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tipologia: Analitici; Id: 1543193


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Tipologia Documento di Convegno
Titolo [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] S. G. Graziano, Alcune considerazioni intorno all'umanesimo di Gramsci
Responsabilità
Graziano, Salvatore Giacomo+++
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Salvatore Giacomo Graziano
ALCUNE CONSIDERAZIONI
INTORNO ALL'UMANESIMO DI GRAMSCI
Nel quadro generale del pensiero gramsciano, nel suo contributo a sviluppare il marxismo come autonoma e integrale applicazione del. marxismo-leninismo alla realtà italiana, particolare importanza, nell'attualità di certi problemi, assume la concezione della filosofia della prassi come umanesimo assoluto. Qui si vuol dire: importanza non di una definizione, ma di una concezione coerentemente sviluppata sul piano• teorico, come sintesi e come elementi di sintesi, e concretamente inserita e connessa in una realtà storica nazionale: importanza della maniera. attraverso la quale si afferma l'umanesimo di Gramsci: sia come umanesimo assoluto che si risolve nello storicismo assoluto della filosofia della• prassi, risultato di tutta la storia precedente; sia come concezione che,. inserita nella storia della società e della cultura italiana, si apre in una. prospettiva concreta e operante. Come concezione che, compenetrata nella realtà, assume significato preciso di fronte ai problemi e agli avvenimenti attuali: prendendo posizione, negando o affermando, difendendo l'importanza della persona umana. Come concezione che non può essere separata dalla particolare azione storica necessaria alla sua realizzazione. Umanesimo, quindi, che nella consapevolezza di una dialettica unità di filosofia e ideologia (in senso gramsciano) trova il suo vero significato, iI suo concreto e vivo valore. 'In Gramsci è presente la società italiana non resa evanescente in generici riferimenti, ma nella sua storia passata. e presente, nei suoi contrasti, nelle sue classi, nei suoi gruppi. Egli « pensa » in riferimento ad una « condizione umana » ben configurata
150 1 documenti del convegno
nelle sue contraddizioni. ipotizzare l'uomo in una condizione umana predeterminata significa farne un feticcio. Affermare in concreto l'importanza della persona umana significa porre e risolvere i problemi della sua concreta libertà, niella consapevolezza dei condizionamenti delle determinate fasi storiche e delle forze sociali che dialetticamente vi sono impegnate. L'uomo di cui parla Gramsci è ben lungi dall'essere l'uomo in astratto e non soltanto perché considerato entro coordinate non metafisiche né speculative, ma perché considerato nella sua capacità di comprendersi nei suoi rapporti sociali storici divenendone forza modificatrice, nella sua determinata azione, per la reintegrazione di se stesso. Per una reintegrazione in senso marxista. Continua e avvertita è la critica che Gramsci volge contro le astrazioni filosofiche e ideologiche quali: il partito in genere, le classi in geniere, l'umanità in genere. u ... La natura umana è l'insieme dei rapporti sociali storicamente determinati, cioè un fatto storico accertabile, entro certi limiti, coi metodi della filologia e della critica » 1. « Inoltre: l'insieme dei rapporti sociali è contraddittorio in ogni momento ed è in continuo svolgimento, sicché la "natura " dell'uomo non è qualcosa di omogeneo per tutti gli uomini in tutti i tempi » 2. Tutti i problemi sono da Gramsci posti in maniera conseguentemente storicistica. Porre il problema dell'uomo in generale, in generali condizionamenti, è una astrazione. Non si può quindi parlare cli un umanesimo che non sia assoluto storicismo. Come pure non si può parlare di umanesimo senza affrontare alcuni problemi che specie entro il campo del pensiero marxista assumono particolare importanza.
In che senso la filosofia della prassi di Gramsci assume la dimensione di autonoma concezione del mondo: di fronte al pensiero precedente, alle componenti storiche del marxismo stesso e alle formulazioni che esso ha avuto? e con quali nessi con le altre sovrastrutture e con la struttura? con quale connessione con l'azione?
ovvio che marginali annotazioni non possono non rivelarsi inadeguate di fronte a questi interrogativi — e alla molteplicità di questioni che vengono a porre — e non considerarsi tali esse stesse: utili, semmai, per un avvio all'esame e alla ricerca.
