Gramsci: per ciò che ci interessa, il nuovo momento del mondo è « umanesimo assoluto » 4, « un umanesimo assoluto della storia » 5. Ma c'è anche un elemento di rinnovamento della tradizione, di irriducibilità, che ci riconduce al tema del . secondo momento, della novità storica della filosofia della prassi: « Corrisponde al nesso Riforma protestante pi[...]

[...] e morale, dialettizzato nel contrasto tra cultura popolare e alta cultura » 3. Tradizione dunque come tradizione umanistica; e si sa quanto valga questo termine in Gramsci: per ciò che ci interessa, il nuovo momento del mondo è « umanesimo assoluto » 4, « un umanesimo assoluto della storia » 5. Ma c'è anche un elemento di rinnovamento della tradizione, di irriducibilità, che ci riconduce al tema del . secondo momento, della novità storica della filosofia della prassi: « Corrisponde al nesso Riforma protestante piú Rivoluzione francese: è una filosofia che è anche una politica e una politica che è anche una filosofia » 6. Segue subito una determinazione ulteriore, un passaggio dal rilievo socio
1 M. S., p. 81.
2 M. S., p. 159.
3 M. S., p. 86.
4 M. S., p. 105.
5 M. S., p. 159.
6 M. S., p. 87.
Livio Sichirollo 271.
logico alla configurazione storica, quasi una oggettivazione (in senso hegeliano) della filosofia della prassi per ciò che è posta come oggetto della coscienza del filosofo: « Attraversa ancora la sua fase popolaresca: suscitare un gruppo di intellettuali indipendenti non è cosa facile, domanda un lungo processo, con azioni e reazioni... è la concezione di un gruppo sociale subalterno, senza iniziativa storica, che si amplia continuamente, ma disorganicamente, e senza poter oltrepassare un certo grado qualitativo che è sempre al di qua del possesso dello Stato, dell'esercizio reale dell'egemonia su l'intera società che solo permette, un certo equilibrio organico nello sviluppo del gruppo [...]

[...]i e sarcastiche contro von Haller). Senza questa " valorizzazione" degli intellettuali fatta da Hegel non si comprende nulla (storicamente) dell'idealismo moderno e delle sue radici sociali » 2. Qui, quell'avverbio: storicamente rende ragione degli strati successivi che abbiamo ritenuto di dover individuare precedentemente, nell'esame della pagina che stiamo leggendo, come passaggio da un piano sociologico ad un piano storico.
Proseguiamo: « La filosofia della prassi è diventata anch'essa " pregiudizio " e " superstizione": cosí come è, è l'aspetto popolare dello storicismo moderno ma contiene in sé un principio di superamento di questo storicismo » 3. La formulazione è ora diversa, i due strani sono avvicinati e ne risulta un concetto della filosofia della prassi come di una filosofia della storia: infatti si parla subito dopo, e Gramsci fa propria la filosofia della storia hegeliana, dell'antitesi materialismo e spi
M. S., p. 87.
2 L, pp. 467.
3 M. S., p. 87.
272 I documenti del convegno
ritualismo come antitesi di classe popolare e classi tradizionali che si genera ad ogni fase di rivolgimento. a Hegel, a cavallo della Rivoluzione francese e della Restaurazione, ha dialettizzato i due momenti della vita del pensiero, materialismo e spiritualismo, ma la sintesi fu " un uomo che cammina sulla testa "» 1. Questa immagine hegeliana ritorna in Gramsci ancora, e non sembra mediata da Marx ma frutto di un'attenta lettura delle ultime pagine delle Vo[...]

[...] der Weltgeschichte (cfr. infatti ancora M. S., pp. 7071, dove c'è un simpatico apprezzamento dell'insegnamento orale di Hegel, del sollecitato riferimento alla storia concreta, della concretezza storica del pensiero di Hegel, il che sembra stranamente anticipare un nuovo giudizio sullo Hegel berlinese al quale si è da piú parti impegnati, per esempio Weil).
E, per finire con il nostro testo, Gramsci istituisce un non comune parallelismo fra la filosofia della prassi e la filosofia hegeliana: a I continuatori di Hegel hanno distrutto quest'unità e si è ritornati ai sistemi materialistici da una parte e a quelli spiritualistici dall'altra. La filosofia della prassi, nel suo fondatore, ha rivissuto tutta questa esperienza, di hegelismo, feuerbachismo, materialismo francese, per ricostruire la sintesi dell'unità dialettica: " l'uomo che cammina sulle gambe ". Il laceramento avvenuto per l'hegelismo si è ripetuto per la filosofia della prassi, cioè dall'unità dialettica si è ritornati da una parte al materialismo filosofico, mentre l'alta cultura moderna idealistica, ha cercato di incorporare cid che della filosofia della prassi le era indispensabile per trovare qualche nuovo elisir » 2. Si badi: la pagina è del massimo interesse per il senso stesso de'l nostro tema, né è casuale, come vedremo 3. Hegel è qui pienamente restituito alla storia, e non parlo di quanto siamo lontani da certi toni di sufficienza talvolta assunti nei confronti del cosiddetto idealismo speculativo tedesco che non hanno ragione storicamente di sussistere. Basterebbe lo Hegel di Marx per far crollare il mito dell'idealista alle prese con il mondo come una palla (Schiller a Goethe, 28 ottobre 1794). Ma non si tratta soltanto di res[...]

