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Il segmento testuale Gramsci è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 981Analitici , di cui in selezione 65 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] P. Salvucci, Sul concetto gramasciano di storia della filosofia in Studi gramsciani

Brano: Pasquale Salvucci
SUL CONCETTO GRAMSCIANO DI STORIA DELLA FILOSOFIA
Sulla problematica che la storia della filosofia pone allo storicofilosofo o al filosofo in senso stretto, c'è stata, in questi ultimi tempi, tutta una let teratura caratterizzata, a volte, da contributi notevoli. Da respingere, certamente, come vuota questione scolastica il problema se la storia della filosofia sia possibile, perché che lo sia è provato dal fatto stesso del suo esserci. Il problema è essenzialmente sul come essa sia possibile 1.
In che senso le annotazioni dedicate dal Gramsci al tema possono aiutarci a chiarire la problematica relativa alla st[...]

[...]sofia pone allo storicofilosofo o al filosofo in senso stretto, c'è stata, in questi ultimi tempi, tutta una let teratura caratterizzata, a volte, da contributi notevoli. Da respingere, certamente, come vuota questione scolastica il problema se la storia della filosofia sia possibile, perché che lo sia è provato dal fatto stesso del suo esserci. Il problema è essenzialmente sul come essa sia possibile 1.
In che senso le annotazioni dedicate dal Gramsci al tema possono aiutarci a chiarire la problematica relativa alla storia della filosofia ed in che misura possono illuminare il nostro lavoro di storici della filosofia?
A ripercorrere la sua pagina, si resta sorpresi nel constatare la profondità con cui il Gramsci affronta e risolve il problema del significato e della direzione del lavoro dello storico. Ciò non accade, ovviamente, soltanto nelle note che sono esplicitamente dedicate al problema, ma es senzialmente là dove il Gramsci verifica in concreto — sempre, però, nei limiti consentitigli dal carattere necessariamente frammentario delle sue messe a punto — la validità dei criteri metodologici della filosofia della prassi da lui originalmente rielaborati. Quando si occupa di Hegel, Gramsci rivela in modo impressionante quale finissimo storico della filosofia sa rebbe stato, se avesse voluto o potuto esserlo. Ma di questo piú oltre.
Che il lavoro dello storico ubbidisca alla propria intuizione del mondo
1 Cfr. A. MASSOLO, La storia della filosofia come problema, Firenze, 1955; M. GuERouLT, «La légitimité de l'histoire de la philosophie », in La filosofia della storia della filosofia, pp. 3963 (Archivio di Filosofia, 1954).
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e dell'uomo è, nel Gramsci, un punto fermo. Il Garin ha ricordato alcune espressioni in questo senso indicative 1. La scelta [...]

[...]mo storico della filosofia sa rebbe stato, se avesse voluto o potuto esserlo. Ma di questo piú oltre.
Che il lavoro dello storico ubbidisca alla propria intuizione del mondo
1 Cfr. A. MASSOLO, La storia della filosofia come problema, Firenze, 1955; M. GuERouLT, «La légitimité de l'histoire de la philosophie », in La filosofia della storia della filosofia, pp. 3963 (Archivio di Filosofia, 1954).
254 I documenti del convegno
e dell'uomo è, nel Gramsci, un punto fermo. Il Garin ha ricordato alcune espressioni in questo senso indicative 1. La scelta e la critica di una certa concezione del mondo è un fatto eminentemente politico che esige, perché possa venire sistemato criticamente e coerentemente, un ritorno al passato, alla storia della filosofia, per ciò che essa « mostra quale elaborazione il pensiero abbia subito nel corso dei secoli e quale sforzo collettivo sia costato il nostro attuale modo di pensare... » 2.
La filosofia non fa storia con se stessa, per cid che essa non procede mediante il solitario autopotenziarsi di una peculiare[...]

[...]« mostra quale elaborazione il pensiero abbia subito nel corso dei secoli e quale sforzo collettivo sia costato il nostro attuale modo di pensare... » 2.
La filosofia non fa storia con se stessa, per cid che essa non procede mediante il solitario autopotenziarsi di una peculiare problematica che prescinda dalla situazione storica dell'uomo, dal lavoro e dal rapporto dell'uomo con l'uomo. Questo significa, nel suo piú valido senso, l'espressione gramsciana che la filosofia non nasce dalla filosofia 3. La filosofia è inevitabilmente storica. Questo carattere perviene alla piena consapevolezza nella filosofia nelda prassi — ed in questo consiste un aspetto fondamentale della sua superiorità —, per ciò che essa per prima si è fatta cosciente della propria storicità 4. Per questo, lo storico non può che rivolgersi « alla pratica, alla storia reale dei mutamenti dei rapporti sociali, dai quali quindi (e quindi, in ultima analisi, dalla economia) sorgono (o sono presentati) i problemi che .il filosofo si propone ed elabora » 5. Qui è delineato il [...]

[...]r
una coscienza (il filosofo) che se li propone e elabora.
Dichiarazione che illumina potentemente la tesi che fare storia della filosofia significa storicizzare, meglio « cercare il nesso storico tra filosofia e realtà storica » s. Si chiarisce che cosa si intende con l'espressione che lo storico non può che rivolgersi alla storia reale. Il senso è, secondo noi, questo: unicamente dall'interno di un sistema, lo storico deve e può
1 E. GARIN, Gramsci nella cultura italiana, Appunti. Nel presente volume a p. 10, con riferimenti a P., pp. 4, 34.
2 M. S., p. 6.
3 M. S., p. 234.
4 M. S., pp. 9394; p. 237.
5 M. S., p. 233: corsivo mio.
6 M. S., p. 233.
Pasquale SaLvucci 255
scoprire il significato (la coscienza) che una determinata realtà assume in quel sistema. Ciò spiega perché il Gramsci riconosca che la storiografia non possa essere considerata e condotta come attività tribunalizia, come giudizio dall'esterno, quindi 1.
stato opportunamente notata 2 che in Gramsci c'è l'identificazione di filosofia e politica e che è in essa il criterio del giudizio storico delle filosofie passate (cfr.: « il filosofo reale è e non può non essere altri che il politico » 3). Questa identificazione significa che il filosofo non è unicamente la coscienza della realtà del proprio tempo, perché, come uomo di città, lavora a modificare la realtà. Lo storico, quindi, ricerca in che misura una determinata filosofia è espressione della realtà del proprio tempo ed in che misura è elaborazione astratta, « astorica » 4. A volte, la parte che, in un sistema, pub considerarsi storic[...]