1 Mach., p. 8.
2 Mach., p. 200.
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Per Gramsci, che il marxismo si sviluppi come « struttura di pensiero completamente autonoma e indipendente », è condizione necessaria alla sua natura di teoria « rivoluzionaria » che si può affermare come tale nella misura in cui è « elemento di separazione e distinzione consapevole dal vecchio mondo » e capacità di esercitare la propria egemonia sulla cultura tradizionale. Operante autonomia che è criterio della stessa ortodossia la quale « non deve essere ricercata in questo o quello dei seguaci della filosofia della prassi, in questa o quella tendenza legata a correnti estranee alla dottrina originale, ma nel concetto fondamentale che la filosofia della prassi " basta a se stessa ", contiene in sé tutti gli elementi fondamentali per costruire una totale ed integrale concezione del mondo, una totale filosofia e teoria delle scienze naturali, non solo, ma anche per vivificare una integrale organizzazione pratica della società, cioè per diventare una totale, integrale civiltà » 1.
L'originalità di contenuto e di metodo della filosofia della prassi non può essere affermata se nel marxismo vengono distinte la filosofia generale dall'economia e dalla politica, considerate parti aggiunte. Né tanto meno se, con un procedimento implicitamente contraddittorio, si ricerchi una filosofia che possa essere assunta a base del marxismo: « la nuova filosofia non può coincidere con nessun sistema del passato comunque esso si chiami » 2 Nelle « Note critiche sul Saggio popolare » di Bukharin, Gramsci confuta con molta energia l'opinione del marxismo distinto in sociologia e filosofia. Da una parte, la sociologia che, in questa distinzione, viene a risolversi in una classificazione schematica di fatti storici e politici, ispirata dall'evoluzionismo, e che, svalutando il principio dialettico (passaggio dalla quantità alla qualità), non è che ïl « tentativo di ricavare sperimentalmente le leggi di evoluzione della società in modo da "prevedere" l'avvenire con la stessa certezza con cui si prevede che da una ghianda si svilupperà una quercia » 3. Dall'altra, la filosofia propriamente detta che poi sarebbe il materialismo filosofico o metafisico o meccanico. Scissione, questa, tra dottrina storico-politica e filosofia, che permane ingiustificata anche quando come filosofia venga dichiarato il materialismo dialettico. In questo caso
¡ 1 M. S., p. 157.
2 M. S., p. 151.
3 M. S., p. 126.
11.
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la dialettica, « degradata ad una sottospecie di logica formale », non ritrova la sua vera funzione e il suo fondamentale significato che solo si affermano nella « filosofia della prassi ... concepita come filosofia integrale e originale che inizia una nuova fase nella storia e nello sviluppo mondiale del pensiero in quanto supera (e superando ne include in sé gli elementi vitali) sia l'idealismo che il materialismo tradizionali delle vecchie società. Se la filosofia della prassi non è pensata che subordinatamente a un'altra filosofia, non si può concepire la nuova dialettica, nella quale appunto quel superamento si effettua e si esprime » 1. La radice di tutti gli errori di fondo nel Manuale di Bukharin viene indicata con grande chiarezza da Gramsci nella pretesa di distinguere il materialismo storico dalla filosofia generale e di considerarlo puramente « sociologia » .
Il reale superamento critico e concreto di tutte le filosofie precedenti, di ogni metafisica e di ogni forma di pensiero speculativo, sotto qualsiasi guisa si presentino, è rappresentato dalla filosofia della prassi che nella nuova sintesi con cui si costituisce e in cui la storia stessa converge, si pone « come espressione necessaria e inscindibile di una determinata azione storica, di una determinata prassi » 2, came consapevolezza delle contraddizioni ed elemento stesso della contraddizione elevata « a principio di conoscenza e quindi di azione » 3, come momento storico che si identifica con la storia, senza « cadere nello scetticismo e nel relativismo morale e ideologico » 4. Questione, quest'ultima, sulla quale sovente Gramsci ritorna, nei diversi aspetti nei quali si presenta, perché respingere l'obiezione che il marxismo possa esprimersi soltanto came storiografia è necessario sia per dare validità al metodo generale stesso, sia perché questo possa costituirsi come filosofia concreta dal punto di vista della dialettica reale: se « la filosofia della prassi si realizza nello studio concreto della storia passata e nell'attività attuale di creazione di nuova storia », la possibilità di teorizzare i concetti permette di non cadere « in una nuova forma di nominalismo » 5. Il mar-
1 M. S., p. 132.
2 M. S., p. 133.
3 M. S., p. 93.
4 M. S., p. 133.
3 M. S., p. 126.
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xismo è autonoma e integrale concezione del mondo come coscienza concreta della storia, del divenire dialettico, come « scienza della dialettica o gnoseologia, in cui i concetti generali di storia, di politica, di economia si annodano in unità organica » '. « La filosofia della prassi è lo " storicismo " assoluto, la mondanizzazione e terrestrità assoluta del pensiero, un umanesimo assoluto della storia » 2.
