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Il segmento testuale Marx è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 837Analitici , di cui in selezione 40 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Vincenzo La Rocca, Il marxismo e la nostra lotta per la democrazia in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 2 - luglio

Brano: LA RINASCITA 7
II marxismo e la nostra lotto
per la democrazia
Nell'ora attuale, cioè nella presente fase della vita politica italiana, uno dei cardini della nostra politica è la conquista della democrazia, intimamente legata alla guerra liberatrice contro l'invasore hitleriano e alla liquidazione delle sopravviveoze del fascismo.
Per intensificare lo sforzo bellico contro Hitler
e la sua banda, per distruggere i residui del fascismo e creare un' Italia democratica e progressiva, i comunisti partecipano ad un governo, poggiante su basi popolari, che deve appunto realizzare questo programma : che deve raggiunger[...]

[...]ere, ha consolidato il suo potere sulle ossa del proletariato e di tutto il popolo e sui rottami degli istituti della democrazia..
Si tratta di riconquistare i diritti di cui siamo stati spogliati in venti anni di oppressione ; si tratta di stabilire un regime democratico, che non consenta mai più alle forze della reazione di risollevare, in un qualunque modo e sotto una qualsiasi forma, la loro testa criminale.
In proposito, le direttive del marxismo sono nettissime. La lotta per la libertà, per la democrazia, cioè per la sovranit4 del popolo, è compito fondamentale del proletariato nella sua marcia progressiva verso una nuova organizzazione della società, verso l'emancipazione del lavoro da ogni giogo e da ogni sfruttamento. Il marxismo, che è una guida per l'azione ; che dà per arma al proletariato la conoscenza delle leggi dello sviluppo sociale, la conoscenza delle forze motrici delle trasformazioni sociali e .gli permette di orientarsi in una data situazione, di comprendere l'intimo legame degli avvenimenti e prevederne la marcia futura ; il marxismo insegna al proletariato la partecipazione più energica ad ogni movimento borghese progressivo, insegna la lotta più risoluta, per una democrazia conseguente, la quale ha, per il proletariato e per il popolo, i più grandi vantaggi.
Questo concetto attraversa come un filo rosso tutte le opere di Marx, di Engels, di Lenin.
Era consuetudine affermare, tra gli scrittori socialisti d'un tempo, che il suffragio universale non è,
e non può essere, in regime borghese, che il barometro della maturità politica e della coscienza di classe dei lavoratori. Ma già il Manifesto proclama la conquista del suffragio universale, della democrazia, come la prima tappa del proletariato militante.
La democrazia è una forma, un aspetto dello Stato; essa vuol dire, talvolta, dittatura della borghesia, talvolta riformismo della piccola borghesia, subordinata a questa dittatura. Ma il proletariato, anche prima [...]

[...]esa, nel nostro paese, vent'anni or sono, forse avremmo po tuto evitare la presente catastrofe. La. necessità della distruzione del fascismo ha come conseguenza necessaria per tutti gli strati popolari la difesa e la valorizzazione degli istituti democratici, come di tutte le conquiste contro cui l'offensiva fascista si dirige.
Inoltre, l'origine stessa del fascismo e il suo sviluppo spingono a considerare più attentamente la tesi schiettamente marxista che c'è democrazia e democrazia, allo stesso modo che c'è rivoluzione borghese e rivoluzione borghese, come hanno mostrato Marx ed Engels, paragonando la rivoluzione francese del 1789, condotta sino in fondo, alla rivoluzione tedesca del 1848, rimasta incompiuta. Dal seno di una democrazia reazionaria è sorto in Fr ; ncia due volte, il bonapartismo. Nelle viscere di un falso regime democratico si è formato in Italia, e anche in Germania, il fascismo.
L' importante oggi è non soltanto difendere dalla brutale offensiva fascista gli istituti democratici, di restaurarli là dove essi sono stati distrutti, ma di impedire ad ogni costo il rinnovarsi delle condizioni che permisero, ieri, la marcia su Roma,
e che potrebbero [...]

[...]a su Roma,
e che potrebbero consentire, domani, un nuovo assalto della reazione, che non è morta e non disarma, e che, perciò, è necessario spazzare presto, in
Mal

LA RINASCITA
8

tegralmente e per sempre, dalla vita del paese. Le analogie storiche non sono che analogie, e perciò convenzionali.
Ma il pensiero di Lenin per la determinazione della tattica nella rivoluzione del 1905, è di una portata immensa per tutti i marxisti, e specie per noi italiani, nella crisi che attraversiamo.
Lenin si rendeva chiaramente conto del carattere non socialista e non proletario del rivolgimento che era allora all'ordine del giorno nella Russia zarista, tuttavia affermava la necessità per il proletariato d'intervenire in questo rivolgimento democratico come capo e guida di tutto il popolo, di iniziarne esso stesso con audacia l' applicazione, di essere in una parola l'avanguardia, il distaccamento, avanzato nella lotta per la libertà.
La borghesia, egli diceva, si volge verso il passato, temendo il progresso democratico. Es[...]

[...]rvare inflessibilmente la sua indipendenza e la sua fisonomia politica, e doveva esercitare un controllo rigoroso sui suoi delegati.
Teoricamente, nella polemica con i portavoci dei menscevichi, Plekhanov e Martinov, che parlavano di commercio di principii e di tradimento degli in teressi della classe operaia, Lenin, alla questione generale se l'azione rivoluzionaria era ammissibile solo dal basso e non anche dall'alto, trovava una risposta nel marxismo più ortodosso, riferendosi alla storia delle soluzioni propugnate dai creatori del socialismo scientifico.
Marx, nel celebre Indirizzo alla Lepa, ispirato all'esperienza della rivoluzione del 18481849, non accennò alla partecipazione del proletariato a un governo provvisorio, perchè si limitò ad esaminare una situazione ben definita, la situazione politica concreta della Germania nel 1850 ; e, dopo lo scaccodell'insurrezione popolare di Berlino, costatando la debolezza del partito, incitò la classe lavoratrice a creare una sua organizzazione indipendente, per non essere sfruttata dalla borghesia e non trascinarsi al suo rimorchio, nella probabilità di una nuova esplosione rivoluzionaria, come nel 1848.[...]

[...]o provvisorio, perchè si limitò ad esaminare una situazione ben definita, la situazione politica concreta della Germania nel 1850 ; e, dopo lo scaccodell'insurrezione popolare di Berlino, costatando la debolezza del partito, incitò la classe lavoratrice a creare una sua organizzazione indipendente, per non essere sfruttata dalla borghesia e non trascinarsi al suo rimorchio, nella probabilità di una nuova esplosione rivoluzionaria, come nel 1848. Marx non pose la questione di una partecipazione della Lega al governo, perchè la questione, nelle circostanze di allora, non aveva alcuna importanza pratica e sarebbe stata superflua : egli non sollevò la questione ; ma non è vero che la risolse, in generale e in principio, in senso negativo.
Engels, che esprimeva sempre anche le idee del suo amico, illustrò a fondo il problema, nell'analisi della situazione spagnuola del 1873, mettendosi alla scuola dei fatti e arricchendo la teoria della lezione degli avvenimenti.
In quel tempo non si trattava, nè poteva trattarsi, in Spagna, di una emancipaz[...]

[...]nsufficiente, la loro mancanza di energia in questa partecipazione al potere, la loro subordinazione alle direttive dei repubblicani borghesi. Vero gia
cobino della socialdemocrazia, Engels valutò giustamente l'importanza dell'azione dall'alto ; non solo
ammise la partecipazione a un governo provvisorio
con la borghesia repubblicana, ma la pretese; e pretese un'iziativa energica del potere rivoluzionario. Lenin, alla stregua della dottrina di Marx ed Engels, giungeva alle seguenti conclusioni : 1°) che li
mitare, per principio, l'azione della classe operaia
a una pressione dal basso, scartando un ricorso alla pressione dall' alto, è dell' anarchismo : 2°) che il
principio secondo il quale il partito della classe operaia non potrebbe partecipare in alcun caso a
un governo provvisorio, e questa partecipazione costituirebbe un tradimento verso la classe operaia, non è un principio marxista, ma del confusionismo anarchico.
Quando Millerand e Jaurès, pretendendo salvare la repubblica, si alleavano a questo scopo con i partiti borghesi imperialisti, deformavano e rinnegavano il marxismo. A quel tempo la repubblica, in Francia, era un fatto ; nessun pericolo serie, la minacciava, e il proletariato aveva la piena possibilità di sviluppare la sua organizzazione_ politica indipendente ; se mai, influenzato dagli esercizi parlamentari e dall'opportunismo dei capi, essc. non sapeva profittare abbastanza dt questa possihilt.
Nella Russia del 1905, a. una svolta della storia, e in un periodo di ascesa del movimento operaio, i bolscevichi volevano istituire e difendere la democrazia e la repubblica, alleandosi a questo scopo con la borghesia rivoluzionaria. I)al punto di vista o[...]

[...]rsi apertaniente, largamente, indipendentemente, combattevano per la repubblica democratica, che consideravano come la forma di Stato più alta nel periodo storico determinato.
A una svolta quanto mai complessa e originale della nostra storia, in un periodo di ripidi mutamenti
e di ascesa, la partecipazione dei comunisti a un governo di guerra, democratico e antifascista, r. onde alla situazione concreta ed è conforme alle diettive generali del marxismo, ai principi fissati da Engels
e da Lenin.
Nell'ora attuale, uno dei compiti più importanti è quello di distruggere i resti del fascismo, di seppellire le forze della reazione, che non s. rassegnano a morire.
E bisogna, in primo luogo, liberare il nostro territorio da; banditi hitleriani che lo devastano e lo insozzano : bisogna assicurare l'indipendenza e l'unità delle nazione : in.teresse vitale del proletariato
e di tutto .1 popolo, che, diveisamente, sarebbero sottoposti s tìn duplice giogo.
Il. governo, ^he i comt,nisti pei primi hanno voluto, dev'essere l'organiz..az.one di una[...]



da [Gli interventi] Gilbert Moget in Studi gramsciani

Brano: [...]o dialettico tra maestro e scolaro, tra ceti intellettuali e non intellettuali, tra governanti e governati, tra élites e seguaci, tra dirigenti e diretti ecc...

Ora, se si vuole portare avanti le masse, se si vuole rispondere a quel concetto della 'Cultura posta come universale, si deve prendere le mosse dal livello di cultura delle masse, cioè dal senso comune. Gramsci ha dato al senso comune tutta la sua importanza, ricordando le formule di Marx sulla « saldezza » (simile a quella delle forze materiali) delle credenze popolari, ribattendo la forza dei proverbi, dei modi di dire, ma denunciando nello stesso tempo gli atteggiamenti ambigui del Croce rispetto al senso comune, il « civettare » del Gentile ecc... Ma se Gramsci con Marx si riferisce, quando afferma la saldezza delle credenze popolari, alla « validità del contenuto di tali credenze », quindi alla « loro iimperatività quando producono norme di condotta » 2, Croce e Gentile,

1 M. S., p. 26.

2 M. Sp. 123.Gilbert Moget

497

e si potrebbe in un certo senso aggiungere Alain, considerano il senso comune come punto di riferimento, pietra di paragone; oppure il senso comune è giusto, basta prenderne coscienza, esplicitare le sue intuizioni e questa è la parte del filosofo.

Per Gramsci, invece, il senso comune non è quella «naturale » disposizione a pens[...]

[...]È necessario lottare per innalzare il livello di coscienza degli uomini, della massa che dispone, dal punto di vista culturale, del senso comune. Tale lotta è inscindibile dalla lotta di classe, e ogni progresso culturale delle masse è legato a un progresso della coscienza dei conflitti fondamentali della società. Ma dove avviene questa presa di coscienza? Su che terreno? Per giudicare dell’importanza della risposta che Gramsci dà, rifacendosi a Marx, basta ricordare quan
1 M. Sp. 11,Gilbert Moget

499

te volte egli rimanda il lettore alle celebri righe della prefazione al Contributo alla critica dell'Economia politica, secondo le quali le forme ideologiche sono il terreno su cui gli uomini prendono coscienza dei conflitti di struttura, il terreno della lotta. Cosi si capisce l’urgente necessità dell’inventario della cultura e della cultura delle masse, delle forze e componenti di un « clima culturale » determinato. Proprio questa elaborazione culturale tentata da Gramsci, può permettere di condurre sul terreno nazionale (ma con pr[...]