[...]a tesi precedente di altro filosofo... » '. Lo storico storicista non si lascia, però, ingannare da questa continuità (ché, la continuità delle filosofie non è rappresentata da questa parte metastorica), dacché « la filosofia si sviluppa perché si sviluppa la storia generale del mondo (e cioè i rapporti sociali in cui gli uomini vivono)... » 3, ma scava nel pro
M. S., p. 68.
2 C. LUPORINI, La metodologia filosofica del marxismo nel pensiero di Gramsci. Appunti. Nel pres. volume a p. 43.
3 M. S., p. 28.
4 M. S., p. 151.
5 M. S., p. 9, nota n. 1; p. 23.
6 M. S., p. 24.
7 M. S., p. 234.
8 M. S., p. 234.
256 I documenti del convegno
fondo per ricercare, dall'interno sempre, nella coscienza del filosofo, la realtà nuova che ha condizionato il sorgere della nuova filosofia. Si legga: « La nuova filosofia non può coincidere con nessun sistema del passato, comunque esso si chiami. Identità di termini non significa identità di concetti» 1, perché la coincidenza avrebbe fondamento in una assurda identità nelle realtà teorizzate.
Il lavoro d[...]

[...]mpre, nella coscienza del filosofo, la realtà nuova che ha condizionato il sorgere della nuova filosofia. Si legga: « La nuova filosofia non può coincidere con nessun sistema del passato, comunque esso si chiami. Identità di termini non significa identità di concetti» 1, perché la coincidenza avrebbe fondamento in una assurda identità nelle realtà teorizzate.
Il lavoro dello storico della filosofia, quale a me pare che risulti dalle annotazioni gramsciane, consiste, quindi, in questo: senza lasciarsi sedurre dalla continuità terminologica (senza però trascurare il peso di questa continuità) accertare in che senso una nuova filosofia è coscienza di un mutamento reale avvenuto nella realtà e in che senso cooperi a modificare la vecchia filosofia, il precedente modo di pensare, nella consapevolezza che questa vecchia filosofia (dalla quale si muove, magari in continuità piú o meno critica) è incapace, ormai, di comprendere (con cettualizzare) la nuova realtà.
Di questo modo di storicizzare le filosofie, il Gramsci ci offre una eloquente testi[...]

[...] peso di questa continuità) accertare in che senso una nuova filosofia è coscienza di un mutamento reale avvenuto nella realtà e in che senso cooperi a modificare la vecchia filosofia, il precedente modo di pensare, nella consapevolezza che questa vecchia filosofia (dalla quale si muove, magari in continuità piú o meno critica) è incapace, ormai, di comprendere (con cettualizzare) la nuova realtà.
Di questo modo di storicizzare le filosofie, il Gramsci ci offre una eloquente testimonianza nella sua lettura di Hegel. I suoi incontri con Hegel sono molti, ma tutti, ovviamente, occasionali. Quando il Gramsci interpreta la celebre espressione engelsiana nel senso che l'assorbimento della parte vitale dell'hegelismo, da parte del marxismo, non si è ancora esaurito, ma è un processo storico in movimento 2, penso che si tratti di una osservazione che si possa sostanzialmente condividere ancora oggi. Il compito è, semmai, quello di continuare a liberare Hegel dall'immagine neohegeliana, di quella filosofia, quindi, che di Hegel « ha tagliato via la parte piú realistica, piú storicistica » 3.
A questo compito lo stesso Gramsci ha offerto contributi indubbiamente notevoli. La filosofia della prassi ere[...]

[...]bimento della parte vitale dell'hegelismo, da parte del marxismo, non si è ancora esaurito, ma è un processo storico in movimento 2, penso che si tratti di una osservazione che si possa sostanzialmente condividere ancora oggi. Il compito è, semmai, quello di continuare a liberare Hegel dall'immagine neohegeliana, di quella filosofia, quindi, che di Hegel « ha tagliato via la parte piú realistica, piú storicistica » 3.
A questo compito lo stesso Gramsci ha offerto contributi indubbiamente notevoli. La filosofia della prassi eredita il nucleo piú storicistico di Hegel, perché non vede nel suo sistema il panlogismo, ma la teorizzazione di una ben definita realtà. Nel sistema di Hegel « ... si riesce a comprendere che cosa è la realtà» 4. Questa illuminazione gramsciana precede di molto alcuni recenti studi che hanno presentato Hegel come «filosofo della realtà » (Hippolyte, Weil, ma soprattutto Lukàcs). Il
M. S., p. 151 : il corsivo è mio.
2 M. S., p. 91.
3 M. S., p. 241.
4 M. S., p. 93.
Pasquale Salvucci 257
recupero storicistico di Hegel, da parte della filosofia della prassi, è anche nel significato che questa ha dato alla tesi hegeliana « che la filosofia si converte nella storia della filosofia » 1.
Per intendere il sensodi questo recupero, si deve ricordare che, in Regel, sono reperibili due sollecitazioni che si risolvono con la vittoria de[...]



da [Gli interventi] Albert Schreiner in Studi gramsciani

Brano: Albert Schreiner

Ho l'onore di portare il saluto cordiale dell'Istituto di Storia dell’Accademia delle Scienze di Berlino che mi ha delegato a partecipare a questo Convegno. La mia partecipazione vuole attestare il significato che assume l’opera di Gramsci per il movimento operaio internazionale. Nella Repubblica Democratica Tedesca noi ci sforziamo di far si che l'opera di Gramsci sia conosciuta, sicuri che da questa conoscenza verrà un appoggio alla azione e alla lotta della classe operaia ed alle forze progressive ad essa alleate.

Nella R.D.T. e nella Germania Occidentale l’opera di Gramsci fino ad oggi non è stata sufficientemente studiata, né sono state sufficientemente divulgate le sue idee creative. Siamo venuti a Roma soprattutto in veste di « ricercatori », soprattutto per renderci esattamente conto del modo col quale vengono approfondite le idee di Gramsci e da ciò trarre quell’indispensabile impulso ed aiuto che ci permetta di far tesoro nella nostra lotta ideale di tutto quanto di positivo è stato lasciato da Antonio Gramsci.

Qualcosa è già stato fatto nella R.D.T. per far conoscere il pensiero di Gramsci. Già da alcuni anni abbiamo infatti pubblicato il suo studio sulla « quistione meridionale ». Ed è comprensibile la precedenza data a quest opera se si considera quanto la questione dell’alleanza fra gli operai e i contadini sia importante nel nostro Stato, tenendo anche conto che tale questione per lungo tempo è stata da noi sottovalutata anche da parte della avanguardia della classe operaia. Due anni fa sono state tradotte le Lettere dal carcere e cinque conferenze di Paimiro Togliatti che sono state raccolte in opuscolo col titolo Antonio Gramsci — una vita per la classe operaia italiana. [...]

[...] comprensibile la precedenza data a quest opera se si considera quanto la questione dell’alleanza fra gli operai e i contadini sia importante nel nostro Stato, tenendo anche conto che tale questione per lungo tempo è stata da noi sottovalutata anche da parte della avanguardia della classe operaia. Due anni fa sono state tradotte le Lettere dal carcere e cinque conferenze di Paimiro Togliatti che sono state raccolte in opuscolo col titolo Antonio Gramsci — una vita per la classe operaia italiana. È prossima la pubblicazione della tradu570

Gli interventi

zione degli articoli di Gramsci del periodo delY Ordine Nuovo, cui farà seguito una scelta degli scritti tratti dai Quaderni del carcere. Riteniamo che queste pubblicazioni saranno particolarmente utili ai nostri studiosi e costituiranno un contributo per un più aperto e dialettico approfondimento del marxismo.