Quale rapporto implica l'umanesimo totale di Gramsci con la componente naturalistica del marxismo? Non si tratterà tanto di rilevare, con una considerazione piú facilmente immediata, il rivolgersi preminente del pensiero di Gramsci aile scienze umanistiche e storiche — a quelle cioè che, come scrive Gramsci in una nota 3, « si riferiscono all'attività storica dell'uomo, al suo intervento attivo nel processo vitale dell'universo » — quanto di definire il significato che, in esso, queste assumono rispetto alle scienze naturali, o piú esattamente, quanto le prime si estendono dialetticamente nelle altre nella considerazione del rapporto uomo-natura. Si tratterà di esaminare con quale nesso viene considerato quell'« intervento attivo » dell'uomo nel « processo vitale dell'universo », alla luce di uno storicismo integrale, e del significato che viene ad assumere l'attività dell'uomo storicamente e dialetticamente « creatrice di tutti i valori, anche scientifici » 4. Nell'attività pratica-sperimentale dello scienziato, Gramsci indica « il primo modello di mediazione dialettica tra l'uomo e la natura », cioè di un rapporto attivo in cui l'uomo attraverso la tecnologia conosce e domina la natura: nell'unità di teoria e pratica. Nel quale nesso storico-dialettico si risolve la conoscenza critica del mondo esterno e l'oggettività. Oggettività che non pub essere affermata, senza cadere in un tradizionale realismo, in una qualità extrasto-rica ed extraumana: « noi conosciamo la realtà solo in rapporto all'uomo e siccome l'uomo è divenire storico, anche la conoscenza e la realtà sono un divenire, anche l'oggettività è un divenire » 5. La storia umana « deve concepirsi anche come storia della natura » 6 e la scienza della natura deve
1 M. S., p. 129.
2 M. S., p. 159.
3 P., p. 183.
4 M. S., p. 55.
5 M. S., p. 143.
6 M. S., p. 145.
154 I documenti del convegno
essere considerata «come essenzialmente una categoria storica, un rapporto umano» 1. Il materialismo filosofico a proposito del mondo esterno cade in una forma di misticismo che può fare a meno di riferirsi alla storia e all'uomo per affermare acriticamente l'oggettività. Accettare a base della gnoseologia la convinzione del senso comune, cosí come si è radicata negli uomini praticamente e anche scientificamente, di una realtà indipendente dall'uomo significa accettare un'ideologia, ovvero una certezza che nella propria acriticità non si dimostra ma si perpetua senza porsi la domanda da che cosa sia originata, senza storicizzarsi. L'impostazione data da Gramsci non intende capovolgere le conclusioni del senso comune, ma far acquisire la stessa conclusione materiale ad un rinnovato senso comune: stessa conclusione, ma resa di qualità diversa, non mitologica, ma riconquistata contro il dogmatismo e il realismo religioso, verso una nuova direzione. Non una certezza confermata da una filosofia che assuma come punto di partenza della scienza la credenza del senso comune, ma, nella consapevolezza storica, da una concezione c'he riconosce il suo significato e il suo valore nell'essere ideologia. Il senso comune, affermando l'oggettività del reale, « afferma " oggettiva" una certa " soggettività" anacronistica perché non sa neanche concepire che possa esistere una concezione soggettiva del mondo e cosa ciò voglia o possa significare » . « Oggettivo significa proprio e solo questo: che si afferma essere oggettivo, realtà oggettiva, quella realtà che è accertata da tutti gli uomini, che è indipendente da ogni punto di vista che sia meramente particolare o di gruppo» 2. «Oggettivo significa sempre " umanamente oggettivo ", ciò che può corrispondere esattamente a " storicamente soggettivo ", cioè oggettivo significherebbe " universale soggettivo" » 3. La storicizzazione, annodando dialetticamente nella molteplicità dei nessi tutti gli aspetti della filosofia della prassi e in particolare il piano gnoseologico con quello della prassi umana storico-sociale, assume una estensione dai vasti ed originali sviluppi. « L'uomo conosce oggettivamente in quanto la conoscenza è reale per tutto il genere umano storicamente unificato in un sistema culturale unitario» 4, per
1 M. S., p. 160.
2 M. S., p. 142.
3 M. S., pp. 54-5.
4 M. S., p. 142.
Salvatore Giacomo Graziano 155
cui lottare per sostituire l'oggettività alle concezioni parziali, ideologicamente riflettenti le contraddizioni delle società, significa lottare per l'unificazione del genere umano, cioè per l'eliminazione delle particolari contraddizioni interne.