[...]culativo tedesco che non hanno ragione storicamente di sussistere. Basterebbe lo Hegel di Marx per far crollare il mito dell'idealista alle prese con il mondo come una palla (Schiller a Goethe, 28 ottobre 1794). Ma non si tratta soltanto di restituzione alla storia: bensí di riconoscimento
1 M. S., p. 87.
2 M. S., p. 87.
3 Per ora dr. M. S., pp. 104105, appunti su Egemonia della cultura occidentale...
Livio Sichirollo 273
nella storia della filosofia della prassi delle ragioni del cosiddetto idealismo tedesco o speculativo (torneremo subito su una variazione di quest'ultimo termine), della sua lenta ma continua e decisa evoluzione in Hegel nella coscienza della filosofia come ideologia.
Se teniamo presente il brano riportato all'inizio, e che abbiamo chiamato dell'accettazione (« Hegel rappresenta, nella storia del pensiero filosofico, una parte a sé... nel suo sistema... si riesce a comprendere cos'è la realtà...
»), e le righe che immediatamente lo precedono, cioè la determi nazione del radicarsi della filosofia nelle contraddizioni della società, ma come antitesi alla non coscienza nel sistema di queste contraddizioni, per cui però «Ogni filosofo è e non può non essere convinto di esprimere l'unità dello spirito umano, cioè l'unità della storia e della natura; infatti, se una tale convinzione non fosse... le filosofie non potrebbero diventare " ideologie " » 1, non deve apparire violenza o sollecitazione l'individuata comprensione della filosofia hegeliana e il riferimento qui ad un testo ben preciso, a quella « Vorrede » alla Filosofia del diritto dove il compito della filosofia come « comprensione del presente e del reale » è visto assolutamente in una contingenza, dacché non è possibile alla filosofia « ringiovanire le figure della vita » ma soltanto « riconoscerle » : per questo, Hegel può dire altrove « la filosofia non è conforto, è qualcosa di piú... » . Anche questa non può che essere fra quelle pagine nelle quali Marx aveva trovato quegli elementi della critica « che sorpassano di molto il punto di vista hegeliano » .
La restituzione del passato della filosofia della prassi come tradizione, il riconoscimento " del peso della presenza di Hegel nella tradizione della filosofia come ideologia riappare indirettamente attraverso un tema marxengelsiano molto caro a Gramsci (a giudicare dall'insistenza con la quale si manifesta). « Può disgiungersi l'idea di progresso da quella di divenire? Non pare. Esse sono nate insieme, come politica (in Francia), come filosofia (in Germania, poi sviluppata in Italia) » 2. Siamo qui ad un nodo della filosofia della prassi in Gramsci, al concetto di blocco storico, del condizionarsi in esso di struttura e ideologia, all'interno dunque del rapporto fra il politico (storico in generale) e lo speculativo (filosoficoideo
1 M. S., p. 93.
2 M. S., p. 33.
274 I documenti del convegno
logico). Un altro passo nel quaderno III precisa: « Nel brano sul "materialismo francese nel secolo XVIII " (Sacra Famiglia) è abbastanza bene e chiaramente accennata la genesi della filosofia della prassi: essa è il " materialismo " perfezionato dal lavoro della stessa filosofia speculativa e fusosi con l'umanismo » I. S[...]

