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Il segmento testuale Giappone è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 369Analitici , di cui in selezione 12 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Tibor Mende, Il triangolo della decisione [traduzione di Renato Pedio] in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 11 - 1 - numero 41

Brano: IL TRIANGOLO DELLA DECISIONE
La stampa di tutto il mondo ha analizzato ampiamente il significato degli avvenimenti cinesi. Minore attenzione ha destato l'impulso che l'evoluzione cinese ha impresso agli altri paesi asiatici: e in particolare a due tra le più importanti nazioni confinanti, l'India e il Giappone. Eppure la Cina, con questi due importantissimi vicini, costituisce una specie di triangolo entro il quale vive una percentuale decisiva della popolazione mondiale, ed entro il quale potrà decidersi, con tutta probabilità, il destino politico del mondo.
Nel complesso la popolazione attuale del Giappone, dell'India e della Cina ammonta a circa 1.150 milioni; vale a dire ad oltre il 40 per cento di tutto il pianeta. Sappiamo che questa percentuale aumenterà. Nel 1975, per esempio, con 1.600 milioni, rappresenterà circa il 45 per cento. E se diamo ascolto alle previsioni demografiche, nell'A.D. 2000 — cioè tra non più di quarant'anni — in questi paesi vivranno oltre tre miliardi di uomini, ossia più della metà dei sei miliardi di cui si prevede composta, per quell'epoca, l'umanità.
E queste cifre formidabili non dicono tutto. In primo luogo gli esperimenti sociali che si svolgono in questi tr[...]

[...]ografiche, nell'A.D. 2000 — cioè tra non più di quarant'anni — in questi paesi vivranno oltre tre miliardi di uomini, ossia più della metà dei sei miliardi di cui si prevede composta, per quell'epoca, l'umanità.
E queste cifre formidabili non dicono tutto. In primo luogo gli esperimenti sociali che si svolgono in questi tre paesi è probabile influenzino l'evoluzione di_altre importanti masse asiatiche, africane e dell'America Latina. Inoltre il Giappone, l'India e la Cina presi insieme influenzano tutto il resto dell'Asia sudorientale, la quale contiene altri 200 milioni di uomini. In realtà l'Asia sudorientale, il Giappone, la Cina e l'India presi insieme potranno contare, entro un quarantennio circa, quasi due terzi della popolazione totale del globo.
Si pub dunque ritenere interessante esaminare quale possa essere il probabile sviluppo del Giappone e dell'India nei prossimi dieci o quindici anni; come questi paesi possano influenzare l'evo
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luzione dei paesi asiatici minori, e come il triangolo CinaIndiaGiappone possa influire sulle relazioni di questa massa enorme di popolazione col mondo occidentale.
Partiamo, dunque, dal Giappone.
Il Giappone: all'ombra della Cina.
Durante il mio recente soggiorno in Giappone un amico mi condusse in un piccolo bar, il Donzoko. Tokio ha quattro quartieri di divertimento, in ognuno dei quali centinaia di insegne luminose al neon segnano gli ingressi a simili locali. Il Donzoko se ne differenziava per il nome. Significa « Bassifondi », e le parole russe scarabocchiate sui muri non lasciavano dubbio sul fatto che il nome fosse stato mutuato da Massimo Gorki.
Come migliaia dì simili bar e caffé minimi delle città giapponesi, anche il Donzoko aveva un sotterraneo, ed era male illuminato. I clienti sedevano in solitaria meditazione o preferivano accalcarsi negli angoli più bui. Dopo un certo numero di bicchieri tendevano a prorompere in canti corali: in genere canzoni francesi o russe. C'erano riviste di sinistra sui tavoli, e la conversazione che si poteva cogliere si aggirava su argomenti di filosofia, di letteratura o di politica. La differenza del Donzoko da consimili' posti a Montmartre o al Greenwich Village consisteva unicamente nel fatto che gli ospiti sembravano prendere le proprie parti troppo sul seri[...]

[...] fatto che gli ospiti sembravano prendere le proprie parti troppo sul serio. Tutto — il fumare a catena, il meditare a occhi chiusi, le discussioni appassionate — si svolgeva come se ognuno desiderasse contribuire in proprio alla grande, ossessiva ricerca di qualche cosa in cui credere.
« Molti tra quelli con cui lei ha parlato sono attivisti delle Zenkarungen, l'ala di estrema sinistra della federazione universitaria » — mi spiegò il mio amico giapponese dopo una serata di discussioni. « Vengono qui e cantano canzoni russe, citano Marx e pretendono di essere contro tutto ciò che ha legami col passato, ma in conversazioni più intime ridiventano spesso nazionalisti alla vecchia maniera. Vanno fieri delle gesta militari giapponesi durante la guerra e alla televisione i drammi di samurai sono i loro

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favoriti. In loro l'eccitazione, in realtà, serve a compensare il vuoto ideologico. Ne ho conosciuti molti — continuò — che, appena trovato un lavoro consistente, tornavano immediatamente nazionalisti e conservatori. Rimosso il terrore del futuro, ricadono subito nella mentalità tradizionale ».
Pensai: queste osservazioni riassumono con notevole esattezza i problemi non soltanto dei giovani ma della maggioranza dei giapponesi d'oggi.
È vero che Tokio ha semafori a comando elettronico, [...]

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favoriti. In loro l'eccitazione, in realtà, serve a compensare il vuoto ideologico. Ne ho conosciuti molti — continuò — che, appena trovato un lavoro consistente, tornavano immediatamente nazionalisti e conservatori. Rimosso il terrore del futuro, ricadono subito nella mentalità tradizionale ».
Pensai: queste osservazioni riassumono con notevole esattezza i problemi non soltanto dei giovani ma della maggioranza dei giapponesi d'oggi.
È vero che Tokio ha semafori a comando elettronico, ma molti di più sono i metropolitani che dirigono il traffico con una lanterna di carta in mano. Possiamo restare sbalorditi dalla spettacolare pubblicità luminosa, ma tornando a casa si passa per strade senza marciapiedi e senza un barlume di luce elettrica. Le riviste di spogliarello sono gremite, ma ho dovuto fare ore di coda per un biglietto del teatro classico. Sullo schermo televisivo del ristorante vedevo programmi di tipo americano, ma molto maggiore é la richiesta di canzoni antiche sui soliti fiori di ciliegio ,e sul cic[...]

[...]ipo americano, ma molto maggiore é la richiesta di canzoni antiche sui soliti fiori di ciliegio ,e sul ciclo inesauribile dei samurai. Chi ha i mezzi per scegliere tra un appartamento moderno e una casa tradizionale infallibilmente sceglie quest'ultima, di legno, col piccolissimo giardino intorno ornato di schegge di roccia. I contributi volontari per la riparazione delle antiche cappelle scintoiste superano ogni previsione. Cioè, per milioni di giapponesi le ore passate in ufficio o in fabbrica costituiscono ancora un contatto spiacevole col ventesimo secolo. Li si può vedere dopo le sei di sera — come fossero guidati da una qualche atavica urgenza collettiva — indossare il chimono e i sandali di legno e passeggiare lungo i bagni municipali, proprio come facevano, con gli stessi abiti, le generazioni prima di loro. E se anche alcuni quotidiani hanno avuto la temerità di definire il Palazzo imperiale un ostacolo alla circolazione, chiedendone la rimozione dal centro di Tokio, ho visto migliaia di persone attendere per ore, nell'aspro gelo del[...]

