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Il segmento testuale Marx è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 837Analitici , di cui in selezione 40 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Recensione di Remo Ceserani su Francesco Orlando, freudiano del «misanthrope» e due scritti teorici, Torino, Einaudi, 1979, pp. 248 in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...], gli stimoli e i dubbi di due fini studiosi di teoria letteraria come Antonio D'Andrea e Dante Della Terza (si tenga presente che all'intervista originaria sono qui aggiunte alcune interessanti integrazioni). Segue, sotto forma di Appendice, la risposta che Orlando diede, con il titolo Su teoria della letteratura e divisione del lavoro intellettuale, alla recensione di Elio Benevelli al suo libro teorico intitolata Su letteratura, psicanalisi e marxismo, pubblicate, l'una e l'altra, in « Strumenti critici », rispettivamente nel giugno 1975 e nel febbraio 1976.
Dirò anzitutto che cosa ha significato e che cosa significa per me la ricerca di Orlando. Sono per professione studioso di storia della critica e della letteratura e della teoria di entrambe, con le inevitabili delimitazioni all'area italiana e a un numero ristretto di altre aree culturali. Vorrei, nella classificazione che fa Orlando (pp. 22338) tra chi considera la divisione del lavoro intellettuale un bene necessario, chi un bene non necessario, chi un male necessario e chi un [...]

[...]guida sicura e preziosa nella difficile
RECENSIONI 355
esplorazione del terreno comune fra psicanalisi e letteratura è non solo la qualità, sempre molto alta, dei suoi esperimenti pratici di lettura, ma anche la convergenza
e spesso l'omogeneità fra le proposte teoriche che egli avanza e altre proposte teoriche a cui mi pare che siano giunti altri studiosi, muovendo lungo altre strade e su altri terreni di specializzazione (come la sociologia marxista, l'antropologia culturale, la linguistica e l'ermeneutica).
Per quanto riguarda le analisi dei testi, mi pare che quella qui condotta del Misanthrope sia brillante e convincente. Il Modello interpretativo, ricavato dal libro di Freud sui Motti di spirito e applicato in precedenza alla tragedia, viene ora applicato a una commedia, e questo dovrebbe, essendo il modello nato in rapporto con una teoria del comico, facilitare le cose. La coppia contrappositiva repressione/represso diviene cosí, coerentemente, la coppia comicità/witz. A complicare, ma anche a chiarire le cose sta il fatto che [...]

[...] interne del testo, ma anche la spiegazione delle reazioni cosí contrastanti
e addirittura contrapposte dei suoi destinatari storici e delle successive generazioni di spettatori e di critici. In tutta l'analisi Orlando non dimentica mai né la testualità della commedia né la sua storicità. Basta fare un confronto tra il modo in cui egli utilizza, restando fermo al testo e alla sua storicità, una pagina di Freud sul narcisismo (pp. 1368) e una di Marx sulle « robinsonate » del Settecento (pp. 1569), con il modo in cui Arnold Hauser, in un libro che pure ha molti meriti (Il Manierismo. La crisi del Rinascimento e l'origine dell'arte moderna, Torino, Einaudi, 19672; prima edizione tedesca 1964) combina insieme Freud e Marx per definire « il narcisismo come psicologia dell'alienazione » o per spiegare « la nascita dell'umorismo » e poi applica tali concetti ai piú vari testi, dal Don Chisciotte all'Adone al Don Giovanni a varie opere di pittori manieristi. Si avranno di fronte due modelli di metodo: da una parte l'analisi testuale e storica, dall'altra la libera e inverificata utilizzazione di categorie sociologiche.
Per quanto riguarda le proposte teoriche, mi pare che quella piú interessante, anche perché riformula in termini psicanalitici e linguistici un concetto che comincia a circolare anche fra i meno st[...]

[...]l Don Giovanni a varie opere di pittori manieristi. Si avranno di fronte due modelli di metodo: da una parte l'analisi testuale e storica, dall'altra la libera e inverificata utilizzazione di categorie sociologiche.
Per quanto riguarda le proposte teoriche, mi pare che quella piú interessante, anche perché riformula in termini psicanalitici e linguistici un concetto che comincia a circolare anche fra i meno storicisti e idealisti dei sociologhi marxisti e fra i meno
356 RECENSIONI
metafisici dei semiotici strutturalisti, è quella della natura contraddittoria e compromissoria di ogni testo letterario, sempre costituito, e anzi tanto piú costituito quanto piú si tratta di un testo di grande valore, da elementi di tensione, mai rappacificati. Mi pare anzi che nell'analisi della Phèdre persistesse in qualche punto — forse per influsso dell'immagine spitzeriana della klassische Dämpfung, proprio da questo autore suggerita, o comunque per influsso della poetica classicistica di Racine — l'idea che la forma letteraria, ubbidendo al principio [...]

[...]e l'« intermedio » dell'Aminta) De Angelis non esplora a sufficienza le caratteristiche intrinseche della favola pastorale, una forma (che possiamo forse, adattando la terminologia di Freud e Orlando a un intero genere letterario, giungere a chiamare « forma di compromesso ») nella quale si realizza un particolare modo letterario, quello « pastorale », come è stato ben messo in rilievo da alcuni studiosi (dei quali, per brevità, ricordo solo Leo Marx, The Machine in the Garden. Technology and the pastoral Ideal in America, New York, Oxford University Press, 1974);
c) nei suoi rinvii a precise caratteristiche della storicità del testo, e allo spessore culturale e sociale in cui esso si inserisce, usa formule storiografiche troppo generiche, come « clima della Controriforma » e simili. Non mi pare opportuno, per esempio, parlare della ideologia controriformistica dell'« amore mistico », dimenticando quanta potente sensualità, fortemente corporea, ispirasse gli scrittori manieristici e quale complicato rapporto, fra realtà corporea e slanci[...]

[...]e malinconicamente, la sua soddisfazione.
REMO CESERANI
CURT PAUL .JANZ, Vita di Nietzsche. Il profeta della tragedia (18441879), Bari, Laterza, 1980, pp. xiv802.
Si è ormai da alcuni anni affermata e consolidata, nella storiografia filosofica italiana ed europea, una generale tendenza ad una riconsiderazione critica della figura e dell'opera di Friedrich Nietzsche. Un rinnovato interesse ha investito un pensatore che, principalmente in campo marxista, ha conosciuto il peso della svalutazione e dell'anatema. Come è stato anche altrove ripetutamente affermato, la responsabilità maggiore dell'operazione ideologica di « neutralizzazione » del filosofo tedesco è da attribuire al Lukács de La distruzione della ragione che, confinando Nietzsche sul versante estremo dell'« irrazionalismo » vitalistico, gli ha affidato la mera funzione di espressione teoricofilosofica delle istanze di aggressiva espansione dell'imperialismo germanico. Su questa linea interpretativa Nietzsche è stato letto come momento di una piú generale rivolta contro la « ra[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] N. Vaccaro, La dialettica quantità-qualità in Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]ia la connessione fra il momento della concezione ed il momento metodico, presenti in ogni categoria della dialettica. Infatti Gramsci in più luoghi si esprime in maniera esplicita e decisa contro la riduzione della dialettica a sezione della logica formale, in altri termini contro la riduzione della dialettica a logica del movimento in confronto ailla logica della stasi, rappresentata dalla logica formale. Egli avverte cioè che se la dialettica marxista deve essere concepita in tutta la sua novità, le sue categorie da un lato devono essere viste depurate da ogni contenuto speculativo (l’« autoconcetto » ) dall’altro devono essere liberate da ogni valore puramente strumentale, a cui in fondo si riducono la logica e la metodologia formali. Questo non significa negare o sminuire i problemi puramente logici, significa invece collocarli nella loro giusta luce e sulla base del rapporto al contenuto, cioè del valore gnoseologico della categoria.

