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ANTEPRIMA MULTIMEDIALI

Il segmento testuale nazionalista è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 567Analitici , di cui in selezione 20 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Kabaktceff (delegato dei comunisti bulgari e delegato come membro del Comitato della Terza Internazionale) [traduzione dal francese dell'onorevole Misiano], Discorso Kabaktceff in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...] della guerra e nelle condizioni del dopo guerra, ha messo in prima linea il problema della lotta di classe ed il proletariato bulgaro è tutto concorde sotto la bandiera del Partito comunista, il quale, nelle ultime elezioni, ha potuto affermarsi con una vittoria di 50 deputati e con complessivi voti 200.000.
Esamina, quindi, fuggevolmente le condizioni della Grecia, affermando che la caduta di Venizelos costituisce la bancarotta della politica nazionalista greca, e, per la coordinazione fra la politica greca e la politica internazionale, rappresenta la bancarotta della politica dell'Intesa nei paesi balcanici e nell'Oriente.
Il Partito comunista jugoslavo ha ottenuto nel Parlamento 59 seggi; ma oggi voi sapete come l'Assemblea costituente regni a Belgrado, facendo gli interessi esclusivi della borghesia, intaccando la sua dittatura. Il Governo jugoslavo ha soppresso tutte le legalità costituzionali, ha soppresso la stampa comunista, tutti gli organismi comunisti, tutte le organizzazioni politiche e professionali ed ha arrestato i delegati comu[...]

[...] proletariato, la borghesia sabota la produzione. Trascinata sempre dal punto di vista del profitto capitalistico e non da quello della ricostruzione, e dello sviluppo della produzione — per il quale piange sempre lacrime ipocrite — preferisce esportare i suoi capitali, anche le macchine e le fabbriche, privare di lavoro centinaia di migliaia di operai, condannandoli alla fame, insieme con le loro famiglie. Voi sapete assai bene che la borghesia nazionalista italiana ha cominciato ad esportare la ricchezza accumulata durante la guerra con lo sfruttamento del proletariato italiano ed a cercare una seconda patria, in cui i propri profitti sarebbero stati maggiori e piú sicuri. Con questa stessa misura la borghesia italiana peggiora la crisi economica, aggiungendo al caroviveri, la disoccupazione crescente. Secondo i dati ufficiali, il caroviveri in Italia, dal 1914 è aumentato di piú del 500 per cento. Soltanto nello spazio di un anno, dal giugno 1919 al giugno 1920, l'aumento dei prezzi è stato del 428 per cento per i generi di prima necessità.
L[...]

[...]cifra di 122 miliardi e la carta moneta in circolazione ascende alla cifra di 19 miliardi. È, dunque, un aumento del debito pubblico e della emissione di carta moneta dieci volte maggiore dell'anteguerra.
La guerra, che ha costato tante vittime al popolo italiano, ha portato alla borghesia, ai banchieri, agli speculatori ed ai patrioti, grandi
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ricchezze, ed alle masse lavoratrici la rovina economica ed una miseria incredibile.
La politica nazionalistaimperialista della borghesia italiana ha fatto bancarotta completa. Le illusioni per la conquista delle grandi colonie e dei grandi mercati sono svanite. L'Italia, nella sua qualità di uno dei piú deboli degli alleati dell'Intesa, è uscita dalla guerra con il bottino piú scarso. La parte del leone è stata fatta dai suoi alleati, dall'Inghilterra in prima fila. La pace imperialista ha distrutto le luminose speranze, con le quali la borghesia nazionalista italiana ingannava le masse durante la guerra. La pace non apre piú alcuna prospettiva, non soltanto per la politica espansionista del capitalismo italiano, ma anche per la sua consolidazione interna: il capitalismo italiano esce dalla guerra piú debole di quando vi è entrato. La borghesia non sa proporre altra uscita a questa crisi economica e finanziaria, all'infuori della costrizione violenta degli operai a lavorare nelle fabbriche sotto regime di sfruttamento e in una miseria sempre crescente; la soluzione che la borghesia propone, costituisce la schiavitú del proletariato. al capitalismo[...]

[...] troviamo in una situazione ed in un'epoca rivoluzionaria. Il compagno Serrati è contro l'azione rivoluzionaria dei contadini, come è contro l'azione rivoluzionaria degli operai, perché egli è, in generale, contro la rivoluzione.
Il compagno Serrati espone le tesi dell'Internazionale comunista sulla questione nazionale e coloniale, in una maniera tale come se queste medesime tesi imponessero al P.S.I. di cessare la sua latta contro la borghesia nazionalista e di solidarizzare con la politica nazionalista della sua borghesia. Ma questa è una interpretazione arbitraria delle tesi. Noi, comunisti dei Balcani, abbiamo anche noi condotto una latta lunga ed accanita contro la nostra borghesia che, con la sua politica nazionalista di conquista, ha spinto i popoli balcanici nelle guerre balcaniche, e, piú tardi, nella grande guerra imperialista. Noi continuiamo ancora oggi, con crescente energia, la nostra lotta contro la nostra borghesia nazionalista e, malgrado ciò, noi accettiamo completamente le tesi della Internazionale comunista sulle questioni nazionali e coloniali, perché con queste tesi, l'Internazionale comunista non preconizza la unione con la borghesia nazionalista, ma, al contrario, obbliga tutti i Partiti comunisti a lottare contro la politica di conquista della borghesia nazionalista, e a sostenere i popoli soggetti delle colonie nella loro lotta contro i Governi imperialisti. L'unione del proletariato, non già con la borghesia nazionalista, ma con i popoli soggetti e sfruttati: ecco la tattica dell'I.C. sanzionata dalle tesi sulla questione nazionale e coloniale.
Noi comunisti dei Balcani, alla politica nazionalista della borghesia che dissimula i suoi scopi aggressivi sotto la bandiera dell'ideale nazionale, per la liberazione e la unione del popolo, abbiamo posto già dieci anni fa il programma della Repubblica federativa dei Balcani. Dopo la rivoluzione russa, noi abbiamo dichiarato che i popoli balcanici non possono liberarsi che con una rivoluzione vittoriosa degli operai e dei contadini e con la instaurazione di una Repubblica socialista
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federativa sovietica dei Balcani. La politica nazionalista della borghesia balcanica e la politica imperialista dei Governi europei, hanno rovinato e devastato[...]

[...] scopi aggressivi sotto la bandiera dell'ideale nazionale, per la liberazione e la unione del popolo, abbiamo posto già dieci anni fa il programma della Repubblica federativa dei Balcani. Dopo la rivoluzione russa, noi abbiamo dichiarato che i popoli balcanici non possono liberarsi che con una rivoluzione vittoriosa degli operai e dei contadini e con la instaurazione di una Repubblica socialista
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federativa sovietica dei Balcani. La politica nazionalista della borghesia balcanica e la politica imperialista dei Governi europei, hanno rovinato e devastato i paesi balcanici e danubiani, e hanno posto i loro popoli in condizioni di schiavitú coloniale sotto il giogo dell'imperialismo dell'Intesa; la nostra borghesia è un istrumento docile tra le mani della borghesia imperialista europea, quanto lo sono le classi dominanti di tutti i popoli coloniali ed arretrati. I popoli balcanici non possono conquistare la loro indipendenza nazionale dal giogo dell'imperialismo europeo, se non spezzano le catene del giogo capitalista della loro propria borghesi[...]

