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tipologia: Analitici; Id: 1472387


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Tipologia Periodico
Titolo (Nove domande sullo stalinismo) Valdo Magnani
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VALDO MAGNANI
1. Nel secondo dopoguerra, malgrado l'immenso e legittimo prestigio dell'Unione Sovietica per il suo decisivo concorso alla vittoria, le conseguenze funeste dei metodi di Stalin apparivano sempre più gravi. La rottura della solidarietà - pur viva durante la guerra — tra comunismo sovietico e socialismo occidentale, il conflitto con la Jugoslavia rivoluzionaria, la necessità di ripetuti processi terroristici nei paesi di democrazia popolare, la guerra di Corea e il conseguente riarmo dell'Occidènte sotto il . comando americano, questi ed altri fatti, come l'arretratezza di alcuni settori tecnici e culturali sovietici, erano sintomi allarmanti di una situazione che poteva volgere al peggio. Gli attuali dirigenti del PCUS, dopo la morte di Stalin, in ragione della loro ormai scoperta e diretta responsabilità, hanno presa più viva coscienza della necessità di rivedere impostazioni ormai superate e dannose. Non si sono infatti limitati a denunciare i lati negativi e persino deleteri dell'attività di Stalin, aprendo il problema storico della valutazione complessiva di uno dei più importanti personaggi del nostro tempo ma hanno denunciato la necessità di sradicare un metodo che era consolidato da una lunga prassi. Questo, mi sembra, è il significato della condanna del a culto della personalità)): la demolizione del mito di Stalin diventa il pretesto, abbastanza clamoroso da costringere i militanti a una profonda revisione delle abitudini più inveterate, per aprire una fase nuova nella vita della società sovietica.
L'offensiva intrapresa si identifica, intanto, con la richiesta di una discussione aperta nel partito e nella società in generale, discussione che deve sostituire la meccanica ripetizione dei u sacri» giudizi della personalità dominante. Una discussione seria può svolgersi solo se coloro che esprimono un'opinione diversa da quella dei dirigenti sono certi di non essere in alcun modo perseguitati per tale fatto. L'istanza. di discussione democratica sarebbe stata
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illusoria e demagogica se non fosse stata accompagnata dalla riabilitazione di coloro che erano stati condannati nel passato per aver avuto opinioni politiche diverse da quelle . del gruppo dirigente capeggiato da Stalin. L'abolizione dei procedimenti giudiziari di carattere eccezionale — senza le guarentigie fondamentali di un processo regolare — ne consegue logicamente. Ma ciò non tocca ancora il fondo delle questioni connesse col metodo staliniano che si intende colpire. Il Partito comunista, lo Stato sovietico sono fondati su dichiarazioni di democrazia sostanziale che intendono rendere concreti i principi dell'89. I singoli membri del popolo eguali — in regime borghese — secondo note espressioni di Marx, nel cielo del loro mondo politico (democrazia formale) e ineguali nell'esistenza terrestre della società divisa in classi, sono, nella società sovietica, proclamati eguali in senso pieno, nei diritti formali e nella concreta possibilità di pesare sulla gestione della società intesa nel senso piú ampio. Espropriata la classe capitalistica era impossibile, nel mondo sovietico, condannare dei cittadini per divergenze politiche poiché si sarebbero negati quei principi sui quali tutta la rivoluzione era fondata. Di qui la riduzione all'impotenza di chi contrastava le tesi del governo o in linea di fatto, mediante interventi polizieschi e amministrativi, o mediante processi, fondati su falsificazioni che dovevano documentare un tradimento, cioè la connivenza col nemico. Uno dei caratteri dello «stalinismo» consiste proprio nel ritenere necessario il potere poliziesco di fatto e la falsificazione per giungere alla fine, superati tutti gli ostacoli contingenti, ad una società aderente ai principi socialisti. L'eliminazione del (( culto della personalità », ripristinando il valore creativo delle opinioni liberamente espresse ed insistendo sulla loro necessità in opposizione alla verità indiscussa burocraticamente discendente dall'alto, si estrinseca in una necessaria eliminazione del potere arbitrario della polizia (lotta contro Beria) e in un rifiuto del metodo della falsificazione (revisione dei processi, revisione della storia, fine del mito della pregiudiziale superiorità sovietica in ogni settore).