[...] attendere per ore, nell'aspro gelo della notte di Capodanno, di vedere affacciarsi un istante l'Imperatore al balcone di quello stesso Palazzo.
Evidentemente il pendolo, nel dopoguerra, ha compiuto una oscillazione troppo spinta. Qualcosa di nuovo è stato assaporato,
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con le sue libertà e i suoi pericoli, e inevitabilmente lascerà traccia; ma l'ombra del passato é sempre preponderante. Le dure realtà di base della vita giapponese non sono mutate. E si moltiplicano anzi i segni che già il pendolo stia oscillando sulla via del ritorno.
La gente che affolla ogni natte il Donzoko non é che un campione di un popolo in cui la continuità del modo di pensare é stata rotta repentinamente. Assomigliano un poco ai passeggeri di una nave che improvvisamente abbiano perduto ogni fede nella propria bussola. Per metà lieti della subitanea libertà dall'antica rotta obbligata, e per metà terrorizzati dai pericoli della deriva, cercano la giusta direzione.
Perfino nelle piccole città mi sono stupito del gran numero di giovani donne[...]

[...]gata, e per metà terrorizzati dai pericoli della deriva, cercano la giusta direzione.
Perfino nelle piccole città mi sono stupito del gran numero di giovani donne che si conformano ai dettami più bizzarri dell'ultima moda parigina. Un giovane pittore americano specializzato in inintelligibili macchie di colore, che viaggiava nello stesso mio aereoplano, fu ricevuto all'aeroporto di Tokio da una folla delirante che agitava bandierine americane e giapponesi. Alloggiando insieme ad una modesta famiglia giapponese in una cittadina meridionale, con somma meraviglia trovai che, mentre si nutrivano miseramente a base di riso, facevano qualunque sacrificio al culto degli elettrodomestici. Il bagno era la solita cassa di legno; ma in cucina avevano un frigorifero e una macchina per frullare, il padre (bibliotecario) usava il rasoio elettrico, e di sera tutta la famiglia si raccoglieva davanti al televisore. Nelle librerie stavo sempre in mezzo a una folla che sfogliava avidamente le ultime traduzioni della narrativa occidentale d'avanguardia, e le riviste letterarie di massa analizzano nei minimi dettagli[...]

[...]ettrico, e di sera tutta la famiglia si raccoglieva davanti al televisore. Nelle librerie stavo sempre in mezzo a una folla che sfogliava avidamente le ultime traduzioni della narrativa occidentale d'avanguardia, e le riviste letterarie di massa analizzano nei minimi dettagli le tendenze letterarie occidentali più insignificanti.
Tutte queste non sono che manifestazioni superficiali del vuoto spirituale determinato dal collasso delle concezioni giapponesi prebelliche. E un vuoto grave, e una cosa lo sottolinea: l'universale terrore del futuro.
Come vede immediatamente qualsiasi visitatore del Giappone, la popolazione ha un senso estetico sviluppato su un piano straordinariamente generale. Ne deriva la possibilità di mascherare le brutture della povertà, rendendole così meno umilianti e, entro
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questo limite, piú tollerabili. Pure, malgrado sia meno offensiva, la povertà é reale in Giappone. 93 milioni di persone si accalcano in quattro isole la cui superficie totale supera appena la metà della Francia. Il paese é povero di materie prime e solo un quinto del suolo é coltivabile. Già il venti per cento del fabbisogno alimentare dev'essere importato, e l'incremento demografico é di oltre un milione di unità all'anno.
Malgrado ciò il Giappone gode di una prosperità senza precedenti. Molti vivono assai meglio di prima della guerra. Gli aiuti americani, la modernizzazione degli impianti e l'abolizione dei grandi investimenti nell'industria di guerra ne sono la causa. Ma anche se il Giappone esporta più di quanta abbia mai esportato, il suo commercio incide sul commercio mondiale in proporzione minore di quella prebellica. Perciò l'orario di lavoro é lungo e i salari bassi; il lavoro é scarso e gli aspiranti a qualsiasi posto sono migliaia. È del tutto comune che i laureati svolgano attività manuali; moltissimi studenti devono lavorare duramente per mantenersi agli studi. Perdere il lavoro può significare anni di miseria: è la causa principale dell'alta percentuale di suicidi.
Le statistiche parlano di un reddito medio individuale pari a circa un terzo di quello dell'Europa occi[...]

[...]asi posto sono migliaia. È del tutto comune che i laureati svolgano attività manuali; moltissimi studenti devono lavorare duramente per mantenersi agli studi. Perdere il lavoro può significare anni di miseria: è la causa principale dell'alta percentuale di suicidi.
Le statistiche parlano di un reddito medio individuale pari a circa un terzo di quello dell'Europa occidentale, e un recente Libro Bianco ha rivelato che almeno una su dieci famiglie giapponesi deve vivere con un'entrata mensile di 8.000 yen, ossia molto al disotto del livello minimo di sussistenza.
Ma la miseria e l'incremento demografico non bastano a spiegare questa generale paura del futuro; essa ha cause più profonde.
Una tra esse è l'artificiosità del commercio asiatico d'esportazione nel dopoguerra. Prima della guerra, quando era alla testa di un impero, il Giappone importava dall'Asia per il cinquanta per cento ed oltre, e vi esportava per oltre due terzi del proprio totale. Era uno schema commerciale naturale, che ha subito mutamenti drastici in seguito alla perdita dell'impero e alle restrizioni commerciali con la Cina imposte dagli Americani. Il commercio estero giapponese si concentra oggi sugli Stati Uniti, sull'Asia sudoccidentale, e su altre aree lontanissime, sparse per tutto il globo. Oggi le materie prime che giungevano dal vicino continente de
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vono essere trasportate attraverso gli oceani: di conseguenza il costo aumenta, e spesso per pagarle é necessaria moneta forte.
Il Giappone é costretto ad affidarsi a una rete commerciale sempre piú vulnerabile, mentre aumentano tanto la popolazione che l'istanza sociale a un migliore tenore di vita. Complicazioni politiche in Estremo Oriente, un regime di concorrenza piú aspro nell'Asia sudorientale, o un fenomeno di recessione economica prolungata negli Stati Uniti — e tutto il precario edificio può crollare. Il che significherebbe piú disoccupati, ancor minore probabilità di trovare lavoro, ancor più basso tenore di vita e, con ogni probabilità, la fine delle ancor fragili istituzioni politiche del dopoguerra. E comprensibile [...]