[...]istare la emancipazione completa e definitiva dei contadini in Oriente da ogni dominazione, da ogni schiavitú e da ogni sfruttamento, i popoli soggetti debbono anche sopprimere il potere delle loro proprie grandi proprietà fondiarie e della loro propria borghesia, ed instaurare, nei paesi orientali, il potere dei Consigli degli operai e dei contadini ».
Ma il compagno Serrati, per provare che l'I.C. aveva raccomandato la unione con la borghesia nazionalista, ripete ancora una volta la favola che aveva già fatto il giro del mondo nella stampa borghese. Si tratta della partecipazione di Enver Pascià al Congresso di Baku. È vero che Enver Pascià assisteva al Congresso di Baku, ma vi assisteva, non come delegato, ma come semplice ospite. La verità è che Enver Pascià non ha avuto la parola al Congresso; ma il Presidente del Congresso ha letto una sua dichiarazione, e sotto proposta del Presidente del Congresso, a proposito di questa dichiarazione medesima, il Congresso ha votato una risoluzione in cui è detto:
« 2.° — Il Congresso constata che il mo[...]

[...] e rivoluzionario, chiama i contadini e gli operai della Turchia ad unirsi in organizzazioni indipendenti ed essere pronti a continuare la lotta fino all'emancipazione definitiva ».
Come vedete, la I.C., non soltanto ha respinto ogni legame con i capi nazionalisti turchi e del Partito giovane turco, coinvolti nella guerra imperialistica, ma ha condannato i suoi capi ed ha insegnato alle masse lavoratrici turche di essere caute verso la politica nazionalista delle classi dominanti.
No, compagno Serrati, la I.C. non vi chiede di cessare la lotta contro la borghesia nazionalista ed ancor meno di concludere l'unione con essa. Al contrario vi chiede di lottare con un'energia maggiore, con intransigenza e con coraggio contro la politica nazionalista ed imperialista della borghesia italiana; vi chiede di opporvi con tutte le forze alla politica di confisca dell'Italia nei Balcani, in Asia Minore ed in Africa e di tendere la mano fraterna ai popoli soggetti che si ribellano e lottano per distruggere il dominio coloniale, per emanciparsi dal giogo economico e nazionale dell'imperialismo italiano. È questo che vi chiede l'I.C., ma voi, anche su di questa questione, passate nel campo degli opportunisti e dei riformisti, sostenitori della « pace civile » con la borghesia, sia in tema di politica interna, che in tema di politica estera, e che r[...]

[...] chiamava in passato il Partita dei socialisti « stretti » a levare ancora la sua voce al Congresso di Copenaghen del 1910 contro questa politica della Seconda Internazionale e dell'Ufficio socialista internazionale, e quando ha domandato l'esclusione degli opportunisti bulgari (chiamati socialisti « larghi »), l'Internazionale è rimasta muta dinanzi a tale protesta. Ebbene: i socialisti « larghi », durante la guerra, hanno sorretto la borghesia nazionalista e dopo la guerra sono divenuti ministri, e per salvare il regime borghesemonarchico in Bulgaria, non si sono peritati di fare scorrere il sangue degli operai bulgari. Gli opportunisti nell'intero mondo hanno tradito nel 1914, nel momento decisivo. Questo tradimento della Seconda Internazionale è dovuto sovratutto a questo: che la Internazionale si componeva di Partiti autonomi, debolmente legati fra loro, senza unità nella tattica e nell'azione. E per questo che l'Internazionale non ha avuto la possibilità di salvare la solidarietà internazionale del proletariato nel 1914 ed ha lasciato che l[...]



da Paolo Alatri, Il Governo Nitti e la questione adriatica in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...]el suo pensiero doveva trionfare in Europa dopo la grande guerra e aprire l'èra dello sviluppo sociale.
Nelle lunghe ed estenuanti trattative, Nitti ebbe come collaboratori i due ministri degli Esteri, cioè, successivamente, Tommaso Tittoni e Vittorio Scialoja. Entrambi erano di origine, formazione e posizione politica profondamente diverse da quelle del presidente del Consiglio: Tittoni era, in sostanza, un clericomoderato; Scialoja un liberalenazionalista. Le necessità dell'equilibrio governativo e delle alleanze parlamentari rendevano indispensabile, per un radicale come Nitti, scegliere come collaboratori alla politica estera uomini che potessero almeno attenuare l'opposizione delle frazioni di destra dello schieramento dei partiti. Tuttavia, sia con Tittoni come con Scialoja, l'accordo fu perfetto. La stampa nazionalista insisté più di una volta su presunti dissidi tra il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri (16), ma la documentazione che abbiamo potuto utilizzare e che abbiamo prodotto nel corso del nostro lavoro dimostra che questi dissidi erano nei desideri delle destre, ma non furono mai una realtà; se Nitti ebbe screzi con Badoglio e con Caviglia, non ne ebbe mai con Tittoni né con Scialoja. Anche le dimissioni di Tittoni non furono deter
(16) Cfr. per esempio l'articolo L'ostaggio bolscevico nell'Idea Nazionale del 22 ottobre 1919.
168 PAOLO ALATRI
minate da un contrasto o da una diffe[...]

[...]ica ed era un tecnico della politica. internazionale.
Del resto, in confronto al suo predecessore Orlando, Nitti dimostrò la tendenza a servirsi, per le trattative, più di diplomatici. che di uomini politici e di parlamentari, e in tal senso fu sinto matica la sostituzione di De Martino a Crespi come membro della. Delegazione alla Conferenza della Pace. Inoltre, Nitti rivelò una notevole capacità di utilizzare per la sua politica nettamente antinazionalista uomini che erano animati da un istintivo nazionalismo — da Tittoni a Scialoja, da Badoglio a Caviglia, da Mosconi
(17) « Sono qui — dichiarò una volta quando era ministro degli Esteri — per vedere che, almeno in politica estera, non facciamo troppe fesserie » (DANIELE VARL IZ diplomatico sorridente, ediz. inglese, citato da GORDON A. CRAIG and FELIX GORDON, The Diplomats. 19191939, Princeton University Press, 1953, p. 212). Cfr. anche ARTURO CARLO JEMOLO, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino, Einaudi, 1948, p. 653.
(18) CARLO SFORZA, L'Italia dal 1914 al 1944 quale io la[...]

[...]to, diede della propria posizione di fronte a D'Annnuzio una immagine sensibilmente deformata.
Per quanto si riferisce a ENRICO CAVIGLIA, basta leggere il suo libro su Il conflitto di Fiume (Milano, Garzanti, 1948) per rilevare la debolezza del suo pensiero politico, le contraddizioni fra le tendenze nazionaliste e l'avversione contro ogni atto disgregatore della compagine dell'esercito e dello Stato costituzionale.
170 PAOLO ALATRI
sicché il nazionalista Barzilai finiva per adoperare a proposito di D'Annunzio parole che avrebbero potuto essere pronunciate da Nitti: « Non vi é nessuno, per quanto illustrato dalle gesta più nobili, che possa imporsi alla volontà della Nazione »; e ricordava la necessità del pane e della ricostruzione economica.
In Nitti, se tenace fu sempre il perseguimento di fini coerenti con le premesse della sua azione politica antinazionalista, non sempre vi furono, nell'attuazione quotidiana, quella fermezza e quella abilità che sarebbero state necessarie. Lo vediamo, di fronte alle prime notizie della spedizione dannunziana, telegrafare ai generali Pittaluga e Di Robilant: «Ella sa quale é il suo preciso dovere in quest'ora » che non era la formulazione giusta di un ordine, poiché si trattava di precisare se le forze regolari italiane si dovevano opporre o no con la forza, con l'uso delle armi, all'iniziativa di D'Annunzio e all'occupazione di Fiume. Era quella una responsabilità che spettava al presidente del Consiglio, e non c'[...]