[...]pazzia come formula, ma in realtà il governo francese non voleva Considerare il Vietmin come nemico, cioè esso non era il nemico ufficiale.

Combattere l’avversario significa dunque non negarlo, rispettarlo, quindi conoscerlo e non cadere nelle forme di critica loriana, cioè di anticultura, vale a dire parlare di ciò che non si conosce, o di cui non si è capito nulla; significa poi, questo rispetto, non ritenere il nemico deficiente perché non marxista, significa inoltre considerare che la ricerca dcH'avversario non è necessariamente gratuita, che è possibile talvolta qualche posizione comune, sia pure limitata, significa che gli avversari possono avere una parte non del tutto negativa nel processo del pensiero e porre, anzi, problemi i quali, spogliati dalla loro ganga speculativa, sono passibili di venir presi in considerazione dalla stessa filosofia della prassi1.

Combattere l’avversario non significa distruggerlo per potere ripartire da zero. Infatti il fronte ideologico — dice Gramsci — non si può assimilare ad un fronte politic[...]

[...]istruggono le filosofie del passato che costituiscono la storia del pensiero, la storia della cultura, e quando Bukharin chiama Platone « il maggiore filosofo fautore della schiavitù, reazionario ad oltranza », oppure Seneca « filosofo riccone », è come se non avesse detto nulla, anzi peggio. Non si devono negare le filosofie o i filosofi, nello stesso modo che non si possono distruggere le idee che si sono fatte senso comune, occorre superarle: Marx ha superato Hegel, il che vuol dire che Marx non è possibile se non con Hegel, cosi come Gramsci non è possibile senza Croce, il quale quasi « monopolizzava » la cultura italiana.

Comunque la lotta per l’egemonia cultura non è unilaterale, è un rapporto^ dialettico fra filosofia della prassi e avversari, nello stesso modo che ce un rapporto dialettico fra educatore e ambiente educato, il quale è a sua volta educatore. Questo non deve mai significare abbandono o concessioni agli avversari; è un fatto che la filosofia della prassi ha dato luogo a combinazioni, che cioè le filosofie tradizionali le hanno preso certi elementi che hanno r[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] L. Sichirollo, Hegel, Gramsci e il marxismo in Studi gramsciani

Brano: Livio Sichirollo
HEGEL, GRAMSCI E IL MARXISMO
L'incontro di Gramsci con Hegel — e facciamo qui astrazione dalla determinazione, alla quale si dovrà pure pervenire, dei testi hegeliani che furono accessibili a Gramsci, direttamente o indirettamente — non appare nella sua discontinua continuità un fatto gratuito e, ciò che vorremmo dimostrare, neppure marginale. Emergono subito agli occhi del lettore i due momenti opposti dell'accettazione e del rifiuto, che dovremo considerare sempre operanti come libere componenti della meditazione gramsciana. « Hegel rappresenta, nella storia del pensiero filosofico, una parte a sé, poiché, nel suo[...]

[...]7.
3 M. S., p. 87.
272 I documenti del convegno
ritualismo come antitesi di classe popolare e classi tradizionali che si genera ad ogni fase di rivolgimento. a Hegel, a cavallo della Rivoluzione francese e della Restaurazione, ha dialettizzato i due momenti della vita del pensiero, materialismo e spiritualismo, ma la sintesi fu " un uomo che cammina sulla testa "» 1. Questa immagine hegeliana ritorna in Gramsci ancora, e non sembra mediata da Marx ma frutto di un'attenta lettura delle ultime pagine delle Vorlesungen über die Philosophie der Weltgeschichte (cfr. infatti ancora M. S., pp. 7071, dove c'è un simpatico apprezzamento dell'insegnamento orale di Hegel, del sollecitato riferimento alla storia concreta, della concretezza storica del pensiero di Hegel, il che sembra stranamente anticipare un nuovo giudizio sullo Hegel berlinese al quale si è da piú parti impegnati, per esempio Weil).
E, per finire con il nostro testo, Gramsci istituisce un non comune parallelismo fra la filosofia della prassi e la filosofia hegeliana: a I contin[...]

[...]ofia della prassi le era indispensabile per trovare qualche nuovo elisir » 2. Si badi: la pagina è del massimo interesse per il senso stesso de'l nostro tema, né è casuale, come vedremo 3. Hegel è qui pienamente restituito alla storia, e non parlo di quanto siamo lontani da certi toni di sufficienza talvolta assunti nei confronti del cosiddetto idealismo speculativo tedesco che non hanno ragione storicamente di sussistere. Basterebbe lo Hegel di Marx per far crollare il mito dell'idealista alle prese con il mondo come una palla (Schiller a Goethe, 28 ottobre 1794). Ma non si tratta soltanto di restituzione alla storia: bensí di riconoscimento
1 M. S., p. 87.
2 M. S., p. 87.
3 Per ora dr. M. S., pp. 104105, appunti su Egemonia della cultura occidentale...
Livio Sichirollo 273
nella storia della filosofia della prassi delle ragioni del cosiddetto idealismo tedesco o speculativo (torneremo subito su una variazione di quest'ultimo termine), della sua lenta ma continua e decisa evoluzione in Hegel nella coscienza della filosofia come ideo[...]

[...]n testo ben preciso, a quella « Vorrede » alla Filosofia del diritto dove il compito della filosofia come « comprensione del presente e del reale » è visto assolutamente in una contingenza, dacché non è possibile alla filosofia « ringiovanire le figure della vita » ma soltanto « riconoscerle » : per questo, Hegel può dire altrove « la filosofia non è conforto, è qualcosa di piú... » . Anche questa non può che essere fra quelle pagine nelle quali Marx aveva trovato quegli elementi della critica « che sorpassano di molto il punto di vista hegeliano » .
La restituzione del passato della filosofia della prassi come tradizione, il riconoscimento " del peso della presenza di Hegel nella tradizione della filosofia come ideologia riappare indirettamente attraverso un tema marxengelsiano molto caro a Gramsci (a giudicare dall'insistenza con la quale si manifesta). « Può disgiungersi l'idea di progresso da quella di divenire? Non pare. Esse sono nate insieme, come politica (in Francia), come filosofia (in Germania, poi sviluppata in Italia) » 2. Siamo qui ad un nodo della filosofia della prassi in Gramsci, al concetto di blocco storico, del condizionarsi in esso di struttura e ideologia, all'interno dunque del rapporto fra il politico (storico in generale) e lo speculativo (filosoficoideo
1 M. S., p. 93.
2 M. S., p. 33.
274 I documenti del convegno
logico). Un al[...]

[...] non può che essere lasciata in tutta la sua apertura, con tutta la varietà di direzioni e sollecitazioni che essa rende possibili. C'è una premessa poi di carattere piú interno, che deve giustificare il nostro tema, sicché questo non sembri subito evitare quella raccomandazione gramsciana che abbiamo sopra ricordato. E noto che la nostra storiografia filosofica ha manifestato e manifesta in alcune sue figure una determinazione del rapporto HegelMarx, idealismo classico tedescomarxismo, del tutto originale (non ha qui importanza che certe sue radici possano riconoscersi in alcune interpretazioni francesi o nello He
m. S., pp. 1045.
276 I documenti del convegno
gel di Lukàcs), storicamente giustificata dall'evoluzione marxiana e riconducibile in alcuni suoi nessi alle individuazioni positivonegative che di Hegel si leggono nel Nachlass di Lenin. Non ha interesse fare nomi, ma vorrei soltanto ricordare il giudizio di uno di questi interpreti sull'evoluzione di un maestro, che oggi non è piú tra noi. Massolo ha potuto dire recentemente di Banfi: « Egli manifesta la coscienza piena che il marxismo viene da lontano » . Questo giudizio è un omaggio a Gramsci. Ora, una libera esplorazione degli incontri di Gramsci con Hegel può aver portato un po' di luce nella direzione indicata, può costituire una motivazione di come Hegel all'interno del suo storico rapporto con Marx sia veramente la grande ragione speculativa del nostro tempo e di come le filosofie che in quel rapporto non si riconoscono nient'altro sono che linguaggi speculativamente non significanti per ciò che negano il reale e se stesse.



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] G. Tamburrano, Gramsci e l'egemonia del proletariato in Studi gramsciani

Brano: Giuseppe Tamburrano
GRAMSCI E L'EGEMONIA DEL PROLETARIATO
Un aspetto del pensiero politico di Gramsci che non è stato sufficientemente studiato ed approfondito è la concezione dell'egemonia. Eppure tale concezione rappresenta un originale contributo allo sviluppo del marxismo ed è la chiave di volta per comprendere le tesi gramsciane sugli intellettuali ed il partito. Coloro che si sono occupati del problema o hanno allineato acriticamente la concezione gramsciana alle tesi di Marx, Lenin, Stalin, Zdanov, oppure, al contrario, hanno genericamente sottolineato l'esigenza democratica del concetto di egemonia.
Il punto di partenza della concezione gramsciana è nella critica alla interpretazione meccanicistica della filosofia marxista. Dagli scritti giovanili su Il grido del popolo alle note sul saggio di Bukharin è costante in Gramsci il rifiuto del marxismo come filosofia della necessità storica. Per questo suo atteggiamento egli fu accusato dai riformisti e dai massimalisti di ispirarsi a tesi volontaristiche mentre l'attenzione di Gramsci se da una parte è rivolta contro il fatalismo materialistico dall'altra è sempre vigilante contro il pericolo del volontarismo idealistico. Dal superamento delle due opposte concezioni nasce la filosofia della prassi, filosofia non del fatto storico, ma del fatto umano nella storia, non della volontà o delle idee astratte, ma dell'azione dell'uomo e dei gruppi nella dialettica dei rapporti sociali.
L'int[...]

[...] di Gramsci se da una parte è rivolta contro il fatalismo materialistico dall'altra è sempre vigilante contro il pericolo del volontarismo idealistico. Dal superamento delle due opposte concezioni nasce la filosofia della prassi, filosofia non del fatto storico, ma del fatto umano nella storia, non della volontà o delle idee astratte, ma dell'azione dell'uomo e dei gruppi nella dialettica dei rapporti sociali.
L'interpretazione riformistica del marxismo che faceva del fatto economico un nuovo « Dio ascoso » della storia (come scrisse Croce) cede ad una rinnovata concezione del marxismo come filosofia dell'azione proletaria, concezione del mondo della nuova classe fondamentale approprian
278 I documenti del convegno
dosi della quale il proletariato acquista la coscienza della sua posizione nella società, della sua funzione nella storia e quindi della necessità della sua azione conseguente per tradurre in atto la sua filosofia cioè per costruire la società socialista.
Il pensiero gramsciano risente sia l'influenza della polemica di Croce contro le filosofie fatalistiche e positivistiche sia, soprattutto, l'influenza della critica leninista al marxismo deterministico de[...]

