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Il segmento testuale Quale è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 1161Analitici , di cui in selezione 32 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Vittorio Lanternari, Discorso sul messianismo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...]e che tali movimenti sorsero a volta a volta in ottemperanza di bisogni reali di rinnovamento e catarsi, per effetto di uno stato di oppressione, angoscia, conflitto a livello collettivo e sociale (3).
Ma converrà meglio, per avvicinarci al problema di fondo, chiederci ancora: quali sono le forme concrete, fuori dalle « grandi religioni storiche », in cui si manifesta un corrispondente, o almeno embrionale atteggiamento messianico; e ancora: su quale terreno culturalesociale il messianismo alligna in misura tanto evidente da costituire veri e propri movimenti di attesa di salvezza?
Sarà bene brevemente riandare, in proposito, ad uno dei più
(2) E. ABEGG, Der Messiasglarnben ìn Indien und Iran, BerlinLeipzig 1928.
(3) Per quanto riguarda la nascita del Zoroastrismo in rapporto al conflitto di due correnti culturali eterogenee e contrapposte, cfr. il mio volume La grande festa, Milano, 1959, p. 448. Quanto alla nascita del Buddismo e del Cristianesimo in rapporto al conflitto fra sacerdotalismostatalismo e bisogni popolari, cfr., Le mie [...]

[...]asiliani, cfr. LANTERNARI, Movimenti religiosi di libertà e di salvezza, op. cit., pp. 18493, 21517.
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persona — con l'eroe trickster tradizionale. Tale é il caso di Tenskwatawa, uno dei promotori della Ghost Dance, identificato con Nanabhozo, l'eroe culturale algonchino (7). A volte Gesù stesso viene identificato con il mitico fondatore delle origini: i Basuto del Sudafrica lo identificano con Senkatane, eroe culturale il quale, secondo il mito locale, aveva salvato l'umanità, all'origine dei tempi, dal mostro divoratore. Senkatane era morto; ma il cuore s'era involato in cielo. Ora Gesù é Senkatane (8). L'eroe culturale dà impronta ai movimenti migratori brasiliani del sec. XVI. I profeti tupiguarani, fondando movimenti xenofobi antibianchi, muovevano le folle a seguire itinerari verso una « terra senza mali », sulle tracce dell'eroe culturale della tradizione avita.
Ma, spesso, l'eroe culturale può apparire in visione al profeta e lo ispira; in tal modo lascia la sua impronta nella genesi stessa del movimento pro[...]

[...]sul paese — continua subito dopo il mito suddetto —, lo spirito
(10) R. BASTIDE, Le monde non chretien, 1950, 15, pp. 3018.
(11) H. A. STAYT, The Batienda, London, 1931, p. 13.
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di Mutabazi viene ad abitare nel corpo di uno dei figli del re, che diviene così Mutabazi, e il paese é liberato dalle calamità (12). Quest'ultimo elemento del mito rivela una radice locale e precristiana.
Un altro esempio di eroe culturale del quale il mito originario annunciava il ritorno é Nanabhozo (= Manabhozo). Di lui, il mito dice che dopo compiute le innumerevoli gesta con cui salvò l'umanità da mostri, finita la sua opera di demiurgo e superate infinite peripezie, si ritirò su un isolotto di ghiaccio, nel mare settentrionale. Ivi egli avrebbe dovuto permanere, senza porre piede di nuovo in terra: quando egli fosse tornato fra gli uomini, una repentina conflagrazione avrebbe consumato e distrutto il mondo intero (13). Abbiamo detto testé, che Nanabhozo veniva identificato col profeta Tenkswatawa. Il mito apocalittico originario pa[...]

[...]sù e una delle loro tradizioni antiche. Secondo essa, il figlio di uno dei grandi capi locali sarebbe stato ucciso dai sudditi, ed in onor suo i nativi osservavano ogni sette di un giorno commemorativo. Ora, si pensava che il defunto principe, il cui nome era tuttavia ignorato, sarebbe un giorno tornato fra gli uomini, ed essi ne attendevano la venuta (16). Dall'Africa occidentale si conosce il mito di un « figlio di Dio », Ilongo ja Anyambe, il quale avrebbe dovuto discendere, un giorno, in terra per liberare gli uomini dai tormenti e portare felicità. Secondo la fonte, ii mito era stato abbandonata poco avanti il tempo dell'indagine (1861), il che potrebbe indicare che si tratti di un mito originario (17).
In tutt'altro ambiente culturale, l'Oceania, non mancano germi di messianismo nelle mitologie originarie pagane. Nelle Figi,
i divini gemelli, figli dell'essere supremo Degei, erano spariti via dal. paese. Ultimamente, a seguito dell'arrivo dei bianchi, si atten
(14) C. M. DOKE, The Lambas of Northern Rhodesia, London, 1931, pp. 301[...]

[...]d esperienze storiche. Ciò mostra come i miti si creano exnovo, sotto l'impulso di esigenze vitali fattesi particolarmente urgenti e drammatiche. Altre forme religiose di « ritorno » all'Africa si esprimono, a lor modo, nei culti negri afroamericani (Vodu di Haiti, Candomblé di Bahia, Xango, ecc.) dell'America centromeridionale. In essi l'intensificata ripresa dei mistici riti originali africani attua simbolicamente un 1 ritorno all'Africa » nel quale trova adeguata
DISCORSO SUL MESSIANISMO 27
espressione l'esigenza di autonomia religiosa e culturale dei Negri (26).
Il ritorno a una lontana epoca storica ormai scaduta si annuncia e si propugna nel movimento del profeta Santos Atahuallpa, nel Perù del sec. XVIII (civiltà dei Campa). Costui predicava, come panacea d'ogni male, il ripristino dell'impero degli Incas contro la dominazione spagnola; egli stesso si presentava come ultimo antesignano degli Incas. D'altra parte nei movimenti profetici neobrasiliani studiati da M. I. De Queiroz (movimento di Contestado, di Canudos, di Joazeiro), [...]

[...]el profetismo mosaico è costituito dal programma di un « ritorno » alla perduta terra di Sion, e che gli stessi profeti dell'esilio perseguono analoga idea religiosa, e cioè il « ritorno » alle condizioni storiche precedenti alle loro attuali.
Non si può dunque ritenere che l'eroe culturale sia nucleo insostituibile dei movimenti profetici, senza obliterare l'infinita variabilità delle formazioni profetiche e della « religione del ritorno »: la quale ultima si configura secondo temi via via offerti dal mito
(26) LANTERNARI, Movimenti religiosi ecc., Cap. III, B (movimento di Ras Tafari e culti afroamericani).
(27) Op. cit., Cap. III, C, d.
(28) Op. cit., Cap. VI.
28 VITTORIO LANTERNARI
(eroe culturale, essere supremo, spiriti dei morti), o dalla storia (ritorno all'Africa, all'impero incaico, alla monarchia, all'impero dei Mongoli, alla stessa Sion). In tutti i casi si hanno altrettante riplasmazioni religiose spontanee sia del mito sia della storia, in funzione di esigenze di rinnovamento.
Infatti il passaggio dalla storia al mito,[...]

[...] mito, presso le civiltà a livello etnologico è impercettibile e pressoché continuo. Né solamente la storia remota è soggetta al processo di mitizzazione; bensì anche quella presente. Così avviene che attuali figure di profeti e fondatori diventano protagonisti di un'attesa millenaristica: si attende ch'essi ritornino in terra, apportatori dell'ambita salvezza, redentori dei mali. Tale è il caso di André Matsua, capo rivoluzionario congolese: il quale precisamente dopo che fu morto divenne esponente mitico di una millenaristica attesa. E' anche il caso dell'eroe nazionale dell'indipendenza di Haiti, Macandal: il cui spirito secondo le credenze popolari si sarebbe salvato dalle fiamme del rogo sul quale venne arso vivo. Nei movimenti profetici giavanesi si attendeva messianicamente il ritorno del « Principe Giusto » (Ratu adil); mentre fino ad epoca recentissima (sec. XX) è rimasta popolarmente diffusa fra gli Indonesiani l'attesa per il ritorno dell'eroe giavanese, principe Diponegoro (29). Anche Alexander Bedward, fondatore del Bedwardismo a Giamaica (1920), è un altro esponente di questa « religione del ritorno » fondata sulla mitica attesa di personaggi reali. Egli stesso infatti dava l'annuncio di una sua prossima ascesa in cielo, e di un successivo ritorno come redentore dei Negri. Nel[...]

[...]izzazione dell'escaton o rinnovamento del mondo. I vari programmi di libertà e di salvezza enunciati dai singoli profeti poggiano indubbiamente sul modello del mito, e si configurano come un ritorno alle origini. Ma nella realtà concreta, la nascita del messianismo stesso, e insomma del mitico « ritorno alle origini » é determinata da fattori di civiltà e di ambiente, dall'urto culturale, sociale, politico, con potenze o istituzioni oppressive.
Quale è il significato funzionale e storico di questa « religione del ritorno » ?
Il ritorno alle origini é la denuncia di un bisogno di evadere dalla situazione presente, che è in ogni caso una situazione di rischio e crisi. Fatto sta che, sul piano religioso, l'abolizione del presente non può prospettarsi se non come ritorno al tempo primordiale. Infatti il tempo religioso si distingue, per il suo carattere statico, dalla durata profana, in quanto esso é generalmente sprovvisto sia della dimensione del passato, sia di una prospettiva futura, in senso storico. Il solo « passato » religiosamente s[...]

[...]dove il « futuro » in senso religioso, è a sua volta un futuro messianico, escatologico, insomma mitico anch'esso e al di là della storia.
In relazione a ciò, il ritorno a un passato primordiale, come viene annunciato in ciascuno dei movimenti profetici, rappresenta l'unica evasione possibile dal presente nefasto, e la sola forma accessibile, in senso religioso, di un rinnovamento della vita.
D'altra parte anche l'attesa di un tempo futuro nel quale libertà, benessere, salvezza si attuino superando ogni angoscia, sfu
DISCORSO SUL MESSIANISMO 31
ma in un mito millenaristico: e tale mito rappresenta l'unica possibile soluzione religiosa del bisogno di evadere da un presente insostenibile. Il fatto si è che l'esperienza religiosa tende per sua
natura tanto più nelle società aventi scarsa organizzazione sa
cerdotale —, a uscire dalla dimensione della storicità e dal piano dell'iniziativa civile. Nella coscienza collettiva si attende dunque una scadenza immediata che urge alle porte, ma insieme — e contraddittoriamente — lontana e, per la[...]

[...]ciali, culturali, storiche dei mo
(35) Tale « diversità fra un messianismo autentico e altri movimenti a carattere solo tendenzialmente messianico » (« Verschiedenheit zwischen echtem Messianismus und allen jenen anderen Bewegungen, die nur tendenziell messianisch sind ») è sancita in G. GUARIGLIA, op. cit., pp. 26, 33. Iyi si assume, come elemento essenziale dei movimenti « propriamente messianici », la presenza di una persona di messia, nella quale si riassorba l'intero destino (la « storia ») degli uomini. Su cid non si può essere in disaccordo: ma è evidente che l'eroe culturale, l'essere supremo nonché i morti che tornano, nei movimenti di salvezza di genti « primitive », null'altro esprimono che precisamente il « destino », la « storia » di quelle genti, come esse l'intendono e l'auspicano per sé. Pertanto non su questa base è possibile affermare che il messianismo delle « grandi civiltà » (Hochkulturen) sia « altro » dalla « religione d'attesa di salvezza » (Heilserwartungsglaube) dei popoli « primitivi » (ibid.).
L'altro elemento[...]

[...]ltà politeistiche in avanti si può parlare di un « messia » individuato in senso antropomorfo, e insieme già come figura divina. Uno sviluppo ulteriore si avvera nel messianismo giudaico (Mosaismo), ove l'esigenza di affermare un puro monoteismo sopra la tendenza politeistica popolare d'origine cananea (agricola) porta ad una rivalutazione e reinterpretazione teologica della « storia » ebraica, come praeparratio di un escaton (tempo finale), nel quale si avvererà il regno di Dio. Il messia assume la veste di demiurgo di tale regno, nel quale una perfetta armonia dominerà nei rapporti fra uomini e Dio: pace, concordia, giustizia per quelli, piena e sincera venerazione per quello, al di sopra ormai d'ogni polemica antipoliteista. Pertanto la peculiarità del primo messianismo giudaico non é già nella figura d'uomodio assunta dal messia, quanto invece nella sua componente monoteistica, nonché nella reinterpretazione teologica e messianica della storia: la quale tuttavia resta una storia sostanzialmente « nazionale ». Infatti soltanto nei profeti dell'esilio si avvera l'ulteriore sviluppo del messianismo, in un senso decisamente universalistico. Ma non bisogna dimenticare che tale sviluppo universalistico dell'intera religione giudaica — foriero dell'universalismo cristiano — era il prodotto storico delle drammatiche esperienze subite dal popolo ebraico deportato in massa, dietro l'urto con potenze egemoniche a loro volta ostili e contrapposte fra loro in caotico groviglio d'interessi particolaristici. Da tale sconvolgente esperienza, per entro il « [...]