Gramsci rivolge una costante critica verso la concezione fatalistica e meccanicistica del marxismo, concezione in cui « le forze umane sono considerate come passive e non consapevoli, come un elemento non dissimile dalle case materiali » 1. Critica dalla quale non è assente una coerente valutazione storicistica. Il marxismo nella sua lotta contro i residui del mondo capitalistico, nella sua azione di penetrazione nelle masse popolari ha dovuto allearsi con tendenze estranee. Come anche, in altre condizioni, il determinismo rispecchia una condizione subalterna: « aroma ideologico », il suo valore consiste nell'essere una ripiegata e contraddittoria forma di fiducia, di resistenza morale, di « perseveranza paziente e ostinata » di certi strati sociali, manifestando, in tal modo, che in questo « fatalismo appassionato » pur sempre esiste realmente « una forte attività volitiva, un intervento diretto sulla forza delle cose » 2. Il determinismo meccanico — aggiunge Gramsci — « spiegabile come filosofia ingenua della massa e, solo in quanto tale, elemento intrinseco di forza, quando viene assunto a filosofia riflessa e coerente da parte degli intellettuali, diventa causa di passività, di imbecille autosufficienza, e ciò senza aspettare che il subalterno sia diventato dirigente e responsabile » 3. E a questo proposito le osservazioni sulla forma necessaria della. volontà delle masse in riferimento al cristianesimo e al calvinismo in particolare, quelle sulla diffusione di una nuova concezione del mondo e sulle forze che mette in moto non sono da considerarsi marginali.
Alla filosofia ricettiva e ordinatrice che chiude la propria funzione a registrare un mondo fermo, estraneo all'uomo, e che implica il meccanicismo, viene opposta la filosofia «creatrice», tale perché a suo fondamento sta « una volontà razionale, non arbitraria, che si realizza in quanto corrisponde a necessità obiettive storiche... » 4. Si tratta della concezione marxista del pensiero storicizzato che si converte in attività pra-
1 P., p. 190.
2 M. S., pp. 13-4.
3 M. S., p. 14.
4 M. S., p. 23.
156 I documenti del convegno
tica, che non si limita ad interpretare concettualmente ma a trasformare il reale, creativo nel senso di pensiero che « modifica il modo di sentire del maggior numero e quindi la realtà stessa che non può esser pensata senza questo maggior numero 1. La « volontà collettiva » — l'intervento degli uomini nel loro perseguire fini immediati e mediati — è in Gramsci .fattore di sviluppo storico in condizioni date, e non soltanto come « tesi » — « ossia nel momento della resistenza e della conservazione » — ma soprattutto come « antitesi » che con la prospettiva di fini concreti si pone come « iniziativa e spinta progressiva » 2. il fattore umano è protagonista operante entro la storia nella misura in cui sappia e voglia realizzare le conseguenze di premesse obiettive in una giusta connessione del mezzo col fine. Si ricordi come l'oggettività del presente ricercata come studio delle situazioni per lo svolgimento di un programma riceve tale significato solo dalla connessione con il programma stesso e non indipendentemente da esso. E corree la previsione « significa solo veder bene il presente in quanto movimento » e non « determinazione di leggi di regolarità del tipo di quelle delle scienze naturali » 3. La metodologia storica non può affermare la propria scientificità in quanto studio di leggi di previsione. Quello della prevedibilità degli esiti degli accadimenti storici è il mito del causalismo meccanico, mentre in realtà si « prevede » nella misura in cui si applica « uno sforzo volontario e quindi si contribuisce concretamente a creare il risultato " preveduto " » . Prevedibile è la lotta, non I momenti di essa che sono « risultati di forze contrastanti in continuo movimento » 4. Per cui nelle analisi storico-politiche la sopravvalutazione delle cause meccaniche quanto l'esaltazione dell'elemento volontaristico sono evitate dalla giusta valutazione del rapporto «tra ciò che è organico e ciò che è occasionale » 5. L'azione politica, rivolta a dare consapevdlezza critica alle moltitudini, ricorderà Gramsci, tende a distruggere « la legge dei grandi numeri ». Nella stessa rivendicazione di una economia diretta, « destinata a spezzare la legge statistica meccanicamente intesa, cioè prodotta dall'accozzo casuale di in-
1 M. S., p. 23.
2 P., pp. 190-1.
3 Mach., pp. 38-9.
4 M. S., p. 135.
5 Mach., p. 42.
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finiti atti arbitrari individuali » , è « la consapevolezza umana che si sostituisce alla " spontaneità" naturalistica » 3.
