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tipologia: Analitici; Id: 1543203


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Tipologia Documento di Convegno
Titolo [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] L. Sichirollo, Hegel, Gramsci e il marxismo
Responsabilità
Sichirollo, Livio+++
  autore+++    
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Livio Sichirollo
HEGEL, GRAMSCI E IL MARXISMO
L'incontro di Gramsci con Hegel — e facciamo qui astrazione dalla determinazione, alla quale si dovrà pure pervenire, dei testi hegeliani che furono accessibili a Gramsci, direttamente o indirettamente — non appare nella sua discontinua continuità un fatto gratuito e, ciò che vorremmo dimostrare, neppure marginale. Emergono subito agli occhi del lettore i due momenti opposti dell'accettazione e del rifiuto, che dovremo considerare sempre operanti come libere componenti della meditazione gramsciana. « Hegel rappresenta, nella storia del pensiero filosofico, una parte a sé, poiché, nel suo sistema, in un modo o nell'altro, pur nella forma di " romanzo filosofico ", si riesce a comprendere cos'è la realtà, cioè si ha, in un solo sistema e in un solo filosofo, quella coscienza delle contraddizioni che prima risultava dall'insieme dei sistemi, dall'insieme dei filosofi, in polemica tra loro, in contraddizione tra loro » J.
Ma d'altra parte: « elementi di spinozismo, di feuerbachismo, di
hegelismo, di materialismo francese ecc., non sono per nulla parti essenziali della filosofia della prassi né questa si riduce a quelli, ma ciò che piú interessa è appunto il superamento delle vecchie filosofie, la nuova sintesi o gli elementi di una nuova sintesi, il nuovo modo di concepire la filosofia... È certo che l'hegelismo è il piú importante (relativamente) dei motivi al filosofare del nostro autore... » 2.
1 M. S., p. 93.
2 M. S., pp. 158-9.
270 I documenti del convegno
Ritenere tali posizioni libere articolazioni di una meditazione che non ha altro oggetto del proprio esercizio che la pagina sulla quale procede esercitandosi, significa non solo assolutizzarle ma imporsi come compito la determinazione e la ricostruzione della loro mediazione. La quale è subito evidente come ricerca di una tradizione possibile della filosofia della prassi, di un intero storico-ideologico che abbia costituito e costituisca il presupposto, il .tempo di quella filosofia, e insieme esprima la ragione di una comprensione, storica e speculativa. Ci accompagnerà sempre — ma ci indichi ad un tempo il cammino — il contrappunto: « La filosofia della prassi è stata un momento della cultura moderna... »1 e « {l'hegelismo] ebbe certo una importanza eccezionale e rappresenta un momento storico-mondiale della ricerca filosofica » 2; nel modo della determinazione di una filosofia, nell'uso esplicito di una particolare categoria, troviamo già qui la prima giustificazione non esterna del nostro interesse.
« La filosofia della prassi presuppone tutto questo passato culturale, la Rinascita e la Riforma, la filosofia tedesca e la Rivoluzione francese, iI calvinismo e l'economia classica inglese, il liberalismo laico e lo storicismo che è alla base di tutta la concezione moderna della vita. La filosofia della prassi è il coronamento di tutto questo movimento di riforma intellettuale e morale, dialettizzato nel contrasto tra cultura popolare e alta cultura » 3. Tradizione dunque come tradizione umanistica; e si sa quanto valga questo termine in Gramsci: per ciò che ci interessa, il nuovo momento del mondo è « umanesimo assoluto » 4, « un umanesimo assoluto della storia » 5. Ma c'è anche un elemento di rinnovamento della tradizione, di irriducibilità, che ci riconduce al tema del . secondo momento, della novità storica della filosofia della prassi: « Corrisponde al nesso Riforma protestante piú Rivoluzione francese: è una filosofia che è anche una politica e una politica che è anche una filosofia » 6. Segue subito una determinazione ulteriore, un passaggio dal rilievo socio-
1 M. S., p. 81.
2 M. S., p. 159.
3 M. S., p. 86.
4 M. S., p. 105.
5 M. S., p. 159.
6 M. S., p. 87.
Livio Sichirollo 271.