[...] negli Stati Uniti — e tutto il precario edificio può crollare. Il che significherebbe piú disoccupati, ancor minore probabilità di trovare lavoro, ancor più basso tenore di vita e, con ogni probabilità, la fine delle ancor fragili istituzioni politiche del dopoguerra. E comprensibile che qualunque teoria che prometta di riempire il vuoto ideologico e simultaneamente garantisca la sicurezza economica abbia ottime probabilità di sedurre il popolo giapponese.
Come é facile capire i comunisti sostengono di offrire esattamente questa medicina. Hanno un'ideologia disponibile e trasmis sibile. La sicurezza economica sta nel commercio con la Cina. Eppure il comunismo non ha in Giappone reale forza politica. È vero che i comunisti hanno un ruolo notevole nei sindacati, ma l'elettorato praticamente li" ignora. Solo un settore limitato della gioventù li segue con entusiasmo. Ora la spiegazione di questo insuccesso sorprendente sta senza dubbio nel « complesso cinese » del popolo giapponese.
Sui planisferi degli uffici e delle aule nipponiche il Giappone compare al centro del mondo. A destra, oltre l'immenso oceano, gli Stati Uniti : un grosso problema. Ma subito sulla sinistra, con la sua sterminata macchia rossa che seppellisce le minuscole isole del Giappone, si estende la Cina: quasi un'ossesione. In realtà i giapponesi contemporanei concepiscono la Cina in modo abbastanza simile a un iceberg. Solo una piccola parte di essa é alla superficie, accettata e discussa; ma la sua massa naviga minacciosa sotto qualsiasi problema di rilievo e potrebbe far naufragare qualunque piano che tenti di ignorarne la presenza.
È sia con incredulità che con ammirazione che i giapponesi assistono alla trasformazione cinese. Molti sono abbacinati dalla
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scoperta che la Cina coloniale che avevano conosciuto può presto superarli sul piano produttivo; la recente spinta del commercio cinese verso l'Asia sudorientale ha costituito uno shock. E alquanto sorprendente che in tale occasione i giornali giapponesi gridassero al <c dumping ». Nel frattempo nascono come funghi società per il progresso del commercio cinogiapponese le quali promettono prosperità e sicurezza non appena il carbone e i minerali metallici cinesi possano essere scambiati con le macchine giapponesi. E coloro che sostengono che la rapida industrializzazione cinese non consentirà eccedenze di materie prime per l'esportazione, vengono ridotti al silenzio dall'argomento che i geologi cinesi hanno scoperto grossi giacimenti nuovi. Sia come sia, a Pechino vanno in pellegrinaggio, oltre ai simpatizzanti politici, rispettabili industriali, e tutti ne ritornano con promesse vaghe ma spettacolose.
Cresce il fascino della Cina, qualunque siano le possibilità reali. Il terrore del futuro e la propaganda di Pechino valgono a incoraggiarlo. E impressione generale che in Asia stiano succedendo cose[...]

[...]ento che i geologi cinesi hanno scoperto grossi giacimenti nuovi. Sia come sia, a Pechino vanno in pellegrinaggio, oltre ai simpatizzanti politici, rispettabili industriali, e tutti ne ritornano con promesse vaghe ma spettacolose.
Cresce il fascino della Cina, qualunque siano le possibilità reali. Il terrore del futuro e la propaganda di Pechino valgono a incoraggiarlo. E impressione generale che in Asia stiano succedendo cose decisive e che al Giappone, potenza asiatica, sia interdetto parteciparvi. E ansiosamente avvertita la possibilità che il Giappone si trovi tagliato fuori dalle idee e dai risultati di questa grande trasformazione. E soprattutto si profila il pericolo che un giorno o l'altro la Cina possa soppiantare il Giappone sugli essenziali mercati asiatici.
Quest'ansia é aggravata da due ulteriori fattori.
In ottant'anni, e mentre la sua popolazione triplicava, il Giappone si é trasformato da società per 1'80% agricola in una società nella quale solo il 40% é legato all'agricoltura; che è il sogno di molti paesi asiatici. È più che naturale che l'orgoglio nazionale giapponese sia stato lusingato dalla convinzione che il suo sistema di modernizzazione costituiva un esempio per tutto il resto dell'Asia. Ma questa stessa posizione é rivendicata oggi da un altro sistema, che sembra offrire risultati ancor più rapidi e che appare perfino più adatto alle condizioni che prevalgono in Asia e fuori.
Inoltre, a questa sfida ideologica se ne accompagna un'altra di portata ancora maggiore.
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Si sa che la Cina, come la Russia prebellica, sta costruendosi una struttura formidabile di quadri scientifici e che sta già sfor nando su scala impressionante tecni[...]

[...]da un altro sistema, che sembra offrire risultati ancor più rapidi e che appare perfino più adatto alle condizioni che prevalgono in Asia e fuori.
Inoltre, a questa sfida ideologica se ne accompagna un'altra di portata ancora maggiore.
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Si sa che la Cina, come la Russia prebellica, sta costruendosi una struttura formidabile di quadri scientifici e che sta già sfor nando su scala impressionante tecnici e scienziati. Quanto al Giappone, esso ha raggiunto la supremazia industriale in Asia attraverso uno sviluppo industriale che si potrebbe definire « imitativo ». Per mantenere la posizione di testa dovrebbe muoversi verso una industria « inventiva »: in altre parole oggi dovrebbe sempre più esportare, anziché quantità industriale, qualità tecnologica. Ma a questo fine erano necessari investimenti su amplissima scala nel campo dell'educazione e della ricerca. Per contro c'è ancora penuria di tecnici altamente qualificati, e l'industria giapponese é legata sempre più a tecniche importate. Lo stesso Presidente del Consiglio Gia[...]

