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ANTEPRIMA MULTIMEDIALI

Il segmento testuale Lenin è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 720Analitici , di cui in selezione 42 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da [Le relazioni] P. Togliatti, Gramsci e il leninismo in Studi gramsciani

Brano: Paimiro Togliatti

GRAMSCI E IL LENINISMO

Ritengo che l’ampiezza delle note che sono state distribuite, come trama di questa relazione, mi esima deH’appesantire ora il convegno con un’esposizione troppo estesa, e ciò faccio anche allo scopo di lasciare maggiore possibilità di intervento, nel dibattito, ad uomini che non siano, come me, cosi direttamente impegnati nella lotta politica.

Entrambi i relatori, all’inizio delle loro relazioni, hanno giustamente sottolineato le indicazioni che Gramsci stesso ha dato circa il metodo che si deve seguire nello studio del pensiero di chi non abbia sviluppato in modo sistematico le pro[...]

[...]so. Egli stesso dice, infatti, in queste osservazioni, che alcune delle affermazioni da lui fatte sono forse persino da intendere in modo contrario a come egli le ha esposte. È difficile pensare un più esplicito invito all’esame critico.

Il professor Garin, però, giustamente ha sottolineato che il ritmo del pensiero in isviluppo è più importante delle singole formulazioni. Nel trattare, però, il tema che a me è stato assegnato, « Gramsci e il leninismo », non so se questa norma sia pienamente applicabile, perché la questione si presenta, in questo caso, in un modo del tutto particolare. Anche qui esiste ed è da ricercarsi, atraverso le singole formulazioni, un ritmo del pensiero, ma questo è direttamente accompagnato, misurato, dal ritmo dell’azione, e vi è una prova pratica, che viene dal fatto che l’azione è stata compiuta, ha dato dei risultati, ha lasciato delle tracce,420

Le relazioni

e su queste tracce, che sono molto profonde, una parte della società italiana continua a lavorare. Esse non hanno soltanto un valore per chi p[...]

[...]le non vi è più traccia del provincialismo nostrano. Alla tradizione del pensiero italiano si accompagnarono lo studio del marxismo, il contatto con la classe operaia e con la realtà della vita internazionale e nazionale quale gli apparve dai primi anni della esistenza e poi, via via, gli episodi di una lotta che si faceva sempre più aspra. In questo quadro spetta un posto a parte come fattore, io credo, decisivo, di sviluppo ideale e pratico, a Lenin e al leninismo.

Riconoscono oggi anche coloro che non aderiscono al giudizio nostro, che l’opera di Lenin ha mutato il corso della storia, ha aperto un’èra nuova nello sviluppo degli avvenimenti mondiali. Tale è la realtà. L’opera di Lenin deve essere collocata, analogicamente, sullo stesso piano su cui si può collocare l’opera della Rivoluzione francese. Dopo la Rivoluzione francese il mondo cambia; cambia il modo di pensare degli uomini. Anche dopo Lenin il modo di pensare degli uomini cambia. Dopo Lenin noi pensiamo tutti in modo diverso da come pensavamo prima. Parlo dei politici, prima di tutto, ma non parlo soltanto dei politici; parlo di tutti gli uomini i quali cercano di formarsi una coscienza critica della realtà che li circonda e anche delle grandi masse umane a cui le nuove scoperte del pensiero e dell’attività creatrice degli uomini arrivano nella forma della fede o dell’informazione lontana. Non escludo, cioè, coloro che non sono politici pratici e non escludo coloro i quali non sono in grado di arrivare a una consapevolezza critica del corso degli avvenimenti. Un rivolgimento, — [...]

[...]siero e dell’attività creatrice degli uomini arrivano nella forma della fede o dell’informazione lontana. Non escludo, cioè, coloro che non sono politici pratici e non escludo coloro i quali non sono in grado di arrivare a una consapevolezza critica del corso degli avvenimenti. Un rivolgimento, — e questa è una delle tesi fondamentali di Gramsci — che assume un valore metafisico, quale fu la grande Rivoluzione socialista portata alla vittoria da Lenin, crea anche un nuovo « senso comune », un nuovo elemento di coscienza quasi religiosa, nuove forme di giudizio generale, una nuova fede.

Dopo Lenin noi operiamo tutti diversamente, perché abbiamo compreso in modo nuovo la realtà che sta davanti a noi, ne abbiamo penetrato la sostanza cosi come prima ancora non si era riusciti.

Ora, che cosa vi è in Lenin di fondamentalmente nuovo? Scusate se a questo punto l’esposizione, per esser rapida, dovrà essere per forzaPalmiro Togliatti

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alquanto schematica. Vi sono in Lenin almeno tre capitoli principali, che determinano tutto lo sviluppo della azione e del pensiero : una dottrina deirimperialismo, come fase suprema del capitalismo; una dottrina della rivoluzione e quindi dello Stato, del potere e una dottrina del partito. Sono tre capitoli strettamente uniti, fusi quasi 'l’uno nell’altro, e ciascuno di essi contiene una teoria e una pratica, è il momento di una realtà effettuale in isviluppo, una dottrina, cioè, che non solo viene formulata, ma messa alla prova dei fatti, dell’esperienza storica e che nella prova dell’esperienza storica si sviluppa, abbandona p[...]

[...]o. Sono tre capitoli strettamente uniti, fusi quasi 'l’uno nell’altro, e ciascuno di essi contiene una teoria e una pratica, è il momento di una realtà effettuale in isviluppo, una dottrina, cioè, che non solo viene formulata, ma messa alla prova dei fatti, dell’esperienza storica e che nella prova dell’esperienza storica si sviluppa, abbandona posizioni che dovevano essere abbandonate, conquista posizioni muove, e crea, quindi, qualche cosa.

Lenin restituisce al marxismo questo suo carattere creativo, lo libera dalla pedanteria delle interpretazioni materialistiche, economicistiche, positivistiche delle dottrine di Carlo Marx, fa del marxismo, in questo modo, ciò che deve essere: la guida di un’azione rivoluzionaria.

Ritengo che l’apparizione e lo sviluppo del leninismo sulla scena mondiale sia stato il fattore decisivo di tutta la evoluzione di Gramsci come pensatore e come uomo politico di azione. È il fattore che determina il ritmo del movimento, dà un carattere lineare agli sviluppi ideali e pratici, consente di giustamente valutare anche gli errori, il loro valore e la critica di essi, e di inserirli in un complesso unitario.

Negli scritti giovanili di Gramsci — che è da dolere non abbiamo potuto essere pubblicati, come sarebbe stato desiderabile, prima di questa riunione 1 — è evidente una ricerca che ha un carattere ansioso e non esclude una ce[...]

[...]in questo momento non vi è dubbio che questi due elementi: la efficacia dell’idealismo che spinge ad appropriarsi del concetto della storia come sviluppo, e lo sforzo nella indagine dei rapporti economici e sociali, tendono a fondersi. Essi debbono fondersi, e si fonderanno in tutto il successivo sviluppo del pensiero di Gramsci. Ma quale è l’elemento che determina la fusione? Qui interviene la esperienza storica della Rivoluzione, interviene il leninismo, intervengono il pensiero e l’azione di Lenin.

Se cerchiamo, oggi, di rievocare quelle che erano la dottrina e la propaganda del movimento socialista italiano prima di Gramsci, ci accorgiamo subito che mancava in esse un concetto fondamentale, il concetto stesso di rivoluzione. Che cos’era la rivoluzione per un socialista italiano della fine dell’ ’800, del primo decennio del ’900? Non lo sapeva! Si svolgevano interminabili dibattiti sulla differenza che potesse passare tra la semplice rivolta, l’insurrezione e una « vera », « effettiva » rivoluzione, tra un sommovimento armato e un movimento non armato e gli eventuali rapporti tra di[...]

[...] nella vecchia Giustizia di Camillo Prampolini: anch’essa è una chimera evanescente, e ogni settimana è del vecchiofanciullo che vi si scrive, che non matura mai, che non evolve mai, che non diventa mai 1’“ Essere evolutivo finale ”, che pure si aspetterebbe dover finalmente sbocciare dopo tanta lenta evoluzione, dopo tanta perseverante opera di educazione evangelica » 1.

Cosi era per coloro che parlavano di rivoluzione, in Italia, prima di * Lenin. Mancava loro il concetto stesso di rivoluzione. Vorrei dire che anche in Antonio Labriola, se si scava a fondo, si scopre, non è dubbio, la più valida concezione che sia stata elaborata nel nostro paese della filosofia della prassi, come visione autonoma della realtà e del mondo, ma il concetto di rivoluzione non è neanche in lui direttamente unito a un’analisi precisa delle condizioni oggettive in cui si sviluppava la concreta rivoluzione italiana, la rivoluzione degli operai e dei contadini, del popolo italiano per rovesciare il corso della storia t diventarne padroni. Il Labriola, ho già [...]

[...] l’èra del passaggio al socialismo. La sua ricerca si chiude, a questo punto, con una nota di incertezza e di sfiducia : « Noi non sappiamo — dice — dove la storia andrà a finire ». È vero che subito aggiunge una giustificazione di questa affermazione, che teoricamente è giusta; non si può fare a meno, però, di rilevare che l’incertezza e la sfiducia, che permangono, sono conseguenza della incapacità di compiere quel passo, quel salto, anzi, che Lenin compiva, quando partito da un’analisi assai più approfondita della struttura deH’economia capitalistica e nel primo periodo e nel momento del passaggio al periodo successivo, che è quello deirimperialismo, era in grado di definire con precisione il carattere dell’epoca che stava incominciando, di proclamare che era l’epoca del passaggio dal capitalismo al socialismo, dall’èra liberale all’èra socialista.

Di questa mancanza di una decisa prospettiva storica aveva sofferto, in sostanza, tutto il movimento operaio italiano, sin dagli inizi. Ne soffri particolarmente nel primo decennio del sec[...]

[...]ti borghesi di non aver fatto quello che potevano fare. Esulava dalla sua metodologia questo modo di intendere la storia. Quello che egli cerca è invece un’esatta definizione di ciò che questi ceti hanno fatto, il che gli deve servire per dare una definizione esatta della struttura della società italiana, quale esce dalla rivoluzione nazionale. Né si può negare che, nei momenti critici della storia, le classi dirigenti possono fare cose diverse. Lenin applicò questo criterio alla analisi dello sviluppo del capitalismo in Russia, e del modo come avrebbe potuto venire risolta, in particolare, la questione agraria, quale era posta dallo sviluppo secolare dell’economia russa, dalla sopravvivenza del regime feudale. Erano possibili due strade; quale avrebbero scelto le classi dirigenti russe? e quale strada sceglie il proletariato? La via che venne scelta dalle classi dirigenti fu l’espressione di un determinato blocco storico, nel quale ebbe un sopravvento, — e avrebbe anche potuto non averlo — il gruppo sociale dell’aristocrazia terriera, all[...]

[...]lleato in modo particolare, — e anche questa alleanza avrebbe potuto essere diversa — con il ceto capitalistico. A questo blocco storico, cui corrisponde un certo sviluppo di tutti i rapporti sociali, la classe operaia oppone la sua alleanza con le masse contadine per lottare sia contro l’autocrazia, sia contro il capitalismo e crea cosi le condizioni della sua vittoria rivoluzionaria. In questo modo si sviluppano l’analisi storica e l’azione di Lenin, e il pensiero di Gramsci si colloca sullo stesso piano.

La borghesia italiana ha preso il potere ed ha organizzato la società e lo Stato alleandosi a determinate forze e non a determinate altre. Ciò è stato conseguenza della sua natura ed è il fatto di cui bisogna tener conto. Perciò la società italiana, del Risorgimento e postrisorgimentale, ha assunto quel particolare suo carattere. Si è creato un « blocco storico », e quindi particolari condizioni in cui la classe operaia incomincia a organizzarsi, combatte, acquista coscienza di se stessa e della propria funzione e attua questa sua fu[...]

[...]da una visione parziale della realtà. Ciò portò Salvemini a compiere atti politici che Gramsci non poteva non giudicare come errori, e che tali furono. Non ostante questo, Salvemini rimane un grande maestro del pensiero storico e politico italiano, da cui Gramsci molto apprese, a cui di molto egli è debitore.

È necessario però osservare, a questo punto, che relativamente ad uno degli aspetti fondamentali dell’applicazione e dello sviluppo dei leninismo, che Gramsci fece in relazione con la storia italiana e con la situazione del nostro paese, cioè nella formulazione della necessità di un’alleanza tra la classe operaia e le grandi masse lavoratrici contadine del Meridione nella lotta contro il loro nemico comune, che è il regime capitalistico e il suo Stato accentratore e tiranno, Gramsci prende le mosse dalla polemica salveminiana, ma decisamente se ne stacca nelle conclusioni. Il concetto di alleanza elaborato da Gramsci è qualitativamente diPaimiro Togliatti

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verso, dal punto cui anche Salvemini era giunto nella sua agitazio[...]

[...]concetto di alleanza elaborato da Gramsci è qualitativamente diPaimiro Togliatti

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verso, dal punto cui anche Salvemini era giunto nella sua agitazione politica. Non si tratta più, infatti, di qualche cosa di strumentale. Non è che l’operaio attenda un aiuto dal contadino, e il contadino, a sua volta, dall’operaio, per combattere quel sopruso o realizzare quella rivendicazione. No, si tratta di una alleanza di classe secondo il concetto leninista, cioè di un nesso fondamentale, organico, il quale diventa la base di un nuovo blocco storico. Si tratta di una nuova unità di forze di classe la quale si afferma nella lotta contro l’attuale classe dirigente e si realizza con la presa del potere da parte della classe operaia alleata delle grandi masse contadine.

In questo modo si passa organicamente dalla protesta contro il sopruso e dalla lotta rivendicativa immediata alla lotta rivoluzionaria: gli obiettivi rivoluzionari servono di guida anche nelle lotte immediate che orientano e illuminano, cosi come le lotte immediate servono a s[...]

[...]ano alla massa » 1.

Del resto, la risposta migliore che si può dare a coloro che fraintendono, alle volte anche volutamente, l’azione politica svolta da Gramsci in quel periodo, è che qudl’azione politica mise capo e non poteva non mettere capo alla fondazione del partito rivoluzionario della classe operaia...

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Le relazioni

Il partito rivoluzionario della classe operaia. Questo è l’altro elemento essenziale della dottrina leninista che Gramsci fa propria, dabora, approfondisce, avvicina alla realtà del nostro paese, traduce in un’azione, in una pratica di lavoro, di lotta, ed anche più che di lavoro e di lotta, di dedizione totale sino al sacrificio della propria esistenza.

Il partito è un « intellettuale collettivo », perché una classe subalterna, la quale vuole affermare la propria egemonia e giungere alla conquista del potere non vi giunge spontaneamente, senza una direzione. « Una massa umana... non diventa indipendente 44per sé”, senza organizsarsi (in senso lato) e non c’è organizzazione senza intellettuali[...]

[...]un lato egli afferma che questo « intellettuale collettivo », il partito, sarebbe cosa deteriore perché verrebbe dall’esterno del movimento della classe operaia; dall’altro lato trova, nel modo come Gramsci sviluppa il concetto di partito, una specie di giustificazione di una forma di tirannide.

Circa la prima critica, credo che l’errore consista nel ritenere che la dottrina del partito, cosi come Gramsci la espone e sviluppa sulla traccia di Lenin, sia qualche cosa che prescinda dalle analisi storiche, economiche e sociali di tutta la realtà. Il partito di una determinata classe non sorge in qualsiasi momento, cosi come non sorgono tn qualsiasi momento della storia i problemi che una determinata classe è chiamata a porre e risolvere. Sorge e può svilupparsi soltanto in una società in cui si sia iniziato il concretarsi di una volontà collettiva della nuovaPaimiro Togliatti

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classe, riconosciuta e affermatasi parzialmente nell’azione. Il partito quindi sorge quando esistono già alcune condizioni della sua vittoria. È questa un’[...]

[...] determinata classe è chiamata a porre e risolvere. Sorge e può svilupparsi soltanto in una società in cui si sia iniziato il concretarsi di una volontà collettiva della nuovaPaimiro Togliatti

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classe, riconosciuta e affermatasi parzialmente nell’azione. Il partito quindi sorge quando esistono già alcune condizioni della sua vittoria. È questa un’affermazione fondamentale, direttamente collegata all’insegnamento e all’azione pratica di Lenin. È una derivazione diretta del Che fare? e degli altri grandi studi leninisti circa la dottrina del partito e della sua funzione.

Risulta evidente, da questo modo di porre la questione, il nesso tra la dottrina del partito, come intellettuale collettivo che organizza e dirige la lotta della nuova classe per il potere, e lo sviluppo dei rapporti economici, dei rapporti di classe, dei rapporti politici, nonché delle ideologie e degli altri elementi sovrastrutturali. In questo sviluppo il partito si inserisce in un momento determinato e in modo determinato, a seconda della struttura di quella determinata società, a seconda del caratere del blocco storico in quel mo[...]

[...]ande massa della popolazione, il problema da porsi non è se il fatto che una minoranza conquisti il potere contraddica le norme della democrazia formale, ma è di vedere come e perché quella minoranza doveva giungere a conquistare il potere, e conquistando il potere abbia realizzato quel progresso che quella società in quel momento poteva e doveva compiere.

Anc^he la dottrina del partito fa parte di quello sviluppo creativo del marxismo che da Lenin ha ricevuto un impulso fondamentale. Anche questa dottrina respinge le pedantesche e fatalistiche concezioni dello sviluppo storico attraverso le quali il genuino pensiero marxista era stato contraffatto, reso inerte, impotente alla creazione storica.

Al prof. Mondolfo si potrebbe ricordare ciò che già gli faceva osservare Gramsci nel 1919, recensendo un opuscolo dello stesso Mondolfo dedicato alla Rivoluzione russa. « Si racconta — scrive Gramsci — che un professore tedesco di scuole medie, riuscito stranamente a innamorarsi, cosi combinasse insieme la pedagogia e la tenerezza: —Mi ami tu[...]

[...]he già gli faceva osservare Gramsci nel 1919, recensendo un opuscolo dello stesso Mondolfo dedicato alla Rivoluzione russa. « Si racconta — scrive Gramsci — che un professore tedesco di scuole medie, riuscito stranamente a innamorarsi, cosi combinasse insieme la pedagogia e la tenerezza: —Mi ami tu, tesoretto mio? — Si. — No, nella risposta deve essere sempre ripetuta la domanda, in questo modo: Si, ti amo, topolino mio! ».

Nella risposta che Lenin ha dato ai problemi della Rivoluzione russa non era contenuta la domanda che Rodolfo Mondolfo crede si debba fare al politico a seconda del modo come egli interpreta il marxismo. Era però

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Le relazioni

contenuta la risposta adeguata alla realtà dello sviluppo storico della Russia, della vita sociale, economica, collettiva del popolo russo.

Ma la dottrina del partito conterrebbe dunque la giustificazione di una tirannide? Si possono trovare in Gramsci, soprattutto nelle primepagine delle Note sul Machiavelli, affermazioni che, staccate dal loro contesto, possono spaventare u[...]

[...]uppo storico della Russia, della vita sociale, economica, collettiva del popolo russo.

Ma la dottrina del partito conterrebbe dunque la giustificazione di una tirannide? Si possono trovare in Gramsci, soprattutto nelle primepagine delle Note sul Machiavelli, affermazioni che, staccate dal loro contesto, possono spaventare un ignaro. Sono invece affermazioni dei tutto comprensibili, logiche, giuste, quando la dottrina del partito è intesa come Lenin e Gramsci la intesero.

Gramsci affronta questo problema in modo assai vario e complesso,, perché riconosce che il pericolo può esserci. Egli ne aveva avuto esperienza nel modo come era stato diretto il suo partito, il Partito comunista italiano nei primi anni della sua esistenza, trasformandolo in una sèttar in una organizzazione di tipo pseudomilitaresco, privo di una propria vita, vivacità e dialettica interna, e quindi incapace anche di adempiere a quelle funzioni cui deve adempiere il partito nel contatto con le masse che hanno bisogno della sua direzione.

Di qui le indicazioni assa[...]

[...]ssibile o prima di esso, per prepararlo. Anche in questo secondo caso viene condotta un’azione che tende al rivolgimento delle strutture e del blocco storico dominante. Non vi è la pace, dunque, ma la guerra che si conduce ha un carattere completamente diverso dall''attacco diretto.

Che cosa intendeva Gramsci quando insisteva su questa differenza? La cosa risulta dallo esplicito richiamo, che è in una delle Note sul Machiavelli, all'azione di Lenin per istruire le avanguardie della classe operaia del mondo occidentale e di tutto il mondo, sulla lòtta politica che esse dovevano e devono condurre nelle condizioni della società capitalistica, quando non sono mature le condizioni né oggettive né soggettive di un attacco rivoluzionario. «Mi pare che Ilici [Lenin] aveva compreso che occorreva un mutamento dalla guerra manovrata, applicata Vittoriosamente in Oriente nel ’17, alla guerra di posizione che era la sola possibile in Occidente... Questo mi pare significhi la formula del “ fronte unico ”... » \

A questa posizione si collegano tanto la critica alla dottrina della

1 Mach., p. 68.Paimiro Togliatti

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rivoluzione permanente di Trotzki, che Gramsci considera come la dottrina dell’attacco quando l’attacco inevitabilmente deve terminare con una sconfitta, quanto il richiamo ai lavori di Lenin, precedenti il III Congresso dell’Internazi[...]

[...]nte nel ’17, alla guerra di posizione che era la sola possibile in Occidente... Questo mi pare significhi la formula del “ fronte unico ”... » \

A questa posizione si collegano tanto la critica alla dottrina della

1 Mach., p. 68.Paimiro Togliatti

443

rivoluzione permanente di Trotzki, che Gramsci considera come la dottrina dell’attacco quando l’attacco inevitabilmente deve terminare con una sconfitta, quanto il richiamo ai lavori di Lenin, precedenti il III Congresso dell’Internazionale comunista, e all’opera stessa di Lenin a questo Congresso comunista.

Il fatto di attribuire un valore non organico, ma metodologico alla distinzione tra società politica e società civile porta, d’altra parte* a far la chiarezza nella questione delle forme della dittatura della classe operaia. È inevitabile che siano differenti in differenti situazioni, che siano più o meno ampie, più o meno vicine al puro comando politico e persino al puro potere militare, a seconda delle necessità storiche. Il mutamento di classe dirigente avvenuto con lo spodestamento delle classi sfruttatrici assicura d’altra parte che in tutte le situazioni[...]

[...]artecipazione attiva alla direzione della vita economica e della vita politica, pur restando fermo che l’accesso al potere della classe operai significa sempre una estensione delle forme di democrazia diretta.

Punto di partenza e fondamento di tutte queste ricerche è l’affermazione che sono possibili e necessarie diverse vie di sviluppo del movimento rivoluzionario della classe operaia, in differenti situazioni storiche. Anche qui, la guida è Lenin. Colui che è andato più avanti e si è mosso con più coraggio, nella individuazione delle diversità storiche444

Le relazioni

oggettive e nell’affermare la necessità di adeguarsi ad esse, è stato proprio il Capo della Rivoluzione bolscevica. Basta ricordare come scrivendo, nel 1921, ai comunisti georgiani, cioè di un paese che era parte della Russia, ma diverso per la struttura economica e politica, egli raccomandava di non attenersi allo schema russo, ma di seguire una diversa via per risolvere i problemi dell’organizzazione della produzione, dei rapporti con la piccola e media borghesi[...]

[...]lla Rivoluzione bolscevica. Basta ricordare come scrivendo, nel 1921, ai comunisti georgiani, cioè di un paese che era parte della Russia, ma diverso per la struttura economica e politica, egli raccomandava di non attenersi allo schema russo, ma di seguire una diversa via per risolvere i problemi dell’organizzazione della produzione, dei rapporti con la piccola e media borghesia produttrice e con le sue formazioni politiche. Basta ricordare come Lenin giungeva a parlare di variazioni nelle forme del potere, quando fossero entrate in azione le grandi masse umane deirOriente, come oggi sta avvenendo.

Il pensiero di Gramsci si è mosso per questa via, che è la via dello sviluppo creativo del marxismo. Su di essa è stato guidato da Lenin. Noi cerchiamo e troviamo nel suo pensiero non delle formule, ma una guida per comprendere i problemi del mondo d’oggi, per lavorare a risolvere le contraddizioni che oggi si presentano sulla scena economica e politica, e che sorgono anche là dove il potere è già nelle mani della classe operaia, dovendo allora essere trattate e portate a soluzione con metodi particolari, diversi da quelli con cui si risolvono le contraddizioni antagonistiche del mondo capitalistico.