Per comprendere in tutto il loro valore le indicazioni che Gramsci ci dà a tale proposito richiam[...]

[...]iamiamoci alle riflessioni contenute nella nota intitolata « La tecnica del pensare » \ In tali pagine la considerazione principale è l’affermazione che la dialettica « è un nuovo modo di pensare, una nuova filosofia, ma è anche perciò una nuova tecnica ».

Da questa prospettiva vanno considerati il valore metodico dell’affermazione di Engels che della vecchia filosofia rimane anche la logica formale dopo le innovazioni portate dalla filosofia marxista, ed insieme l’altro problema del rapporto fra « tecnica s> e « pensiero in atto ».

Ogni nuova concezione, proprio perché tale, implica l'assimilazione di un nuovo procedere logico; cioè il fatto tecnico non può essere separato dal fatto filosofico. Ma se qui ci richiamiamo alla concezione di Gramsci del materialismo storico come filosofia di massa ed al contempo come teoria della conoscenza, due prospettive a mio parere qui si aprono, entrambe a valore storico. Infatti la tecnica che è incor
1 M. S., pp. 5961.Nicola Vaccaro

325

porata nella concezione per il fatto che va consid[...]

[...]non essere condizionata dal mondo reale in cui questa ultima si muove. La prassi cioè non è prassi indeterminata, ma è stata finora la prassi moventesi entro il regno della necessità. Tale considerazione è fondamentale perché giustifica la consapevolezza che la filosofia della prassi è essenzialmente « critica », richiamandoci estensivamente, per intendere tale termine,,

1 M. S., pp. 5556.326

I documenti del convegno

aH’affermazione di Marx che « l’economia politica, in quanto è borghese, cioè in quanto concepisce l’ordinamento capitalistico, invece che come grado di svolgimento storicamente transitorio, addirittura all'inverso, come forma assoluta e definitiva della produzione sociale, può rimanere scienza soltanto finché la lotta delle classi rimane latente o si manifesta soltanto in fenomeni isolati ».

In tal senso fondamentale è il richiamo che Gramsci fa al passo della prefazione al Capitale in cui viene detto che « gli uomini diventano consapevoli (del conflitto tra le forze materiali di produzione) nel terreno ideologi[...]

[...]o della dottrina filosofica di esse, che deve essere sviluppo critico e non costruzione speculativa, nel momento in cui la fase storica che attraversiamo, mette al centro della nostra considerazione il concetto di egemonia, e permette insieme di elaborare quello di « guerra di posizione», l’esame del modo come sulla base della struttura si sviluppa il divenire storico, se poi non esaurisce tutta la realtà, diviene determinante per una concezione marxista.

L’acquisizione di tale orizzonte critico avente a suo centro il rapporto struttura e sovrastruttura configura decisamente la dialettica quantitàqualità. Ed infatti la dialettica quantitàqualità da un lato è posta come identica al rapporto struttura e sovrastruttura, dall’altro è identificata esplicitamente alla dialettica necessitàlibertà 2.

Si tratta in sostanza di una relazione particolarmente interessante perché, in armonia con tutta la propria concezione, Gramsci cerca cosi di individuare entro il problema generale del divenire storico sulla base della struttura, quali siano le[...]

[...]ndere e specificare ciò dobbiamo qui fare una prima osservazione: che la quantità, nella misura in cui essa entra o è vista in dialettica con la qualità, non è alcun che di meccanico, un puro accrescimento che poi di colpo si tramuta in qualità, né è puramente schema logico, ma implica sempre una prospettiva pratica.

Richiamiamoci allora al problema della previsione che ogni automatismo implica. Anche per questo concetto che è basilare per il marxismo, abbiamo un notevole arricchimento ed una notevole chiarificazione.

Se è vero che la presenza di una regolarità storicamente costituita ci permette una prevedibilità entro una certa misura, tale prevedibilità non è un fatto astratto e schematico, ma implica il rapporto libertànecessità, nel senso che intanto si prevede in quanto si coopera concretamente a creare il risultato preveduto. Ma qual è la condizione per potere giungere a tale cooperazione? A me pare che tutti i problemi in discussione ed in particolare il passaggio dalla quantità alla qualità trovano il loro centro nel concet[...]

[...]dominio sulla natura stessa. In ultima analisi, tutto ciò presuppone una visione unitaria dell’intera realtà che, realizzandosi con il regno della libertà, porta alla unità completa fra storia umana e storia della natura, perché nel regno della libertà « i produttori associati regolano razionalmente questo loro ricambio organico con la natura, lo portano sotto il loro comune controllo, invece di essere da esso dominati come da una forza cieca » (Marx).

1 M. Sp. 96.



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] S. Cambareri, Il concetto di egemonia nel pensiero di A. Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]e a dodici dalla apparizione in Italia del suo primo volume Lettere dal carcere che ha aperto la serie delle successive pubblicazioni, si presenta, nella attuale congiuntura storica, particolarmente efficace, sempre che i giudizi o le risoluzioni che necessariamente emergeranno da un tale ripensamento siano giudizi o risoluzioni operative e non già meramente contemplative, volte cioè a porre fine, almeno in Italia, alle deformazioni inaudite del marxismo, legittimate da una falsa interpretazione dei problemi che il XX Congresso del PCUS ha posto di fronte alla classe lavoratrice ed alla sua politica.
Quanto piú gravi e critiche si presentano le contingenze storiche tanto piú necessaria si presenta l'esigenza di un libero ricorso alle opere di quei pensatori che in modo autonomo e originale hanno saputo approfondire le diverse questioni del movimento proletario. E nessuno può negare che con Gramsci ci troviamo di fronte ad un pensiero di rara, originale potenza; pensiero dinamico, pensiero senza retorica, pensiero distruttivo e costruttiv[...]

[...]nza presente o storicomateriale, in funzione di questa egli analizza i diversi problemi sino a pervenire ad una ipotesi risolutiva che non rimane astrazione concettuale, ma si invera nel « fatto » come prova
7.
88 I documenti del convegno
sperimentale, salto qualitativo, rispetto agli elementi analizzati. Questa impostazione metodologica riflette una forte esigenza di storicità reale e colloca il pensiero di Gramsci nell'ambito della corrente marxistaleninista, mentre dimostra, nel contempo, come il marxismo, da concezione universale del mondo, abbia in sé la capacità di articolarsi, particolarizzarsi per divenire espressione conseguente di nuclei nazionali storicamente e diversamente configurati pur rimanendo identico a se stesso. E questa la novità, la originalità del pensiero di Gramsci ed è questo quanto, a nostro avviso, in questi ultimi dodici anni di battaglie culturali, non è stato posto sufficientemente in risalto talché si è discusso con passione,. si è confutato seriamente il problema, per es., del dogmatismo, dell'ortodossismo nella concezione marxiana, laddove si trattava di pure[...]

[...]espressione conseguente di nuclei nazionali storicamente e diversamente configurati pur rimanendo identico a se stesso. E questa la novità, la originalità del pensiero di Gramsci ed è questo quanto, a nostro avviso, in questi ultimi dodici anni di battaglie culturali, non è stato posto sufficientemente in risalto talché si è discusso con passione,. si è confutato seriamente il problema, per es., del dogmatismo, dell'ortodossismo nella concezione marxiana, laddove si trattava di pure celie, di « trastulli piccoloborghesi ». Che il marxismo rettamente inteso possegga una interna difesa contro l'astratto dogmatismo, in quanto non può significare nulla come teoria, né può in alcun modo funzionare come metodo, se non nella piú stretta aderenza alla storia dalla quale nasce ed alla quale deve in ogni momenta ripetere la validità di una verifica scientifica, in funzione della trasformazione della società e della azione rivoluzionaria, ecco quanto il pensiero di Gramsci mirabilmente conferma ed ecco quanta non han saputo intendere coloro che si son lasciati avviluppare, di fronte allo incalzare degli avvenimenti, quanto meno da re[...]