[...]verso uno sviluppo industriale che si potrebbe definire « imitativo ». Per mantenere la posizione di testa dovrebbe muoversi verso una industria « inventiva »: in altre parole oggi dovrebbe sempre più esportare, anziché quantità industriale, qualità tecnologica. Ma a questo fine erano necessari investimenti su amplissima scala nel campo dell'educazione e della ricerca. Per contro c'è ancora penuria di tecnici altamente qualificati, e l'industria giapponese é legata sempre più a tecniche importate. Lo stesso Presidente del Consiglio Giapponese delle Scienze mi ha detto sconfortatamente che gli stanziamenti del governo per la ricerca scientifica costituiscono soltanto un terzo di ciò che si spendeva prima della guerra.
Non é un dilemma invidiabile, senza dubbio, quello del Giappone. Un alto funzionario me lo ha riassunto così: « È vero che una stretta cooperazione economica con la Cina potrebbe offrirci la sicurezza economica per molti anni a venire: ma al posto dell'interferenza americana rischieremmo il dictat cinese; e non vogliamo diventare una seconda Cecoslovacchia ».
Tuttavia la necessità economica e la pubblica opinione spingono i giapponesi a liberarsi dal « complesso cinese ». Finché perdura la prosperità presente si può rimandare la decisione. Ma dopo?
« Non potremo negoziare veramente con la Cina finché saremo tanto malsicuri di noi stessi » : così un amico giapponese impostava la questione. Quando gli domandai come, in fin dei conti, l'avrebbero risolta, ebbi una risposta rivelatrice: « La logica storica impone il ritorno a un governo forte e i mutamenti del dopoguerra non hanno messo radici tali da poter fermare questo processo. Solo questo tipo, un regime di che ristabilisca la fiducia in noi stessi, potrebbe discutere con i cinesi ». E alla mia domanda se, a lungo andare, il Giappone avrebbe potuto resistere all'attrazione gravitazionale del suo gigantesco vicino, rispose senza esitare: « Come in passato, possiamo assorbire e adattare alle nostre esigenze molto di
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quanto fa la Cina. Ma non sarà mai comunismo. Sarà qualche cosa di forte, e di giapponese ».
Questa potrebbe essere una soluzione.
Altri ritengono che, una volta fatto il primo passo, il Giappone non saprebbe fermarsi sulla china, o che la Cina non accetterebbe l'accordo se non in base alla contropartita di un Giappone comunista. Secondo loro l'incremento demografico e la pressione economica potrebbero piuttosto spingere il Giappone, una volta ancora, all'avventura dell'espansione territoriale. La debolezza cronica dell'Asia sudorientale, a loro modo di vedere, é una grossa tentazione. E sebbene a mio parere l'avventura della guerra sia ,l'ultima cosa che i giapponesi desiderano dopo le recenti esperienze, sarà prudente non scartare del tutto questa possibilità.
Per fortuna per), sembra che esista pure una terza alternativa.
Essa si fonda sull'ammissione, da parte dei paesi non comunisti, del proprio comune interesse nella reciproca sopravvivenza in quanto stati non comunisti. Si fonda sul ragionamento che, per mantenere il controllo dei problemi economici e delle tensioni sociali in Giappone, si dovrebbe garantire qualunque concessione onde assicurare la continuità dell'attuale, per quanto modesta, prosperità. Ciò implicherebbe un commercio libero con la Cina; e inoltre esigerebbe che l'Occidente moltiplicasse i propri sforzi per assicurare al Giappone una parte ragionevole sui mercati mondiali. Da un lato ciò dissolverebbe la carica emotiva del « complesso cinese » del Giappone, e gli consentirebbe di mostrare dove può arrivare senza mettere a repentaglio la propria libertà d'azione. D'altro lato lo sviluppo del commercio col mondo non comunista indebolirebbe l'assorbimento economico da parte del blocco comunista. « Sarebbe troppo attendersi che i due blocchi mondiali collaborino per assicurare la nostra prosperità. Eppure ambedue potrebbero guadagnarci », per citare uno dei principali sostenitori giapponesi di questa politica. « E possibilissimo che l'insistenza della Cina sulla nostra neutralità sia dettata meno da tenebrosi motivi politici che da un genuino timore che noi si sia di nuovo indotti ad assalirla ». E continuava: «Con un Giappone neutrale gli americani perderebbero forse un alleato recalcitrante, ma guada
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gnerebbero un amico fidato. Quanto ai cinesi, ne guadagnerebbero, oltre alla sicurezza, vantaggi economici notevoli. Quanto a noi, ciò potrebbe aiutarci a difendere le libertà che abbiamo appena conquistato e a restaurare il nostro orgoglio nazionale, non come conquistatori, ma come il paese neutrale asiatico più influente ».
Non sarebbe, questa, una soluzione facile: non vi è dubbio. Essa sarebbe condizionata a un delicatissimo equilibrio di forze da ognuna delle parti; e, principalmente, i giappon[...]

[...] guadagnerebbero, oltre alla sicurezza, vantaggi economici notevoli. Quanto a noi, ciò potrebbe aiutarci a difendere le libertà che abbiamo appena conquistato e a restaurare il nostro orgoglio nazionale, non come conquistatori, ma come il paese neutrale asiatico più influente ».
Non sarebbe, questa, una soluzione facile: non vi è dubbio. Essa sarebbe condizionata a un delicatissimo equilibrio di forze da ognuna delle parti; e, principalmente, i giapponesi stessi dovrebbero vegliare affinché non venisse rovesciata. Pure a lungo andare questa soluzione può dimostrarsi la migliore che l'Occidente possa sperare. E non il minore dei suoi vantaggi sarebbe il fatto che essa corrisponderebbe al desiderio della grande maggioranza del popolo giapponese.
Tanto per il Giappone. L'altro paese decisivo ai confini della Cina é l'India. Sebbene meno sviluppato del Giappone sul ,piano industriale, esso ha una popolazione che é la seconda del mondo, dietro la Cina. Mentre il Giappone é stato la prima nazione extraeuropea ad attuare la rivoluzione industriale, l'India é soltanto agli inizi. Inoltre l'India — in una sintesi originale della propria tradizione culturale e dei metodi di governo e politici dell'Occidente — svolge il suo piano di sviluppo entro una struttura di democrazia politica. Quali possibilità offre questo esperimento?
L'India: la tentazione della scorciatoia
La diga di Bhakra é uno dei documenti principali dello sforzo indiano di sollevarsi al livello del ventesimo secolo. Per raggiungerla ho dovuto anzitutto arrivare a Chandigarh, la nuova capitale del[...]

[...]e regionali.
Ovviamente tutto ciò é pura supposizione. Con certezza si può solfanto affermare che un certo numero di fattori misurabili — primo fra tutti l'incremento demografico — porrà fra breve l'India di fronte a decisioni gravi; e che le omissioni di questi ultimi dieci anni rendono improbabile che la democrazia parlamentare, nella sua forma attuale, possa sopravvivervi.
Un atteggiamento nuovo verso il cinquanta per cento dell'umanità
Il Giappone e l'India, unitamente alle nazioni minori poste fra l'uno e l'altra, sono influenzati, ciascuno a suo modo, da ciò che accade in Cina. Le forze che li trasformano dall'interno diventeranno sempre più forti; esse determineranno la necessità di mutamenti sempre più rapidi. Nel complesso questi mutamenti daranno un volto nuovo all'Asia orientale, entro i prossimi dieci o quindici anni. E le relazioni dell'Occidente con l'Asia orientale,. ossia con la metà del genere umano, saranno di importanza deci siva per l'evoluzione del nostro stesso mondo occidentale.
Quali considerazioni generali sono po[...]

[...]paesi comunisti. Annunci pubblicitari nei giornali indiani offrono voli a Parigi e Londra via Tachkent, osservando che oggi é quella la via più breve. E, parlando dei problemi economici delle aree depresse, il più influente economista indiano mi ha assicurato che il mondo comunista era più genuinamente interessato dell'Occidente ad aiutarli, se non altro per indebolire l'influenza occidentale in quelle regioni.
È difficile aprire un giornale in Giappone senza trovare articoli dettagliati sulle ultime realizzazioni cinesi. Ogni giorno par
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tono delegazioni per Mosca e Pechino. Ho incontrato infermiere che avevano visitato gli ospedali cinesi e studenti che erano stati invitati dai loro colleghi cinesi. Il presidente di una delle società per lo sviluppo del commercio cinogiapponese mi invitò a pranzo e parlò delle impressioni entusiastiche riportate in frequenti viaggi a Pechino. Dopo di che le sue segretarie mi fornirono la documentazione concernente le possibilità di scambi commerciali tra i due paesi.
Viaggiando sulla transiberiana da Pechino alla Manciuria, ho visto in ogni stazione delegazioni di operai cinesi salutare tecnici russi che avevano terminato il servizio in Cina. Di solito c'erano mazzi di fiori e lacrime e strette di mano, e le scene sembravano piuttosto autentiche. Nella biblioteca dell'Università di Pechino ho visto studenti che leggevano testi un[...]