Ma giunti a questo punto è necessario fermarsi. L’esame delle questioni nuove, che oggi nella lotta politica quotidiana ci si[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] P. Togliatti, Il leninismo nel pensiero e nell'azione di A. Gramsci in Studi gramsciani

Brano: Palmiro Togliatti
IL LENINISMO
NEL PENSIERO E NELL'AZIONE DI A. GRAMSCI
(Appunti)
1. — 11 tema di questa relazione è tale che richiede una trattazione per parecchi aspetti differente da quella degli altri temi del convegno. Studiare i1 rapporto di Gramsci col leninismo significa infatti fare oggetto di indagine non soltanto le posizioni da G. elaborate e sostenute nel dibattito filosofico e di dottrina, ma la sua attività pratica, come uomo politico, fondatore e dirigente del partito di avanguardia della classe operaia italiana. La mia opinione è che questo sia, perd, il solo modo giusto di avvicinarsi all'opera di Gramsci e penetrarne il significato. G. fu un teorico della politica, ma soprattutto fu un politico pratico, cioè un combattente. La sua concezione della politica rifugge sia dalla strumentalità, sia dall'astratto moralismo o dalla elaborazio[...]

[...]siero politico di Gramsci dà la prova della sua vitalità e verità. Non è legato a una piattaforma politica determinata, quale poteva essere quella su cui venne fondato, nel 1921, il partito comunista; non è legato nemmeno a una determinata serie di movimenti strategici e tattici, dettati da una situazione particolare. La sua verità sta nel metodo
Palmiro Togliatti 19
e il metodo è unito inseparabilmente al contenuto, perché è metodo marxista e leninista, cioè guida all'azione rivoluzionaria nelle condizioni in cui si compie il passaggio dal mondo borghese al mondo socialista. Di qui discende il suo legame col leninismo, che è la dottrina rivoluzionaria di questo passaggio.
2. — La ricerca filologica sulla conoscenza che G. ebbe delle opere di Lenin presenta alcune difficoltà. Non è sempre possibile, infatti, stabilire in modo preciso quando egli poté conoscere e studiare determinati scritti di Lenin e quindi quali di essi ebbero maggiore efficacia diretta su di lui nei singoli momenti.
Certo è che persino il nome del grande capo rivoluzionario russo era sconosciuto o quasi, nel movimento operaio, prima della prima guerra mondiale. Incominciò a essere conosciuto dopo l'incontro preliminare di Lugano del 1914 e dopo le conferenze internazionali di Zimmerwald (1915) e di Kienthal (1916). Neanche in quel momento, però,
e per un paio di anni dopo, non si ha notizia di scritti di Lenin tradotti o anche solo pervenuti in Italia nella loro integrità. Cominciarono invece a essere conosciuti est[...]

[...]re efficacia diretta su di lui nei singoli momenti.
Certo è che persino il nome del grande capo rivoluzionario russo era sconosciuto o quasi, nel movimento operaio, prima della prima guerra mondiale. Incominciò a essere conosciuto dopo l'incontro preliminare di Lugano del 1914 e dopo le conferenze internazionali di Zimmerwald (1915) e di Kienthal (1916). Neanche in quel momento, però,
e per un paio di anni dopo, non si ha notizia di scritti di Lenin tradotti o anche solo pervenuti in Italia nella loro integrità. Cominciarono invece a essere conosciuti estratti di suoi scritti nei corso del 1917, soprattutto per il tramite di riviste e giornali in lingua francese e di una rivista americana (il Liberator, diretto da Max Eastman). Da questa venne tratto e pubblicato nel 1919, a cura di Gramsci, un ampio studio su Lenin quale « Statista dell'ordine nuovo ». Il profilo di Lenin quale pensatore e uomo politico, che risulta da questo studio, è però parziale. I momenti piú importanti del pensiero, relativi all'analisi dell'imperialismo e quindi alla definizione del periodo storico e delle sue prospettive, sono trascurati, mentre l'attenzione è concentrata sulle caratteristiche originali del sistema sovietico e sul fondamento che esso ha nella sfera della produzione. Lo scritto infatti non è altro che riproduzione e commento di alcuni lavori di Lenin dedicati, dopo la rivoluzione e nei primi anni del potere sovietico, a sottolineare la decisiva importanza della costruzi[...]

[...] politico, che risulta da questo studio, è però parziale. I momenti piú importanti del pensiero, relativi all'analisi dell'imperialismo e quindi alla definizione del periodo storico e delle sue prospettive, sono trascurati, mentre l'attenzione è concentrata sulle caratteristiche originali del sistema sovietico e sul fondamento che esso ha nella sfera della produzione. Lo scritto infatti non è altro che riproduzione e commento di alcuni lavori di Lenin dedicati, dopo la rivoluzione e nei primi anni del potere sovietico, a sottolineare la decisiva importanza della costruzione economica e dello sviluppo della produzione per il consolidamento del potere dei Soviet. Nella capacità di affrontare e risolvere in modo nuovo, con la iniziativa delle masse, i problemi della economia è vista la superiorità e originalità del regime sovietico. Si ha qui senza dubbio un punto di riferimento di alcuni sviluppi ulteriori del pensiero
e dell'azione di G. nel periodo che si suol dire dell'Ordine Nuovo.
I documenti del convegno
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Solo dal 1918 Lenin[...]

[...]viluppo della produzione per il consolidamento del potere dei Soviet. Nella capacità di affrontare e risolvere in modo nuovo, con la iniziativa delle masse, i problemi della economia è vista la superiorità e originalità del regime sovietico. Si ha qui senza dubbio un punto di riferimento di alcuni sviluppi ulteriori del pensiero
e dell'azione di G. nel periodo che si suol dire dell'Ordine Nuovo.
I documenti del convegno
20

Solo dal 1918 Lenin cominciò a essere conosciuto, tradotto, pubblicato, letto ampiamente, in Italia. Con prevalenza, però, degli scritti dedicati alla lotta immediata di quegli anni, contro il socialsciovinismo e il centrismo, per la creazione di partiti comunisti in tutti i paesi, per la fondazione e l'organizzazione della Internazionale comunista. Dei grandi lavori teorici, vengono allora conosciuti l'Imperialismo, Stato e rivoluzione, la Ripoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky, le relazioni e le tesi per il I e per il II Congresso dell'Internazionale comunista, quindi l'Estremismo, e i discorsi al III C[...]

[...]le comunista, quindi l'Estremismo, e i discorsi al III Congresso, che ne sono quasi un commento. Meno noti Che fare?, Due tattiche e Un passo avanti e due indietro. Difficilissimi a trovare e quindi quasi sconosciuti Lo sviluppo del capitalismo in Russia e L'empiriocriticismo 1 . Si può ritenere che nel 1922, quando si recò nell'Unione sovietica, Gramsci già fosse a conoscenza di tutti questi scritti. Da essi risultavano le tesi fondamentali del leninismo, circa l'analisi dell'imperialismo e il carattere del periodo storico aperto dal passaggio a questa fase suprema della economia capitalistica, circa la natura dello Stato borghese e della dittatura proletaria, il carattere della Rivoluzione di Ottobre e dello Stato sovietico e circa le fondamentali questioni della strategia e tattica rivoluzionarie del partito della classe operaia.
Nel 1922, quando Gramsci giunse in Unione sovietica e vi risiedette alcuni mesi, si era tenuto da poco piú di un anno il X Congresso del PC russo (b), si era chiusa la discussione sui sindacati e si compiva il[...]

[...] classe operaia.
Nel 1922, quando Gramsci giunse in Unione sovietica e vi risiedette alcuni mesi, si era tenuto da poco piú di un anno il X Congresso del PC russo (b), si era chiusa la discussione sui sindacati e si compiva il passaggio alla Nuova politica economica. Tappa assai importante in cui erano state trattate a fondo alcune questioni decisive per lo sviluppo della rivoluzione. Sono di questo periodo alcuni tra i lavori piú importanti di Lenin relativamente ai problemi della costruzione di una. economia e di una società socialiste. Nel dibattito sulla funzione dei sindacati egli aveva affrontato, in polemica con Trotzki, con Bukharin e con un gruppo di tendenza anarcosindacalista, la questione del rapporta tra la politica e la economia nella edificazione socialista. Aveva sostenuto che la politica non è che « espressione concentrata dell'economia ». È una tesi di importanza decisiva nella concezione leninista dello Stato..
1 Sconosciuto era l'importantissimo Che cosa sono gli amici del popolo?, anche in Russia ripubblicato solo ne[...]

[...]i problemi della costruzione di una. economia e di una società socialiste. Nel dibattito sulla funzione dei sindacati egli aveva affrontato, in polemica con Trotzki, con Bukharin e con un gruppo di tendenza anarcosindacalista, la questione del rapporta tra la politica e la economia nella edificazione socialista. Aveva sostenuto che la politica non è che « espressione concentrata dell'economia ». È una tesi di importanza decisiva nella concezione leninista dello Stato..
1 Sconosciuto era l'importantissimo Che cosa sono gli amici del popolo?, anche in Russia ripubblicato solo nel 1923.
Palmiro Togliatti 21
Ne deriva, infatti che la classe operaia non può rimanere al potere e quindi non può adempiere al proprio compito nel campo produttivo (sviluppo delle forze di produzione) se non sulla base di una giusta posizione politica cioè sulla base di un giusto rapporto con gli altri gruppi della società. Di qui traeva origine la differenziazione tra la concezione leninista della costruzione socialista e le proposte che venivano da. Trotzki e che[...]

[...]no gli amici del popolo?, anche in Russia ripubblicato solo nel 1923.
Palmiro Togliatti 21
Ne deriva, infatti che la classe operaia non può rimanere al potere e quindi non può adempiere al proprio compito nel campo produttivo (sviluppo delle forze di produzione) se non sulla base di una giusta posizione politica cioè sulla base di un giusto rapporto con gli altri gruppi della società. Di qui traeva origine la differenziazione tra la concezione leninista della costruzione socialista e le proposte che venivano da. Trotzki e che, trascurando il rapporto con le classi non proletarie, mettevano in forse le basi stesse della dittatura del proletariato.
A partire da quegli anni il contrasto tra il partito bolscevico e Trotzki si fece via via sempre piú profondo. Si venne infatti precisando,. a partire dal 192324, il tentativo, che già era in germe nelle precedenti discussioni, di scardinare tutta la formazione ideale e organizzativa del partito, quale era stata storicamente creata nelle lotte contro le correnti non leniniste. È quindi certo ch[...]

[...]proletarie, mettevano in forse le basi stesse della dittatura del proletariato.
A partire da quegli anni il contrasto tra il partito bolscevico e Trotzki si fece via via sempre piú profondo. Si venne infatti precisando,. a partire dal 192324, il tentativo, che già era in germe nelle precedenti discussioni, di scardinare tutta la formazione ideale e organizzativa del partito, quale era stata storicamente creata nelle lotte contro le correnti non leniniste. È quindi certo che in quel momento Gramsci acquistò una conoscenza piú profonda di queste lotte, facilitata dalla pubblicazione della prima edizione degli scritti di Lenin, avvenuta in quegli anni, e dalla conoscenza della lingua russa. Nella corrente agitazione politica, subito dopo la rivoluzione, i nomi di Lenin e di Trotzki erano stati sempre uniti, ignorandosi la differenza e distanza enormeche li aveva sempre separati, sia nel pensiero che nell'azione. Piero Gobetti, che aveva cercato di stabilire una distinzione, lo aveva fatto con grande superficialità, prescindendo dall'esame storico dei fatti e sbagliando, quindi, nelle conclusioni. Aveva concluso per presentare Trotzki come l'« europeo », mentre l'europeo, tra i due, era invece precisamente Lenin, la cui azione politica assumeva un valore universale, essendo valida per tutto il mondo contemporaneo. A Gramsci la differenza apparve cosí profonda che, per quanto gli fosse possibile occuparsene negli scritti carcerari, egli la inserisce in tutto il sistema del suo pensiero politico. Trotzki diventa « il teorico politico dell'attacco frontale in un periodo in cui esso è solo causa di disfatte » 1; le sue formule politiche mancano di aderenza « alla storia attuale, concreta, vivente », non scaturiscono « da tutti i pori della determinata società che occorreva trasformare »; il suo internazi[...]

[...]o era giunta alla rottura, Gramsci fu bensí preoccupato delle eventuali ripercussioni negative che questa rottura avrebbe potuto avere nel movimento comunista internazionale, ma non manifestò alcun dubbio circa la giustezza della linea politica che la grande maggioranza del partito bolscevico sosteneva contro il piccolo gruppo degli oppositori. Vi è nei Quaderni una nota assai esplicita di adesione alla esposizione dei principii fondamentali del leninismo fatta da Stalin 1, e successivamente, quando la rottura si realizzò in pieno e la lotta di Trotzki contro il partito 'bolscevico si sviluppò su altri terreni, da Gramsci furono espressi contro di lui, nel carcere, i piú fieri giudizi di condanna.
Per quanto riguarda la volgarizzazione delle dottrine del materialismo dialettico dovuta a Bukharin e respinta da G. nelle Note critiche a un «Saggio popolare di sociologia », credo sia da escludere che G. abbia avuto conoscenza tanto delle note vivacemente critiche di Lenin allo scritto bukhariniano sulla Economia del periodo di transizione qua[...]

[...]in pieno e la lotta di Trotzki contro il partito 'bolscevico si sviluppò su altri terreni, da Gramsci furono espressi contro di lui, nel carcere, i piú fieri giudizi di condanna.
Per quanto riguarda la volgarizzazione delle dottrine del materialismo dialettico dovuta a Bukharin e respinta da G. nelle Note critiche a un «Saggio popolare di sociologia », credo sia da escludere che G. abbia avuto conoscenza tanto delle note vivacemente critiche di Lenin allo scritto bukhariniano sulla Economia del periodo di transizione quanto dei Quaderni filosofici (pubblicati solo nel 1936), molti spunti dei quali sarebbero stati di grande aiuto per lo sviluppo di tutte le sue ricerche filosofiche. Non gli era invece certamente ignota la insistenza con la quale Lenin accusava Bukharin di non conoscere i1 ragionamento dialettico, ma soltanto la logica astratta.
Nel carcere non ci risulta che G. avesse a sua disposizione alcuna opera di Lenin, mentre era riuscito a procurarsi parecchi scritti di Marx e di Engels. I riferimenti alle opere di Lenin che si trovano nei Quaderni sono quindi fatti a memoria, oppure sono di seconda mano, tratti da citazioni di scritti leninisti in riviste e libri vari. L'acquisto di libri di Lenin non gli venne mai consentito dalla direzione carceraria.
3. — Da Gramsci venne immediatamente colto il primo, fondamentale elemento costitutivo del leninismo, che è la dottrina della rivoluzione, formulata da Lenin in modo tale da fare piazza pulita di tutte le pedanterie che i riformisti spacciavano per marxismo. La rivoluzione proletaria e socialista non avrebbe potuto compiersi, secondo costoro, se non in quei paesi e in quel momento in cui la economia
1 Mach., p. 114.
Palmiro Togliatti 23
capitalistica avesse toccato il piú elevato punto del suo sviluppo. Lenin respinge questa proposizione e apre a tutto il marxismo la strada di un nuovo sviluppo creativo affermando che condizione della rottura rivoluzionaria è lo sviluppo e lo scoppio delle contraddizioni del capitalismo giunto alla fase imperialistica. Questa tesi, che trovò la sua dimostrazione nell'Ottobre 1917, era, per i bolscevichi russi, il punto di arrivo di tutta la lotta politica e ideale da essi condotta, dall'inizio del secolo, contro l'autocrazia zarista e contro le diverse varianti dell'opportunismo nel movimento operaio. Per il rimanente movimento operaio e socialista fu una rivelazi[...]

[...] assai significativo: La rivoluzione contro il « Capitale », e intendeva dire non contro i fondamentali insegnamenti del marxismo che sono la lotta di classe e la necessità morfologica della rivoluzione proletaria, ma contro la degenerazione delle interpretazioni positivistiche del Capitale di Carlo Marx e del marxismo, contro il piatto economismo, contro la pedanteria dei riformisti, e contro le gherminelle ideologiche degli avversari.
Ciò che Lenin fece con la sua dottrina della rivoluzione, fu la restaurazione della dialettica rivoluzionaria, contro l'astratto argomentare formalistico dei pedanti, degli sciocchi e degli sviati. Non soltanto egli ne derivò la possibilità della vittoria della rivoluzione e della costruzione socialista in un paese non ancora giunto al piú alto livello dello sviluppo capitalistico; ma dette un solido fondamento alla ricerca e lotta che può e deve essere condotta per inserire nelle contraddizioni del regime borghese la lotta della classe operaia, in modo tale che apra una via rivoluzionaria, una via al soci[...]

[...]egli ne derivò la possibilità della vittoria della rivoluzione e della costruzione socialista in un paese non ancora giunto al piú alto livello dello sviluppo capitalistico; ma dette un solido fondamento alla ricerca e lotta che può e deve essere condotta per inserire nelle contraddizioni del regime borghese la lotta della classe operaia, in modo tale che apra una via rivoluzionaria, una via al socialismo, aderente alle condizioni di ogni paese. Lenin stesso ha parlato delle necessarie variazioni del corso della storia nei singoli paesi, nel quadro di una linea generale di sviluppo della storia mondiale, e ha lasciato prevedere, tra l'altro, quale ricchezza di nuove creazioni rivoluzionarie si sarebbe avuta quando fossero entrati nel corso della rivoluzione le grandi popolazioni del Continente asiatico. Questa è la scena politica mondiale del giorno d'oggi, in sostanza. Ciò non vuol dire, però, che anche al giorno d'oggi la pedanteria del riformismo e del feticismo economista non continui a manifestarsi. Essa alimenta, anzi, una parte cons[...]

[...]e fatto dipendere immediatamente da mutamenti di un qualche elemento importante della produzione, la scoperta di una nuova materia prima, di un nuovo combustibile, ecc., che portano con sé l'applicazione di nuovi metodi nella costruzione e nell'azionamento delle macchine » j. In questi casi dal materialismo storico si passa all'economismo storico, che non è piú la nostra dottrina.
Fanno parte, quindi, della grande corrente del pensiero politico leninista, da un lato la insistente polemica di Gramsci contro l'economismo e Ì interpretazioni economistiche del marxismo, (essa è permanente in tutti i Quaderni), dall'altro lato la complessa indagine che fa scaturire le prospettive politiche e rivoluzionarie dalla analisi della struttura economica e dei reciproci suoi rapporti con la sovrastruttura ideale, sociale, politica. La guida delle conclusioni leniniste sulla natura dell'imperialismo fa superare a Gramsci il panto morto cui era giunta, all'inizio del secolo, l'indagine politica di Antonio Labriola e alla quale aveva corrisposto, in sostanza, la impossibilità del movimento operaio italiano di liberarsi sia dal riformismo che dall'estremismo verbale. La concezione leninista della rivoluzione e la successiva, sempre piú profonda, esperienza della strategia e della tattica leniniste lo illumina sempre meglio nella ricerca delle condizioni di sviluppo della rivoluzione in Italia. È questo il punto di partenza, tanto direttamente (negli scritti del 191926), quanto per via indiretta e per analogia (ricerche storiche dei Quaderni, nuove interpretazioni dei diversi periodi della storia italiana), di tutte le indicazioni di strategia e tattica politiche che sono la sostanza della azione e del pensiero di Gramsci, e principalmente delle sue conclusioni circa la struttura dell'Italia moderna e
1 Mach., p. 32.
Palmiro Togliatti 25
quindi sul sistema di alleanze politiche c[...]

[...]e sulla quale si esercita pure una efficacia delle sovrastrutture. Già in questa sfera, quindi, ha luogo uno sviluppo storico, che deve essere oggetto di una indagine scientifica la quale non può prescindere dai momenti sovrastrutturali. Analogamente le sovrastrutture politiche e ideali non sono un blocco, ma si distinguono per gradi diversi di reciproca autonomia, cosí come si distinguono momenti diversi della struttura. Indicazioni preziose di Lenin, che dovevano spingere alla ricerca metodologica in questa direzione, non si trovano soltanto nella grande polemica leninista circa la natura dello Stato, ma anche negli scritti ultimi, contemporanei o posteriori al passaggio alla Nuova politica economica, e relativi ai compiti della costruzione socialista, ai problemi, ai contrasti, alle difficoltà che sorgono nel corso di questa costruzione e alle funzioni dello Stato (e della politica) in questo nuovo periodo della storia.
Ci troviamo qui di fronte alla affermazione, che è a1 centro di tutto il pensiero di Gràmsci, della storicità assoluta della realtà sociale e politica, e alla definizione del marxismo, quindi, come storicismo assoluto, in quanto sola dottr[...]

[...]. Sono condannate le evasioni e i sogni, l'astratto proclamare che il mondo va in questa o
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quella direzione. Le prospettive debbono essere stabilite con una ricerca priva di passione. La realtà, il presente, diventa una cosa dura, su cui occorre violentemente attirare l'attenzione, se si vuole trasformarla. L'intelligenza è pessimista. L'ottimismo incomincia dalla volontà.
4. — Parte essenziale di tutta la dottrina leninista della rivoluzione
e del pensiero di Gramsci è, in questo quadro generale, la determinazione della nuova posizione che la classe operaia viene ad assumere, internazionalmente e in ogni paese, nel momento in cui si apre, per la stessa maturità oggettiva della struttura borghese del mondo (capitalismo, imperialismo, colonialismo), la fase del passaggio a una nuova struttura e a un nuovo ordinamento sociale. La classe operaia diventa classe nazionale, perché esistono le condizioni di un nuovo blocco storico, cioè di un nuovo rapporto tra la struttura e le sovrastrutture. Questo nuovo rapport[...]

[...] " unica (in un certo senso) che in questa originalità
e unicità deve essere compresa e concepita se si vuole dominarla e dirigerla ». La classe operaia diventerà quindi classe dirigente solo « se interpreterà esattamente questa combinazione, di cui essa stessa è componente e in quanto tale appunto può dare al movimento un certo indirizzo in certe prospettive ».
Nei giudizi sulla Rivoluzione d'Ottobre e nella valutazione della geniale opera di Lenin come capo della classe operaia russa e del nuovo Stato proletario, Gramsci insisterà sempre, dai primi commenti, ancora per molti aspetti imprecisi e frammentari, sino alle ultime note dei
1 Mach., pp. 114115.
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Quaderni, su questo momento. La realizzazione del primo Stato proletario, fatta da Lenin, è stato « un grande avvenimento metafisico » . Essa ha tradotto in pratica la filosofia, l'ha ridotta a « storia in atto », che è la sola filosofia 1. Essa ha trasformato le prospettive della storia mondiale. Ma essa è riuscita a fare tutto questo perché è stata il punto di arrivo necessario della storia nazionale del popolo russo; perché « i bolscevichi hanno dato forma statale alle esperienze storiche e sociali del proletariato russo, che sono le esperienze della classe operaia e contadina internazionale » 2. Lo Stato dei Soviet, negazione dialettica dell'ordinamento zarista, « dimostra...[...]

[...]di radicale rinnovamento, come le classi dirigenti italiane nel Risorgimento.
Nella pratica, come vennero attuati da Gramsci questi grandi principii direttivi? La politica di alleanze da lui elaborata e proposta, e che fa pernio sulla soluzione della questione meridionale attraverso la unità politica delle masse contadine e popolari meridionali con la classe operaia nella lotta contro il capitalismo e lo Stato borghese, è di diretta derivazione leninista, come tutto il modo di trattare la questione contadina. Non rimane qui traccia alcuna di ristretto strumentalismo corporativo, di puro appoggio reciproco tra due gruppi sociali allo scopo della realizzazione, da parte di ciascuno di essi, di un suo programma di riven
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dicazioni. L'alleanza esce dalla struttura di tutta la società italiana e crea le condizioni di un nuovo blocco storico dirigente. La formazione di una volontà collettiva nazionalepopolare è riconosciuta impossibile, « se le grandi masse dei contadini coltivatori non irrompono simultaneamente ne[...]

[...]nsigli di fabbrica. Priva di qualsiasi valore, indice soltanto di immediata ignoranza dei fatti, è la denuncia delle posizioni allora difese da Gramsci come posizioni sindacaliste. Dalla polemica di alcuni sindacalisti Gramsci poté derivare la critica della burocrazia sindacale, del suo chiuso corporativismo, del distacco dalla comprensione della sostanza dei problemi politici e prima di tutto del problema del potere. Tutto questo, però, vi è in Lenin assai piú nettamente che in tutta la letteratura sindacalista. Da Gramsci è, in pari tempo, energicamente sempre respinto il dilettantismo politico che predomina in questa letteratura. Il movimento dei Consigli di fabbrica fu, soprattutto al suo inizio, fino allo sciopero dell'aprile 1920 e anche dopo, strumento di lotta aperta contro la burocrazia sindacale riformista, di limitazione dei poteri di questa burocrazia e anche di rinnovamento delle direzioni sindacali. Gramsci insistette perd sempre anche nel sottolineare la differenza qualitativa tra il Consiglio di fabbrica e il Sindacato, e n[...]