[...] del convegno
dosi della quale il proletariato acquista la coscienza della sua posizione nella società, della sua funzione nella storia e quindi della necessità della sua azione conseguente per tradurre in atto la sua filosofia cioè per costruire la società socialista.
Il pensiero gramsciano risente sia l'influenza della polemica di Croce contro le filosofie fatalistiche e positivistiche sia, soprattutto, l'influenza della critica leninista al marxismo deterministico della socialdemocrazia europea. Attraverso il leninismo, come dottrina della strategia politica del proletariato, perviene ad una puntualizzazione e ad un rinnovamento del marxismo. La rivalutazione della prassi, della consapevole volontà creatrice delle masse spinge il suo interesse verso lo studio della storia eticopolitica, cioè dell'azione effettiva degli uomini. La tesi marxista che l'umanità si pone solo quei compiti per il raggiungimento dei quali esistono già le condizioni materiali, viene approfondita ed integrata nella ricerca dei modi, delle forme, del come l'umanità effettivamente realizza quei compiti; cioè l'attenzione si sposta verso le « condizioni spirituali » della dialettica storica. In tal modo il marxismo viene depurato di ogni residuo meccanicistico e l'uomo riappare in tutto il suo valore di protagonista della sua storia. È in questo quadro che occorre collocare i rapporti tra Gramsci e Lenin. Già nel Grido del popolo del 5 gennaio 1918 egli scrisse che la Rivoluzione russa « la rivoluzione contro Il Capitale di Carlo Marx. Il Capitale di Carlo Marx era, in Russia, il libro dei borghesi piú che dei proletari. Era la dimostrazione critica della fatale necess_tà che in Russia si formasse una borghesia, si iniziasse un'era capitalistica... I bolscevichi rinnegano Carlo Marx, affermano con la testimonianza dell'azione esplicata, delle conquiste realizzate, che i canoni del materialismo storico non sono cosí ferrei come si potrebbe pensare e si è pensato ». Ma essi, prosegue, « vivono il pensiero marxista, quello che non muore mai, che è la continuazione del pensiero idealistico italiano e tedesco e che in Marx si era contaminato di incrostazioni positivistiche e materialistiche ». A pagina 32 di M. S. afferma l'identità tra filosofia e politica, tra pensiero ed azione e soggiunge: « la teorizzazione e la realizzazione dell'egemonia fatta da Ilici è stato anche un grande avvenimento metafisico » .
Sul piano piú strettamente politico, cioè strategico, Gramsci aderisce alle tesi leniniste negli anni successivi alle conferenze di Zimmerwald e Kienthal. Tutta la sua azione politica, tutto il suo pensiero dell'Ordine
Giuseppe Tamburrano 279
Nuovo è ispirato profondamente alla strategia leninista dl pr[...]

[...]età, ma la società capitalistica nazionale, cioè una realtà effettuale, ed inoltre non concernono i rapporti tipici tra capitalismo e proletariato ma i rapporti concreti tra classe dirigente nazionale e proletariato. Da ciò prende le mosse l'analisi del come la classe dirigente si è formata, del come riesce a mantenere il suo potere, inizia cioè finalmente (finalmente perché per la prima volta vengono affrontati questi problemi dalla letteratura marxista) lo studio della società e dello Stato,
19.
280 1 documenti del convegno
del loro dinamismo interiore, cioè della politica tout court. Questi problemi, infatti, erano stati sempre risolti dai marxisti con generici riferi
menti alla violenza della classe dominante, alla coercizione dell'apparato statale, alla dittatura di classe. Gramsci non nega il carattere coercitiva
dell'apparato statale ma rileva che non basta affermare che una società si regge sulla coercizione delle leggi e sulla forza materiale degli organi di repressione per comprendere le ragioni per cui una classe normalmente esercita il predominio. In effetti quando si parla di società borghese o feudale, non si intende solo un modo di produzione capitalistico o feudale mantenuto coattivamente dalle leggi, dai giudici e da[...]

[...]le prove, ogni strumento per canto suo, dà l'impressione della piú orribile cacofonia; eppure queste prove sono la condizione perché l'orchestra viva come un solo " strumento " » 2.
Se vogliamo in breve riassumere queste sparse osservazioni che son necessariamente lacunose ed insufficienti poiché l'argomento esigerebbe una piú estesa analisi, possiamo dire che la concezione gramsciana è una concezione realmente democratica e segna un ritorno al marxismo classico. La strategia socialista nel mondo occidentale non può consistere nell'azione rivoluzionaria di una minoranza per rovesciare il potere del gruppo dominante ed avviare con l'esercizio dittatoriale del potere l'organizzazione della vita statale. Questa strategia riguarda i paesi arretrati. Le società occidentali sono altamente industrializzate e le masse dei cittadini non vivono allo stato primordiale ed amorfo. A causa dello sviluppo dei rapporti sociali di produzione e della diffusione della ideologia della classe
1 P., p. 175.
2 Mach., p. 156,
286 I documenti del convegno
do[...]



da [Gli interventi] Galvano della Volpe in Studi gramsciani

Brano: [...]i e occasionali scritti estetici di Gramsci rivelano già, anche a questo proposito, quella che è la sostanza dii un metodo filosofico materialisticostorico. Il che non è davvero privo d’importanza, se si rifletta che rispetto al problema estetico il metodo materialistiicositorico non ha ancora prodotto risultati sistematici, malgrado le intuizioni e gli spunti notevoli di Mairx, di Engels e tanti altri. In proposito basti ricordare ravvertimento marxiano nella Introduzione del 1857 alla Critica delVEconomia politica (1859). «iLa difficoltà [per il materialista, s'intende} non è — dice Marx — nell’intendere come l’arte (figurativa) e l’epos dei greci siano legati <a certe forme di sviluppo sociale: la difficoltà è meli’intendere come quell’arte e quell’^w ói procurino ancora un piacere artistico e sotto un certo rispetto valgano come norma e modello inarrivabili ». Avvertimento che significa che il genio filosofico di Marx aveva già intuito l’estrema complessità del problema estetico qualora lo si voglia porre in termini materialistici rigorosi e non più in termini positivistici ((una volta constatata la carenza di un’impostazione idealistica) : e cioè che il legame sociale, storico dell opera d’arte non solo non può condizionarla meccanicamente e quindi lasciare inspiegaita quella 'esemplarità sui generis che possiede di fatto l’opera artistica, ma deve far parte della struttura stessa dell’opera d’arte come tale. Il che implica a sua volta il problema di una considerazione gnoseologica esatta del posto e dell[...]

[...]d’arte, senza cadere, rotto l’incanto del formalismo cioè dell’Estetica (misticizzante) deU’« intuizione irrifiessa » o « pura », nella tentazione di un contenutismo sociologico pur raffinato — che si annuncia ila possibilità di una nuova (integrale) critica letteraria e artistica ie della relativa implicita Estetica materialistica. Capacità notevole, che non si riscontra in nessuno quasi dei teorici e critici letterari materialisti posteriori a Marx e a Engels, da Piekhanov a Lukàcs (di questuiamo in quanto critico letterario basti ricordare la sopravalutazione di Balzac a discapito di Stendhal e di Flaubert). Senonché proprio da questa capacità di cogliere e dimostrare la pienezza conoscitiva della poesia (non solo fantasia, ma insieme intelletto! ) dipende, come da premessa necessaria, la possibilità di dimostrare la pienezza umana in genere della stessa, cioè la sua concretezza sociale e storicità: come potrebbe altrimenti riflettersi la storia con le sue distinzioni e con i suoi nessi infiniti nell’opera d’arte ridotta a quella pura [...]

[...] tipico artistico accennata da Giorgio Malenkov nel Rapporto al XilX Congresso del Partito comunista dell’URSS. « Creando le immagini artistiche — egli dice — i nostri artisti, scrittori, lavoraGalvano Della Volpe

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tori dell’arte devono ricordare sempre che tipico non è tanto ciò che s’incontra più di frequente, quanto piuttosto ciò che più completamente e acutamente esprime l’essenza di una determinata forza sociaile. Nella concezione marxistaleninista tipico non significa affatto una sorta di media statistica; la (tipicità corrisponde all’essenza di un dato fenomeno' storicosociale, essa non si identifica col più diffuso, col più frequente o col più ordinario. L'iperbole consapevole, l’accentuazione di un’immagine, non esclude la tipicità, ma la rivela più completamente e la sottolinea » (corsivo nostro). Dove cosa notevole ci sembra l’aver Incluso in queili’inmegabile prodotto di intellettualità che il tipico <(o assieme di caratteri comuni specifici) anche la metafora e il simbolo poetico in genere. Cosa notevole, giusta: ch[...]

[...]arte (donde poi la sua pienezza umana: che essa è, si è visto, tanto ragione o intelletto, quanto fantasia o intuizione che si dica). Ma resta ancora l’altro aspetto problematico da risòlvere: quelo, come si suol dire da Kant e la Romantik in poi, dell'autonomia delfopera d’arte, ossia di ciò per cui essa non dipende e non si confonde in quanto tale con l’opera scientifica in genere (vedi l’esemplarità sui generis, artistica, di cui al 'testo di Marx citato sopra). L’ipotesi formulata da chi scrive in proposito, per risolvere quest’altro aspetto del problema estetico, l’ipotesi di un carattere differenziale scientifico, 'tecnicosemantico, e non più metafisico del'l’opera d’arte (il carattere dell’organicità e aseità semantica distinguerebbe il discorso poetico da quello nonpoetico o delle scienze in genere, semanticamente disorganico), tale ipotesi non è ovviamente ragionabile in questo luogo.



da p. t., [recensione a] Arturo Labriola, Dopo il fascismo, che fare?, Napoli, Fiorentino in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 2 - luglio

Brano: [...]l' imperialismo (nèl significato economico corretto della parole) è figlio diretto del liberismo, per il motivo semplicissimo che la libera concorrenza non può non generare dal proprio seno il monopolio, fino a che avranno valore (e non possono non averlo) le leggi della economia capitalistica, compresa quella della caduta tendenziale del saggio del profitto, che non so chi pensava d' aver ridotto a un errore di calcolo compiuto dal povero Carlo Marx e nella quale si trova invece la spiegazione più profonda della evoluzione economica e politica della moderna società borghese.
Forse però è esagerato cercare un rigore scientifico in uno scritto di Arturo Labriola, così come,sarebbe esagerato cercare un grado qualunque di coerenza tra il suo pensiero di oggi e quello di ieri o dell'altro ieri. Partito dal marxismo, egli diventò presto e mi sembra voglia rimanere rappresentante tipico di quel dilettantismo sociologico irresponsabile, che per certo superficiale scintillio di erudizione e di avvicinamenti storici e psicologici pub alle volte sorprendere gli ignari, ma ,a cui manca ogni consistenza di argomentazione e ogni capacità di serie conclusioni.
Tutta la sue analisi del regime fascista nelle sue origini e nel suo contenuto palesa questa inconsistenza e incapacità. A voler essere severi, si potrebbe dire che essa non si stacca dagli schermi della cosiddetta ideologia del fascismo e'conclude, qu[...]

[...]utei:tiche e i fatti come veramente sono accaduti e stanno svolgendosi, piuttosto che attraverso brillanti ma equivoci travisamenti. Vogliamo fare, insomma, un appello alla serietà scientifica e polemica. Come ci sdegna il professore di filosofia il quale crede di poter confutare la nostra dottrina asserendo che comunismo significa c uniformità di sentimenti, di concetti e di bisogni D, così troviamo ridicolo che si affermi, per esempio, che per Marx il comunismo era un c prodotto automatico (sic!) dell'accrescimento naturale (I) della ricchezza s, oppure che si dica avere Marx ed Engels consacrato ai problemi della società comunista i loro scritti giovanili (e ]a Guerra civile, e la Critica del programma ali Gotha ?). I libri di Marx e di Engels, di Lenin e di Stalin, non sono più proibiti. Speriamo di vederli circolare tra poco in traduzioni decenti. Leggete, studiate, imparate, e smettetela con le falsificazioni e con le improvvisazioni dilettantesche. Che se poi non volete farlo, cambiate mestiere. Nessuno vi obbliga a occuparvi di problemi sociali o di marxismo. Tanto più che se non date prova almeno di un minimo di serietà scientifica, è veramente arrivato il momento che nessuno più vi darà retta.
P t.



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] G. Petronio, Gramsci e la critica letteraria in Studi gramsciani

Brano: [...]le, nel quale inquadrare volta per volta autori ed opere, riportandoli a determinati momenti o periodi. Alla educazione del critico letterario contribuiscono, dunque, forse piú ancora che i precedenti critici tecnici, i filosofi di estetica, i teorici del gusto, gli storici; sicché, io direi, alla educazione del critico italiano che si sforzi oggi di ricondurre la propria attività di studioso dei fenomeni letterari ai principi e allo spirito del marxismo, piú che i critici in senso stretto della nostra generazione e di quella precedente, sono di aiuto Marx, Engels, Mehring, Labriola, Gramsci, Lukàcs, e, come esempio altissimo di una critica tutta storicamente e politicamente impegnata, Francesco De Sanctis. Il che non esclude — è ovviò, ma sarà prudente ribadirlo — la piú severa preparazione tecnica, e la conoscenza ragionata dei propri colleghi di oggi a qualsiasi scuola appartengano.
In questo senso, dunque, l'opera di Gramsci rientra di pieno diritto nella storia della nostra critica letteraria, come quella di un uomo che all'arte, e ad una concezione e definizione di essa, ha dedicato assai del sino tempo e del suo ingegno, e che, riflette[...]