[...] cristiano — era il prodotto storico delle drammatiche esperienze subite dal popolo ebraico deportato in massa, dietro l'urto con potenze egemoniche a loro volta ostili e contrapposte fra loro in caotico groviglio d'interessi particolaristici. Da tale sconvolgente esperienza, per entro il « popolo eletto » maturava, per bocca dei suoi profeti, la coscienza di una nuova missione. Essi additavano insomma la via di salvezza in un universalismo, nel quale c'é posto per tutti i popoli, senza discriminazione d'origine. Il Cristianesimo, riprendendo il messaggio universalistico dei profeti dell'esilio e rielaborandolo in funzione d'una particolare situazione di crisi socialeculturale, ne ripete tuttavia un tema d'origine « nazionale » : il messia, di cui in esso si attua l'avvento e di cui s'attende il ritorno alla fine dei tempi, é pur sempre « del ceppo d'Isal », é cioè di stirpe davidica. Ma il messianismo cristiano affrontava ormai consapevolmente una crisi di nuovo ordine: la crisi morale,
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intellettuale, individual[...]

[...]isi morale,
36 VITTORIO LANTT;RNARI
intellettuale, individuale di una cultura autocosciente e in declino, posta di fronte al problema dell'esistenza: e sanciva una via di salvezza ormai trascendentale.
Tali in sintesi gli sviluppi storici concreti del messianismo, dai suoi germi embrionali nelle religioni a livello etnologico, fino alle manifestazioni più avanzate e complesse. Ma qui importa anche rispondere all'altra domanda già postaci: su quale terreno storicosocialeculturale il messianismo alligna così da dar luogo a nuovi, autentici movimenti di salvezza? Si pub affermare, sulla base di una documentazione amplissima, che l'annuncio di un c salvatore » imminente, o di un complesso di enti ed eventi attesi come apportatori di bene, accompagna e segue altrettante situazioni di alta tensione, crisi, precarietà esistenziale. Tali situazioni sono dovute via via ad eventi calamitosi come detribalizzazione, occupazione di terre, deculturazione (da parte dei bianchi), deportazioni e catastrofi collettive, a conflitti contro istituzioni o g[...]



da Voce Enciclopedica redazionale, Turchia in Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice)

Brano: [...]a siriana di Hatay. Non ebbero invece successo le rivendicazioni turche su Mossul, ricca area petrolifera curda inglobata nell'Iraq e passata sotto protettorato britannico. Alla morte di KemalAtaturk (10.11. 1938) e in mancanza di suoi eredi (si era sposato nel 1923, ma aveva ripudiato la moglie nel 1925), gli subentrò alla presidenza della repubblica il primo ministro Ismet Pascià (che a sua volta aveva assunto il nuovo nome di Ismet Inonu), il quale ne continuò poi l'opera fino al 1950. Inonu riuscì a tenere la Turchia fuori dalla Seconda guerra mondiale giostrando abilmente fra il Terzo Reich, l'Unione Sovietica e le potenze occidentali, finché il 23.2.1945 dichiarò guerra alla Germania, sì da partecipare con pieno diritto alla Conferenza di San Francisco, ponendosi fra le nazioni che avrebbero dato vita all'O.N.U..

Secondo dopoguerra
Data la sua particolare situazione geografica (590 km di frontiera con l'U.R.S.S.), all'indomani della Seconda guerra mondiale la Turchia dovette fare i conti con il potente vicino sovietico che rivendica[...]

[...] economiche cui erano più direttamente interessati. Da qui le pesanti storture dello sviluppo in senso economico generale della Turchia e, nello stesso tempo, la saldezza del regime militare, s'intende a spese dei lavoratori turchi. Questo fenomeno, nato con le prime nazionalizzazioni kemaliste, aveva avuto ulteriore sviluppo nel secondo dopoguerra, generando quella inestricabile commistione fra potere militare e potere economico, di fronte alla quale le istituzioni politiche e i partiti potevano svolgere soltanto un ruolo subalterno, di facciata e transeunte, facilmente controllabile e ricambiabile, senza peraltro che la dittatura militare apparisse troppo scopertamente per ciò che esse era. I militari non avevano bisogno di impegnarsi in forme aperte e dirette nello scontro tra partiti e nelle lotte sociali, se non in quei momenti di manifesta impotenza del quadro politico, quando per dissidi interni ai partiti o per sommovimenti popolari Ia situazione diventava "ingovernabile" ed essi potevano presentarsi come tutori della Costituzione [...]

[...]tatura militare apparisse troppo scopertamente per ciò che esse era. I militari non avevano bisogno di impegnarsi in forme aperte e dirette nello scontro tra partiti e nelle lotte sociali, se non in quei momenti di manifesta impotenza del quadro politico, quando per dissidi interni ai partiti o per sommovimenti popolari Ia situazione diventava "ingovernabile" ed essi potevano presentarsi come tutori della Costituzione e "salvatori della patria".
Quale fattore di ricorrente perturbazione del sistema di potere militare, si poteva aggiungere la chiesa islamica che, pur espropriata di poteri reali dal kemalismo, mai aveva rinunciato di riproporsi, anche per le sollecitazioni provenienti dal mondo arabo e proprie dell'integralismo islamico, come rappresentante degli interessi della grande proprietà latifondista storicamente ed economicamente emarginata dal sistema.
All'inizio del 1971, dopo il rapimento di 4 militari di una base U.S.A. e scontri fra polizia e dimostranti nelle università, che provocarono numerosi morti e feriti, seguiti da una [...]

[...]i essere filooccidentale e filoisraeliano), continuarono le violenze di piazza.
Nel settembre 1980, in quella che ormai era diventata una vera e propria guerra civile, i morti erano saliti a 2.500. A questo punto i militari ritennero giunto il momento di riprendere (secondo il diritto loro conferito dalla Costituzione) il controllo della situazione. Dapprima imposero il coprifuoco; poi, all'indomani di una giornata particolarmente cruenta, nella quale erano state uccise per la strada 35 persone, il Comitato nazionale di sicurezza rappresentata dal generale Kenan Evren (capo di stato maggiore generale) dichiarò lo stato d'assedio e arrestò tutti i maggiori esponenti politici e sindacali, a cominciare dagli esponenti del governo, " per misure precauzionali a loro beneficio ". Ristabilito l'"ordine", Evren dichiarò che i militari avrebbero governato transitoriamente fino a quando i civili non avessero dato prova di saperlo fare da soli, quindi designò l'ex capo della Marina, l'ammiraglio a riposo Bulent Ulusu, a capo di un governo composto da[...]

[...]cuterla prima pubblicamente) attraverso un referendum popolare (7.11.1982). In virtù di questa stessa Costituzione Evren — che cominciò a essere chiamato il "nuovo Ataturk" — assunse la carica di presidente della repubblica per 7 anni (cioè fino al 1989).
II 6.11.1983 furono indette le elezioni e queste videro la vittoria di un nuovo partito (detto della Madrepatria) guidato dal kemalista Turgut Ozal (già vicepresidente del governo militare), il quale ottenne 211 seggi contro i 71 seggi del Partito di democrazia nazionale sponsorizzato dai militari. Si trattava di una nuova evidente mascheratura, anche se indicava l'esistenza di una opposizione della maggioranza del paese ai militari. Comunque questi accettarono la formazione di un governo di apparente coalizione, nel quale Turgut Ozal veniva incaricato di dirigere gli affari economici, mentre il Consiglio presidenziale diretto da Evren e comprendente il capo di stato maggiore generale, nonché i comandanti delle forze armate di terra, mare e aria, si riservava in prima persona i ministeri di politica estera, difesa, sicurezza interna e istruzione pubblica. Continuava di fatto, sotto vesti "democratiche", la dittatura militare.

La questione di Cipro
Fin dal 1954, nonostante l'accordo esistente con la Grecia, i militari turchi avevano rivendicato la spartizione di Cipro (v.) con il pretesto di voler tutelare la m[...]



da Francesco Cataluccio, Il Congo Belga nel nazionalismo africano in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...]NEL NAZIONALISMO AFRICANO 115
valso la civiltà tribale, la formazione di gruppi umani ristretti e isolati i quali, anche se eccellenti culturalmente, non hanno mai posseduto la tecnica di trattare grandi spazi, di unificare e amministrare grandi concentrazioni umane. Soltanto oggi, per la prima volta, gli africani si pongono il problema della organizzazione unitaria di vaste aree africane; ma se lo pongono in uno stato d'anima emotivo concitato quale può derivare dal ritrovarsi dopo una latta assai aspra contro la potenza coloniale — talvolta resa più aspra dalla resistenza psicologica e sociale di parte dello stesso gruppo nazionale — con problemi politici economici di estrema complessità e persino col problema di definirsi nazionalmente.
A tre dei molti congressi riunitisi di recente conviene accennare, come a quelli che meglio hanno puntualizzato i due aspetti dell'attuale evoluzione africana, la rottura cioè del vincolo di dipendenza coloniale e la organizzazione politica dell'Africa divenuta arbitra della sua vita.
Il primo si è s[...]

[...]spansionista del sec. XIX, accompagnata dal ripudio dell'Africa tradizionale. Come ricorda G. Balandier in « Afrique ambigue », « devant sa chapelle, Nganga Emmanuel, fondateur de l'une des "églises noires" du Congo, brûle les derniers fétiches témoins des vielles fidélités africaines, mais il exorte aussi ses adeptes à croire en un messie qui n'est plus solidaire du monde blanc réprouvé ». Si tratta in sostanza d'un combattimento su due fronti, quale é stato realizzato in pratica nell'azione politica del Convention People's Party di Nkrumah.
Le correnti d'opinione africane tornano a confrontarsi — e a scontrarsi — su questi temi di negrità, di unità africana, di rapporti tra civiltà occidentale e civiltà africana, di definizione e restaurazione d'una cultura originaria negra, di modernità e tradizione, nel secondo dei congressi della Società africana di cultura, che si svolge a Roma dal 26 al 31 marzo 1959. « Unità e responsabilità della cultura negroafricana » è l'argomento posto in discussione. Nella relazione introduttiva il segretari[...]

[...]utture imposte dall'esterno e a fare ritrovare al mondo africano la sua personalità originale, la sua capacità di universalizzarsi, di portare un contributo autonomo alla soluzione dei grandi problemi dell'umanità.
***
Dibattiti e discussioni e polemiche sui problemi relativi al proprio sviluppo nazionale, ad opera dei circoli politici e culturali del continente nero, si svolgono nel vivo di un processo di trasformazione del mondo africano del quale sono oggi individuabili alcune caratteristiche fondamentali.
Ciò che più salta agli occhi é l'impetuosità del movimento verso l'autonomia delle popolazioni sottoposte a regime coloniale. Non vi é dubbio che il mondo coloniale africano, ch'era il più compatto e vasto alla fine della seconda guerra mondiale, tende a disgregarsi ogni giorno più facendo posto a stati autonomi o allentando i suoi vincoli in misura tale da rendere inevitabili ulteriori concessioni, a breve scadenza, all'impulso di autonomia delle popolazioni indigene. Risveglio economico e culturale e quindi politico degli indigen[...]

[...]are immediatamente la fase dell'indipendenza per raggiungere uno sviluppo nuovo corrispondente al sorgere nel mondo dei grandi raggruppamenti ».
L'Africa, che ha realizzato in passato soltanto parziali esperienze statali ed ha conosciuto invece come preponderante organizzazione politica quella tribale, consente, come ho detto, più d'ogni altro continente, mobilità ed elasticità di suddivisioni territoriali; esiste cioè un largo margine entro il quale sia possibile attuare concentramenti territoriali senza turbare l'equilibrio nazionale delle parti componenti, ma accrescendone anzi l'attitudine ad evolvere verso forme moderne di vita. Il difficile sta nel trovare la formula costitutiva adatta a far coesistere in uno stesso organismo popolazioni con tradizioni evoluzioni interessi spesso in nessun modo comparabili. Il regime federale è in ogni senso il più adatto a coordinare la vita di territori con disuguale maturazione politica economica sociale, adattandolo nelle infinite gradazioni in cui può realizzarsi a ciascuna situazione; ma anche[...]

[...]aglianza, razziale o di altra natura, con un altro popolo ». Cioè « indépendence d'abord ».
Al problema della formazione di stati interrazziali si collega l'ultimo degli elementi che condizionano l'attuale evoluzione politica del continente africano: la posizione delle potenze occiden tali, oscillante tra la volontà di non perdere le residue posizioni di governo coloniale, sia pure adattandole alle nuove situazioni di fatto, e la esigenza, alla quale sono più sensibili i governi come lo statunitense che non hanno in Africa posizioni coloniali da difendere, di non compromettere i futuri rapporti di collaborazione
126 FRANCESCO CATALUCCIO
con la comunità di stati africani, e di non lasciare che si convoglino vieppiù verso i governi comunisti interessi e simpatie del nazionalismo africano già fortemente influenzato dall'aperta solidarietà comunista alle sue aspirazioni e dalla dottrina marxista circa la lotta nazionale dei popoli oppressi dall'imperialismo. Della volontà conservatrice, adattata alla mutata situazione dell'equilibrio delle [...]