L'offensiva antistaliniana appare dunque ad un primo esame un movimento di fondo scaturito dalla stessa società sovietica e
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tendente a ripristinare la normale funzionalità delle istituzioni esistenti, sottraendole ad un arbitrario potere concresciuto in esse — il burocratismo staliniano — attraverso alcune scosse violente partite dall'alto e l'accoglimento delle sollecitazioni democratiche f er-mentanti in basso in tutti i settori, dall'agricoltura colcosiana alla tecnica e alla scienza, dalla letteratura alla vita di partito e di fabbrica. La parola d'ordine del ritorno alla legalità e all'antidogma-tismo leninista permette di immettere questa ventata di aria nuova nel mondo sovietico senza violente ed impossibili soluzioni di con- tinuità.
II. La prima questione che si pone é la seguente: come é stato possibile che la dottrina e le istituzioni rivoluzionarie si risolves-sera in un regime fondato sul « culto della personalità » o, fuori dal linguaggio convenzionale, in un regime dittatoriale che aveva necessità di una serie di atti illegali, in senso formale rispetto alle leggi esistenti e in senso sostanziale rispetto ai principi, anche se la forma corrispondeva alla legge scritta ? La risposta a questa domanda, nel campo socialista, é fondata su una estensione temporale del momenta di eccezionalità della rivoluzione nelle condizioni particolari della Russia del 1917 e dopo, sia in considerazione della situazione interna del paese, sia in considerazione dell'atteggiamento di tutto il resto del mondo verso il primo Stato in cui i capitalisti sono stati espropriati. La necessità di intraprendere la costruzione del socialismo in un solo paese e precisamente in un paese di violentissimi contrasti di classe e quindi esplosivo (ciò che ha permesso la vittoria dei bolscevici nella rivoluzione e nella successiva guerra civile), ma grandemente arretrato nei confronti dell'occidente europeo stabilizza per un lungo periodo la fase delle via lenze e delle illegalità tollerate per aprire la strada ad una sostanziale democrazia. L'affermazione di Nenni che ora sta per chiudersi il periodo del « comunismo di guerra » corrisponde a questa tesi. Essa é certo valida per l'impostazione del problema, ma, mi sembra che l'analisi debba essere ampliata almeno in due direzioni.
Quali sono intanto le caratteristiche della società che si é formata in quelle condizioni ? Non basta dire che si tratta di una società socialista in quanto la proprietà dei mezzi di produzione e
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di scambio é statale o collettiva. La dottrina marxista ci invita ad individuare le tensioni o le contraddizioni tra le forze materiali di produzione in continuo sviluppo e le forme di organizzazione (istituzioni) in cui la società sovietica via via si è fissata, e tensioni e contraddizioni diverse da quelle di una società capitalistica ma tuttavia esistenti. Un esame serio che esca dalla comoda identificazione del contingente con la necessità storica potrà mettere in luce come gli indirizzi politici che hanno ostacolato l'espansione della democrazia abbiano avuto il loro presupposto negli interessi particolari di alcune caste burocratiche in urto con gli interessi generali della società sovietica. Così si spiega, in termini non fatalistici ma tali da contenere l'indicazione di una lotta positiva da condurre, il prevalere di tesi erronee in alcuni settori, ivi compresa la politica estera. (Ad esempio la tesi tipicamente cominformista, che identificava, dopo la seconda guerra mondiale, la vittoria del socialismo nel mondo con l'estensione del potere statale e militare sovietico. Come é noto questa concezione staliniana sta all'origine del conflitto con la Jugoslavia socialista). Nel passaggio dal comunismo di guerra alla NEP, alle forme di centralizzazione burocratica esasperata, alla ricerca, ora intrapresa, di forme decentrate con accentuazione delle autonomie vi è l'indicazione di una problematica nuova, la problematica di una società socialista in quelle particolari condizioni.
In secondo luogo occorre vedere le forme particolari, russe, in cui si è espresso il tentativo di conciliare i principi — tenuti costantemente fermi nell'adorazione dei testi — con la realtà con cui. si aveva a che fare. Il lavoro bizantino di forzare l'interpretazione dei testi per giustificare le contingenti necessità dello sviluppo sovietico ha corrisposto forse alla necessità di non rischiare la perdita
di un ancoraggio indispensabile in una società che chiedeva troppe compressioni e sacrifici in nome di una vita più felice di quella
dei paesi capitalistici. Le tradizioni russe probabilmente hanno aiutato ad incanalare in un certo modo la soluzione di questa antinomia. L'autocrazia e il culto di Stalin come elementi di coesione in un mondo che stava ricreando le sue strutture non sono certo. estranei a precedenti forme di dedizione delle masse russe, nei mo-
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menti di supremo pericolo o di rinnovato slancio, ad una persona che rappresentasse la certezza della vittoria che giustifica ogni sacrificio. La personalità di Stalin proprio per avere quelle caratteristiche che gli hanno permesso di esprimere le necessità della rivoluzione in Russia conteneva la possibilità, che si è purtroppo ampiamente realizzata, di applicarsi ad un dominio tirannico e, nella gloria raggiunta, delirante fino ad un sogno di potere mondiale. Ma ciò in fondo è l'accidentale in un corso di cose che ha altrove le sue ragioni profonde.