[...]oni. Le cose accadono più rapidamente di quanto mai sia avvenuto. E nella scia di questi cambiamenti é probabile emergano nuove configurazioni di potere politico.
Per tre secoli, grazie alla propria industriosità al proprio spirito inventivo, un pugno di nazioni occidentali ha dominato il mondo. Dal 1918 questa superiorità é sfidata ogni giorno di piú. Le tecniche che hanno assicurato all'Occidente quella supremazia si sono anzitutto diffuse in Giappone, poi in Russia, e oggi stanno
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trasformando la Cina. Concentrato una volta sulle due sponde dell'Atlantico, il potere mondiale si é esteso oggi in tutta la fascia temperata settentrionale del globo. Ed é questo triangolo, tra le masse dell'Asia orientale, che lo sviluppo in atto può turbare definitivamente l'equilibrio a danno dell'Occidente. Ed é qui, inoltre, che può venir perfezionato il modello di sviluppo che il resto degli asiatici, se non anche gli africani, può giungere a considerare il più conveniente per conseguire la propria emancipazione. Ma gli Oc[...]

[...]di essere isolati dalla nuova tendenza che va sviluppandosi in quel triangolo della decisione? Non vengono tagliati fuori ogni giorno di più dal flusso principale del mutamento del mondo e dell'interesse popolare ?
Le nostre possibilità di azione sono già limitate. In Cina siamo puri osservatori. Possiamo solo sperare che il compito gigantesco dell'autoemancipazione terrà tanto occupata la Cina, da impedirle avventure fuori dei suoi confini. In Giappone l'Occidente può soltanto sperare di contribuire a mantenere il progresso e la prosperità in modo da impedire che il paese rigeneri il suo spirito di conquista. Quanto all'India, l'Occidente potrà trovarsi fra breve di fronte ad alternative penose. Potrebbe assistere passivamente allo scoppiare del caos. O, quale che sia l'influenza che ha potuto conservare, può impiegarla a far si che il regime autoritario prevedibile dopo Nehru affronti i problemi di base, per garantire una continuità.
Il Giappone é già un paese industrializzato. Ciò che gli occorre é commercio internazionale, così da mante[...]

[...]e a mantenere il progresso e la prosperità in modo da impedire che il paese rigeneri il suo spirito di conquista. Quanto all'India, l'Occidente potrà trovarsi fra breve di fronte ad alternative penose. Potrebbe assistere passivamente allo scoppiare del caos. O, quale che sia l'influenza che ha potuto conservare, può impiegarla a far si che il regime autoritario prevedibile dopo Nehru affronti i problemi di base, per garantire una continuità.
Il Giappone é già un paese industrializzato. Ciò che gli occorre é commercio internazionale, così da mantenere la modesta prosperità attuale. Ma in India il problema é ancora trovare un metodo di sviluppo conveniente, e poi, nei limiti delle nostre possibilità, sostenerlo. Quest'azione da parte dell'Occidente potrebbe ancora avere un valore decisivo. E attraverso l'esempio indiano, potrebbe influenzare la politica delle altre nazioni dell'Asia sudorientale. Perciò l'India é veramente l'ultima carta importante che sia rimasta all'Occidente in Asia.
Con quache esitazione circa i mezzi, la necessità di aiu[...]



da Tibor Mende, Riflessioni in margine agli avvenimenti indonesiani in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]lunga coda delle isole minori continuerebbe al di là di Ankara.
Quando, nel 1947, questo arcipelago dichiarò la sua indipendenza — come quando, nel 1950, tale indipendenza fu riconosciuta — il complesso di isole vulcaniche che lo formano erano unite politicamente da poco più che una naturale reazione contro la dipendenza dall'uomo bianco e da una certa vaga, ma inconfondibile consapevolezza di un destino comune.
Dopo il crollo dell'occupazione Giapponese, gli Olandesi tornarono a stabilire la loro autorità. Gli Indonesiani resistettero per tre anni e tre mesi, finché alla fine, non senza 1 ef icace aiuto degli Stati Uniti, ottennero la loro indipendenza. Ma la— m .Ear parte della struttür3., cojnomica del paese rimase di„;prnpnieta.straniera. Le—piantagioni di canapa, tabacco, te, olio di cocco e gamma, le miniere di stagno e altri metalli, le coltivazioni di canna da zucchero, i giacimenti petroliferi, come pure le poche industrie esistenti erano di proprietà olandese e, per una parte minore, di proprietà Americana e Inglese. Nel complesso[...]

[...]ra dove le piantagioni e il petrolio avevano attratto e giustificato investimenti su vasta scala. Il colonialismo olandese si basava sulla presunzione di essere eterno. Per questa ragione, praticamente non venne fatto il minimo sforzo per formare una élite locale e nel complesso l'istruzione fu totalmente trascurata.
Poche cifre illustreranno in maniera eloquente la gravità di questo rigido paternalismo.
Nel 1940, due anni prima dell'invasione Giapponese, in una popolazione totale di circa 70 milioni, solo 82223 bambini indonesiani frequentavano le scuole elementari di tipo occidentale. Nelle classi superiori c'erano in tutto 1786 alunni. Nello stesso anno non più di 9000 bambini presero la licenza elementare nelle scuole occidentali. Ancora nel 1940, poco prima della fine della dominazione olandese, dopo quasi tre secoli di permanenza, il numero complessivo di Indonesiani che terminarono gli studi superiori fu di 240.
Dopo queste cifre risulta evidente che gli olandesi in Indonesia non sono certo stati pionieri di una istruzione più eleva[...]

[...]ientali Olandesi, essi lasciarono una popolazione_ di 70 milioni con meno di 850 medici e meno di 4000 individui con istruzione universitaria ad affrontare i problemi di amministrazione di uno dei paesi geograficamente più complicati del mondo.
Prima ancora di immaginare come una popolazione priva di esperienza, con una minoranza così inadeguata di persone istruite, potesse cercare di creare l'ordine dal caos lasciato da tre anni di occupazione Giapponese, seguiti da più di tre anni di distruttiva guerriglia, é meglio rivolgere l'attenzione al secondo maggior problema dell'Indonesia: le forze centrifughe nascenti dalla sua particolare situazione geografica.
Infatti, la storia e la diversa densità della popolazione hanno creato due Indonesie. Una, il centro vero e proprio, é l'isola di Giava. Essa é occupata dal 65% di tutti gli Indonesiani — circa 54 milioni di persone, il cui numero aumenta ogni anno di un altro milione su una superficie che é solo un quindicesimo di quella totale di tutto il paese. In altre parole, Giava da sola deve
[...]