[...] di emancipazione dei popoli africani; si estende invece all'atteggiamento verso le difficoltà d'ordine raz
128 FRANCESCO CATALUCCIO
ziale politico economico che l'emancipazione porta seco. Feconda politica africana significa, in larga misura, assistenza cauta e disinteressata nel faticoso avvio dei nuovi stati africani alla vita autonoma, e soprattutto rinunzia a impegnare questi nuovi stati in un serrato giuoco di rivalità internazionali nel quale si sentirebbero in certo modo posti ancora in una posizione di inferiorità e di dipendenza. Non presenta prospettive utili il tentativo di trasferire in blocco sul territorio africano l'apparato della guerra fredda, come ha rilevato anche l'exambasciatore statunitense Chester Bowles, il cui volume Africa's Challenge to America (1956) prende posizione contro l'orientamento del Dipartimento di Stato del suo paese verso i giovani stati africani e asiatici, facente perno essenzialmente sugli aiuti militari e sul rigido allineamento politico.
***
I vari problemi or ora accennati, la cui reciproc[...]

[...] ha tutto da avvantaggiarsi dall'essere educato nel suo ambiente, tra i suoi fratelli di razza, mantenendo in tal modo il contatto con la tribù e rendendosi conto dell'arretratezza della massa. Si evita così che lo studente sia corrotto da dottrine sovversive e turbi poi con la sua condotta il cauto sviluppo del piano fissato. Quanto all'europeo che sbarca al Congo belga, egli si sente, si crede, si attribuisce d'ufficio un compito di educatore. Quale che sia la sua professione, quale che sia il suo lavoro. Un libraio apre un nego zio? Egli censura la lettura della clientela negra. Il commerciante, il droghiere, il macellaio educano la loro clientela negra in reparti appositi. Le banche hanno preparato dei cassieri negri col compito di illuminare i risparmiatori ».
Meno spettacolare e irritante che nel Sudafrica, e senza quel gusto della teoricizzazione del proprio programma politico che allarma gli osservatori e scuote psicologicamente i « pazienti », l'orientamento di governo nel Congo belga é una forma di apartheid. Suscita perciò uno scandalo interno la pubblicazione [...]

[...]o e fornita di poche facoltà); le 470 missioni cattoliche
134 FRANCESCO CATALUCCIO
con 4430 missionari — cui si affiancano 258 missioni protestanti
con 1170 missionari controllano in maniera capillare orientamenti ed esigenze delle masse indigene, scoraggiando spiritualmente e suggerendo di scoraggiare politicamente qualsiasi indizio di eversione (« un vero potere nel Congo » le definisce J. Pirenne); l'industria, soprattutto mineraria, nella quale per legge il 50% delle azioni spetta allo stato belga in veste peró di capitalista privato, condiziona l'intera vita della colonia ed é arbitra delle direttive di governo. Non é, il Congo, colonia di popolamento, non serve per obiettivi strategici, ma funziona come una coraggiosa impresa economica e la sua ragion d'essere é legata alla tutela degli interessi economici che vi si sono trasferiti e sviluppati. La finalità della colonia del Congo spiega bene la politica belga nel Congo. Probabilmente, se Bruxelles avesse la certezza che la formazione d'un nazionalismo congolese e il suo sbocco ne[...]

[...]roduzione di uranio :del Congo, la più alta del mondo. Conviene infatti potere avere, in una fase di sempre più vivace anticolonialismo, la solidarietà di una potenza, come Washington, assai incline ad assecondare lo sfaldamento della costruzione coloniale europea, in Africa come in Asia.
In un Congo visto soltanto come una unica enorme azienda di produzione e di commercio, la popolazione indigena non interessa che come massa di manodopera alla quale assicurare un graduale miglioramento di vita ma non una libertà capace di turbare l'ordinato ritmo produttivo. Tutti sono imbarcati su una stessa nave e tutti hanno il solo dovere di produrre sempre più e sempre meglio. E in effetti gli indici di produzione agricola e industriale del Congo mostrano un progresso costante. Se in agricoltura 14 mila coloni
135
IL CONGO BELGA NEL NAZIONALISMO AFRICANO
coordinano il lavoro di 350 mila negri, con forti produzioni di cotone caffè gomma cacao essenze pregiate, nell'industria la marcia produttiva è più spettacolare: 192 milioni di tonnellate di r[...]

[...]ta responsabilità amministrativa, se consente di continuare íl dialogo politico con l'autorità belga. Il presidente dell'associazione, Kasavubu, non lascia dubbi, nel discorso di insediamento come borgomastro del quartiere di Dendale (Leopoldville), sull'uso che intende fare della sua carica. Il governatore generale Pétillon gli invia una nota di biasimo, ma la vita congolese non cessa di svolgersi in un'atmosfera di eccitazione, politica che ha quale protagonista l'Abako. Tanto più che l'amministrazione coloniale può contare meno sull'atout suo più forte, la « politique du ventre plein », ora che l'economia congolese è in fase di recessione nel settore minerario, la disoccupazione africana tende a ingrossarsi (50 mila nella sola capitale congolese, nel dicembre 1958), il bilancio congolese per la prima volta è in deficit e si manifesta la tendenza a minori investimenti di capitali e persino al rimpatrio di capitali verso il Belgio. D'altra parte, come suole accadere, il campanello d'allarme del risultato elettorale non spinge il governo b[...]

[...]osservare che prima di pronunziarsi definitivamente ha bisogno di consultarsi con i suoi amici. A metà marzo i capi indigeni sono liberati e si recano spontaneamente — almeno secondo le affermazioni del ministro del Congo — a Bruxelles per trattare sul programma di evoluzione politica del Congo.
Il Congo si trova ora in questa fase fluida di contatti, di polemiche, di prese di posizione, di gesti d'intransigenza, di sforzi di compromesso, nella quale gli interessi in giuoco tentano di prendere coscienza della nuova situazione e di far valere il proprio punto di vista. E indubbio che Bruxelles ha tuttora largo margine di manovra, ma la situazione diverrebbe difficile per essa il giorno in cui la manovra si dovesse orientare verso l'alterazione o la interpretazione restrittiva del programma del 13 gennaio, sulla spinta della tendenza da « 13 maggio » che si delinea tra la minoranza bianca residente nel Congo. La situazione entrerebbe poi in una via senza uscita il giorno in cui si cedesse alla richiesta di tale minoranza perché sia aumentat[...]



da Tibor Mende, Note sull'Iran in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...]iretta a provocare un sollevamento dei Kurdi, si nota oggi, dopo i recenti accordi di mutua difesa conclusi con gli Stati Uniti, un superficiale sentimento di stabilità. Semplice « segno addizionale » dicono taluni osservatori non sprovvisti di cinismo degli affari medioorientali. Non era una analoga fallace apparenza di stabilità che caratterizzava l'Irak fino a quel mattino in cui, nello spazio di un'ora, il vecchio regime venne spazzato via?
Quale che sia il valore di queste previsioni, l'Iran é certamente entrate) in una fase nuova della propria esistenza. È questo che mi fu dichiarato senza perifrasi da uno dei membri più influenti del Governo: « Durante diecine di anni, ci siamo sforzati di restare neutrali, e la sola cosa che ci abbiamo guadagnato é stato di essere divisi e occupati. Adesso, accetteremo i nostri rischi; e accetteremo le conseguenze del nostro desiderio di conservare la indipendenza ». È vero: una fase nuova, ma una fase che, per la sua stessa natura, non può essere che transitoria.
I cambiamenti fondamentali di eq[...]

[...]a gli avvenimenti dell'Irak hanno dimostrato che il patto di Bagdad
impotente davanti alle rivolte interne. Dunque, durante il tempo
152
TIBOR MENDE
di validità provvisoria dell'ultima formula aritmetica, bisogna che dei cambiamenti politici immunizzino l'Iran contro la propria debolezza interna se si vuole che la garanzia materiale abbia un effetto duraturo.
Quali sono le possibilità che ciò si verifichi, nel limitato spazio di tempo del quale dispongono gli attuali dirigenti del paese?
Per gli occidentali nutriti di classici persiani, e che non vedono nell'Iran altro che una messa in scena di magnifiche moschee e di imponenti rovine archeologiche, Teheran rappresenta una prima scossa.
Si tratta forse della meno orientale delle città orientali. Un visitatore frettoloso che non ne veda che il centro, potrebbe immaginarsi che l'Iran ha veramente raggiunto quel livello di vita che le sue risorse di materie prime e il suo eccezionale reddito possono assicurargli. Le lussuose ville di Shemiran, nel quartiere residenziale a nord della [...]

[...] suo petrolio, certamente la migliore che fosse possibile sperare dopo meno di dieci anni dalla imposizione delle draconiane condizioni della AngloIranian. Nel 1957, il solo petrolio ha fruttato alla Persia l'equivalente di 90 miliardi di franchi, il che é bastato a coprire i tre quarti delle spese di bilancio dell'intero paese. Si tratta infatti di una cifra assai notevole, tale da aiutare qualsivoglia paese a superare le proprie difficoltà. Ma quale é l'uso che ne viene fatto?
E già da tanto tempo che l'Iran soffre di una corruzione generalizzata e un sistema di spreco quasi incredibile, che queste piaght tendono ad essere considerate come caratteristiche permanenti della vita pubblica. Superando queste scoraggianti costanti della vita quotidiana, i piani settennali dovevano introdurre una nota di speranza e lanciare il mito del progresso.
Il primo piano settennale era stato inaugurato nel 1949, ma venne sepolto senza cerimonie nel corso della crisi petrolifera, senza lasciare tracce visibili della propria esistenza. Il piano attuale, [...]

[...] a Teheran un sistema di trasporti pubblici soddisfacenti e, con la collaborazione dell'organizzazione mondiale di Sanità, é stata iniziata una campagna contro la malaria destinata a migliorare la salute dei contadini e ad accrescere il valore della terra in vaste zone lungo il Mar Caspio.
Anche se lungi dall'essere sufficienti, questi sforzi rappresentano pur tuttavia un principio di attività in confronto all'immobilismo del passato. L'uomo al quale gli iraniani attribuiscono i meriti di questo leggero miglioramento, é lo Scià in persona.
Dicono che, dopo il suo breve esilio a Roma nel 1953, lo Scià é diventato un altro uomo. Dopo il suo ritorno, egli ha avuto un ruolo sempre più diretto nell'amministrazione del paese. Fatto é che si ha l'impressione che egli sia la sola persona, a Teheran, che si rende perfettamente conto che l'ultima formula aritmetica sulla
158 TIBOR MENDE
quale si fonda la politica attuale della Persia non dispone che di un breve termine. Lo Scià, dicono, cerca di approfittare per il meglio di questo termine.
Si ritiene generalmente che sia lo Scià che fa funzionare le poche valvole di sicurezza che esistono nell'attuale regime di polizia. Ma il suo zelo di riformatore é ancora esitante, ed egli ha ben pochi collaboratori dei quali fidarsi. Le sincere ma piuttosto inefficaci esercitazioni regali ad eliminare la corruzione non convincono nessuno. Le leggi che vietano ai membri del Parlamento, o perfino ai membri della famiglia reale, di fare specula[...]

[...]rtito Toudeh, che si é rifugiato nella clandestinità, e che si ritiene diretto dai comunisti, rappresenta un'incognita. La sicurezza, garantita dagli americani e dai quattrocento milioni di dollari del loro aiuto economico, tecnico e militare, non viene ripagata dagli iraniani con un amore molto maggiore di quello che veniva dedicato agli inglesi quando questi rappresentavano la principale influenza straniera. Quanto all'Unione Sovietica, per la quale gli iraniani non hanno mai avuto né simpatia né fiducia, essa ha adottato la politica del sorriso fino al giorno, ancor recente, in cui il patto di mutua difesa con gli Stati Uniti ha mutato tutte le prospettive.
Nel 1959, con un monarca riformatore sul trono, con un reddito
NOTE SULL'IRAN 159
sufficiente per finanziare un effettivo progresso, e con una situazione internazionale che tien lontana qualsiasi minaccia di invasione, l'Iran dovrebbe trovarsi in una situazione invidiabile agli occhi di qualsiasi paese sottosviluppato. Quel che gli rimane da fare, é di utilizzare il limitato lasso[...]

[...]vane Scià.
E alle frontiere con l'Unione Sovietica che l'equilibrio di potenza mondiale cambia più rapidamente. Al medesimo tempo, quello stesso miscuglio che ha già mostrato in tutta l'Asia la propria forza esplosiva, un contadiname senza speranza ed una intelligentsia delusa e disoccupata, diventa ogni giorno più infiammabile.
Nel corso di una recente intervista, lo Scià chiedeva una quindicina di anni. Nel contesto attuale, nella situazione quale essa é all'interno del paese e alle sue frontiere, non é facile che lo Sciá disponga di un termine così lungo.
TIBOR MENDE



da Romano Ledda (a cura di), Dossier NATO in KBD-Periodici: Rinascita 1969 - 5 - 9 - numero 19

Brano: [...]sistema imperialistico come « una cospirazione sovietica globale ». Walter Rostow, ad esempio, vedeva nella lotta di liberazione vietnamita contro il colonialismo francese nel 1946, « il risultato della decisione di Stalin di lanciare una offensiva in Oriente». E fu quindi essenziale combattere il comunismo in ogni parte del mondo.
La definizione compiuta di questa strategia di contenimento si ebbe con la Dottrina Truman (12 marzo 1947), con la quale gli USA si impegnavano a « sostenere i popoli liberi i quali resistono ai tentativi di coercizione da parte di minoranze armate o di pressioni esterne ». L'Alleanza atlantica fu il primo e coerente corollario di quella dottrina, che nel giro di pochi anni avrebbe proliferato nel mondo una catena interminabile di patti. Nel suo Pax americana lo studioso americano Ronald Steel osserva giustamente che « la NATO è stata la prima delle nostre alleanze coinvolgenti ed è ancora la più importante. Attorno alla NATO costruimmo la nostra diplomazia postbellica di contenimento e di intervento ». Di lì, [...]

