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tipologia: Analitici; Id: 1543220


Area del titolo e responsabilità
Tipologia Relazione di Convegno
Titolo [Gli interventi] Paolo Spriano
Responsabilità
Spriano, Paolo+++
  • ente ; ente
  autore+++    
Area della trascrizione e della traduzione metatestuale
Trascrizioni
Trascrizione Non markup - automatica:
Paolo Spriano

È mia intenzione richiamarmi a quel ipasso degli « Appunti » per la relazione delloin. Togliatti sul 'tema Gramsci e il leninismo nel quale è detto : « ... un grande interesse nei dibattiti di oggi sembra avere il puntò circa la funzione che alla classe operaia era attribuita dal movimento torinese dei consigli di fabbrica». E non per risollevare alcune questioni che, è vero, il movimento operaio italiano, in particolare il movimento comunista ha chiarito, ma piuttosto per cercare di individuare, attraverso il conforto di una indagine concreta, la concezione gramsciana della pdlitica. Essa è appunto, come già ha ricordato il prof. Garin, una continua lezione realistica, un aderire di ogni affermazione generale a momenti e movimenti reali delazione. Credo che, applicando tale metodo a questo problema particolare, noi riusciamo a (liberarlo da ogni astrattezza ed a ricondurlo in quei termini essenzialmente politici in cui Gramsci e il gruppo deW Ordine Nuovo lo intesero.

Potremo cosi evitare quellopera di sollecitazione arbitraria dei testi che proprio Gramsci ripudiava e che si tende, da qualche parte, a fare a sue spese su alcune proposizioni assunte come espressione di affermazioni generali di dottrina, valide universalmente.

Brevemente intendo ricordare che ce un angolo visuale illuminante sulla questione : quello della esperienza stessa della alasse operaia torinese nel primo ventennio del nostro secolo, soprattutto nel decennio giolit-tiano e .prima della guerra mondiale. Varrà 'la pena di ricordare, infatti, che gli articoli gramsciani dell’Ordine Nuovo, stesi nel fuoco della lotta, in una situazione quale quella del ’19-’20, che non ho qui bisogno di richiamare (anche dopo quanto è stato detto da alcuni relatori e da alcuni intervenuti nella discussione), erano rivolti precisamente a quegli operai538

Gli interventi

torinesi, « in carne ed ossa », per usare una famosa espressione gramsciana, scritti per loro, sulla base della loro esperienza vissuta.

Uno studio sul periodo in cui un proletariato moderino si forma a Torino ed assume via via, con esemplare linearità, i suoi caratteri tipici di proletariato particolarmente omogeneo, concentrato, raccolto prevalentemente attorno alla produzione della grande industria meccanica, rivela alcuni elementi sintomatici. Fra tutti — a parer mio — forse il più significativo è quello di un mancato incontro profondo, rivoluzionario, tra le idee socialiste (e l'organizzazione del Partito) da un lato, ed il moto spontaneo che nasce spesso prepotentemente dal seno stesso delle fabbriche, dall’altro. E non solo e non tanto, per i limiti generali ideologici e politici del riformismo italiano, della corrente dominante nel socialismo italiano nel periodo giolittiano, ma, più precisamente, più pertinentemente, per le caratteristiche della sezione socialista locale. Essa era dominata da un riformismo che, assai più che altrove, si rivelava quasi esclusivamente a carattere elettoralistico e parlamentar istico {il che non escludeva un notevole grado di spirito settario nella pratica), si manifestava più di ogni altro distaccato dal movimento reale delle masse. E le masse 'erano in movimento. Già all’inizio del periodo di grande sviluppo delle forze produttive, già dal 1901 fimo ai grandi scioperi del 1906 e poi dell’11, del ’12, del ’13, la vivacità della lotta si era espressa vivacemente con una caratteristica di partenza spontanea dalle fabbriche, una caratteristica che mantenne dm tutto questo periodo.