[...]sforzo problematico di questi di « tradurre »
1 La questione della « traduzione », nel contesto della filosofia della prassi, del pensiero speculativo di B. Croce, ha condotto N. MArrEucci (cfr. A. Gramsci e la filosofia della prassi, Milano, Giuffrè, 1951) ad una originale tesi, quella secondo cui la forte esigenza della ricerca di una «via italiana » al socialismo ante litteram avrebbe portato Gramsci a sostituire alle tre fonti classiche del marxismo B. Croce e N. Machiavelli; l'uno considerato come l'espressione « italiana » della filosofia classica tedesca, l'altro come momento simbolico del politicismo francese, onde pervenire ad « una nuova sintesi organica i cui elementi anche se universali siano profondamente nazionali... tale sintesi era necessaria per un superiore sviluppo della filosofia della prassi, in quanto rendeva possibile,
Serafino Cambareri 89
nella filosofia della prassi quanto di piú progredito ed avanzato era stato raggiunto dal pensiero europeo, ed in particolar modo dal pensiero italiano, rende nel Nostro il me[...]

[...]lla classe che « rappresenta costantemente l'interesse del movimento complessivo che spinge sempre avanti la rivoluzione » 1 per modo che questa classe da una posizione subalterna possa divenire « egemone » e dalle semplici rivendicazioni economicocorporative possa affermarsi come portatrice di un proprio ordine
e di una propria civiltà avente valore universale. È il concetto di direzione culturale e politica, cioè il concetto che è entrato nel marxismo sotto la denominazione di « egemonia » appunto: alla egemonia che tentano di mantenere le vecchie classi, si contrappone con la sua lotta politica ed ideologica la classe operaia fino alla fondazione di un nuovo Stato
e di una nuova egemonia. Perché la classe operaia possa affermare, sviluppare, potenziare la sua egemonia come forza nuova nella storia moderna, deve possedere le armi ideologiche piú raffinate e decisive, deve assumere una posizione di lotta politica ed ideologica di contro alla classe borghese tutta tesa al mantenimento, alla conservazione del suo dominio politico e quind[...]

[...]e del suo dominio politico e quindi al mantenimento della sua egemonia. Di qui la funzione degli intellettuali « organici » ai quali è commesso il compito di lottare per la assimilazione e la conquista ideologica degli intellettuali tradizionali e per la « egemonia » della loro classe, organizzando la classe stessa nella lotta politica e nella fondazione del nuovo Stato 2. Di qui si
con la eliminazione di ogni forma di materialismo volgare o di marxismo deteriore, un reale superamento delle forme piú alte della cultura italiana » (op. cit., p. 19). Tesi assai suggestiva che contesta essere stato il linguaggio di Gramsci un mero espediente per sfuggire alla censura ecc., tesi che richiede, a nostro avviso, ulteriori approfondimenti, anche se l'autore ha creduto di collocare il pensiero gramsciano nell'alveo del pensiero di B. Croce.
1 K. Mnxx e F. ENGELS, Manifesto del Partito comunista, trad. Togliatti, Roma, Ediz. Rinascita, 1947.
2 I., pp. 3, 7 passim.
90 I documenti del convegno
evince come i problemi del partito politico della cl[...]

[...]ticamente consapevole 2; l'egemonia è presentata come una riforma intellettuale e morale connessa ad una trasformazione dei rapporti economici della società. È questo l'aspetto eticopolitico della politica, aspetto non sufficientemente analizzato da Lenin, ma che Gramsci colloca al centro della sua problematica, talché le sue tesi sull'egemonia rappresentano, a nostro avviso, una esperienza teorica ulteriore e quindi storicamente piú avanzata di marxismo rivoluzionario. Di Lenin cosí parla Gramsci: « piú grande teorico moderno della filosofia della prassi, nel terreno della lotta e della organizzazione politica, con terminologia politica, ha in opposizione alle diverse tendenze "economistiche ", rivalutato il fronte della lotta culturale e costruito la teoria della egemonia come complemento [cors. nostro) della teoria dello Statoforza » 3. Il problema è questo: il concetto della direzione politica del proléta
1 ,LENIN, Che fare?, in Opere scelte, 1948, Mosca, vol. I, p. 142, ed anche STALIN, Les Questions du Léninisme, Moscou, Editions e[...]

[...]osca, vol. I, p. 142, ed anche STALIN, Les Questions du Léninisme, Moscou, Editions en langues étrangères, 1949. Vedi A. GRAMSCI, I, pp. 45.
2 D'accordo con Matteucci (op. cit., p. 76), che in Lenin il concetto di egemonia è piú una « intuizione » che una esperienza storiografica o una problematica filosofica.
3 M. S., p. 201.
Serafino Cambareri 91
riato, senza dubbio, viene sviluppato per la prima volta da Lenin; troviamo già nelle opere di Marx implicito un tale concetto 1, ma in Lenin il principio dell'egemonia assume, e non può non assumere, data la congiuntura storica nella quale operava il grande rivoluzionario, una significazione di « strategia rivoluzionaria » come sistema di « guida » degli altri raggruppamenti sociali nella lotta contro il vecchio regime z. Lenin insomma parla di egemonia, cioè del « consenso » dei diretti solo quando il proletariato trionfante, dápo aver imposto la sua dittatura, crea le corrispondenti condizioni a questo scopo, giacché le masse non sono in grado di impadronirsi della cultura, esercitando l[...]

[...]a ed ideologia. È chiaro che quando la classe subalterna conquista il potere la rivoluzione culturale diventa rapida e completa, ma il concetto gramsciano è che la classe operaia, prima ancora della materiale conquista del potere, debba esercitare la sua funzione dirigente attraverso l'« egemonia politicoculturale ». Essa classe dovrà essere la guida, quali che siano i raggruppamenti politici nei quali si incarnano le sue aspirazioni; essendo il marxismo l'ideologia tipica, conseguente, di questa classe, solo i partiti che si richiamano al marxismo inteso nella sua piú genuina essenza rivoluzionaria possono essere considerati gli strumenti efficaci che conducono al rovesciamento delle fondamenta classiste dello Stato borghese. È chiaro che la classe esiste solo dove e quando ha la coscienza di agire come tale e questa coscienza deve e può esprimersi in un partito o in piú partiti, a seconda delle condizioni storiche oggettive e soggettive nelle quali la classe è costretta ad operare. Ma di questo, cioè del rapporto classepartitopartistiStato, tratteremo in seguito. Rileviamo ora come Gramsci, partendo dalla premessa che la classe op[...]

[...]ito o in piú partiti, a seconda delle condizioni storiche oggettive e soggettive nelle quali la classe è costretta ad operare. Ma di questo, cioè del rapporto classepartitopartistiStato, tratteremo in seguito. Rileviamo ora come Gramsci, partendo dalla premessa che la classe operaia crea le condizioni per la conquista del potere, ponendosi come guida delle piú grandi masse della propria nazione, come forza sociale e politica la cui ideologia, il marxismo, riesce ad influenzare e ad attrarre la stessa intellettualità borghese, marxisticamente, vede la possibilità dello sviluppo della cultura, quindi la possibilità del supera
Soprattutto nel Manifesto, là dove il partito è presentato come « coscienza » della classe capace di intendere non solo gli interessi immediati di questa, ma anche l'avvenire del movimento.
2 Cfr. Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democraticaborghese, in LENIN, Opere scelte, ed. cit., vol. I.
92 I documenti del convegno
mento della alienazione umana solo nel « superamento della estraneazione economica ». Egli si chiede: « Può esserci riforma culturale e cioè elevamento civile[...]