[...]erni),
La commissione Harriman aveva già del resto, nel suo rapporto a Truman sugli aiuti, affermato che « gli interessi degli USA in Europa non possono essere valutati semplicemente in termini economici, essi sono anche strategici e politici ». « L'Alleanza atlantica — ha scritto di recente un altro studioso americano — è la componente politicomilitare di una operazione di cui il Piano Marshall è l'ingrediente basilare », « un muro » dietro il quale sarebbero passate molte altre cose. E più chiaramente ancora Claude Julien, autorevole giornalista di Le Monde, nel suo L'empire americain: «L'impegno militare ed economico [degli USA] non è un accidente o un accessorio. Senza di esso la società americana sarebbe stata costretta a una revisione lacerante non solo dei suoi obiettivi e dei suoi mezzi di sussistenza. Fondata sull'impero economico e rafforzata dall'impero militare l'American Way of Life non sopravviverebbe a un ripiegamento nelle proprie frontiere.
Le classi dominanti europee subirono, ma anche accettarono e persino cercaro no t[...]

[...]za; da un lato gli garantivano una impostazione di politica sociale, economica, di esasperata difesa capitalistica dell'ordine costituito, dall'altro lato chiedevano una copertura per questa garanzia. A questa duplice operazione di reciproco sost4gno le classi dominanti europee sacrificarono l'Europa, la sua pace, la sua unità, e con esse l'autonomia, l'indipendenza e la sovranità nazionale. Queste ultime venivano a morire con la NATO, dietro la quale si profilavano i blocchi come « universi politici, economici, militari, culturali, religiosi completi e chiusi ».
aggg11.11Igl.
Segretanato Generale
3
2
Corn. Alleato Sud Europa (Cancswth) Napoli
Consiglio Atlantieo
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Miliare
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Comitato lnfrestautt
Com. Affen
Difese
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[...](numero 1, 1967) si riconosce che « spesso le scelte e gli indirizzi assunti in sede NATO hanno contrastato e contrastano con la prospettiva di distensione, e che l'organizzaatone in quanto tale può costituire un elemento di ritardo sul processo. Ma questo è dovuto non tanto alla influenza di Washington sugli europei, quanto alla egemonia dei militari (americani ed europei) sui civili ». Anche se così fosse, non bisognerebbe chiedersi attraverso quale meccanismo si è potuto arrivare a ciò? Ma non è così. Lo Spettatore coglie una verità parzialissima. All'interno dell'Alleanza non si sono verificati alcuni accidenti ne una dolorosa ma necessaria separazione tra obiettivi politici e militari. L'impronta militare è stata data dalla sua stessa natura, perchè: 1) l'Alleanza voleva essere uno strumento di pressione della potenza americana nei confronti dei paesi socialisti, sulla base della politica äi contenimento; 2) la struttura militare era l'unica che garantisse, grazie al rapporto di forza, un naturale dominio statunitense; 3) la « paura »[...]

[...]italiana.
Il meccanismo è stato reso ancora più evidente dal fatto — non tecnico, ma poli
tico che il comandante
americano della NATO (Saceur) è contemporaneamente comandante di tutte le forze americane in Europa non integrate nella NATO (EUCOM). Se si considera che nell'arsenale della NATO le forze più importanti sono i bombardieri del SAC e la VI flotta americana nel Mediterra neo, e che essi non sono integrati nella NATO, si capisce subito quale sia il reale rapporto di dipendenza dagli USA.
Dobbiamo insistere brevemente su questo punto. Si tratta infatti di un potenziale militare atomico e missilistico dipendente unicamente dal presidente degli Stati Uniti. Esso viene utilizzato come mezzo di pressione sugli stessi alleati, ma soprattutto è la base di pronto intervento americano in ogni parte del. l'occidente e del Medio Oriente (nel 1958, ad esempio, in Libano). Ebbene, la questione è: fino a che punto questo intreccio di poteri coinvolge la NATO, e quindi la trascina automaticamente in conflitti esterni alla sua regione? Ancora. [...]

[...]er íl « coordinamento tra alleati » dell'iniziativa militare (Standing Group, Comitato militare ecc.), siano a poco a poco scomparsi, o giacciono come strumento inutile. L'integrazione militare li ha messi fatalmente a tacere, essendo per sua natura « da una parte uno strumento di indirizzi strategici del tutto autonomi, quelli del Pentagono» scrive il generale Beaufre su Politique étrangère (n. 3, 1965) — « dall'altra lo strumento attraverso il quale si subordinano a quegli indirizzi gli obiettivi e le scelte militari dei governi europei». Appare quindi assai chiaro che l'integrazione militare è il perno su cui gli Stati Uniti hanno stabilito il loro dominio e il loro controllo sulla politica europea.
p. 14 Rinascita n. 19 9 maggio 1969 Dossier NATO


Due strategie
di sterminio
nucleare
Le gravissime implicazioni della teoria di Foster Dulles basata sul sostegno atomico della politica del « rischio calcolato ». Le forze di pace danno scacco alla NATO e la capacità militare del Patto di Varsavia impone la revisione strategi[...]

[...] caratteristiche di quelle crisi e la impossibilità o velleità del « revisionismo » atlantico, converrà vedere più da vicino il prezzo che l'Europa (e il mondo) hanno pagato alla politica atlantica degli Stati Uniti.
Nel 1949, al momento del voto sul Patto Atlantico l'onorevole Ugo La Malf a, con una divinazione di cui possiamo apprezzare tutto l'acume, ebbe a dire: « Oggi sta nascendo l'Europa e l'America non c'entra ». A distanza di vent'anni quale è il bilancio che l'Europa può trarre dalla nascita della NATO e dalla appartenenza a essa dei paesi occidentali? Il prezzo pagato, come si vedrà, è stato altissimo: attraverso la NATO l'Europa è stata l'epicentro della guerra fredda, ha subito una spaccatura profonda dettata dalla logica dei blocchi, ed è pervenuta a una condizione subalterna agli USA sul terreno politico ed economico. Vediamo come.
La questione tedesca è stata e continua a essere il perno di ogni problema concernente la vita dell'Europa. « Dal tipo di sistemazione che sarebbe stato dato al problema tedesco scriveva tempo f[...]

[...]ANO Via F. Baracchini, 10 Tel. 8690641
ROMA Via IV Novembre, 112 Tel. 689891 688233 TORINO Via A. Doria, 7 Tel. 538566
PALERMO Via M. Stabile, 222 Tel. 248027
GENOVA Via Cairoli, 14/3 Tel. 205900
Dossier NATO 9 maggio 1969 n. 19 Rinascita p, 17
Peretrazione
del capitale
no_
Le posizioni degli Stati Uniti nell'economia europea sono tali da condizionare la stessa competitività mondiale dell' industria del vecchio continente. Quale costo ha dovuto pagare l' Europa in conseguenza dell'asservimento alla politica USA
Gli organi civili NATO dipen di Bruxelles
denti dal Consiglio atlantico
Produzione
del missile
Sidewinder .
Oberúhldingen
Produzione
del missile
. Bullpup,,. Oslo
trifrastrilture
elettrOnica
della difesa aerea
(NAOGE). Parigi
Produzlone
dell'aered F 104 G
`âlarfighler .
Coblenza
OleodotIi
Centro Europa.
Versailles
Approvvigionamenl0
e manutenzione
I NAMSO.). Parigi
Produzione
del missile .Hawk,.
RueilMalmaison
/ ALTRI
ORGANI CIVILI DELLA NATO ISTITUITI DAL CONSIGLIO ATLANTICO
Con[...]

[...]le
Sidewinder .
Oberúhldingen
Produzione
del missile
. Bullpup,,. Oslo
trifrastrilture
elettrOnica
della difesa aerea
(NAOGE). Parigi
Produzlone
dell'aered F 104 G
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Centro Europa.
Versailles
Approvvigionamenl0
e manutenzione
I NAMSO.). Parigi
Produzione
del missile .Hawk,.
RueilMalmaison
/ ALTRI
ORGANI CIVILI DELLA NATO ISTITUITI DAL CONSIGLIO ATLANTICO
Conviene a questo punto chiedersi quale sia il reale rapporto, attraverso i mecca nismi politici e militari della NATO, che si è venuto stabilendo tra Europa e USA in questo ventennio, sia sul terreno economico sia su quello degli sviluppi interni a ogni singolo paese europeo.
All'inizio di queste note si osservava lo stretto intreccio che si stabiliva fin dal dopoguerra tra obiettivi militari, politici ed economici. E cib per diverse ragioni. Prima fra tutte, e la più contingente, quella del « mercato militare » europeo, che per il peso assunto dall'industria bellica nel meccanismo produttivo statunitense, diveniva uno dei pilast[...]

[...]o di Stato in Grecia ha sollevato un velo più consistente e ci ha fatto comprendere da un lato, e ancora una volta, la netta subordinazione della NATO agli interessi statunitensi, e dall'altro la
to la sua presenza effettiva
e per molti versi ricattatoria
e condizionante su tutta la vita interna dei paesi della Europa occidentale. Su questo stesso settimanale si scriveva alcune settimane orsono: « Si tratta die vedere (per ogni paese alleato) quale potente gruppo di potere — forse dell'apparato militare, civile e poliziesco dello Stato — sia venuto consolidandosi intorno alla NATO con una sua autonomia di manovra e di iniziativa, e con una tensione di punta nel fare emergere, oramai periodicamente, pericoli autoritari »
Ma a questa domanda bisogna aggiungerne altre riguardanti gli strumenti specifici di cui la NATO dispone per quegli interventi_ Da un lato il tipo di struttura dato agli eserciti degli alleati, dall'altro lato i servizi segreti, e dall'altro ancora i servizi di « difesa civile ». In un recente numero di Notizie NATO (fe[...]

[...] tre saggi » del 1956 al piano Duynster, dalla proposta del direttorio « a tre » avanzata da De Gaulle al piano Harmel, una per una le proposte sono cadute di fronte all'intoccabilità dei dominio statunitense. Nel già citato saggio di Luisa Calogero La Malfa si conviene, con una punta di amarezza, sulla « scarsa disposizione degli USA a cedere parte della loro leadership non solo strategica . ma anche politica in seno alla NATO e quindi a capire quale sia il ruolo dell'Europa nell'Alleanza atlantica ». Le stesse controproposte americane, di cui rimane emblematico il grande disegno kennediano di una
minimo », il quale sarebbe tuttavia largamente sufficiente a distruggere almeno i tre quarti dell'Italia. I cerchi indicano le zone di effetto diretto delle bombe (termico, meccanico, radioattivo); il quadro nero la zona di espansione dell'effetto radioattivo intenso a seguito dell'esplosione
Atlantic partnership, hanno questo segno, chiamando semmai l'Europa occidentale a una integrazione più profonda nel terreno politico e economico.
Adesso, si dice, il quadro sarebbe cambiato molto e vi sarebbe un ripensamento profondo verso l'Europa da parte degli USA. E' vero? E se è vero, in che cosa consiste il mutamen[...]



da Kabaktceff (delegato dei comunisti bulgari e delegato come membro del Comitato della Terza Internazionale) [traduzione dal francese dell'onorevole Misiano], Discorso Kabaktceff in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: fica accettarle; ma significa negarle, avendole meglio comprese (applausi); significa studiare quale deve essere il punto d'insurrezione della nostra leva di resistenza, non già a ritroso, ma lungo la legge inevitabile della storia.
Orbene, o compagni, tutto quel poco che ho scritto sulla guerra l'ho raccolto fino dall'inizio in un volumetto a vostra disposizione. Ne accetto piena ed intera la responsabilità dalla prima all'ultima parola. E vi ricordo una sola cosa: che ho cominciato a scrivere sulla guerra fino dalla fine di agosto del 1914 sull'Avanti ! ed ho sempre mantenuto la stessa posizione. Io ho detto: noi socialisti dobbiamo essere sempre contro la guerra decisamente, ma non dobbi[...]

[...]to di fare alcune dichiarazioni.
Saluto il vostro Congresso a nome del Comitato esecutivo della Terza Internazionale e un particolare saluto vi porto a nome della Federazione dei Partiti comunisti della regione balcanica. La Bulgaria attraverso le prove della guerra e nelle condizioni del dopo guerra, ha messo in prima linea il problema della lotta di classe ed il proletariato bulgaro è tutto concorde sotto la bandiera del Partito comunista, il quale, nelle ultime elezioni, ha potuto affermarsi con una vittoria di 50 deputati e con complessivi voti 200.000.
Esamina, quindi, fuggevolmente le condizioni della Grecia, affermando che la caduta di Venizelos costituisce la bancarotta della politica nazionalista greca, e, per la coordinazione fra la politica greca e la politica internazionale, rappresenta la bancarotta della politica dell'Intesa nei paesi balcanici e nell'Oriente.
Il Partito comunista jugoslavo ha ottenuto nel Parlamento 59 seggi; ma oggi voi sapete come l'Assemblea costituente regni a Belgrado, facendo gli interessi esclusivi[...]