Se esisteva nel movimento operaio socialista torinese questa contraddizione profonda, idi base, è proprio a Torino che il distacco dal movimento reale delle masse operaie conosce un momento culminante alla fine del 1911, quando l'avanguardia proletaria dei metallurgici scende addirittura in uno sciopero che ha palesi e violentissime manifestazioni di protesta contro l'organizzazione politica e sindacale riformista. È uno sciopero eroico che finisce con una cocente sconfitta, uno sciopero di 65 giorni, nel corso del quale la classe operaia vive e soffre un’esperienza nuova, direi un’avventura nuova, poiché per reazione al riformismo si affida al sindacalismo rivoluzionario che qui risulta, più che mai, essere un prodotto di importazione ideologica, nel senso deteriore della parola, di importazione meridionale, e fa inevitabilmente le sue prove fallimentari in un ambiente socialmente molto più avanzato e complesso di quello del Mezzogiorno.Paolo Spriano

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Lo stesso sindacalismo rivoluzionario rivelerà, allia prova dei fatti, un distacco non minore di queHo dei riformisti dalla vita di fabbrica, dalla spinta autonoma della classe operaia, rivelerà sostanziallmente il suo carattere piccolo-borghese ed intellettualistico.

• È ,a questa stregua che acquistano una luce particolare gli scritti gramsciani del 1919, in cui costante è la duplice polemica contro il riformismo e contro iil sindacalismo. Tale polemica, mentre è resa indilazionabile par la situazione estremamente delicata ed urgente, per la chiarificazione che deve sollevare in mezzo .alile masse, si mostra capace di mordere niella reale esperienza, nella psicologia stessa delle masse operaie torinesi. Non è casuale — in proposito — che contro il sindacalismo si muova la più veemente polemica di Gramsci, in questo periodo1 dell’Ordine Nuovo. Si guardi infatti quanta acutezza di giudizio, quanto equilibrio storico, pur nel fuoco di una polemica politica, contenga una affermazione gramsciana sull’Ordine Nuovo del 1919, mossa dalla preoccupazione, del presente, di indicare proprio nei sindacalisti il maggiore grado di errore, tendente a mettere in guardia la classe operaia torinese dal ripetere esperienze negative di questo tipo. Dice Gramsci appunto nel 1919: «Negare e combattere lo Stato è fatto politico tanto quanto inserirsi nell’attività generale storica che si unifica nel Parlamento e nei Comuni, istituzioni popolari dello Stato... I sindacalisti lavoravano fuori dalla realtà e quindi la loro politica era fondamentalmente errata; i socialisti parlamentaristi lavoravano nell'intimo delle cose, potevano sbagliare, commisero anzi molti e pesanti sbagli, ma non errarono nel senso della loro azione e perciò itrionfarono niella concorrenza».

Questo giudizio storico mi pare di particolare interesse. Ma, per tornare ai problemi dei Consigli, ciò che qui mette conto di sottolineare è che 1 esigenza di partire dalla fabbrica per un moto politico rivoluzionario scaturisce dalla critica stessa al pa'ssato, dal fatto che per dieci anni il proletariato torinese aveva invano cercato di dar vita ad un suo movimento organizzato attraverso' le Commissioni interne, ignorate miei loro valore maieutico, direi, dai sindacalisti, allo stesso modo che, durante la guerra, furono ridotte ad organi di collaborazione di classe dai riformisti.

Si potrebbe ritrovare questo punto di partenza nello stesso modo come si sviluppò la discussione in seno al gruppo dell’Ordine Nuovo, volta a cercare in (Italia il germe che corrispondesse al Soviet russo. Ma, pur540

Gli interventi

restando nell’angolo visuale che ho scelto per questo breve intervento, la predicazione gramsciana si rivela subito con una preoccupazione essenziale, che giustamente ci ricordava l’on. Togliatti : educare il moto spontaneo che sorgeva da questi istituti, creati davvero dalla storia del movimento operaio, « indirizzarlo, purificarlo » — sono parole del Gramsci dei Quaderni —, dargli quell’elemento di direzione che era prima mancato e che aveva segnato una vicenda di insuccessi ricorrenti; purificarlo alimentandolo, per farne una scuola di educazione politica.