[...]5, p. 554.
IL GOVERNO NITTI E LA QUESTIONE ADRIATICA 171
carico di ispezionare la Venezia Giulia, erano stati a loro volta ingannati e riferirono tranquillizzandolo. Questo elemento, senza dubbio, entrò nella complessa situazione; ma non la esauriva. Nitti aveva a sua disposizione molte altre fonti d'informazione, comprese quelle che gli fornivano le notizie eloquenti e sintomatiche pubblicate dai giornali sulla preparazione di un'insurrezione nazionalista. Il fatto è che egli tendeva ad acquietarsi delle assicurazioni ricevute e a prospettare in termini ottimistici la situazione; e soprattutto riteneva che il suo compito fosse esaurito e ogni precauzione fosse presa col raccomandare ai comandanti prudenza e vigilanza (23).
Bisogna però aggiungere, per delineare un ritratto non deformato della personalità di Nitti, che questo ottimismo discendeva dall'incrollabile fiducia che egli aveva nella ragione, nell'evidenza dei fatti, nel razionale, da illuminista il cui stile si caratterizzava infatti per accenti quasi volteriani. Era insomma, il suo,[...]

[...], a noi sembra — in base a una concezione che siamo convinti essere al tempo stesso più idealistica e più realistica — che non solo lo sviluppo successivo degli avvenimenti internazionali che ha tanto superato i termini di quella contesa rendendoli obsoleti e mostrandone quindi al fondo il carattere artificioso e l'importanza secondaria, ma anche e soprattutto le vicende interne, con la dimostrazione del male recato all'Italia dalla insurrezione nazionalista, provino la sostanziale giustezza della visione nittiana. A Nitti stava soprattutto a cuore contrastare il passo a quella marea montante, e per far ciò bisognava chiudere la falla che si era aperta sul settore adriatico e che costituiva un serbatoio di ispirazioni e di energie a favore delle destre. Il mito della « vittoria mutilata » esercitava un'influenza deleteria sulla vita politica del Paese (24) e occor
(24) Cfr. G. SALVEMINS, Mussolini diplomatico, Bari, Laterza, 1952, p. 25: « Chi vuole capire la crisi del dopoguerra in Italia. deve tener presente non solo l'esaurimento nervoso prod[...]

[...]per reagire alle provocazioni tollerate da Nitti non regge: la sedizione era già in atto prima ancora che Orlando cadesse, e semmai, durante i suoi dodici mesi di governo, Nitti riuscì a riportare un po' d'ordine, utilizzando uomini che godevano di largo prestigio sia nell'esercito che tra i nazionalisti, come Badoglio e lo stesso Caviglia. Ma non si valuterà mai abbastanza i1 peso che ebbe la vasta mobilitazione, anzi la vera e propria congiura nazionalista e militarista contro la quale Nitti si adoperò: già nel '19 fu fatta una specie di prova generale di quella che tre anni dopo, quando fu sanata la divisione tra ex interventisti ed ex neutralisti e attraverso tale riunificazione le forze dirigenti tradizionali ripresero in pieno il controllo della situazione (28) e puntarono sull'eversione degli ordinamenti parlamentari, doveva essere la « marcia su Roma ». Le destre nazionaliste hanno un bisogno organico di « questioni nazionali » su cui montare le agitazioni: sia per giustificare il programma di riarmo e di potenziamento delle forze armate,[...]

[...]ismo e la « marcia su Roma ». Nella sua biografia di Salvemini, Enzo Tagliacozzo osserva che lo storico di Molfetta accentua fin troppo la sua interpretazione e dà un peso forse eccessivo al fattore militare in paragone a quello economicosociale nella spiegazione del carattere del fascismo (36); siamo d'accordo, purché si avverta che il militarismo non é che uno degli aspetti in cui si manifestano, nel dopoguerra, gli interessi della plutocrazia nazionalista.
Di questi interessi, di questi ambienti, di questa ideologia, Nitti é il più temibile avversario. Fornito di soda preparazione storica ed economica, conscio dei termini reali dei grandi problemi nazionali della ricostruzione, abituato a guardare più ai fatti che
(35) A. MARPICATI, op. cit., pp. 2425.
(36) ENZO TAGLIACOZZO, Gaetano Salvemini nel cinquantennio liberale, Firenze, La Nuova Italia, 1958, p. 220.
IL GOVERNO NITTI E LA QUESTIONE ADRIATICA 179
alle parole, nemico della retorica (37), Nitti é l'uomo di una borghesia moderna che punta sulla liquidazione del militarismo e sullo sv[...]

[...]e ai riformisti. Più di una volta egli espresse l'opinione che i suoi veri avversari fossero i nazionalisti e non i socialisti, anche se questi ultimi
(39) Limitandoci alla questione fiumana, e al solo scopo di dare un'indicazione tipica della confusione di idee che regnava tra i massimalisti, ricorderemo il modo in cui l'Avanti! reagì alla spedizione dannunziana (ediz. piemontese, 28 settembre 1919): titolo su tutta la pagina: « La rivoluzione nazionalista prodromo di quella proletaria »; articolo di fondo: contro chi sostiene che la rivoluzione non si può fare perché c'è l'esercito, « Fiume ci ha dato la prova che l'esercito non è inespugnabile, che l'esercito può passare ai ribelli, che tutto dipende dal saperlo conquistare (...). La lotta di classe è penetrata per opera dei borghesi, apertamente, nell'esercito. Noi ne siamo lietissimi. Mai era avvenuto nulla di più sovversivo fin qui nella storia politica del nostro paese a. È difficile immaginare più colossale e grossolana topica politica che questa di considerare interscambiabili il sovver[...]

[...]abile, che l'esercito può passare ai ribelli, che tutto dipende dal saperlo conquistare (...). La lotta di classe è penetrata per opera dei borghesi, apertamente, nell'esercito. Noi ne siamo lietissimi. Mai era avvenuto nulla di più sovversivo fin qui nella storia politica del nostro paese a. È difficile immaginare più colossale e grossolana topica politica che questa di considerare interscambiabili il sovversivismo socialista e il sovversivismo nazionalista.
IL GOVERNO NITTI E LA QUESTIONE ADRIATICA 181
votavano contro di lui; e nutriva la fiducia che questi non si sarebbero uniti ai primi nel tentativo di rovesciarlo (40). Quando ciò avvenne, fu la fine del suo esperimento radicale.
Si è molto insistito sulle agitazioni sociali che caratterizzarono l'anno 1919: in realtà potrebbe a più forte ragione applicarsi al Governo Nitti ciò che Frassati osservò a proposito del Governo Giolitti, che cioè reca meraviglia come il grande fatto storico del dopoguerra, l'immissione del quarto stato" nella vita pubblica italiana, abbia potuto compiersi con i[...]