[...]zione dello studioso di Gramsci è il rappbrto tra la sua concezione dell'arte e quella dominante al suo tempo: la concezione neoidealistica in genere, la concezione
226 I documenti del convegno
crociana in particolare. Un problema il cui scioglimento è assai interessante, non solo a definire nella sua originalità, nei suoi limiti e nel. suo significato storico, il pensiero estetico e critico di Gramsci, ma anche ad aiutarci a rispondere a quei marxisti o marxisteggianti di oggi, timidi ancora di fronte all'esperienza crociana, incapaci di liberarsene a fondo,. teorizzatori e banditori di non si sa quale sua universale e necessaria validità.
Ho già ricordato che Gramsci fu, e si disse, per alcun tempo, « tendenzialmente piuttosto crociano»; ho osservato ancora come le tracce della lezione crociana restino evidenti anche in pagine sue tra le piú mature; ma ha notato giustamente il Garin, richiamandosi proprio a Gramsci, che ciò che conta, nella definizione di un pensiero, non sono le affermazioni momentanee, i passi singoli che possono essere anche[...]

[...]nto. E — cito dal riassunto della relazione del Garin — « il crocianesimo di Gramsci — a parte una prima simpatia iniziale con siste nello avere combattuto sistematicamente Croce, considerandolo la voce piú importante (e piú " pericolosa ") della vita italiana » : un'affermazione che mi pare esattissima, ma che va dimostrata, almeno per quanto concerne la critica letteraria.
Merito precipuo di Gramsci fu lo sforzo, riuscito, di storicizzare il marxismo, non accettandolo e ripetendolo come un sistema pietrificato di dogmi, ma neppure dissolvendolo in un revisionismo eversore, sibbene svolgendolo alla luce dei progressi della cultura europea, arricchendolo e rinsanguandolo di quanto il pensiero moderno aveva prodotto, senza per. questo rinnegarne i principi e lo spirito. Cosí operando Gramsci veniva ad attuare quel ritorno al marxismo, di cui piú volte, nel secondo decennio del secolo, avevano parlato i socialisti italiani, consci dei pericoli del neoidealismo, convinti della impossibilità di combatterlo con le armi ormai spuntate del positivismo, proclamanti la necessità di rifarsi ai principi di Marx ed Engels, per adattárli alle nuove esigenze della vita sociale e culturale italiana, ma incapaci, poi, di svolgere essi quel compito di cui pure avvertivano l'urgenza 1.
1 Per qualche esempio dr. A. SCHIAVI, «Per la cultura socialista», in Critica sociale, XXII, 1912, p. 147 sgg.; T. CoLucci, « A proposito di filosofia della storia e di marxismo », ivi, XXIII, 1913, p. 268 sgg.
Giuseppe Petronio 227
Gramsci svolse lui questo compito, e sono noti i termini nei quali lo pose: elaborazione, o rielaborazione, di una filosofia della prassi, che tenesse si conto delle conquiste particolari del neoidealismo, ma che queste conquiste assumesse organicamente in un sistema tutto diverso di principi; fondazione di un AntiCroce e di un AntiGentile, che ripetesse per i due filosofi dell'idealismo italiano quanto già i fondatori della filosofia della prassi avevano compiuto per Dühring. $ logico, allora, che lo studioso di Gramsci debba oggi [...]

[...]morale e politico, e non già per la sua forma in cui il contenuto astratto si è fuso e immedesimato » 4. Dove vi è certo la lezione crociana, e vi è il rifiuto e come il timore di certo schematico
i L. V. N., p. 50.
2 L. V. N., p. 49.
3 L. V. N., p. 6.
4 L. V. N., p. 11.
228 i documenti del convegno
gretto positivismo che l'Estetica del Croce aveva dissolto; ma vi è anche la lezione fruttuosa del De Sanctis, e vi è lo spirito del piú serio marxismo che, con Marx ed Engels, aveva anch'esso continuamente messo in guardia dal sociologismo, dalla confusione tra contenuto e forma, dal passaggio meccanico dal giudizio storico al giudizio estetico'.
Però le stesse frasi che ho citate, e altre consimili che si potrebbero spigolare, lette nel loro contesto, che è il solo modo di leggerle, non sono affatto crociane, e sono, anzi, della concezione crociana dell'arte e della critica un superamento radicale. Tanto che, proprio in quelle note è il passo tante volte citato in questi anni, e certo di fondamentale importanza ad intendere Gramsci: « Insomma, il tipo [...]

[...]iportate qua su, ancora negativi piuttosto che positivi.
Ma anche i termini positivi, dell'affermazione dopo la negazione, ci sono, e sono chiari, sicché l'antitesi CroceGramsci risiede nello spirito piú profondo delle due opere, in quella concezione del mondo che è dietro ogni sistema di pensiero e gli dà la sua impronta precisa.
La prima netta distinzione è nel fatto che il Gramsci, ritornando, al di là del neoidealismo italiano, al pensiero marxista, ritornava, in ultima analisi, alla dialettica hegeliana degli opposti, sia pure rimessa sulla testa, negando la crociana dialettica dei distinti e riemergeva cosí l'arte, e quindi la critica, in quella storia da cui il Croce le aveva cautelosamente allontanate. L'arte, per Gramsci, è forma, ma una forma condizionata dal suo contenuto, i1 quale contenuto è sempre storicamente determinato. Perciò Gramsci, in antitesi netta con Croce, mentre sottolinea sí la necessità di non confondere il giudizio storico (che è un giudizio di contenuti) con il giudizio estetico (che è un giudizio di forme)[...]

[...]cui il Croce le aveva cautelosamente allontanate. L'arte, per Gramsci, è forma, ma una forma condizionata dal suo contenuto, i1 quale contenuto è sempre storicamente determinato. Perciò Gramsci, in antitesi netta con Croce, mentre sottolinea sí la necessità di non confondere il giudizio storico (che è un giudizio di contenuti) con il giudizio estetico (che è un giudizio di forme), già arricchisce questa distinzione di spunti che sono tipicamente marxistici: un momento dato non è mai omogeneo; ogni momento storico pub
1 Cfr. ad esempio la lettera di Engels a Bloch del 21 settembre 1890 e quella a Paolo Ernst del 5 giugno 1890 (riportate in K. MARX F. ENGELS, Sur la litérature et l'art, a cura di J. Freville, Parigi, 1954, p. 160 sgg.; 321 sgg.).
2 L. V. N., p. 7.
Giuseppe Petronio 229
essere rappresentato ed espresso e da chi lo rappresenta nei suoi aspetti progressivi, e da chi ne « esprime gli elementi " reazionari " e anacronistici », mentre può darsi che veramente rappresentativo sia « chi esprimerà tutte le forze e gli elementi in contrasto e in lotta, cioè chi rappresenta la contraddizione dell'insieme ,storicosociale » 1, dove è già, come appar chiaro, tanto della problematica e delle tesi di Lukàcs 2. E se parla qualche volt[...]

[...]amenti artistici originali, poiché nella vita c'è anche l'arte » 4. E subito dopo, con mossa schiettamente alla Lukàcs 5, polemizza: « La ".rivoluzione silenziosa" di cui parla l'Angioletti è stata solo una serie di confabulazioni da caffè e di mediocri articoli di giornale standardizzato
1 L. V. N., p. 6 sgg.
2 Alludo specialmente ai saggi raccolti in G. LUKAcs, Saggi sul realismo, Torino, 1950.
3 Mach., p. 11.
4L.V.N.,p.9.
5 G. LUKACs, Il marxismo e la critica letteraria, Torino, 1953, p. 12 sgg..
230 I documenti del convegno
e di rivistucole provinciali. La macchietta del " sacerdote dell'arte " non è una grande novità anche se muta il rituale » '. E qualche pagina piú avanti, con formula energica e icastica: « La letteratura non genera letteratura ecc., cioè le ideologie non creano ideologie, le superstrutture non generano superstrutture altro che come eredità di inerzia e di passività: esse sono generate non per " partenogenesi ", ma per l'intervento dell'elemento " maschile ", la storia, l'attività rivoluzionaria che crea iI [...]

[...]ogressive; ma, intanto, per servire ognuna la propria ideologia, l'una diviene critica della pura forma, della distinzione netta tra poesia e nonpoesia, tra struttura e poesia, e via dicendo, le altre si atteggiano come critiche dei contenuti e delle forme tutt'insieme, e tendono a fondere struttura e poesia in un tutto organico. Ecco, dunque, perché dicevamo assurdo affermare che per Gramsci si possano conciliare crocianesimo (o neoidealismo) e marxismo; il problema di Gramsci è
invece quello di giungere ad una fase ulteriore e nuova storicamente
aggiornata — del marxismo, che riassotira in sé, in una sintesi superiore, il neoidealismo. In una pagina di Estremo interesse egli si chiese una volta quale dovesse essere l'atteggiamento della filosofia della prassi di fronte a Croce e a Gentile, e concluse: « in realtà si riproduce ancora la posizione reciprocamente unilaterale e criticata nella prima tesi su Feuerbach, tra materialismo e idealismo e come allora, sebbene in un momento superiore, è necessaria la sintesi in un momento di superiore sviluppo della filosofia della prassi » 1. E la critica letteraria alla quale Gramsci aspira, quella di cui tratteggi[...]

[...]duce ancora la posizione reciprocamente unilaterale e criticata nella prima tesi su Feuerbach, tra materialismo e idealismo e come allora, sebbene in un momento superiore, è necessaria la sintesi in un momento di superiore sviluppo della filosofia della prassi » 1. E la critica letteraria alla quale Gramsci aspira, quella di cui tratteggia le linee ideali e che qualche volta consegue, è una critica in cui, nello spirito e nella metodologia di un marxismo evolutosi coi tempi, siano sussunte e riassorbite le parti vitali della critica crociana; vitali, perd, veramente, solo se cosí riassorbite e sussunte.
Deriva da tutto quanto si è detto almeno un'altra differenza di fondo. L'estetica crociana conduceva logicamente a negare la possibilità e la legittimità di una storia letteraria; per Gramsci non vi è altra critica che non sia un frammento o un capitolo di una organica storia letteraria.
Chi, infatti, si raccolga pazientemente i passi delle opere gramsciane
M. S., p, 91.
232 I documenti del convegno
di carattere letterario, noterà che[...]

[...]anctis vi aggiunge i colori — una storia civile italiana dalla cui trama si spicchi e rilevi, pur tutt'una con essa, la storia letteraria, simile al volto umano che Dante scorge, dipinto dello stesso colore e pur tutto in risalto, sull'una delle circonferenze divine.
Ma la storia civile italiana che Gramsci tratteggia è poi tutta diversa da quella del De Sanctis, come dev'essere necessariamente diversa la visione che della storia italiana ha il marxista Gramsci da quella che aveva avuta, alla fine del Risorgimento italiano, il democratico De Sanctis.
La visione storica del De Sanctis era — sono cose ormai note — democratica e progressiva, ma era, tuttavia, quella di un borghese democratico educatosi al Romanticismo e tempratosi nelle lotte risorgimentali; di un uomo per cui la letteratura italiana aveva avuto il gran vizio di non essere popolare e realista, ma per cui pure popolare aveva ancora, su per giú, l'accezione che gli aveva data il Berchet nella sua Lettera semiseria. Mentre per Gramsci il male che aveva minato nei secoli la
1[...]

[...]iseria. Mentre per Gramsci il male che aveva minato nei secoli la
1 M. S., p. 17.
2 Per quanto segue mi permetto rinviare ad un mio saggio « Di che fanno la criticai critici? », in Mondo operaio, IX, 1956, fasc. 89.
Giuseppe Petronio 233
storia italiana era stato il suo carattere classista, il non essere popolare
e nazionale, dove però popolare aveva il significato preciso, di classe, che poteva dargli on socialista o comunista educatosi su Marx ed Engels
e tempratosi nelle lotte operaie.
La differenza è radicale, e non solo da un punto di vista ideologico; ché anche qui è possibile osservare come una differenza ideologica divenga immediatamente differenza formale, tecnica, sicché la diversa visione storiografica comporta uno spostamento di accenti in ogni giudizio, e apra prospettive nuove, e determini una problematica fino allora nemmeno intravista.
Indicare nei suoi particolari questa problematica gramsciana non è compito di chi studi Gramsci critico letterario; basterà accennare al punto di partenza, al lievito fermentante in [...]