Dalle relazioni e dalle discussioni sono emerse una serie di questioni di grande interesse. Permettete che vi dica quanto positiva sia stata la mia impressione soprattutto per il modo non dogmatico, ma critico e scientifico con il quale è stato impostato e svolto questo Convegno, nello spirito di tutto il pensiero[...]

[...]articolarmente utili ai nostri studiosi e costituiranno un contributo per un più aperto e dialettico approfondimento del marxismo.

Dalle relazioni e dalle discussioni sono emerse una serie di questioni di grande interesse. Permettete che vi dica quanto positiva sia stata la mia impressione soprattutto per il modo non dogmatico, ma critico e scientifico con il quale è stato impostato e svolto questo Convegno, nello spirito di tutto il pensiero gramsciano. I temi affrontati sono talmente vari ed ampi da obbligarmi a riconoscere i miei limiti nella conoscenza dell'opera di Gramsci. Sono cioè nelle condizioni di colui che è venuto qui per apprendere. Su due questioni tuttavia, ialle quali mi lega un interesse del tutto particolare, vorrei fare brevi annotazioni : e sulla questione della egemonia della classe operaia, sulla questione dei Consigli.

Io ritengo che l’egemonia della classe operaia nella alleanza con le altre classi sociali può essere efficace solo se si giunge alla unità della classe operaia nella azione pratica, in ultima lanalisi ad un partito unificato della classe operaia. La divisione della classe operaia ne mina le capacità egemoniche e costituisce [...]

[...]raia nella alleanza con le altre classi sociali può essere efficace solo se si giunge alla unità della classe operaia nella azione pratica, in ultima lanalisi ad un partito unificato della classe operaia. La divisione della classe operaia ne mina le capacità egemoniche e costituisce una delle cdndizioni per la conservazione del predominio borghese.

Per quanto riguarda la questione dei Consigli profondo interesse ha suscitato in me la lotta di Gramsci contro la loro deformazione riformistica e sindacalista. È un problema al quale mi interesso dia lungo tempo, fin dal periodo in cui nel novembre del 1918 fui dirigente del Consiglio degli operai e dei soldati di Stoccarda. Nella costituzione dei Consigli vanno distinti due momenti. I Consigli in quanto organismi di lotta della classe operaia prima della presa del potere, e in quanto organismi dello Staito operaio e contadino dopo la conquista del potere. In quanto organismi di lotta essi sorsero, nelle loro molteplici variazioni, in molti paesi europei dopo la Rivoluzione russa del 1917. Ess[...]

[...]voluzione russa del 1917. Essi non possono essere considerati una ripetizione meccanica dcH'esempio russo, ma sono sorti nelle condizioni oggettive della lotta delle classi nell’epoca dell’imperialismo e delle rivoluzioni proletarie allorché le vecchie forme di organizzazione della classe operaia si rivelarono insufficienti a inserire nella lotta tutta la classe operaia. Sono certo che la pubblicazione degliAlbert Schreiner

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scritti di Gramsci dedicati a questo argomento costituirà un arricchimento prezioso della discussione sui Consigli che è già in corso nella R. D. T. e si svilupperà in vista del quarantesimo anniversario della nostra Rivoluzione di novembre.

Accogliete a nome mio e a nome del compagno Zamis il nostro vivo ringraziamento per averci dato la possibilità di partecipare ai lavori di questo Convegno.



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] L. Geymonat, Per un intervento al convegno di studi gramsciani in Studi gramsciani

Brano: Ludovico Geymonat
PER UN INTERVENTO AL CONVEGNO DI STUDI GRAMSCIANI
Garin pone in luce la « costanza evidente » — nei testi di Gramsci — di taluni temi che costituiscono le « linee di sviluppo ben definite » del pensiero del Nostro; e non nasconde che questa impostazione sembra « spesso lasciare in ombra, magari fino all'ingiustizia, altri temi ed aspetti pur validi di posizioni culturali diverse » (« Gramsci risente di tutto un clima culturale nella valutazione dei secoli XVII e XVIII, e nella limitata attenzione rivolta, per esempio, all'opera degli scienziati »).
I1 medesimo relatore cerca pure di spiegare, con grande acume ed obiettività storica, le ragioni di questo atteggiamento: esse sarebbero da cercarsi nel proposito, evidente in Gramsci, di combattere il crocianesimo sul suo medesimo piano, cioè con preciso riferimento ai temi che tale filosofia riteneva piú attuali. È un proposito storicamente ben giustificabile, se teniamo conto che Gramsci, e del resto tutto l'ambiente culturale in cui egli si era formato, considerava Croce « la voce piú importante e piú pericolosa » della vita italiana dell'epoca.
Tutto ciò premesso, mi sembra chiaro che — prima di sostenere la piena e completa « fecondità e attualità » del pensiero filosofico di Gramsci — dovremmo decidere in modo inequivocabile, se ancora oggi Croce possa venire considerato la « voce piú importante e piú pericolosa » della cultura italiana e ancora oggi i suoi temi possano venire ritenuti quelli piú attuali della nostra cultura.
Senza dubbio la relazione di Luporini ha il merito di sottolineare molti aspetti estremamente vivi del pensiero di Gramsci (che sono poi, come il relatore stesso osserva, le costanti piú strettamente connesse ad alcuni
148 i documenti del convegno
punti essenziali del pensiero di Marx e di Lenin). Ma ciò non può farci dimenticare il fatto, che i temi caratteristici di Gramsci — quelli specifici della sua elaborazione filosofica — sono, come ha detto Garin, i temi ritenuti piú attuali dal crocianesimo.
Proprio qui vanno ricercate le radici ultime della perplessità di alcuni studiosi italiani, legati alla odierna rinascita illuministica, nel giudicare l'attualità « piena e completa » dell'opera di Gramsci. Il neoilluminismo ha costituito un rivolgimento profondo della filosofia, e ha fatto affiorare temi nuovi, assolatamente ignoti alla problematica crociana (basti ricordare quelli connessi alla metodologia scientifica, alla tecnica, alla logica formale, ecc.) e presenti invece in altri filoni della cultura italiana (Cattaneo, Peano, Vailati, Enriques) trascurati dal crocianesimo.
Oggi il marxismo ha dimostrato di saper formulare, proprio su questi ultimi temi, una parola molto seria e piú profonda certo di quella dei neopositivisti tedeschi e americani. Meno chiaro, invece, è se abbia potuto[...]