[...]d è questo suo insistere che ci convince circa la ricchezza. l'importanza, la originalità del suo concetto di « egemonia », rispetto al concetto leninista — che un gruppo sociale può, anzi deve essere dirigente ancor prima della conquista del potere; è questa una delle condizioni principali per la stessa conquista del potere: « non appena conquista il potere diventa dominante ma deve continuare ad essere dirigente » 1. Qui è Rodi e qui salta! Il marxismoleninismo è tale che lo si supera solo se se ne assimila la sostanza profondamente, e noi crediamo che il pensiero di Gramsci rappresenti una esperienza ulteriore, piú avanzata rispetto al marxismoleninismo. Il fatto che Gramsci abbia posto l'accento sul momento della direzione intellettuale e morale come condizione della conquista e dell'esercizio del potere, risulta piú evidente ove si pensi alla sua instancabile lotta teorica e pratica condotta per la « creazione di un nuovo ceto intellettuale educato nel mondo della produzione » Gli è che la classe borghese esita a portare avanti la sua stessa rivoluzione e quindi è incapace di democraticismo conseguente; ma per il movimento proletario porsi alla testa degli altri gruppi significa essere capace di legare a sé altre classi, con l[...]

[...]onio di cui parla Lenin, è questo lo sforzo che perseguono gli intellettuali « organici » , quello cioè di chiarire, per la azione rivoluzionaria, il significato del rapporto democraziasocialismo e tutte le questioni generali connesse al termine « democrazia moderna » 2.
1 Vedi « Dichiarazione Programmatica » dell'VIII Congresso nazionale deI PCI. Cfr. Stato e Rivoluzione di Lenin, ed. cit.
2 A questo proposito vedi: G. DELLA VOLPE, Rousseau e Marx, Roma, Ed. Riuniti, 1957, là dove si dimostra, tra l'altro, il nesso storico Rousseau socialismo e la continuità della genuina problematica egualitaria russoiana nel socialismo scientifico.



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] P. Togliatti, Il leninismo nel pensiero e nell'azione di A. Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]modo il pensiero politico di Gramsci dà la prova della sua vitalità e verità. Non è legato a una piattaforma politica determinata, quale poteva essere quella su cui venne fondato, nel 1921, il partito comunista; non è legato nemmeno a una determinata serie di movimenti strategici e tattici, dettati da una situazione particolare. La sua verità sta nel metodo
Palmiro Togliatti 19
e il metodo è unito inseparabilmente al contenuto, perché è metodo marxista e leninista, cioè guida all'azione rivoluzionaria nelle condizioni in cui si compie il passaggio dal mondo borghese al mondo socialista. Di qui discende il suo legame col leninismo, che è la dottrina rivoluzionaria di questo passaggio.
2. — La ricerca filologica sulla conoscenza che G. ebbe delle opere di Lenin presenta alcune difficoltà. Non è sempre possibile, infatti, stabilire in modo preciso quando egli poté conoscere e studiare determinati scritti di Lenin e quindi quali di essi ebbero maggiore efficacia diretta su di lui nei singoli momenti.
Certo è che persino il nome del grande[...]

[...]filosofici (pubblicati solo nel 1936), molti spunti dei quali sarebbero stati di grande aiuto per lo sviluppo di tutte le sue ricerche filosofiche. Non gli era invece certamente ignota la insistenza con la quale Lenin accusava Bukharin di non conoscere i1 ragionamento dialettico, ma soltanto la logica astratta.
Nel carcere non ci risulta che G. avesse a sua disposizione alcuna opera di Lenin, mentre era riuscito a procurarsi parecchi scritti di Marx e di Engels. I riferimenti alle opere di Lenin che si trovano nei Quaderni sono quindi fatti a memoria, oppure sono di seconda mano, tratti da citazioni di scritti leninisti in riviste e libri vari. L'acquisto di libri di Lenin non gli venne mai consentito dalla direzione carceraria.
3. — Da Gramsci venne immediatamente colto il primo, fondamentale elemento costitutivo del leninismo, che è la dottrina della rivoluzione, formulata da Lenin in modo tale da fare piazza pulita di tutte le pedanterie che i riformisti spacciavano per marxismo. La rivoluzione proletaria e socialista non avrebbe pot[...]

[...]i fatti a memoria, oppure sono di seconda mano, tratti da citazioni di scritti leninisti in riviste e libri vari. L'acquisto di libri di Lenin non gli venne mai consentito dalla direzione carceraria.
3. — Da Gramsci venne immediatamente colto il primo, fondamentale elemento costitutivo del leninismo, che è la dottrina della rivoluzione, formulata da Lenin in modo tale da fare piazza pulita di tutte le pedanterie che i riformisti spacciavano per marxismo. La rivoluzione proletaria e socialista non avrebbe potuto compiersi, secondo costoro, se non in quei paesi e in quel momento in cui la economia
1 Mach., p. 114.
Palmiro Togliatti 23
capitalistica avesse toccato il piú elevato punto del suo sviluppo. Lenin respinge questa proposizione e apre a tutto il marxismo la strada di un nuovo sviluppo creativo affermando che condizione della rottura rivoluzionaria è lo sviluppo e lo scoppio delle contraddizioni del capitalismo giunto alla fase imperialistica. Questa tesi, che trovò la sua dimostrazione nell'Ottobre 1917, era, per i bolscevichi russi, il punto di arrivo di tutta la lotta politica e ideale da essi condotta, dall'inizio del secolo, contro l'autocrazia zarista e contro le diverse varianti dell'opportunismo nel movimento operaio. Per il rimanente movimento operaio e socialista fu una rivelazione, una scoperta di eccezionale portata, le cui con[...]

[...]movimento operaio. Per il rimanente movimento operaio e socialista fu una rivelazione, una scoperta di eccezionale portata, le cui conseguenze forse solo oggi possiamo valutare appieno. Si comprende ii grido quasi di liberazione che è nell'articolo scritto da Gramsci il 5 gennaio 1918 e che ha un titolo, senza dubbio errato, ma assai significativo: La rivoluzione contro il « Capitale », e intendeva dire non contro i fondamentali insegnamenti del marxismo che sono la lotta di classe e la necessità morfologica della rivoluzione proletaria, ma contro la degenerazione delle interpretazioni positivistiche del Capitale di Carlo Marx e del marxismo, contro il piatto economismo, contro la pedanteria dei riformisti, e contro le gherminelle ideologiche degli avversari.
Ciò che Lenin fece con la sua dottrina della rivoluzione, fu la restaurazione della dialettica rivoluzionaria, contro l'astratto argomentare formalistico dei pedanti, degli sciocchi e degli sviati. Non soltanto egli ne derivò la possibilità della vittoria della rivoluzione e della costruzione socialista in un paese non ancora giunto al piú alto livello dello sviluppo capitalistico; ma dette un solido fondamento alla ricerca e lotta che può e deve essere condotta per ins[...]

[...]na nuova materia prima, di un nuovo combustibile, ecc., che portano con sé l'applicazione di nuovi metodi nella costruzione e nell'azionamento delle macchine » j. In questi casi dal materialismo storico si passa all'economismo storico, che non è piú la nostra dottrina.
Fanno parte, quindi, della grande corrente del pensiero politico leninista, da un lato la insistente polemica di Gramsci contro l'economismo e Ì interpretazioni economistiche del marxismo, (essa è permanente in tutti i Quaderni), dall'altro lato la complessa indagine che fa scaturire le prospettive politiche e rivoluzionarie dalla analisi della struttura economica e dei reciproci suoi rapporti con la sovrastruttura ideale, sociale, politica. La guida delle conclusioni leniniste sulla natura dell'imperialismo fa superare a Gramsci il panto morto cui era giunta, all'inizio del secolo, l'indagine politica di Antonio Labriola e alla quale aveva corrisposto, in sostanza, la impossibilità del movimento operaio italiano di liberarsi sia dal riformismo che dall'estremismo verbale.[...]