[...]ssi in Gramsci, al concetto di blocco storico, del condizionarsi in esso di struttura e ideologia, all'interno dunque del rapporto fra il politico (storico in generale) e lo speculativo (filosoficoideo
1 M. S., p. 93.
2 M. S., p. 33.
274 I documenti del convegno
logico). Un altro passo nel quaderno III precisa: « Nel brano sul "materialismo francese nel secolo XVIII " (Sacra Famiglia) è abbastanza bene e chiaramente accennata la genesi della filosofia della prassi: essa è il " materialismo " perfezionato dal lavoro della stessa filosofia speculativa e fusosi con l'umanismo » I. Sino a che punto è questa formulazione per Gramsci problematica? Egli si pone, è vero, una domanda: « l'elemento " speculativo " è proprio di ogni filosofia, è la forma stessa, che deve assumere ogni costruzione teorica in quanto tale, cioè " speculazione " è sinonimo di filosofia e di teoria? » 2, ma d'altra parte dimostra (indirettamente e a partire da un problema diverso) come fosse esatto il nostro primo rilievo (positivo) della presenza della filosofia hegeliana in Gramsci: « Occorre dimostrare che la concezione " soggettivistica", dopo aver servito a criticare la filosofia della trascendenza da una parte e la metafisica ingenua del senso comune e del materialismo filosofico, può trovare il suo inveramento e la sua interpretazione storicistica solo nella concezione delle superstrutture mentre nella sua forma speculativa non è altro che un mero romanzo filosofico » 3. Il tema ora accennato diventa problema nei brani sulla cosiddetta « Traducibilità dei linguaggi scientifici e filosofici » 4 come rapporto fra il linguaggio politico francese e il linguaggio della filosofia classica tedesca, fra Hegel e la Rivoluzione francese ecc., che ci riconduce alle nostre moss[...]

[...]a ingenua del senso comune e del materialismo filosofico, può trovare il suo inveramento e la sua interpretazione storicistica solo nella concezione delle superstrutture mentre nella sua forma speculativa non è altro che un mero romanzo filosofico » 3. Il tema ora accennato diventa problema nei brani sulla cosiddetta « Traducibilità dei linguaggi scientifici e filosofici » 4 come rapporto fra il linguaggio politico francese e il linguaggio della filosofia classica tedesca, fra Hegel e la Rivoluzione francese ecc., che ci riconduce alle nostre mosse iniziali (c'è qui un appunto filologico sulla fonte del famoso verso carducciano « Decapitaro Emmanuel Kant, iddio... », che è molto indicativo, poi cfr. ancora P., p. 58 e M. S., p. 145, dove si rinvia a quella molto elaborata interpretazione engelsiana della proposizione di Hegel sull'identità di reale e razionale in genere fraintesa).
E la nostra ricerca potrebbe ripetere lo stesso circolo a partire da un altro testo, dall'esame per esempio di quegli appunti schematici raccolti sotto il titolo «[...]

[...]e engelsiana della proposizione di Hegel sull'identità di reale e razionale in genere fraintesa).
E la nostra ricerca potrebbe ripetere lo stesso circolo a partire da un altro testo, dall'esame per esempio di quegli appunti schematici raccolti sotto il titolo « Egemonia della cultura occidentale su tutta la cultura mondiale » : è sempre centrale il motivo cultura europea e il suo processo di unificazione in Hegel, decomposizione dell'hegelismo, filosofia della prassi come risultato storico, ed ora possiamo aggiungere storiografico. Ché sto
1 M. S., p. 43.
2 Ivi, ma qd. XVIII.
3 M. S., p. 141.
4 M. S., p. 63 sgg.
Livio Sichirollo 275
ricità deve poter significare intelligibilità nella storia della storia, dare a se stessi la possibilità di configurare un passato che abbia senso per gli uomini. Di questo passato della filosofia che con Gramsci oggi facciamo nostra abbiamo tracciato una direzione, un momenta.
***
Per il senso di questa ricerca si devono tener presenti alcune ragioni, che si potevano anche esporre come introduzione. Ma la libertà (non soggettiva) con la quale abbiamo percorso il testo gramsciano e la meditazione di Gramsci su Hegel ci consente di ridurre le nostre presupposizioni a questa nota. C'è una premessa di carattere metodico, esposta nella relazione di Luporini, necessaria: « ... l'importanza filosofica del pensiero di Gramsci... è piuttosto da ricercarsi nel livello in cui le diverse questi[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Filosofia, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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<---d'Italia <---gramsciane <---imperialismo <---metodologica <---psicologica <---Fisica <---Linguistica <---Pensiero filosofico <---Retorica <---Russia <---cristiano <---gnoseologico <---Dinamica <---crociana <---crociano <---determinismo <---dogmatismo <---idealisti <---Bibliografia <---Etica <---Filologia <---filologia <---liberalismo <---Basta <---Cosa <---Feuerbach <---Il lavoro <---hegelismo <---metodologici <---mitologica <---sociologico <---teologico <---Dei <---Quale <---illuminismo <---meccanicismo <---De Sanctis <---Discipline <---Filosofia della storia <---Già <---Ordine Nuovo <---Risorgimento <---Scienza politica <---Stalin <---Teologia <---capitalista <---classista <---crocianesimo <---fanatismo <---hegeliano <---materialista <---misticismo <---relativismo <---revisionismo <---riformismo <---teologia <---Agraria <---Fenomenologia <---Freud <---Labriola <---biologico <---esistenzialismo <---marxiste <---metodologiche <---mitologia <---scetticismo <---sociologica 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