[...]e, è se abbia potuto dire su di essi una parola altrettanto fondamentale chi si muoveva — sia pure con la massima serietà e perspicacia — in una problematica sostanzialmente condizionata da quella crociana.
Su questo punto desidererei un preciso chiarimento da parte dei due relatori, perché confessò di non riuscire, per mio conto, ad eliminare ogni perplessità al riguardo. Non si tratta evidentemente di disconoscere l'importanza del pensiero di Gramsci nella storia della filosofia e tanto meno l'interesse, anche attuale, del suo intenso sforzo per oltrepassare la tematica crociana, ma soltanto di decidere se — una volta abbandonata questa tematica — si possano ancora trovare, ed in quale misura, nell'opera di Gramsci gli elementi fondamentali al fine di risolvere i nuovi problemi filosofici di oggi.
Mi parrebbe molto utile comunque — e mi permetto di farne formale proposta al Convegno — di affidare ai due relatori l'incarico di curare un'ampia antologia, scientificamente impostata, degli scritti filosofici del Nostro, come recentemente è stato fatto per altri pensatori italiani (Vailati). Essa potrebbe venire molto utilmente adottata (e sarebbe nostro dovere appoggiarne la diffusione) nell'ultimo corso di liceo; tale adozione recherebbe certo un preziosissimo contributo al rinnovamento della scuola itali[...]



da Ranuccio Bianchi Bandinelli (Presidente Istituto Gramsci), Premessa [segue organigramma comitato d'onore e comitato direttivo Istituto Gramsci] in Studi gramsciani

Brano: Nei giorni 1113 gennaio 1958 si è svolto a Roma, organizzato dell'Istituto Gramsci, il I Convegno di studi gramsciani, i cui Atti vengono pubblicati nel presente volume.
Il Convegno si proponeva di portare un sostanziale contributo alla conoscenza, alla discussione dei principali nuclei del pensiero e dell'azione di Antonio Gramsci, all'approfondimento di tutta la vasta tematica intorno alla quale si dispiegò la sua appassionata indagine sia negli anni di accese lotte politiche che precedettero l'arresto, sia negli anni di tormentosa riflessione trascorsi nel carcere e stroncata dalla morte.
Lo studio del pensiero e dell'azione di Gramsci non si esaurisce negli studi che vengono qui pubblicati; essi costituiscono però, nel loro complesso, una solida base per nuove ricerche, per nuovi contributi e soprattutto una sollecitazione a svolgere quanto Gramsci intuisce, suggerisce e delinea con tanta ricchezza di implicazioni.
Il presente volume comprende gli Appunti per le relazioni, distribuiti agli iscritti al Convegno come base di discussione, e che la elaborazione successiva da parte dei relatori ha dato come presupposti, in modo che la relazione costituisce piú che una elaborazione dello schema, un sostanziale ampliamento della sua tematica; le comunicazioni distribuite all'inizio dei lavori; le relazioni; gli interventi nel corso del dibattito; fra questi sono stati riportati quegli interventi in commissione che avessero carattere integrati[...]

[...]osti, in modo che la relazione costituisce piú che una elaborazione dello schema, un sostanziale ampliamento della sua tematica; le comunicazioni distribuite all'inizio dei lavori; le relazioni; gli interventi nel corso del dibattito; fra questi sono stati riportati quegli interventi in commissione che avessero carattere integrativo e non riassuntivo delle comunicazioni scritte e degli interventi in seduta plenaria.
A questo I Convegno di studi gramsciani, altri ne seguiranno su temi
VI
piú delimitati, specifici, che restringendo il quadro della indagine ne favoriscano un ulteriore approfondimento.
A nome del Comitato direttivo dell'Istituto Gramsci ringrazio vivamente quanti hanno contribuito alla realizzazione del Convegno; in primo luogo i relatori che hanno dato la impostazione ai lavori, gli autori delle comunicazioni, quanti sono intervenuti nel dibattito; gli studiosi italiani e stranieri che hanno partecipato ai nostri lavori; i collaboratori dell'Istituto Gramsci e tra questi il dott. Franco Ferri che ha curato la preparazione, l'organizzazione del Convegno, e la raccolta degli Atti.
Ranuccio Bianchi Bandinelli Presidente dell'Istituto Gramsci



da Giudizi di Antonio Gramsci su Benedetto Croce in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 1 - giugno

Brano: LA RINASCITA 7
Giudizi di Antonio Gramsci su Benedetto Croce t
Casa Penale di Turi, 13 aprile 1932
Quando avrò letto il libro del Croce sarò molto contento di esserti utile, scrivendoti qualche nota critica in proposito, non una recensione compiuta; come tu desideri, perché sarebbe difficile da buttar giù così all' improvviso. Del resto ho già letto i capitoli introduttivi del libro, perché già apparsi in opuscolo indipendente qualche mese fa e posso già da oggi incominciare a fissarti alcuni punti che ti potranno essere utili per fare delle ricerche, e informarti meglio, se vuoi dare al tuo lavoro una certa organicità e qualche am[...]

[...]a queste forme irrazionali di propaganda e, pur non indebolendo il loro paese in guerra, resistano alla demagogia e salvino il futuro. Il Croce vede sempre nel momento della pace il momento della guerra e nel momento della guerra quello della pace e rivolge la sua operosità a impedire che sia distrùtta ogni possibilità di mediazione e di compromesso tra i due momenti. Praticamente la posizione del Croce
i Dalla raccolta delle lettere di Antonio Gramsci dal carcere, di imminente pubblicazione a cura della nostra riviste, togliamo questi passi nei quali Gramsci, su richiesta della cognata (che corrispondeva con lui) esprime il suo giudizio sulla Storia d'Europa del Croce e su tutta la concezione crociana della storia. Le lettere passavano attraverso la censura carceraria, la quale, doro quella del 6 giugno circa la colla borazione oggettiva tra il filosofo idealista e coloro che ufficialmente lo combattevano, impose a Gramsci di non più scrivere su questo argomento I La necessità di ottenere che le lettere superassero lo scoglio della censura spiega la par,. ticolare terminologia impiegata dal nostro compagno.
N. tr. R.
ha permesso agli intellettuali italiani di riannodare i rapporti con gli intellettuali tedeschi, cosa che non è stata e non é facile per i francesi e i tedeschi, quindi l' attività crociaua é stata utile allo Stato italiano nel dopoguerra quando i motivi più profondi della storia nazionale hanno portato alla cessazione dell'alleanza militare francoitaliana e a uno spostamento della politica contr[...]