[...]degli Industriali fondata ' il 9 aprile 1919, Nitti era l'uomo politico che, nella sua veste di ministro del Tesoro, aveva creato, al contrario, l'Istituto dei Cambi, poi soppresso da Orlando (a regolare la materia erano rimaste le banche): Cfr. Louls HAUTECOUR, L'Italie sous le Ministère Orlando. 19171919, Paris, Bossard, 1919, pp. 207 e' 249. Un interessante accenno a legami tra L'Idea Nazionale e la Banca Commerciale, che inclinavano l'organo nazionalista a « una guerra ingiusta ed eccessiva ai jugoslavi », è in un appunto di Bissolati del 24 dicembre 1916, cit. da R. COLAPIETRA, op. cit., p. 241.
(43) F. S. NITT5, Rivelazioni cit., p. 539.
IL GOVERNO NITTI E LA QUESTIONE ADRIATICA 183
di fare quel provvedimento con decretolegge. Era un aumento non solo facilmente tollerabile e che non avrebbe agito se non minimamente agli effetti del consumo. Il provvedimento era necessario. Quando io ritirai il decretolegge, dimettendomi, il governo che mi succedette dovette ripresentarlo come disegno di legge. Quelli che essendo favorevoli si erano eccit[...]



da Enrica Pischel, Considerazioni sulla nuova fase della politica asiatica in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]nuovi implichi una menomazione dell'indipendenza economica verso il mondo esterno o l'incapacità di condurre a termine la rivoluzione antifeudale nelle campagne; se i princi î_ ele soluzioni elaborati da MaoTsetung sulla base dell'esperienza della rivoluzione cinese, debbano o passano avere validità fuori dell'ambito della Cina; quali possano essere in ogni paese le forze ed i modi, _per trasformare gradualmente e pacificamente il regime borghesenazionalista (diverso da luogo a luogo a seconda del rapporto sul quale ciascuna borghesia si trova sia con le forze feudali sia con gli elementi rivoluzionari agrari o urbani) in una società sostanzialmente socialista; se e fino a che pinto i tentativi progressivi condotti dalle forze borghesi più avanzate rimangano nell'ambito del nazionalismo borghese progressista e dove divengano invece una nuova e quanto mai « diversa » via al socialismo; come possa essere conciliata la denuncia del « revisionismo » da parte del mondo marxistaleninista con il tentativo di operare pacificamente il trapasso dai regim[...]

[...]anzi su due piani: da un lato come appoggio dall'esterno al settore progressivo dell'attuale gruppo dirigente, in modo da consentirgli di premere da posizioni di forza per attuare il programma rinnovatore, dall'altro come formazione di un'alternativa ca
36 ENRICA PISCHEL
pace di dirigere quella stessa politica di sviluppo che i movimenti nazionalisti fossero costretti a lasciar cadere.
Il paese dove lo sfaldamento del vecchio gruppo dirigente nazionalista potrà avere conseguenze più importanti per la situazione mondiale è naturalmente l'India, L'India di oggi é assai diversa dall'India di Bandung e più avanzata di allora sulla via dell'industrializzazione e della democrazia progressiva, comunque più lontana dal passato feudale e dal fanatismo religioso: tuttavia l'urgenza di certe scelte sociali fondamentali é oggi in India assai più pressante di quanto fosse tre anni fa ed il rinvio nelle decisioni da prendersi potrebbe implicare, ora come non mai, un pericoloso arresto per il paese ed il ritorno di situazioni e forze considerate superate.
I[...]

[...]anzi sembra si possa considerare tuttora la radice delle loro posizioni. Tuttavia le tesi che furono usate in Cina nei confronti del Kuomintang nel 192527 (ed anche in quel caso è assai discutibile il successo ottenuto) sono ovviamente insufficienti oggi nei confronti del Congresso che ha ottenuto, proprio nella lotta per attuare la fase borghesedemocratica ed antimperialista della rivoluzione successi assai maggiori di qualsiasi altro movimento nazionalista. Sotto una certa prospettiva il problema della collaborazione con la sinistra del Congresso presenta quindi una certa affinità con quello della collaborazione dei comunisti con i movimenti socialisti non marxisti. Data la particolarità della situazione indiana (cioè dato il livello al quale è giunta qui più che in qualsiasi altro paese emerso dal dominio coloniale, l'eliminazione dei residui del colonialismo e del feudalesimo) il problema che devono fronteggiare i comunisti in I diani non può essere risolto puramente entro gli schemi elabo1 rati in Cina da Mao per una società « semicoloniale [...]

[...] dominio semifeudale sulla terra o il loro monopolio sul modesto settore di economia moderna. L'attuale gruppo dirigente nei due paesi, quello che ha guidato la lotta per l'indipendenza politica, collaborando con i comunisti fino al 1948 e rompendo poi con essi attraverso una repressione violenta che li estromise dall'attiva elaborazione della politica di governo e, in Birmania, li esclude tuttora ufficialmente dalla legalità, é un grupo borghesenazionalista a tendenze progressive e stataliste. La ragione sociale di questo progressismo va probabilmente ricercata nel fatto che i movimenti nazionalisti bir
50 ENRICA PISCHEL
mano e indonesiano sono stati espressi non da una borghesia capitalistica, bensì da quei gruppi di burocrati, di intellettuali e di piccoli borghesi, in gran parte spostati, che il dominio colaniale ha creato ovunque e che furono spinti al radicalismo politico proprio dalla lotta contro il colonialismo.
Di qui la possibilità di fondere, durante la lotta per l'indipendenza politica, questi gruppi borghesi con forze genericamen[...]

[...] superflue per la loro vittoria e pericolose per i loro interessi.
Né in Indonesia né in Birmania questa reimmissione dei comunisti nell'attiva direzione degli affari del paese è ancora avvenuta pienamente. In Indonesia, dove vige in linea di principio un'effettiva democrazia politica, limitata finora soltanto localmente dalle interferenze delle forze reazionarie poi impegnatesi nella secessione antinazionale, il governo attuale é una compagine nazionalista orientata a sinistra che ha l'appoggio dei comunisti e che ha anche stroncato con la forza il tentativo della destra confessionale (appoggiata in questo e per questo dagli Stati Uniti) di provocare la repressione anticomunista e di orientare a destra il movimento nazionalista. I comunisti non partecipano tuttavia al governo (ché comunisti non sono tre ministri indipendenti filocomunisti) e finora sono stati vani gli sforzi del presidente Sukarno per sancire con la loro partecipazione alla direzione del paese un'alleanza di tipo fronte popolare tra. forze nazionaliste e forze comuniste.
Ora che la secessione armata della destra é stata sconfitta per l'azione tempestiva ed energica dell'esercito, ma anche per le resistenze opposte alla secessione dai gruppi socialmente e politicamente più avanzati dei lavoratori di Sumatra e di Giava, si presenta per i nazionalisti[...]

[...]ati dalla secessione e dalla guerra civile. Ma da questa conferma del metodo democratico e della politica di sviluppo potrebbe trarre vantaggio soprattutto il partito comunista che guarda già alle elezioni che dovrebbero essere tenute nel 1959 come alla grande occasione di un successo di sinistra da ottenersi o attraverso la lotta dei partito comunista da solo, o attraverso un fronte tra nazionalisti e comunisti. Rinviando le elezioni il partito nazionalista si troverebbe alla mercé di quei gruppi musulmani di centro destra, che, pur avendo sostenuto e fomentato la secessione, si sono poi astenuti dal parteciparvi sperando di poter agire come arbitri e mediatori tra un governo incapace di reprimere la rivolta ed i ribelli incapaci di ottenere una vittoria decisiva; indicendole esso deve assicurarsi un successo a sinistra in modo da non rinnovare il paralizzante equilibrio di forze opposte emerso dalle elezioni del 1955.
i' Il problema dei rapporti tra il gruppo nazionalista progresr sivo ed i comunisti é quindi in Indonesia in uno stadio assai I[...]