logico alla configurazione storica, quasi una oggettivazione (in senso hegeliano) della filosofia della prassi per ciò che è posta come oggetto della coscienza del filosofo: « Attraversa ancora la sua fase popolaresca: suscitare un gruppo di intellettuali indipendenti non è cosa facile, domanda un lungo processo, con azioni e reazioni... è la concezione di un gruppo sociale subalterno, senza iniziativa storica, che si amplia continuamente, ma disorganicamente, e senza poter oltrepassare un certo grado qualitativo che è sempre al di qua del possesso dello Stato, dell'esercizio reale dell'egemonia su l'intera società che solo permette, un certo equilibrio organico nello sviluppo del gruppo intellettuale » 1. Questo punto, autenticamente e tematicamente gramsciano, sembra pure il risultato (o la condizione?) di un fattivo incontro hegeliano. Cosí infatti egli si esprimerà piú tardi: e ...enorme importanza la posizione assegnata da Hegel agli intellettuali, la quale deve essere accuratamente studiata. Con Hegel si incomincia a non pensare piú secondo le caste o gli " stati ", ma secondo lo " Stato ", la cui " aristocrazia " sono appunto gli intellettuali. La concezione " patrimoniale " dello Stato (che è il modo di pensare per "caste ") è immediatamente la concezione che Hegel deve distruggere (polemiche sprezzanti e sarcastiche contro von Haller). Senza questa " valorizzazione" degli intellettuali fatta da Hegel non si comprende nulla (storicamente) dell'idealismo moderno e delle sue radici sociali » 2. Qui, quell'avverbio: storicamente rende ragione degli strati successivi che abbiamo ritenuto di dover individuare precedentemente, nell'esame della pagina che stiamo leggendo, come passaggio da un piano sociologico ad un piano storico.
Proseguiamo: « La filosofia della prassi è diventata anch'essa " pregiudizio " e " superstizione": cosí come è, è l'aspetto popolare dello storicismo moderno ma contiene in sé un principio di superamento di questo storicismo » 3. La formulazione è ora diversa, i due strani sono avvicinati e ne risulta un concetto della filosofia della prassi come di una filosofia della storia: infatti si parla subito dopo, e Gramsci fa propria la filosofia della storia hegeliana, dell'antitesi materialismo e spi-
M. S., p. 87.
2 L, pp. 46-7.
3 M. S., p. 87.
272 I documenti del convegno
ritualismo come antitesi di classe popolare e classi tradizionali che si genera ad ogni fase di rivolgimento. a Hegel, a cavallo della Rivoluzione francese e della Restaurazione, ha dialettizzato i due momenti della vita del pensiero, materialismo e spiritualismo, ma la sintesi fu " un uomo che cammina sulla testa "» 1. Questa immagine hegeliana ritorna in Gramsci ancora, e non sembra mediata da Marx ma frutto di un'attenta lettura delle ultime pagine delle Vorlesungen über die Philosophie der Weltgeschichte (cfr. infatti ancora M. S., pp. 70-71, dove c'è un simpatico apprezzamento dell'insegnamento orale di Hegel, del sollecitato riferimento alla storia concreta, della concretezza storica del pensiero di Hegel, il che sembra stranamente anticipare un nuovo giudizio sullo Hegel berlinese al quale si è da piú parti impegnati, per esempio Weil).
E, per finire con il nostro testo, Gramsci istituisce un non comune parallelismo fra la filosofia della prassi e la filosofia hegeliana: a I continuatori di Hegel hanno distrutto quest'unità e si è ritornati ai sistemi materialistici da una parte e a quelli spiritualistici dall'altra. La filosofia della prassi, nel suo fondatore, ha rivissuto tutta questa esperienza, di hegelismo, feuerbachismo, materialismo francese, per ricostruire la sintesi dell'unità dialettica: " l'uomo che cammina sulle gambe ". Il laceramento avvenuto per l'hegelismo si è ripetuto per la filosofia della prassi, cioè dall'unità dialettica si è ritornati da una parte al materialismo filosofico, mentre l'alta cultura moderna idealistica, ha cercato di incorporare cid che della filosofia della prassi le era indispensabile per trovare qualche nuovo elisir » 2. Si badi: la pagina è del massimo interesse per il senso stesso de'l nostro tema, né è casuale, come vedremo 3. Hegel è qui pienamente restituito alla storia, e non parlo di quanto siamo lontani da certi toni di sufficienza talvolta assunti nei confronti del cosiddetto idealismo speculativo tedesco che non hanno ragione storicamente di sussistere. Basterebbe lo Hegel di Marx per far crollare il mito dell'idealista alle prese con il mondo come una palla (Schiller a Goethe, 28 ottobre 1794). Ma non si tratta soltanto di restituzione alla storia: bensí di riconoscimento
1 M. S., p. 87.
2 M. S., p. 87.
3 Per ora dr. M. S., pp. 104-105, appunti su Egemonia della cultura occidentale...
Livio Sichirollo 273
nella storia della filosofia della prassi delle ragioni del cosiddetto idealismo tedesco o speculativo (torneremo subito su una variazione di quest'ultimo termine), della sua lenta ma continua e decisa evoluzione in Hegel nella coscienza della filosofia come ideologia.