[...] e irrquesto suo carattere e non nell'essere eticopolitica èla sua opposizione al materialismo storico. Una storia eticopolitica non è esclusa dal materialismo storico, in quanto essa è la storia del smo mento s egemonico >, mentre è esclusa la storia c peculativa > come ogni filosofia c speculativa ). Nella sua elaborazione filosofica il Croce dice di aver voluto li
t Il termine e,filnsofia della praxis s viene impiegato in tutte le lettere di Gramsci dal carcere per quello di c marxismo s, allo scopo di sfuggire alla censura carceraria. N.d.R. In realtà Gramsci aveva già letto, quando scrisse questa lettera, i capitoli della Storia d' Europa pubblicati dal Croce come studi separati. N. d. R.
LA RINASCITA 9
berare il pensiero moderno da ogni traccia di trascendenza, di teologia, e quindi di rnetafisica in senso tradizionale; seguendo questa linea egli è giunto fino a negare la filosofia come sistema, appunto perchè nell'idea di sistema è un residuo teologale. Ma la sua filosofia è una filosofia c speculativa > e in quanto tale continua in pieno la trascendenza e la teologia con un liazguaggio storieistico. fl Croce è cosi immerso nel suo metodo e n[...]



da Roberto Guiducci, Pamphlet sul disgelo e sulla cultura di sinistra in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...]on possono derivare che corrispondenti risultati.
E i risultati sono quelli che sono se dopo dieci anni l'interessantissima e seria inchiesta sulla cultura condotta da Cesarini e Onofri sul Contemporaneo approda a qualificarli quali: « tramonto dell'idealismo filosofico, attualità dell'antifascismo, bisogno di distensione ideologica ». Tre ovvietà, soltanto che si pensi ai tanti anni ormai trascorsi dopo la Resistenza e dopo la pubblicazione di Gramsci.
Le cose erano arrivate al punto in cui la borghesia italiana, che subito dopo il '45 aveva, insieme alle staffe, perso anche la capacità di offrire una propria ideologia, era riuscita a compiere un notevolissimo ricupero per prendere in contropiede il netto passo in avanti della classe operaia e contadina effettuato nel` dopoguerra con un imponente sviluppo quantitativo.
Di fronte al non indifferente bagaglio delle nuove sociologie, delle nuove tecniche economiche, delle nuove estetiche, delle nuove filosofie, sfornate da un lavoro collettivo soprattutto americano che non aveva mai visto l[...]

[...]dole e favorendole in quanto tali) che se non è possibile portare tutto il marxismo ad ogni pranzo diplomatico, è indispensabile riprendere alcuni spinosi problemi, come quello della distinzione fra piano tattico (nelle sue articolazioni sindacali, parlamentari e politiche particolari) e piano politico generale (di classe, di movimento operaio, di Partito). 'Il secondo piano (politico generale) non è che il luogo, chiarito con tanta esattezza da Gramsci, dello Stato operaio e contadino in nuce, dove si esercita nel profondo la fatica rinnovatrice, dove ogni atto presente é anche costruzione di una civiltà futura. Il primo piano (tattico) può essere viceversa inteso come il luogo della diplomazia dello Stato in nuce, della sua politica estera, del suo rapportarsi con le altre classi, con gli altri partiti, con gli altri Stati, in una complessa rete di relazione (4).
dei Ministri, e il Presidente Eisenhower sono stati grandi artefici della causa della pace. Ora, cari fratelli e sorelle, preghiamo per la guarigione del Presidente Eisenhower, a[...]

[...]tura di sinistra non ha trovato una sua nuova forma di organizzazione, ció vuol dire che non è ancora una nuova cultura o, meglio, che lo é non in senso originale creativo, ma in senso prevalentemente didascalico e ripetitivo di una cultura originale precedente. Non tosi era nei tempi vivi del movimento operaio. Nel partito di Lenin le invenzioni ideologiche diventavano modi di essere, passo avanti organico del pensare e del fare; nel partito di Gramsci il rischio ed il tentativo politico era anche ricerca filosofica, culturale, e lo sforzo di pensare era anche sforzo di vivere in modo diverso. Per questo c'è paradossalmente malgrado tutto una mezza verità nella collocazione, effettuata da qualcuno, degli intellettuali mar. xisti, anziché nel campo rivoluzionario, nella sinistra borghese, cioè, in ultima analisi, nel quadro della società borghese. Quali sono infatti le essenziali differenze fra il modo di lavorare dell'intellettuale borghese ed il modo di lavorare di molti intellettuali marxisti? Solo i politici comunisti e socialisti hanno [...]

[...]ella burocrazia, dell'estinzione dello Stato, del suo tradursi in comportamento responsabile dei cittadini, del fare ciascuno secondo le proprie possibilità e del ricevere secondo i propri bisogni, della liberazione dall'alienazione dell'uomo, della costruzione di rapporti umani liberi e organici.
E se nell'Unione Sovietica la previsione e le prospettive marxiste si fanno società, se la filosofia può realizzarsi, da noi, che dobbiamo attendere, Gramsci ha insegnato come ci si può anticipare uomini pur nell'alienazione, come si può essere Stato operaio in nuce, come si può, cominciare a vivere una vita nuova nella vecchia, una vita vera nella falsa.
.Per questo l'emancipazione della cultura da un politicismo limitativo é la condizione stessa del marxismo come pensiero vivente, come pratica liberatoria. E se un risultato c'è, non ovvio, a questi dieci, tristi. anni di cultura di sinistra in Italia, esso é proprio nel non aver perso i. propri sogni, nel coraggio rimasto a riproporli.
Cosl si deduce facilmente che la cultura di sinistra non p[...]

[...]
Appunto in questo ci sembra consistere il far « uso creativo e non dogmatico del marxismo », farne « l'unica corrente ideale capace di riprendere e portare avanti la migliore erediti della cultura nazionale, legandola in modo organico alla parte più viva del pensiero moderno, europeo e mondiale e arricchendola continuamente dei sempre nuovi apporti del progresso tecnico, scientifico e sociale », che sono poi profonde, antiche e chiare parole di Gramsci tradotte, il che ci fa piacere e ci dà speranza.
Ma oltre che uno sforzo di apertura ideologica, occorre farne uno anche in senso organizzativo (« misure pratiche dovranno essere fin d'ora predisposte per meglio consentire questa partecipazione» dice sempre la risoluzione).
La cultura è al bivio, chiarisce R. Bianchi Bandinelli su l'Unità del 2 settembre 1955, e siamo d'accordo con lui. E questo scritto è implicitamente anche una risposta all'invito di Bandinelli che le discussioni emerse dagli ultimi dibattiti sulla cultura proposti dalla sinistra siano « approfondite e ampliate da molti i[...]

[...]o tecnico a quello metodologico (in senso non astratto, ma storicistico) non è possibile se non attraverso uno scambio collegiale organizzato.
Come si vede, il problema dell'organizzazione della cultura raggiunge qui un aspetto di estrema immediatezza e chiarisce anche quale decisiva importanza avrebbe un risultato positivo in questo senso per la formazione di quella « nuova cultura a, non più soltanto umanisticoletteraria, ma organica in senso gramsciano, che ha ancora una vita tanto gracile e lenta in Italia.
104 ROBERTO GUIDUCCI
È ormai chiarissimo a tutti noi che nei dieci anni di guerra fredda. il problema essenziale era quello di resistere, ed é fuori di dubbio che la posizione di una cultura creativa, per sua natura costruttrice, era in contraddizione con una politica di « avant le déluge », a file serrate, sospettose, in agguato in arroccati caposaldi.
Fabbricare alcuni caposaldi già come case, cioè costruirli in modo che le strutture di guerra fossero già in nuce e nelle linee fondamentali abitabili anche rozzamente come dimore [...]