[...]lle modificazioni della tecnica, ma è un tentativo di analisi della struttura sociale degli Stati Uniti d'America, in un momento del suo sviluppo.
5. Anche l'ampia, complessa e tormentata indagine sulla funzione degli intellettuali, impostata da Gramsci prima dell'arresto (e ciò risulta non solo dal ricordo di conversazioni con lui, ma dallo stesso scritto sulla Quistione meridionale) e condotta a fondo negli anni del carcere, ha un fondamento leninista, che non mi sembra sia stato sinora rilevato a sufficienza, ma deve esserlo, invece.
Né alludo al fatto che questa indagine fa parte delle analisi generali sulla struttura della società, quanto piuttosto alla dimostrazione storica e allo approfondimento della tesi dell'impegno politico e sociale (di classe) degli intellettuali, che è parte essenziale delle dottrine leniniste. Anche di questo impegno si può dare una interpretazione volgare, di tipo economistico, o persino ridurlo a questione di servizio e di stipendio. Anche questo aspetto esiste, ma è quasi sempre il piú facilmente riconoscibile e richiede uno studio particolare, da cui Gramsci non rifugge, quando è necessario, ma non confonde con le altre parti della sua ricerca. Né è a questo lato della questione che si riferisce la tesi di Lenin, come risulta anche solo dagli scritti da lui dedicati all'esame critico delle correnti intellettuali e letterarie del suo tempo. Il problema degli intellettuali e della loro funzione si pone invece su un piano analogo a quello della formazione delle ideologie e delle sovrastrutture. L'errare dell'idealismo e della sociologia volgare sta nel considerare le ideologie
Palmiro Togliatti 31
come semplici strumenti di direzione politica, cioè, si potrebbe dire, « per i governati delle mere illusioni, un inganno subito..., per i gavernanti un inganno voluto e consapevole » 1. Le ideologie sono, i[...]

[...]co storico. Anche la cultura, quindi, ha le sue crisi totali e l'avanzata, sulla base di una nuova struttura organica, di una nuova classe dirigente, postula una profonda riforma intellettuale e morale. La filosofia marxista è condizione e premessa di questa riforma. Essa dà agli intellettuali la consapevolezza della loro funzione; li rende fattori coscienti della evoluzione sociale.
6. — Punto di partenza e punto di arrivo di tutto il pensiero leninista è la dottrina del partito e, parallela .ad essa, la dottrina della ditta
1 M. S., p. 236.
2 M. S., p. 217.
32 I documenti del convegno
tura della classe operaia, come condizione per la creazione di una società nuova: senza guida del partito non si giunge al potere e non si organizza il potere nuovo. La stessa necessità risulta da tutto il pensiero e da tutta l'azione di Gramsci. La fondazione e poi la direzione del partito comunista sono gli atti decisivi della sua .attività politica e della sua vita. Ad essi è legato il sacrificio della sua stessa esistenza. Alla dottrina del partito[...]

[...] che alla concezione marxista della storia si può anche aprire uno spiraglio, accettarla come un metodo, una indagine sociologica sulla lotta delle classi, o simili, ma la si respinge quando si presenta o vuole essere riconosciuta come dottrina politica completa, cioè guida della azione rivoluzionaria. Dottrina del partito e della dittatura della classe operaia sono del resto elaborate dal marxismo nel modo logicamente piú aderente alla realtà.
Lenin elabora la dottrina del partito partendo principalmente dalle grandi esperienze della Rivoluzione francese e della storia rivoluzionaria dell'Ottocento, mentre la sua dottrina della dittatura è fondata sull'analisi del contenuto di classe dello Stato e quindi di tutta la ideologia borghese, che attribuisce un valore assoluto alle forme di organizzazione politica date allo Stato della borghesia.
ll nesso è evidente. La classe rivoluzionaria si organizza in partito per poter fare dello Stato uno strumento della propria azione rivoluzionaria e quindi per affermare la propria direzione su tutta [...]

[...]nti del convegno
zione », che è poi un risveglio, un progresso delle menti che rende piú rapida la formazione di un movimento storico e di una volontà collettiva 1. Il regime dei partiti diventa una necessità della storia e l'affermarsi della classe operaia è affermarsi e avanzata del partita politico che la esprime.
Già per Hegel, il partito era una trama « privata » dello Stara, e questa concezione prevede lo Stato parlamentare 2. Il marxismoleninismo non solo estende questa concezione, ma la rinnova. Dalla esperienza sia delle rivoluzioni borghesi, sia dello stesso parlamentarismo, deriva la nozione del partito come strumento del potere e per la conquista di esso. La classe borghese non si serve solo di questo strumento, che per essa è sussidiario, per attuare e mantenere il suo dominio. Questo parte dal mondo della produzione. Neanche la classe operaia, quando il capitalismo è giunto a un certo grado del suo sviluppo, si serve soltanto del partita politico per contrastare il dominio borghese e prepararne la caduta, anche perché si mu[...]

[...]nze che incontra nello svilupparsi, ecc. » j. Questa osservazione, che sembra fatta di sfuggita, è invece tra le piú importanti. Da un lato ad essa si collega il giudizio sul carattere degli Stati borghesi, nella loro evoluzione, progresso e decadenza. Dall'altro lato essa apre la via allo studio delle diverse forme che la stessa dittatura della classe operaia assume nelle sue diverse fasi e può assumere in paesi diversi. È un nuovo capitolo del leninismo che si discute, quello alla cui elaborazione completa sta oggi lavorando il movimento operaio internazionale.
11 dominio politico della classe operaia tende a creare una società non piú divisa in classi, ma « regolata ». Ma che cosa vuol dire una società regolata e come si giunge ad essa? Occorreranno, dice Gramsci, parecchi secoli. Questo vuol dire che la conquista del potere e la creazione dello Stato socialista non portano alla risoluzione di tutte le contraddizioni. Anche al di fuori di quelle che sono legate al carattere parziale delle prime vittorie, altre ne sorgono e devono esser[...]



da Armanda Guiducci, La morte grande in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...]i. In lontananza, ardono mitemente i bulbi metallici delle tre chiese più antiche del Cremlino. La luce ne cava uno sfavillio di miele, il sole dischi e aureole.
58 ARMANDA .GUIDUCCI
Fra fortezze e chiese, l'ibrida potenza del medioevo russo può ancora scatenare il fiato vivente dei suoi spazi, intatto e robusto.
Ma ecco che dall'ammattonato delle mura di cinta del Cremlino distinguete la scalea di granito rossastro che squadra il Mausoleo di Lenin. L'intera parete che lo fronteggia dal lato opposto della spianata, e che aguzza suoi tetti dietro un filare di platani, dà nel liberty,
un grande magazzino. L'edificio di un mattone cupo, a torrette e pinnacoli, che vi sta alle spalle, a spartiacqua fra il traffico delle piazze Manejnaïa e della Rivoluzione é, vi rendete conto, non meno recente, il Museo di Storia. Là hanno imbalsamato il sonno mortale di Lenin. Là, giacciono nelle teche delle vetrine pesci e aringhe disseccati e affumicati e s'accatasta, a piramidi, lo scatolame dell'emporio di Stato. Là, sotto vetro, sfidano il tempo libri e ritratti, armi, arnesi e vessilli. Le austere sale un poco ombrose allineano, più o meno ingiallite, c le appartenenze » di quella che fu la vita di Lenin: i suoi stivali, la sua vettura scoperta, le sue fotografie, i brandelli mistici della Rivoluzione. (« Tutto ciò é cucito alla storia, / schedato e archiviato / e lo dipingono ormai / i Brodskij e i Repin ») (1).
Prende consistenza alfine, sopra la fascia delle mura, il Gran Palazzo, con la sua fisionomia ottocentesca, il doppio rango di finestre.
È vero : a volte più ti avvicini alla realtà, più l'hai a portata di mano, più ti sembra irreale. Il Grande Palazzo é sotto i tuoi occhi. Guardalo, da tutte le parti; arriva fin sul ponte che attraversa la Moskva, dietro il Beato Basilio, per scop[...]

[...]e vieni, la muta e dominante preoccupazione che le governa.
Mentre l'esistenza pratica incalza su questo lato della piazza, sull'altro, opposto, si svolge un pellegrinaggio alla morte.
Dal mattino inoltrato alle cinque della sera, ora in cui la morte vien restituita alla morte, si snoda, risalendo dalla Piazza Manejnaïa, sottostante, la serpentina ininterrotta di coloro che attendono pazientemente di accedere alla visione dei due grandi corpi: Lenin e Stalin.
Se la folla che si riversa al Gum non conosce altro rituale all'infuori dell'urto, della pressione, altra regola all'infuori di quella dello scambio immediato fra denaro e merce, la folla ancor più composita dei pellegrini al Mausoleo sottostà a un rituale prestabilito, a una vera e propria regia della morte.
Lo scopo é quello — alquanto mistico — dell'esaltazione e consacrazione della grandezza sovietica. La suggestione drammatica, infinita, che la morte esercita sui viventi, viene spesso sfruttata per questo fine sottilmente deviante. Il fascino delle «grandi tombe » é equivoco,[...]

[...]aggiunti dilatando non soltanto le dimensioni della cripta, ma dalla tomba che rinserra il corto scheletro del condottiero), il mausoleo sovietico (umanissimo invece nelle dimensioni, e ammirevole per la semplicità architettonica) deve il suo fascino sinistro al fatto di poterli vedere, i morti. (« Io temo / che le processioni / ed i mausolei / il regolamento fisso / dell'amministrazione / anneghino / nell'incenso dolciastro / la semplicità / di Lenin. / Per lui tremo, come per la pupilla dell'occhio, / che non sia / falsato / dall'ideale dei pasticceri »).
Non so quanto questo fascino, che é quello arcaico ed irresistibile di una rivincita ingannevole sulla distruzione dell'essere umano, possa giocare molti dei pellegrini che giungono fin dalle repubbliche più lontane per sfilare davanti alle salme, sostare dinanzi a loro un attimo
LA MORTE GRANDE 61
solo, e uscire con quella visione impressa negli occhi per tutta la vita. Dubito che possa mancare la sua presa; anche una coscienza preparata può difficilmente esorcizzarlo. Osservando ne[...]

[...]la facciata del Mausoleo.
Quasi sotto la torre Spasskaïa, la più grande e la più bella sulla cinta del Cremlino, il Mausoleo discende per forti gradienti di granito rosa intenso dal tempietto, che lo corona, fino al livello della piazza. Benché opera dello Schoussev, un professore d'accademia, le sue proporzioni rifuggono dalla statura retorica. Certamente, gli giova il rapporto con l'alto muro del Cremlino che lo sovrasta alle spalle. Allorché Lenin vi fu ospitato, nel 1924, era di legno. (Lo Schoussev si era ispirato ai monumenti funerari dell'età preistorica). Cinque anni dopo, fu tradotto nella fastosità regale del marmo.
La rigida angolatura della scalea che balza verso il basso per blocchi parallelepipedi, impone l'idea della discesa sotterranea, della camera riposta della morte.
Con la sua mole tranquilla, con il suo orologio rotondo, con la stella librata sulla punta, la torre Spasskaïa domina quest'idea, impassibilmente.
(« Come scattano / folli / le lancette sulla Spasskaïa, / dall'inizio del minuto / all'ultimo quarto è uno [...]

[...]verso il basso per blocchi parallelepipedi, impone l'idea della discesa sotterranea, della camera riposta della morte.
Con la sua mole tranquilla, con il suo orologio rotondo, con la stella librata sulla punta, la torre Spasskaïa domina quest'idea, impassibilmente.
(« Come scattano / folli / le lancette sulla Spasskaïa, / dall'inizio del minuto / all'ultimo quarto è uno scatto »). Questo fu il giorno il cui la torre scandì l'ora della morte di Lenin.
Guardo il corteo che si snoda, ordinato in mestizia e rigore dalla polizia (« la polizia, / faccia di culo ») e ripenso a quel vivo tempo di morte cantato da Maiakowski, quando sulla Piazza Rossa sembrò che nuovamente la Russia fosse diventata nomade. (« La diga delle strade / si spacca in mezzo / e cantando / gli uomini / si precipitano alla morte »).
Silenziosi, ordinati, a pascetti, gli uomini guadagnano il Mausoleo. Oltre il basso portale e il presentat'arm pietrificato delle sentinelle, la scalinata esterna del monumento si fa naturalmente scala interna, per la discesa alla cella. I m[...]

[...]i, sopraelevati. Per passarvi davanti occorrerà salire una breve scala, discenderne una uguale per guadagnare l'uscita. Nella stanza, di proporzioni rispettose, una penombra rossa, una luce che vi gela le dita. Vi rendete conto che siete in una cella frigorifera.
« Fine; / fine, / fine. / Chi / convincere? / Un vetro, / e sotto vedete...» fino al petto, parallele a pochi metri di distanza, le statue di carne in cui abitarono gli uomini Stalin e Lenin. Due busti, piú precisamente. Dal ventre in giù, una coltre di bronzo copre, con pieghe pietose, le loro figure spezzate.
La luce rossa li lambisce e, sfiorando con un raggio rosato la testa e le mani scolpite in quella cera opaca in cui si blocca, con la morte, la nostra materia organica, trucca il pallore cadaverico.
La mano sinistra di Lenin poggia tesa sul massiccio lenzuolo. La destra è serrata a pugno, all'altezza del cuore, su una giacca simile a camiciotto, con il colletto alto chiuso e due tasche ai lati del petto.
Sono due mani piccole ma affusolate, con le nocche lunghe come hanno gli intellettuali: mani che hanno scritto, che hanno pensato, ricordarlo non fa fatica, da sole parlano del loro tempo trascorso. Le mani di Stalin ricadono pesanti sul bronzo, grandi, con le dita nocchiute, la palma spessa. La giubba militare cachi le taglia al polso.
La faccia di Lenin, minuta, stempiata, gli zigomi alti, è appuntita in una [...]

[...] su una giacca simile a camiciotto, con il colletto alto chiuso e due tasche ai lati del petto.
Sono due mani piccole ma affusolate, con le nocche lunghe come hanno gli intellettuali: mani che hanno scritto, che hanno pensato, ricordarlo non fa fatica, da sole parlano del loro tempo trascorso. Le mani di Stalin ricadono pesanti sul bronzo, grandi, con le dita nocchiute, la palma spessa. La giubba militare cachi le taglia al polso.
La faccia di Lenin, minuta, stempiata, gli zigomi alti, è appuntita in una serietà indifferente. La morte marchia proprio sul viso di coloro che amarono la vita come un caldo continuo progetto, quest'impronta — di uomo che ha declinato, ormai, tutte le responsabilità.
La morte, che noi avvertiamo angosciosamente soprattutto come cessazione, è un crudele processo di metamorfosi. Qualcosa viene fissato per sempre, qualcosa viene cancellato per sempre sul volto dell'uomo che muore.
È come se, allorché sopraggiunge la fine, la tensione provocata dall'uomo, con la sua problematica presenza, nel mondo della natura,[...]

[...]rte non è mai, se non nei tratti somatici più grossolani o evidenti, il medesimo viso che l'uomo condusse in giro da vivo. E qualcosa di meno, e di più: è un volto, compiuto e rivelatore come una parola scritta; tragico, nella misura che gli spetta. Intanto, evade stranamente dal tempo: nonostante ogni segno, ogni piega dell'età, la propria stessa età non lo riguarda piú. A quale eta risale questa paralisi che colpisce tutto il corpo visibile di Lenin e tutto quello di Stalin? Lenin sembra vagamente più giovane, perché i capelli folti di Stalin sono brizzolati. Ma il viso di Stalin non è perciò più vecchio. In una maschera, é semplicemente assente l'angoscia del volto umano, di essere macinato dalla mola del tempo. E anche i volti di Stalin e di Lenin danno nella maschera — voi potreste semplicemente dire: un intellettuale russo, ricordandovi improvvisamente di qualche effigie di Dostoevsky tosi tipicamente slavo e somigliante, negli zigomi alti, nella fronte convessa, nelle mascelle che intenagliano il mento appuntito; un uomo da esercito e da cannoni, un generale, balenandovi irresistibilmente una qualche analogia visiva, chissà quando e dove afferrata, con un Pancho Villa o con un virulento capo militare da Americhe del Sud.
La chioma folta spazzolata all'indietro, i baffi imperiosi, il naso come un pugno in mezzo alla faccia, le guanc[...]

[...]n virulento capo militare da Americhe del Sud.
La chioma folta spazzolata all'indietro, i baffi imperiosi, il naso come un pugno in mezzo alla faccia, le guance che tradiscono il grande apoplettico, una grossa verruca immobile su quella di destra, e le labbra sensuali su cui aleggia il ricordo stupefacente di un sorriso, la testa di Giuseppe Stalin giace riversa in un altro emisfero, pur stando così vicina e parallela a quella di Vladimir Ilijc Lenin.
Donde gli viene quell'incredibile sorriso?
Ricordo il ritratto di Barbusse, che lo vide da vivo: « Sono gli occhi dal taglio esotico leggermente asiatico, che imprimono alla sua maschera di rude lavoratore un'aria ironica. C'è qualche cosa nello sguardo e nella espressione del viso che lo fanno apparire sempre sorridente. O meglio, si direbbe che egli stia sempre per sorridere. Così pure Lenin ».
Eppure, con la sua giustizia ironica, la metamorfosi irrimediabile ha cancellato ogni ricordo di sorriso dal piccolo volto d'avorio di Lenin, infinitamente più asiatico e più ironico nel taglio; lo ha mantenuto — una traccia beffarda e sconvolgente — su quello grezzo e sanguigno di Stalin.
L,
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Un sorriso impercettibile, chissà come fissatosi agli angoli delle labbra, che riesce peri a diffondersi, per tutta la faccia; un sorriso dominatore, di chi ce l'ha fatta, e che impone la presenza del terribile. La tenace indefettibilitá di tutti i dolori sofferti nei luoghi di esecuzione, nelle camere di tortura, urta contro quel sorriso — uno scontro silenzioso e pauroso di masse di energie invisibili.
« Basterà che i[...]

[...]me Eiche, scrisse per sé e per tutti gli altri:
« Le cose stanno nel modo seguente: non essendo in grado di sopportare le torture alle quali sono stato sottoposto da Usciakov e da Nikolaiev, e particolarmente dal primo — i quali hanno sfruttato il fatto che le mie costole fratturate non sono guarite e mi hanno fatto molto soffrire — sono stato costretto ad accusare me stesso ed altri ».
Una serietà terribile, pallida, sta rappresa sul volto di Lenin. Il suo pugno è contratto.
Il mignolo di Stalin è sigillato nell'indifferenza (le unghie serbano una traccia di nicotina).
Invano pensate che, a un certo momento, anche la morte ha alzato il suo mignolo — e Giuseppe Stalin è caduto fulminato. Una sproporzione fra i destini umani sussiste.
Sui pochi metri di distanza che separano queste due salme si ha l'impressione di misurare l'abisso. Allinearli così vicini...
Vicini e lontani, lontani ma vicini, se si è presi con forza da questa sensazione, ecco, almeno ora un tratto comune, un che di somigliante, qualcosa che li conforma, si riesce a [...]

[...].
Finita l'operazione, il viso — quali ne siano stati i tratti volitivi — é conformato a una maschera. Ma a una maschera tragica. Mentre rimangono rispettate proprio le parti più anonime, più disabitate dall'intelligenza (« La morte / non sa chiedere scusa »), la deformazione di ogni altro tratto tradisce il grado della lotta avvenuta: l'accanimento dell'uomo a rimanere uomo; della morte a disfarlo.
Ora, fissando le maschere a cui sono ridotti Lenin e Stalin, due lottatori di tempra, colpisce l'assenza di conflitto. Somigliano troppo a un'iconografia, con una pretesa anticipata di eternità. Si penserebbe quasi a un intervento della mano dell'uomo, perché soltanto l'uomo cerca, in una maschera, di conservare la somiglianza con la vita.
Mi sovviene il dubbio terribile espresso da Emanuelli quando rivide, sette anni or sono, il corpo di Lenin, che aveva già veduto imbalsamato diciotto anni prima. A Emanuelli venne il sospetto che il volto non fosse più quello vero, ma una maschera di cera dipinta alla perfezione. Espresse questo suo timore, e gli dissero che poteva anche essere verità. Durante la guerra, quando Mosca sembra minacciata dall'invasione, il corpo di Lenin venne segretamente murato in una stazione della metropolitana. Più tardi, trovarono che si era incenerito.
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« La sostituzione con la maschera di cera colorata é particolare che, riferisco senza dargli nessuna importanza, e infatti non ne ha dal momento che i suoi fedeli lo ignorano ».
Fosse pur vero, il particolare, infatti, non ha nessuna importanza. Stalin, non incenerito, appare colato nella stessa cera sonnolenta, non tormentata, in cui sono modellati i tratti di Lenin.
La mano dell'uomo é certamente passata su di loro — non fosse altro che per il macabro rito assurd[...]

[...]ella metropolitana. Più tardi, trovarono che si era incenerito.
LA MORTE GRANDE 67
« La sostituzione con la maschera di cera colorata é particolare che, riferisco senza dargli nessuna importanza, e infatti non ne ha dal momento che i suoi fedeli lo ignorano ».
Fosse pur vero, il particolare, infatti, non ha nessuna importanza. Stalin, non incenerito, appare colato nella stessa cera sonnolenta, non tormentata, in cui sono modellati i tratti di Lenin.
La mano dell'uomo é certamente passata su di loro — non fosse altro che per il macabro rito assurdo dell'imbalsamazione. E vi ha lasciato la sua traccia illusoria e pietosa.
Un'imitazione, assai abile, di sopravvivenza, ci permette dunque di ammirare oggi nel Mausoleo sovietico quanto costituisce il vanto di non poche basiliche cattoliche: delle salme eccezionalmente intatte, levigate per l'eternità.
Ad Assisi, è naturale, vogliono che si ammiri la tecnica del miracolo. A Mosca, il viceversa. Appunto per questo, risalire alla piazza Rossa — splendente di tutti gli smalti dell'esistenza — [...]



da George Lukacs, La mia via al marxismo [traduzione di Ugo Gimelli] in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...] sindacalisti dettero ai miei « tentativi di filosofia della storia », accanto a più di un elemento positivo (ad esempio la conoscenza, fatta attraverso lui, della Critica del programma di Gotha), una nota accentuata di astratto soggettivismo e pertanto eticizzante. Tagliato fuori, in quanto intellettuale universitario, dal movimento operaio illegale, non potei prendere visione, durante il conflitto, né degli scritti spartachisti né di quelli di Lenin sulla guerra. Lessi invece, con effetti profondi e duraturi, le opere di prima della guerra di Rosa Luxemburg. Stato e rivoluzione di Lenin l'ho letto solo nel periodo rivoluzionario 19181919.
4 GEORG LUKACS
In tale fermento ideologico mi colsero le rivoluzioni del '17 e del '18. Dopo breve esitazione mi iscrissi nel 1918 al Partito Comunista Ungherese e rimasi da allora nelle file del movimento rivoluzionario operaio. Il lavoro pratico mi costrinse subito a dedicarmi agli scritti economici di Marx, a un più profondo studio della storia, della storia economica, di quella del movimento operaio ecc., impegnandomi così in una revisione continua dei fondamenti filosofici. Tuttavia questa latta per impadronirsi della dialettica marx[...]

[...]erare ed « eliminare » Hegel con Marx, ,Rrpb1emi_ decisivi_.di dialettica venivano risolti idealisticamente (dialettica della natura, teoria del rispecchiamento ecc.). La teoria della Luxemburg sull'accumulazione, ancora da me mantenuta, si mescolava in modo non organico con un attivismo soggettivistico ultrasinistro.
Soltanto l'intima adesione al movimento operaio, dovuta ad una attività di molti anni, e la possibilità di studiare le opere di Lenin e di corn prenderne, poco a poco, la fondamentale importanza, avviarono il terzo periodo del mio interessamento per Marx. Solo ora, dopo quasi un decennio di lavoro pratico e dopo oltre un decennio di sforzo intellettuale per comprendere Marx, il carattere totale e unitario della dialettica materialistica mi é divenuto concretamente chiaro. Ma appunto questa chiarezza porta con sé il riconoscimento che il vero studio del marxismo comincia soltanto ora e non può piú fermarsi. Giacché, come Lenin dice tanto giusta
; ' mente, re il fenomeno é più ricco della legge... e perciò la legge, (qualsia[...]

[...]ntale importanza, avviarono il terzo periodo del mio interessamento per Marx. Solo ora, dopo quasi un decennio di lavoro pratico e dopo oltre un decennio di sforzo intellettuale per comprendere Marx, il carattere totale e unitario della dialettica materialistica mi é divenuto concretamente chiaro. Ma appunto questa chiarezza porta con sé il riconoscimento che il vero studio del marxismo comincia soltanto ora e non può piú fermarsi. Giacché, come Lenin dice tanto giusta
; ' mente, re il fenomeno é più ricco della legge... e perciò la legge, (qualsiasi legge, é angusta, incompleta, approssimativa >?. Chiunque si illuda di aver compreso una volta per tutte i fenomeni della
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natura e della sodrtà sulla, base di una conoscenza, vasta e profonda quanto si voglia, del materialismo dialettico, deve necessari i té`ricädere dalla viva dialettica nella rigidità meccanica,
1 ri äterialismo che tutto abbraccia nell'unilateralità idealistica.
Il materialismo dialettico, la dottrina di Marx, deve essere conquistata, assimilat[...]