[...]i i singoli critici, uno svuotamento dello schema storiografico costruito, sul lavoro dei secoli precedenti, dai romantici. Ed è ovvio: ridotta l'opera d'arte a «poesia » senza un substrato politicosociale, tutte le opere d'arte diventano piú o meno simili tra loro, senza nemmeno piú differenziazioni profonde di stile.
Gramsci, invece, riintroduce nella critica la considerazione dell'« elemento maschile », cioè della storia, ed ha della storia, marxisticamente, una concezione tutta dialettica e drammatica; ed ecco, allora, che i singoli periodi riacquistano vita e colore, si rifanno individualità concrete, ognuno con caratteristiche sue, anche se in esso sopravvivano residui cul_urali del passato anche se si affaccino le prime anticipazioni del futuro: basti, a chiarire questo senso dialettico e drammatico che il Gramsci ha della poesia, la sua interpretazione di Dante: « il vecchio "uomo ", per il cambiamento, diventa anch'esso "nuovo ", poiché entra in nuovi rapporti, essendo stati quelli primitivi capovolti. Donde il fatto che, prima [...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Arturo Carlo Jemolo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...] sarebbero potuti usare, ad es. «dittatura personale ». E ciò anche a costo di prestare il fianco ad una provvisoria soddisfazione dei sociologhi descrittivi alla Monnerot, i quali potrebbero pensare di aver finalmente trovata una verifica a qualcuna delle loro astoricistiche e vuote equazioni di uguaglianza fra tutte le dittature. Del resto il termine « dittatura », come ognuno sa, non ha mai spaventato il forse duro, ma reali stico, linguaggio marxista. La « dittatura del proletariato » fu, dal marxismo, pronosticata e realizzata come inevitabile punto di passaggio, strettoia obbligata della conquista del potere della classe operaia per giungere, nello slargo, all'eliminazione delle classi ed alla realizzazione della società socialista prima, e comunista poi.
Ma il termine « dittatura del proletariato » non è, nei classici del marxismo, mai considerato come un termine da accettarsi integralmente ma, piuttosto, da usarsi in senso paradossale: sotto
` lineatura sprezzante di una fase necessaria, ma da superarsi appena possibile, punto in cui la liberazione dalla stratificazione della società in dominio di classe ha un estremo bisogno di un ultimo dominio di classe capovolto: gli oppressi governano gli oppressori. Un male alla rovescia e, perciò, in definitiva, un bene, purché sappia, a sua volta, raddrizzarsi, per essere finalmente un bene autentico e senza residui.
(*) Nota; La numerazione dei capitoli non ê progressiv[...]

[...]asata su una rozzamente intesa funzione della dialettica, e le sue conseguenze.
Solo che, se la denuncia è oggi moralistica (attacco al « culto »), occorre ideologizzarla a fondo. Altrimenti si rischia di usarla ancora una volta tatticamente (la tattica anticulto, iconoclasta) senza che essa dia tutti i frutti che può dare.
La morale può essere la spia (non americana) della politica comunista. La tattica del « culto », nel quadro di una morale marxista, doveva essere indice che qualcosa di grosso non andava nella politica. Invece no: ci si diceva che eravamo così piccoloborghesi da non capire che, nel paese "del socialismo, quello che per noi poteva apparire un « culto religioso » era autentico amore per un uomo cui tanto ogni sovietico corrispondeva.
Capzioso gioco, se il corrispondere non può avere ovviamente per un socialista che il senso della pariteticità, una volta rotti i rapporti di soggezione e di alienazione. Per cui se certamente molto c'era da ammirare nell'uomo sovietico, il molto era appunto
ROBERTO GUIDUCCI 49
nell'uom[...]

[...]ere non può avere ovviamente per un socialista che il senso della pariteticità, una volta rotti i rapporti di soggezione e di alienazione. Per cui se certamente molto c'era da ammirare nell'uomo sovietico, il molto era appunto
ROBERTO GUIDUCCI 49
nell'uomo minuscolo (Stalin = un cittadino qualunque), nel cittadino ignoto, vivo per, e soprattutto, nella collettività. Dunque, morale sì, per il socialismo, anzi affermazione decisiva che la morale marxista esiste e deve corrispondere esattamente ai principi cui nessuna tattica può far concessioni di sorta, ma morale che non si ferma alla moralistica e pretende la scienza (morale politica, non astratta), cioè la traduzione storicistica della denuncia e, di più, l'adeguamento esplicito di una politica e delle sue forme all'istanza morale pronunciata.
2) Stato e Partito.
La concezione della «dittatura del proletariato» è l'unica formula che sembra consentire una teorizzazione della diarchia PartitoStato nell'URSS, che si dà normalmente per scontata e che di fatto è invece assai curiosa. Si s[...]

[...]scientifico di rilevamento delle strutture, del loro funzionamento, dei loro rapporti, che può essere effettuato solo sulla materia viva, e con la più ampia compartecipazione degli specialisti e di tutti i cittadini interessati.
Tuttavia ha senso almeno il « porre » queste domande, per una ragione di principio culturale. La cultura (e per cultura in
ROBERTO GUIDUCCI 51
tendiamo un atteggiamento creativo e critico a tutti i livelli) anche x1el marxismo (soprattutto nel marxismo) ha diritto di esaminare e studiare le forme della politica anche nel momento in cui si manifestano e si muovono. Il « controllo democratico » non è limitato a verificare soltanto se i funzionari o i dirigenti fanno il loro dovere così come è stabilito, ma si estende a verificare se le forme in cui operano gli organi legislativi ed esecutivi sono le più adatte e rispondenti ai bisogni, alla situazione, alla natura democratica che pretendono avere. Lo Stato socialista non può quindi essere concepito come il deposito dei risultati sociali definitivamente conseguiti, ma come un organismo viv[...]

[...]» è ottenibile soltanto attraverso nuove forme che quel « più » appunto consentano e producano.
3) Pluralità borghese e pluralità socialista.
Superato il livello della lotta di classe e dei suoi strascichi, non per questo si possono dire superate possibili forme di contrasto nella società socialista (da ciascuno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo il suo lavoro), superabili solo nella società comunista teorizzata da tutti i classici del marxismo (da ciascuno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo i suoi bisogni). E probabile che, appunto per evitare le possibilità del formarsi di correnti interessate nel proprio « particulare » (ad esempio, questione dei contadini rispetto agli operai), nell'URSS si tenga così fermo il
52 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
principio del Partito unico, come depositario di una solidarietà generale senza concessioni. In questo senso l'unicità del Partito supera appunto la pluralità esistente nella società borghese, che esprime una gamma di precisi interessi e li rappresenta. Caso nel quale non si può [...]

[...]nte nella società borghese, che esprime una gamma di precisi interessi e li rappresenta. Caso nel quale non si può certo affermare che la volontà generale si possa esprimere perché esiste la pluralità dei partiti. Al contrario, la pluralità non esprime che la rottura delle volontà, degli interessi antagonistici e di classe. Sgomberato perciò il campo dalla trappola parlamentaristica con tutti i corollari della libertà apparente, rimane, in campo marxista, il problema di come rappresentare non già rinnovati particolarismi, pur in una società senza classi, ma autentiche e diverse alternative costruttive.
Qualche marxista ortodosso potrebbe, a questo punto, obiettare che il marxismo è scienza e quindi la sua determinazione, nascendo da un piano di scientificità, esclude le alternative, risolte ogni volta in una determinazione oggettivamente fondata. Occorre rispondere subito che qui affiora uno degli aspetti più sottili e pericolosi dello stalinismo ideologico: la scienza è una ed é quella che si fa, così che le altre alternative vanno eliminate perché non possono essere scientifiche. Da cui il ben fondato sospetto che l'eliminazione delle altre possibilità non derivi tanto dalla loro inutilità (in ogni caso lo spreco vaviloviano sarebbe stato ben piccolo rispetto al[...]

[...]ocialista (1).
(1) Leggendo questo saggio inI bozze l'amico Fortini mi ha dato la seguente nota che ottimamente contribuisce ad approfondire il punto in questione:
Invece di ripetere le tesi puerili di chi afferma la inevitabilità e la necessità di tutto quel che è accaduto nell'età stalinista come di chi, negan dole, non pub più arrestarsi sulla via delle ipotesi retroattive, è meglio domandarsi (come ha fatto recentemente un giovane filosofo marxista, A. Mazzone) quale sia oggi ii senso, alla luce delle esperienze sovietiche e nostre, del « fondamento obiettivo dell'accordo tendenzialmente unanime di un gruppo sociale omogeneo dal punto di vista di classe » e del « principio regolativo della produzione di decisioni universalmente valide ». Infatti lo stalinismo è meno un regime, un costume, una 'tirannia' che una accelerazione (parzialmente erronea: origine pratica dell'errore) della teoria della necessità
o meglio della 'tendenziale unanimità' che è di Marx e di Lenin. Anzi è probabilmente da spiegarsi, tale accelerazione, col non r[...]

[...] sovietiche e nostre, del « fondamento obiettivo dell'accordo tendenzialmente unanime di un gruppo sociale omogeneo dal punto di vista di classe » e del « principio regolativo della produzione di decisioni universalmente valide ». Infatti lo stalinismo è meno un regime, un costume, una 'tirannia' che una accelerazione (parzialmente erronea: origine pratica dell'errore) della teoria della necessità
o meglio della 'tendenziale unanimità' che è di Marx e di Lenin. Anzi è probabilmente da spiegarsi, tale accelerazione, col non risolto meccanicismo sempre latente nel marxismo. Dalla pretesa marxista di rendere razionale
e verificabile, cioè scientifica, la dottrina della società (o economia politica) discende la nozione di Partito secondo Lenin, cioè di un organismo qualificato a farsi interprete scientifico della realtà e quindi quella di una sua 'infallibilità' relativa ad una situazione data. L'illusione (di carattere metafisico) che il margine di incontrollabilità (unio mystica) di tutti gli elementi del reale convogliati dall'esperienza del Partito fosse — paradossalmente — capace di assicurare in ogni momento un rendimentolimite; e il rifiuto di riconoscere che proprio quel m[...]

[...]talinista è dunque di carattere a un tempo meccanicistico e metafisico; ma non tocca l'esigenza prima, quella della razionalità della scienza sociale. Dimenticarne la drammatica serietà, vuol dire precludersi la comprensione di un secolo di comunismo. Bisogna ripetere ancora l'irriducibilità della differenza tra la dottrina liberale che, proprio perché nacque storicamente quale mediatrice fra conflitti insolubili, lì rese istituzionali, e quella marxista, che in nome della dialettica e del salto qualitativo, afferma la trasformabilità qualitativa dei conflitti dopo averli identificati, nelle società classiste, come conflitti di classe. Si che la 'volontà generale' liberale è sintesi astratta (le souverain) mentre quella marxista è, almeno tendenzialmente, concreta, cioè tendenzialmente unanime. Questa pretesa marxista sembra uscire sconfitta dall'età stalinista; l'unani
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4) Per un linguaggio (e un'ideologia) socialista.
Purtroppo gli Atti del XX Congresso del PCUS non offrono un discorso chiaro sui pur tanto cruciali punti toccati, e diremmo, anzi, che se tutto il Congresso rappresenta un termine di passaggio che codifica, come vedremo meglio più avanti, tutta una serie di provvedimenti empirici, esso sottintende sempre una nuova impostazione ideologica, ma non la esplicita o non vuole esplicitarla.
Il vizio rilevato, in quasi tutti gli interventi, di giustificare posizioni nuove[...]