[...]ra, che, pur avendo sostenuto e fomentato la secessione, si sono poi astenuti dal parteciparvi sperando di poter agire come arbitri e mediatori tra un governo incapace di reprimere la rivolta ed i ribelli incapaci di ottenere una vittoria decisiva; indicendole esso deve assicurarsi un successo a sinistra in modo da non rinnovare il paralizzante equilibrio di forze opposte emerso dalle elezioni del 1955.
i' Il problema dei rapporti tra il gruppo nazionalista progresr sivo ed i comunisti é quindi in Indonesia in uno stadio assai I più avanzato che in India, dove le concessioni e la mediazione di Nehru e soprattutto la forza coesiva rappresentata dalla sua 1 personalità hanno finora rinviato quella rottura con le forze 1 di destra, che invece il radicalismo di sinistra e l'atteggiamento politico di Sukarno hanno favorito. Un appoggio da sinistra, anche a prezzo di concessioni politiche e sociali è quindi più urgente ed indispensabile (e forse anche ideologicamente più accettabile) per i nazionalisti indonesiani che per Nehru.
A differenza di quant[...]

[...]i interessi delle compagnie petrolifere americane) e contro i residui delle forze confessionali e separatiste semifeudali. La debolezza economica e ideologica del nazionalismo indonesiano e l'atteggiamento di sinistra delle nuove leve nazionaliste permettono inoltre di prevedere la possibilità di un'effettiva direzione comunista in un'alleanza di questo genere, secondo le tesi di Stalin e di Mao. La probabilità di portare al successo un'alleanza nazionalistacomunista attraverso una vittoria elettorale anziché attraverso la lotta armata non costituisce di per sé un nuovo elemento nella teoria dei fronti popolari per i paesi semicoloniali e si inserisce logicamente nell'evoluzione di tutti i movimenti comunisti asiatici a favore del metodo democratico per la conquista del potere.
Più incerta é la situazione birmana e più recente la collaborazione tra filocomunisti e gruppi nazionalisti di sinistra (che tali sono le forze della Lega antifascista per la libertà del popolo, nonostante le loro professioni di fede in un socialismo più o meno fabiano). [...]

[...]ti birmani,
54 ENRICA PISCHEL
nonostante la scarsa entità che l'evento riveste rispetto alla situazione mondiale, è il più recente e sintomatico coronamento del processo svoltosi in Asia da Bandung in poi attraverso il prevalere degli sviluppi e degli interessi interni sulle ripercussioni di fatti e situazioni verificatisi fuori dello spazio di ciascun Stato asiatico. La rivolta dei comunisti birmani e la guerra ci vile da essi mossa al regime nazionalista progressivo di . Rangoon non era i atti giustificata dalla situazione interna, né dalla polihca estera del governo birmano: ma rappresentò il tentativo estremo e più irrazionale di risolvere con la violenza e ëonfidandö in~úñ `ä ütö esterno (che nel caso della Birmania 'non fu concesso ai comunisti locali né dell'URSS né della Cina proprio per salvaguardare la loro collaborazione con i neutrali) i problemi sociali ed economici di un paese asiatico e di rompere fa collaborazione tra i Comunisti e i gruppi democraticoprogressivi della borghesia. Ora, spostatasi sui problemi interni e concreti d[...]



da Tibor Mende, Riflessioni in margine agli avvenimenti indonesiani in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]ani che terminarono gli studi superiori fu di 240.
Dopo queste cifre risulta evidente che gli olandesi in Indonesia non sono certo stati pionieri di una istruzione più elevata. Il
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primo collegio tecnico fu fondato nel 1919 a Bandung, e cinque anni dopo si aprì a Batavia una facoltà di giurisprudenza. La prima facoltà di Medicina aprì i battenti nel 1927, un anno dopo la prima insurrezione nazionalista. E di un certo interesse ricordare che la prima Facoltà di Medicina in India si aprì nel 1835 e che tutte le città più importanti ebbero le loro Università fin dal 1857. Altrettanto interessante sarà qualche confronto nei gradi più bassi dell'istruzione. Nel 1926, in una popolazione circa cinque volte più numerosa di quella Indonesiana, il numero di Indiani che studiavano nelle scuole superiori era mille volte più alto che in Indonesia: 1.716.000 in India, contra 1786 in Indonesia quattordici anni dopo. Quando, nel 1926, la prima ed unica Università Indonesiana aveva solo sette anni, già 87.6[...]

[...]sto solo fatto farà si che un abitante di Sumatra.
o di Celebe veda il mondo e i suoi problemi con occhi molto differenti da quelli di un Giavanese. Inoltre un numero di altri fattori — non ultimo fra questi la stessa politica del passato regime coloniale è intervenuto ad accentuare questa differenza. Il risultato è stato una netta distinzione tra l'Indonesia « affollata » e quella « vuota » — fatto basilare, che spiega la storia del movimento nazionalista del paese e anche il ruolo preponderante di Giava. nel suo sviluppo.
L'Indonesia « affollata » — soprattutto Giava — è abitata da persone consapevoli di una eredità comune, appartenenti in gran parte alla stessa razza. Nell'Indonesia « vuota », invece, accanto a una minoranza di immigrati di origine Giavanese, vivono più di una dozzina di razze che parlano moltissime lingue e dialetti differenti. Per di piú, mentre la produzione di riso di Giava è insufficiente a nutrire la popolazione in rapida espansione e l'isola non ha altre risorse degne di nota, le altre isole posseggono notevoli ricch[...]

[...]amentare del paese e sostituirla con una « idea » sua per
RIFLESSIONI IN MARGINE AGLI AVVENIMENTI INDONESIANI 63
sonale di una « democrazia guidata » nella quale un Consiglio no minato, comprendente tutti i partiti in un comitato di esperti, avrebbe avuto la facoltà di veto sul parlamento.
Fin dall'inizio dell'indipendenza Indonesiana risultò chiaro che il paese era diviso in due principali correnti politiche. La prima era vagamente Marxista, nazionalista antioccidentale e aveva, le radici del suo dinamismo nella lotta anticoloniale. Si attuava principalmente nel Partito Nazionalista, fondato dallo stesso Sukarno. Alla sua sinistra c'erano i Comunisti, all'inizio rivali del Partito del Presidente, ma dopo i primi anni di indipendenza, suoi principali alleati. La seconda era essenzialmente conservatrice e la religione fungeva da comune denominatore. Era antimarxista, musulmana progressiva o ortodossa e, nel complesso, pronta ad accettare una stretta collaborazione coll'Occidente. In questa corrente religiosa di opposizione, il Partito principale era il Masjumi, con alla destra vari partiti Musulmani ortodossi. Tra i due gruppi i Socialisti, i quali, pur avendo un capo capa[...]

[...]siglio erano nominati dal Governo e dovevano rappresentare tutti i principali elementi della società Indonesiana. Gli operai e i contadini, gli intellettuali e i soldati, i rappresentanti della gioventù e degli exguerriglieri, gli artisti, i leaders di minoranze nazionali, i capi di regione e i notabili in genere, i giornalisti nonché le donne, tutti dovevano avere i loro rappresentanti nel Consiglio. I due partiti più rappresentati erano quello nazionalista e quello comunista. Il Nahdatul Ulama, uno dei partiti Musulmani, decise dopo molte esitazioni di parteciparvi. Ma i Masjumi si schierarono tutti all'opposizione e, ciò che è anche più grave, lo stesso ex VicePresidente Hatta espresse energicamente la sua ostilità. Il consiglio, comunque, fu formato col compito di dare, richiesto o no, il' suo parere al Gabinetto.
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È probabile che « la democrazia guidata » del Presidente Sukarno abbia dato ai Comunisti un'influenza maggiore di quanto non avrebbe consentito la loro forza numerica nel trad[...]