[...]ella sua inattaccabile unità e totalità costituisce l'arma per l'esecuzione pratica, per il dominio dei fenomeni e delle loro leggi. Se da questa totalità distacchiamo un solo elemento costitutivo (o anche soltanto lo trascuriamo) avremo di nuovo rigidezza e unilateralità. Basta che non si colga il rapporto dei momenti fra loro e si potrà perdere di nuovo di sotto i piedi il terreno della dialettica materialistica. « Giacché ogni verità » dice Lenin « puk se la si esagerai se si trapassano i confiñi della sua,_ vá tàs divenire un'assurdità, anzi in tali circo stanze e inevitabtic chc divenga un assurdità ».
Sono passati più di trent'anni da che io, ragazzo, lessi per la prima volta il Manifesto dei Comunisti. L'approfondimento progressivo — sia pure contradditorio e non rettilineo — degli scritti di Marx è divenuta la storia del mio sviluppo intellettuale e quindi addirittura la storia di tutta quanta la mia vita, nella misura in cui essa può avere un significato per la società. A me sembra che nell'epoca che segue a Marx la presa di po[...]

[...])
Le righe precedenti sono state scritte, come ognuno può ben vedere, in uno stato di estrema tensione che non era dovuto solo al fatto che io dopo tante avventure intellettuali finalmente sentivo, quasi cinquantenne, il terreno fermo sotto i miei piedi: anche gli avvenimenti del quindicennio precedente contribuivano fortemente a tale stato d'animo. Dei primi anni della rivoluzione ho già parlato, non così degli anni che seguirono alla morte di Lenin. Come compagno di lotta ho vissuto l'azione di Stalin per salvare la vera eredità di Lenin contra Trozki, Zinoviev ecc., e ho veduto che con essa furono salvate e rese adatte a ulteriore sviluppo proprio quelle conquiste che Lenin ci ha trasmesso. (A questo giudizio sul periodo dal '24 al '30 gli anni frattanto trascorsi e le esperienze che li accompagnarono non hanno mutato nulla di essenziale). A questo si aggiunge che la discussione filosofica dal '29 al '30 mi dette la speranza che il chiarimento di rapporti HegelMarx, FeuerbachMarx, MarxLenin e la liberazione da una cosiddetta ortodossia plechanovista avrebbero dischiuso nuovi orizzonti alla ricerca filosofica. Inoltre lo scioglimento della Rapp (1932), alla quale io sempre mi ero opposto, apri a, me e a molti altri una vasta prospettiva, quella di una ripresa, non ostacolata da alcun burocratismo, della letteratura socialista, della metodologia e della critica letteraria marxista; in questa speranza occorre sottolineare con pari rilievo le due componenti, l'assenza di limiti imposti da una burocrazia e il carattere marxista leninista. Se aggiungo che noi proprio in quegli anni ab[...]

[...]ti alla ricerca filosofica. Inoltre lo scioglimento della Rapp (1932), alla quale io sempre mi ero opposto, apri a, me e a molti altri una vasta prospettiva, quella di una ripresa, non ostacolata da alcun burocratismo, della letteratura socialista, della metodologia e della critica letteraria marxista; in questa speranza occorre sottolineare con pari rilievo le due componenti, l'assenza di limiti imposti da una burocrazia e il carattere marxista leninista. Se aggiungo che noi proprio in quegli anni abbiamo conosciuto le opere fondamentali del giovane Marx, soprattutto i Manoscritti economicofilosofici, come pure i quaderni filosofici di Lenin, avrò enumerato quei fatti che sollevarono grandi speranze al principio degli anni
trenta.
Il fatto che anche allora per una su due idee (a essere otti
(4') Questo a Postscriptum » é stato scritto per il a Symposium on contemporary Thought » edito in Giappone col titolo a Isvanami Gendai Schiso ».
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misti) che si allontanavano dal modello imposto, si urtasse contro una resistenza sorda o aggressiva, riuscì solo poco a poco a fare im
pallidire queste speranze. Da principio credevo, e con me non
pochi altri, di trovarmi davanti agli avanzi di un passato non supera[...]

[...] storica del momento, che era quella dell'ascesa di Hitler e della preparazione della sua guerra di annientamento contro il socialismo. Mi è sempre stato ovvio che ad ogni decisione che tale situazione imponeva dovesse subordinarsi incondizionatamente tutto, anche ciò che a. me personalmente era più caro, anche l'opera stessa della mia vita. Io ritenevo che il compito principale della mia vita consistesse nel bene impiegare la concezione marxistaleninista in quei campi che io conoscevo, nel farla progredire nella misura in cui ciò fosse imposto dalla scoperta di nuovi dati. Ma poiché al centro del periodo storico in cui . si svolgeva questa mia attività si trovava la latta per l'esistenza dell'unico stato socialista e quindi del socialismo stesso, io subordinavo ovviamente ogni mia presa di posizione, anche riguardo alla mia propria opera, alle necessità del momento. Questo tuttavia non significò mai una capitolazione davanti a tutte quelle tendenze ideologiche che si sono formate, propagate e infine dissolte nel corso di questa lotta. Nel[...]

[...]gli ideologi del dogmatismo.
Il primo grande vantaggio che mi arrecò questa discussione e la ritirata tattica che vi compiei (si era al tempo del processo Rajk) fu di poter abbandonare la mia complessa attività di funzionario e di concentrarmi esclusivamente nel lavoro intellettuale. Questa circostanza, l'esperienza della discussione, quella dei grandi avvenimenti di allora mi giovarono nel riesame approfondito che feci dei problemi del marxismoleninismo in relazione ai metodi di Stalin e dei suoi seguaci. La convinzione sempre crescente che Stalin non avesse capito quello che c'era di decisamente nuovo nella situazione era resa più larga e più generale da una più profonda coscienza del passato. Mi fu evidente come, mentre nella seconda metà degli anni venti la lotta contro il fascismo era divenuta il problema centrale, Stalin non ne avesse capito il significato se non circa un decennio più tardi. In una epoca in cui la formazione di un fronte unitario dei lavoratori, anzi di tutti gli elementi democratici, era divenuta una questione vita[...]

[...]tto invecchiate. Ciò che accadde dopo il 1948 cominciai a considerarlo come ripetizione storica dell'errore fondamentale degli anni venti.
In questo scritto, ove l'argomento vero e proprio é formato. dall'intimo sviluppo delle mie idee, é impossibile anche solo accennare al sistema di pensiero che sta all'origine di tali concezioni errate; sia notato soltanto questo, che il tragico dissidio nel pensiero di Stalin mi divenne sempre più evidente. Lenin, all'inizio del periodo imperialistico, ha messo in luce, partendo dalla dottrina dei classici, l'importanza del fattore soggettivo. Stalin ne ha fatto un sistema di dogmi soggettivistici. Il tragico dissidio
i
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consiste nel fatto che le sue grandi qualità di ingegno, le sue ricche esperienze, la sua notevole acutezza, lo condussero non di rado a rompere il cerchio magico del soggettivismo, anzi ad accorgersi chiaramente dell'erroneità di esso. Pertanto mi appare tragico che la sua ultima opera cominci con una giusta critica del soggettivismo economico senza che in lui affio[...]

[...]o, secondo e superiore stadio del socialismo. Dall'accoppiamento di queste affermazioni reciprocamente escludentisi é nata la sua visione da incubo di una società comunista in cui il principio liberatore « Ciascuno secondo la sua capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni » si realizza in uno stato di polizia regolato in forma autocratica ecc. ecc,
Stalin, al quale si deve riconoscere il grande merito di avere difeso contro Trozki il principio leninista del socialismo in un solo paese e di aver così salvato il socialismo in un periodo di crisi interne, ebbe per il periodo iniziatosi col 1948 quasi la stessa incomprensione che aveva ai suoi tempi Trozki per le necessità di sviluppo dell'Unione Sovietica. Che questa arretratezza e incomprensione di Stalin abbia facilitato la condotta della guerra fredda agli avversari imperialistici é cosa che ormai non pochi oggi riconoscono.
Ripeto, qui si doveva descrivere solo lo sviluppo delle mie idee, e anche queste soprattutto in rapporta ai problemi del marxismo. Quanto finora é stato detto di St[...]

[...] delle mie idee, e anche queste soprattutto in rapporta ai problemi del marxismo. Quanto finora é stato detto di Stalin serviva solo a creare sfondo e atmosfera per una giusta impostazione dei problemi. Se si pensa all'entusiasmo di una parte considerevole degli intellettuali nei primi anni della grande rivoluzione socialista, bisogna riconoscere che fra le sue cause fondamentali c'era la geniale, duplice opera di riforma al marxismo da parte di Lenin. Da un lato Lenin ha spazzato via pregiudizi, rigogliosi durante decenni, re
LA MIA VIA AL MARXISMO 13
lativi ai classici del marxismo; e in questo lavoro di epurazione apparve quanto l'opera di Marx e di Engels fosse ricca di nozioni che fino ad allora non erano state messe in luce. D'altro lato egli rilevò al tempo stesso, con inesorabile senso della realtà, che nei nuovi problemi sollevati dalla vita non ci si può appog giare a « infallibili » citazioni dai classici. Al tempo dell'introduzione della NEP così ebbe a dire con mordente ironia a un certo tipo di critici marxisti: « A Marx non é mai venuto in [...]

[...]si può appog giare a « infallibili » citazioni dai classici. Al tempo dell'introduzione della NEP così ebbe a dire con mordente ironia a un certo tipo di critici marxisti: « A Marx non é mai venuto in mente di scrivere neanche una parola sull'argomento; è morto senza lasciare nessuna esatta citazione o irrefutabile indicazione
in proposito. Dunque bisogna cercare di cavarsela da soli ». —
Come qui ho già detto, nei primi anni dopo la morte di Lenin io nutrivo delle speranze in una edificazione leninista del marxismo. Ho anche descritto esaurientemente la successiva, crescente delusione. Come conclusione di queste considerazioni importa riassumere brevemente ciò che in questa situazione è essenziale dal punto di vista della teoria della scienza. Avvenne dunque che, man mano che il predominio spirituale di Stalin si rafforzò e si irrigidì in culto della personalità, la ricerca marxistica degenerò largamente in un'esposizione, applicazione e diffusione di « verità definitive ». La .ris sta e
d lla vita e della scienza era, secondo l'insegnamento dominante, dep iitata nelle_ o eres dei cl[...]

[...]he il predominio spirituale di Stalin si rafforzò e si irrigidì in culto della personalità, la ricerca marxistica degenerò largamente in un'esposizione, applicazione e diffusione di « verità definitive ». La .ris sta e
d lla vita e della scienza era, secondo l'insegnamento dominante, dep iitata nelle_ o eres dei classici, pr
soattútt& in qúéllé di RStalin. Da principio Marx ed Engels furono spinti sempre più energicamente in secondo piano da Lenin e poi Lenin da Stalin. Ricordo bene, per esempio, il caso di un filosofo che fu ripreso perché trattava le determinazioni della dialettica secondo i Quaderni filosofici di Lenin. Stalin, gli si fece presente, aveva enumerato nel quarto capitolo della Storia del partito meno distinzioni della dialettica e così aveva fissato definitivamente il loro numero e la loro natura. Perciò interessava soltanto trovare per ogni problema trattato la citazione da Stalin appropriata. « Che cos'è una idea ? » domandò una volta un compagno tedesco. « Un'idea è il collegamento fra due citazioni ». Sarebbe veramente ingiusto negare il fatto che la porta per un ulteriore sviluppo del marxismoleninismo non era stata
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serrata del tutto. Stalin possedeva il privilegio d[...]

[...]uarto capitolo della Storia del partito meno distinzioni della dialettica e così aveva fissato definitivamente il loro numero e la loro natura. Perciò interessava soltanto trovare per ogni problema trattato la citazione da Stalin appropriata. « Che cos'è una idea ? » domandò una volta un compagno tedesco. « Un'idea è il collegamento fra due citazioni ». Sarebbe veramente ingiusto negare il fatto che la porta per un ulteriore sviluppo del marxismoleninismo non era stata
1(
14 GEORG LUKÁCS
serrata del tutto. Stalin possedeva il privilegio di arricchire il tesoro delle verità eterne con verità nuove e di mettere fuori circolazione una verità considerata fino ad allora come inconfutabile.
Che con tale sistema la vita scientifica soffrisse gravemente non occorre che venga dimostrato. Basti solo accennare che le scienze più importanti dal punto di ,vista teoretico per lo sviluppo de"TA marxismo, l'economia politica e la filosofia, furono quasi completamente paralizzate. Lo sviluppo delle scienze naturali poteva essere ostacolato assai meno; [...]

[...]intellettualmente disarmato per
LA MIA VIA AL MARXISMO t5
la sua educazione schematica e dogmatica, é il caso di parlare di un pericolo molto serio. Fintanto però che i dogmatici rimangono attaccati all'identità sostanziale di Stalin coi classici del marxismo, si troveranno altrettanto disarmati intellettualmente davanti a quelle correnti (con segno contrario) quanto i revisionisti in buona fede. Per la conservazione e il progresso del marxismoleninismo deve trovarsi un « tertium datur » come uscita da questo vicolo cieco; si deve cioè estirpare il dogmatismo per combattere il revisionismo.
Lenin ha indicato per primo e chiaramente il punto archimedico d'appoggio della presa di posizione qui necessaria. Soltanto se saremo coscienti che il marxismo ci ha lasciato un metodo sicuro, uno straordinario numero di verità salde, una quantità di spunti quanto mai fecondi per il suo proprio sviluppo; che noi non possiamo fare alcun progresso reale sulla via della scienza senza un'assimilazione e un'applicazione approfondita di quei principi; che tuttavia l'elaborazione di scienze universali sulla base del marxismo è un compito da svolgere e non qualcosa di già raggiunto; se tutto questo verrà c[...]

[...]sviluppo; che noi non possiamo fare alcun progresso reale sulla via della scienza senza un'assimilazione e un'applicazione approfondita di quei principi; che tuttavia l'elaborazione di scienze universali sulla base del marxismo è un compito da svolgere e non qualcosa di già raggiunto; se tutto questo verrà compreso chiaramente si avrà una ripresa della ricerca marxista. Engels prima della sua morte ha indicato questo ruturo compito dei marxisti; Lenin ha ripetuto le sue esortazioni. Io credo che sia venuto il tempo di adempiere queste istanze. Quando diciamo: noi non abbiamo ancora una logica, un'estetica, un'etica, una psicologia marxiste, non diciamo nulla che debba scoraggiare. Al contrario parliamo con passione piena di speranza dei grandi, entusiasmanti doveri scientifici che possono fecondamente riempire la vita di intere generazioni.
Naturalmente è impossibile in questi brevi limiti parlare concretamente anche solo della prospettiva di queste imprese; non mi rimane spazio neanche per trattare dei miei propri lavori. Posso soltanto [...]



da [Gli interventi] Valentino Gerratana in Studi gramsciani

Brano: Valentino Gerratana

Nella sua relazione Togliatti ha accennato, parlando della metafora gramsciana relativa alla distinzione tra guerra manovrata e guerra di posizione, all'identità che si può vedere, anche su questo problema, tra Ja concezione di Gramsci e quella di Lenin. Su questo stesso tema vorrei fermarmi nel mio breve intervento, non solo perché la concezione di Gramsci della « guerra di posizione» ha grande importanza nello sviluppo del suo pensiero, ma anche perché proprio su questo problema sono state recentemente tentate delle false e tendenziose interpretazioni che sì sforzano di opporre le posizioni di Gramsci a quelle di Lenin.

Il tema è strettamente connesso, come del resto ha rilevato anche Togliatti, alTelaborazione di Gramsci della teoria dell’egemonia e alla sua critica della teoria troschista della rivoluzione permanente. Conviene quindi rifarsi, per chiarire meglio la cosa, al saggio sulla Quistione meridionale, dove Gramsci a un certo punto, usando per la prima volta, — mi pare — il termine di « egemonia del proletariato », afferma che i comunisti torinesi, prima ancora che sul piano teorico si erano posti concretamente il problema dell’egemonia del proletariato affrontando la questione delle alleanze de[...]

[...]zione del socialismo in un solo paese e vedeva quindi l’unica salvezza dello Stato sovietico nella possibilità di suscitare la rivoluzione negli altri paesi. « Le contraddizioni — scriveva Trotzki — nella situazione del governo operaio di un paese arretrato, con una maggioranza schiacciante di popolazione contadina, potranno trovare la loro soluzione soltanto su scala internazionale, suH’afena delk rivoluzione mondiale del proletariato ».

Per Lenin, invece, come per Gramsci, la soluzione di queste contraddizioni può essere trovata soltanto nella funzione egemonica della classe operaia, nella sua capacità di dirigere questa maggioranza non proletaria delk popolazione. Lenin si rendeva conto che questo compito del proletariato non era facile, e che era d’altra parte più difficile, nelle condizioni particolari delk società russa, dopo la conquista del potere. Ma a questo compito, per quanto difficile, la classe operaia non può sottrarsi né prima né dopo la realizzazione della dittatura proletaria.

A ragione, in questa posizione di Lenin Gramsci vedeva l’opposizione più radicale ad ogni interpretazione meccanicistica del materialismoValentino Gerratana

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storico, e in particolare alle tendenze « economistiche » ohe affidavano alla spontaneità la realizzazione dei compiti rivoluzionari. Il principio deliegemonia, in quanto implica la ricerca della strada e dei metodi di lotta, economici, politici e culturali, atti a suscitare il consenso, è precisamente l’antitesi della teoria della spontaneità.

In questo senso Gramsci poteva scrivere che Lenin « nel terreno della lotta e deirorganizzazione politica, con terminolog[...]

[...]icistica del materialismoValentino Gerratana

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storico, e in particolare alle tendenze « economistiche » ohe affidavano alla spontaneità la realizzazione dei compiti rivoluzionari. Il principio deliegemonia, in quanto implica la ricerca della strada e dei metodi di lotta, economici, politici e culturali, atti a suscitare il consenso, è precisamente l’antitesi della teoria della spontaneità.

In questo senso Gramsci poteva scrivere che Lenin « nel terreno della lotta e deirorganizzazione politica, con terminologia politica ha, in opposizione alle diverse tendenze “ economistiche ”, (rivalutato il fronte della lotta culturale e costruito la dottrina deli egemonia' come complemento della teoria dello Statoforza [cioè della dittaUira del proletariato] e come forma attuale delle dottrine quarantottesche della “ rivoluzione permanente ” » \

Il confronto tra la teoria di Lenin e quella di Trotzki è ripresa da Gramsci in un’altra pagina dei Quaderni del carcere, dove il problema è approfondito in altri suoi importanti sviluppi e implicazioni. Si tratta appunto delle pagine in cui Gramsci svolge una serie d’interessanti considerazioni dal confronto tra lotta politica e lotta militare, insistendo sul fatto che, analogamente a ciò che era avvenuto nella strategia militare, anche nella lotta politica la guerra di movimento (o guerra manovrata), cioè, in termini politici, la conquista violenta del potere, non sempre ha valore decisivo, e deve cedere il passo alla guerra [...]

[...]a tutta la sua validità, indipendentemente dal paragone, del resto occasionale, e che non deve essere preso alla lettera, come avverte lo stesso Gramsci, con la strategia militare.

È bene però chiarire che non si tratta di una scelta definitiva tra guerra manovrata e guerra di posizione, tra conquista violenta del potere e conquista graduale, più o meno pacifica. Chi, per contrapporre Gramsci

1 M. S., pp. 201202.588

Gli interventi

a Lenin, interpreta in tal modo queste pagine di Gramsci distorce tendenziosamente il suo pensiero. « La verità è — scrive Gramsci esplicitamente — che non si può scegliere la forma di guerra che si vuole ». Non si tratta quindi di scegliere una volta per sempre una forma o l’altra di lotta politica, ma di vedere quale è la più importante in un dato momento storico. « Gli stessi tecnici militari — scrive ancora Gramsci — che ormai si sono fissati sulla guerra di posizione come prima lo erano su quella manovrata, non sostengono certo che il tipo precedente debba essere considerato come espunto dalla s[...]

[...]oni generalieconcmicheculturalisociali di un paese in cui i quadri della vita nazionale sono embrionali e rilasciati e non possono diventare “trincea o fortezza”. In questo caso si potrebbe dire che Bronstein, che lappare come un “ occidentalista ”, era invece un cosmopolita, cioè superficialmente nazionale e superficialmente occidentalista o europeo. Invece Ilici era profondamente nazionale e profondamente europeo » 2.

Gramsci vede dunque in Lenin, proprio in questo suo contrasto con le posizioni di Trotzki, il teorizzatore di una nuova strategia rivoluzionaria, sulle basi del principio di egemonia. « Mi pare — egli scrive poco dopo nella stessa pagina citata — che Ilici aveva compreso che occorreva un mutamento dalla guerra manovrata, applicata vittoriosamente in Oriente [cioèin Russia} nel ’17, alla guerra di posizione che era la sola possibile in Occidente... » 3.

1 Mach., p. 66.

2 Mach., p. 67.

3 Mach., p. 68.Valentino Gerratana

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Se si pensa alle condizioni in cui Gramsci era costretto a lavorare, all’impossibili[...]

[...]l ’17, alla guerra di posizione che era la sola possibile in Occidente... » 3.

1 Mach., p. 66.

2 Mach., p. 67.

3 Mach., p. 68.Valentino Gerratana

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Se si pensa alle condizioni in cui Gramsci era costretto a lavorare, all’impossibilità in cui egli si trovava di poter consultare la documentazione necessaria, non può sorprendere la forma cauta delle sue affermazioni. «Mi pare», egli scrive, ma non ricordava male; il suo richiamo a Lenin anche in questo punto è del tutto giustificato e possiamo ora controllarlo sui testi stessi di Lenin.

Nel passo citato vi è in realtà un solo termine di riferimento, alla formula — scrive Gramsci — del « fronte unico ». Togliatti nella sua relazione ha chiarito come tale riferimento vada riportato ai dibattiti e alle 'tesi del III Congresso deFIntefnazionale, che è del 1921. Il richiamo è effettivamente illuminante e particolarmente utile oggi, di fronte ai tentativi di presentare la Rivoluzione d’Ottobre come una rivoluzione di minoranza, fatta dall’alto, rispetto al metodo della conquista democratica della maggioranza che sarebbe esclusivo delle società capitalisticamente evolute. Il II[...]

[...]larmente utile oggi, di fronte ai tentativi di presentare la Rivoluzione d’Ottobre come una rivoluzione di minoranza, fatta dall’alto, rispetto al metodo della conquista democratica della maggioranza che sarebbe esclusivo delle società capitalisticamente evolute. Il III Congresso deH’Internazionale rifiuta questa assurda contrapposizione, non perché la seconda tesi non sia vera, ma perché è falsa la prima. « Quando si dice che in Russia — diceva Lenin — abbiamo vinto quantunque avessimo un piccòlo partito, si dimostra di non aver capito la rivoluzione russa e di non capire niente di come si deve preparare la rivoluzione ». « Noi in Russia, eravamo' un piccolo partito, ma avevamo con noi la maggioranza dei Soviet dei deputati operai e contadini di tutto il paese » \

La polemica è qui rivolta contro i « sinistri » dei partiti comunisti dei paesi occidentali che pretendevano di fare la rivoluzione, con l’assalto audace di minoranze agguerrite, senza preoccuparsi della conquista della maggioranza. Insistendo sulla necessità della conquista [...]

[...]riente, nei paesi industrialmente più avanzati o in quelli più arretrati, il III Congresso elabora la nuova tattica del fronte unico, come necessaria in quel momento, nei paesi occidentali, per la conquista della maggioranza, e giustamente in questa tattica Gramsci vede un esempio di passaggio dalla guerra manovrata alla guerra di posizione.

È possibile però, mi pare, trovare altri riferimenti, per questo richiamo di Gramsci alte posizioni di Lenin, in documenti anteriori al 1921.

1 L’Internazionale comunista, Roma, 1950, pp. 324 e 327.590

Gli interventi

Già infatti in un discorso del 7 marzo 1918, il rapporto sulla guerra e sulla pace al VII Congresso del Partito, Lenin si rendeva conto di questa necessità di passare dalla guerra di movimento alla guerra di posizione, sia in Russia dove si era fatta la rivoluzione, sia nei paesi europei dove la rivoluzione non era incominciata. « Quanto più è arretrato — diceva allora Lenin — il paese nel quale in virtù degli zigzag della storia, 'ha dovuto incominciare la rivoluzione socialista, tanto più è per esso difficile passare dai vecchi rapporti capitalistici a rapporti socialisti. Ai compiti della distruzione si aggiungono qui nuovi compiti, di una difficoltà inaudita, i compiti di organizzazione ». Questi nuovi compiti, aggiunge Lenin, non potevano essere assolti con un « attacco alla baionetta », cosi come si era riusciti, a fare per i compiti della guerra civile.

«Per tutti coloro — continua Lenin — che avevano meditato sulle condizioni economiche di una rivoluzione socialista in Europa non poteva non 'essere 'evidente che è infinitamente più difficile cominciare la rivoluzione in Europa e 'infinitamente più facile cominciarla da noi, ma che da noi sarà più difficile continuarla ».

E ancora : « La Rivoluzione non verrà cosi presto come noi speravamo, la storia l’ha dimostrato, e bisogna accettarlo come un dato di fatto, bisogna saper tener conto che la rivoluzione socialista mondiale nei paesi progrediti non può incominciare con la stessa facilità con cui è incominciata in Russia, p[...]