[...]ue altre considerazioni pesarono sulla bilancia. Un aperto intervento Occidentale in Indonesia sarebbe stato probabilmente impopolare a Malaya — paese che, pur non essendo geograficamente vicino a Sumatra, ha con essa legami culturali, etnici e linguistici — e avrebbe potuto scuotere l'intenzione di collaborare coll'Impero britannico manifestata dallo Stato di Malaya di recente indipendenza. In secondo luogo, e questa fu la sorpresa maggiore, il Giappone prese energicamente posizione. Secondo ben informati servizi giornalistici, un messaggio giapponese avrebbe dichiarato che se gli Stati Uniti avessero mandato aiuti al governo ribelle di Sumatra, essi non avrebbero mancato di mandare armi al governo di Giacarta.
RIFLESSIONI IN MARGINE AGLI AVVENIMENTI INDONESIANI 73
Ci si ricorderà che il Giappone aveva già rifornito Giacarta di un. certo numero di navi quando, in seguito alle manifestazioni antiolandesi dello scorso anno, le navi olandesi che prestavano servizio tra le isole erano state ritirate. Privato delle sue antiche colonie, il Giappone vede nell'Indonesia la regione nella quale può trovare le materie prime (ed eventualmente anche i mercati) che prima gli erano fornite dalle sue stesse colonie (Formosa, la Corea e la Manciuria). Da un po' di tempo in qua, il Giappone segue una politica di pacifica penetrazione in Indonesia e, per cancellare nel paese il ricordo della sua occupazione, cerca di mettersi dalla parte dei p polari sentimenti antioccidentali e anticoloniali. Così, se l'Occi dente non vede ancora chiaramente i pericoli di un intervento suscettibile di essere interpretato come una forma modificata di imperialismo, i_ giapponesi, al contrario, li vedono. E sembra che il loro atteggiamento abbia avuto un'influenza decisiva sulle segrete conversazioni di Manila.
Benché sembra che alcuni bimotori abbiano paracadutato armi al Governo ribelle di Sumatra (probabilmente venivano da Formosa), per il momento un aperto intervento é stato evitato. Navi sovietiche davanti a Singapore osservano i movimenti dei loro avversari Occidentali. Nei limiti di un accordo di aiuto firmato in precedenza, alcune navi sovietiche sono state trasferite al governo di Giacarta. Tuttavia, per il momento, entrambe le parti esitano a compiere un [...]



da Enrica Pischel, Considerazioni sulla nuova fase della politica asiatica in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]i adottare, ma incapace di arginare o di menomare l'azione diplomatica economica e propagandistica che la Cina sta invece compiendo ed intensificando.
Da tempo é data per concessa la completa inutilità, anche dal punto di vista della politica americana, dei patti bilaterali degli Stati Uniti in Asia: essi sono l'eredità della politica americana di violenta sovversione anticinese tipica della fase più acuta della guerra fredda. Salvo il caso del Giappone, essi furono concepiti quale sostegno "sT btt rmäñcñte dei regimi oltranzisti anticomunisti incapaci di reggersi da soli (Kuomintang a Formosa, Syngn n Rhee in Corea), ma ritenuti, in quel periodo, il più solido e utile strumento della politica statunitense in Asia e ridotti invece ora ad essere pericolosi ed inutili parassiti dell'economia americana e paralizzante causa di remore *e di discredito a tutta l'azioñe«diplomatica del Dipartimento di Stato.
CONSIDERAZIONI SULLA NUOVA FASE DELLA POLITICA ASIATICA 25
I rigidi patti difensivi con Seul e Taipeh e la presenza di solidi interessi stat[...]

[...]l commercio estero, non soltanto bloccano le possibilità di collaborazione americana allo sviluppo di altri paesi più dinamici ed indipendenti, ma costituiscono anche un forte indizio per sostenere la tesi she_ una società .del tipo di quella americana non ha interesse per la sua propria struttura e non e disposta per il suo atteggiamento politico a dare un reale aiuto di sviluppo ai paesi arretrati senza condizioni poli siche:
Anche l'economia giapponese, che pure ha potuto recuperare lo svantaggio della sconfitta e ha rappresentato per la sua ripresa un fenomeno che trova paralleli soltanto nella Germania occidentale, si trova a dipendere dall'economia americana ed ha relativamente scarsa solidità strutturale. Pur lasciando da parte le considerazioni che si potrebbero fare sul particolare carattere della ripresa industriale nipponica (e cioè sulla crescente spere quazione tra l'aumento della produzione industriale e del suo
1 livello qualitativo e l'aumento, parecchie volte più lento, del te
nore vitae dei salari li), fatto che i Giappon[...]

[...]nella Germania occidentale, si trova a dipendere dall'economia americana ed ha relativamente scarsa solidità strutturale. Pur lasciando da parte le considerazioni che si potrebbero fare sul particolare carattere della ripresa industriale nipponica (e cioè sulla crescente spere quazione tra l'aumento della produzione industriale e del suo
1 livello qualitativo e l'aumento, parecchie volte più lento, del te
nore vitae dei salari li), fatto che i Giappone u
sa di di condizioni geografiche particolari è costrettol a ricorrere a ca al
commercio estero per gran parte delle sue importazioni vitali e per l'assorbimento di una percentuale anche maggiore della sua produzione e che questo movimento commerciale è largamente controllato dagli Stati Uniti, nei quali il Giappone acquista un terzo delle sue importazioni e vende un quarto delle sue esportazioni, oltre a dover ricorrere all'intervento statunitense per. coprire la totalità delle sue esportazioni invisibili, che sole possono tenere in equilibrio la bilancia dei pagamenti.
Questa situazione non ha soltanto gravi ripercussioni politiche, quali l'imposizione di seguire la medesima linea degli Stati Uniti nei confronti della Cina, sia pure in contrasto con i più immediati e sentiti interessi economici nipponici, la difficoltà nello stringere contatti con i paesi neutrali e in via di sviluppo (e quindi potenz[...]

[...]ne non ha soltanto gravi ripercussioni politiche, quali l'imposizione di seguire la medesima linea degli Stati Uniti nei confronti della Cina, sia pure in contrasto con i più immediati e sentiti interessi economici nipponici, la difficoltà nello stringere contatti con i paesi neutrali e in via di sviluppo (e quindi potenzialmente interessati ad estendere le relazioni eco
CONSIDERAZIONI SULLA NUOVA FASE DELLA POLITICA ASIATICA 27
nomiche con il Giappone purché su una base di parità), il rafforzamento dei gruppi militaristi e parafascisti all'interno e l'arresto degli sviluppi democratici apertisi nel paese dopo il 1945: questa dipendenza economica rende inoltre il Giappone più sensibile di qualsiasi altro paese ad ogni ondata di recessione o di crisi negli Stati Uniti, senza renderlo tuttavia ugualmente partecipe dei periodi di prosperità dell'economia americana.
* * *
Se il sistema dei patti bilaterali mette ora in difficoltà la politica asiatica degli Stati Uniti, non maggiore é l'efficienza dei patti plurimi, come il SEATO. Questo si é rivelato, sia ai suoi sostenitori sia ai suoi avversari, assai più vuoto e sterile di quanto avessero potuto ritenere anche coloro che ne avevano sostenuto fin da principio l'inutilità.
Esso si trova svuotato come patto dif[...]



da Rocco Scotellaro, L'uva puttanella (con una nota introduttiva di Carlo Levi) in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...]messo il divisorio tra il nostro letto e la panca col saccone dove avrebbe dormito la vecchia. Tutta la compagnia si spostava nell'altra casa di mio cognato.
— Ma mi vorrai sempre bene? = diceva mia moglie — sono piú vecchia di te, di due anni.
— Io ti vorrò sempre bene.
— Non ci credo assai.
— Ho lasciato la giovine che mi è stata compagna sui treni e ha imparato tutti i vizi della vita.
12.
— Scrivanello, scrivanello! — sentii la voce di Giappone chiamarmi. Lo trovai, questa volta, con le mani in alto al cancello, come lui raramente stava.
Mi disse la guardia che mi vide scattare dalla sedia dell'ufficio: — Non ti compromettere con quello.
Gli risposi : — È un brav'uomo, vuole soltanto farsi un discorso, io ho già finito la tabella della dieta, vado.
— Dimmi Giappone: la tua poesia é forte.
— Hai visto? io ne posso scrivere continuamente.
Sciolse le mani e continuò: — Senti, volevo farti sentire questa: u Per te si lotta, alto paterno Tu giudichi e mandi e noi nell'inferno ». Chi é?
— Come chi é ?
— Questa è una poesia a indovinello. La cosa, che é, fa rima. con l'ultima parola della poesia. Per te si lotta... Alto paterno, chi può essere ? Se avessi studiato come te, io lo saprei. Forza, che cosa é? — Che può essere! — feci desolato.
Giappone sopra un pezzettino di carta grande quanta una ricetta medica, dove a matita era scritta la poesia, tenev[...]