In Gramsci particolare significato e valore assumono la politicità e la scienza della politica. In generale: « l'efficienza della volontà politica rivolta a suscitare forze nuove ed originali e non solo a calcolare su quelle tradizionali » 2. Nel quai senso si chiarisce — se non si va errati — l'impostazione data alla morale come « ricerca della condizione necessaria per la libertà del volere», volontà da indirizzare verso quei fini che si presentano storicamente e la cui realizzazione si pone come « dovere » 3. Una morale che affermantesi nell'uomo che realizza i momenti positivi della storia si sottrae alle norme dei valori assoluti che in realtà, nel loro contenuto, non superano un ambiente dato. Una morale che attribuisce alla persona il compito di realizzare responsabilmente la propria pienezza in una condotta sociale entro la storia. Gramsci critica la concezione fatalistica anche su questo piano in quanto in essa l'agire dell'uomo è giustificato dall'ambiente dato e ogni singola responsabilità viene dispersa « in una astratta e irreperibile responsabilità sociale» 4. La funzione educatrice è centrale in una concreta concezione dell'uomo. Gramsci scrive: « Se... l'individuo per cambiare, ha bisogno che tutta la società si sia cambiata prima di lui, meccanicamente, per chissà quale forza extraumana, nessun cambiamento avverrebbe mai. La storia invece è una continua lotta di individui e di gruppi per cambiare ciò che esiste in ogni momento dato, ma perché la lotta sia efficiente questi individui e gruppi dovranno sentirsi superiori all'esistente, educatori della società... » 5.
Il continuo richiamo critico di Gramsci contro le velleitarie astrattezze, con una coerenza nella sua vita che colpisce, è umanistica affermazione della ragione e dell'attività concreta. Ragione non come funzione astratta e volontà come negazione del velleitarismo. « Occorre... violentemente attirare l'attenzione nel presente cosí com'è, se si vuole trasformarlo. Pessimismo dell'intelligenza, ottimismo della volontà » 6. « L'ot-
1 M. S., p. 127.
2 Mach., p. 86.
8 M. S., p. 98.
4 P., p. 203.
5 P., p. 203.
6 P., p. 6.
158 1 documenti del convegno
timismo non è altro, molto spesso, che un modo di difendere la propria pigrizia, le proprie irresponsabilità, la volontà di non far nulla. È anche una forma di fatalismo e di meccanicismo. Si conta sui fattori estranei alla propria volontà e operosità, li si esalta, pare che si bruci di un sacro entusiasmo. E l'entusiasmo non è che esteriore adorazione di feticci..: Il solo entusiasmo giustificabile è quello che accompagna la volontà intelligente, la ricchezza inventiva in iniziative concrete che modificano la realtà esistente » 1. La fiducia nella ragione umana è ricerca in cui la stessa ragione è storicamente acquisita e mantenuta con un pensiero e una azione operanti nella realtà e nella storia: affermazione di una ragione antidogmatica che sappia mostrare la storicità di se stessa e di ciò che irrazionale diviene. Non sono le generalità razionali che costituiscono unità. « Non il pensiero — scrive Gramsci — ma ciò che realmente si pensa unisce o differenzia gli uomini » 2.
La concretezza di un problema oltre che nella natura del problema stesso consiste nella possibilità della sua soluzione, nella misura in cui è concretamente affrontato da coloro che devono trasformarlo in realtà storica. Delineare una concezione, sia pure razionale e organica nella formulazione teorica, è assolutamente insufficiente se nello stesso tempo non viene posto il problema di come. possa divenire vivente realtà, di come possa realizzarsi sostituendosi ad altre concezioni. Nell'opera di Gramsci, entro il problema dell'egemonia della classe operaia, fondamen- tale importanza assume la costituzione di un nuovo ordine morale e intellettuale della società in cui si realizzi una piena corrispondenza tra fatto intellettuale e norma di condotta. « Si può dire che non solo la filosofia della prassi non esclude la storia etico-politica, ma che anzi la fase piú recente di sviluppo di essa consiste appunto nella rivendicazione del momento dell'egemonia come essenziale nella sua concezione statale e nella " valorizzazione " . del fatto culturale, dell'attività culturale, di un fronte culturale come necessario accanto a quelli meramente economici, meramente politici» 3. Da qui l'approfondimento delle questioni riguardanti la creazione di una nuova cultura nazionale-popolare, la funzione
P., p. 8.