[...]tassero la periferia e che cosa colà avvenisse. In un paese simile era cosa facile incominciare la rivoluzione, facile come sollevare una piuma. Ma cominciare senza preparazione la rivoluzione in un paese dove si è sviluppato il capitalismo, che ha dato una cultura e il senso dell’organizzazione democratica a tutti gli uomini, sino all’ultimo, sarebbe un errore, un’assurdità » 1.

Si capisce meglio, mi sembra, tenendo presenti queste pagine di Lenin, il senso esatto delle considerazioni di Gramsci, e si può valutare meglio l’importanza delle sue conclusioni. « In Oriente — scrive Gramsci, cioè in Russia — lo Stato era tutto, la società civile era primordiale e gelatinosa; neirOccidente, tra Stato e società civile cera un giusto rapporto,

1 Opere scelte, Mosca, II, 1948, p. 283Valentino Gerratana

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e nel tremolio dello Stato si scorgeva subito una robusta struttura della società civile. Lo Stato era solo una trincea avanzata, dietro cui stava una robusta catena di fortezze e di casematte; più o meno da Stato a Stato, si capisc[...]

[...]apporto,

1 Opere scelte, Mosca, II, 1948, p. 283Valentino Gerratana

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e nel tremolio dello Stato si scorgeva subito una robusta struttura della società civile. Lo Stato era solo una trincea avanzata, dietro cui stava una robusta catena di fortezze e di casematte; più o meno da Stato a Stato, si capisce, ma questo appunto domandava un’accurata ricognizione di carattere nazionale » \

Nello stesso punto Gramsci aveva anche notato che Lenin « non ebbe il tempo di approfondire la sua formula, pur tenendo conto che egli poteva approfondirla solo teoricamente, mentre il compito fondamentale era nazionale, cioè domandava una ricognizione del terreno e una fissazione degli elementi di trincea e di fortezza rappresentati dagli elementi della società civile, ecc. » 2.

Abbiamo qui, come si vede, la linea teorica di quella prospettiva politica e strategica che sarà poi nota come la linea delle vie nazionali al socialismo.

In gran parte però anche a Gramsci non fu concesso che l'approfondimento teorico del problema, che contemporane[...]

[...]o, tenendo conto dei nuovi elementi emersi nella situazione e dei mutamenti relativi.

Per questo è assurdo isolare, come mi sembra abbia fatto Caracciolo nel suo intervento, un istituto particolare sorto storicamente iin un momento determinato della lotta del movimento operaio italiano, qual è il « Consiglio di fabbrica » nel movimento àélYOrdine Nuovo, e fare di esso il centro del pensiero di Gramsci, la sola ed unica giustificazione del suo leninismo.

Certo non è affatto escluso che forme analoghe ai Consigli di fabbrica sorgano e si sviluppino in altre situazioni storiche, ma sarebbe astratta qualsiasi analisi che si fermasse soltanto alle analogie formali senza approfondire la concreta funziona storica alla quale queste istituzioni

1 Mach., p. 68.

2 Mach., p. 68.592

Gli interventi

rispondono di volta in volta. Solo in questo modo, ad esempio, si possono mettere a confronto, tenendo conto della profonda diversità delle situazioni — come è stato fatto in un recente Convegno indetto a Roma dall’Istituto Gramsci — esperi[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] A. Zanardo, Il «manuale» di Bukharin visto dai comunisti tedeschi e da Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]à » di politica e filosofia appaiono grossolani, semplicistici, infondati. Sempre nel ’27, nella Die materialistiche Geschichtsauffassung, Kautsky giudica il Manuale di Bukharin una delle espressioni più grossolane di materialismo economico5, e osserva che quasi tutti i socialisti russi, sono materialisti6.

1 hehrbuch der materialistischen Geschichtsauffassung, I Band, 1930, capitoli 6, 7, 8.

2 Der Kampf, 1928, pp. 484487, Siegfried Marck, Lenin als Erkenntnistheoretiker.

3 Die Gesellschaft, 1925, I, pp. 564578.

4 Die Gesellschaft, 1927, II, MAX WERNER (A. Schifrin), Der Sowjetmar
xismus, pp. 4262. Un altro articolo dello stesso autore e in parte sullo stesso

argomento, K. Kautsky und die marxistische Soziologie, è in Die Gesellschaft,

1929, pp. 149169.

5 2a ediz., 1929, I, pp. 15, 19, 20.

6 Ibidem, p. 41.Aldo Zanordo

341

È rintracciabile, in questa distinzione, soprattutto nel modo in cui l’ha formulata Schifrin, la presenza di un’esigenza di criticismo, di antimetafisica, propria degli JungMarxisten austri[...]

[...]implicita concezione diversa, l’implicita critica al determinismo.

Sono testi cosi esigui che è difficile ricavarne qualche cosa di veramente indicativo. Sono interessanti le riserve, soprattutto le sottolineature dell’attività umana, eco della riscoperta che il marxismo tedesco fa in questi anni della prima delle Tesi su Veuerbach. Ma in quale rapporto stanno queste riserve con Tacceitazione delle tesi di Bukharin? Come conciliano Bukharin e Lenin? Si tratta di posizioni confuse, frettolose, in cui si riflettono probabilmente le preminenti preoccupazioni politiche,

1 1922, 23 die., pp. 18291830.

2 1922, die., pp. 239354.

3 1923, febbr., pp. 1867.

,346

I documenti dei convegno

il prestigio del « più brillante » teorico russo (come allora si diceva di Bukharin)1, la scarsa informazione del marxismo, l’opportunità di non mettere in mostra in certe sedi gli eventuali contrasti del fronte ideologico.

Non a caso, a fronteggiare apertamente Bukharin, sono due intellettuali di mestiere, Fogarasi e Lukàcs. Fogarasi aveva c[...]

[...]e ». Purtroppo questo abbozzo di analisi politica non viene sviluppato e si passa, creando un distacco, all’esame dell’opera sotto l’aspetto scientifico. Bukharin rende troppo facile il marxismo, lo appiattisce e mantiene al tempo stesso l’illusione che non ne venga sacrificato cosi il senso profondo. Riesce a dare il contenuto più che il metodo della dottrina. Il suo punto di vista è quello del materialismo

1 Ma si legga anche ciò che scrive Lenin nel Testamento : « Dei giovani membri del comitato centrale vorrei dire alcune parole su Bukharin e Pjatakov. A mio parere questi sono le forze più capaci fra i giovani, ma non si può dimenticare riguardo a loro questo fatto : Bukharin è non solo il più valoroso e più robusto teorico del partito, ma può anche essere considerato apertamente il suo prediletto. Ciononostante le sue concezioni teoriche si possono considerare pienamente marxiste soltanto con le più grandi riserve, perché in lui fa capolino lo scolastico e non ha mai imparato la dialettica (io credo che non l’abbia mai capita) ». I[...]

[...]gomentazione si vale del noto capitolo sul feticismo della merce, un testo essenziale allora per Lukàcs (e non solo per lui), e che egli interpreta come negazione delloggettività storica, apparente, del tipo della merce, e delloggettività più generale propria del materialismo filosofico. Altro motivo centrale della posizione di Lukàcs (come di quella di Gramsci) è la critica della dottrina della previsione. Afferma, fondandosi su alcuni testi di Lenin, che esiste una impossibilità metodologica di prevedere un fatto con assoluta certezza: la struttura della realtà non è l’esattezza, la matematica, ma la tendenza, la possibilità, il movimento. Le leggi del marxismo sono tendenziali, non statiche.

Bukharin si è posto fuori della grande tradizione del marxismo (Marx, Engels, Mehring, Plekhanov, la Luxemburg): invece di criticare le scienze della natura col metodo del materialismo dialettico, applica il metodo di quelle scienze, il materialismo volgare, allo studio della società.

Alcuni concetti di queste due recensioni hanno un risalto i[...]

[...]e di Korsch si può forse dire che motivi analoghi mettano capo a un organismo intellettuale analogo. Non si tratta insomma di qualcosa di fuso in un’atmosfera, ma di processi culturali che hanno una direzione determinata e dimensioni notevoli.

È da dire però che nel farsi complesse, nel maturare di queste unità ideologiche, è mancato un serio, violento, determinante contatto con la realtà politica. Non che non ci si riferisca a certi testi di Lenin eAldo Zancvrdo

349

della .Luxemburg, ma se ne vedono soltanto i problemi generalissimi. Si tratta di elaborazioni intellettuali, astratte. Cosi risulta anche dal fatto che queste due recensioni considerano essenzialmente il solo aspetto scientifico, dal fatto che manca l’idea di cosa sia realmente un manuale di divulgazione. Le cose scritte da Lukàcs (la cui biografia intellettuale è più documentata) fin verso il ’20 non sono che la rappresentazione del modo in cui un intellettuale ripensa in base alle premesse della sua formazione culturale le nozioni generalissime di classe, di prole[...]

[...] biografia intellettuale è più documentata) fin verso il ’20 non sono che la rappresentazione del modo in cui un intellettuale ripensa in base alle premesse della sua formazione culturale le nozioni generalissime di classe, di proletariato, di coscienza di classe, di libertà, cioè i concetti elementari del Manifesto.

Siamo dunque di fronte a un processo di transizione, al distacco, determinato dalla situazione rivoluzionaria e dall’esperienza leninista, di alcuni intellettuali dalla cultura filosofica e umanistica tedesca, alla loro prospettiva di diventare intellettuali della classe operaia tedesca introducendo nel patrimonio ideale del proletariato le cose migliori della cultura europea, portandovi tutti i valori impliciti nellambito mentale dei grandi intellettuali, dotando quella classe operaia di un gruppo di intellettuali di prestigio universale.

Ma la loro saldatura con il movimento operaio non si ha ancora. Teoricamente, questo limite intellettualistico, questo non ancora raggiunto contatto con la classe operaia si esprime ne[...]

[...]tutti i valori impliciti nellambito mentale dei grandi intellettuali, dotando quella classe operaia di un gruppo di intellettuali di prestigio universale.

Ma la loro saldatura con il movimento operaio non si ha ancora. Teoricamente, questo limite intellettualistico, questo non ancora raggiunto contatto con la classe operaia si esprime nel risalto isolato che ricevono la trattazione scientifica e l’attivismo rivoluzionario, soggettivistico. In Lenin l’attività è attività rivoluzionaria di una certa classe che occupa una certa posizione nella storia e nelle strutture economiche. Osserva Lukàcs, in una specie di intervista del ’33 \ che uno dei motivi dei suoi lavori del 19091911 era la separazione, fatta dietro suggestione di Simmel, della sociologia dai fondamenti economici concepiti ancora molto astrattamente. Ma questa separazione si trova anche dopo, ed è in sostanza essa la premessa teorica del soggettivismo, cioè la mancanza del senso delle radici essenziali che ha la classe operaia nel mondo economico, nella realtà in generale. Si [...]

[...]ilità storica con cui Gramsci analizza lo sviluppo e i nessi reali delle ideologie. Del marxismo si vedono solo gli aspetti fondamentali e si interpretano come assoluti. È attraverso lo sforzo di capire la concreta realtà politica che questo mondo intellettuale si complica, si raffina, assimila veramente la dialettica. Si veda l’articolo del ’22 2 a proposito dell’opuscolo della Luxemburg sulla Rivoluzione russa. Si veda soprattutto il lavoro su Lenin del ’24 3 : è qui, nel dibattito sulla natura del leninismo, nella distinzione fra marxismo e leninismo, fra weltgeschichtliche Perspektive e Tagesfrage che esce fuori chiaramente il rapporto dialettico fra essenza e fenomeno, è qui che si forma l’ossatura categoriale relativamente ricca che sostiene, fino a oggi, il lavoro intellettuale di Lukàcs.

Ma questo sviluppo fu bloccato. Fu una delle tante conseguenze della mancanza di una rivoluzione proletaria tedesca. Questi intellettuali, nati per essere gli ideologi della rivoluzione tedesca ed europea, si trovarono a disagio in seno alla Terza Internazionale, e finirono nelle Università americane o a Londra o a Mosca ad occuparsi di proble[...]

[...]no più intellettuali di questo tipo, ma iniziò proprio con una rottura violenta col centro e la sinistra politica della socialdemocrazia tedesca. Il bolscevismo, il comuniSmo, anche per il periodo precedente al ’14, fu definito un fatto essenzialmente russo (lettera

1 In Geschichte und Klassenbewusstsein. È del 1920. Su Kommunismus ne usci solo una parte nei numeri 14 e 15 dell’apr. 1920.

2 Ancora in Geschichte und Klassenbewusstsein.

3 Lenin, Studie ùber den Zusammenhang seiner Gedanken, Wien, 1924.Aldo Zanardo

351

di Stalin del ’31 alla Rivoluzione proletaria). I filosofi ne trassero le conclusioni e nelle nuove esposizioni sistematiche, anche in Germania, si riservò un capitolo alla critica del materialismo meccanicistico di Mehring e della Luxemburg1. È pur vero che questo marxismo si era liberato di Bukharin, è vero che combatteva contro il materialismo volgare2, che sottolineava ancora gli aspetti dialettici. Ma tutto questo non impedì l’involuzione dogmatica, non sviluppò dei quadri filosofici di alto livello, non si[...]

[...]altre classi hanno conquistato l’egemonia.

Sempre nel quadro di questa concezione dell’azione politica e del marxismo, si ha, per Gramsci, tutta una serie di problemi, di nessi, di mediazioni là dove per l’impostazione semplicistica di Bukharin si ha una filosofia tutta esplicita e di valore assoluto. Il punto più notevole sembra essere la distinzione netta, consapevole, fra processo didascalico e processo di elaborazione, di creazione. Anche Lenin, nel frammento « A proposito della dialettica », distingue fra formulazione scientifica e formulazione per la popolarizzazione, e, più in generale, la distinzione non è estranea alla storia successiva del marxismo. Spunti della coscienza di questa distinzione si trovano anche nel Manuale di Bukharin. Di fatto però una vera articolazione fra i due termini non sembra si sia avuta. In Gramsci poi la distinzione fra pedagogia e creazione intellettuale si allarga in quella fra gruppi intellettuali e masse2, e ancora nelle altre fra politica e cultura, fra politica e filosofia. È noto che la ragion[...]

[...] fra politica e cultura, fra politica e filosofia. È noto che la ragione politica ebbe il sopravvento, che la creazione intellettuale si concepì in genere come illustrazione dei principi; che fra politica e filosofia si fissò un rapporto di indivisibilità : gli errori politici della socialdemocrazia vengono riportati a difetti di impostazione filosofica; fra le due sfere viene ammessa una completa traducibilità, reversibilità. È interessante che Lenin, proprio alla vigilia di scrivere uno dei suoi testi meno liberali o che per lo meno è tale sotto alcuni aspetti, ammettesse, in alcune lettere a Gorki, che orientamento di partito e orientamento filosofico non fossero, sic et simpliciter, un’identità immediata, ma che il loro rapporto era articolato, problematico, era diverso e da stabilirsi secondo

a M. S., p. 105.

2 « Non c’è organizzazione senza intellettuali, cioè senza organizzatori e dirigenti, cioè senza che l’aspetto teorico del nesso teoriapratica si distingua concretamente in uno strato di persone specializzate ncH'elaborazio[...]

[...]embrano essere posteriori a Gramsci.356

I documenti del convegno

d’approdo del movimento spontaneo delle masse. Si tratta — come è naturale che sia dopo L’imperialismo fase suprema del capitalismo — di una civiltà intellettuale, creata essenzialmente dalla potenza rivoluzionaria, del partito, dell’azione politica; si tratta della capacità di creare una nuova società in tutti i suoi livelli. Questa pare essere la via, che è anche la via di Lenin, del superamento mediatore della Seconda Internazionale. Bukharin, se per certi aspetti è fuori della socialdemocrazia, finisce con il rimanervi dentro per la sua concezione positivistica e in sostanza subalterna del marxismo. Lukàcs, come si è visto, finiva, in. quegli anni, col rimanervi fuori astrattamente.

Il grosso della critica filosofica di Gramsci si intreccia intorno ai problemi della sociologia e del materialismo filosofico con tutte le loro implicazioni (previsione, regolarità degli accadimenti, determinismo, scienze naturali...) e intorno al problema della collocazione storica [...]

[...] sottraggono alla standardizzazione e alle previsioni del loro comportamento. Nella « vita economica moderna », poi, « i fatti particolari sono impazziti » 4, e per un altro* verso si hanno i piani, anch’essi elementi soggettivi estranei agli schemi. È più che mai indispensabile in questo nuovo periodo storico che la conoscenza sia concreta, dialettica, mobile come è mobile il suo contenuto..

Non pare che nella Terza Internazionale, se non in Lenin, sia possibile trovare una critica altrettanto radicale della sociologia, del positivismo, dello scientismo, e, di conseguenza, uno sforzo cosi notevole di mediazione fra idee e cose. Non pare che il marxismo russo o tedesco o francese abbiano vissuto un’esperienza storicistica cosi intensa.. È noto che nell’Unione Sovietica il termine sociologia non ha in genere l’accezione negativa che può avere in italiano5. Certo in Lukàcs si

1 M. S., p. 126.

2 M. S., pp. 6162.

3 M. S., p. 127.

4 M. S., p. 100.

5 Sulla singolarissima storia della sociologia in Russia vedi l’articolo « Die r[...]

[...]rbuch fùr Soziologie, 1926, p. 462 sgg. Racconta fra l’altro: « Fino al 1909 nelle Università e nei colleges russi la sociologia non era ancora insegnata come una disciplina358

I documenti del convegno

trovano gli stessi motivi antiscientistici e umanistici di Gramsci, ma lo svolgimento sembra diverso. Si pensi al percorso intellettuale della maturità di Lukàcs: ha respinto la sociologia di Bukharin e di Kautsky ed ha assimilato quella di Lenin. Lukàcs lavora sulle generalizzazioni delle esperienze di Lenin. Non è passato, come è passato Gramsci, attraverso la percezione diretta della vita delle masse, della vita della realtà; la sua strada è stata più facile, ma accanto al vantaggio di essere rimasto a contatto col filone centrale, classico, della teoria del movimento operaio, va indicato lo svantaggio che spesso le categorie con cui lavora hanno il sapore dell’applicazione rigida, dell’estrinseco. In Gramsci il contatto col filone classico del marxismo teorico, forse anche col leninismo formale, è meno visibile. Le cose che scrive sulla sociologia echeggiano posizioni idealistiche e sembrano g[...]

[...]Gramsci, attraverso la percezione diretta della vita delle masse, della vita della realtà; la sua strada è stata più facile, ma accanto al vantaggio di essere rimasto a contatto col filone centrale, classico, della teoria del movimento operaio, va indicato lo svantaggio che spesso le categorie con cui lavora hanno il sapore dell’applicazione rigida, dell’estrinseco. In Gramsci il contatto col filone classico del marxismo teorico, forse anche col leninismo formale, è meno visibile. Le cose che scrive sulla sociologia echeggiano posizioni idealistiche e sembrano generalizzare esperienze di ricerca limitate alla sfera politica. Di fatto però la sua percezione della realtà si coordina in analisi in cui confluiscono gli elementi prospettiva, periodo, economia. Sono impostazioni leniniste che nascono dal basso.

A questa forte accentuazione storicistica non fa tuttavia riscontro, come forse si potrebbe pensare, una elaborazione teorica manchevole della generalizzazione. Non è insomma che in Gramsci non riceva trat
scientifica autonoma. La causa principale di questo era di natura politica, il governo zarista cioè pensava che sociologia significasse una dottrina rivoluzionaria e socialista. Perciò confiscò perfino la Dynamic So dolo gy di L. Vard, perché la ritenne uno scritto propagandistico del terrorismo e del socialismo... Dal 1909 la sociologia viene formalmente intr[...]

[...]il punto di approdo di una serie di critiche svolte invece con estrema sicurezza: la critica air« ideologia » che risolve le idee in sensazioni e poi in impulsi fisiologici, la critica al monismo che appiattisce l’uomo, i soggetti, le ideologie, contro le forze materiali e la natura. Fra queste premesse e quelle conclusioni è tuttavia avvertibile un certo stacco. Premesse di questo tipo vengono più o meno soddisfatte anche dalla elaborazione che Lenin fa della dialettica e della materia come categoria filosofica, metodologica. Non pare che Gramsci abbia svolto adeguatamente queste posizioni teoriche generali. In altri termini: hanno un significato filosofico generale o sono semplicemente l'espressione delle esigenze critiche che abbiamo detto, formulate entro una determinata tradizione, una determinata prospettiva polemica? È un punto da studiare.

Da rilevare subito è (e qui si potrebbe svolgere un ampio confronto con i tedeschi) che questa relativizzazione rigorosa di soggetto e oggetto non attenua la distinzione fra uomo e rapporti so[...]

[...]tività », per la conoscenza vera. È da leggere tutto il contesto.Aldo Zanardo

363

si è raggiunto. Per di più, qui, queste difficoltà si cumulano con l’altra dovuta alla scarsezza delle ricerche sul modo (e anche il tempo) in cui si è passati dal materialismo storico a quello dialettico e sulle sollecitazioni ideali che hanno mediato questo passaggio.

Quello che prima, a proposito della sociologia, si è detto mancanza di contatto con il leninismo formale, qui è aperta divergenza di tradizioni intellettuali e politiche. Gramsci ha alle spalle la cultura storicistica e idealistica e di fronte, come obiettivo polemico essenziale, le combinazioni di marxismo e kantismo di rilievo filosofico e politico 1. Né dall’Italia forse si avvertiva l’importanza di tendenze di questo tipo nel marxismo tedesco e russo. Gramsci le considera di poco conto e le attribuisce a gruppi ristretti di intellettuali e di professori2. Fu appunto questo fatto, il rilievo politico e filosofico delle combinazioni di marxismo e idealismo, che dette vigore al mate[...]

[...]ilosofico e politico 1. Né dall’Italia forse si avvertiva l’importanza di tendenze di questo tipo nel marxismo tedesco e russo. Gramsci le considera di poco conto e le attribuisce a gruppi ristretti di intellettuali e di professori2. Fu appunto questo fatto, il rilievo politico e filosofico delle combinazioni di marxismo e idealismo, che dette vigore al materialismo filosofico russo, che mantenne elementi di continuità filosofica fra Plekhanov e Lenin. Fin dal 1909 3 Lenin indicava i termini della differenza filosofica fra marxismo e revisionismo nel materialismo e nella dialettica. Il binomio poi si conservò, con varia accentuazione e giustificandosi con altre lotte intellettuali e politiche, nel marxismo della Terza Internazionale.

Queste posizioni verso la sociologia, il materialismo volgare, le scienze della natura, si trovano riflesse e chiarite nel quadro che Gramsci ha dello sviluppo passato del marxismo filosofico e nella prospettiva che traccia per il futuro.

Il punto da cui dipende, per Gramsci, lo svolgimento generale di questi problemi è la ri[...]

[...]zione di Gramsci è la distinzione di origine gnoseologica, fra idealismo soggettivo e oggettivo, ripresa da Bukharin3; estranee sono le conseguenze che essa ha comportato per il marxismo nella periodizzazione della storia della filosofia. Manca il periodo moderno, di lotta contro l’idealismo soggettivo, elaborato in connessione con lo sviluppo delle scienze fisiche, che ha trovato la sua definizione classica in Materialismo ed empiriocriticismo. Lenin scrive che Marx ed Engels, che si erano formati alla scuola di Feuerbach, « rivolsero naturalmente la maggiore atten
1 M. S., p. 139.

2 M. S., p. 91.

3 Op. cit., p. 54.Aldo Zanardo

367

zione al completamento della filosofia del materialismo in alto, cioè non alla gnoseologia materialistica, ma alla concezione materialistica della storia. È per questo che Marx ed Engels nelle loro opere mettono l’accento sul materialismo dialettico più che sul materialismo dialettico ». Oggi invece, « in un periodo storico del tutto diverso », si tratta di mettere l’accento sul materialismo diale[...]

[...]ce scrive : « Si è dimenticato in un’espressione molto comune [«materialismo storico»} che occorreva posare l’accento sul secondo termine 44 storico ” e non sul primo di origine metafisica. La filosofia della prassi è lo 44 storicismo n assoluto, la mondanizzazione e la terrestrità assoluta del pensiero, un umanesimo assoluto della storia. In questa linea è da scavare il filone della nuova concezione del mondo » 2.

Per Gramsci il rapporto MarxLenin, fase primitiva e fase progredita del marxismo, sembra configurarsi essenzialmente come il rapporto scienzaazione 3. Noi viviamo nella stessa amplissima epoca culturale di Marx e in cui, oggi, il marxismo ha da rifare la sintesi fra idealismo e materialismo, ha da entrare nella lotta contro la metafisica e il positivismo condotta dal pensiero europeo più avanzato, portare il marxismo filosofico alla completezza e all’egemonia culturale.