[...]o? io ne posso scrivere continuamente.
Sciolse le mani e continuò: — Senti, volevo farti sentire questa: u Per te si lotta, alto paterno Tu giudichi e mandi e noi nell'inferno ». Chi é?
— Come chi é ?
— Questa è una poesia a indovinello. La cosa, che é, fa rima. con l'ultima parola della poesia. Per te si lotta... Alto paterno, chi può essere ? Se avessi studiato come te, io lo saprei. Forza, che cosa é? — Che può essere! — feci desolato.
Giappone sopra un pezzettino di carta grande quanta una ricetta medica, dove a matita era scritta la poesia, teneva le quattro dita per nascondere la parola dell'indovinello; le sollevò e disse:
38 ROCCO SCOTELLARO
— Governo. Per te si lotta alto paterno tu giudichi e mandi E noi nell'inferno... Governo.
Dopo l'indovinello mi disse: — Non metterti d'accordo con gli sbirri, hai capito ?
— Non ti preoccupare. — E quasi volai da lui felice di volerlo sempre servire.
Arrivò il maresciallo, sbilenco con la sua persona a sinistra, come se avesse avuta una mazzata o la bestemmia di un carcerato che l'[...]



da Andrea Binazzi, Raffaele Pettazzoni in KBD-Periodici: Belfagor 1984 - 3 - 31 - numero 2

Brano: [...] monoteismo e poi, Panno successivo, la traduzione

20 L'onniscienza di Dio, Torino 1955, p. x.

21 Centro Codignola di Firenze. Carte Ernesto Codignola. Lettere di Raffaele Pettazzoni a Ernesto Codignola. Lettera del 26.ii.1930.

22 Ivi. Lettera del 29.iu.1934. Il Salvatorelli aveva recensito nel 1933 YAllwissende (cfr. «Civiltà moderna», v (1933), pp. 196198).RAFFAELE PETTAZZONI

183

tedesca del saggio sulla religione nazionale del Giappone ad Antonio Banfi che ne scrisse due recensioni attraverso le quali propose una lettura meno scontata di quelle alle quali si è fatto riferimento prima, da un lato sottolineando « il carattere ben rilevato dal Pettazzoni, di assoluta novità del monoteismo rispetto al politeismo », il suo fondarsi « non sulla tradizione, ma sulFassoluta, radicale originalità di una viva esperienza prettamente religiosa »23 e dall’altro cogliendo felicemente l’originalità del metodo seguito dal Pettazzoni nel ricostruire un aspetto fondamentale della vita religiosa del popolo giapponese.

Lo scritto del Pettaz[...]

[...]le quali si è fatto riferimento prima, da un lato sottolineando « il carattere ben rilevato dal Pettazzoni, di assoluta novità del monoteismo rispetto al politeismo », il suo fondarsi « non sulla tradizione, ma sulFassoluta, radicale originalità di una viva esperienza prettamente religiosa »23 e dall’altro cogliendo felicemente l’originalità del metodo seguito dal Pettazzoni nel ricostruire un aspetto fondamentale della vita religiosa del popolo giapponese.

Lo scritto del Pettazzoni, ricco di dottrina, limpido nel disegno delle linee fondamentali del processo storico, luminoso ed insieme equilibratissimo e prudente nell’uso del metodo di comparazione è un modello di studio della vita religiosa di un popolo il cui processo è riconosciuto nel suo rapporto allo sviluppo generale della cultura e le cui forme, lungi dall’essere definite secondo astratte e indeterminate categorie della religiosità, sono colte nella loro concreta e complessa interiore contaminazione di motivi24.

Resta comunque la netta sensazione che il Pettazzoni proceda per [...]

[...]gna 1920; La religione nella Grecia antica fino ad Alessandro, Bologna 1921 (n ed., Torino 1953); Dio: formazione e sviluppo del monoteismo nella storia delle religioni, voi. i: L’essere celeste nelle credenze dei popoli primitivi, Roma 1922; I misteri: saggi di una teoria storicoreligiosa, Bologna 1924; Svolgimento e carattere della storia delle religioni, Bari 1924; La confessione dei peccati, Bologna 192936; Religione e politica religiosa nel Giappone moderno, Roma 1934; Saggi di storia delle religioni e di mitologia, Roma 1946; Divinità del paganesimo degli antichi popoli europei. Le scritture sacre, Roma 194546; hliti e leggende, Torino 19481963; Nozioni di mitologia, a cura di E. Cerulli e A. Becattini, Roma 194849; Mitologia e monoteismo, a cura di studenti universitari, Roma 195051; Italia religiosa, Bari 1952; Le religioni misteriche nel mondo antico, a cura dell’assistente, Roma 195253; Essays on thè History of Religions, Leiden 1954; L’onniscienza dì Dio, Torino 1955; L’essere supremo nelle religioni primitive (L’onniscienza di Dio[...]



da Asiaticus, Due tesi sull'evoluzione dei paesi ex-coloniali. [sopratitolo: "democrazia nazionale" e "Nuova democrazia"] [sottotitolo: Diverse vie di sviluppo per i popoli del Terzo mondo - Dalla democrazia al socialismo. Le prime esperienze storiche in Mongolia, Cina e Turchia - Il ruolo dirigente del proletariato] in KBD-Periodici: Rinascita 1963 - 1 - 26 - numero 4

Brano: [...]crazia nazionale: il concetto di « nuova democrazia » (Xin Minzhou zhouyi) quale è stato formulato nel 1940 da Mao Tsetung in un'opera teorica rimasta giustamente celebre.
Fra la « nuova democrazia » definita nel 1940 da Mao e la « democrazia nazionale » definita nel 1960 dagli 81 partiti, esiste tin parallelismo che non si può passare sotto silenzio. Nei due casi, l'accento è messo sull'unità della lotta antiimperialista (della lotta contro il Giappone per la Cina del 1940) e della Iotta democratica (cioè, sempre per la Cina del 1940, della lotta contro il comportamento autoritario e dispotico del Kuo Mintang). Mao fece appello a partire dal 1940 al fronte unito di tutti coloro che accettavano questa duplice esigenza.
Il parallelismo può anche essere spinto più lontano, poiché, nello spirito di Mao, la « nuova democrazia » è una soluzione che non interessa solo la Cina ma che può presentarsi a tutti i paesi coloniali e dipendenti dell'Africa e dell'Asia. Opponendo la « nuova democrazia » alle vecchie democrazie borghesi da una parte e all[...]