Se teniamo presente il brano riportato all'inizio, e che abbiamo chiamato dell'accettazione (« Hegel rappresenta, nella storia del pensiero filosofico, una parte a sé... nel suo sistema... si riesce a comprendere cos'è la realtà...
»), e le righe che immediatamente lo precedono, cioè la determi- nazione del radicarsi della filosofia nelle contraddizioni della società, ma come antitesi alla non coscienza nel sistema di queste contraddizioni, per cui però «Ogni filosofo è e non può non essere convinto di esprimere l'unità dello spirito umano, cioè l'unità della storia e della natura; infatti, se una tale convinzione non fosse... le filosofie non potrebbero diventare " ideologie " » 1, non deve apparire violenza o sollecitazione l'individuata comprensione della filosofia hegeliana e il riferimento qui ad un testo ben preciso, a quella « Vorrede » alla Filosofia del diritto dove il compito della filosofia come « comprensione del presente e del reale » è visto assolutamente in una contingenza, dacché non è possibile alla filosofia « ringiovanire le figure della vita » ma soltanto « riconoscerle » : per questo, Hegel può dire altrove « la filosofia non è conforto, è qualcosa di piú... » . Anche questa non può che essere fra quelle pagine nelle quali Marx aveva trovato quegli elementi della critica « che sorpassano di molto il punto di vista hegeliano » .
La restituzione del passato della filosofia della prassi come tradizione, il riconoscimento " del peso della presenza di Hegel nella tradizione della filosofia come ideologia riappare indirettamente attraverso un tema marx-engelsiano molto caro a Gramsci (a giudicare dall'insistenza con la quale si manifesta). « Può disgiungersi l'idea di progresso da quella di divenire? Non pare. Esse sono nate insieme, come politica (in Francia), come filosofia (in Germania, poi sviluppata in Italia) » 2. Siamo qui ad un nodo della filosofia della prassi in Gramsci, al concetto di blocco storico, del condizionarsi in esso di struttura e ideologia, all'interno dunque del rapporto fra il politico (storico in generale) e lo speculativo (filosofico-ideo-
1 M. S., p. 93.
2 M. S., p. 33.
274 I documenti del convegno
logico). Un altro passo nel quaderno III •precisa: « Nel brano sul "materialismo francese nel secolo XVIII " (Sacra Famiglia) è abbastanza bene e chiaramente accennata la genesi della filosofia della prassi: essa è il " materialismo " perfezionato dal lavoro della stessa filosofia speculativa e fusosi con l'umanismo » I. Sino a che punto è questa formulazione per Gramsci problematica? Egli si pone, è vero, una domanda: « l'elemento " speculativo " è proprio di ogni filosofia, è la forma stessa, che deve assumere ogni costruzione teorica in quanto tale, cioè " speculazione " è sinonimo di filosofia e di teoria? » 2, ma d'altra parte dimostra (indirettamente e a partire da un problema diverso) come fosse esatto il nostro primo rilievo (positivo) della presenza della filosofia hegeliana in Gramsci: « Occorre dimostrare che la concezione " soggettivistica", dopo aver servito a criticare la filosofia della trascendenza da una parte e la metafisica ingenua del senso comune e del materialismo filosofico, può trovare il suo inveramento e la sua interpretazione storicistica solo nella concezione delle superstrutture mentre nella sua forma speculativa non è altro che un mero romanzo filosofico » 3. Il tema ora accennato diventa problema nei brani sulla cosiddetta « Traducibilità dei linguaggi scientifici e filosofici » 4 come rapporto fra il linguaggio politico francese e il linguaggio della filosofia classica tedesca, fra Hegel e la Rivoluzione francese ecc., che ci riconduce alle nostre mosse iniziali (c'è qui un appunto filologico sulla fonte del famoso verso carducciano « Decapitaro Emmanuel Kant, iddio... », che è molto indicativo, poi cfr. ancora P., p. 58 e M. S., p. 145, dove si rinvia a quella molto elaborata interpretazione engelsiana della proposizione di Hegel sull'identità di reale e razionale in genere fraintesa).