Se si ripensa ai motivi che abbiamo messo in luce, il concetto del partito educatore, la critica alla sociologia e al materialismo metafisico, la fase infa[...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Giuseppe Chiarante in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...]tista, una organizzazione personale del potere per molti aspetti analoga a quella hitleriana.
La seconda, più seria e meditata — e di cui Isaac Deutcher é forse il più noto e qualificato esponente — raccoglie invece le correnti di sinistra della socialdemocrazia e del radicalismo. L'epoca di Stalin viene da tali correnti considerata come una dolorosa, se pur forse inevitabile, fase di arresto e di deviazione rispetto alla linea e alla ideologia leninista: arresto e deviazione imposti dalle necessità di un paese arretrato, avente alle sue spalle secolari tradizioni storiche di tipo autocratico. Una simile tesi, ovviamente, conduce ad un atteggiamento di attesa: l'attesa che la fine dei pressanti condizionamenti storici permetta all'Unione Sovietica e al proletariato mondiale di riprendere costruttivamente il proprio discorso là dove esso si era interrotto, e cioè all'irrisolta opposizione fra la Seconda Internazionale e il leninismo.
La terza tesi, infine, che é stata sino agli ultimi tempi soste
nuta dai partiti e dagli uomini di cultur[...]

[...]ti dalle necessità di un paese arretrato, avente alle sue spalle secolari tradizioni storiche di tipo autocratico. Una simile tesi, ovviamente, conduce ad un atteggiamento di attesa: l'attesa che la fine dei pressanti condizionamenti storici permetta all'Unione Sovietica e al proletariato mondiale di riprendere costruttivamente il proprio discorso là dove esso si era interrotto, e cioè all'irrisolta opposizione fra la Seconda Internazionale e il leninismo.
La terza tesi, infine, che é stata sino agli ultimi tempi soste
nuta dai partiti e dagli uomini di cultura comunisti — giudica lo stalinismo nulla di più che un fedele sviluppo e una laboriosa continuazione della rivoluzione d'Ottobre, minacciata in tutto il trentennio staliniano dalla pressione internazionale della borghesia e dalle deviazioni di destra e di sinistra.
16 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
Il XX congresso del PCUS ha, a dire il vero, del tutto sconvolto questo schieramento. Se da un lato infatti, denunciando gli aspetti più autoritari del sistema di governo staliniano, esso [...]

[...] un tren
GIUSEPPE CHIARANTE 17
tenno guidandone la costruzione e il consolidamento. Su questa via, ovviamente, si giunge ben presto all'assurdo scientifico di considerare l'ultimo ventennio di politica sovietica una parentesi priva di significanza storica, se non per il fatto di aver in via pratica consolidato lo stato socialista e di averne salvaguardato l'esistenza; e si finisce col vagheggiare una sorta di scolastico e astratto « ritorno al leninismo ». Diviene quasi naturale, se questa fosse la strada sulla quale si procederà, rimpiangere gli inesatti ma coraggiosamente coerenti giudizi del passato.
Permetta quindi — caro Carocci che, temendo le secche del « buon .senso » e dei « distinguo », eviti di rispondere singolarmente alle numerose e interessanti questioni che lei pone; e cerchi invece, per comodità di metodo, di ridurle (riferendomi soprattutto a quelle indicate al terzo, al quarto, al quinto e al sesto punto), a questi tre essenziali quesiti, così da tentare un giudizio d'assieme sullo stalinismo:
1) Lo stalinismo, nel s[...]

[...]ici o radicali di sinistra che fossero — che pur hanno ammesso l'esattezza del principio dell'edificazione del socialismo in un solo Stato, hanno però sempre considerato tale linea una semplice scelta politica suggerita dalle circost ‘ize, che, come tale, non mutava i termini sostanziali dei proble _1 rivoluzionari. Diveniva.
allora logico che, nella misura in cui stalinismo si allontanava
dagli schemi di direzione politica consueti al marxismoleninismo, se ne denunciasse la degenerazione, la involuzione illiberale.
Ma, a mio avviso, così non é. La tesi staliniana sull'edificazione del socialismo rappresenta — almeno a me pare — l'accertamento scientifico di una situazione storica per molti aspetti non prevista da Marx o da Lenin, e che era tale, per le sue concrete condizioni,. da comportare una forma molto rigida di gestione del potere.
Certo questa « novità » della posizione staliniana viene faticosamente in luce, oscurata come é dagli sforzi di Stalin stesso e di
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tutta la cultura sovietica, che ha teso per lunghi anni a negare ogni soluzione di continuità, sia pure formale, fra la linea e la dottrina di Lenin e quelle del suo continuatore. Ma ove si sbarazzino gli scritti dello statista georgiano dalle necessità tattiche e formali che la dura lotta contro le deviazioni ha loro imposto, non é difficile cogliervi la grande innovazione che egli ha portato all'interno della dottrina marxistaleninista.
E a tutti nota (e Stalin stesso fu sempre costretto a riconoscerlo) la posizione marxiana sul carattere internazionale della rivoluzione.
«Ecco la questione difficile per noi: sul continente la rivoluzione è imminente e prenderà anche subito un carattere socialista. Non sarà necessariamente battuta, in questo piccolo angolo di mon do, dato che il movimento della società borghese è ancora ascendente su un'area molto maggiore? » (1). Questa posizione, del resto, fu ripresa infinite volte ed anche accentuata da Engels.
Cosa mai è poi sopravvenuto a confutarla ? Lo stesso Stalin ce lo chi[...]

[...]ondo è già stato spartito tra i gruppi capitalistici, quando lo sviluppo a sbalzi del capitalismo esige nuove ripartizioni del mondo già spartito, mediante conflitti militari, quando i conflitti e le guerre tra i gruppi imperialistici che sorgono su questo terreno indeboliscouo il fronte mondiale del capitalismo, lo rendono facilmente vulnerabile e creano la possibilità di aprire una breccia in singoli paesi » (2).
In altri termini, la dottrina leninista sul passaggio del capitalismo alla sua « fase suprema », mentre costituiva la teoria sulla quale si fondava la rivoluzione socialista in un paese arretrato (in quanto punto più debole del fronte imperialistico mondiale), era altresì sufficiente a superare il preconcetto della « simultaneità mondiale » della rivoluzione.
(1) MarxEngels, Carteggio, vol. III, pag. 241.
(2) Stalin, Opere, rol. IX, pag. 107108.
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Pur tuttavia, ed è qui l'elemento decisivo, che significato veniva ad assure la tesi sulla rivoluzione socialista in un solo paese, oltretutto arretrat[...]

[...]del fronte imperialistico mondiale), era altresì sufficiente a superare il preconcetto della « simultaneità mondiale » della rivoluzione.
(1) MarxEngels, Carteggio, vol. III, pag. 241.
(2) Stalin, Opere, rol. IX, pag. 107108.
20 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
Pur tuttavia, ed è qui l'elemento decisivo, che significato veniva ad assure la tesi sulla rivoluzione socialista in un solo paese, oltretutto arretrato, all'interno del sistema concettuale leninista?
Essa rappresentava, è facile convenirne, il superamento di una concezione ancora per molti versi astratta e mitica del processo rivoluzionario; ne precisava cioè scientificamente il punto d'avvio e le forme iniziali. Lenin per) non andò oltre questi termini; e del resto la situazione stessa cui si trovava di fronte non gli proponeva certo altri problemi né gli forniva i mezzi per risolverli. Per lui quindi la rivoluzione sovietica rimaneva pur sempre il punto di inizio di un processo sostanzialmente continuo che avrebbe dovuto, necessariamente e a breve scadenza, investire l'Occidente capitalistico e trovarvi il suo reale epicentro. Anche nel brano famoso dello scritto «Sulla parola d'ordine degli Stati Uniti d'Europa », più volte utilizzato da Stalin, non è difficile avvertire questa ambivalenza nella sua posi[...]

[...]nza della sua posizione I .gin la risolveva, in verità, attraverso la sua ferma convinzione che il processo rivozionario in Occidente non poteva tardare: «...dieciventi anni di giusti rapporti con i contadini per assicurare la vittoria su scala mondiale; altrimenti da venti a quaranta anni di sofferenze sotto il terrore delle guardie bianche » (4). A suo avviso,. quindi, il problema della « edificazione integrale in un solo paese » rimaneva
(3) Lenin, Opere, vol. XXXI pag. 311.
(4) Lenin. Opere, vol. XXXII pag. 302303.
GIUSEPPE CHIARANTE 21

questione accademica e astratta. In tal modo le frasi degli ultimi suoi scritti (ad es. Sulla Cooperazione) rappresentano forse assai più la risposta alle incertezze immediate della politica sovietica che l'inizio di una seria revisione o tanto meno la già avvenuta elaborazione di una nuova posizione di principio.
***
Rispetto a tutfe queste posizioni profonda appare invece l'innovazione staliniana: così sul piano politico come su quello teorico e metodologico.
Stalin fondò infatti la sua politica — mi pare sia legittimo affermarlo[...]

[...]uto in un primo periodo non subire.
Cosa distingue infatti la posizione di Stalin da quella, ad esempio, di un Trotzki se non proprio la primaria importanza che il primo attribuisce agli elementi forniti dall'indagine obiettiva e scientifica, in contraposto al procedimento ideologistico e astratto, letterale e scolastico del secondo ? Non é questa, metodologicamente, una nuova e ancor più decisiva battaglia (anche se simile a quella condotta da Lenin sul problema della pace di BrestLitowsk contro l'astrattismo dottrinario di un Bukarin) per ridurre realmente il marxismo alla sua esatta funzione di c scienza dello sviluppo della società » ?
Analoga considerazione può riferirsi al problema del superamento del determinismo. Edificare il socialismo in un solo paese, in condizioni economiche arretrate, trascinando enormi masse non proletarie, sotto la pressione dei tentativi controrivoluzionari della borghesia internazionale: é questo un disegno che, quanti altri mai, sottolinea le capacità dell'uomo, della classe, del partito, nel mutare il [...]

[...]superamento del determinismo. Edificare il socialismo in un solo paese, in condizioni economiche arretrate, trascinando enormi masse non proletarie, sotto la pressione dei tentativi controrivoluzionari della borghesia internazionale: é questo un disegno che, quanti altri mai, sottolinea le capacità dell'uomo, della classe, del partito, nel mutare il mondo circostante, nel superare gli ostacoli creati dalla storia e dalla natura.
Quella frase di Lenin, che fu più volte utilizzata da Zinoviev, e Ho già avuto occasione di dire: per i russi, in confronto ai paesi avanzati, é stato più facile iniziare la grande rivoluzione proletaria; ma sarà per essi più difficile continuarla e condurla sino alla vittoria definitiva, nel senso della completa organizzazione della società .socialista» (5), anzi che divenire occasione per il disfattismo e la rinuncia, diveniva così, per Stalin, un drammatico incitamento alla lotta e al sacrificio rivolto ai proletari e ai contadini sovietici.
***
Posizione profondamente rinnovata, quindi, quella staliniana.
M[...]

[...]efinitiva, nel senso della completa organizzazione della società .socialista» (5), anzi che divenire occasione per il disfattismo e la rinuncia, diveniva così, per Stalin, un drammatico incitamento alla lotta e al sacrificio rivolto ai proletari e ai contadini sovietici.
***
Posizione profondamente rinnovata, quindi, quella staliniana.
Ma era anche l'unica posizione esatta ?
Dimostrarlo sulla base dei testi di Stalin sarebbe forse un'im
(5) Lenin, Opere, vol. XXIX pag. 284.
GIUSEPPE CHIARANTE 23
presa complessa e difficile. Il fatto é che la scelta staliniana fu, in primo luogo e sovrattutto, scelta di un politico, intuizione di un uomo di Stato. Non sempre e non del tutto, perciò, il suo stesso autore riuscì a difenderla con chiarezza e persuasività di argomenti teorici.
Altro però diviene il discorso potendo usare, come noi possiamo, gli strumenti dei posteri: avendo cioè a disposizione la conoscenza dell'ulteriore sviluppo storico e i più elaborati strumenti concettuali che la situazione attuale obiettivamente ci offre.
Tutta l[...]

[...]do cioè a disposizione la conoscenza dell'ulteriore sviluppo storico e i più elaborati strumenti concettuali che la situazione attuale obiettivamente ci offre.
Tutta la storia più recente sta infatti a dimostrare — mi sembra — che nei paesi capitalistici non sono esistite per quasi tutta l'epoca staliniana (fino cioè, più o meno, alla guerra antifascista e alla rivoluzione cinese) quelle condizioni obiettive necessarie alla rivoluzione, che già Lenin aveva con precisione indicato. Vediamo, brevemente, di verificarlo.
In primo luogo dopo la prima guerra mondiale, non si ripeté più una generale crisi politica del sistema borghese (e tale non fu certo neppure la crisi del '29, che ebbe caratteri essenzialmente economici e non giunse a scuotere le basi politiche dell'assetto statuale) di fronte alla quale il movimento proletario potesse assumere, come nella guerra '1418, una posizione di mera contrapposizione dialettica.
La nuova grande crisi bellica (che 'del resto sopravvenne solo dopo un ventennio di relativa « stabilizzazione ») doveva [...]

[...]ano dalla necessità di edificare, con le sole forze sovietiche, una integrale società socialista ? Analizziamole cercando di seguire a grandi linee lo sviluppo cronologico della politica di Stalin.
In primo luogo la rinuncia alla rivoluzione mondiale comportava necessariamente una fiera lotta all'interno del partito bolscevico. Non dobbiamo infatti dimenticare, da un lato, quanto quella tesi suonasse nuova alla sensibilità ideologica dei quadri leninisti e, dall'altro, come il partito bolscevico si fosse sviluppato, avesse formato i propri dirigenti in Occidente, relativamente lontano dalla politica concreta e dalle grandi masse della popolazione. Certo tutte queste naturali resistenze avrebbero in via del tutto astratta potuto essere vinte attraverso una lotta ideologica corretta, senza ricorrere agli strumenti meno democratici della burocratizzazione del partito. Ma era questa una reale carta a disposizione di Stalin ? Realisticamente bisogna convenire di no. In primo luogo, lo abbiamo già detto, l'elaborazione della sua tesi avvenne so[...]

[...]mediata a una obiezione che potrebbe venire avanzata contro il ragionamento sin qui svolto e che in effetti nell'ultimo ventennio è stata a più riprese formulata da diverse correnti politiche e culturali,
e in particolare dalla socialdemocrazia di sinistra. Si può infatti obiettare: ammettiamo pure che l'opera di Stalin rappresenti la necessaria linea di sviluppo, nelle concrete condizioni in cui si trovava l'Unione Sovietica, della rivoluzione leninista del 1917. Ciò non toglie che essa rappresenti una via di edificazione del socialismo adeguata soltanto alla situazione di un paese arretrato quale era la Russia, e perciò di gran lunga inferiore alla via, gradualistica nei suoi metodi e rispettosa nella sua sostanza dei classici istituti dello Stato liberale, indicata già da tempo dall'interpretazione socialdemocratica del marxismo.
E chiaro qual è il corollario che discende da questa tesi: la rivoluzione sovietica non è in alcun modo un fatto di' valore mondiale
e perciò da essa ben poco ha da apprendere l'evoluto socialismo europeo; a[...]

[...]edite nazioni dell'Occidente, è a sua volta destinata, per uscire dall'ancor barbarica autocrazia staliniana, ad assumere le più « civili » strutture politiche delle moderne democrazie occidentali.
Quest'obiezione, che conduce, necessariamente, a misconoscere il grande valore della rottura storica operata dalla Rivoluzione d'Ottobre e a patrocinare una sbrigativa liquidazione di tutta l'esperienza politica staliniana (e al fondo anche di quella leninista), è stata variamente formulata nel corso degli ultimi venti anni; ed
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anche oggi, dopo il congresso di Mosca, torna a ripresentarsi nella mente di molti critici ed osservatori, sia pure sotto una veste più raffinata e scaltrita di quella tradizionale.
Nel periodo fra le due guerre, infatti, una simile valutazione della rivoluzione sovietica portava fatalmente, date le difficoltà in cui ancora questa si dibatteva, a considerarla quasi esclusivamente come un fatto « asiatico », da cui nessun contributo neppure indiretto poteva venire all'edificazione del socialismo i[...]

[...]ista; ma che si stabilisce un bilancio fra evolute democrazie occidentali e regime sovietico di dittatura del proletariato che può chiudersi, valutati gli elementi positivi e negativi presenti nell'uno e nell'altro assetto, tutt'al più in pareggio.
Dare una compiuta risposta a questa posizione richiederebbe evidentemente un discorso molto ampio: è chiaro infatti che per
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qúesta via rientra in gioco anche tutta la polemica leninista con la Seconda Internazionale sulla dottrina della dittatura del proletariato. Mi pare tuttavia, pur senza alcuna pretesa di dar fondo in poche righe al problema, che anche in questa sede sia possibile portare su tale argomento alcune non inutili precisazioni: o meglio ancora suggerire alcuni temi, il cui approfondimento — almeno così io penso — può condurre a vedere come lo Stato socialista forgiato da Stalin, nonostante le profonde insufficienze che in esso certamente esistevano ed esistono, rappresenti comunque un decisivo passo avanti rispetto a qualsivoglia assetto, sia pure il più e[...]

[...]ofilo della libertà il grande merito storico dello Stato liberalborghese é, come é noto, essenzialmente quello di aver realizzato la « scoperta » scientifica di alcuni fondamentali istituti, destinati a costituire altrettante garanzie di libertà per i cittadini. Nello Stato borghese, però, tali istituti, (e le corrispondenti formulazioni scientifiche) sono viziati — e nel mettere in luce questa situazione sta l'aspetto di validità della dottrina leninista sul carattere dittatoriale di ogni stato a base classista — dal fatto che nell'assetto sociale che tale Stato garantisce le libertà si dipongono in funzioni della
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classe dominante, in quanto risultano limitate, in profondità ed estensione, del meccanismo esclusivo della proprietà privata.
Come é posibile spezzare tale meccanismo e determinare un allargamento della sfera della libertà? In ordine a tale problema la questione della dittatura del proletariato (e vedremo poi meglio come questo concetto debba essere inteso, al di là delle immagini di terrore e d[...]

[...] la possibilità di pervenire al medesimo risultato per altre vie, ovvero essa rappresenta la necessaria fase di trapasso perché si possa giungere, attraverso la sottrazione della proprietà alla fruizione esclusiva di un ceto determinato e quindi l'instaurazione di una società senza classi, a far si che i diritti di libertà possano venire disposti in modo pieno e concreto in funzione di tutti i cittadini ?
Vediamo innanzitutto qual è la dottrina leninista e staliniana. sull'argomento. La dittatura del proletariato non va confusa — affermano preliminarmente Lenin e Stalin — con la conquista violenta del potere. «La rivoluzione può vincere la borghesia, abbatterne il potere anche senza la dittatura del proletariato — scrive Stalin nei Principii del leninismo —, ma la rivoluzione non può schiacciare la resistenza borghese, salvaguardare la vittoria e procedere oltre verso la vittoria definitiva del socialismo se a un certo momento del suo sviluppo non si crea un organo speciale: la dittatura del proletariato, suo appoggio fondamentale » (7).
La dittatura non é dunque necessaria al proletariato per conquistare il potere, ma piuttosto perché, una volta compiuta tale conquista, sia possibile procedere alla demolizione delle basi economicosociali della divisione della società in classi e così aprire la strada ad una più ampia libertà. I motivi su[...]

[...] fondamentale » (7).
La dittatura non é dunque necessaria al proletariato per conquistare il potere, ma piuttosto perché, una volta compiuta tale conquista, sia possibile procedere alla demolizione delle basi economicosociali della divisione della società in classi e così aprire la strada ad una più ampia libertà. I motivi su cui tale necessità si fonda possono cosí essere sintetizzati (mi attengo, per ora, alle formulazioni date al problema da Lenin e Stalin in,relazione alla situazione sovietica):
(7) Stalin, Opere, vol. VI, pag. 137.
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a) anche dopo la conquista del potere politico da parte del proletariato, la borghesia, rimane, ancora per un certo tempo, la classe più forte sul piano dei rapporti economicosociali, in quanto in tale sfera essa può disporre di strumenti di cui il proletariato é privo. Perciò il rovesciamento del nuovo assetto politico diviene inevitabile se il proletariato non fa un uso autoritario del potere di cui é venuto a disporre (cfr.: Lenin, La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsk[...]

[...]PPE CHIARANTE 33
a) anche dopo la conquista del potere politico da parte del proletariato, la borghesia, rimane, ancora per un certo tempo, la classe più forte sul piano dei rapporti economicosociali, in quanto in tale sfera essa può disporre di strumenti di cui il proletariato é privo. Perciò il rovesciamento del nuovo assetto politico diviene inevitabile se il proletariato non fa un uso autoritario del potere di cui é venuto a disporre (cfr.: Lenin, La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky: «Ancora per lungo tempo dopo la rivoluzione gli sfruttatori conservano inevitabilmente una serie di enormi vantaggi di fatto: rimangono loro il denaro, che non si può sopprimere immediatamente, una certa quantità di beni mobili, spesso considerevoli; rimangono loro le relazioni, la pratica organizzativa e amministrativa, la conoscenza di tutti i segreti dell'amministrazione; rimangono loro un'istruzione più elevata; strette relazioni con l'alto personale tecnico, che vive e pensa da borghese, rimane loro una co noscenza infinitamente superior[...]

[...]ificazione dell'economia socialista non può avvenire senza gravi costi e sacrifici; senza, soprattutto, la rottura di una serie di posizioni economicosociali cristallizzate, di cui fruiscono non solo la grande e media borghesia, ma anche la piccola borghesia e il medio ceto. Lo strumento politico della dittatura del proletariato si manifesta perciò necessario per poter condurre avanti vittoriosamente un processo di sviluppo tanto faticoso (cfr.: Lenin, Discorso agli operai ungheresi: «Lo scopo [della dittatura del proletariato] é di creare il socialismo, di eliminare la divisione sociale della società in classi, di fare di tutti i membri della società dei lavoratori, di togliere la base ad ogni sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo. Questo scopo non può essere raggiunto di colpo: esso esige un periodo abbastanza lungo di transi
(8) Lenin, Opere, vol. XXIII pag. 354.
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zione dal capitalismo al socialismo, perché la riorganizzazione della produzione è cosa difficile, perché occorre del tempo per operare delle trasformazioni radicali in tutti i campi della vita, perché la forza enorme dei costumi economici piccoloborghesi può essere superata soltanto attraverso una lotta lunga e accanita » (9).
e) Infine, non va dimenticato che lo Stato socialista si viene edificando sotto la pressione della borghesia internazionale che fa gravare su di esso una continua minaccia di guerra; e ciò comporta inevitabi[...]

[...] radicali in tutti i campi della vita, perché la forza enorme dei costumi economici piccoloborghesi può essere superata soltanto attraverso una lotta lunga e accanita » (9).
e) Infine, non va dimenticato che lo Stato socialista si viene edificando sotto la pressione della borghesia internazionale che fa gravare su di esso una continua minaccia di guerra; e ciò comporta inevitabilmente restrizioni e sacrifici.
Questo lungo richiamo alle tesi di Lenin e Stalin sulla dittatura del proletariato mi è parso necessario perché ritengo che esso ponga bene in luce come, nello sviluppo della rivoluzione sovietica, tale forma di gestione del potere non sia stata il frutto di una scelta empirica, ma abbia rappresentato scientificamente ii necessario passaggio per il superamento della società classista e l'edificazione del socialismo: e abbia segnato quindi, sotto questo aspetto e nel senso indicato, anche un decisivo passo avanti sulla strada della libertà. E del resto, la teoria leninista sull'estinzione dello Stato, anche da Stalin mai ripudiata, n[...]

[...] che esso ponga bene in luce come, nello sviluppo della rivoluzione sovietica, tale forma di gestione del potere non sia stata il frutto di una scelta empirica, ma abbia rappresentato scientificamente ii necessario passaggio per il superamento della società classista e l'edificazione del socialismo: e abbia segnato quindi, sotto questo aspetto e nel senso indicato, anche un decisivo passo avanti sulla strada della libertà. E del resto, la teoria leninista sull'estinzione dello Stato, anche da Stalin mai ripudiata, non sta proprio a rappresentare, pur con i suoi evidenti limiti di sapore anarchicheggiante, come la meta cui necessariamente tende quel processo rivoluzionario che ha la dittatura del proletario come suo momento, sia proprio la crescita della libertà ?
D'altra parte, il decisivo significato che ha avuto, anche sul piano mondiale (nel senso di render possibile l'uscita dall'assetto borghese), la rottura rivoluzionaria operatasi in URSS attraverso la dittatura del proletariato, mi pare sia pure dimostrata, in linea indiretta ma n[...]

[...]vitabile fallimento della via socialdemocratica. Non va infatti c:. nenticato che il tentativo socialdemocratico di portare al massimo la pressione politica e sociale del proletariato, senza la capacità e la possibilità di operare quella radicale rottura compiutasi in Russia nel '17, ha portato nel primo dopoguerra, in quei paesi in cui piú vigorosi erano i partiti socialisti e cioè in Italia e in Germania, alla tragedia fascista; mentre ha
(9) Lenin, Opere, vol. XXXII pag. 358.
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condotto in Francia ad una progressiva decadenza nazionale. In altri termini tale tentativo, anziché consentire di superare la dialettica delle contraddizioni borghesi, non ha fatto che sollecitarle sino al loro sbocco catastrofico: laddove invece l'esperienza sovietica ha stabilito un punto fermo da cui é oggi possibile muovere per un ordinato sviluppo dell'assetto mondiale.
É per questo che la vicenda politica staliniana, anziché essere considerata come un fenomeno tipico di un paese arretrato, va storicamente collocata come un fatto di [...]