La caduta dello stalinismo rompe con la pretesa dell'assenza di una problematica sostanziale del mondo sovietico (il paese degli uomini felici), mette a nudo, sia pure con cautela, i nodi reali di questo mondo in immenso sviluppo, lo ricongiunge, cancellando l'immobilismo dogmatico, con la dottrina marxista vivente che é fame di realtà in sarcastica polemica con tutte le apologie, ristabilisce i contatti dialettici e fecondi con tutto il movimento socialista e democratico mondiale. Il carattere particolare dello sviluppo sovietico viene così affermato e valutato come esperienza drammatica e irripetibile, ma di inestimabile valore nel cammino dell'umanità verso il socialismo.
III. Non è la morte di Stalin la caduta dello stalinismo. Nessuno ha tentato di sostituirsi a Stalin cercando di eliminare i concorrenti per riprendere le tradizioni metodologiche e politiche del dittatore. La scomparsa dell'autocrate é stata il catalizzatore di un movimento di fondo che lentamente montava. I successori se ne sono fatti portatori proclamando appunto non la fine del «culto di Stalin » ma la fine del « culto della personalità » e determinando quella svolta del cui significato stiamo discutendo. L'analisi delle condizioni nelle quali lo « stalinismo » si è affermato contiene implicitamente anche l'indicazione delle condizioni nuove che han reso possibile la svolta. Le mutate condizioni, proprio perché sono un fatto nuovo non consistono però soltanto nella rimozione delle difficoltà iniziali della rivoluzione socialista. Ci si può forse rendere conto del carattere del periodo che ora si apre accennando al significato e alle difficoltà dell' « antistalinismo» come tendenza operante nell'ambito del movimento operario. Una
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prima opposizione di carattere morale si è manifestata continua- mente nel periodo stalinista tra gli stessi comunisti. Sono note le opposizioni alle purghe e ai processi non solo in quanto sopprimevano o riducevano all'impotenza sostenitori di tendenze diverse ma in quanto pretendevano di imporre la falsa accusa di tradimento, di spionaggio ecc. Tuttavia — ecco la tragedia dell'antistalini-smo nel mondo sovietico e in quello comunista sinceramente convinto della necessità preliminare di difendere lo. Stato-guida — era possibile tradurre in una politica, cioè in una azione efficiente a favore del socialismo la rivolta moralmente giusta ? Per avere chiari i termini dell'angosciosa alternativa si può pensare all'opposizione morale, nella sfera capitalistica, alla disumana ferocia delle forme di sfruttamento delle donne dei bambini degli operai nei decenni dell'industrialismo nascente. La maggior parte di coloro che erano sensibili al richiamo morale si limitavano a cercare di essere più buoni nell'ambito del sistema, i pochi che tentavano un'opposizione politica erano per lo più giudicati traditori, delinquenti e così via. L'analogia, poiché solo di questo si tratta, sta ad indicare che se il problema morale per la persona esiste ed esisterà sempre, non sempre le condizioni sono tali da trasformarlo in un problema politico. Forse il dramma delle false autoaccuse nei processi stalinisti ha le sue origini proprio in questa coscienza dell'impassibilità di trasformare la propria testimonianza di verità (moralmente non solo ineccepibile, ma eroica) in un atto politico positivo ai fini della rivoluzione socialista in cui si crede e a cui si è dedicata la vita. Nel conflitto la persona soccombe in un martirio che è il simbolo del travaglio di una società alle doglie del parto.