da m.m.[M. Marchi], scheda sintetica di «Studi e problemi di critica testuale» in KBD-Periodici: Rinascita 1975 - 8 - 29 - numero 34

Brano: [...]se ancora meglio la posizione di rilievo che gli Studi riservano al « testo », prevedendo la presentazione di testi editi o inediti in vista di ricostruzioni critiche, ;dizioni ed esegesi. Seguono un ampio e attento apparato delle maggiori novità saggistiche (III), numerosissime segnalazioni (IV), ricognizioni su scala internazionale degli interventi sulla letteratura italiana passati attraverso le riviste (per l'estero consulenti perfino per il Giappone e la Turchia) (V), indici di consultazione e bibliografie (VI). Fra i collaboratori di Studi e problemi di critica testuale si ricordino C. Grayson, A. Bullock, G. Ghinassi, L. Caretti, F. Chiappelli, C. F. Goffis, L. Bellucci, L. Scorrano, U. Pirotti, J. Nicolas, A. Marinad e L. Stefani. (m. m.)



da Kabaktceff (delegato dei comunisti bulgari e delegato come membro del Comitato della Terza Internazionale) [traduzione dal francese dell'onorevole Misiano], Discorso Kabaktceff in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...]are l'insurrezione dei paesi coloniali, i Governi imperialisti continuano d'altra parte la guerra nell'Asia Minore ed in altre colonie.
Le potenze dell'Intesa poi, nonostante la crisi e la miseria delle masse popolari, continuano ad accrescere loro eserciti e le loro flotte. Ci troviamo in un periodo di rivalità e di armamenti inauditi degli Stati capitalisti. Gli antagonismi ed i conflitti fra gli Stati Uniti da una parte e l'Inghilterra ed il Giappone dall'altra, quelli che sussistono ancora tra l'Inghilterra e la Francia, in Europa ed in Asia, e cosí via, questi antagonismi e questi conflitti spingono inevitabilmente verso una nuova guerra imperialistica per la conquista dei paesi dell'Oceano Pacifico, dell'Asia centrale ed orientale e per il dominio del mercato internazionale. Se la rivoluzione proletaria universale non impedisce ai Governi imperialisti di realizzare i loro scopi sanguinari, i popoli saranno presto condotti ad un nuovo macella, ad una rovina, ad una catastrofe ancora piú orribile. Per soffocare il focolare della rivoluzi[...]



da Giancarlo Bergami, Partito e prospettiva della rivoluzione comunista in Bordiga in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...] n. 13, 15 novembre 1921, p. 599.
80 [A. BoRDIGA], Fallimento e panico nel mondo borghese, « Rassegna Comunista », Roma, r, n. 16, 30 dicembre 1921, p. 746. La conclusione della guerra imperialistica ha scatenato nuovi contrasti tra le potenze capitalistiche mondiali: « Lo schiacciamento militare della Germania lungi dall'eliminare le cause di conflitto ha suscitato le rivalità tra gli altri colossi e ha fatto rialzare la testa all'America e al Giappone che con minori sacrifici hanno attraversata la guerra » (ibidem).
270 GIANCARLO BERGAMI
portata della minaccia fascista e del tragico errore commesso dalle vecchie caste dirigenti liberali nel secondare la conquista del potere da parte delle bande mamertiniche all'assalto della macchina statale, si fonda e risolve nella deficienza di una salda analisi socioeconomica, carenza comunque ascrivi bile al bilancio passivo della elaborazione bordighiana.
3. Bordiga e la tradizione bolscevicointernazionalistica. — Alla luce del contrasto, che via via si acutizza con il Komintern, sulla questione d[...]



da Alan Lomax, Nuova ipotesi sul canto folcloristico italiano nel quadro della musica popolare mondiale in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...] mondo di cui sono riuscito ad avere registrazioni.
1) Eurasatico (Eurasiatico).
Quest'area comprende l'Irlanda, parte delle Isole Britanniche e della Francia, i Paesi Bassi,.. la Spagna (a sud dei Pirenei), l'Italia
NUOVA IPOTESI SUL CANTO FOLCLORISTICO ITALIANO 115
(a sud dell'Emilia), l'Egitto, parte della Jugoslavia, l'Ungheria, la Romania, la Grecia meridionale, l'Africa Araba, il Medio Oriente, l'India, l'Indonesia, la Cina e il vicino Giappone (escluso l'Ainu). Incapsulamenti di musiche di tribù e primitive in questa vasta zona si dimostreranno in molti casi estranei a questa famiglia eurasiatica che comprende la musica folcloristica e colta del mondo classico e dei grandi imperi del passato.
La musica di questa vasta area è caratterizzata dalla monodia, dall'unisono eterogeneo, dall'uso di strumenti per l'accompagnamento di canti e ballabili. Il tono di questi strumenti molto spesso corrisponde alla qualità della voce che é di solito acuta spesso aspra e stridula, emessa da un'ugola irrigidita con grande tensione vocale, dando sp[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Giappone, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---siano <---Ciò <---abbiano <---comunisti <---comunista <---socialista <---Pratica <---dell'Europa <---ideologia <---italiana <---italiano <---Agraria <---Fisica <---Logica <--- <---comunismo <---dell'Asia <---imperialismo <---marxismo <---nazionalista <---nazionalisti <---socialismo <---Dialettica <---Diritto <---Filosofia <---Il lavoro <---La lotta <---Perché <---Più <---Russia <---Stato <---d'Italia <---dinamismo <---ideologico <---indiano <---marxista <---nell'Asia <---psicologico <---stiano <---Dei <---Ecco <---Formosa <---Francia <---Nehru <---Pakistan <---Partito <---Scienze <---Stalin <---burocratismo <---capitalismo <---colonialismo <---comuniste <---dell'America <---dell'India <---fanatismo <---fascismo <---idealismo <---ideologica <---ideologiche <---imperialista <---indiana <---indiane <---indonesiano <---italiani <---leninismo <---leninista <---marxisti <---revisionismo <---socialisti <---Birmania <---Bologna <---Borneo <---Cambogia <---Carlo Levi <---Ceylon <---Corea <---Così <---Dio <---Engels <---Estetica <---Fenomenologia <---Già <---Grecia <---Indonesia <---Internazionale <---La guerra <---Lenin <---Ma mi <---Manciuria <---Mao <---Marx <---Meccanica <---Medicina <---Nuova Guinea <---Pechino <---Però <---Poetica <---Repubblica <---Sardegna <---Scienze naturali <---Singapore <---Sukarno <---Sulla <---Tecnologia <---Turchia <---Zinoviev <---anticolonialista <---anticomunista <---antimperialista <---autoritarismo <---capitalista <---capitaliste <---capitalisti <---centralismo <---cominciano <---dell'Internazionale <---dell'Italia <---dell'Occidente <---dell'Unione <---economista <---economisti <---etnologia <---feudalesimo <---ideologici <---ideologie <---indiani <---individualismo <---indonesiana <---indonesiani <---italiane <---lismo <---lista <---metodologiche <---minacciano <---nazionaliste <---nell'Europa <---nell'India <---nell'Internazionale <---nell'Unione <---nismo <---opportunismo <---opportunisti <---parlamentarismo 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