Di qui la impostazione di Gramsci, democratica, sul Consiglio, contro la impostazione, burocratica, dei sindacati; di qui quella natura, che Gramsci, ad un certo punto, definiva addirittura di parlamento operaio, riservata alila fabbrica, espressa da questo Consiglio.

In tale quadro, assai più rilevante di una sistematizzazione teorica dei Consigli come organo fondamentale, statuale del nuovo ordine proletario, appare questa azione volta a rendere cosciente la massa di quelli che Gramsci chiamava « i valori teoretici nuovi ». Con tale strumento si voleva concretamente superare il movimento corporativo operaio1, farlo divenire classe dirigente.

È tipico, ad esempio, e sintomatico, l’atteggiamento nei confronti dei tecnici. Gramsci si interessa dell’influenza politica che su di essi può esercitare ‘l’operaio organizzato, tutta La massa operaia, quasi anticipando cosi quei temi sul rapporto tra operai ed intellettuali organici e tradizionali, che svilupperà in seguito, prima indite tesi sulla questione meridionale e poi nei Quaderni.

L’educazione teorica: essa, secondo me, viene anche ad assumere un valore molto importante da un altro punto di vista. La concezione che era apparsa tipica del riformismo nel periodo giolittiano, e anche del sindacalismo, al suo punto di approdo, era stata una concezione che intendeva il sistema capitalistico come destinato ad una naturale evoluzione: gli uni — i riformisti — insistevano suH’evoluzione per appoggiare la tesi gradualista dell’inserimento del movimento operaio nello sviluppo della società borghese; gli altri — i sindacalisti — la concepivano come elemento preparatore, nell’attesa messianica di una soluzione catastrofica. Al fondo, cera un punto comune tra le due concezioni, un corollario pratico: l’inutilità, o peggio, il danno per il movimento operaio di inserirsi in quel processo prima che esso giungesse al suo naturale termine. Era in fondo quella che Gramsci stesso definì come unaPaolo Spriano

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posizione liberale, la posizione di un liberalismo operaio che aveva dei caratteri idealistici, che aveva dei caratteri profondamente anti-le-ninisti.

10 credo che l’azione di educazione, svolta da Gramsci verso gli operai dei Consigli, aveva anche quest’aspetto essenziale, badava a fornire •questa lezione: non attendere una conclusione catastrofica, non attendere la fine automatica, spontanea, dello sviluppo del capitalismo, ma inserirsi in un certo processo storico, convincersi che si possono cambiare le cose, che si può direttamente influenzare, accelerare, orientare uno sviluppo risolutivo.

11 Consiglio operaio, dunque, come scuola di preparazione politica, come espressione di coscienza dirigente, in un momento in cui — ed accenno di sfuggita a questo fatto che, però, è dominante — bisognava fare presto, in un momento in cui il potere era il problema decisivo.

Penso che, se una grande, permanente, lezione da tale esperienza ricavò Gramsci, essa andò ben all di là delle contingenze di un momento irripetibile, di forme particolari di organizzazione, — momento che, del resto, culminò nellla constatata necessità del partito nuovo, come organo supremo dirigente. Se una grande permanente lezione noi possiamo ricavare dal movimento idei Consigli — e Gramsci prima di tutti ha ricavato — fu di concepire come indispensabile, pur nelle forme via via richieste dalla realtà in movimento, una dialettica continua tra direzione consapevole e spontaneità, una dialettica indispensabile per la presa del potere e soprattutto per iìl suo consolidamento.

Tale la lezione ricavata dal momento felice in cui questa dialettica si è espressa vivissima e fertilissima nella Torino dell’aprile e del settembre 1920, tale anche la lezione tratta dalla sconfitta storica della classe operaia nel 1921.

A questa conquista mi pare legata la elaborazione successiva che Gramsci fa del concetto di « egemonia », che è sempre concetto etico-politico, e mai 'economico, e presuppone proprio la capacità del « nuovo Principe» di farsi dirigente della società civile.