[...]resentava l'imperialismo olandese fu bruciata davanti all'ufficio dell'Alto Commissario olandese. I cittadini olandesi furono molestati, alcune case olandesi furono prese a sassate dai dimostranti, la proprietà olandese fu posta sotto controllo governativo e fu richiesto alle autorità olandesi di far rimpatriare, tra i 50000 cittadini olandesi ancora in Indonesia, quelli che non avevano un impiego redditizio. Tutto questo avvenne in un'atmosfera nazionalista surriscaldata e il Governo, pur non incoraggiando attivamente gli eccessi, non sempre riuscì ad impedirli. Benché non vi siano stati espropri veri e propri, le imprese olandesi furono effettivamente poste sotto controllo armato; e benché non vi siano state espulsioni formali di cittadini olandesi, in alcuni casi il loro soggiorno divenne tanto sgradevole da esser costretti a lasciare il paese.
Nel febbraio del 1956, in seguito alla dissoluzione dell'Unione Olandese Indonesiana (che prevedeva una collaborazione sotto la Corona olandese sia nella politica estera che nella difesa nazionale), ap[...]

[...] di armi catturate, di fattura recente e di provenienza estera_ Le autorità indonesiane hanno prove che per lo meno due stranieri (due bianchi) sono stati paracadutati nella zona di Padang (nel centro di Sumatra) per istruire gli insorti sull'uso di alcune armi leggere moderne fornite loro con lanci di paracadute. L'agenzia giornalistica indonesiana « Antara » riportò nei primi giorni di maggio che due piloti americani e alcuni avieri della Cina nazionalista (provenienti da Formosa) furono uccisi quando un appa
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recchio dei ribelli venne abbattuto durante un'incursione sul campo d'aviazione di Mandai. In più, dei bombardieri, di base nelle Celebes del nord, attaccarono le città indonesiane, senza che però appartenessero all'armamento indonesiano. Il governo di Giakarta offre prove che aeroplani e altra fornitura bellica, proveniente da Formosa e dalle Filippine, sono stati usati dagli insorti nella lotta contro il governo legale. Tutte queste informazioni, ed altre ancora non rese di pubblic[...]



da Fatma Dost e Antonio Solaro, Turchia: perché si spera in Ecevit [sopratitolo: Novità e interrogativi dopo le elezioni del 5 giugno] [sottotitolo: Con la vittoria elettorale del Partito repubblicano del popolo, per il quale ha votato tutta la sinistra, si è aperta la strada ad una svolta democratica. Ma la destra rimane forte] in KBD-Periodici: Rinascita 1977 - 7 - 1 - numero 26

Brano: [...]omportato una profonda modificazione dei rapporti di forza a livello politico e parlamentare. Ricordiamo rapidamente che l'assemblea nazionale turca ha .ora i suoi 450 seggi così distribuiti: 213 al Prp, 188 al Partito della giustizia diretto dal capo del governo uscente Suleyman Demirel, 22 al Partito della salvezza nazionale di Necmettin Erbakan (una formazione di estrema destra di ispirazione islamica), 13 ai neofascisti del Partita di azione nazionalista guidato dal colonnello Alparslan Turkes,
3 al Partito della fiducia (formazione moderata di centrodestra), 1 al Partito democratico (di orientamento ana logo al Partito della fiducia) e, infine,
4 indipendenti.
Bulent Ecevit è stato incaricato, secondo .1a tradizione, di formare un nuovo governo. Una operazione non facile poiché il leader del Prp, che ha sfiorato la maggioranza assoluta, deve ora ottenere la fiducia di un certo numero di deputati al di fuori del suo partita. Ecevit ha rifiutato un accordo con il Partito della giustizia. Ha presentato in questi giorni al presidente della re[...]

[...]mi che dividono i due paesi, in particolare la crisi cipriota. Attuare questi obiettivi non sarà certamente facile. In primo luogo, perché Ecevit dovrà fare i conti con la forte opposizione di destra: infatti, come si rileva dai dati finora forniti, il Partito della giustizia di Suleyman Demirel, si è rafforzato mentre il ridimensionamento 'di tutte le formazioni minori di destra è stato controbilanciato dal consolidamento del Partito di azione :nazionalista del neofascista Turkes.
Came si spiega il successo elettorale di Ecevit? La « strategia della tensione » che da sette anni insanguina la
Turchia e che ha avuto il suo momento culminante nella strage del primo maggio a Istambul e negli attentati contro Ecevit durante la campagna elettorale — non è riuscita a contenere la crescita del Partito repubblicano. Per Ecevit hanno votato larghi strati di contadini, operai, artigiani, giovani, donne, intellettuali e una parte importante dei ceti medi urbani. La sua campagna elettorale è stata appoggiata dal Disk, la centrale sindacale progressista dir[...]

[...]fragi e ha avuto 149 deputati, oggi ne ha 188 (36,9 per cento dei voti).
Presidente: Suleyman Demirel, primo ministro uscente.
Il 'Partito democratico, nato nel 1970 da una scissione del Partito della giustizia. Disponeva di 45 deputati nel 1973, ma ne ha persi 26 a vantaggio delle altre formazioni. Oggi 'ha un solo deputato al Parlamento.
Il Partito della salvezza nazionale, di Necmettin Erbakan, vicepresidente del Consiglio uscente. Partito nazionalista, fautore dell'integralismo islamico, è stato ridimensionato e ha funzione del tutto secondaria.
Il Partito repubblicano della fiducia, di Turham Feyzoglu, vicepresidente del Consiglio. Nato da due scissioni del partito repubblicano. Di tendenza di centrodestra. 13 deputati al Parlamento nel 1973; nel 1977, 3 deputati.
I.1 Partito 'di azione nazionale, del colonnello Alparslan Turkes, di estrema destra: 13 deputati.
Il Partito dell'unione della Turchia, di Mustafa Timisi.
Il 'Partito operalo, della signora Behice Boran, formato nel 1961, è nell'illegalità dal 1971.
t'anni è aumentato il p[...]

[...]rno riformista, capace di guidare l'economia, di inserirla nel contesto mondiale e in particolare nella Cee, e di soddisfare alcuni primordiali bisogni delle masse attraverso una politica sociale di stampo paternalistico. I gruppi più conservatori, invece, legati ancora alla grande proprietà fondiaria e agli ideali nazionalistici dell'oltranzismo mussulmano restano :favorevoli ad un governo autoritario. Su questa base, è sorto nel 1975 il fronte nazionalista, quella coalizione dei quattro partiti di destra che fanno capo al Partito della giustizia di Demirel e che ha governato la Turchia, dopo la breve ma movimentata parentesi di Ecevit che andò dal gennaio al novembre del 1974.
Questa coalizione quadripartita non poteva comunque durare a lungo, anche per ragioni internazionali. Sia i fascisti di Turkes che i . fanatici mussulmani di Erbakan hanno sinora impedito la soluzione dei principali problemi di politica estera da cui dipendono molti fattori della vita interna turca: la crisi cipriota, la ripresa di buoni rapporti con la Grecia, un accord[...]