[...]riori al passaggio alla Nuova politica economica, e relativi ai compiti della costruzione socialista, ai problemi, ai contrasti, alle difficoltà che sorgono nel corso di questa costruzione e alle funzioni dello Stato (e della politica) in questo nuovo periodo della storia.
Ci troviamo qui di fronte alla affermazione, che è a1 centro di tutto il pensiero di Gràmsci, della storicità assoluta della realtà sociale e politica, e alla definizione del marxismo, quindi, come storicismo assoluto, in quanto sola dottrina capace di guidare alla comprensione di tutto il movimento della storia e al dominio di questo movimento da parte degli uomini associati. In questo ambito vengono risolti i temi della libertà
e della necessità, viene elaborato un criterio per giudicare quali sono i problemi storicamente concreti, cioè tali che possono essere risolti con un rivolgimento delle strutture sociali e quelli che nell'ambito delle strutture esistenti ancora sono da risolversi, ma la cui soluzione prepara
e rende inevitabile il rivolgimento radicale. La r[...]

[...]eologia, inoltre, sorge sempre una tendenza alla scienza, alla conquista di una verità assoluta, allo stesso modo che nel mondo delle sovrastrutture ideali è sempre presente, in ogni campo, la tendenza allo sviluppo autonomo e alla creazione. Se cosí non fosse, l'umanità non darebbe scienziati, pensatori, artisti, ma solo marionette; non si avrebbe progresso scientifico, non creazione di opere d'arte di valore universale, ecc. La superiorità del marxismo sta nel fatto che, essendo capace di fare questa analisi e queste distinzioni, pub diventare una vera scienza dello sviluppo storico delle società umane in tutti gli aspetti della loro vita.
L'analisi di Gramsci non riduce dunque la funzione degli intellettuali a una strumentalità o a un servizio, la studia nella sua realtà effettiva, facendo dell'impegno degli intellettuali un fatto della storia che l'azione umana tende a trasformare. Il terreno della cultura, sul quale sono attivi i gruppi intelleetuali, è teatro di una lotta continua, tra il vecchio e il nuovo, tra la conservazione e [...]

[...]continua, tra il vecchio e il nuovo, tra la conservazione e la rivoluzione. Gli intellettuali fanno parte di un blocco storico, sono fattore di unità della struttura e della sovrastruttura. Le crisi rivoluzionarie spezzano questo blocco storico. Anche la cultura, quindi, ha le sue crisi totali e l'avanzata, sulla base di una nuova struttura organica, di una nuova classe dirigente, postula una profonda riforma intellettuale e morale. La filosofia marxista è condizione e premessa di questa riforma. Essa dà agli intellettuali la consapevolezza della loro funzione; li rende fattori coscienti della evoluzione sociale.
6. — Punto di partenza e punto di arrivo di tutto il pensiero leninista è la dottrina del partito e, parallela .ad essa, la dottrina della ditta
1 M. S., p. 236.
2 M. S., p. 217.
32 I documenti del convegno
tura della classe operaia, come condizione per la creazione di una società nuova: senza guida del partito non si giunge al potere e non si organizza il potere nuovo. La stessa necessità risulta da tutto il pensiero e da t[...]

[...]nostra storia, e di qui ricava una dimostrazione della sua verità che è di impressionante efficacia.
Questo non può però non essere il punto sul quale tutte le critiche, tutti gli attacchi, tutte le negazioni degli avversari concentrano i loro colpi, non rifuggendo, spesso, dalla volgarità di una agitazione non piú argomentata se non sulla base di contraffazioni evidenti. Ma di questo
non ci occuperemo. storia assai vecchia che alla concezione marxista della storia si può anche aprire uno spiraglio, accettarla come un metodo, una indagine sociologica sulla lotta delle classi, o simili, ma la si respinge quando si presenta o vuole essere riconosciuta come dottrina politica completa, cioè guida della azione rivoluzionaria. Dottrina del partito e della dittatura della classe operaia sono del resto elaborate dal marxismo nel modo logicamente piú aderente alla realtà.
Lenin elabora la dottrina del partito partendo principalmente dalle grandi esperienze della Rivoluzione francese e della storia rivoluzionaria dell'Ottocento, mentre la sua dottrina della dittatura è fondata sull'analisi del contenuto di classe dello Stato e quindi di tutta la ideologia borghese, che attribuisce un valore assoluto alle forme di organizzazione politica date allo Stato della borghesia.
ll nesso è evidente. La classe rivoluzionaria si organizza in partito per poter fare dello Stato uno strumento della propria azione rivoluzion[...]

[...]I documenti del convegno
zione », che è poi un risveglio, un progresso delle menti che rende piú rapida la formazione di un movimento storico e di una volontà collettiva 1. Il regime dei partiti diventa una necessità della storia e l'affermarsi della classe operaia è affermarsi e avanzata del partita politico che la esprime.
Già per Hegel, il partito era una trama « privata » dello Stara, e questa concezione prevede lo Stato parlamentare 2. Il marxismoleninismo non solo estende questa concezione, ma la rinnova. Dalla esperienza sia delle rivoluzioni borghesi, sia dello stesso parlamentarismo, deriva la nozione del partito come strumento del potere e per la conquista di esso. La classe borghese non si serve solo di questo strumento, che per essa è sussidiario, per attuare e mantenere il suo dominio. Questo parte dal mondo della produzione. Neanche la classe operaia, quando il capitalismo è giunto a un certo grado del suo sviluppo, si serve soltanto del partita politico per contrastare il dominio borghese e prepararne la caduta, anche per[...]

[...] è giunto a un certo grado del suo sviluppo, si serve soltanto del partita politico per contrastare il dominio borghese e prepararne la caduta, anche perché si muove nell'ambito degli istituti borghesi. Il partito però diventa per essa lo strumento principale. La consapevolezza della propria funzione storica, trasformatrice del mondo e creatrice di libertà, tocca infatti nella classe operaia il punto piú alto, perché, col possesso della dottrina marxista, essa giunge a conoscere esattamente che cosa vi è, nelle creazioni dei precedenti rivolgimenti storici, di permanente e degno di essere conservato e che cosa invece è caduco, come puro strumento di un dominio di classe.
Vi è per Gramsci una differenza e quale, nello sviluppo di questi concetti, tra il termine di egemonia e quello di dittatura? Una differenza vi è, ma non di sostanza. Si può dire che il primo termine si riferisca in prevalenza ai rapporti che si stabiliscono nella società civile e quindi sia piú ampio del primo. Ma è da tenere presente che per lo stesso Gramsci la differ[...]