[...]ionale, per la definitiva liberazione del Partito italiano da tutte le tendenze pacifiste e riformiste, ereditate dal periodo pacifica dello sviluppo del capitalismo, e per la costituzione in Partito rivoluzionario del proletariato. Internazionale, perché gli occhi del proletariato del mondo intero sono oggi volti verso l'Italia. I due campi: la borghesia internazionale ed il proletariato internazionale, sanno perfettamente che la parte verso la quale andrà il Partito italiano, farà traboccare per lui la bilancia storica in questo momento. Dopo l'unione delle forze rivoluzionarie del proletariato, in quasi tutti i paesi dell'Europa continentale, in Partiti comunisti, dopo l'unione del Partito comunista con la sinistra del Partito indipendente socialista di Germania e la formazione di un nuovo, potente Partito comunista unificato, dopo la epurazione del Partito francese dai suoi socialpatrioti e la sua adesione all'Internazionale comunista, dopo la scissione della sinistra comunista dal Partita socialdemocratico di CzecoSlovacchia, di Austr[...]

[...]i incontrano nella borghesia un'opposizione ostinata, poiché questa pretende che il rialzo dei prezzi delle materie prime non le consente di aumentare i salari; chiude, perciò, le fabbriche e proclama il lockaut per gli operai. Per schiacciare la lotta del proletariato, la borghesia sabota la produzione. Trascinata sempre dal punto di vista del profitto capitalistico e non da quello della ricostruzione, e dello sviluppo della produzione — per il quale piange sempre lacrime ipocrite — preferisce esportare i suoi capitali, anche le macchine e le fabbriche, privare di lavoro centinaia di migliaia di operai, condannandoli alla fame, insieme con le loro famiglie. Voi sapete assai bene che la borghesia nazionalista italiana ha cominciato ad esportare la ricchezza accumulata durante la guerra con lo sfruttamento del proletariato italiano ed a cercare una seconda patria, in cui i propri profitti sarebbero stati maggiori e piú sicuri. Con questa stessa misura la borghesia italiana peggiora la crisi economica, aggiungendo al caroviveri, la disoccupa[...]

[...]è una conseguenza della guerra imperialista: essa non è soltanto di importanza locale; ha invece importanza e carattere internazionale. È l'inizio della rivoluzione comunista universale; ha aperto la nuova epoca rivoluzionaria nella storia.
La prova piú eloquente del carattere internazionale della rivoluzione russa, è il fatto che essa ha diviso il mondo capitalista in due fronti: uno è il fronte dell'imperialismo e della controrivoluzione, sul quale lottano la borghesia ed i Governi capitalisti; l'altro é il fronte della rivoluzione proletaria universale, sul quale lottano il proletariato e le classi oppresse di tutti i paesi. La crisi generale economica e finanziaria, infiamma maggiormente la lotta rivoluzionaria del proletariato e gli sforzi della , borghesia, per conservare il suo dominio mediante la dittatura ed il terrore con eserciti mercenari e guardie bianche, scatena la guerra civile nel mondo capitalista.
Qual'è il dovere dei Partiti comunisti e dell'Internazionale comunista nella presente epoca rivoluzionaria? Il loro compito è di unificare la lotta rivoluzionaria del proletariato internazionale e dirigerla verso lo scopo supremo: la conquis[...]

[...]lla presente epoca rivoluzionaria? Il loro compito è di unificare la lotta rivoluzionaria del proletariato internazionale e dirigerla verso lo scopo supremo: la conquista del potere politico e l'instaurazione della dittatura proletaria. I Partiti comunisti e la Internazionale comunista, traggono profitto dalle esperienze colossali e preziose della rivoluzione russa. La Russia è il primo, e contemporaneamente è il piú grande paese capitalista nel quale il proletariato si è impadronito del potere statale ed ha stabilito la propria dittatura di classe. In realtà il proletariato russo applica, per la prima volta nella storia, i metodi rivolu
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zionari per la demolizione dello Stato capitalista e per il consolidamento di un nuovo Stato proletario socialista; organizza in pratica la dittatura del proletariato ed ha già incominciata l'organizzazione della costruzione della società comunista. Il proletariato internazionale, non soltanto non pub trascurare l'esperienza della rivoluzione russa, ma trae da essa le piú grandi lezioni. Oltre a ciò i[...]

[...]dell'ufficio di presidenza, vi prego di rimanere tranquilli. Si tratta di ragionare e non di fare del chiasso. Capisco l'esplosione del sentimento, e siamo tutti disposti a riconoscerla giusta, ma è anche necessario che si continuino i nostri lavori poiché altrimenti qui si compirebbe un sabotaggio e non piú una discussione. (Applausi). Prego quindi, in nome di quei principi reciproci di sopportazione, di far continuare in calma la lettura, alla quale sarà possibile ad ogni frazione rispondere esaurientemente. (Approvazioni).
MISIANO (continuando la lettura): Poiché, quale è oggi la differenza fra gli opportunisti ed i comunisti? E precisamente questa: che i primi non riconoscono la situazione rivoluzionaria, non ammettono che le condizioni per una rivoluzione proletaria siano mature, giustificando con questo la loro collaborazione con la borghesia per il ristabilimento ed il consolidamento del regime capitalista scosso, il loro passaggio alla controrivoluzione. Il compagno Serrati, e quanti lo sorreggono, accettando le basi teoriche dell'opportunismo e del riformismo, sono naturalmente costretti ad accettare anche la loro concezione sulle questioni attuali del[...]

[...]dire tutte quante le cose nostre, ma appunto per questo, perché si tratta di un argomento della massima importanza, poiché non si tratta dell'avvenire del Partito — che non è niente o che almeno è poco — ma del proletariato e della rivoluzione italiana, appunto per questo io penso che noi dovremmo essere piú tranquilli, piú sereni nell'esplicazione del mandato che le nostre Sezioni ci hanno affidato.
Il Comitato della Terza Internazionale, alla quale noi siamo aderenti, ha perfettamente il diritto di dire tutta la sua opinione, e se questa opinione può essere offensiva per qualcuno di noi, noi dobbiamo accettare anche l'offesa: ce ne difenderemo dopo. (Applausi). Non abbiate timore, o compagni, non crediate che coloro che voi sentite in certo qual modo diminuiti da apprezzamenti che ritenete errati, non abbiano la capacità e la possibilità di esporre tutta ed intera la loro difesa, anzi, io vi faccio osservare che questa vostra irritazione, queste vostre interruzioni, questo vostro — quasi, almeno in apparenza — tentativo di sabotaggio (e[...]

[...]interruzioni, questo vostro — quasi, almeno in apparenza — tentativo di sabotaggio (e tale potrebbe parere a chi non conosce le nostre discussioni, a chi non sa come noi poco rispettiamo tutte le autorità, come siamo per eccellenza individualisti ed anarchici di temperamento), queste interruzioni potrebbero far credere che noi non abbiamo argomenti da opporre agli argomenti che questa relazione porta. Tali argomenti sono svolti in una forma alla quale non siamo abitua
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ti, ma dobbiamo abituarci un poco alla forma internazionalistica, dobbiamo abituarci a sentire i compagni nostri degli altri paesi. Siamo abituati ad una forma piú cortese, piú molle, piú aleatoria. D'altra parte invece, altri è abituato ad una forma rude. Accettiamo anche la forma rude: risponderemo con la nostra forma e dimostreremo di avere ragione.
Per queste ragioni, mi unisco completamente alla raccomandazione fatta dal compagno Kabaktceff ed a quella fatta dalla Presidenza del Congresso, acciocché questa nostra adunanza continui ad essere serena, pacifica, tra[...]

[...]n regime feudale, dei grandi proprietari feudali. Ma questi paesi, benché ancora all'inizio del capitalismo, si sviluppano già per l'influenza delle leggi economiche del capitalismo: essi si sono trasformati in colonie degli Stati imperialisti. La lotta contro il dominio imperialista straniero è di una immensa importanza per la lotta per la liberazione del proletariato internazionale. Lo sfruttamento dei popoli coloniali è l'ultima sorgente alla quale il capitalismo attinge forza, e con la quale la borghesia sostiene ancora il suo dominio. La liberazione delle colonie significherebbe il crack del piú potente capitalismo, del capitalismo inglese. Il proletariato internazionale che lotta per la sua emancipazione, commetterebbe un delitto verso la propria classe e verso i popoli oppressi che lottano per l'emancipazione nazionale, se non tendesse a questi popoli la sua mano fraterna. L'unione fra il proletariato rivoluzionario ed i popoli oppressi che insorgono e fanno la rivoluzione e la guerra contro l'imperialismo, è una necessità per la vittoria della rivoluzione comunista universale[...]

[...]ndacale. I dirigenti della C.G.d.L. dilazionano la convocazione del Congresso sindacale da sette anni, perché sanno bene che le masse operaie sono contro di essi. Oggi questi dirigenti sono d'accordo con l'Internazionale sindacale gialla di Amsterdam (interruzioni, rumori), e il compagno Serrati, non soltanto non si sente indignato e non protesta contra questo fatto, ma egli trova un'intesa cordiale con D'Aragona e compagni. Vedete, compagni, in quale situazione é posto oggi il proletariato italiano in conseguenza di questa politica dei riformisti e dei semi riformisti. Il proletariato italiano è il fautore piú risoluto e caloroso della rivoluzione russa, ed ha fatto del programma di questa rivoluzione, la sua bandiera. Il Partita socialista italiano, appartiene alla Internazionale comunista rossa di Mosca, ma contemporaneamente il proletariato italiano, a cagione della C.G.d.L. appartiene alla Internazionale sindacale gialla di Amsterdam. E impossibile continuare a sopportare ancora una situazione simile nel Partito italiano. L'Internazio[...]

[...]rà lavorare per la scissione della C.G.d.L. dall'Internazionale di Amsterdam e per la sua adesione alla Internazionale sindacale rossa di Mosca.
Nei paesi balcanici — Bulgaria, Jugoslavia, Grecia e Rumania — le Unioni sindacali si sono affiliate alla Internazionale sindacale di Mosca, durante la conferenza interbalcanica tenuta il 3 ed il 4 di novembre 1920. Davanti al Partito italiano, si aprono due vie: l'una per Amsterdam, l'altra per Mosca. Quale di queste due vie sceglierete?
Voci da vari punti della sala: Mosca ! Mosca !
MisIANO: I riformisti ed i semi riformisti vi indicano la via di Amsterdam; l'Internazionale comunista vi chiama a prendere ed a camminare coraggiosamente sulla via di Mosca. E il C.E. dell'I.C. è pro
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fondamente convinto che voi sceglierete e camminerete sulla via di Mosca.
È dunque perfettamente chiaro che i riformisti dichiarati, con Turati alla testa, come pure i semi riformisti chiamati « comunisti unitari » che vanno con Serrati, sono in contraddizione ed in opposizione di principi con l'I.C.; sono cont[...]

[...]arte nei Governi capitalistici, sono passati apertamente nel campo dei controrivoluzionari ed hanno sparso il sangue di migliaia di operai per schiacciare la rivoluzione comunista (Scheidemann e Noske in Germania, Pastukoff e Sasikoff in Bulgaria), i riformisti ed i socialpatrioti si sono smascherati completamente. Le masse proletarie già li abbandonano. La prova piú eloquente di questo fatto sta nel fallimento della Seconda Internazionale, alla quale essi aderivano. Ma oggi i nemici piú pericolosi della rivoluzione proletaria sono i centristi perché essi, mentre a parole si dichiarano nemici dei riformisti, di fatto ne continuano la politica. Prendete ad esempio ció che hanno fatto i centristi in Germania dopo la rivoluzione del novembre 1918. Nel momenta piú decisivo, quando davanti al proletariato tedesco era aperta la via di una piú stretta alleanza colla rivoluzione proletaria russa, colla Russia sovietista, una alleanza che avrebbe consolidato definitivamente la rivoluzione proletaria russa, una alleanza che avrebbe risparmiato molte[...]

[...]e fabbriche e dei campi?
I comunisti unitari ed i centristi si sono dimostrati incapaci di comprendere l'attuale periodo rivoluzionario e di elevarsi all'altezza dei grandi doveri storici della rivoluzione proletaria mondiale. È il loro difetto, è la loro debolezza, è la disgrazia loro. Essi, al pari dei riformisti, sono rimasti prigionieri della ideologia propria di quel periodo dei movimento rivoluzionario internazionale proletario durante il quale è nato e si è sviluppato l'opportunismo. È noto che Marx ed Engels hanno posto le basi del socialismo scientifico e rivoluzionario nel periodo che corre dal 1848 al 1871, periodo di rivoluzione e di guerra. Le armi teoriche e tattiche del proletariato rivoluzionario internazionale sono state temprate nel fuoco delle lotte rivoluzionarie. Ma dopo lo schiacciamento della Comune di Parigi, è cominciato un periodo relativamente tranquillo di sviluppo del capitalismo, senza guerre e senza rivoluzioni, nella crescente prosperità dell'industria. La generazione dei militanti socialdemocratici, la qua[...]

[...] corre dal 1848 al 1871, periodo di rivoluzione e di guerra. Le armi teoriche e tattiche del proletariato rivoluzionario internazionale sono state temprate nel fuoco delle lotte rivoluzionarie. Ma dopo lo schiacciamento della Comune di Parigi, è cominciato un periodo relativamente tranquillo di sviluppo del capitalismo, senza guerre e senza rivoluzioni, nella crescente prosperità dell'industria. La generazione dei militanti socialdemocratici, la quale è stata educata durante questo periodo, mentre il movimento proletario si limitava alla azione parlamentare e legale, ha aperto le porte del socialismo all'opportunismo, di cui sono usciti dal suo seno gli apostoli. Nelle loro mani l'Internazionale ha cessato di essere l'organizzazione di lotta della classe per l'emancipazione proletaria e nel momento decisivo, nel 1914, è passata apertamente nel campo della borghesia.
L'imperialismo e la guerra imperialistica hanno aperto un'epoca nuova di battaglie e di rivoluzioni. Nonostante il tradimento della 2'
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Internazionale, una parte del prole[...]