2 M. S., p. 31.
3 M. S., p. 189.
I
Salvatore Giacomo Graziano 159
degli intellettuali nella società, il rapporto tra intellettuali e masse, tra politica e cultura. Da qui la considerazione e l'esame di altre questioni e di altri problemi che a questi si connettono nella molteplicità e complessità dei rapporti esistenti nella situazione storica: il problema dell'educazione, della scuola, della conquista degli intellettuali tradizionali, ecc.
I compiti di una nuova cultura possono essere riassunti, da un lato, nella sua « diffusività »; dall'altro nel superamento delle concezioni conservatrici al loro piú alto livello. Entrambi gli aspetti considerati nella duplice funzione di critica e di creatività. Creare una nuova cultura significa « diffondere delle verità già scoperte » e « farle diventare base di azioni vitali, elementi di coordinamento e di ordine intellettuale e morale » '; significa svolgere un'azione perché nella contraddittorietà dei rapporti sociali si realizzi, come consenso permanente, una coscienza storica autonoma. Attività che va svolgendosi sia come critica del senso comune esistente formatosi attraverso stratificazioni fideistiche di concezioni tradizionali, sia come superamento delle grandi sintesi filosofiche avversarie che sul piano ideologico sono « le reali chiavi di volta » di una data società. Verso di esse, è necessario che una nuova concezione che tende all'egemonia misuri la propria efficienza per superarle « o negativamente dimostrandone l'infondatezza, o positivamente, contrapponendo sintesi filosofiche di maggiore importanza e significato » z. Una filosofia si fa storia rompendo la chiusura della cerchia degli specialisti, depurandosi degli « elementi intellettualistici d'i natura individuale » 3, connettendosi con la massa attiva, diventando un rinnovato « senso comune ». La filosofia non deve indicare solo sviluppi e soluzioni, ma suscitare nel contempo il consenso attivo delle moltitudini rese ideologicamente omogenee. Il concetto della funzione egemonica si configura nel carattere nazionale-popolare necessario alla coesione ideologica delle masse attive le quali rendono una concezione del mondo realmente operante. L'antinomia tra concezione coerente e omogenea delle classi dirigenti tradizio- nali e concezione disgregata e incoerente delle moltitudini, sulla quale
1 M. S., p. 5.
2 M. S., p. 131.
3 M. S., p. 9.
r-
160 I documenti del convegno
la prima esercita un'egemonia esterna, è una situazione storica che una nuova cultura e una nuova filosofia devono superare, rendendo appunto il « senso comune » consapevole e rinnovato. E qui, nella affermazione di una necessaria unità tra intellettuali e masse, si ritrova il valore dell'unità tra teoria e pratica, come consapevolezza della dialettica tra l'elaborazione critica e coerente di principi e i problemi posti dall'attività pratica delle masse. Una nuova cultura si « realizza » come guida nell'attività pratica, la sua funzione formatrice deve conseguire dal suo stesso contenuto concreto che rispecchi una concezione del mondo progressiva che precisa se stessa nella storia, nel contrasto con la « cultura » o le « culture » dominanti che hanno esaurito se stesse ed ora pesano nella rigida negatività, incapaci di imporsi se non come rinuncia dei propri presupposti storici. La nuova cultura non può essere una « formula di vita », ma espressione di una attività che abbia radici e validità nella storia, un consapevole posto nello sviluppo degli avvenimenti umani: i soli che possano permettere il riconoscimento di esigenze concrete.