Dopo la seconda guerra mondiale finisce la fase della costruzione del socialismo in un solo paese. Parecchi stati sono sulla via del socialismo, in una serie di altri la necessità e la possibilità di trasformazioni socialiste si pone immediatamente. I rapporti tra i partiti comunisti fuori dell'URSS e gli altri settori del movimento operaio e democratico — già vivificati dalla politica unitaria dei fronti popolari contro il fascismo — si pongono, dove i partiti comunisti sono diventati grandi organismi di massa, sotto il profilo della realizzazione di una politica nazionale-popolare cui l'egemo-
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nia ideologico-politica dello Stato-guida é sempre più estranea. Per l'URSS più ancora, a mio parere, dell'aumentata produzione e del-l'aumentato tenore di vita — che ovviamente hanno la loro importanza — é divenuta decisiva la nuova condizione politica rappresentata dall'avanzata del movimento socialista e popolare nel inondo, dai paesi socialisiti ai territori coloniali già indipendenti o in via di diventarlo, ai movimenti socialisti o progressisti dei paesi più evoluti. La sicurezza, per l'URSS, si profila possibile non più appellandosi allo Stato-guida con tutto il suo armamentario (divisione del mondo in due blocchi contrapposti, partiti comunisti che difendono dogmaticamente il mito sovietico e tendono a ripetere il modello staliniano ecc.) ma diventando essa stessa un elemento — assai importante ma un elemento — dello schieramento solidale dei popoli e via via degli Stati, sempre più modellati dal movimento delle masse, per la pace, la smobilitazione dei blocchi militari e la coesistenza competitiva, nel rispetto dell'indipendenza di ognuno. La svolta politica è in questi tratti che si stanno delineando. L'opposizione allo stalinismo nel quadro del movimento operaio si trasforma in una politica che non divide il movimento comunista nel suo interno ma segna il passaggio ad una fase di più facile permanente collaborazione tra i vari settori del movimento operaio, socialista e democratico di tutto il mondo. Il problema morale a cui si accennava sopra é diventato problema politico, un problema la cui soluzione dialettica é già definita nei suoi contorni. 11 dilemma stalinismo-antistalinismo segna l'origine storica della problematica nuova ma perde ogni rilievo proprio con la caduta dello stalinismo. I termini della soluzione stanno invece nella necessaria diversità delle vie percorribili da ogni paese per giungere al socialismo mentre viene mantenuta la solidarietà generale tra i movimenti popolari e democratici di tutto il mondo (problema della pace).
A questa nuova fase si é passati non senza lotte, momenti di estrema tensione e di rischio. Il momento o stalinista » dell'URSS, superato dalla guerra vittoriosa e dai nuovi rapporti di forza stabilitisi nel mondo, aveva aumentato perciò stesso il suo carattere coercitivo. Il divario con la nuova realtà andava crescendo e lo stalini-
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smo si imponeva verso l'esterno come elemento deformatore del corso rivoluzionario in atto nelle democrazie popolari. I processi, oggi sconfessati, indicavano che la politica stalinista sfiorava il limite di un atteggiamento imperialistico nei rapporti tra Stati socialisti o avviati al socialismo. Il conflitto russo-jugoslavo segnava la maturità politica del problema, indicandone i termini e la possibile soluzione. I partiti comunisti italiano e francese, rinvigoriti e inseriti nella storia del loro paese attraverso la guerra popolare di liberazione si vengono a trovare in una posizione ambigua poiché mentre sono sospinti a diventare l'elemento indispensabile —e forse principale — di un sistema di alleanze socialiste e democratiche la vecchia impostazione li impaccia fino a rendere inefficiente la politica cui pure giustamente aspirano.
La condanna del « culto della personalità » é dunque la conseguenza di profondi mutamenti, cui han concorso tutte le forze popolari entrate in movimento su un larghissimo fronte con la guerra antifascista. L'elemento essenziale del panorama nuovo che abbiamo davanti é l'inizio di nuovi rapporti tra i partiti comunisti, quelli socialisti, socialdemocratici e progressivi in generale. La necessità di tali rapporti anche per la sicurezza e lo sviluppo dell'URSS é la causa della caduta dello stalinismo. L' « antistalinismo » dalle sue tragiche punte estreme iniziali di impotente rivolta morale nell'interno dell'URSS — «gli allori del semplice volere sono foglie secche che mai verdeggiarono» ricorda Hegel — é pervenuto in questo dopoguerra attraverso una lotta politica creativa che si é svolta dentro e fuori dei partiti comunisti e che ha abbracciato tutto il movimento socialista e popolare, a dar vita ad una dialettica di rinnovamento che lascia dietro le sue spalle i vecchi schemi. Sul piano ideologico esso é valso ad impedire che la concezione marxista fosse ridotta ad uno schema fatalistico della storia, davanti alla quale il militante «fedele» doveva porsi come il cattolico davanti alla provvidenza divina. Il credente cerca di risolvere il conflitto tra l'uomo e l'inesorabilità della storia con l'adesione e l'aspettativa espresse dalla preghiera. Ma il materialismo storico é interpretazione del mondo al fine di mutarlo e pone quindi al centro della storia l'attività umana creativa dei suoi fini nella
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coscienza delle sue concrete condizioni. La svolta segnata dalla condanna del «culto della personalità» allontana l'ideologia dalle secche di una concezione chiesastica che intendeva gustificare l'ido-leggiamento di una società presentata come perfetta, apre la dialettica concreta del socialismo nella nostra storia di oggi.