[...]a una diversità qualitativa, non foss'altro per la presenza del Piano. Il pessimismo machiavellico e humiano sull'uomo è sfiducia nel fondamento obiettivo dell'accordo tendenzialmente unanime, ossia nella 'tirannia della ragione'; e quindi ogni neoilluminismo fondato sull'uomo come singe malfaisant non potrà che arretrare di fronte alle note, hegeliane, conseguenze di ogni illuminismo del genere, e farsi conservatore; e d'altra parte l'ottimismo marxista fallisce nella misura in cui ignora tutta la microscopica complessità dei conflitti umani, e affrontando meccanicamente il rapporto fra strutture e sovrastrutture dimentica il carattere universale della contraddi
56 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
cato senza esclusioni. La ripresa leninista, oltre che un valore sentimentale, è un modo di ottenere una autorevole e insindacabile conferma dei passi in avanti, delle aperture effettuate.
Così l'effettiva battaglia delle idee ( e dei fatti) non trova una sua chiarificazione moderna. Sopra il duello fra novatori ed eventuali resistenti sta la ben [...]

[...] concreto. Questo fatto da un lato apre una possibilità positiva: il far cessare l'uso confermativo dell'ideologia ortodossa e classica, come copertura di una realtà tattica, mobile, eterodossa che non le corrisponde, ma dall'altro rischia il ripiegamento empiristico, minuto, contingentistico, ancora tanto poco libero da aver bisogno di altri, anche se diversi, e più ampi, aiuti classici. Così di volta in volta ci si copre ancora con una figura: Marx giovane, Marx vecchio, Lenin di u un passo avanti », Lenin di « due passi indietro ».
zione (come, forte dell'insegnamento di Mao, il P. C. Cinese ha soavemente ricordato ai sovietici). Ma é un fallimento 'in avanti'; e come agli errori della democrazia — diceva Masaryk — si rimedia solo con un di più di democrazia, così agli errori della obiettività e razionalità (o scientificità) dello sviluppo socialumano si rimedia solo con un di più di obiettività e razionalità. Nella sua lotta per l'attuazione di una totalità umana (e quindi 'tendenziale unanimità' o unità del genere umano) il marxismo può scambiare[...]

[...]Cinese ha soavemente ricordato ai sovietici). Ma é un fallimento 'in avanti'; e come agli errori della democrazia — diceva Masaryk — si rimedia solo con un di più di democrazia, così agli errori della obiettività e razionalità (o scientificità) dello sviluppo socialumano si rimedia solo con un di più di obiettività e razionalità. Nella sua lotta per l'attuazione di una totalità umana (e quindi 'tendenziale unanimità' o unità del genere umano) il marxismo può scambiare la parte per il tutto, e quindi errare; ma questo non accadrà, mai alla concezione liberale, per la quale la parte ha da rimaner sempre tale e l'uomo e la società in se stessi spartiti e divisi, si che il rapporto maggioranzaminoranza sia appena un remedium concupiscientiae, un retaggio della colpa originale. E dunque le strumentazioni liberali che, giorno dopo giorno, paiono introdursi nel mondo socialista non si interpretino come riconoscimento che il libero gioco dei gruppi di interessi, fondati in ultima istanza sulla parte di appropriazione del prodotto sociale, sia uti[...]

[...]eggiore degli avversari), visti come statici, sagome fisse e nere tutte uguali nell'uguaglianza dell'essere per « essere colpite », non gli consenti lo sviluppo di una dialettica « sublimata » all'interno, che desse una nuova dimensione alle contrapposizioni, una nuova « teoria dell'errore », una diversa verifica della verità. Per questo il suo linguaggio è rimasto un linguaggio bellico, alle volte da trincea (ed anche alcuni suoi atti). Per noi marxisti occidentali una delle peggiori pene è oggi constatare che alcune sue azioni (e definizioni di queste azioni) abbiano trovato una, anche se solo formale, rispondenza di verità nei commenti di allora del « Corriere della Sera ». Che cioè il comunismo sia sceso per qualche momento ad un punto tale da poter essere giudicato, con una certa verosimiglianza, dal peggiore anticomunismo.
Come è possibile che il giudizio su alcuni processi delittuosi che oggi danno le pubblicazioni sovietiche, concordi, almeno nella
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forma, ai giudizi (non della migliore), ma della, [...]

[...] processi delittuosi che oggi danno le pubblicazioni sovietiche, concordi, almeno nella
58 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
forma, ai giudizi (non della migliore), ma della, ancor fresca di fascismo, nostra democrazia borghese apparente ? È che l'ideologia e la prassi socialiste erano, in alcune loro parti, scadute al livello dell'avversario, che contavano, con falsa astuzia, di eliminare usando le sue stesse armi. Ma per l'ideologia e per la prassi marxista ogni uomo è infinitamente recuperabile, non esiste limite al rifarsi una vita, alla riabilitazione. Per il marxismo è esclusa la pena di morte e la punizione detentiva, il processo persecutorio, l'estorsione della verità e la confessione della menzogna, procurata ad arte. Per il marxismo non esistono i « mostri del genere umano », appunto perché la sua eticità consiste nel pretendere di fare di ogni uomo un uomo.
La pena che proviamo è di doverci trovare oggi a ripetere, davanti agli avversari ghignanti, ciò che già Metello sapeva a memoria e non dubitava sarebbe mai stato dimenticato. Non accettia mo peraltro di metterci « alla scuola occidentale » solo perché questi nostri avversari hanno potuto verificare in noi solo un passaggio attraverso una parte dei loro errori permanenti, farci dire e farci fare qualcuna delle loro abituali crudeltà, che sono ancora oggi, mentre[...]

[...]artito non solo governa, ma controlla. Nello stalinismo le due funzioni essenziali erano assorbite in una sola persona: governo autoritario, controllo autoritario. Esiste una ragione in questa « reductio ad unum » ? Esisteva. Fra le possibili vie di una « dittatura di classe » necessaria nel periodo di trapasso, si era scelta la più breve e tradizionale: quella del potere concentrato. L'idea della scientificità, data per implicita e scontata nel marxismo, oscurò la possibile visione di una organizzazione scientifica da costruirsi. Oggi, di fronte al quesito di come possa accadere che in una fabbrica sovietica, diretta da tecnici eccellenti, sollecitata politicamente, e dove l'operaio dá piena adesione al lavoro fino alle forze più « eroiche » di stakanovismo, la produttività sia più bassa che negli Stati Uniti (vedi ad es. rapporto di Krusciov pag. 117, per l'agricoltura) non si potrebbe che rispondere: mancanza di organizzazione scientifica.
L'ideologia si muoveva su due piani distinti: l'uno, altissimo depositario di valori fissi, l'al[...]

[...]Congresso in un modo che può sembrare addirittura volutamente trasandato, possono dar luogo alle seguenti rispettive considerazioni:
1) Il passaggio dal « controllo autoritario » al « controllo operativo » segna il cessare del sistema meramente coercitivo del periodo staliniano. Ma il « controllo operativo » non può essere, a sua volta, che un termine di passaggio al raggiungimento del « controllo democratico » che sta alle origini del pensiero marxista e che oggi può assumere una configurazione tecnicoorganizzativa ben più ampia e concreta. Il « controllo autoritario » era, se si può usare l'espressione, esattamente il contrario del « controllo democratico », il suo rovescio. Esso é naturalmente collegato alle forme della « dittatura del proletariato », dove é la classe operaia al potere, attraverso il Partito, che regola e verifica la produzione, volente o nolente, di tutto il « corpus » dei cittadini, o appartenenti alla vecchia classe dominante o ancora impreparati ad un autogoverno.
Nel momento attuale il rapporto dovrebbe tendere [...]

[...] garanzie per il rispetto del piano attraverso le forme di un « controllo operativo » anticipante forme complete di « autocon
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trollo tecnico » nel quadro dell'organizzazione scientifica generale. (E val la pena forse di aggiungere qui, a scanso di possibili equivoci, che quando parliamo di scienza o di tecnica o di organizzazione scientifica o di strumenti tecnici intendiamo questi termini all'interno del concetto marxista secondo il quale la scienza e la tecnica, come del resto tutta la cultura, non sono fatti « neutri » o « neutrali », ma sempre politicamente determinati, anche se aperti a diverse alternative).
2) L'autocontrollo ha la sua essenza e la sua intrinseca possibilità di funzionamento a patto che il cittadino si senta e sia oggettivamente corresponsabile del piano. Tale corresponsabilità nasce quando egli partecipa alla determinazione ed alla verifica del piano. Determinazione e verifica del piano possono essere infatti i due punti di partenza e di arrivo del grande cerchio della nuova ed orig[...]

[...]uto coercitivo. Lo Stato autoritario della dittatura del proletariato si scioglie (non si liberalizza) in uno « Stato funzionale », in una nuova forma organizzativa, operativa e quindi democratica senza residui. « Invece del governo sugli uomini, si avrà l'amministrazione delle cose e la direzione dei processi di produzione » commenta Engels nell'« An.tidühring ».
L'antica concezione roussoiana della <« volontà generale », passata attraverso il marxismo, trova finalmente la sua incarnazione reale nella pianificazione organica, dove l'esercizio della sovranità e l'educazione alla libertà convergono e coincidono.
6) Passato e futuro del Partito
Il « Partito » concepito, secondo Lenin, come « forma suprema dell'unione di classe del proletariato » e, secondo Stalin, come « corpo politico della classe operaia », « stato maggiore di lotta del proletariato », « parte inseparabile della classe » e, insieme, « reparto organizzato di essa », « necessario al proletariato per conquistare e mantenere la dittatura », « strumento della dittatura » (Q[...]

[...]esso lavoro, i loro stessi sacrifici, il loro stesso operare e lottare per un mondo diverso. Se i « mostri del genere umano » fossero realmente esistiti in URSS, se il sistema socialista li avesse veramente prodotti o sopportati ai più alti posti di responsabilità negli anni della Rivoluzione e in quelli della costruzione successiva, se « spie del nemico e agenti del capitalismo » avessero potuto per semplice gioco professionale elaborare teorie marxiste anche originali o comunque tecnicamente elaborate, ci sarebbe stato da disperare nell'uomo in quanto tale e nel socialismo anche.
Magari fosse stata possibile una spiegazione razionale dei fatti in questo senso! Viceversa non lo era e l'altra ipotesi si affacciò subito: divergenze politiche, errori politici. È terribile che il sistema debba essere così drastico verso chi commette errori — si pensava — ma le condizioni oggettive ancora lo richiedono. La rivoluzione ha il suo prezzo. E fa parte del suo prezzo anche il dare una qualificazione degradante di chi sbaglia: definitiva e senza re[...]

[...]nche la nostra partecipazione alla costruzione, il nostro pretendere uno sviluppo positivo. Così siamo pronti a rigettare insieme, sia l'accusa che alcuni ci possono muovere di essere antidemocratici perché non
ROBERTO GUIDUCCI 81
ammettiamo che una « libera cultura » possa criticare con « neutralità » l'operato dell'Unione Sovietica, sia l'altra di non essere « autorizzati » al discorso, perché, pur appartenendo di fatto al « blocco storico » marxista, critichiamo l'URSS senza essere iscritti ad alcun partito di sinistrá (e forse per questo ci interessa tanto la posizione delle centinaia di milioni di cittadini sovietici o delle democrazie popolari, che sono senza partito pur essendo all'interno del socialismo).
Ai primi ci permettiamo ricordare che é ormai verificabile scientificamente nella storia che se la cultura non è necessariamente partitaria, essa é sempre politica e quindi impegnata; ai secondi che, se la cultura é sempre politica, il marxismo non é e non deve essere necessariamente partitario.
Per i secondi aggiungiamo, per[...]