Un concetto centrale in Gramsci è che la lotta per una nuova cultura, cioè per un nuovo umanesimo, non può essere distinta dalla creazione di una nuova coscienza nazionale-popolare. Una nuova cultura che si inserisca nello sviluppo storico organico dovrà rendere consapevoli nuove forze e renderle positivamente fattive. Sembra opportuno, in questo senso, collegare ciò che si è andato dicendo alle note di Gramsci sull'Umanesimo, sul Rinascimento, sul Machiavelli e sulla funzione del « moderno principe ». Gramsci diede dell'Umanesimo e del Rinascimento — momenti conclusivi di un vasto movimento che inizia dopo il Mille — un giudizio severo. Qui, ovviamente, non si tratterà di impegnare le vaste questioni che vengono a porsi con tale giudizio che, isolato in sé, ricalca impostazione insoddisfacenti, quanto di notare che in Gramsci esso ritrova efficacia nella contrapposizione Umanesimo-Riforma, esemplificazioni storiche di cultura di pochi e di cultura popolare, di concezione che non riesce a farsi ideologia popolare e di concezione che riesce ad influire sullo sviluppo della storia inserendosi nel corso della realtà sociale come attività collettiva. L'Umanesimo, considerato nel quadro del movimento rinnovatore sorto nell'XI sec. e in quello della funzione politico-sociale degli intellettuali in Italia, è valutato come espressione di « uno strato di intellettuali che sente e rivive l'antichità e che si allontana sempre piú dalla vita popolare », astraendosi dal vivere i'l presente e con-
Salvatore Giacomo Graziano 161
tribuendo cosí al progressivo decadimento della nuova classe borghese 3. I:n questo senso di « casta cosmopolita » gli umanisti, staccati dal popolo-nazione, non superarono le concezioni universalistiche romana e medioevale in modo particolare. « Classe intellettuale di portata europea » , non caratterizzandosi come forza nazionale, gli umanisti in Italia esercitarono una funzione cosmopolita reazionaria. La funzione progressiva fu dall'Umanesimo esercitata all'estero dove partecipò alla formazione de-
Stati moderni 2. il movimento progressivo che inizia dopo il Mille — scrive Gramsci — « proprio in Italia è decaduto e proprio coll'Umanesimo e il Rinascimento che in Italia sono stati regressivi mentre nel resto d'Europa il movimento generale culminò negli Stati nazionali... » 3. E cosí in un'altra nota: « Il contenuto ideologico del Rinascimento si svolse fuori d'Italia, in Germania e in Francia, in forme politiche e filosofiche: ma lo Stato moderno e la filosofia moderna furono in Italia importati perché i nostri intellettuali erano anazionali e cosmopoliti come nel Medioevo, in forme diverse, ma negli stessi rapporti generali » 4. Se è giusto indicare in queste osservazioni il nucleo del negativo giudizio di Gramsci sull'Umanesimo-Rinascimento, occorre nello stesso tempo mettere in rilievo come ad esso è congiunto il riconoscimento di quello che a giusta ragione Gramsci definisce il « contenuto piú originale e pieno d'avvenire » : l'esigenza di una educazione integrale dell'uomo creatore della propria vita e della storia. Solo che questa concezione non si tradusse in coscienza nazionale, in attività ideologica. Mancando in questa sua funzione nazionale, l'Umanesimo-Rinascimento fini col negare se stesso, col contribuire alla propria negazione, con l'assumere il « carattere di una restaurazione », appunto perché la sua elaborazione « rimase patrimonio di una casta intellettuale, non ebbe contatto col popolo-nazione » 5.
Il pensiero di Machiavelli su questa linea assume dimensione storica di grandissimo rilievo. Le opere di Machiavelli sono « espressione di una personalità che vuole intervenire nella politica e nella storia del suo
I R., p. 20.
2 R., p. 15.
3 R., p. 13.
4 R., pp. 27-8.
5 R., p. 27.
162 I documenti del convegno
paese e in tal senso sono di origine democratica » 1. In tal senso Gramsci può parlare di un « neo-umanesimo » di Machiavelli basato « sull'azione concreta dell'uomo che per le sue necessità storiche opera e trasforma la realtà» z. Esprimendo la « necessità politica e nazionale di riavvicinarsi al popolo come hanno fatto le monarchie assolute di Francia e di Spagna » 3, il pensiero politico di Machiavelli esprime le questioni di fondo che il mondo moderno ha chiaramente approfondito. « Il Machiavelli è rappresentante in Italia della comprensione che il Rinascimento non può esser tale senza la fondazione di uno Stato nazionale, ma come uomo egli è il teorico di ciò che avviene fuori d'Italia, non di eventi italiani » 4. Il Principe noia è classificazione di criteri, sistematica trattazione, ma libro « vivente » che suscita il mito-principe, simbolo della volontà collettiva il cui processo di formazione viene presentato antropologicamente, come qualità e caratteristiche di una concreta persona. Ma quando la volontà collettiva dalla fase iniziale del suo for- marsi per distinzione, dal passato e dalle classi regressive, passa all'affermazione, alla fase organica in cui la negazione viene integrata dalla costruzione, essa non può non definirsi politicamente, come programma politico.