[...] la fase del socialismo in un solo Stato, anche il concetto di dittatura del proletariato può essere, non solo nella teoria ma anche nella pratica, progressivamente depurato dei suoi caratteri oppressivi e violenti, e venire inteso soprattutto come la dottrina della necessaria egemonia del proletariato all'interno di un fronte di alleanza che fornisca una base stabile per l'edificazione del socialismo. E del resto Stalin stesso, nei Principi del leninismo, scriveva già nel 1924: u Certo in un avvenire lontano, se il proletariato vincerà nei principali paesi capitalistici e se l'attuale accerchiamento capitalistico sarà sostituito da un accerchiamento socialista, una via pacifica di sviluppo sarà del tutto possibile per alcuni paesi capitalistici, in cui i capitalisti, di fronte a una situazione internazionale sfavorevole, giudicheranno opportuno fare essi stessi delle concessioni serie al proletariato» (10).
Ma ciò che anche nella nuova situazione rimane valido é il nucleo essenziale della dottrina della dittatura del proletariato: rimane[...]

[...]enza, il problema del superamento dello stalinismo? A mio avviso esso si configura in questi termini: mantenere salda, senza alcun compromesso con la borghesia, la conquista sostanziale della rivoluzione proletaria, e cioè la fondazione di un nuovo assetto sociale che è ormai al di là di quello borghese e tende per sua natura alla società senza classi; e insieme condurre avanti, come è consentito dalle nuove condizioni, lo sforzo già iniziato da Lenin e da Stalin per liberare la dottrina su cui il proletariato ha fondato le sue fortune da ogni implicazione metafisicheggiante e così portarla al suo esatto significato di scienza della politica e dello Stato. Solo infatti depurando la politica dai vizi ideologici, e cioè dalla tentazione di porsi metafisicamente come scienza di tutta la realtà, è possibile pervenire a un pieno riconoscimento dell'autonomia dei diversi momenti in cui si organizza la vita complessa della società umana (dalla dimensione del privato e dall'individuale alla cultura e alla religione) e così dare concretezza alle pi[...]

[...]ortano
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anche profonde innovazioni di metodo: in particolare diviene necessario un progressivo passaggio a una forma non più rigida di gestione del potere, che consenta quella libera circolazione delle idee che é condizione di una nuova elaborazione teorica e pratica. Ma ciò che più importa rilevare è che questo sviluppo richiede dei considerevoli passi avanti teorici non solo rispetto a Stalin ma anche rispetto al leninismo nel suo complesso.
Dei passi avanti, tuttavia, che, appunto in quanto tali, non possono verificarsi — torno a ripeterlo — se non sulla base di una piena comprensione del valore dell'opera di Lenin e di Stalin. Ed è per questo che la politica staliniana, che è stata per tanti anni il segno di contraddizione intorno a cui si è intrecciato il dibattito fra la libertà « nuova » e la libertà « antica », fra la dittatura del proletariato e la democrazia borghese, non potrà prima o poi non configurarsi, ad una analisi spassionata, sotto una veste nuova: e cioè — io credo — come un momento essenziale di un processo che condurrà a far si che la rivoluzione non appaia più in contraddizione con la libertà, ma si riveli, secondo la sua più valida sostanza, come la matrice di un ulteriore allargame[...]



da Giovanni Mari, Ritratti critici contemporanei. Louis Althusser in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]. 152, definisce in questo modo la « congiuntura politica »: « La congiuntura politica è il `momento attuale' della lotta delle classi in una formazione sociale o sistema di formazioni sociali ». Althusser non concettualizza direttamente la nozione di « congiuntura », che pure ricorre abbastanza frequentemente nei suoi scritti. Egli individua questa nozione mediante una riflessione sulla « pratica politica marxista », in particolare su quella di Lenin (dr. PM, pp. 154160), ed oltre all'espressione di « congiuntura » e di « congiuntura politica », usa anche quella di « congiuntura teorica e ideologica ». La « congiuntura » sembra quindi designare l'unità (strutturata) delle contraddizioni di diversi livelli della formazione sociale nel « momento attuale » (cfr. To my english readers, prefazione a For Marx, London, New Left Books, 1971).
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ser, con la denuncia del « culto della personalità » e delle « violazioni » della « legalità socialista » compiute dal xx Congresso del Pcus (1956), nonché con la scissione del movimento [...]

[...]dice teorica di questi ritardi e di queste difficoltà. La definizione a cui egli attualmente lavora di un'idea marxista di « crisi generale del marxismo » appare come il risultato di una riflessione teorica che per il rigore con cui negli anni Sessanta ha « fatto ritorno `alle fonti' » ha dovuto in seguito arrendersi all'evidenza che la tradizione teorica marxista « non è `pura' ». Che il marxismo, « contrariamente alla frettolosa definizione di Lenin », non è « `un blocco d'acciaio', ma comporta difficoltà, contraddizioni e lacune » che hanno un loro preciso ruolo nella crisi attuale (« Non possiamo infatti contentarci di risolvere tutto con la responsabilità di Stalin », Finalmente, p. 225).
Nel 1978 i punti di maggior debolezza del pensiero di Marx gli appaiono i seguenti: la sopravvivenza in esso dell'« idea di una filosofia della storia » che, come l'« unità fittizia » imposta al Capitale dall'esigenza di dover partire dall'« astrazione del valore », rileva un'insufficiente resa dei conti filosofica con l'hegelismo; le ben scarse ind[...]

[...]e oggi la filosofia di Althusser pone al marxismo teorico e politico, nel secondo periodo della sua ricerca che si svolge nella fase
LOUIS ALTH'USSER 411
di iniziativa e di stallo del movimento operaio e comunista. Ed anche se questo approdo della filosofia di Althusser possiede tempi intrinseci, ed in particolare presenta una fase di transizione che inizia nel 1966 (Cours de philosophie pour scientifiques) ed ha uno dei suoi punti piú alti in Lenin e la filosofia (1968, febbraio), mi sembra evidente che la « logica esterna » di tale sbocco non sia ricostruibile prescindendo dal « Maggio '68 ».
Ma la vera difficoltà che presenta lo sviluppo della filosofia di Althusser, ed in particolare la sua « autocritica », non riguarda tanto la ricerca del nesso che intercorre tra la fase politica successiva al 1968 e la enunciazione della « crisi generale del marxismo », bensí la individuazione del nesso (cioè del « primato » di quale politica) che intercorre tra la fase aperta dal 1956 e la « deviazione teoricista » di tale filosofia. In altre pa[...]

[...]mente ai socialdemocratici e ai preti... lo sfruttamento delle opere giovanili di Marx, per ricavarne una ideologia dell'Uomo, della Libertà, dell'Alienazione, della Trascendenza, ecc.... L'ortodossia, come dice J. Lewis, ne fu quasi sommersa: non il `pensiero' di Stalin, che continuò, e continua da parecchio tempo, ad andare avanti indisturbato, nelle sue basi, nella sua `linea' e in alcune delle sue pratiche — ma proprio la teoria di Marx e di Lenin » (RJL, p. 103).
Che Althusser possa stabilire questo tipo di connessione tra due aspetti essenziali della congiuntura politica (il xx Congresso e la questione del « giovane Marx »), connessione in cui tra l'altro già opera evidentemente l'idea di un primato della pratica sulla teoria, si spiega con due elementi, uno politico ed uno teorico. Quello politico, su cui non ci soffermeremo, riguarda il tipo di critica che Althusser compie dello stalinismo: perché se per un verso egli non esita a denunciare l'« ammorbante e implacabile sistema di governo e di pensiero » di Stalin, per l'altro non [...]

[...]ia », precedentemente occupato dalle ideologie e dalla filosofia della storia, alla scienza: un evento teorico e politico
« irreversibile » e « senza precedenti nella storia umana »). Sia infine la tesi dell'antiumanesimo teorico di Marx. Tuttavia egli dà due interpretazioni della « rottura epistemologica » e quindi della storia e della periodizzazione di Marx. Nel primo periodo (non solo negli scritti compresi nel Per Marx: 196065, ma anche in Lenin e la filosofia: 1968) Althusser non vede le
« condizioni sociali, politiche, ideologiche e filosofiche » della « rottura epistemologica » e riduce questo evento ad un solo fatto interno al pensiero di Marx. Ne « constata » l'esistenza e da questa parte per definire l'ideologia come il regno dell'« errore », della preistoria del materialismo storico, e per concepire la nuova filosofia (il materialismo dialettico) come la conseguenza della fondazione di tale nuova pratica scientifica. Già Bachelard aveva scritto che la « scienza crea una filosofia » (La formation de l'esprit scientifique), e d[...]

[...]o all'economicismo che invece stabilisce « in anticipo e per sempre » che il « ruolo » della contraddizione dominante è svolto dalla contraddizione tra forze produttive e rapporti di produzione.
424 GIOVANNI MARI
Tuttavia Althusser non si limita a compiere questa distinzione e ad utilizzare la « grande legge » del disuguale sviluppo delle contraddizioni (« spostamento », « condensazione » ed « esplosione »), la surdeterminazione ed il richiamo leninista all'analisi concreta della situazione concreta, ecc. per scardinare l'ideologia economicista. Egli di fatto non prende mai in considerazione la dominazione della determinazione in ultima istanza da parte dell'economia. Se ho ben capito, per Althusser la determinazione in ultima istanza della contraddizione tra forze produttive e rapporti di produzione si attua sempre attraverso il dominio di altre contraddizioni, di quelle che si determinano al livello del politico (o del teorico). « Come giustificare la necessità di passare attraverso il livello distinto e specifico della lotta politica [...]

[...]orso scientifico » mar
426 GIOVANNI MARI

xista, della sua « novità » e « specificità », che è appunto l'obiettivo di Leggere il Capitale. Nel primo periodo della sua ricerca Althusser particolarmente è influenzato (« affascinato ») da quei passi dell'Introduzione del '57 in cui Marx sostiene che il modo in cui il pensiero conoscitivo « si appropria del mondo » è quello di « salire dall'astratto al concreto ». Oltreché dall'affermazione di Lenin che « le idee di Marx sono tutte efficaci perché sono vere » (« è perché la teoria di Marx era `vera', che ha potuto essere applicata con successo, e non perché è stata applicata con successo che essa è vera », Lc, p. 62). In questo modo, per Althusser, che sostiene una posizione rigorosamente antiempirista ed antipragmatista, né l'inizio, né la fine del discorso scientifico di Marx trovano nella realtà il proprio criterio di verità: escluso l'esterno, la realtà, non rimane che sostenere la « interiorità radicale del criterio »: la « pratica teorica è criterio di se stessa, contiene in sé i p[...]

[...]ei confronti del pensiero, sorgono alcuni interrogativi, che qui mi limito ad enunciare.
Al di là della distinzione tra « oggetto di conoscenza » ed « oggetto reale », Althusser non conserva una teoria del riflesso, diciamo, della struttura? L'esistenza di questo tema appare indirettamente confermata dall'adesione di Althusser all'interpretazione di Materialismo ed empiriocriticismo avanzata da Dominique Lecourt, secondo il quale il riflesso di Lenin sarebbe un « riflesso senza specchio », un « riflesso attivo » estraneo ad ogni teoria sensistica della conoscenza 3. Inoltre, se l'osservazione avanzata è giusta, lo storicismo e l'empirismo, almeno come li definisce Althusser, risultano davvero messi definitivamente al bando? Perché questa identità strutturale appare comunque come il risultato di una qualità essenziale del reale che trapassa nel pensiero. Non siamo di fronte ad una sorta di empirismo della struttura? di storicismo senza storia?
Seconda osservazione. L'idea, in generale, di conoscenza scientifica che Althusser propone non è[...]

[...] che Althusser definisce le proprie « aggiunte ») che il modo in cui il Capitale permette di conoscere la formazione sociale capitalistica, il modo in cui il Capitale, funziona a questo scopo conoscitivo. In particolare la nozione di « meccanismo » dell'« effetto di conoscenza » è interamente elaborata sulla base dell'analisi del « modo di esposizione » (Darstellungsweise) del Capitale, del modo cioè in
3 L. ALTHUS SER, prefazione a D. LECOURT, Lenin e la crisi delle scienze, Roma, 1974, p. 8.
LOUIS ALTHUS SER 429
cui il Capitale sviluppa le forme astratte del valore, plusvalore, ecc. per risalire verso il concreto (di pensiero) del processo complessivo della produzione capitalistica (iii libro). Ora, a parte la generalizzazione di un processo di conoscenza che Marx pratica solo nella critica dell'economia politica, il ragionamento di Althusser si basa sul presupposto dell'unità e della necessità del discorso scientifico di Marx. In particolare su quelle del « modo di esposizione » e di « inizio » assoluto di tale discorso che parte, ap[...]

[...]l discorso scientifico del Capitale (analisi del valore). Siamo ormai evidentemente assai lontani dall'idea della
« totalitàdipensiero » del Capitale sostenuta in Leggere « Il Capitale »: non piú una sola « totalità logica », bensí « diverse » « totalità logiche ». Una sorta di pluralismo di logiche ineguali e disparate coesistenti in un medesimo discorso scientifico. In Marxismo oggi, infine, Althusser liquida come imprudente l'affermazione di Lenin che le « idee di Marx sono tutte efficaci perché sono vere », ed introduce, quindi, una netta distinzione tra verità ed efficacia delle idee che ribalta le posizioni sostenute in Leggere « Il Capitale ». La verità compete alla « forma teorica » delle idee di Marx, l'efficacia politica a quella « ideologica » (Marx esprime le « proprie idee due volte in due forme differenti ») : « se anche le idee fossero vere e f ormalmente dimostrate, non potrebbero essere in sé storicamente attive, ma lo possono solo nelle forme ideologiche di massa, acquisite nella lotta di classe » (Mo, p. 118).
6. Nella[...]

[...]esperienze, dalle lotte, dalle posizioni ideologiche della classe operaia: « il pensiero di Marx si è formato e si è sviluppato all'interno del movimento operaio, sulla sua base e sulle sue posizioni » (Mo, p. 112). Questo punto di vista è comunque già operante in alcuni scritti attorno al 1970, quando ormai il concetto di filosofia è definito dal filosofo francese a partire dal significato politico della sua funzione in seno alla teoria (già in Lenin e la filosofia, 1968) e la funzione dell'ideologia proletaria, dell'istinto di classe, è connessa positivamente alla fondazione del materialismo storico mediante la posizione centrale della filosofia posta tra la politica e la teoria (Sull'evoluzione del giovane Marx, 1970).
Di questi anni immediatamente precedenti l'« autocritica » vale la pena di ricordare anche alcuni eccessi, significativi anche se collocati in un periodo di riaggiustamento e di ridefinizione della problematica. Ad esempio quelli, di natura direi operaista, contenuti nella Introduzione al Libro del Capitale (1969), quand[...]

[...]24. L'object du « Capital », in Lire le Capital, ii, cit., pp. 7
185. Il volume comprende anche scritti di E. Balibar e R. Establet (tr. it. cit. dei soli
scritti di Althusser e Balibar). 25. Théorie, pratique théorique et formation
théorique. Idéologie et lutte idéologique, ciclostilato, Aprile (tr. spag. in « Casa de las
Americas », Habana, 1966, n. 34, pp. 531). 26. Matérialisme historique et Maté
rialisme dialectique, « Cahiers MarxistesLéninistes », 1966, n. 11, pp. 88122.
27. Réponse de Louis Althusser ad André Daspre, in Deux lettres sur la con
naissance de l'art, « La Nouvelle Critique », 1966, n. 175, pp. 141146. 28. Sur
te Contrat social », «Cahiers pour l'Analyse », 1966, n. 8, pp. 542. 29. Crémo
nini, peintre de l'abstraction, « Démocratie Nouvelle », 1966, n. 8, pp. 105120 (tr. it. di F. Madonia, in L. CREMONINI, Mostra antologica, 19531969, Bologna, Alfa,
1969). 30. Sur le travail théorique. Difficultés et ressources, «La Pensée »,
1967, n. 132, pp. 322. 31. Prefazione alla 2' ediz. di L.A., La revolucion teo
rica[...]

[...]fazione anche
delle trad. inglese e svedese di Pour Marx). 33. Avertissement (1967), alla 2'
ediz. di Lire le « Capital », Paris, Petit collection Maspero, 1968 (tr. it. in n. 23). 34. Intervista rilasciata a M. A. Maciocchi, « l'Unità », 1° febbraio 1968 (tr. franc. col titolo La philosophie comme arme de la revolution, « La Pensée », 1968,
n. 138). 35. La filosofia la politica e la scienza, « Rinascita », xxv, 1968, 15
marzo, pp. 2324. 36. Lénine et la philosophie, « Bulletin de la Société française
de Philosophie », 1968, n. 4, pp. 125181. Poi, con lo stesso titolo, Paris, Maspero,
1969, 59 pp. (tr. it. n. 49). 37. A magyar olvasöhoz (Al lettore ungherese), in
L.A., Marx az elmélet forradalma, Budapest, Kossuth, 1968, pp. 915 (in S. Karsz, Théorie et politique, Paris, Librairie A. Fayard, 1974, tr. it. di A. Cairoli, Bari, De
dalo, 1976, pp. 333339). 38. Comment lire « Le Capital », « L'Humanité »,
21 marzo 1969 (tr. it. in n. 66). 39. Avertissement aux lectures du Livre I du
«Capital », in K. Max,A Le Capital. Livre I, Paris[...]

[...]la lettera
del 15 marzo 1969, in n. 40, pp. 338361).. 42. Idéologie et appareils idéologi
ques d'Etat (Notes pour une recherche), « La Pensée », 1970, n. 151, pp. 338 (tr. it., « Critica Marxista », vin, n. 5, 1970; « Il piccolo Hans », n. 67, 1975; Sull'ideologia,
Bari, Dedalo, 1976). 43. Sur le rapport de Marx à Hegel (1968), in JACQUES
D'HONDT (a cura di), Hegel et la pensée moderne, Paris, n.u.F., 1970, pp. 85111 (tr.
it. in n. 49). 44. Lenin devant Hegel (1969), in W. R. BEYER (a cura di), Hegel
Jahrbuch 19681969, Meisenheim a. Glan, 1970, pp. 4558 (tr. it. in n. 49). 45.
Lettera al traduttore del 19. Gennaio 1970, in L. A./E. BALIBAR, Reading Capital,
LOUIS ALTHUSSER 441
London, New Left Book, 1970, pp. 323324. 46. Foreword (1970), in L.A.,
Lenin and Philosophy and other Essays, London, New Left Book, 1971, pp. 79 (tr. it.
in S. Karsz, op. cit., pp. 344347). 47. Lettera al traduttore (di Freud et Lacan)
del 21 febbraio 1969, in n. 46, pp. 177178. 48. Presentación (1971) alla nuova
edizione di MARTA HARNECKER, Los conceptos elementales del materialismo histórico,
Mexico, Siglo xxl, 19794°, pp. xixvi (tr. it. in S. Karsz, pp. 348354). 49. Lénine
et la philosophie suivi de Marx et Lénine devant Hegel, Paris, Maspero, 1972, 91 pp. Raccoglie i nn. 36, 44, 43 (tr. it. di F. Madonia, L.A., Lenin e la filosofia. Seguito da: Sul rapporto fra Marx e Hegel. Lenin di fronte a Hegel, Milano, Jaca Book,
1972). 50. Sur une erreur politique. Les maîtres auxiliaires, les étudiants tra
vailleurs et l'aggrégation de philosophie, « France Nouvelle », 1972, nn. 1393 e 1394,
pp. 912 e 1013. 51. Reply to John Lewis (Self Criticism), « Marxism Today »,
xvi, 1972, nn. 10 e 11, pp. 310318 e 343349 (tr. it. in n. 53). 52. The con
ditions of Marx's Scientific Discovery. On the New Definition of Philosophy (1970),
« Theoretical Practice », 1973, n. 7/8, pp. 411 (tr. it. in n. 60). 53. Réponse à
John Lewis, Paris, Maspero, 1973, pp. 99, che oltre al n. 51 compren[...]

[...](1972), pp. 6990; una Remarque sur une catégorie: « procès sans Sujet ni Fin(s) » (1973), pp. 9198 (tr. it. di F. Papa, L.A., Umanesimo e stalinismo, Bari, De Donato, 1973).
54. Intervento nella discussione su « I comunisti, gli intellettuali e la cultura », Festa dell'Humanité (Settembre 1973), ripreso in « France Nouvelle », 1973, n. 1453,
p. 11. 55. Prefazione a DOMINIQUE LECOURT, Une crise et son enjeu, Paris,
Maspero, 1973 (tr. it. D.L., Lenin e la crisi delle scienze, Roma, Editori Riuniti,
1974). 56. Testo ciclostilato del 1' maggio 1970, pubblicato in S. Karsz, op. cit.,
pp. 321323 (tr. it. cit., pp. 340343). 57. Lettera a Régis Debray a proposito
di Révolution dans la Révolution, del 1° marzo 1967, in R.D., La critique des armes,
i, Paris, Seuil, 1974, pp. 262269. 58. Justesse et Philosophie, « La Pensée »,
1974, n. 176, pp. 38. Riprodotto in 59 (tr. it. n. 59). 59. Philosophie et Phi
losophie Spontanée des Savants (1967), Paris, Maspero, 1974, 156 pp. Si tratta, con modifiche, dell'introduzione al Cours de philosophie po[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] S. Cambareri, Il concetto di egemonia nel pensiero di A. Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]ente o storicomateriale, in funzione di questa egli analizza i diversi problemi sino a pervenire ad una ipotesi risolutiva che non rimane astrazione concettuale, ma si invera nel « fatto » come prova
7.
88 I documenti del convegno
sperimentale, salto qualitativo, rispetto agli elementi analizzati. Questa impostazione metodologica riflette una forte esigenza di storicità reale e colloca il pensiero di Gramsci nell'ambito della corrente marxistaleninista, mentre dimostra, nel contempo, come il marxismo, da concezione universale del mondo, abbia in sé la capacità di articolarsi, particolarizzarsi per divenire espressione conseguente di nuclei nazionali storicamente e diversamente configurati pur rimanendo identico a se stesso. E questa la novità, la originalità del pensiero di Gramsci ed è questo quanto, a nostro avviso, in questi ultimi dodici anni di battaglie culturali, non è stato posto sufficientemente in risalto talché si è discusso con passione,. si è confutato seriamente il problema, per es., del dogmatismo, dell'ortodossismo nella[...]

[...]di Gramsci mirabilmente conferma ed ecco quanta non han saputo intendere coloro che si son lasciati avviluppare, di fronte allo incalzare degli avvenimenti, quanto meno da remore psicologiche e da pentimenti morali, ponendosi su posizioni « revisionistiche » e di « superamento » e cosí svuotando del suo contenuto piú genuino ed autentico la teoria rivoluzionaria del proletariato.
Se teniamo presente quale importanza abbia assunto nel pensierodi Lenin il concetto di « egemonia », ci rendiamo conto, rileggendo le opere di Gramsci, quanto profonda sia stata l'influenza esercitata da Lenin su Gramsci, ma lo sforzo problematico di questi di « tradurre »
1 La questione della « traduzione », nel contesto della filosofia della prassi, del pensiero speculativo di B. Croce, ha condotto N. MArrEucci (cfr. A. Gramsci e la filosofia della prassi, Milano, Giuffrè, 1951) ad una originale tesi, quella secondo cui la forte esigenza della ricerca di una «via italiana » al socialismo ante litteram avrebbe portato Gramsci a sostituire alle tre fonti classiche del marxismo B. Croce e N. Machiavelli; l'uno considerato come l'espressione « italiana » della filosofia classica tedesca, l'altro com[...]

[...]nica i cui elementi anche se universali siano profondamente nazionali... tale sintesi era necessaria per un superiore sviluppo della filosofia della prassi, in quanto rendeva possibile,
Serafino Cambareri 89
nella filosofia della prassi quanto di piú progredito ed avanzato era stato raggiunto dal pensiero europeo, ed in particolar modo dal pensiero italiano, rende nel Nostro il medesimo concetto assai piú ricco e complesso rispetto al concetto leninista ed è questo, a nostro avviso, uno degli aspetti fondamentali del pensiero di Gramsci, le cui impostazioni critiche, peraltro, si presentano sempre con una personale, feconda problematica. Il problema generalissimo che Gramsci ha ereditato da Lenin è stato quello della rivalutazione costruttiva, positiva del partito politico del proletariato, in quanto espressione della classe che « rappresenta costantemente l'interesse del movimento complessivo che spinge sempre avanti la rivoluzione » 1 per modo che questa classe da una posizione subalterna possa divenire « egemone » e dalle semplici rivendicazioni economicocorporative possa affermarsi come portatrice di un proprio ordine
e di una propria civiltà avente valore universale. È il concetto di direzione culturale e politica, cioè il concetto che è entrato nel marxismo sotto la denominazio[...]