Un ultimo punto mi pare necessario toccare. La esperienza dei Consigli nasce e diventa reale perché traduce, altresì, in una grande leva politico-morale, in azione, un desiderio profondo degli operai che si era già manifestato nel 1917, quel desiderio di fare come in Russia.542'

Gli interventi

Seguire l’esempio sovietico, cercare a Torino i germi del « soviet » e farli sviluppare portava nelle cose la polemica contro i riformisti che accusavano i bolscevichi di' essere degli utopisti.

Di qui, le osservazioni che ha fatto l’on. Togliatti, quando ha ricordato come Gramsci avesse compreso essere l’azione di Lenin ad assumere un valore universale. Togliatti ha contrapposto questa giusta valutazione a quella distinzione erronea fatta da Gobetti secondo cui era Trotzki, e non Lenin, il vero europeo della Rivoluzione. Io direi — se mi si permette questa piccola parentesi — che l’osservazione di Togliatti, pur valida, può essere integrata da un’altra che ci fa capire un carattere peculiare dell’opera di Gramsci. Ed è questa: che anche Gobetti, pur apponendo, pur sottoponendo ad un suo paradigma ideaile di rivoluzione liberale la rivoluzione sovietica, comprese — tra i pochi intellettuali borghesi, e non solo borghesi — il carattere profondamente liberatore della rivoluzione d’Ottobre. E 'già nel novembre del 1919, nell suo Energie Nuove, un giornaletto di studenti, ammoniva i nostri nazionali-liberali a inon voler racchiudere negli scherni del passato la Rivoluzione russa, a non nutrire illusioni, a non evocare fantasmi, poiché « ...si tratta — egli iscriveva — di una nuova realtà estremamente costruttiva ».

È lo stesso atteggiamento metodologico del Gramsci di due anni prima, del 1917, sul Grido del popolo. E una ricerca filologica può agevolmente provare quanto il Gobetti del 1919 e del ’20 debba al gruppo del-'YOrdine Nuovo, a Gramsci in particolare, per la comprensione della Rivoluzione sovietica, per la correzione dei suoi stessi primi giudizi, quanti caratteri comuni abbia la loro interpretazione pur restando una differenziazione di fondo tra di marxista, da un lato, ed ili giovane liberale crociano, dall’altro.

La parentesi, ora chiusa, può essere stata utile per ritornare, e concludere, al concetto informatore di un Gramsci che svolge già in questi anni un’opera suscitatrice di un nuovo impegno rivoluzionario in Italia. Per ricordare, infine, come i Consigli di fabbrica si situano lungo questa linea storica. Ad essi converrà applicare quella avvertenza che Eugenio Garin proponeva di fronte a tutta l’opera di Gramsci : cogliere, più di una formulazione singola, il ritmo di sviluppo del pensiero, il ritmo di sviluppo deH’azione.
 


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in: Catalogo ISBD(G); Id: 1+++
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Livello Bibliografico Monografia+++
Tipologia testo a stampa
Area del titolo e responsabilità
Titolo della pubblicazione Studi gramsciani
Titoli e responsabilità
Istituto Antonio Gramsci+++   promotore+++    Studi gramsciani   atti del convegno tenuto a Roma nei giorni 11-13 gennaio 1958   Primo convegno Internazionale di Studi Gramsciani tenuto a Roma nei giorni 11-13 gennaio 1958+++
  • Primo convegno Internazionale di Studi Gramsciani tenuto a Roma nei giorni 11-13 gennaio 1958
 
Area della pubblicazione/stampa/distribuzione
Pubblicazione Roma+++ | Editori Riuniti+++ | Anno: 1958
Area riferimenti identificativi
Segnature esterne a KosmosDOC
SBL0494340  OBNCF E+++   
Identificativi nazionali
BIB-codice SBN - Italia IT/ICCU/UBO/3562170 
BIB-codice SBN - Italia IT/ICCU/SBL/0494340 
BIB-codice SBN - Italia IT/ICCU/IEI/0305557 
BIB-codice SBN - Italia IT/ICCU/LO1/1297041 
BIB-codice SBN - Italia IT/ICCU/BRI/0420839 


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