[...]o ringuainate le rispettive atomiche. Poi ci rimangono tutti i nostri problemi.
Nel campo della sinistra tutto questo ci solleva dalle pesanti responsabilità di avamposti cui la guerra fredda ci aveva costretti.
E respiriamo. E ci vien naturale di parlare, di esplodere in una festa socialista e di mettere fuori la nostra personalità repressa da obblighi internazionali, di dar fine ai complessi, di dire e di fare le nostre idee, di ripartire da Gramsci e dalla Resistenza, di cercare di essere originali nella nostra, anche se limitata, originalità.
Essendo al sicuro la Rivoluzione sovietica, oseremo riparlare delle nostre? Potremo tentare di dar nuovo contenuto alla generica protesta che aumenta le schede di sinistra nelle urne elettorali, senza che l'opposizione possa risolversi in autentica costruzione di una società?
Oppure invece, ancora una volta, il prezzo della coesistenza, della fascia neutrale, ecc., deve essere la nostra rinuncia, il nostro star fermi, il frenare l'impeto della campagna meridionale, il cedere dell'operaio del Nor[...]

[...]o al capire la sua contraddizione ed a farla lievitare. Di qui un possibile accostare alla transigenza diplomatica il coraggio ideologico, un contrapporre alla perdita delle possibilità di radicali soluzioni di fondo la forza di un patrimonio morale. La resistenza al risucchio della vecchia vita è anticiparne nonostante tutto una nuova.
Per questo la questione dello sviluppo ideologico si fa in prima fila, diventa vicino ripensamento di una più gramsciana politica operaia. E ciò si innesta oggi in una situazione oggettiva più facile e rispondente. E si rendono attuali, come abbiamo visto, la distinzione fra politica tattica e politica operaia classista, l'articolazione fra politica nazionale e internazionale, il radicale modificarsi dei rapporti fra l'URSS e i partiti di sinistra occidentali verso un piano di pariteticità, il riconoscimento che l'avversario capitalistico ha raffinato i propri strumenti e che per controbatterlo ne occorrono nuovi e più approfonditi.
Matrice e garanzia di questo gioco più complesso: la dialettica fra politic[...]



da Giancarlo Bergami, Partito e prospettiva della rivoluzione comunista in Bordiga in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]nalisi socioeconomica, carenza comunque ascrivi bile al bilancio passivo della elaborazione bordighiana.
3. Bordiga e la tradizione bolscevicointernazionalistica. — Alla luce del contrasto, che via via si acutizza con il Komintern, sulla questione del fronte unico si comprende meglio la funzione assegnata da Bordiga alla dialettica del partito di classe con le masse operaie, dialettica che si porrà in termini di divergenza rispetto al centrismo gramsciano. Il diverso modo, da parte di Bordiga e di Gramsci, di impostare e risolvere il problema dell'eredità ideale e storica del socialismo italiano si riflette sul tipo di collocazione internazionalistica che i due dirigenti comunisti attribuiscono al PCD'I, mentre essi approdavano a scelte tattiche irriducibili. Il proposito gramsciano di un rinnovamento dal basso del movimento operaio mediante la partecipazione delle masse lavoratrici alla direzione degli organi politici e sindacali del socialismo — proposito che non tagliava fuori il recupero ad una alternativa di classe di consistenti settori di militanti e quadri organizzativi massimalisti — e l'intransigenza bordighiana, che non crede all'opportunità di un tale recupero e forse non lo ritiene possibile, si ripresentano nella loro inconciliabilità nel momento in cui Gramsci e Bordiga si interrogano sulla linea da seguire per restituire capacità di azione autonoma all[...]

[...]peraio mediante la partecipazione delle masse lavoratrici alla direzione degli organi politici e sindacali del socialismo — proposito che non tagliava fuori il recupero ad una alternativa di classe di consistenti settori di militanti e quadri organizzativi massimalisti — e l'intransigenza bordighiana, che non crede all'opportunità di un tale recupero e forse non lo ritiene possibile, si ripresentano nella loro inconciliabilità nel momento in cui Gramsci e Bordiga si interrogano sulla linea da seguire per restituire capacità di azione autonoma alle forze proletarie.
Si riproduce la divaricazione di Gramsci da Bordiga davanti al problema della prospettiva storica della classe operaia in Italia, e alla condanna della « famigliola » socialista italiana, ovvero del blocco delle tendenze socialdemocratiche, riformistiche, sindacalistiche, e pseudorivoluzionarie, apparse in Italia e fuori nel primo ventennio del Novecento. Da posizioni culturali antitetiche a quelle gramsciane Bordiga chiedeva, come ha scritto Giuseppe Berti,
la restaurazione totale dell'ortodossia marxista, considerava la degenerazione
« socialpatriottica » della it Internazionale come il punto culminante di un lungo processo degenerativo, collegava il revisionismo alla penetrazione, in varie forme, della filosofia idealistica « borghese » nel movimento operaio. Voleva ritornare alle fonti. Ma le sue fonti non erano affatto il pensiero idealistico italianotedesco
e contro le dottrine volontaristiche, contro le scintillanti formulazioni soreliane
e bergsoniane, egli aveva polemizzato, sin da[...]

[...]CD'I (marzo 1922), in A. AGOSTI, La Terza Internazionale. Storia documentaria, prefazione di E. Ragionieri, vol. I. 19191923, 2, Roma, Editori Riuniti, 1974, pp. 5601.
13 Cfr. « La Lutte de Classe », Paris, n. 4, 1928, pp. 98107; e n. 5, pp. 131139.
14 A. BORDIGA, Lenin nel cammino della rivoluzione, Napoli, Edizioni Prometeo, 1924; ora col titolo: Lenin, presentazione di Alfonso Leonetti, Roma, Partisan, 1970, p. 28 (in appendice l'art. di A. GRAMSCI, « Capo »).
274 GIANCARLO BERGAMI
nismo, ma quello della ferrea unità della forza e della storia della rivoluzione ».
Pur apprezzando il valore della lotta teoretica che verso il 1900 si accende nel Partito operaio socialdemocratico russo — nel corso della quale si riflette il contenuto della campagna contro il revisionismo bernsteiniano internazionale anteriore alla prima guerra mondiale, l'opportunismo socialnazionalista degli anni di guerra, il menscevismo del dopoguerra —, e che culmina nella scissione del 1903, Bordiga prende le distanze dall'insieme dell'esperienza bolscevica intesa [...]