[...]si non si correggono e non dimostrano di essere capaci di comprendere i doveri della rivoluzione. L'Internazionale comunista vi chiede di correggere i vostri errori e le vostre manchevolezze e di raccogliervi con coraggio e dignità sotto il suo stendardo rivoluzionario spiegato.
L'Italia si trova in una crisi rivoluzionaria permanente. Dopo la guerra, durante l'estate del 1919, è cominciato il movimento di masse contro il rincaro dei viveri, il quale in molte località é giunto fino alla creazione dei Consigli di operai e delle guardie rosse. Da allora gli scioperi e le insurrezioni operaie parziali sono diventate sempre piú numerose e violente. Ma questi episodi di lotta rivoluzionaria non si sono organicamente unificati in una lotta rivoluzionaria comune, coscientemente diretta verso la conquista del potere politico e verso la instaurazione della dittatura proletaria: sono rimasti sporadici e separati, privi di un piano e di una direzione comune. La borghesia ed il Governo approfittano di questa debolezza del movimento rivoluzionario per[...]

[...]llo di liberarsi dagli opportunisti. Questo dovere deve essere compiuto anche dal Partita italiano. Come condizione preliminare per la sua origine ed il suo sviluppo, il Congresso deve accettare le decisioni del 2° Congresso dell'Internazionale comunista ed escludere i riformisti dal Partito. I comunisti unitari, cioè i centristi, hanno libertà di scegliere una di queste due vie: o accettare questa deliberazione dell'Internazionale comunista, la quale è contenuta nella mozione proposta dalla frazione comunista, o uscire dall'Internazionale comunista insieme ai riformisti. (Applausi).
Noi siamo convinti che la grande maggioranza del proletariato italiano andrà coll'Internazionale comunista e non coi riformisti. Noi vogliamo credere, altre a ciò, che parecchi di coloro che finora sono stati dubbiosi si decideranno infine a prendere una posizione netta schierandosi decisamente sotto la bandiera dell'Internazionale comunista che è pure la bandiera della rivoluzione proletaria russa. Non v'è piú tempo per le esitazioni. Ognuno deve scegliere i[...]

[...]enze terribili. Ancora oggi, quantunque la situazione sia considerevolmente migliorata, esso è esposto a privazioni ed a sofferenze. Ma io vi chiedo: forse che la condizione delle masse operaie nei paesi del mondo capitalistico, esposte al continuo aumento del prezzo della vita, all'aumento delle imposte indirette ed alla disoccupazione sempre piú crescente, è migliore? Ma io vi domando ancora: forse che il pericolo di una tirannide borghese, la quale rende inevitabile una nuova guerra imperialistica ancora piú disastrosa e che minaccia di ricacciare il proletariato in una condizione ancora piú terribile di sfruttamento e di oppressione, in una schiavitú piú dura, nella degenerazione e nella morte, forse che questi pericoli sono inferiori ai pericoli ed alle vittime che il proletariato dovrebbe affrontare nella rivoluzione? (Applausi).
Mille volte no. Le vittime che gli operai ed i contadini russi hanno dato, durante tre anni di rivoluzione e di guerra civile, sono centinaia di volte meno numerose di quelle che essi hanno dato durante tre[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] S. G. Graziano, Alcune considerazioni intorno all'umanesimo di Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]one del. marxismoleninismo alla realtà italiana, particolare importanza, nell'attualità di certi problemi, assume la concezione della filosofia della prassi come umanesimo assoluto. Qui si vuol dire: importanza non di una definizione, ma di una concezione coerentemente sviluppata sul piano teorico, come sintesi e come elementi di sintesi, e concretamente inserita e connessa in una realtà storica nazionale: importanza della maniera. attraverso la quale si afferma l'umanesimo di Gramsci: sia come umanesimo assoluto che si risolve nello storicismo assoluto della filosofia della prassi, risultato di tutta la storia precedente; sia come concezione che,. inserita nella storia della società e della cultura italiana, si apre in una. prospettiva concreta e operante. Come concezione che, compenetrata nella realtà, assume significato preciso di fronte ai problemi e agli avvenimenti attuali: prendendo posizione, negando o affermando, difendendo l'importanza della persona umana. Come concezione che non può essere separata dalla particolare azione stori[...]

[...]Come pure non si può parlare di umanesimo senza affrontare alcuni problemi che specie entro il campo del pensiero marxista assumono particolare importanza.
In che senso la filosofia della prassi di Gramsci assume la dimensione di autonoma concezione del mondo: di fronte al pensiero precedente, alle componenti storiche del marxismo stesso e alle formulazioni che esso ha avuto? e con quali nessi con le altre sovrastrutture e con la struttura? con quale connessione con l'azione?
ovvio che marginali annotazioni non possono non rivelarsi inadeguate di fronte a questi interrogativi — e alla molteplicità di questioni che vengono a porre — e non considerarsi tali esse stesse: utili, semmai, per un avvio all'esame e alla ricerca.
1 Mach., p. 8.
2 Mach., p. 200.
Salvatore Giacomo Graziano 151
Per Gramsci, che il marxismo si sviluppi come « struttura di pensiero completamente autonoma e indipendente », è condizione necessaria alla sua natura di teoria « rivoluzionaria » che si può affermare come tale nella misura in cui è « elemento di separaz[...]

[...]ziano 151
Per Gramsci, che il marxismo si sviluppi come « struttura di pensiero completamente autonoma e indipendente », è condizione necessaria alla sua natura di teoria « rivoluzionaria » che si può affermare come tale nella misura in cui è « elemento di separazione e distinzione consapevole dal vecchio mondo » e capacità di esercitare la propria egemonia sulla cultura tradizionale. Operante autonomia che è criterio della stessa ortodossia la quale « non deve essere ricercata in questo o quello dei seguaci della filosofia della prassi, in questa o quella tendenza legata a correnti estranee alla dottrina originale, ma nel concetto fondamentale che la filosofia della prassi " basta a se stessa ", contiene in sé tutti gli elementi fondamentali per costruire una totale ed integrale concezione del mondo, una totale filosofia e teoria delle scienze naturali, non solo, ma anche per vivificare una integrale organizzazione pratica della società, cioè per diventare una totale, integrale civiltà » 1.
L'originalità di contenuto e di metodo della f[...]

[...]lo si affermano nella « filosofia della prassi ... concepita come filosofia integrale e originale che inizia una nuova fase nella storia e nello sviluppo mondiale del pensiero in quanto supera (e superando ne include in sé gli elementi vitali) sia l'idealismo che il materialismo tradizionali delle vecchie società. Se la filosofia della prassi non è pensata che subordinatamente a un'altra filosofia, non si può concepire la nuova dialettica, nella quale appunto quel superamento si effettua e si esprime » 1. La radice di tutti gli errori di fondo nel Manuale di Bukharin viene indicata con grande chiarezza da Gramsci nella pretesa di distinguere il materialismo storico dalla filosofia generale e di considerarlo puramente « sociologia » .
Il reale superamento critico e concreto di tutte le filosofie precedenti, di ogni metafisica e di ogni forma di pensiero speculativo, sotto qualsiasi guisa si presentino, è rappresentato dalla filosofia della prassi che nella nuova sintesi con cui si costituisce e in cui la storia stessa converge, si pone « c[...]

[...]i la storia stessa converge, si pone « come espressione necessaria e inscindibile di una determinata azione storica, di una determinata prassi » 2, came consapevolezza delle contraddizioni ed elemento stesso della contraddizione elevata « a principio di conoscenza e quindi di azione » 3, come momento storico che si identifica con la storia, senza « cadere nello scetticismo e nel relativismo morale e ideologico » 4. Questione, quest'ultima, sulla quale sovente Gramsci ritorna, nei diversi aspetti nei quali si presenta, perché respingere l'obiezione che il marxismo possa esprimersi soltanto came storiografia è necessario sia per dare validità al metodo generale stesso, sia perché questo possa costituirsi come filosofia concreta dal punto di vista della dialettica reale: se « la filosofia della prassi si realizza nello studio concreto della storia passata e nell'attività attuale di creazione di nuova storia », la possibilità di teorizzare i concetti permette di non cadere « in una nuova forma di nominalismo » 5. Il mar
1 M. S., p. 132.
2 M.[...]

[...]26.
Salvatore Giacomo Graziano 153
xismo è autonoma e integrale concezione del mondo come coscienza concreta della storia, del divenire dialettico, come « scienza della dialettica o gnoseologia, in cui i concetti generali di storia, di politica, di economia si annodano in unità organica » '. « La filosofia della prassi è lo " storicismo " assoluto, la mondanizzazione e terrestrità assoluta del pensiero, un umanesimo assoluto della storia » 2.
Quale rapporto implica l'umanesimo totale di Gramsci con la componente naturalistica del marxismo? Non si tratterà tanto di rilevare, con una considerazione piú facilmente immediata, il rivolgersi preminente del pensiero di Gramsci aile scienze umanistiche e storiche — a quelle cioè che, come scrive Gramsci in una nota 3, « si riferiscono all'attività storica dell'uomo, al suo intervento attivo nel processo vitale dell'universo » — quanto di definire il significato che, in esso, queste assumono rispetto alle scienze naturali, o piú esattamente, quanto le prime si estendono dialetticamente nelle alt[...]

[...]ile scienze umanistiche e storiche — a quelle cioè che, come scrive Gramsci in una nota 3, « si riferiscono all'attività storica dell'uomo, al suo intervento attivo nel processo vitale dell'universo » — quanto di definire il significato che, in esso, queste assumono rispetto alle scienze naturali, o piú esattamente, quanto le prime si estendono dialetticamente nelle altre nella considerazione del rapporto uomonatura. Si tratterà di esaminare con quale nesso viene considerato quell'« intervento attivo » dell'uomo nel « processo vitale dell'universo », alla luce di uno storicismo integrale, e del significato che viene ad assumere l'attività dell'uomo storicamente e dialetticamente « creatrice di tutti i valori, anche scientifici » 4. Nell'attività praticasperimentale dello scienziato, Gramsci indica « il primo modello di mediazione dialettica tra l'uomo e la natura », cioè di un rapporto attivo in cui l'uomo attraverso la tecnologia conosce e domina la natura: nell'unità di teoria e pratica. Nel quale nesso storicodialettico si risolve la co[...]

[...]la luce di uno storicismo integrale, e del significato che viene ad assumere l'attività dell'uomo storicamente e dialetticamente « creatrice di tutti i valori, anche scientifici » 4. Nell'attività praticasperimentale dello scienziato, Gramsci indica « il primo modello di mediazione dialettica tra l'uomo e la natura », cioè di un rapporto attivo in cui l'uomo attraverso la tecnologia conosce e domina la natura: nell'unità di teoria e pratica. Nel quale nesso storicodialettico si risolve la conoscenza critica del mondo esterno e l'oggettività. Oggettività che non pub essere affermata, senza cadere in un tradizionale realismo, in una qualità extrastorica ed extraumana: « noi conosciamo la realtà solo in rapporto all'uomo e siccome l'uomo è divenire storico, anche la conoscenza e la realtà sono un divenire, anche l'oggettività è un divenire » 5. La storia umana « deve concepirsi anche come storia della natura » 6 e la scienza della natura deve
1 M. S., p. 129.
2 M. S., p. 159.
3 P., p. 183.
4 M. S., p. 55.
5 M. S., p. 143.
6 M. S., p. 14[...]

[...]i parziali, ideologicamente riflettenti le contraddizioni delle società, significa lottare per l'unificazione del genere umano, cioè per l'eliminazione delle particolari contraddizioni interne.
Gramsci rivolge una costante critica verso la concezione fatalistica e meccanicistica del marxismo, concezione in cui « le forze umane sono considerate come passive e non consapevoli, come un elemento non dissimile dalle case materiali » 1. Critica dalla quale non è assente una coerente valutazione storicistica. Il marxismo nella sua lotta contro i residui del mondo capitalistico, nella sua azione di penetrazione nelle masse popolari ha dovuto allearsi con tendenze estranee. Come anche, in altre condizioni, il determinismo rispecchia una condizione subalterna: « aroma ideologico », il suo valore consiste nell'essere una ripiegata e contraddittoria forma di fiducia, di resistenza morale, di « perseveranza paziente e ostinata » di certi strati sociali, manifestando, in tal modo, che in questo « fatalismo appassionato » pur sempre esiste realmente « u[...]

[...]Gramsci critica la concezione fatalistica anche su questo piano in quanto in essa l'agire dell'uomo è giustificato dall'ambiente dato e ogni singola responsabilità viene dispersa « in una astratta e irreperibile responsabilità sociale» 4. La funzione educatrice è centrale in una concreta concezione dell'uomo. Gramsci scrive: « Se... l'individuo per cambiare, ha bisogno che tutta la società si sia cambiata prima di lui, meccanicamente, per chissà quale forza extraumana, nessun cambiamento avverrebbe mai. La storia invece è una continua lotta di individui e di gruppi per cambiare ciò che esiste in ogni momento dato, ma perché la lotta sia efficiente questi individui e gruppi dovranno sentirsi superiori all'esistente, educatori della società... » 5.
Il continuo richiamo critico di Gramsci contro le velleitarie astrattezze, con una coerenza nella sua vita che colpisce, è umanistica affermazione della ragione e dell'attività concreta. Ragione non come funzione astratta e volontà come negazione del velleitarismo. « Occorre... violentemente atti[...]