Nel « moderno principe » — il partito politico, dato dallo sviluppo storico, che intende fondare un nuovo tipo di Stato - ha inizio il concretarsi della volontà collettiva in senso moderno come « coscienza operosa della necessità storica, come protagonista di un reale ed effettuale dramma storico » 5. Il « moderno principe » è l'organizzatore e « l'espressione attiva e operante » di una volontà collettiva nazionale-popolare e di una riforma intellettuale e morale, « ciò che poi significa creare il terreno per un ulteriore sviluppo della volontà collettiva nazionale popolare verso il compimento di una forma superiore di civiltà moderna » s. Nel considerare, in Gramsci, il rinnovamento culturale della società, è fondamentale aver presente la funzione preminente che assume il « mo-
1 Mach., p. 119.
2 Mach., p. 90.
3 R., p. 24.
4 R., p. 13.
5 Mach., p. 6.
6 Mach., p. 8.
Salvatore Giacomo Graziano 163
derno principe » come propulsore delle energie storiche nazionali, come avanguardia di ogni movimento progressivo: funzione culturale nello stesso tempo che politica e non perché la cultura venga considerata strumento, ma per la stessa connessione con l'azione politica.
Nel pensiero di Gramsci è di particolare rilievo il senso che esso, attraverso l'analisi della tradizione culturale italiana, acquista come forza operante per la creazione di una società nuova: superando le correnti tradizionali in senso retrivo e sviluppando ciò che la tradizione nazionale contiene di progressivo. Tutta l'opera di Gramsci, nella sua vastità e profondità, è un richiamo alla rigorosa serietà nello studio, nella ricerca, nell'elaborazione del programma politico « per basare su tutto il passato i fini da raggiungere nell'avvenire e da proporre al popolo come necessità cui collaborare consapevolmente »1. Ed è superfluo ricordare la polemica di Gramsci contro le scelte degli elementi del passato fatte sulla carta, contro lo storicismo che si risolve in atto di volontà arbitrario, in una dialettica di comodo per il buon uso dei riformisti: «ciò che del passato verrà conservato nel processo dialettico non può essere determinato a priori, ma risulterà dal processo stesso, avrà un carattere di necessità storica, e non di scelta arbitraria da parte dei cosí detti scienziati e filosofi » 2. In questa prospettiva, la realizzazione di un nuovo umanesimo, di un nuovo ordine morale e intellettuale nazionale, non può non essere « un movimento democratico con radici italiane e con esigenze italiane » 3, che degli elementi operanti del passato sappia ritrovare la continuità negli attuali interessi per uno sviluppo che porti a trarne le conseguenze innovatrici inespresse. Il presente operoso, innestandosi nella tradizione, continua e sviluppa il passato di cui la struttura è testimonianza, come documento « di ciò che è stato fatto e continua a sussistere come condizione del presente e dell'avvenire » 4. Anche qui il discorso dovrebbe svolgersi, uscendo dalle notazioni marginali, ad esaminare la concezione del « blocco storico » in cui « contenuto economico-sociale e forma etico-politica si identificano concretamente » 5, e dell'ap-
R., p. 63.
2 M. S., p. 220.
3 R., p. 62.
4 M. S., p. 22.
5 M. S., p. 207.
164 1 documenti del convegno
plicazione del metodo di accertamento oggettivo come « universalmente soggettivo »
Una nuova civiltà come non è apparizione all'esterno di un moto operato da un meccanismo che evolve secondo Ieggi « naturali », cosí non è nemmeno gratuita fioritura di belle idee e di fittizi entusiasmi. « Una riforma intellettuale e morale — ricorda Gramsci — non può non essere legata a un programma di riforma economica, anzi il programma di riforma economica è appunto il modo concreto con cui si presenta ogni riforma intellettuale e .morale» 1. Una nuova civiltà si costruisce combattendo su diversi fronti con un concreto confluire di diverse energie storicamente consapevoli dei fini e dei mezzi verso i quali e con i quali bisogna sapere muoversi. Un rinnovamento morale e intellettuale non è questione che possa essere operata né da un gruppo depositario della verità, né attraverso una « fredda e pedantesca esposizione di raziocini » . L'operosità intellettuale si fa concreto rinnovamento nella misura in cui rappresenta le fasi avanzate di tutto il popolo-nazione, nella misura in cui si traduce in cultura vitalmente operante in espansione e in quantità, per essere cosí operante in profondità e in qualità. E in questa direzione non possono essere dimenticate le parole di Gramsci a proposito della filosofia della prassi che bisogna sviluppare «all'altezza che deve raggiungere per la soluzione dei compiti piú complessi che lo svolgimento attuale della lotta propone, cioè alla creazione di una nuova cultura integrale, che abbia i caratteri di massa della Riforma protestante e dell'Illuminismo francese e abbia i caratteri di classicità della cultura greca e del Rinascimento italiano, una cultura che... sintetizzi la politica e la filosofia in una unità dialettica » 2.
1 Mach., p. 8.
2 M. S., p. 199.
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  • Primo convegno Internazionale di Studi Gramsciani tenuto a Roma nei giorni 11-13 gennaio 1958
 
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