[...]egnamenti validi in assoluto per i partiti aderenti all'Internazionale comunista. Egli rilutta a vedere nel leninismo una dottrina a sé, che consista nell'ideologia rivoluzionaria del proletariato in alleanza coi contadini, in quanto potrebbe prestarsi ad essere adoperata dai controrivoluzionari mascherati da fautori di un ripiegamento storico della portata della rivoluzione russa. E contro il presidente del Komintern, Zinoviev — ma anche contro Gramsci, che riconosce nei contadini una delle forze motrici nell'alleanza organica che dovrà portare alla vittoria la rivoluzione italiana —, reputa che l'intuizione con cui i bolscevichi hanno tenuto testa alla pressione socialrivoluzionaria stia nell'avere essi subordinato la classe contadina a quella operaia: perché solo da quest'ultima, e non per le forze sue proprie, la prima può essere guidata alla liberazione.
Persiste la diffidenza nei confronti dell'arretratezza del contadiname, alleato spesso delle correnti e dei partiti controrivoluzionari e naturalmente assai restio ad accettare il ruol[...]



da [Gli interventi] Galvano della Volpe in Studi gramsciani

Brano: Galvano Della Volpe

È bene insistane sulla portata del pensiero gramsciano nei riguardi del problema deil’arte, perché i brevi e occasionali scritti estetici di Gramsci rivelano già, anche a questo proposito, quella che è la sostanza dii un metodo filosofico materialisticostorico. Il che non è davvero privo d’importanza, se si rifletta che rispetto al problema estetico il metodo materialistiicositorico non ha ancora prodotto risultati sistematici, malgrado le intuizioni e gli spunti notevoli di Mairx, di Engels e tanti altri. In proposito basti ricordare ravvertimento marxiano nella Introduzione del 1857 alla Critica delVEconomia politica (1859). «iLa difficoltà [per il materialista, s'intende} non è — dice Marx — nell’intendere come l’arte (figurativa) e l’[...]

[...]inzioni concettuali e pratiche di544

Gli interventi

fatti e di istituzioni, a cui si niduce in realtà quella sorta di sedimento organico della storia nell'opera d’arte stessa la cui presenza ha da essere dimostrata da chi sostenga la tesi estetica materialistica.

Ora, essendo il nucleo razionale, di cui sopra, ciò che costituisce la struttura in senso stretto e specifico dell’opera d’arte letteraria (« struttura delle opere », dice già Gramsci, è la « coerenza logica e storicoattuale delle masse di sentimenti rappresentati artisticamente » ), non sarà diffidale comprendere l’interesse che ha per inoi Tesarne delle osservazioni materialistiche gramsciane suii rapporti della struttura con la poesia nella Commedia e precisamente nel canto X dell’Inferno \

In contrasto con tutta la tradizione romantica e postromantica della critica dantesca, che, dal De Sanctis al Croce e al Momigliano e oltre, .assumendo che la struttura (l’intelletto) nella Commedia è una cosa e la poesia (la fantasia) è (un’altra cosa («il concetto etico delilmferno, dice De Sanctis, poeticamente rimane ozioso e non serve che alla sola classificazione di contenuti astratti), ritiene nella fattispecie che la poesia nel canto di Farinata cessi con la « didascalia » recita[...]

[...]a da Farinata («Noi veggiam, come quei c’ha mala luce, / le cose, disse, che ne son lontano; / ...Quando s’appressano o son, tutto è vano / nostro intelletto » ecc.) in risposta alla domanda di Dante che non si sa spiegare la dolorosa, drammatica, ignoranza di Cavacante circa la sorte del figliuolo Guido, al presente pur vivo («Di subito drizzato gridò: Come / dicesti? egli ebbe? non viv’egli ancora? / non fiere gli occhi suoi lo dolce lame? »), Gramsci osserva che « Dante non interroga Farinata solo per “ istruirsi ”, egli lo 'interroga perché è rimasto colpito dalla scomparsa di Cavalcante. {« Quando s’accorse d’alcuna dimora / ch’io facea dinanzi alla risposta, / supin ricadde e più non parve fuoria »]. [Ed] egli vuole gli sia sciolto il nodo che gli impedì di rispondere a Cavalcante; egli si sente in colpa dinanzi a Cavalcante [« Allora, come di mia colpa compunto, / dissi: Or direte dunque a quel caduto, / che 1 suo nato è co’ vivi ancor congiunto; / e s’i’ fui, dianzi alla risposta muto, / fate i saper che ’l fei perché pensava / già n[...]

[...]o). Onde soggiunge puntualmente che « la parola più importante del verso “ Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno” non è “cui” (Virgilio) o “ disdegno ” ma è solo 64 ebbe ” » ; ché « su “ ebbe ” cade l'accento estetico e drammatico del verso ed esso è (l’origine del dramma di Cavalcante interpretato nelle didascalie di Farinata : e c’è la 66 catarsi ” ».

Ora, non è illecito arguire da quel che precede che è proprio di qui — da questa capacità gramsciana di avvertire 'le ragioni della ragione, o intellettualità o discorsività, nellopera d’arte, senza cadere, rotto l’incanto del formalismo cioè dell’Estetica (misticizzante) deU’« intuizione irrifiessa » o « pura », nella tentazione di un contenutismo sociologico pur raffinato — che si annuncia ila possibilità di una nuova (integrale) critica letteraria e artistica ie della relativa implicita Estetica materialistica. Capacità notevole, che non si riscontra in nessuno quasi dei teorici e critici letterari materialisti posteriori a Marx e a Engels, da Piekhanov a Lukàcs (di questuiamo in quant[...]

[...]ventuale obiettore che ciò che vale per Dante et coeteri non valga parimenti per poeti modernissimi come putacaso Maiakovski e Brecht: e che quindi la pertinenza estetica riconosciuta all’ideologiastruttura della poesia dantesca non la si debba altresì riconoscere aH’ideologiastruttura della poesia socialistica del Maiakovski e Brecht.

Prima di concludere, ci par degna di ricordo un’altra analisi estetica materialistica, che non è dii Antonio Gramsci, ma che rivela anch’essa un nuovo moderno senso del metodo materialisitiicostorico : la definizione della natura del tipico artistico accennata da Giorgio Malenkov nel Rapporto al XilX Congresso del Partito comunista dell’URSS. « Creando le immagini artistiche — egli dice — i nostri artisti, scrittori, lavoraGalvano Della Volpe

547

tori dell’arte devono ricordare sempre che tipico non è tanto ciò che s’incontra più di frequente, quanto piuttosto ciò che più completamente e acutamente esprime l’essenza di una determinata forza sociaile. Nella concezione marxistaleninista tipico non sign[...]

[...]mentale processo formale (metafora, simbolo) alla superstizione decadente, estetistica, di un universale « fantastico », coopera a cogliere e fissare quel carattere di intellettualità dell’arte in genere senza la cui ammissione non è possibile, sappiamo per quel che precede, fondare con rigore filosofico una Estetica materialistica o idea che si dica di un Realismo socialista.