[...]a « regolata ». Ma che cosa vuol dire una società regolata e come si giunge ad essa? Occorreranno, dice Gramsci, parecchi secoli. Questo vuol dire che la conquista del potere e la creazione dello Stato socialista non portano alla risoluzione di tutte le contraddizioni. Anche al di fuori di quelle che sono legate al carattere parziale delle prime vittorie, altre ne sorgono e devono essere risolte. Uno dei cavalli di battaglia contro la concezione marxista del mondo e della storia era di chiedere come si concilia la nostra visione dialettica della realtà con la nostra lotta per una società regolata. Quale sviluppo dialettico ci potrà dunque essere in siffatta società? Al che Gramsci ci insegna a rispondere che il marxismo non è dottrina di profezie, ma dottrina della realtà. Noi conosciamo le contraddizioni del nostro mondo, che è il mondo diviso in classi e lottiamo per superare queste contraddizioni. Profezie sugli sviluppi delle società future, prive di classi, non spetta a noi farne. Ci spetta invece conoscere e lavorare per risolvere, con metodi nuovi, le contraddizioni che anche in questa prima fase delle società socialiste continuano a esistere. Non poteva essere compito di Gramsci addentrarsi in questo terreno.
i Mach., p. 161.



da Alberto Caracciolo, A proposito di controllo e democrazia operaia in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]all'imperio della « società politica ».
È anche vero che un'antica pubblicistica, che ha fatto breccia talora nel senso comune, attribuisce al socialismo e al comunismo la caratteristica del massimo accentramento politicoeconomico. Ma è chiaro come questo discorso confonda il fatto della direzione ra
A PROPOSITO DI CONTROLLO E DEMOCRAZIA OPERAIA 81
zionale e sociale dell'economia con una concezione antidemocratica del potere che non c'é né in Marx, né in Lenin, né in nessuna parte della letteratura marxista, neppure nelle interpretazioni della formula « dittatura del proletariato ». Persino Stalin, sotto la cui direzione nell'Unione Sovietica si é sbandato verso il centralismo burocratico, esaltava sul piano teorico il sistema in atto come massima espansione di democrazia diretta, egli economisti spiegava, in un famoso scritto, non doversi ricercare la caratteristica del socialismo nella pianificazione, che non ha di per sé alcun significato rivoluzionario. Come ci ammoniva Antonio Gramsci, potere socialista significa anzitutto valorizzazione di tutti gli istituti e le istanze di democrazia [...]

[...]uci e le loro ombre, permettono forse di giudicare matura per importanti avanzamenti. Di essa è possibile mettere in evidenza almeno una constatazione: che cioé la pianificazione socialista, nel momento stesso della sua evidente efficacia in un sistema di produzione sempre più sociale com'è quello generato dall'industrialismo contemporaneo, è soggetta a degenarazioni qualora non venga accompagnata da un sistema di controlli democratici. In campo marxista, la polemica condotta dai trotskisti contro il cosidetto K centralismo burocratico », contro il « capitalismo di Stato », contra i regimi di apparato, aveva mostrato da qualche decennio una certa sensibilità a questo ordine di problemi. Un paese importante, come la Jugoslavia, ha successivamen
A PROPOSITO DI CONTROLLO E DEMOCRAZIA OPERAIA 83
te sviluppato sul proprio corpo una critica dello stesso genere, rivoluzionando il sistema di pianificazione, i poteri di gestione diretta, i modi di intervento politico della classe operaia. Le più recenti riforme in Unione Sovietica dimostrano se [...]

[...]ente adeguata in sede partitica e sindacale.
6. Non mi fermerò qui sul problema della teoria: non perché sia di poca importanza, ma perché di tale profondità che si gioverà piuttosto, e già si è giovato, di apporti particolari, puntuali, tratti dall'osservazione e dalla comparazione di singoli fenomeni.
Accennavamo in altro luogo recentemente, riprendendo osservazioni diffuse, di quale portata sia il problema di uscire dagli schemi dell'età di Marx o dalle soluzioni proposte al tempo della rivoluzione russa, in un momento di cristallizzazione delle idee secondo confini che quasi ripetono i grandi blocchi mondiali contrapposti. Pure il problema esiste e dobbiamo dare atto al movimento comunista in Italia di avere in qu khè misura conservato _ per anni — quell'autonomia di pensiero che permetteva a Gramsci le sue analisi delle vie della rivoluzione italiana. Ma anche qüësto sforzo si è disperso tra il conformismo internazionale, dopo aver contribuito a suggerire almeno la formula di una via democratica che passi attraverso le « riforme di[...]

[...]smo internazionale, dopo aver contribuito a suggerire almeno la formula di una via democratica che passi attraverso le « riforme di struttura », formula da cui prende le mosse ormai tutta la sinistra socialista. E non sappiamo fino a che punto il Partita socialista da solo si saprà supplire.
Il fatto è che non si può più fermare a queste formule, oggi, né è possibile rifarsi all'originale pensiero gramsciano o restaurare una presunta ortodossia marxiana o leninista per ricavare una strada efficiente al socialismo. L'essenziale è partire dall'osservazione di come si è venuta strutturando negli ultimi decenni la società italiana e, in pari tempo, dei paesi come l'Italia, nei limiti in cui l'analogia sia possibile; accompagnando ed in parte anche precedendo l'azione politica se non si vuole che tradizione, esperienza, attaccamento delle masse, si esauriscano in una battaglia senza prospettive.
7. Al problema della teoria si ricollega immediatamente, ci pare, quello degli istituti e degli strumenti d'azione del movimento operaio. E vi ricol[...]



da Saverio Tutino, «Un grande dirigente di statura internazionale». Il saluto di Cuba a Palmiro Togliatti. Gli editoriali del direttore di «El Mundo» e di Blas Rocas su «Hoy» - Le condoglianze dei tecnici italiani. in KBD-Periodici: l'Unità - Nuova serie - Edizione nazionale 1964 - - agosto - 25

Brano: [...]con queste parole la figura di Togliatti dirigente comunista internazionale: << Per noi era il compagno comunista Ercoli, che si interessava ai minuti particolari della vita dei popoli latinoamericani, che voleva sapere quale fosse la situazione di Cuba dopo la liquidazione di Machado e che si preoccupava del grado di unità raggiunto fra le diverse forze antiimperialiste... Oggi, insieme con tutto il mondo progressista e socialista, con tutti i marxistileninisti, piangiamo la grave perdita del combattente tenace e fedele, del grande dirigente del popolo italiano che per cinquanta anni ha preso parte alla incessante battaglia della classe Operaia per la sua liberazione, per il socialismo, per il comunismo, seguendo l'insegnamento di Marx e di Lenin».
L'editoriale di «El Mundo» descrive con queste parole la figura di Togliatti: «Forgiatore con Gramsci di un poderoso partito comunista — il più forte nei paesi dell'Occidente — il leader scomparso non era solo una figura politica di primo piano, un gran combattente marxista leninista, ma anche un oratore degno di ammirazione un magnifico scrittore che ha arricchito gli aspetti teorici del marxismo con contributi altrettanto considerevoli di quelli portati all'applicazione pratica dei principi del materialismo scientifico».
Dopo aver ricordato il ruolo di Togliatti e del Partito comunista italiano nella lotta contro il fascismo, «El Mundo» annota «Ma la sua statura e la sua azione escono dal quadro del suo paese, e ne fanno una figura di taglia internazionale. Durante la guerra fu uno dei pilastri dell'Internazionale ed è indimentila sua attività durante l'aggressione fascista alla Repubblica spagnola... Senza distinzione di milizia politica, il popolo italiano si prepara a rend[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] R. Dal Sasso, Il rapporto struttura-poesia nelle note di Gramsci sul decimo canto dell'Inferno in Studi gramsciani

Brano: [...]o e i problemi che da esso vedeva sorgere. Amore per Dante? Non di questo si trattava. Conviene anzi chiarire subito il pensiero di Gramsci a questo proposito, perché investe un atteggiamento proprio di gran parte della cultura ufficiale e accademica negli ultimi, decenni dell'ottocento. È questo anzi un momento della polemica antipositivistica di Gramsci, condotta su una piattaforma ideale e metodologica che non è quella crociana, ma quella del marxismo; ed è un momento della sua ricerca sulla formazione dello spirito pubblico in Italia. Non pochi sono i legami con la polemica « antibrescianesca ». Ma si veda. Amore per Dante? « Chi legge Dante con amore? I professori rirnminchioniti che si fanno delle religioni di un qualche poeta o scrittore e ne celebrano degli strani riti filologici, lo penso che una persona intelligente e moderna deve leggere i classici in generale con un certo " distacco", cioè solo per i loro valori estetici, mentre 1"` amore " implica adesione al contenuto ideologico della poesia: si ama il "proprio" poeta, si "a[...]