[...]soluzioni, ma suscitare nel contempo il consenso attivo delle moltitudini rese ideologicamente omogenee. Il concetto della funzione egemonica si configura nel carattere nazionalepopolare necessario alla coesione ideologica delle masse attive le quali rendono una concezione del mondo realmente operante. L'antinomia tra concezione coerente e omogenea delle classi dirigenti tradizio nali e concezione disgregata e incoerente delle moltitudini, sulla quale
1 M. S., p. 5.
2 M. S., p. 131.
3 M. S., p. 9.
r
160 I documenti del convegno
la prima esercita un'egemonia esterna, è una situazione storica che una nuova cultura e una nuova filosofia devono superare, rendendo appunto il « senso comune » consapevole e rinnovato. E qui, nella affermazione di una necessaria unità tra intellettuali e masse, si ritrova il valore dell'unità tra teoria e pratica, come consapevolezza della dialettica tra l'elaborazione critica e coerente di principi e i problemi posti dall'attività pratica delle masse. Una nuova cultura si « realizza » come guida nell'attivi[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] G. Trevisani, Gramsci e il teatro italiano in Studi gramsciani

Brano: [...] al teatro italiano dal 1916 al 1920 fu di importanza notevole, non tanto, crediamo, per la validità critica, pur notevole, delle singole recensioni — quelle note che nascono nelle ore piccole della notte, da una frettolosa fusione fra critica e cronaca — quanto per la visione completa che, in quelle recensioni ed in vari articoli, egli mostrò di avere del fenomeno teatrale, considerato sia sotto l'aspetto artistico, sia sotto quello economico.
Quale era la particolare fisionomia del teatro europeo e, in ispecie, del teatro italiano, in quel periodo che va dalla fase drammatica culminante della guerra all'inizio della parabola rivoluzionaria discendente del dopoguerra?
288 I documenti del convegno
È importante, a questo proposito, uno scorcio che ritrovo in uno scritto di Alvaro: « A vederlo di lontano, il teatro borghese di quel tempo è dominato da un'inquietudine pratica basata sul ruolo del danaro e delle conquiste materiali; della posizione, dell'arrivare; lo si confronti col mondo di Ibsen, che è il padre di quasi tutto il repertor[...]

[...]izione, dell'arrivare; lo si confronti col mondo di Ibsen, che è il padre di quasi tutto il repertorio europeo dei primi anni del Novecento, mondo della borghesia ascendente, per avere i1 quadro in tutta la sua meschinità. In Ibsen è l'individuo che lotta per conquistarsi e raggiungersi, conquistare la propria individualità e la massima espressione di se stesso, la propria moralità, che furono caratteri splendenti della borghesia al suo sorgere, quale Ibsen la trovò. Negli epigoni, quelle inquietudini si stemperano in fastidi e appetiti, la conquista interiore della piena espressione individuale diventa avidità di conquiste di segni esteriori. Basta osservare la differenza che passa fra l'ibseniano Solners e il Sansone di Bernstein, fra Edda Gabler e la Marcia nuziale. A questo punto la borghesia, come classe, è incapace di sostenere ormai la parte che s'era assunta e che aveva assolto. Il dramma, come ogni altra forma di letteratura, si frantumava ai medesimi scogli; non è piú che questione di appetiti e di indigestioni ».
In quel tempo,[...]

[...]etese introspettive. « L'intrigo è ordito per lumeggiare le sublimi facoltà d'intuizione critica di un poliziotto dilettante dello spirito, ovverossia della psiche umana » . L'originalità degli aspiranti rinnovatori non nasce dalla fantasia ma dall'artificio. $, infatti, dice Gramsci, recensendo L'uccello del paradiso di Cavacchioli, « una fantasia legnosamente arida, che scoppietta e frigge per una goccetta d'olio rovesciata dalla lucerna, alla quale si compulsarono gli articoli sulla filosofia delle dame. Una fantasia matematica, una fantasia di ingegneri che sanno il fatto loro, una fantasia da curiosi di sapere come la fantasia era fatta, i quali pertanto l'hanno recisa per notomizzarla
e veder com'era fatta ». Non è originalità, quindi, ma solo bizzarria; la quale è solo un sottoprodotto della originalità. E l'involucro della bizzarria avvolgerà o il vuoto o della vecchia merce scadente. Il primo è, per esempio, il caso del pur quotatissimo Rosso di San Secondo, ii cui ingegno, dice Gramsci, gli permette con Marionette, che passione! di « portare sui teatro la formula famosa: per fare un cannone si prende un buco e lo si avvolge di bronzo: egli prende il vuoto, lo avvolge di parole ». Siamo costretti, oggi, a controllare l'esattezza di questo giudizio tutte le volte che assistiamo a riesumazioni di Rosso. Il secondo caso riguarda la innumerevole produz[...]

[...] teatrale italiano che il Pirandello ha rappresentato ed ha contribuito a determinare».
Il capolavoro del periodo precedente ai Sei personaggi, è, indubbiamente, Liolà, che egli giudica « una delle piú belle commedie moderne » : il contadino siciliano in cui Gramsci vede « l'uomo della vita pagana, pieno di robustezza morale e fisica, perché uomo, perché se stesso, semplice umanità vigorosa », « efflorescenza di paganesimo naturalistico, per il quale la vita, tutta la vita è bella, il lavoro è un'opera lieta, e la fecondità irresistibile prorompe da tutta la materia organica », l'opera che non po
Giulio Trevisani 293
teva non ferire profondamente la mentalità cattolica; e Gramsci ricorderà piú tardi le chiassate degli studenti clericali torinesi alla prima di Liolà, quando — nei tempi dell'accanimento della Civiltà cattolica e dei critici teatrali cattolici contro Pirandello — osserverà che, in effetti, il grande scrittore siciliano si stacca dal verismo borghese e piccoloborghese del teatro tradizionale perché la concezione umanitaria [...]

[...]a persona. Ma nel tempo stesso la sua parola ammonitrice sembra precorrere quelli che un giorno saranno i non rari arbitrii registici; e scrive: « Ogni urto brutale con tutto ciò che è convenzione, mezzo, costrizione violenta, adattamento alle esigenze dell'ora e delle possibilità interpretative, produce squarci dolorosi, mortificazioni umilianti. L'arbitrio direttoriale che toglie e riduce non può non essere sacrilego. L'opera deve rimanere tal quale è sgorgata, vibrante e palpitante di vita, dalla fantasia dell'autore. Ogni parola ha una ragione, ogni atteggiamento fisico e spirituale deriva necessariamente da una personalità che è stata concepita in quel dato modo e in nessun altro ».
Nella larga letteratura, comunque siano definiti i suoi testi, di inse
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gnamento per gli attori, da Diderot a Jouvet, Gramsci innesta elementi notevoli.
Il definir grande un attore, egli dice, « vorrebbe dire stabilire una scala di valori, ricorrere a dei confronti, classificare. E invece l'artista non è grande o piccolo: è o non è [...]

[...]ettacoli di varietà, operette, vaudevilles si sono allargati, hanno preso posto in tutti i teatri di prosa. Sotto il titolo « L'industria teatrale », il 28 aprile 1917, Gramsci scrive: « Torino è diventata una fiera, Barnum è diventato il dio tutelare della attività estetica e del gusto dei torinesi. Barnum o il consorzio teatrale: Barnum o il trust dei fratelli Chiarella ».
Qui Gramsci denunzia lo spirito animatore dell'industria teatrale, tal quale esso si rivelava allora di fronte al caffèconcerto (e tal quale si rivela oggi di fronte alla rivista): « lo spirito dell'accumulatore di quattrini, cieco, sordo, insensibile a tutto ciò che non sia cespite di guadagno. Se domani sarà provato che è piú che conveniente adibire i teatri a rivendita delle noccioline americane e dei rinfreschi ghiacciati, l'industria teatrale non esiterà un istante a farsi rivenditrice di noccioline e di ghiacciate, pur mantenendo nella ditta l'aggettivo " teatrale " ».
Dei danni che certamente deriveranno, e già cominciano a derivare, al teatro drammatico, l'industria teatrale, osserva Gramsci, non si preoccupa poiché, a ca[...]

[...]e tanto piú impediscono oggi — in una situazione nuova ma analoga — quella libertà del teatro che è condizione assoluta per la sua esistenza.
Quanto ai patti, salvo alcune clausole addirittura leonine da tempo
Giulio Trevisani 301
superate, essi sono oggi ancora, sostanzialmente, quegli stessi del contratto tipo preparato a quel tempo dal trust degli esercenti e che costituiscono l'impalcatura della struttura economica del teatro italiano; il quale ha una delle sue principali cause di rovina nel regime contrattuale fra teatri e compagnie, fondato su due predisposti scompartimenti stagni dell'utile; che non va diviso, volta per volta, fra teatro e compagnia in ragione della loro partecipazione al costo del prodotto spettacolo, ma secondo una proporzione fissa fra teatro e compagnia, che mette, in ogni caso, il teatro al sicuro dei rischi, e tutti li addossa alla compagnia. La quale si difende attuando il criterio del minor rischio e del minor costo possibili: periodi sempre piú brevi, complessi sempre minori, occasionalità, provvisorietà sempre maggiori, e sempre maggiore decadenza artistica: fondamentale causa ed immediato effetto, questa, della crisi del teatro.
Quanto alle ingerenze, e cioè alle possibili limitazioni della libertà del capocomico nella formazione delle compagnie, ingerenze di cui Gramsci vedeva il pericolo nel rapporto di forze fra i due contraenti, basti pensare come esse si siano allargate ed approfondite, e come da eventuale pericolo siano diventa[...]

[...] maggiore decadenza artistica: fondamentale causa ed immediato effetto, questa, della crisi del teatro.
Quanto alle ingerenze, e cioè alle possibili limitazioni della libertà del capocomico nella formazione delle compagnie, ingerenze di cui Gramsci vedeva il pericolo nel rapporto di forze fra i due contraenti, basti pensare come esse si siano allargate ed approfondite, e come da eventuale pericolo siano diventate danno costante in un regime nel quale, dal 1936 ad oggi, la sovvenzione ministeriale è condizione di vita della compagnia.
Quanto, in definitiva, alla scelta del repertorio (per la quale l'ingerenza degli esercenti era solo potenziale nel momento in cui Gramsci scriveva, e che diventò reale due anni dopo, quando al trust degli esercenti fu abbinata la « Sitedrama », società accaparratrice di repertorio nazionale e straniero) l'ingerenza ministeriale ha, come è noto, sotto il governo fascista e quello democristiano, raggiunto il piú alto grado, rappresentando essa la ragione basilare del regime delle sovvenzioni, predisposto appunto in modo da soffocare ogni libertà del teatro. La censura fa il resto, sopprimendo tutto quello che al sovvenzionatore sia sfuggito di sopprimere. [...]



da [Le relazioni] E. Garin, Gramsci nella cultura italiana in Studi gramsciani

Brano: [...]lità e viene limitata dalla teoria successivamente studiata finché non si stabilisce un equilibrio critico e si studia con profondità senza però arrendersi subito al fascino del sistema o delTautore studiato. Questa serie di osservazioni valgono

tanto più quanto più il pensatore dato è piuttosto irruento, di carattere

1 M. S.} p. 76.396

Le relazioni

polemico e manca dello spirito di sistema, quando si tratta di una personalità nella quale l’attività teorica e quella pratica sono indissolubilmente intrecciate, di un intelletto in continua creazione e in perpetuo movimento, che sente vigorosamente l’autocritica nel modo più spietato e conseguente ».

Gramsci — è noto — si riferiva a un eventuale studio su Marx: eppure ai nostri orecchi suonano indicativi proprio per uno studio sulla sua opera i suoi avvertimenti : distinguere fra scritti compiuti e pubblicati, e scritti postumi; fra lavori conclusi i(« Un’opera non può mai essere identificata col materiale bruto raccolto per la sua compilazione : la scelta definitiva, la dispo[...]

[...] Che Gramsci si rendesse conto del pericolo insito in essa, risulta chiaro. Come è altrettanto evidente che non gli sfuggivano le insidie deH’isolamento del carcere, che, se poteva rendere in certo modo « essenziale » la sua riflessione, rischiava anche di impoverirla. « La prigione — scrive nel ’32 a proposito di un saggio su Carlo Bini — è una lima cosi sottile, che distrugge completamente il pensiero, oppure ifa come quel mastro artigiano, al quale era stato consegnato un bel tronco di legno d’olivo stagionato per fare una statua di san Pietro, e taglia di qua, taglia di là, correggi, abbozza, fini col ricavare un manico di lesina » 2. Sono righe di una consapevolezza crudele, che vien fatto di mettere a fronte al program
1 11 grido del popolo di Torino, 20111915: «il Serra ha dato una lezione di umanità : in ciò egli ha veramente continuato Francesco De Sanctis, il più grande critico che l’Europa abbia mai avuto... Ora non possiamo aspettarci più nulla da Renato Serra. La guerra l’ha maciullato, la guerra della quale egli aveva scritt[...]