[...]rtito di sinistrá (e forse per questo ci interessa tanto la posizione delle centinaia di milioni di cittadini sovietici o delle democrazie popolari, che sono senza partito pur essendo all'interno del socialismo).
Ai primi ci permettiamo ricordare che é ormai verificabile scientificamente nella storia che se la cultura non è necessariamente partitaria, essa é sempre politica e quindi impegnata; ai secondi che, se la cultura é sempre politica, il marxismo non é e non deve essere necessariamente partitario.
Per i secondi aggiungiamo, per quanto riguarda il contenuto di questo e di altri scritti critici marxisti sullo stalinismo, che non pensiamo assolutamente che siano privi di errori, di valutazioni parziali, ecc. Anzi, pensiamo che errori ci siano e che solo un lungo discorso, qui appena iniziato, possa gradualmente scioglierli se condotto collettivamente.
E per i primi ed i secondi notiamo infine che, se per noi la fine del periodo staliniano è la chiusura di un'epoca oggettivamente costruttiva, non intaccata dai suoi errori che in misura particolare e ristretta, tuttavia l'esperimento che da questi errori possiamo trarre e non dobbiamo perdere é che se la verità non può, in un mondo diviso [...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Giuseppe Chiarante in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...]democratici o radicali di sinistra che fossero — che pur hanno ammesso l'esattezza del principio dell'edificazione del socialismo in un solo Stato, hanno però sempre considerato tale linea una semplice scelta politica suggerita dalle circost ‘ize, che, come tale, non mutava i termini sostanziali dei proble _1 rivoluzionari. Diveniva.
allora logico che, nella misura in cui stalinismo si allontanava
dagli schemi di direzione politica consueti al marxismoleninismo, se ne denunciasse la degenerazione, la involuzione illiberale.
Ma, a mio avviso, così non é. La tesi staliniana sull'edificazione del socialismo rappresenta — almeno a me pare — l'accertamento scientifico di una situazione storica per molti aspetti non prevista da Marx o da Lenin, e che era tale, per le sue concrete condizioni,. da comportare una forma molto rigida di gestione del potere.
Certo questa « novità » della posizione staliniana viene faticosamente in luce, oscurata come é dagli sforzi di Stalin stesso e di
GIUSEPPE CHIARANTE 19
tutta la cultura sovietica, che ha teso per lunghi anni a negare ogni soluzione di continuità, sia pure formale, fra la linea e la dottrina di Lenin e quelle del suo continuatore. Ma ove si sbarazzino gli scritti dello statista georgiano dalle necessità tattiche e formali che la dura lotta contro le deviazioni ha loro i[...]

[...]i
GIUSEPPE CHIARANTE 19
tutta la cultura sovietica, che ha teso per lunghi anni a negare ogni soluzione di continuità, sia pure formale, fra la linea e la dottrina di Lenin e quelle del suo continuatore. Ma ove si sbarazzino gli scritti dello statista georgiano dalle necessità tattiche e formali che la dura lotta contro le deviazioni ha loro imposto, non é difficile cogliervi la grande innovazione che egli ha portato all'interno della dottrina marxistaleninista.
E a tutti nota (e Stalin stesso fu sempre costretto a riconoscerlo) la posizione marxiana sul carattere internazionale della rivoluzione.
«Ecco la questione difficile per noi: sul continente la rivoluzione è imminente e prenderà anche subito un carattere socialista. Non sarà necessariamente battuta, in questo piccolo angolo di mon do, dato che il movimento della società borghese è ancora ascendente su un'area molto maggiore? » (1). Questa posizione, del resto, fu ripresa infinite volte ed anche accentuata da Engels.
Cosa mai è poi sopravvenuto a confutarla ? Lo stesso Stalin ce lo chiarisce con precisione: « Zinoviev dimentica che la citazione di Marx si riferisce al periodo[...]

[...]è imminente e prenderà anche subito un carattere socialista. Non sarà necessariamente battuta, in questo piccolo angolo di mon do, dato che il movimento della società borghese è ancora ascendente su un'area molto maggiore? » (1). Questa posizione, del resto, fu ripresa infinite volte ed anche accentuata da Engels.
Cosa mai è poi sopravvenuto a confutarla ? Lo stesso Stalin ce lo chiarisce con precisione: « Zinoviev dimentica che la citazione di Marx si riferisce al periodo del capitalismo monopolistico quando il capitalismo nel suo insieme si sviluppava secondo una linea ascendente... Altra cosa è il capitalismo imperialistico, quando il mondo è già stato spartito tra i gruppi capitalistici, quando lo sviluppo a sbalzi del capitalismo esige nuove ripartizioni del mondo già spartito, mediante conflitti militari, quando i conflitti e le guerre tra i gruppi imperialistici che sorgono su questo terreno indeboliscouo il fronte mondiale del capitalismo, lo rendono facilmente vulnerabile e creano la possibilità di aprire una breccia in singoli [...]

[...]vulnerabile e creano la possibilità di aprire una breccia in singoli paesi » (2).
In altri termini, la dottrina leninista sul passaggio del capitalismo alla sua « fase suprema », mentre costituiva la teoria sulla quale si fondava la rivoluzione socialista in un paese arretrato (in quanto punto più debole del fronte imperialistico mondiale), era altresì sufficiente a superare il preconcetto della « simultaneità mondiale » della rivoluzione.
(1) MarxEngels, Carteggio, vol. III, pag. 241.
(2) Stalin, Opere, rol. IX, pag. 107108.
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Pur tuttavia, ed è qui l'elemento decisivo, che significato veniva ad assure la tesi sulla rivoluzione socialista in un solo paese, oltretutto arretrato, all'interno del sistema concettuale leninista?
Essa rappresentava, è facile convenirne, il superamento di una concezione ancora per molti versi astratta e mitica del processo rivoluzionario; ne precisava cioè scientificamente il punto d'avvio e le forme iniziali. Lenin per) non andò oltre questi termini; e del resto la situazione [...]

[...]rze proletarie al livello da esse raggiunto nel 1917, il sicuro fondamento di ogni nuovo, futuro tentativo. Diveniva perciò necessario disporsi a costituire fino in fondo il socialismo poggiando sulle sole energie locali, senza cioè poter « giovare dell'aiuto economico del proletariato occidentale al potere » (Trotski) e sotto la pressione di uno schieramento imperialistico ricostituito nella sua unità e nella sua forza.
Da quel momento la tesi marxiana secondo la quale la rivolu' zione rappresentava il punto conclusivo del naturale sviluppo capitalistico e doveva quindi combattere la sua prima e decisiva battaglia entro l'ambito dei paesi economicamente progrediti veniva definitivamente superata. E, su questa base, è facile comprendere come l'innovazione staliniana, al di là del suo contenuto specifico, rappresentasse anche un importante e difficile passo in avanti del movimento operaio nel senso di liberare la sua dottrina così dalle eredità metafisicheggianti della sua origine hegeliana come dalle interpolazioni meccanicistiche che, i[...]

[...] se non proprio la primaria importanza che il primo attribuisce agli elementi forniti dall'indagine obiettiva e scientifica, in contraposto al procedimento ideologistico e astratto, letterale e scolastico del secondo ? Non é questa, metodologicamente, una nuova e ancor più decisiva battaglia (anche se simile a quella condotta da Lenin sul problema della pace di BrestLitowsk contro l'astrattismo dottrinario di un Bukarin) per ridurre realmente il marxismo alla sua esatta funzione di c scienza dello sviluppo della società » ?
Analoga considerazione può riferirsi al problema del superamento del determinismo. Edificare il socialismo in un solo paese, in condizioni economiche arretrate, trascinando enormi masse non proletarie, sotto la pressione dei tentativi controrivoluzionari della borghesia internazionale: é questo un disegno che, quanti altri mai, sottolinea le capacità dell'uomo, della classe, del partito, nel mutare il mondo circostante, nel superare gli ostacoli creati dalla storia e dalla natura.
Quella frase di Lenin, che fu più vo[...]

[...]'egemonia mondiale capitalistica, la frattura ormai avviata fra tradizione liberale e dominio borghese di classe, il consolidamento di un sistema socialista.
La formula staliniana viene in questa luce ad assumere, da un punto di vista teorico, un valore ancora più profondo di quanto forse mai il suo stesso autore avrebbe potuto pensare e ammettere. Essa infatti pare fornire il primo accenno storico di un concetto del tutto nuovo per l'ideologia marxista: la rivoluzione occidentale, proprio nella misura in cui esigeva forme istituzionali e alleanze di potere più vaste e comprensive che non quelle sovietiche, proprio perché non poteva fondarsi su una mera contrapposizione dialettica alla cultura liberale, postulava il pieno compimento di una fase storica precedente nel corso della quale il proletariato, giunto in alcuni paesi arretrati a piena maturazione statuale, era chiamato a sollecitare la rottura dell'egemonia liberalborghese e insieme a correggere la logica catastrofica del processo capitalistico.
Da quanto sono venuto fin qui espo[...]

[...]'elaborazione della sua tesi avvenne soprattutto attraverso concrete intuizioni politiche, assai difficili da imporre con persuasivi ed organici argomenti teorici; in secondo luogo, fatto ancor più decisivo, per elaborare teoricamente, e non solo sul piano della mera scelta politica, la tesi della edificazione socialista in un solo paese sarebbero stati necessari degli sviluppi ideologici e filosofici (ad esempio un ripensamento sulla dialettica marxista) che nel 1925 non erano certo storicamente maturi. In sostanza per battere il blocco di opposizione Stalin non aveva altro mezzo se non quello di integrare la sua battaglia teorica attraverso l'impiego degli strumenti di pressione organizzativa che la sua carica di segretario generale gli offriva. Recriminare su quella prassi significa di fatto, anche se quest'affermazione può parere brutale, rimpiangere la sconfitta di Trotzki.
In secondo luogo, la costruzione di un'economia socialista in un solo paese, per di più arretrato, comportava sacrifici, errori, battaglie durissime. Era necessa[...]

[...]dizioni in cui si trovava l'Unione Sovietica, della rivoluzione leninista del 1917. Ciò non toglie che essa rappresenti una via di edificazione del socialismo adeguata soltanto alla situazione di un paese arretrato quale era la Russia, e perciò di gran lunga inferiore alla via, gradualistica nei suoi metodi e rispettosa nella sua sostanza dei classici istituti dello Stato liberale, indicata già da tempo dall'interpretazione socialdemocratica del marxismo.
E chiaro qual è il corollario che discende da questa tesi: la rivoluzione sovietica non è in alcun modo un fatto di' valore mondiale
e perciò da essa ben poco ha da apprendere l'evoluto socialismo europeo; anzi la Russia stessa, colmato il distacco che la separava nel grado di sviluppo economico dalle più progredite nazioni dell'Occidente, è a sua volta destinata, per uscire dall'ancor barbarica autocrazia staliniana, ad assumere le più « civili » strutture politiche delle moderne democrazie occidentali.
Quest'obiezione, che conduce, necessariamente, a misconoscere il grande valore de[...]



da Giancarlo Bergami, Partito e prospettiva della rivoluzione comunista in Bordiga in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: PARTITO E PROSPETTIVA
DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA IN BORDIGA
1. Partito e classe nella battaglia di Bordiga per l'unità del proletariato. — La concezione bordighiana del partito politico della classe operaia ha la sua origine teoricopratica nell'impegno del fondatore del circolo rivoluzionario intitolato a Carlo Marx di ricostituire, negli anni che precedono la prima guerra mondiale, una corrente di sinistra capace di applicare il programma classista al di fuori dei particolarismi municipalistici, e contro il duplice revisionismo riformista e sindacalista. La lotta pressoché esclusiva alla tattica bloccarda e alle « morbose degenerazioni » del socialismo napoletano, che si era lasciato attrarre nello schieramento variopinto delle consorterie laiche, massoniche e democrateggianti, indica nondimeno il titolo di merito e, insieme, il punto debole del marxismo di Bordiga e dei suoi giovani compagni meridional[...]

[...]a capace di applicare il programma classista al di fuori dei particolarismi municipalistici, e contro il duplice revisionismo riformista e sindacalista. La lotta pressoché esclusiva alla tattica bloccarda e alle « morbose degenerazioni » del socialismo napoletano, che si era lasciato attrarre nello schieramento variopinto delle consorterie laiche, massoniche e democrateggianti, indica nondimeno il titolo di merito e, insieme, il punto debole del marxismo di Bordiga e dei suoi giovani compagni meridionali. Essi non pongono infatti la funzione e la natura del partito in termini tatticostrategici adeguati alla maturità raggiunta dalla maggioranza del proletariato, o alla crisi storica delle forze capitalistiche nazionali e mondiali.
La stessa opposizione bordighiana alla guerra si intona, nella forma di un deciso antimilitarismo di classe, all'agitazione antibellicistica del massimalismo di sinistra, piuttosto che identificarsi con la linea leniniana, emersa negli incontri di Zimmerwald e di Kienthal, mirante a trasformare la guerra imperia[...]