[...]interna turca: la crisi cipriota, la ripresa di buoni rapporti con la Grecia, un accordo con gli Usa che ponga fine all'embargo imposto dal Senato americano sulle forniture di armi e aiuti economici, l'adesione alla Cee.
E' stato questo insieme di fattori — oltre la violenza delle bande fasciste — ad accentuare il malessere di sempre più vasti settori sociali e a radicalizzare la protesta dei ceti popolari nei riguardi della politica del fronte nazionalista. Il Prp, al di là delle sue interne contraddizioni, ha saputo così presentarsi al paese e all'insieme delle forze progressiste come l'unica alternativa in grado di affrontare su basi nuove e di maggiore giustizia la sempre più acuta situazione sociale ed economica e i sempre più stringenti problemi internazionali. Di qui il successo elettorale di Ecevit e l'arretramento complessivo della destra.
Si spiega dunque l'attesa con cui il paese aspetta ora una soluzione di governo solida e coerente con le indicazioni e il programma del Prp.
Turchia:
perché si.
in Ecevit
Con la vittoria elettora[...]



da Francesco Cataluccio, Il Congo Belga nel nazionalismo africano in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...]liosa reazione a un destino imminente — reazione che é incapace di scorgere e tentare un piano di compromesso —, mentre nel Sudafrica l'impegno della minoranza bianca è rivolto a stroncare in sul nascere ogni velleità nazionalistica della maggioranza negra, a bloccare tutte le vie capaci di portare alla maturazione d'una coscienza politica degli indigeni di colore. L'apartheid o separazione delle razze è lo strumento di tale politica. Il governo nazionalista sudafricano, che ne é l'assertore, parte da una posizione critica verso gli stati colonizzatori europei i quali, con le loro velleità di assimilare, di seminare nell'ambiente indigeno i valori culturali morali religiosi sociali dell'Europa, hanno preparato la strada alla rivolta, all'emancipazione delle popolazioni sottoposte al controllo coloniale, e afferma che non esistono mezze misure tra i due estremi della assimilazione totale e della totale separazione tra i gruppi etnici di un dato territorio, a meno che il gruppo etnico bianco non voglia attendere fatalisticamente il momento della pr[...]

[...]zione dei Bakongo per l'unificazione, la conservazione e l'espansione della lingua Kikongo, che si trasforma poco più tardi in Associazione degli originari del Basso Congo (Abako).
IL CONGO BELGA NEL NAZIONALISMO AFRICANO
139
f
La vivacità delle manifestazioni politiche di questi gruppi e l'ampiezza di adesioni che essi raccolgono nell'ambiente indigeno cancella subito l'oleografica e falsa immagine di un Congo estraniato dall'irrequietudine nazionalista africana. Non resta al governo belga che dare una prova, sia della sua volontà non di escludere una evoluzione politica del Congo ma soltanto di graduarla sulla base di una educazione amministrativa della popolazione, sia del fatto che nell'attuale malcontento per lo status quo non sono implicati che sparuti gruppi di persone mossi più da spirito di rivalità tribale che da avversione al regime coloniale. Annuncia perciò, il 26 marzo 1957, la concessione dello statuto municipale alle principali città congolesi, dando per altro ad esso un contenuto assai complicato, tale da lasciare poco margin[...]

[...]i collaborazione tra le diverse forze politiche di questo settore africano. Se è soltanto frutto della tendenza belga ad attribuire a influenze esterne la perdita della « buona salute » del Congo, l'affermazione di un ministro di Bruxelles relativa alla responsabilità dell'abate Youlou nell'evoluzione dello stato d'animo congolese, è certo però che frequenti divengono i contatti nella seconda metà del 1958 tra gli esponenti dell'Abako e il mondo nazionalista extracongolese. E sono contatti che servono a rinvigorire i propositi di porre decisamente sul tappeto il problema politico congolese. Tali propositi ricevono le estreme sollecitazioni morali nella ricordata conferenza di Accra, dove l'Abako è rappresentato da due « eletti » del 1957, Diomi e Lumumba.
L'eco della conferenza di Accra nei centri congolesi è d'un genere caratteristico di taluni momenti nella vita dei popoli in cui la suggestione collettiva riversa su un episodio marginale, su un evento qualsiasi aspettative sproporzionate, altera le dimensioni della realtà, crea un'atmosfera qu[...]

[...] questo paese che essi hanno rovinato e saccheggiato senza scrupoli. Tutte le truppe belghe debbono immediatamente partire dal Congo. I dirigenti dell'organizzazione Abako — D. Kanza, J. Kasabuvu ed altri — debbono essere immediatamente messi in libertà e si debbono svolgere trattative con essi sulle questioni concernenti l'indipendenza del Congo, sull'abolizione completa e definitiva della dominazione belga in questo paese ».
All'irrigidimento nazionalista indigeno, provocato dall'urto del gennaio, corrisponde uno stato d'animo di allarme prima, e poi di reazione antinegra, tra la minoranza bianca stanziata nel Congo. Il panico altera le proporzioni della minaccia alle sue posizioni economiche e sociali, spingendo ad atteggiamenti capaci piuttosto di approfondire il solco razziale che di smussare i motivi di contrasto, facendo vedere la salvezza soltanto in una politica di forza, in una dura repressione di qualsiasi gesto autonomistico degli africani. Non manca, tra coloni e funzionari coloniali, chi non
IL CONGO BELGA NEL NAZIONALISMO AFRICAN[...]



da Recensione di Giuseppe Grilli a Joaquim Molas, La literatura catalana d'avantguarda. 1916-1938 in KBD-Periodici: Belfagor 1984 - 3 - 31 - numero 2

Brano: [...]o e precario offerto dalla propria condizione nazionale, puntarono decisamente sull’avanguardia come un mezzo di comunicazione internazionale e antiprovinciale. Questa apertura, di cui fu instancabile mentore Dalmau, trovò però un limite invalicabile nell’azione di normalizzazione e di normativizzazione della lingua intrapresa, proprio negli anni iniziali del secolo, dallTnstitut d’Estudis Catalans e da Pompeu Fabra. Un’azione il cui significato nazionalista era inequivocabile e che richiedeva, da una parte, la solidarietà di tutti e, dall’altra, uno sforzo centripeto importante. Era esattamente il contrario di quanto affermavano tutti i movimenti di avanguardia che reclamavano la rottura delle solidarietà e il massimo di impegno centrifugo. Da questa contraddizione derivò la tentazione calligrafica che tanto affascinò figure, per altro suggestive, come Vicen$ Sole de Sojo, Carles Sindreu, o Àngel Planells e Carles Claveria. Ma di lì nacque anche il timore per ogni uso edonistico del linguaggio, un timore che condusse il valenciano Carles Salvado[...]