E la nostra ricerca potrebbe ripetere lo stesso circolo a partire da un altro testo, dall'esame per esempio di quegli appunti schematici raccolti sotto il titolo « Egemonia della cultura occidentale su tutta la cultura mondiale » : è sempre centrale il motivo cultura europea e il suo processo di unificazione in Hegel, decomposizione dell'hegelismo, filosofia della prassi come risultato storico, ed ora possiamo aggiungere storiografico. Ché sto-
1 M. S., p. 43.
2 Ivi, ma qd. XVIII.
3 M. S., p. 141.
4 M. S., p. 63 sgg.
Livio Sichirollo 275
ricità deve poter significare intelligibilità nella storia della storia, dare a se stessi la possibilità di configurare un passato che abbia senso per gli uomini. Di questo passato della filosofia che con Gramsci oggi facciamo nostra abbiamo tracciato una direzione, un momenta.
***
Per il senso di questa ricerca si devono tener presenti alcune ragioni, che si potevano anche esporre come introduzione. Ma la libertà (non soggettiva) con la quale abbiamo percorso il testo gramsciano e la meditazione di Gramsci su Hegel ci consente di ridurre le nostre presupposizioni a questa nota. C'è una premessa di carattere metodico, esposta nella relazione di Luporini, necessaria: « ... l'importanza filosofica del pensiero di Gramsci... è piuttosto da ricercarsi nel livello in cui le diverse questioni si incontrano e tendono ad articolarsi, nell'indirizzo e contenuto d'insieme e nel metodo del suo pensiero ». Tale premessa va intesa all'interno dello schema che ha proposto Garin quando nota nell'introduzione alla sua relazione: « Non a caso Gramsci si proponeva proprio il problema di chi voglia ricostruire la genesi e la struttura di una concezione del mondo, che l'autore non abbia mai esposto sistematicamente, e quindi non sia rintracciabile in ogni singolo scritto o serie di scritti, ma nell'intero sviluppo del lavoro intellettuale vario... » . Garin ci ricorda anche lo sdegno di Gramsci per l'abitudine di sollecitare i testi. C'è dunque una coincidenza in questi testi, almeno come li leggiamo ora, e prescindendo dalla quasi impossibile configurazione di una evoluzione, tra frammento e problema, coincidenza che non può che essere lasciata in tutta la sua apertura, con tutta la varietà di direzioni e sollecitazioni che essa rende possibili. C'è una premessa poi di carattere piú interno, che deve giustificare il nostro tema, sicché questo non sembri subito evitare quella raccomandazione gramsciana che abbiamo sopra ricordato. E noto che la nostra storiografia filosofica ha manifestato e manifesta in alcune sue figure una determinazione del rapporto Hegel-Marx, idealismo classico tedesco-marxismo, del tutto originale (•non ha qui importanza che certe sue radici possano riconoscersi in alcune interpretazioni francesi o nello He-
m. S., pp. 104-5.
276 I documenti del convegno
gel di Lukàcs), storicamente giustificata dall'evoluzione marxiana e riconducibile in alcuni suoi nessi alle individuazioni positivo-negative che di Hegel si leggono nel Nachlass di Lenin. Non ha interesse fare nomi, ma vorrei soltanto ricordare il giudizio di uno di questi interpreti sull'evoluzione di un maestro, che oggi non è piú tra noi. Massolo ha potuto dire recentemente di Banfi: « Egli manifesta la coscienza piena che il marxismo viene da lontano » . Questo giudizio è un omaggio a Gramsci. Ora, una libera esplorazione degli incontri di Gramsci con Hegel può aver portato un po' di luce nella direzione indicata, può costituire una motivazione di come Hegel all'interno del suo storico rapporto con Marx sia veramente la grande ragione speculativa del nostro tempo e di come le filosofie che in quel rapporto non si riconoscono nient'altro sono che linguaggi speculativamente non significanti per ciò che negano il reale e se stesse.
 
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Titolo della pubblicazione Studi gramsciani
Titoli e responsabilità
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  • Primo convegno Internazionale di Studi Gramsciani tenuto a Roma nei giorni 11-13 gennaio 1958
 
Area della pubblicazione/stampa/distribuzione
Pubblicazione Roma+++ | Editori Riuniti+++ | Anno: 1958
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