[...]a serie di 25 tesi sul fronte unico operaio divulgate nel dicembre del 1921 dall'Esecutivo dell'Internazionale comunista.
Mentre nella direttiva approvata al III Congresso del Komintern per la conquista della maggioranza del proletariato si riflette l'orientamento di rendere assai stretto il collegamento del partito con il movimento di massa nella sua storicità, di cui il partito è la risultante piú avanzata, capace di far camminare la dottrina marxista nella realtà e piegarla alle esigenze della lotta, Bordiga dal canto suo esalta, e per molti versi esaspera, « l'indipendenza del partito da tale movimento generale, di cui il partito stesso era organo e sintesi, poiché la classe operaia era da intendere già tutta espressa dalla teoria immutabile del marxismo rivoluzionario su cui esso si basava »4.
Nel momento in cui Bordiga fa dell'isolamento del PCD'I un valore da perseguire a ogni costo, riemerge l'incompatibilità con l'analisi leniniana e bolscevica delle funzioni del partito (i principi, il programma, la tattica), e delle questioni teoriche e metodologiche legate all'applicazione della dottrina marxista. E il PCD'I delimita la portata dell'appello del Komintern per il fronte unico operaio nell'ambito del fronte unico sindacale (e non politico).
Ciò non impedisce di affermare — come è detto nel Progetto di tesi presentate dal PCD'I al iv Congresso mondiale — che i comunisti propongono un'azione comune delle forze proletarie organizzate, salvo subordinare l'attuazione di questa tattica al compito fondamentale del partito comunista: la diffusione nella massa operaia della coscienza che solo il programma comunista e l'inquadramento diretto dal partito comunista la condurranno alla sua emanc[...]

[...]vanti al problema della prospettiva storica della classe operaia in Italia, e alla condanna della « famigliola » socialista italiana, ovvero del blocco delle tendenze socialdemocratiche, riformistiche, sindacalistiche, e pseudorivoluzionarie, apparse in Italia e fuori nel primo ventennio del Novecento. Da posizioni culturali antitetiche a quelle gramsciane Bordiga chiedeva, come ha scritto Giuseppe Berti,
la restaurazione totale dell'ortodossia marxista, considerava la degenerazione
« socialpatriottica » della it Internazionale come il punto culminante di un lungo processo degenerativo, collegava il revisionismo alla penetrazione, in varie forme, della filosofia idealistica « borghese » nel movimento operaio. Voleva ritornare alle fonti. Ma le sue fonti non erano affatto il pensiero idealistico italianotedesco
e contro le dottrine volontaristiche, contro le scintillanti formulazioni soreliane
e bergsoniane, egli aveva polemizzato, sin da giovane, nel socialismo napoletano. Le fonti, per Bordiga, erano le sacre pagine del Manifesto, er[...]

[...]visionismo alla penetrazione, in varie forme, della filosofia idealistica « borghese » nel movimento operaio. Voleva ritornare alle fonti. Ma le sue fonti non erano affatto il pensiero idealistico italianotedesco
e contro le dottrine volontaristiche, contro le scintillanti formulazioni soreliane
e bergsoniane, egli aveva polemizzato, sin da giovane, nel socialismo napoletano. Le fonti, per Bordiga, erano le sacre pagine del Manifesto, erano il Marx e l'Engels che avevano rotto definitivamente con l'idealismo « borghese », con la democrazia « borghese », con la sinistra democratica anche nelle sue espressioni piú radicali (I primi dieci anni di vita del P.C.I. Documenti inediti dell'Archivio Angelo Tasca, Milano, Feltrinelli, 1967, pp. 212).
PARTITO E PROSPETTIVA DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA IN BORDIGA 271
Su questo sfondo spicca la peculiarità della riflessione bordighiana nei riguardi del leninismo e dei problemi che i bolscevichi affrontavano per la conquista rivoluzionaria del potere. La vittoria dei bolscevichi non è per lui un eve[...]

[...]ti inediti dell'Archivio Angelo Tasca, Milano, Feltrinelli, 1967, pp. 212).
PARTITO E PROSPETTIVA DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA IN BORDIGA 271
Su questo sfondo spicca la peculiarità della riflessione bordighiana nei riguardi del leninismo e dei problemi che i bolscevichi affrontavano per la conquista rivoluzionaria del potere. La vittoria dei bolscevichi non è per lui un evento in grado di modificare di per sé o integrare l'autentica lezione del marxismo, in cui sono contenuti gli strumenti di analisi della realtà capitalistica e l'orizzonte speculativo invariante per ogni comunista. Il pensiero di Marx offre la bussola per orientarsi nella lotta anticapitalistica, al punto che basta accoglierne le indicazioni per guidare il proletariato alla vittoria. Il bolscevismo russo, che non rappresenta alcuna novità dal punto di vista teorico, conferma le previsioni sulla crisi irreversibile del capitalismo e la verità — da Bordiga acquisita fin dalla discussione del 1912 con Angelo Tasca al congresso di Bologna della Federazione giovanile socialista italiana — che il principale dovere dei rivoluzionari è quello di non perdere tempo con le fantasticherie revisionistiche e le divagazioni interessate d[...]

[...]ne leniniana a Bordiga e ai compagni della sinistra italiana di non sapere essi risolvere « il difficile problema della lotta contro le influenze democratiche borghesi in seno al movimento operaio, mentre in realtà si fugge soltanto la propria ombra, si chiudono soltanto gli occhi davanti alle difficoltà e si cerca soltanto di disfarsene con le parole ». Obiezione che, tradotta in termini generali, permette di scorgere il ritardo nell'educazione marxista di chi, appagato dall'estremismo, non vuole prendere atto che il comunismo « deve introdurre (e non vi riuscirà senza un lavoro lungo, perseverante, ostinato) quanto vi è di nuovo sul terreno dei principi, ciò che rompe radicalmente con le tradizioni della ii Internazionale (conservando e sviluppando al tempo stesso ciò che la ii Internazionale ha dato di buono) » II. Vale il sospetto che gli astensionisti e gli antiparlamentaristi, nel loro attaccamento alla ripetizione di pregiudiziali e schemi rivoluzionari, non avvertano che puntare sempre e unicamente sul fine dell'abbattimento della[...]

[...]esi subiva l'attacco della maggioranza capeggiata nel partito bolscevico da Stalin; e in questo spirito la conferenza sarà letta e pubblicata nel 1928, col titolo: Lénine sur le chemin de la révolution, nella rivista diretta da Pierre Naville n. Bordiga vi esalta la polemica leniniana contro le correnti gradualistiche, le falsificazioni del programma rivoluzionario tentate dai partiti opportunisti.
La restaurazione dei fondamenti della dottrina marxista si deve compiere, in Russia e nelle cittadelle avanzate del capitalismo europeo, sui due fronti della critica radicale al « marxismo » borghese dei socialdemocratici e all'economismo, che distoglie il proletariato dai compiti di organizzazione della propria forza per confinarne l'iniziativa nell'ambito del rivendicazionismo settoriale e frammentario, lasciando alla borghesia l'egemonia del movimento che abbatterà l'autocrazia zarista e instaurerà, con le libertà politiche, le condizioni di un democratico scontro fra i partiti. Lenin incarna la negazione di tutto questo: « non è la classe operaia — osserva Bordiga — che servirà per la rivoluzione dei borghesi: ma è la rivoluzione che sarà fatta in Russia dalla classe op[...]

[...]mentre registra come nel corso del dibattito congressuale non si fosse detto alcunché di autenticamente internazionale. Né il fondatore del PCD'I accetta il metodo, tipico della bolscevizzazione in atto, di linciare moralmente o diminuire gli avversari per illudersi di averne ragione. Nel ribattere alle osservazioni polemiche di N. Bucharin, che accusava la sinistra italiana di fare il gioco della destra e tacciava i « sinistri » italiani di antimarxisti, piccoloborghesi, pseudomarxisti, pseudoanarchici, e altrettali epiteti, Bordiga ri
276 GIANCARLO BERGAMI
leva che tale maniera di discutere non è degna d'una Internazionale rivoluzionaria IS
4. La genesi del bordighismo e l'opposizione della sinistra italiana alla bolscevizzazione. — È coniato in questo periodo il termine di bordighismo riguardato quale deviazione di sinistra dalla linea teorica ufficiale e dalle scelte praticate nel Komintern, e come tale destinato a calamitare accuse violente quanto prive di fondamento. Nell'agosto del 1925, quando lo scontro con la sinistra italiana è entrato in una fase acuta, A.[...]

[...]O E PROSPETTIVA DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA IN BORDIGA 277
La polemica vede schierati in prima fila i dirigenti comunisti italiani fino al 1924 vicini a Bordiga. Ercoli approfondisce con acribía il tema delle « basi idealistiche » del bordighismo, giudicato incapace di fare propria la concezione di un vero partito di massa. Bordiga, secondo Togliatti, difetta d'una visione integrale della realtà e si muove al di fuori del campo della dialettica marxista, mentre della concretezza e della molteplicità dei fenomeni egli « non vede che i punti che coincidono per caso con il piano immutabile dello schema astratto che si sforza di imporre alla realtà ». In conclusione, Bordiga « opera fuori del campo della dialettica materialista, che è il fondamento del marxismo; è imprigionato nelle sue concezioni filosofiche idealistiche, e si sperde in speculazioni e ragionamenti astratti completamente estranei allo spirito del marxismo ».".
Bordiga riprende, intanto, le sue argomentazioni nello scontro con Stalin avvenuto al vi Plenum dell'Esecutivo allargato (Mosca, febbraio 1926), in cui senza rispettare la richiesta ufficiale del Comitato centrale del partito russo alle varie sezioni dell'Internazionale (richiesta avanzata in seguito al xiv Congresso del PCR) di non occuparsi della questione russa egli entra in medias res, interrogando: « Dove va la Russia? Quali sono i caratteri e gli sviluppi della sua economia? » l'. Il 22 febbraio 1926 Bordiga ha modo di domandare al « compagno Stalin » se ritenga che nel determ[...]


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Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Marx, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---Pratica <---marxismo <---marxista <---Filosofia <---Dialettica <---materialismo <---socialista <---ideologia <---italiana <---siano <---Gramsci <---Ciò <---comunista <---Logica <---ideologico <---italiano <---socialismo <---Lenin <---Engels <---idealismo <---ideologie <---storicismo <---Stato <---gramsciana <---ideologica <---leninista <---marxisti <---Sociologia <---abbiano <---comunismo <---sociologia <---capitalismo <---fascismo <---gramsciano <---hegeliana <---italiani <---Metafisica <---comunisti <---ideologiche <---leninismo <---socialisti <---Diritto <---Scienze <---realismo <---umanesimo <---Hegel <---Storiografia <---idealisti <---ideologici <---metodologia <---riformismo <---Così <---Feuerbach <---Meccanica <---Sistematica <---determinismo <---fascista <---gnoseologico <---gramsciane <---hegelismo <---Del resto <---Ecco <---Estetica <---Francia <--- <---Perché <---crociana <---imperialismo <---marxiana <---metodologica <---Labriola <---Pensiero filosofico <---Russia <---Scienze naturali <---capitalista <---italiane <---liberalismo <---psicologico <---socialiste <---teologico <---umanismo <---De Sanctis <---Dogmatica <---La lotta <---Psicologia <---Scienza politica <---Stalin <---crocianesimo <---crociano <---d'Europa <---filologico <---meccanicismo <---metodologici <---metodologico <---mitologica <---psicologia <---Antonio Labriola <---Bukharin <---Capitale <---Carlo Marx <---Cosa <---Dei <---Dinamica <---Filosofia della storia <---Ordine Nuovo <---Poetica <---Trotzki <---artigiani <---cristianesimo <---d'Italia <---dogmatismo <---filologica <---gramsciani <---nell'Unione <---opportunismo <---positivismo <---revisionismo <---riformista <---sociologico <---staliniana <---zarista <---Basta <---Bernstein <---Come <---Etica <---Fisica <---Il Capitale <---Il lavoro <---La guerra <---Mi pare <---Partito <---Quale <---anarchismo <---bolscevismo <---centralismo <---dell'Europa <---dell'Ordine <---economismo <---economisti <---hegeliano 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