[...] tutti i movimenti di avanguardia che reclamavano la rottura delle solidarietà e il massimo di impegno centrifugo. Da questa contraddizione derivò la tentazione calligrafica che tanto affascinò figure, per altro suggestive, come Vicen$ Sole de Sojo, Carles Sindreu, o Àngel Planells e Carles Claveria. Ma di lì nacque anche il timore per ogni uso edonistico del linguaggio, un timore che condusse il valenciano Carles Salvador a una sintesi futuristanazionalista tanto moderata che alcuni dei suoi « opositors, com Duran de València, manejaren, anava a dir sense ànim de paradoxa, més motius d’Avantguarda que no Salvador » (p. 65). Si trattava di una reticenza direttamente legata alla condizione linguistica: c’è una frecciata polemica in uno dei manifesti di C. Salvador rivolto al gruppo de « L’Amic de les Arts », giornale su cui si davano appuntamento tutti i surrealisti catalani tra il 1926 e il 1930, in cui si fa sintomaticamente riferimento all’occitanismo come nota ideologica di fondo del gruppo stesso. E forse non è un caso che quello straordinari[...]



da Massimo Robersi, Patto islamico: una sfida imperialista ai popoli arabi [sopratitolo: I "pellegrinaggi diplomatici" del monarca saudita all'insegna dell'attacco contro le forze del progresso] in KBD-Periodici: Rinascita 1966 - 10 - 1 - numero 39

Brano: [...]condo indiscrezioni di giornali inglesi un ufficiale a riposo della RAF sarebbe stato inviato a diri gere — come ai tempi di Glubb Pashà? il sistema aereo saudiano) l'Arabia Saudita, costituisce dunque, insieme alla Giordania ad all'Iran, la base di partenza di una assai vasta offensiva conservatrice.
D'altra parte va aggiunto che il proposito di cui si fa portavoce Feisal non sembra essere quello di voler completamente sostituire il movimento nazionalista arabo con il richiamo all'Islam. Piuttosto egli intenderebbe soffocare le spinte rinnovatrici insite nel movimento nazionale in un mare di clericalismo: mentre il nasserismo sarebbe considerato un pericoloso estremismo rivoluzionario, comunisteggiante e sovvertitore dei valori religiosi, Feisal vorrebbe diventare il banditore d'un nazionalismo riformista, moderato, rispettoso in definitiva della faziosità clericale e specialmente intenzionato ad andare d'accordo con l'Occidente.
Tenuto conto allora dell'importanza strategica del settore, della ricchezza delle risorse petrolifere, dei ferment[...]

[...]l coordinamento della loro azione, ad una iniziativa di tipo federalistico che alla formazione d'un unico partito: occorre adeguare alle singole situazioni, la tattica dello schieramento di sinistra, dicono, ad esempio i comunisti; per questo essi hanno accettato, di dar vita ad un « Fronte di partiti patriottici e progressisti » costituito dal Partito socialista progressista guidato dal ministro dei Lavori pubblici Kamal Jumblatt, dal Movimento nazionalista arabo e dal partite comunista stesso. Tra le manifestazioni 'alle quali ha dato vita il Fronte in questi mesi, ricordiamo
il comizio del 1° Maggio, nel corso del quale gli esponenti degli svariati gruppi della sinistra libanese hanno celebrato unitariamente la festa del lavoro.
Anche in Siria la lotta politica si sviluppa su analoghi binari, avendo al centro proprio il tema dell'unità contro i pericoli della reazione dentro e fuori dei confini e contro il rischio che deriva dallo staccarsi dall'impegno antiimperialista delle correnti e delle fazioni di destra del movimento nazionale. Questo[...]



da Saverio Tutino, Lettera da Cuba. All'Avana o in provincia il romanzo della rivoluzione? in KBD-Periodici: l'Unità - Nuova serie - Edizione nazionale 1964 - - ottobre - 18

Brano: [...]o solo in un atteggiamento esteriore decadente, secondo lo schema détta narrativa ' behaviorista (ovvero del comportamento). Insomma, la giovane narrativa — dice Portuondo — non ha ancora saputo offrire un quadro pertinente di tutto» un contorno romanzesco» della rivoluzione che pure nella realtà è esistito.

Nuovo Dreiser?
Secondo il critico di Santiago, si era formata — per esempio — negli ultimi decenni prima della rivoluzione «una borghesia nazionalista che si batteva per aprirsi il cammino contro la resistenza dei grandi monopoli stranieri.» Di questo non si vede traccia, egli dice, nelle opere narrative uscite dopo la rivoluzione: «Aspettano ancora il loro Dreiser, personaggi borghesi della statura di Julio Lobo, che sognava di diventare il Napoleone dello zucchero.» Insomma Portuondo Intende battersi contro certe vie traverse, che secondo Ivi sta Imboccando la giovane narrativa, invece di seguire la strada maestra che porterebbe (immancabilmente?)al capolavoro del realismo cubano. Questa poteva essere una interessante discussione, anche [...]

[...]terminando un romanzo sull'anno del trionfo della rivoluzione, centrato sulla borghesia, pensa che nella descrizione di Lisandro Otero l'ambiente borghese — tutto ricevimenti e chiacchiere, tra un whisky e l'altro sia visto con occhio perfino troppo benevolo.
Lisandro Otero medesimo pensa di essere stato obbiettivo e ricorda che effettivamente, come sostiene Portuondo, negli ultimi anni prima della rivoluzione, si era formata una certa corrente nazionalista anche all'interno delle più rapaci famiglie di «zuccherieri». La figlia di Julio Lobo si era dedicata a studiare il folclore nazionale. Lauriano Batista Falla riuniva nella sua casa gli intellettuali per discutere con liberalità di problemi politici e culturali. Si stava formando un capitale finanziario nordamericano.

Registi e film
Questo aspetto del problema — e quindi della polemica — sembra il più interessante da approfondire. Gente del cinema cubano manifesta spesso la preoccupazione che si rivelino registi capaci di parlare un linguaggio aderente alla realtà del paese. Si cita come e[...]



da Jacques Howlett, I comunisti e la lotta contro il colonialismo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]un'altra parte mette in primo piano il perseguimento di un ideale politico francamente rivendicatore e liberatore. Tra gli studenti africani della metropoli v'è completa unanimità sulla questione della lotta contro il colonialismo, ma, per quanto concerne i metodi di questa lotta, esistono due correnti (32): la cor
(32) DAVID DIM', Etudiant africain devant le fait colonial, in «Présence Africaine », n. 14, Paris 1953.
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rente nazionalista e la corrente progressista. I progressisti, raggruppati nell'associazione degli studenti R.D.A., non separano la propria lotta da quella del proletariato mondiale e del partito che li rappresenta. I nazionalisti, senza sconfessare certe posizioni comuniste, si preoccupano tuttavia di porre in risalto certe differenze del loro atteggiamento di fronte al fatto coloniale. In un articolo il cui titolo è già un programma: u L'unica via d'uscita: l'indipendenza totale. Il solo mezzo: un vasto movimento d'unione antiimperialista » (33), Maghemout Diop esprime nettamente queste distinzioni: l'unanimi[...]

[...]mediati dei primi da quelli delle seconde, e insistono sul fatto che l'alleanza in questione non dev'es sere una dipendenza. Un pratico esempio di armonizzazione delle due tendenze, fuori dell'Africa Nera francese, è dato dal leader della Gold Coast, il dott. Kwane N'Krumah (34), la cui opera
(33) « Présence Africaine », n. 14.
(34) GEORGE PADMORE, The Gold Coast Revolution. The struggle of an african people from slavery to freedom. Un partito nazionalista denominato United Gold Coast Convention (U.G.C.C.) nacque tra gli intelletuali negri delta Costa d'Oro nel 1945; ma esso non seppe riunire le masse popolari e indirizzarne a fini pratici il malcontento finché, nel 1947, il posto di segretario generale non fu assunto dal dort. N'Krumah, di ritorno dall'Europa. Nacquero però anche, all'interno del movimento, dei dissensi che portarono alla sua scissione (1949) ed alla costituzione della sua ala sinistra in un nuovo partito, il Convention People's Party (C.P.P.), sotto la guida di N'Krumah. Il C.P.P. mise in programma la lotta per l'autonomia im[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine nazionalista, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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