[...]ualche poeta o scrittore e ne celebrano degli strani riti filologici, lo penso che una persona intelligente e moderna deve leggere i classici in generale con un certo " distacco", cioè solo per i loro valori estetici, mentre 1"` amore " implica adesione al contenuto ideologico della poesia: si ama il "proprio" poeta, si "ammira" l'artista in generale. L'ammirazione estetica può essere accompagnata da un certo disprezzo "civile", come nel caso di Marx per Goethe » 1. E la distinzione fra « amore » e « ammirazione » ribadisce un anno dopo in un'altra lettera alla moglie: « io ho distinto il godimento estetico e il giudizio positivo di bellezza artistica, cioè lo stato d'animo di entusiasmo, per l'opera d'arte come tale, dall'entusiasmo morale, cioè dalla compartecipazione al mondo ideologico dell'artista, distinzione che mi pare criticamente giusta e necessaria. Posso ammirare esteticamente Guerra e Pace di Tolstoi e non condividere la sostanza ideologica del libro; sei fatti coincidessero Tolstoi sarebbe il mio vademecum, le livre de cheve[...]



da [Gli interventi] Giorgio Candeloro in Studi gramsciani

Brano: [...]liberalemoderata un modello ideale di rivoluzione giacobina. Secondo Rosario Romeo invece2, l’interpretazione gramsciana è criticabile, non solo perché la situazione italiana del Risorgimento era profondamente diversa da quella francese della Rivoluzione, ma soprat
1 W. MATURI, « Gli studi di storia moderna e contemporanea », in Cinquantanni di vita intellettuale in Italia^ Napoli, 1950, voi. I, p. 273.

2 R. Romeo, « La storiografia politica marxista », in Nord e Sud, agosto 1956.516

Gli interventi

tutto perché una rivoluzione giacobina, se ci fosse stata in Italia, non avrebbe avuto funzione progressiva, poiché avrebbe di molto ridotto, con la creazione di un vasto ceto di piccoli proprietari coltivatori, le possibilità di accumulazione capitalistica già tanto limitate in un paese arretrato commercialmente ed industrialmente. Si può dire insomma che, pur con motivazioni diverse e in parte contrastanti, la critica all’affermazione di Gramsci sull'assenza di giacobinismo nel Risorgimento sia stata finora uno dei punti centrali d[...]

[...]anche dire che questa azione fu essenzialmente azione rivoluzionaria, rivolta a mobilitare e a dirigere le forze capaci di risolvere i problemi di fondo della società e dello Stato in Italia. Questi problemi, giunti ad un grado estremamente critico nel primo dopoguerra, hanno però le loro radici in tutta la precedente storia d’Italia, in particolare nella storia dell’Italia unitaria e nel Risorgimento. Gramsci perciò condusse un’indagine storica marxista sul problema della nascita e dello sviluppo della società e dello Stato borghese in Italia cercando di fissarne con chiarezza i caratteri distintivi nell’ambito dello sviluppo generale della borghesia in Europa e nel mondo. Nasce di qui necessariamente il paragone con la Rivoluzione francese, il quale del resto si può ricollegare ad una tendenza tipica del pensiero politico ottocentesco in Italia e in tutta l’Europa. Gran parte del pensiero politico liberale, democratico e in una certa misura anche socialista, del secolo passato, si sviluppò infatti sulla base di determinate e tra loro co[...]

[...]sul terreno storiografico : è necessario infatti studiare a fondo la struttura economicosociale italiana, vederne con chiarezza l'evoluzione durante il Risorgimento, fissarne con precisione i caratteri diversi nelle varie parti d'Italia, studiarne infine Ì

1 R., pp. 8788.

34.520

Gli interventi

rapporti' con i movimenti politici. Si tratta insomma di proseguire ed estendere il lavoro di Gramsci studiando la storia d’Italia col metodo marxista. Quel metodo che Gramsci peir primo applicò ad essa con grande acume critico e con eccezionale ampiezza di prospettive, anche se, per le circostanze in cui ifu costretto a lavorare, i risultati della sua indagine dovettero assumere spesso una forma frammentaria e talora ebbero il carattere di geniali intuizioni non sufficientemente argomentate.

Non è da escludere che questo approfondimento possa portare a correggere o a limitare talune affermazioni gramsciane, come quella sopra citata sulla possibilità di un diverso sviluppo del movimento risorgimentale nei riguardi dei contadini; ma i[...]

[...]ntadini; ma i risultati fondamentali dell’indagine di Gramsci restano validi e fecondi di ulteriori sviluppi. Essi derivano infatti da un’impostazione metodologica che non sii fonda su fantasiose costruzioni ideologiche, o su pregiudizi moralistici, o sul mito di una conoscenza storica concepita come fine a se stessa, ma nasce dall’esigenza di conoscere scientificamente la realtà per trasformarla. Se si tiene presente questo essenziale carattere marxista dell’indagine gramsciana, allora appare anche pienamente legittimo l’uso della comparazione storica nella forma adottata da Gramsci a proposito del giacobinismo. Infatti per comprendere ciò che il Risorgimento è stato effettivamente è necessario vederne con chiarezza i limiti, vedere quali problemi esso lasciò insoluti; è necessario cioè, in un certo senso, tener conto anche di quello che esso non è stato. Perciò occorre studiarlo tenendo presente sia lo sviluppo successivo della storia italiana, che è condizionato dall risultato del Risorgimento, sia lo sviluppo generale della borghesia [...]

[...]oluzione permanente», nella fase storica che va dal 1789 al 1848 e sul loro esaurirsi nel 1870711. Comunque in Gramsci è molto chiara la coscienza della maggior complessità della rivoluzione proletaria rispetto alla rivoluzione borghese, soprattutto per quel che concerne il problema delle alleanze della classe rivoluzionaria. ,

Da un’attenta lettura degli scritti di Gramsci si può trarre infatti questa conclusione, che del resto è tipicamente marxistaleninista : in determinate condizioni storiche, quali erano quelle dell'Italia del Risorgimento in cui prevalsero i problemi essenzialmente politici deH’indipendenza nazionale e dell'unità statale, una rivoluzione borghese è possibile in una forma limitata (ma in tutte le rivoluzioni borghesi c’è sempre un certo limite rappresentato dalla maggiore o minore sopravvivenza di residui del passato), senza l’alleanza con i contadini e in genere con le masse popolari, ma coll’alleanza di vecchie forze preesistenti; invece una rivoluzione proletaria non è possibile senza l’alleanza con le masse co[...]

[...] masse contadine ed eventualmente con altri ceti e strati sociali. Insomma la rivoluzione borghese può, anzi deve, fermarsi ad un punto più o meno avanzato del suo sviluppo per far fronte alla nuova classe rivoluzionaria, mentre la rivoluzione proletaria non può fermarsi prima di essere giunta ad una trasformazione completa e definitiva della società. Essa perciò ha una linea di sviluppo complessa che fu sommariamente ma vivacemente delineata da Marx in un famoso passo dello scritto sul Diciotto Brumaio di Luigi Bonaparte.

Ma il concetto gramsciano del giacobinismo può essere chiarito anche dai giudizi che Gramsci dà su tre uomini del Risorgimento, nei quali egli trova degli spunti giacobini: Giuseppe Ferrari, Carlo Pisacane e Vincenzo Gioberti.