Sono, dunque, due saggi di analisi estetica materialistica, quello gramsciano e quello malenkoviano, che cooperano, attraverso la soluzione di problemi diversi, a uno stesso risultato: la dimostrazione del carattere intellettuale (concreto) dcH'opera d’arte e però della dipendenza organica548

Gli interventi

di questa dalia storia, dalla società. Lanalisi gramsciana, in quanto analisi del rapporto (organico) di struttura e poesia nella Commedia (un principio di rivoluzione nella critica dantesca e letteraria in genere; a cui resta di tanto inferiore il posteriore tentativo di T. S. Eliot, celebrato dai nostri ultimi dantisti, di rivalutare l’alegoria del 'poema sacro in base alla distinzione superficiale, psicologica, di « struttura emotiva » e « impalcatura allegorica » o intellettuale che « rende possibile » la prima «senza» che sia necessaria la «comprensione» di essa stessa, la seconda!). L’analisi malenkoviana, in quanto suggeritrice della intell[...]



da Franco Fortini, Che cosa è stato il Politecnico in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]e Hemingway o Sartre o Reed, di mostrare simpatie per la narrativa sovietica, di difendere Gide`contro i «codini» o di parlar di «psicanalisi progressiva », tutto questo, almeno nel 1946, e in Italia, non sarebbe sufficiente a mettere in difficoltà disciplinari Vittorini e la sua rivista. Piuttosto, dietro gli scritti di Cantoni su Burnham, di Preti su Dewey e sull'Antiduering, di Leontiev sul pensiero economico sovietico; dietro le citazioni di Gramsci (che appunto in quei mesi cominciava ad esser pubblicato 4), si delinea la possibilità di un dibattito di fondo sui motivi essenziali del marxismo, e attraverso quello, della costituziond di un gruppo, di un nucleo di studio 5. O, in altri termini si forma la possibilità di un luogo di incon
ricizzare l'eterno gioco dell'anima non può concludersi che in una capitolazione di fronte al « Principe di questo mondo».
4 Ma si aspetta ancora oggi la ristampa degli scritti dell' Ordine Nuovo.
5 Cito per tutti gli altri numerosissimi esempi un passo redáziöñáte che é nel primo numero della rivista:[...]

[...]ivendicare una autonomia teorica ma proprio l'autonomia pratica di poter continuare la rivista senza quegli ostacoli (ben «pratici ») che una sconfessione avrebbe portato con sé.
Le obiezioni di Onofri — che replica a Vittorini nel n. 36 della rivi
sta tutte in sé validissime (egli ricorda, fra l'altro, che l'attività politica è, non diversamente da quella « culturale », una attività superstrutturale) e di più evidente vicinanza al pensiero di Gramsci, spingono il problema al loro punto cruciale. Dice Onofri a Vittorini:
Forse che, quando tu hai scritto quelle tue lettere, non ;,svolgevi un lavoro culturale in connessione con la politica, non volevi appunto una politica in un certo modo per avere una cultura in un certo modo?
Nella sua breve risposta, Vittorini non raccoglie quella decisiva obiezione per limitarsi a' ribattere il suo rifiuto di una politica che ricorra alla forza contro la cultura, e di una alienazione «par la politique ». Infatti la rivendicazione di autonomia culturale, la richiesta di poter continuare senza scomuniche[...]

[...]va col formulare la richiesta «corporativa» della libertà della letteratura. Il periodico, che s'era aperto chiedendo una « cultura che prendesse il potere» si chiudeva con una istanza assai meno preoccupante per i nostri uomini di governo. Sarebbe invece stato possibile dar battaglia sulla breccia aperta dalla Lettera a Togliatti, assumere intero il compito di ripensamento delle ideologie rivoluzionarie che, proprio in quei mesi, gli scritti di Gramsci stavano riproponendo agli intellettuali italiani? Ma, per far questo, sarebbe stato necessario ottenere dai collaboratori della rivista una disciplina, un lavoro di comune
7 « Poiché l'artista é naturalmente engagé in quanto é artista. Engagé alla propria spontaneità, engagé dalla esperienza collettiva di cui è spontaneo portatore... engagé
a sealth» (Rassegna d'Italia, marzo 1949). Doveva bastare, e bastò infatti, a rassicurar
t sulla strada che avrebbe presa l'exdirettore del Politecnico,
198 FRANCO FORTINI
ricerca, un coordinamento degli sforzi; sarebbe stato necessario costituirsi in[...]

[...]uello delle relazioni fra il pensiero marxista e le altre correnti del pensiero contemporaneo a quello di nuove vie possibili dii metodologia critica.
Il socialismo italiano e i partiti che non sappiamo per quanta tempo ancora lo rappresentano, non ha fatto che rinviare questi problemi. Una nuova generazione di studiosi e di scrittori, assai diversa dalla nostra, lavora ormai intorno ad essi, quasi tutta avviata sulle tracce della problematica gramsciava. E forse manca a coloro solo una più stretta unione di esperienze e di ricerche, un maggior coraggio dei propri resultati e 'la capacità di resistere alle difficoltà pratiche e a quelle morali che nascono dall'abbandonare gli organismi politici costituiti, all'isolamento e alla disperazione per riuscire a fondare, in mezzo al caos e all'incertezza, in un duro rifiuto di molte lusinghe, qualche resultato. Altro discorso, ma meno diverso da quanto si possa credere, si dovrebbe fare per chi, fuor delle oscillazioni delle mode, lavora ad opere di narrativa e di poesia. Viene forse, in noi e, f[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] R. Manelli, Note sulla poesia dialettale ternana in Studi gramsciani

Brano: Raimondo Manelli
NOTE SULLA POESIA DIALETTALE TERNANA
Debbo anzitutto premettere che la mia comunicazione a qúesto 1 Convegno di Studi Gramsciani è di tipo particolare.
Infatti, mentre la maggior parte delle relazioni e dei contributi tende a mettere in risalto la notevolissima e originale presenza di Gramsci nella politica e nella cultura italiana attraverso l'esame approfondito dei vari scritti, per canto mio, invece, ho voluto controllare la validità di alcune particolari affermazioni gramsciane, assumendole come criterio metodologico di ricerca.
Come tutti sanno, uno dei più suggestivi e vitali settori della sua problematica è stato quello che concerne il rapporto tra la vita e la cultura delle classi subalterne e la vita e la cultura della classe dirigente italiana. E questo nesso ha voluto trovarlo riflesso nel canto popolare e nel folklore.
Vorrei ricordare a questo proposito alcune sue affermazioni ricavandole dai Quaderni pubblicati sotto il titolo di Letteratura e vita nazionale:
«Ciò che contraddistingue il canto popolare, nel quadro di una nazione e della sua cultura, [...]

[...] voluto condurre la mia ricerca nel compilare l'antologia della Poesia dialettale di Terni 2.
Ho potuto agevolmente constatare che in questo settore esiste veramente un sottobosco pressoché inesplorato. Del resto è facile rendersene conto sfogliando l'antologia della Poesia dialettale del Novecento 3 redatta da P. P. Pasolini e M. Dell'Arco, dove dell'Umbria — per esempio — si dice che « non si dànno testi ». Non solo è valida l'affermazione di Gramsci che la poesia dialettale è il riflesso piú o meno consapevole dei sentimenti, del costume, delle lotte e delle aspirazioni delle classi subalterne, in quanto ne rivela la concezione del mondo e della vita in contrapposizione a quella del mondo ufficiale; ma è vero altresí che la scoperta, in primo luogo, e poi l'indagine diretta sui testi della letteratura dialettale popolare, risultano oltremodo feconde per comprendere, attraverso il contenuto e le forme che assumono nelle varie regioni d'Italia, la presenza creativa dei vari strati popolari del nostro paese.
Intanto, una nuova constatazion[...]


precedenti successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Gramsci, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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