[...]à, correggi, abbozza, fini col ricavare un manico di lesina » 2. Sono righe di una consapevolezza crudele, che vien fatto di mettere a fronte al program
1 11 grido del popolo di Torino, 20111915: «il Serra ha dato una lezione di umanità : in ciò egli ha veramente continuato Francesco De Sanctis, il più grande critico che l’Europa abbia mai avuto... Ora non possiamo aspettarci più nulla da Renato Serra. La guerra l’ha maciullato, la guerra della quale egli aveva scritto con parole cosi pure, con concetti cosi ricchi di visioni nuove e di sensazioni nuove. Una nuova umanità vibrava in lui; era l’uomo nuovo dei nostri tempi, che tanto ancora avrebbe potuto dirci ed insegnarci. Ma la sua luce s’è spenta e noi non vediamo ancora chi per noi potrà sostituirla... ». Ne La città futura, ove pure riporta un lungo testo di Salvemini sul concetto di cultura, nel riprodurre anche un testo di Croce* Gramsci lo chiama « il più grande pensatore d’Europa in questo momento ». E più oltre (« Margini » 6), a proposito del « socialismo scientifico » di Claud[...]

[...] lo portò a leggere, o a rileggere con occhi resi diversi da eventi decisivi, le pagine medesime di Marx3. Ma in tale prospettiva, e nel modo d’intendere il filosofo

1 L., p. 137 (sulla «frammentarietà», pref. a M. S., pp. XIXXX).

2 M. S., pp. 2334.

3 Sono da rileggere gli articoli del ’18, quali «La critica critica» (Il grido del popolo, 12 gennaio 1918): «la nuova generazione pare voglia ritornare alla genuina dottrina di Marx, per la quale l’uomo e la realtà, lo strumento di lavoro e la volontà non sono dissaldati, ma si identificano nell’io storico. Credono pertanto che i canoni del materialismo storico valgano solo post jactum,Eugenio Garin

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« individuale », andrà ricollocata tutta la sua impostazione delle vicende degli intellettuali italiani : tutta la sua storia della filosofia, della cultura; anzi, a un certo punto, tutta la storia italiana cercata nel concreto degli individui pensanti e operanti, pensanti in quanto operanti, e capaci di rendersi conto, e di rendere conto in precise proposizioni teoriche volte a[...]

[...] noi possiamo spesso considerare con occhio distaccato non poche impostazioni e valutazioni che ancor ieri sembravano dominanti; se, a un certo punto, anche i famosi « conti con Croce » si possono supporre un capitolo chiuso della storia dèlia nostra cultura — ma non so, per ora, quanto sarebbe serio il farlo — non dovremmo dimenticare il contributo singolare che all’esaurimento dall’interno di tante tesi ha dato proprio l’analisi gramsciana, la quale, sottolineando con singolare energia la solidarietà di certi ideali e di certe visioni con una situazione, ha aperto la strada ad altre scelte e ad altre possibilità. E come sul terreno dottrinale a un certo Hegel, a un certo Marx, a un certo Labriola er magari, a un certo Machiavelli, oppose un’altra possibilità interpretativa, cosi a un 'altra storia d’Italia volle saldare un’altra azione politica. Alla linea nazionalretorica, più che storicistica idealistica, più che religiosa clericale, più che liberale conservatrice, e più che conservatrice fascista, intese opporre un’Italia capace di ri[...]

[...]n precisato cosa fosse il suo umanismo integrale: « studia, nella storia, tanto le forze economiche che le forze spirituali, le studia nelle interferenze reciproche, nella dialettica che si sprigiona dai cozzi inevitabili tra la classe capitalista, essenzialmente

1 O. N., pp. 45, 9, 15, 18. A proposito dell’esperantismo è interessante l’articolo «La lingua unica e l’esperanto», Il grido del popolo, 16 febbraio 1918 (con le iniziali A. G.) : « Quale atteggiamento devono prendere i socialisti in confronto dei banditori di lingue uniche...?... combattere quelli che vorrebbero che il partito si faccia sostenitore e propagatore ufficiale dell’esperanto ». E prosegue : « Non c’è nella storia, nella vita sociale, niente di fisso, di irrigidito, di definitivo. E non ci sarà mai. Nuove verità accrescono il patrimonio della sapienza, nuovi bisogni, sempre superiori, vengono suscitati dalle condizioni nuove di vita, nuove curiosità intellettuali e morali pungono lo spirito... ».Eugenio Garin

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economica, e la classe proletaria, essenzialm[...]

[...]i, se respinge ogni mistificazione speculativa, rifiuta ogni esperantismo; traduce il marxismo in italiano, ossia intende rispondere alle richieste maturate lungo la storia italiana in modo ad esse appropriato1. Non è, insomma, un formulario di risposte prefabbricate, ma un modo di individuare le domande, e un metodo per rispondervi realmente, non evasivamente.

Né Gramsci poneva limite alcuno alla storicità della filosofia della prassi : nata quale « manifestazione delle intime contraddizioni da cui la società è stata lacerata... non può evadere dall’attuale terreno delle contraddizioni » : anch’essa « provvisoria » in nome della « storicità di ogni concezione del mondo e della vita ». E « si può persino giungere ad affermare che, mentre tutto il sistema della filosofia della prassi può diventare caduco in un mondo unificato, molte concezioni idealistiche, o almeno alcuni aspetti di esse, che sono utopistiche durante il regno della necessità, potrebbero diventare “ verità ” » 2. Avviene, è vero, che « la stessa filosofia della prassi te[...]

[...]supposto, ma un continuo farsi' progressivo », l’indagine storica è di continuo sollecitata a riesaminare le scelte già operate in funzione di certi modi d’agire, per saggiarne la validità, respingerne l’insufficienza, risolverne la parzialità in un’azione più comprensiva, davvero popolare e nazionale.

1 M. S., pp. 61, 63 sgg., 67.

2 M. S., pp. 9396.410

Le relazioni

Di fronte alla cultura tradizionale, a tutta la vicenda di un paese quale è sboccata nella situazione del presente, di fronte alla cultura presente, la filosofìa della prassi tende, non a rifiuti radicali o a scelte interessate, ma a una visione comprensiva, la più comprensiva possibile, capace di intendere le radici di ogni termine in contrasto, senza isolare le idee dalle cose, i gruppi dominanti dalle forze che lottano per la propria elevazione, i vincitori dai vinti; e soprattutto non considera mai la vittoria di un gruppo o di un’idea ragione sufficiente per dimenticare o condannare senza appello i vinti. D’altra parte se è facile trovare « nel passato... tutt[...]

[...] egli ancora insistette perché io scrivessi uno studio sul Machiavelli e il machiavellismo; era una sua idea fissa, fin dal 1917, che io dovessi scrivere uno studio sul Machiavelli, e me lo ricordava a ogni occasione » ).

3 Le due « figure » GramsciMachiavelli, CroceErasmo hanno un valore paradigmatico. Ciò non toglie che, mentre la « passione » di Machiavelli è bene afferrata per conoscenza diretta, l’Erasmo gramsciano è sfocato (è un Erasmo quale lo poteva delineare De Ruggiero). Del Croce è da rileggere proprio quello che scrive sulla « politica » del M. intorno al ’25, e subito dopo (cfr. Etica e politica, ed. 1943, pp. 251 e 246: «è risaputo che il M. scopre la necessità e l’autonomia della politica, della politica che è al di là, o piut414

Le relazioni

Gramsci sa che Machiavelli è esemplare; sa che non si intende se non si lega a una situazione storica; si rende conto che «lo stesso richiamo a Roma è meno astratto di quanto non paia, se collocato puntualmente nel clima deirUmanesimo e del Rinascimento ». D’altra parte, ment[...]



da l. r., [recensione a] Corrado Barbagallo, Comunismo e libertà, Napoli, Macchiaroli, 1943 in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 1 - giugno

Brano: CORRADO BARRAOALLO, Comunismo e libertà. Napoli, Macchiaroh, 1943.
Non vogliamo mettere in dubbio che il professor Barbagallo sia stato mosso, nello scrivere quest'opuscolo, dalle migliori intenzioni. Quale intcnsione migliore di quella, infatti, che lo può avere spinto a ricordare ai comunisti italiani che
per costruire s, occorrono c uomini di ferma volontà e di salda competenza s, e che c per condurre innanzi una rivoluzione s non basta c gridare osanna o crucifige s, ma occorrono cose molto più difcili; oppure a metterli in guardia contro l'intenzione, davvero esagerata, di voler c rivoltare l'asse terrestre o il corso del sole » ? La questione è che i comunisti italiani non hanno nessun bisogno di sentirsi fare questa lezione. Fra tutti i partiti che si muovono sulle scena politica del pae[...]


precedenti successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Quale, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---siano <---Pratica <---Ciò <---Diritto <---italiana <---italiano <---abbiano <---comunista <---ideologia <---Così <---Dialettica <---Perché <---marxista <---Filosofia <---Francia <---comunisti <---fascismo <---italiani <---marxismo <---Già <---Logica <---italiane <---socialismo <---socialista <---Basta <---Stato <---imperialismo <--- <---Sulla <---capitalismo <---comunismo <---fascista <---ideologica <---realismo <---socialisti <---Del resto <---Dio <---Più <---cristiana <---ideologico <---ideologie <---storicismo <---Ecco <---Fisica <---Gramsci <---Lenin <---Russia <---Scienze <---Sistematica <---Storiografia <---capitalista <---eroismo <---leninismo <---liberalismo <---materialismo <---Cosa <---Dei <---Dogmatica <---Gli <---Marx <---Meccanica <---Metafisica <---Non voglio <---Partito <---Stalin <---Turchia <---autista <---comuniste <---d'Europa <---d'Italia <---dell'Italia <---lasciano <---nazionalisti <---zarista <---Agraria <---Dinamica <---La guerra <---Meglio <---Ogni <---Ordine Nuovo <---Pochi <---Poetica <---Repubblica <---Retorica <---Scienza politica <---URSS <---antagonista <---artigiani <---capitalisti <---cinismo <---colonialismo <---cristiani <---crociana <---dell'Asia <---dell'Europa <---fanatismo <---gramsciano <---idealismo <---ideologiche <---imperialista <---imperialisti <---intellettualismo <---leninista <---mitologica <---nazionalismo <---nazionalista <---nell'Unione <---ottimismo <---psicologica <---riformismo <---riformista <---socialiste <---staliniana <---Amsterdam <---Appare <---Bernstein <---Bibliografia <---Bisogna <---Bologna <---Come <---Ebrei <---Engels <---Entro <---Filologia <---Folklore <---Il lavoro <---Inghilterra <---La casa <---La lotta <---La notte <---Lascio <---Le Monde <---Matematica <---Medicina <---Mi pare <---Mosca <---NATO <---Però <---Povera <---Presso <---Principi del leninismo <---Problemi <---Scienza della politica <---Sociologia <---Spagna <---Statistica <---Teologia <---The <---Torino <---Voglio <---antagonismo <---centralismo <---cominciano <---cristiane <---cristianesimo <---cristiano <---d'Ottobre <---dell'Africa <---dell'Ordine <---dell'Ottocento <---determinismo <---differenziano <---dilettantismo <---dinamismo <---gramsciana <---hegeliana <---internazionalismo <---marxiana <---mitologia <---nazista <---nell'Africa <---parallelismo <---persiane <---persiano <---psicologici <---psicologico <---razionalismo <---riformisti <---sappiano <---siciliano <---sociologia <---teologia <---testimoniano <---umanesimo <---Anche <---Andiamo <---Angius <---Ankara <---Aragona <---Arborea <---Aritmetica <---Armi <---Ataturk <---Babilonia <---Balcani <---Barbagia <---Basterà <---Benedetto Croce <---Besançon <---Bevan <---Bilan <---Bosforo <---Bresciani <---Bruxelles <---Bukarin <---Bukharin <---Bulgaria <---C.P.P. <---Cagliari <---Capodanno <---Carissimi <---Carta de Logu <---Castiglia <---Catgiu <---Caucaso <---Certo <---Che Gramsci <---Cipro <---Codice <---Congo Belga <---Congresso di Mosca <---Conscience <---Convention People <---Copenaghen <---Corraine Nicolò <---Costantinopoli <---Costituzione <---Credetemi <---De Sanctis <---Dico <---Diderot <---Diego Carpitella <---Diplomatica <---Discours <---Egitto <---Eleonora Giudichessa di Arborea <---Eranos Jahrbuch <---Ernesto De Martino <---Estetica <---Etica <---Etnologia <---Francke <---Freud <---Funtana <---Fuori <---Gegenwart <---Giudicato di Arborea <---Giudice Istruttore <---Giuseppe Lovicu di Orgosolo <---Gnoseologia <---Gran Bretagna <---Grecia <---Gregorio I <---Hegel <---Il XX <---Internazionale <---Ismet Inonu <---Jensen <---La sera <---Les <---Linguistica <---Locoe <---Logica formale <---Logu <---MEC <---Machiavelli <---Majore <---Marchesato <---Marocco <---Medio Oriente <---Menderes <---Mesina <---Mesopotamia <---Mille <---Mircea Eliade <---Muoio <---Murgugliai <---Mémoires <---New Haven <---Niente <---Norberto Bobbio <---Nordafrica <---Nuoro <---Nuovo Testamento <---Oeuvres <---Oltre <---Onorato Succu 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