Il giudizio su Ferrari mi sembra particolarmente esatto. Secondo Gramsci, il giacobinismo storico neH’opera di Ferrari si è « diluito e astrattizzato ». Giustamente egli nota come le grandi opere del Ferrari

1 Mach., p. 44.522 interventi

siano degli zibaldoni « f arraginosi e confusi [...]



da Programma in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 1 - giugno

Brano: [...]finita di questa rassegna, quale essa è nelle nostre intenzioni.
Il nostro scopo principale e primo è di fornire una guida ideologica a quel movimento comunista il quale, stretto alleato del movimento socialista, è parte integrante ed elemento dirigente del moto di rinnovamento profondo che sempre più tende oggi a manifestarsi e affermarsi in tutti i campi della vita del nostro paese: La giustificazione teorica,—attinta alle fonti classiche del marxismo e alla pratica del movimento proletario, — della politica della classe operaia e della sua avanguardia nell' attuale situazione italiana, sarà però soltanto parte, benchè parte molto importante, del nostro compito. L'adesione di gruppi sempre più numerosi, non soltanto di operai e di contadini, — il che è nella logica delle cose, — ma di elementi provenienti dagli strati intermedi della società e in prima linea degli intellettuali, al movimento comunista, è tino dei fatti che più e meglio promettono per l' avvenire d' Italia. Noi non ci nascondiamo però che questa adesione muove oggi anco[...]

[...]onquistare le nozioni teoriche indispensabili non solo a comprendere le ragioni di tutto ciò che diciamo e facciamo, ma ad applicare in tutti i campi con spirito d'iniziativa la politica che meglio riponde agli interessi della loro classe, del popolo e del paese, di respingere ogni ingiustificata critica diretta contro di essa, di spezzare. ogni attacco al rinato e promettente movimento comunista e socialista italiano. Senza un solido fondamento marxista non vi può essere e non si può fare una giusta politica proletaria e popolare. Le dottrine di Marx e di Engels, di Lenin e di Stalin, devono diventare nel nostro paese patrimonio sicuro dell'avanguardia proletaria e delle avanguardie intellettuali, se vogliamo che l'opera, oggi appena agli inizi, di redenzione dal fascismo, di liberazione nazionale e di costruzione di un'Italia democratica e progressiva venga condotta alacremente, in modo consapevole, con la certezza della vittoria.
Noi siamo però convinti, — ed è proprio questa convinzione che determina l'ampiezza dei compiti della nostra rassegna,—che l'obiettivo sopra indicato ha un'importanza tale che esorbita dalle frontiere di un pa[...]

[...]re artificiose od ipocrite tra le sfere diverse dell'attività, — economica, politica, intellettuale, —di una nazione. Non separiamo e non possiamo separare le idee dal fatti, il corso del pensiero dallo sviluppo dei rapporti di forze reali, la politica dalla economia, la cultura dalla politica, i singoli dalla società, l'arte dalla vita reale. In questa concezione unitaria e realistica del mondo intiero è la nostra forza, la forza della dottrina marxista. E essa che ci permette, e che permette soltanto a noi, an dando al di là della vernice, delle manifestazioni esteriori e delle vicende contingenti, di dare una ( giustificazione storica completa, cioè di mettere a nudo le radici di quella corruzione e degenerazione profonda della società italiana che si è chiamata fascismo, e che doveva inevitabilmente, sulla base di uno
sviluppo di elementi oggettivi e non gia per uno sbaglio o per. úna serie di sbagli, por
tare il paese all'attuale catastrofe. Soltanto noi siamo in grado di scorgere il cammino che
porta, dalla difesa dei privilegi e[...]

[...]vie di una ricostruzione che veramente garantisca ogni italiano dal pericolo che la vergogna e il disastro di ieri possano rinnovarsi, a scadenza più o meno lontana, domani. Ma appunto perche sappiamo scorgere il legame che unisce le une alle altre le diverse manifestazioni della vita di un popolo, appunto per questo vediamo anche che cosa può e deve significare una rinascita di pensiero e di attività che segua la grande corrente progressiva del marxismo. Come la rovina del nostro paese ebbe inizio il giorno in cui si volle spezzare con la forza del bruto fascista il movimento emancipatore del proletariato e delle masse lavoratrici, così il primo colpo di piccone per aprire la strada, nel campo del pensiero e della cultura, alla barbarie e alla degenerazione fasciste venne dato, in sostanza, da colui che proclamò che il marxismo era morto, qualunque fossero i motivi che lo spingevano a quell' affermazione boriosa, che oggi può 'venir ricordata soltanto per riderne. E come la rinascita del movimento operaio è inizio e sarà nei suoi sviluppi fonte sicura di rinnovamento di tutto il paese, così la ripresa di un mgvimento di pensiero marxista non può non significare inizio di rinnovamento in tutti i campi dell'attività nostra intellettuale e culturale.
Quest'affermazione, della cui verità siamo profondamente convinti, ci obbliga a molte cose. Prima di tutto ci obbliga a fare uno sforzo per abbracciare campi di indagine, di polemica e di lavoro dove nel passato non eravamo soliti penetrare. In secondo luogo ci obbliga a chiamare a raccolta, per aiutarci in quest'attività nuova, forze diverse, non regolarmente inquadrate nel nostro movimento, ma decise come noi a rompere con un passato, prima di decadenza, poi di sfacelo, e a [...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] L. Geymonat, Per un intervento al convegno di studi gramsciani in Studi gramsciani

Brano: [...]iderato la « voce piú importante e piú pericolosa » della cultura italiana e ancora oggi i suoi temi possano venire ritenuti quelli piú attuali della nostra cultura.
Senza dubbio la relazione di Luporini ha il merito di sottolineare molti aspetti estremamente vivi del pensiero di Gramsci (che sono poi, come il relatore stesso osserva, le costanti piú strettamente connesse ad alcuni
148 i documenti del convegno
punti essenziali del pensiero di Marx e di Lenin). Ma ciò non può farci dimenticare il fatto, che i temi caratteristici di Gramsci — quelli specifici della sua elaborazione filosofica — sono, come ha detto Garin, i temi ritenuti piú attuali dal crocianesimo.
Proprio qui vanno ricercate le radici ultime della perplessità di alcuni studiosi italiani, legati alla odierna rinascita illuministica, nel giudicare l'attualità « piena e completa » dell'opera di Gramsci. Il neoilluminismo ha costituito un rivolgimento profondo della filosofia, e ha fatto affiorare temi nuovi, assolatamente ignoti alla problematica crociana (basti ricordar[...]

[...]re l'attualità « piena e completa » dell'opera di Gramsci. Il neoilluminismo ha costituito un rivolgimento profondo della filosofia, e ha fatto affiorare temi nuovi, assolatamente ignoti alla problematica crociana (basti ricordare quelli connessi alla metodologia scientifica, alla tecnica, alla logica formale, ecc.) e presenti invece in altri filoni della cultura italiana (Cattaneo, Peano, Vailati, Enriques) trascurati dal crocianesimo.
Oggi il marxismo ha dimostrato di saper formulare, proprio su questi ultimi temi, una parola molto seria e piú profonda certo di quella dei neopositivisti tedeschi e americani. Meno chiaro, invece, è se abbia potuto dire su di essi una parola altrettanto fondamentale chi si muoveva — sia pure con la massima serietà e perspicacia — in una problematica sostanzialmente condizionata da quella crociana.
Su questo punto desidererei un preciso chiarimento da parte dei due relatori, perché confessò di non riuscire, per mio conto, ad eliminare ogni perplessità al riguardo. Non si tratta evidentemente di disconosc[...]


precedenti
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Marx, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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