[...]to di collocare il pensiero gramsciano nell'alveo del pensiero di B. Croce.
1 K. Mnxx e F. ENGELS, Manifesto del Partito comunista, trad. Togliatti, Roma, Ediz. Rinascita, 1947.
2 I., pp. 3, 7 passim.
90 I documenti del convegno
evince come i problemi del partito politico della classe operaia e della fondazione dello Stato socialista abbiano avuto nel pensiero di Gramsci un posto preminente; e chi ricorda la lotta intransigente combattuta da Lenin contro le concezioni che vedevano la rivoluzione socialista svolgersi in modo spontaneo, senza la necessità della guida di un partito e di un programma che desse sicuri e realistici obiettivi di lotta, non può non registrare la straordinaria analogia con la posizione assunta da Gramsci nei confronti delle ideologie soreliane « che non potevano giungere alla comprensione del partito politico in quanto fondate sull'impulso irrazionale, arbitrario, spontaneo delle masse » 1. Quel che occorre sin d'ora precisare è questo: Lenin e Gramsci partono da un comune presupposto; dal riconoscimento cioè d[...]

[...]odo spontaneo, senza la necessità della guida di un partito e di un programma che desse sicuri e realistici obiettivi di lotta, non può non registrare la straordinaria analogia con la posizione assunta da Gramsci nei confronti delle ideologie soreliane « che non potevano giungere alla comprensione del partito politico in quanto fondate sull'impulso irrazionale, arbitrario, spontaneo delle masse » 1. Quel che occorre sin d'ora precisare è questo: Lenin e Gramsci partono da un comune presupposto; dal riconoscimento cioè della insufficienza del mero fattore economico e dalla rivalutazione positiva e determinante del fattore ideologico, ma mentre Lenin arriva alla valutazione del fattore intellettuale solo ed unicamente in funzione della trasformazione immediata di una realtà di fatto — ogni sistematica è rigettata da lui, com'è noto — Gramsci tratta la questione da un punto di vista teoretico criticamente consapevole 2; l'egemonia è presentata come una riforma intellettuale e morale connessa ad una trasformazione dei rapporti economici della società. È questo l'aspetto eticopolitico della politica, aspetto non sufficientemente analizzato da Lenin, ma che Gramsci colloca al centro della sua problematica, talché le sue tesi sull'egemonia rap[...]

[...] solo ed unicamente in funzione della trasformazione immediata di una realtà di fatto — ogni sistematica è rigettata da lui, com'è noto — Gramsci tratta la questione da un punto di vista teoretico criticamente consapevole 2; l'egemonia è presentata come una riforma intellettuale e morale connessa ad una trasformazione dei rapporti economici della società. È questo l'aspetto eticopolitico della politica, aspetto non sufficientemente analizzato da Lenin, ma che Gramsci colloca al centro della sua problematica, talché le sue tesi sull'egemonia rappresentano, a nostro avviso, una esperienza teorica ulteriore e quindi storicamente piú avanzata di marxismo rivoluzionario. Di Lenin cosí parla Gramsci: « piú grande teorico moderno della filosofia della prassi, nel terreno della lotta e della organizzazione politica, con terminologia politica, ha in opposizione alle diverse tendenze "economistiche ", rivalutato il fronte della lotta culturale e costruito la teoria della egemonia come complemento [cors. nostro) della teoria dello Statoforza » 3. Il problema è questo: il concetto della direzione politica del proléta
1 ,LENIN, Che fare?, in Opere scelte, 1948, Mosca, vol. I, p. 142, ed anche STALIN, Les Questions du Léninisme, Moscou, Editions en langues étrangères, 1949. Vedi A. GRAMSCI, I, pp. 45.
2 D'accordo con Matteucci (op. cit., p. 76), che in Lenin il concetto di egemonia è piú una « intuizione » che una esperienza storiografica o una problematica filosofica.
3 M. S., p. 201.
Serafino Cambareri 91
riato, senza dubbio, viene sviluppato per la prima volta da Lenin; troviamo già nelle opere di Marx implicito un tale concetto 1, ma in Lenin il principio dell'egemonia assume, e non può non assumere, data la congiuntura storica nella quale operava il grande rivoluzionario, una significazione di « strategia rivoluzionaria » come sistema di « guida » degli altri raggruppamenti sociali nella lotta contro il vecchio regime z. Lenin insomma parla di egemonia, cioè del « consenso » dei diretti solo quando il proletariato trionfante, dápo aver imposto la sua dittatura, crea le corrispondenti condizioni a questo scopo, giacché le masse non sono in grado di impadronirsi della cultura, esercitando la classe antagonista non soltanto la schiavitú economica, ma altresí politica ed ideologia. È chiaro che quando la classe subalterna conquista il potere la rivoluzione culturale diventa rapida e completa, ma il concetto gramsciano è che la classe operaia, prima ancora della materiale conquista del potere, debba esercitare la sua fu[...]

[...] riesce ad influenzare e ad attrarre la stessa intellettualità borghese, marxisticamente, vede la possibilità dello sviluppo della cultura, quindi la possibilità del supera
Soprattutto nel Manifesto, là dove il partito è presentato come « coscienza » della classe capace di intendere non solo gli interessi immediati di questa, ma anche l'avvenire del movimento.
2 Cfr. Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democraticaborghese, in LENIN, Opere scelte, ed. cit., vol. I.
92 I documenti del convegno
mento della alienazione umana solo nel « superamento della estraneazione economica ». Egli si chiede: « Può esserci riforma culturale e cioè elevamento civile degli strati depressi della società, senza una precedente riforma economica e un mutamento nella posizione sociale e nel mondo economico? Perciò una riforma intellettuale e morale non può non essere legata ad un programma di riforma economica, anzi il programma di riforma economica è appunto il modo concreto con cui si presenta ogni riforma intellettuale e morale » 1. È qui [...]

[...]ia sono due: il « dominio » e la « direzione intellettuale e morale »; dominare significa liquidate o sottomettere anche con la forza armata i gruppi avversari; « dirigere » significa porsi alla testa dei gruppi affini e alleati. Gramsci
Mach., p. 8.
2 M. S., p. 189.
Serafino Cambareri 93
insiste — ed è questo suo insistere che ci convince circa la ricchezza. l'importanza, la originalità del suo concetto di « egemonia », rispetto al concetto leninista — che un gruppo sociale può, anzi deve essere dirigente ancor prima della conquista del potere; è questa una delle condizioni principali per la stessa conquista del potere: « non appena conquista il potere diventa dominante ma deve continuare ad essere dirigente » 1. Qui è Rodi e qui salta! Il marxismoleninismo è tale che lo si supera solo se se ne assimila la sostanza profondamente, e noi crediamo che il pensiero di Gramsci rappresenti una esperienza ulteriore, piú avanzata rispetto al marxismoleninismo. Il fatto che Gramsci abbia posto l'accento sul momento della direzione intellettuale e morale come condizione della conquista e dell'esercizio del potere, risulta piú evidente ove si pensi alla sua instancabile lotta teorica e pratica condotta per la « creazione di un nuovo ceto intellettuale educato nel mondo della produzione » Gli è che la classe borghese esita a portare avanti la sua stessa rivoluzione e quindi è incapace di democraticismo conseguente; ma per il movimento proletario porsi alla testa degli altri gruppi significa essere capace di legare a sé altre classi, con la « persu[...]

[...] (capitalisti) contro i molti (proletari) e strappi il possesso dei mezzi di produzione ai loro privati detentori. Non si tratta qui della assunzione di pieni poteri da parte dell'avanguardia per reprimere i molti, ma al contrario della grande maggioranza per restituire alla comunità il dominio e l'uso dei mezzi di produzione indebitamente e contradditoriamente accaparrati dai pochi. È questo il senso della democrazia di nuovo conio di cui parla Lenin, è questo lo sforzo che perseguono gli intellettuali « organici » , quello cioè di chiarire, per la azione rivoluzionaria, il significato del rapporto democraziasocialismo e tutte le questioni generali connesse al termine « democrazia moderna » 2.
1 Vedi « Dichiarazione Programmatica » dell'VIII Congresso nazionale deI PCI. Cfr. Stato e Rivoluzione di Lenin, ed. cit.
2 A questo proposito vedi: G. DELLA VOLPE, Rousseau e Marx, Roma, Ed. Riuniti, 1957, là dove si dimostra, tra l'altro, il nesso storico Rousseau socialismo e la continuità della genuina problematica egualitaria russoiana nel socialismo scientifico.



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] L. Gruppi, I rapporti tra pensiero ed essere nella concezione di A. Gramsci in Studi gramsciani

Brano: Luciano Gruppi
I RAPPORTI TRA PENSIERO ED ESSERE
NELLA CONCEZIONE DI A. GRAMSCI
Bene è affermato nel riassunto della relazione del prof. Luporini che, se « i punti di riferimento essenziali, le costanti, del pensiero di Gramsci rispetto ai classici del marxismo, sono da trovarsi nelle Tesi su Feuerbach
e nella Prefazione a Per la critica dell'economia politica,... il concetto leniniano di " egemonia "... segna la via di svolgimento attuale di questi punti di partenza ».
Gramsci, infatti, trova, il primo termine di distinzione tra quella che egli chiama filosofia della prassi (il marxismo) e le altre filosofie, prima ancora che nell'esame teoretico delle loro proposizioni, della loro coerenza logica e delle loro conseguenze speculative, nel modo in cui esse operano politicamente e sviluppano la loro funzione nella lotta per l'egemonia. Sicché, nelle analisi di Gramsci, si accompagna sempre ai rapporti tra i concetti un rapporto tra uomini, tra classi sociali, tra forze [...]

[...] unità al basso livello delle masse, ma appunto per costruire un blocco intellettuale e morale che renda politicamente possibile un progresso intellettuale di massa e non solo di scarsi gruppi intellettuali » 1. Del dualismo della filosofia cattolica, a Gramsci importa prima di tutto criticare l'incapacità di realizzare l'elevamento dei « semplici » al livello di se stessa, vale a dire il limite della sua egemonia.
Del concetto di egemonia, che Lenin per primo trattò e sviluppò nei suoi aspetti politici, di strategia e di tattica rivoluzionaria, di fronte ai compiti pratici della rivoluzione, Gramsci elabora, nei suoi Quaderni del carcere, l'aspetto piú tipicamente filosofico, dell'unità che deve venire a stabilirsi per la forza egemone, quale condizione della sua egemonia stessa, tra la teoria e la pratica, tra il pensiero e l'essere.
La concezione dell'egemonia è il motivo conduttore di tutti gli insegnamenti di Gramsci. Sviluppando la concezione dell'egemonia Gramsci eredita tutta la preziosa lezione del leninismo e, muovendo da essa,[...]

[...]ratici della rivoluzione, Gramsci elabora, nei suoi Quaderni del carcere, l'aspetto piú tipicamente filosofico, dell'unità che deve venire a stabilirsi per la forza egemone, quale condizione della sua egemonia stessa, tra la teoria e la pratica, tra il pensiero e l'essere.
La concezione dell'egemonia è il motivo conduttore di tutti gli insegnamenti di Gramsci. Sviluppando la concezione dell'egemonia Gramsci eredita tutta la preziosa lezione del leninismo e, muovendo da essa, supera le concezioni massimalistiche della lotta per il potere che esistono nel movimento operaio italiano. Questo motivo conduttore, questo tema centrale della ricerca gramsciana, esige che si tenti di svilupparne tutti gli aspetti e le conseguenze, non ultime quelle filosofiche, senza la comprensione delle quali, ci pare, qualche cosa dell'insegnamento di Gramsci sfuggirebbe. E Gramsci ce ne avverte: « La proposizione contenuta nell'introduzione alla " Critica dell'economia politica " che gli uomini prendono coscienza dei conflitti di struttura sul terreno delle ide[...]

[...]lla " Critica dell'economia politica " che gli uomini prendono coscienza dei conflitti di struttura sul terreno delle ideologie deve essere
1 M. S., p. 11.
Luciano GrupPi 167
considerata come un'affermazione di valore gnoseologico e non puramente psicologico e morale. Da ciò consegue che il principio teoricopratico dell'egemonia ha anche esso una portata gnoseologica e pertanto in questo campo è da ricercare l'apporto teorico massimo di Ilic [Lenin) alla filosofia della prassi. Ilic avrebbe fatto progredire effettivamente la filosofia come filosofia, in quanto fece progredire la dottrina e la pratica politica. La realizzazione di un apparato egemonico, in quanto crea un nuovo terreno ideologico, determina una riforma delle coscienze e dei metodi di conoscenza, è un fatto di conoscenza, un fatto filosofico » 1.
Da questa affermazione si scorge come Gramsci faccia, da un lato, dell'unità tra l'essere e il pensiero l'elemento decisivo dell'egemonia e faccia consistere, dall'altro, il valore filosofico dell'egemonia nell'unità che essa dev[...]

[...]one senza senso 3.
E piú oltre:
« I1 concetto di " oggettivo " d'el materialismo metafisico pare voglia significare una oggettività che esiste anche all'infuori dell'uomo, ma quando si afferma che una realtà esisterebbe anche se non esistesse l'uomo o si fa una metafora o si cade in una forma di misticismo » 4.
A questo punto si presenta un problema che non può, a nostro parere, essere eluso piú oltre. Nel suo sforzo per elaborare il concetto leninista di egemonia, per ricavarne tutto il succo possibile — ciò che non può essere fatto senza porlo anche nei suoi termini filosofici di unità di essere e pensiero — Gramsci entra necessariamente in polemica con le posizioni del Bukharin. Ma una parte di questa polemica non giunge anche a toccare una serie di formulazioni filosofiche di Lenin? A noi pare di sì e ci pare che i1 relatore l'abbia riconosciuto là dove ha affermato che per Gramsci sembra esclusa la tesi del conoscere came riflesso. Ci sembra anche che sia; questo l'aspetto della questione che bisogna soprattutto affrontare, poiché qui si tratta non del raffronto delle posizioni di Gramsci con posizioni già superate, come in genere quelle del Bukharin, ma del raffronto del pensiero gramsciano con quanto v'è di piú alto e decisivo nel pensiero marxista; con un momento dal quale Gramsci ritiene di dover trarre una lezione di importanza essenziale.
Eludere tale raffronto [...]

[...], poiché qui si tratta non del raffronto delle posizioni di Gramsci con posizioni già superate, come in genere quelle del Bukharin, ma del raffronto del pensiero gramsciano con quanto v'è di piú alto e decisivo nel pensiero marxista; con un momento dal quale Gramsci ritiene di dover trarre una lezione di importanza essenziale.
Eludere tale raffronto significa in realtà evitare un giudizio definitivo sul pensiero gramsciano.
Una affermazione di Lenin — raffrontata a quelle di Gramsci da noi citate — basta a dimostrare la diversità delle posizioni.
i M. S., p. 41. M. S., p. 54. 4 M. S., p. 56. 4 M. S., p. 143.
Luciano Gruppi 171
« Il materialismo è l'ammissione degli " oggetti in sé " ossia fuori dell'intelletto; le idee e le sensazioni sono copie o riflessi di questi oggetti » 1.
Vi è da chiedersi se Lenin, nella sua polemica antidealista, e di questa soprattutto preoccupato, non rinunzi qui ad uno sviluppo conseguente, sul piano strettamente filosofico, della sua concezione dell'egemonia, non attenui e non rinunzi al carattere creativo della conoscenza cosí chiaramente affermato da Marx (cfr. Glosse a Feuerbach). A nostro parere, concependo la conoscenza come riflesso dell'oggetto nella coscienza, Lenin pone, da un lato, l'oggetto al di fuori del conoscere — vale a dire ai di fuori della storia — e dimentica, dall'altro, la natura creatrice del conoscere che il marxismo ha assunto consapevolmente e criticamente dall'idealismo. Si riproduce cosí il dualismo tra oggetto e soggetto che ca ratterizza il realismo ingenuo ed ogni metafisica.
Estremamente rivelativo è quest'altro passo: « Il " realismo ingenuo" di ogni persona sana di mente, che non è mai stata in manicomio o a scuola dai filosofi idealisti, consiste nel riconoscere l'esistenza delle cose, dell'ambiente, dell'universo, indipendent[...]

[...]e indipendentemente da chi lo immagina. Il materialismo mette consapevolmente alla base della sua teoria della conoscenza la conoscenza " ingenua " dell'umanità » 2.
Qui è estremamente significativo il fatto che l'idealismo venga accomunato al... manicomio. In questo modo l'idealismo cessa di essere concepito come un momento essenziale del pensiero, che deve essere dialetticamente superato perché si giunga al materialismo dialettico, ma fini
1 LENIN, Materialismo ed empiriocriticismo, Roma, 1953, p. 17.
2 LENIN, op. cit., p. 60.
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sce per ridursi ad una aberrazione da buttare in un canto, a un momento del pensiero che è semplicemente da cancellare. Scartato a questo modo l'idealismo, « il rovesciamento della prassi » diventa impossibile, ed è naturale si torni al realismo ingenuo e si affermi che il materialismo lo pone a base della sua teoria della conoscenza. Per dirla in termini gramsciani, il realismo ingenuo, che può essere accomunato al senso comune, non deve piú essere superato criticamente nel « buonsenso » 1.
Posta la conoscenza come riflesso del mondo esterno [...]

[...]to la forma di oggetto o di intuizione; ma non come attività sensibile umana, come attività pratica, non soggettivamente » ? 2.
Concepito il conoscere come riflesso dell'oggetto, il carattere creativo del conoscere viene meno, l'oggetto, il reale ritornano ad essere concepiti solo « sotto la forma di oggetto » e « non come attività sensibile umana », proprio come Marx rimproverava a Feuerbach. Cosí l'affermazione, pure ripresa con insistenza da Lenin: « È nell'attività pratica che l'uomo deve dimostrare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere terreno del suo pensiero » 3, viene ad essere sostanzialmente abbandonata poiché il concepire la conoscenza come riflesso riporta alla vecchia concezione della verità corne « adaequatio rei et intellectus », e non alla concezione secondo cui la verità si dimostra nella pratica.
La stessa affermazione conclusiva delle Glosse a Feuerbach: « I filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi; si tratta però di mutarlo » perde gran parte del suo significato poiché la conoscenza che [...]

[...] e ci riporta cosí al vecchio dualismo metafisico tra essere e pensiero, pratica e teoria, politica e filosofia. Ancora una volta si ritorna alla vecchia contrapposizione del politico al filosofo.
1 M. S., p. 5.
2 K. MARX, Glosse a Feuerbach, glossa n. 1.
3 Ibidem, glossa n. 2.
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A parer nostro la ragione di questo indebolimento di alcuni principi fondamentali della filosofia marxista va trovata nel fatto che, prevalendo in Lenin la concezione della conoscenza come riflesso, della idea come .copia, si attenua il principio secondo cui l'obiettività del conoscere è dimostrata dalla pratica.
Il contributo decisivo che Lenin ha dato al pensiero marxista con la sua concezione dell'egemonia e di cui Gramsci sottolinea il significato e la portata filosofica, pare interrompersi quando, dall'elaborazione del concetto di egemonia sul terreno della teoria politica, si passa alla sua formulazione piú strettamente filosofica, la quale esige che si affronti ii problema dei rapporti tra l'essere e il pensiero superando ogni residuo di concezioni dualistiche.
Gramsci si muove, proprio perché leninista, proprio perché gli preme sviluppare il concetto di egemonia in tutti i suoi aspetti — da quello della strategia e della tat[...]

[...]iero marxista con la sua concezione dell'egemonia e di cui Gramsci sottolinea il significato e la portata filosofica, pare interrompersi quando, dall'elaborazione del concetto di egemonia sul terreno della teoria politica, si passa alla sua formulazione piú strettamente filosofica, la quale esige che si affronti ii problema dei rapporti tra l'essere e il pensiero superando ogni residuo di concezioni dualistiche.
Gramsci si muove, proprio perché leninista, proprio perché gli preme sviluppare il concetto di egemonia in tutti i suoi aspetti — da quello della strategia e della tattica politica a quello della filosofia — nel senso di superare ogni residuo di dualismo, ogni residuo quindi di determinismo meccanico, di metafisica.
La domanda alla quale occorre necessariamente rispondere è se egli non cada, in questo suo sforzo, in posizioni idealistiche.
Ci pare di no. Ci pare che egli si muova nella direzione giusta, ove non si considerino proposizioni staccate (da quelli che sono ancora appunti, redatti per il proprio studio e non destinati [...]

[...]re essere una riprova della validità di questa linea medesima. Ci pare invece che ove si insista, conducendo la polemica antiidealistica, prima di tutto sul carattere di riflesso, di copia del conoscere, anziché sul suo carattere creativo, la funzione del partito si appiattisca.
A riprova dell'argomentazione che abbiamo svolto per dimostrare che il pensiero di Gramsci non può essere in alcun modo ridotto all'idealismo, poniamo un altro quesito. Lenin afferma: « unica " proprietà " deIla materia, il cui riconoscimento è alla base del materialismo filosofico, è la proprietà di essere una realtà obiettiva, di esistere fuori della nostra coscienza » 1.
Negare, come fa Gramsci, che l'obiettività dell'essere consista nel suo « esistere fuori della nostra coscienza », significa cadere nell'idealismo?
Si cade nell'idealismo quando si riduce l'essere al pensiero, in modo che ogni storicità, anche se affermata, in realtà si annulla nell'« idea
1 LENIN, Materialismo, cit., p. 243.
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assoluta», nello spirito come atto puro e aut[...]

[...] cui riconoscimento è alla base del materialismo filosofico, è la proprietà di essere una realtà obiettiva, di esistere fuori della nostra coscienza » 1.
Negare, come fa Gramsci, che l'obiettività dell'essere consista nel suo « esistere fuori della nostra coscienza », significa cadere nell'idealismo?
Si cade nell'idealismo quando si riduce l'essere al pensiero, in modo che ogni storicità, anche se affermata, in realtà si annulla nell'« idea
1 LENIN, Materialismo, cit., p. 243.
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assoluta», nello spirito come atto puro e autoctisi — quindi metastorico — a cui inevitabilmente deve giungere l'idealismo portato coerentemente alle sue conseguenze.
Per evitare la conclusione idealistica è indispensabile affermare « una realtà obiettiva, che esiste fuori della nostra coscienza »? In questo caso si eviterebbe il solipsismo per cadere in un'altra contraddizione, che è quella rimproverata al realismo ingenuo, di affermare, evidentemente con il pensiero e quindi includendola nel pensiero, una realtà obiettiva il cui essere sare[...]

[...] al fatto che l'unità tra essere e pensiero non è data meccanicamente, ma si compie storicamente, per rilevare come, man mano che si sviluppa la capacità egemonica della classe, si attua anche la consapevolezza dei rapporti di produzione e di scambio, delle leggi obiettive che li regolano e quindi la capacità di dirigerli basandosi su quelle leggi.
Naturalmente anche il concetto di materia si evolve e approfondisce nella concezione gramsciana.
Lenin può apparire del tutto vicino al vecchio materialismo meccanico quando afferma che il « pensiero è una funzione del cervello » e nulla piú; quando non si pone la questione del salto qualitativo che pur si compie tra i processi fisiologici del cervello e un processo che è difficilmente analizzabile coi soli mezzi di indagine della fisiologia, quale è il pensiero. Ci pare che il salto dialettico che si compie dai processi fisiologici del cervello al pensiero debba essere ricercato nel fatto che il pensiero è un rapporto. Su questo carattere del pensiero, come rapporto, Gramsci insiste nel suo s[...]

[...]nsiero debba essere ricercato nel fatto che il pensiero è un rapporto. Su questo carattere del pensiero, come rapporto, Gramsci insiste nel suo sforzo di superare ogni residuo di materialismo meccanico. « Che la natura umana sia il " complesso dei rapporti sociali " è la risposta piú soddisfacente, perché include l'idea del divenire: l'uomo diviene, si muta continuamente col mutarsi dei rapporti sociali e perciò nega l'" uomo in generale " » 2.
Lenin afferma che « l'unica "proprietà" della materia, il cui riconoscimento è alla base del materialismo filosofico, è la possibilità di essere una realtà obiettiva, di esistere fuori della nostra coscienza ». Abbiamo già detto della critica gnoseologica a cui, a nostro parere, questa proposizione deve essere sottoposta. Il quesito che si pone è perciò il seguente: se la materia non è una realtà obiettiva, esistente fuori dalla
i Se fosse altrimenti si ritornerebbe ancora una volta a quel dualismo di
pensiero che il marxismo vuole appunto superare.
2 M. S., p. 31.
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[...]ll'idealismo viene chiaramente rivendicato il merito — di fronte al materialismo di Feuerbach — di aver sviluppato il lato attivo del conoscere (mentre si critica naturalmente il carattere astratto che il conoscere mantiene nell'idealismo). Qui Feuerbach viene criticato perché non concepisce la attività umana medesima come « oggettiva ».
Nel fatto che Gramsci si mantenga al livello di questo filone del pensiero marxista va ricercata la sostanza leninista della sua concezione, il suo conseguente leninismo. Esso risiede nella capacità di comprendere — aI di là e grazie anche alla sua polemica con una serie di proposizioni filosofiche di Lenin — come il concetto leninista di egemonia consenta di superare radicalmente ogni determinismo economico, in filosofia, come ogni massimalismo, che in politica impacci la funzione egemone della classe operaia. È grazie anche a tutto ciò che Gramsci è riuscito a trarre tanto frutto dalla concezione leninista dell'egemonia.


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Lenin, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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