Nelle discussioni del XX Congresso i continui richiami al nuovo della vita sottolineano che l'appello ai principi, al leninismo, non sono un ritorno a schemi del passato ma una forma di lotta co:ltro una concezione chiusa in nome di un marxismo creativo aperto all'esperienza. « In tutti i casi Lenin non si ispirava a un dogma, non si sentiva legato a parole d'ordine che avevano perduta la loro vitalità, ma prendeva l'avvio dalle esigenze della vita che non possono rimanere immutate... Pile) esistere la scienza senza creazione ? No, senza creazione si ha soltanto lo scolasticismo, non la scienza che è sempre creazione, costruzione del nuovo e non ripetizione del vecchio... Sappiano i militanti del fronte ideologico che il partito non può più ammettere che si resti indietro rispetto alla vita... » (dall'intervento di Mikoian). « La soluzione viene data dalla vita, dalla esperienza dei singoli paesi, e il marxismo riesce a trionfare e trionferà nella misura in cui dimostra di essere veramente non un dogma, ma una guida per l'azione, di saper dare una soluzione a tutti quei problemi che nella marcia verso il socialismo sorgono, in paesi e in condizioni diverse » (dal rapporto di Togliatti sul XX Congresso).
IV. L'acquisizione ideologica e politica da parte dei partiti comunisti della diversità delle vie che conducono al socialismo costituisce il presupposto dei rapporti che stanno già sviluppandosi tra i partiti comunisti e gli altri settori del movimento operaio e democratico. Questo principio condanna infatti ogni forma di intervento negli affari interni di un paese e taglia alla radice le pretese imperialistiche. Esso è anche a mio parere il presupposto necessario per prendere in esame la diversità delle istituzioni nel quadro delle quali si può concretare la marcia verso il socialismo e lo stesso sviluppo di una società socialista (una società dove i capitalisti in linea generale sono stati espropriati).
Per definizione un regime socialista deve essere democratico:
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la fonte del potere deve essere la volontà popolare e l'esercizio del potere deve avvenire con la partecipazione più larga possibile dei cittadini.
Le -caratteristiche di sviluppo del regime sovietico dall'affermarsi dello stalinismo alla condanna del culto della personalità hanno messo in luce che ciò non avviene automaticamente con l'espropriazione dei capitalisti, ma costituisce un problema, tanto più difficile in quanto è un problema nuovo che si presenta, nei suoi termini di libertà, democrazia e collettivismo per la prima volta nella storia. Credere che la soluzione debba stare soltanto nella pluralità dei partiti e nel tipo di regime parlamentare che ne consegue mi sembra semplicistico tanto più che si applicano istituti definitisi nella società divisa in classi ad una società senza classi, almeno nel senso di classi sociali differenziate da una diversa partecipazione alla proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio. D'altra parte le istituzioni sovietiche se trovano una loro giustificazione nella storia del paese e della rivoluzione non appaiono, per tutto ciò che è successo, tali da aver raggiunto il loro pieno sviluppo socialista. Seguendo le stesse indicazioni del movimento in corso le modificazioni necessarie sembrano essere nella direzione del decentramento, della distinzione tra Partito e Stato nei suoi vari organi e soprattutto nella ricerca della partecipazione diretta dei lavoratori alle decisioni che riguardano i problemi della produzione. Si profila qui una certa autonomia, anche economica, delle collettività produttrici (aziende industriali e colcos) e quindi una nuova fase della pianificazione non più fondata sull'assoluta centralizzazione e burocratizzazione. Si riallacciano al decentramento le possibilità più ampie di vita autonoma di una serie di associazioni, dai sindacati, ai circoli culturali, artistici ecc. che sono certo strumenti fondamentali di una concreta funzionalità democratica. Mi sembra che sviluppandosi queste tendenze, che possono dar luogo a nuovi istituti nelle strutture fondamentali dell'economia, la facoltà di eleggere i proprii rappresentanti nei soviet possa diventare l'atto più importante di un sistema di democrazia diretta che ha le sue basi nelle strutture stesse dell'economia. Lungo questa strada ha proceduto arditamente la rivoluzione jugoslava con i
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consigli di gestione operaia nelle imprese che sono economicamente autonome nel quadro di una pianificazione fissata nelle linee generali. Lo Stato piuttosto che burocraticamente accentratore è regolatore, attraverso il credito e interventi più diretti di un mercato socialista — le imprese sono tutte nazionalizzate — nel quale il decentramento e le autonomie alimentano lo sviluppo di una democrazia diretta che culmina in una Camera dei produttori che affianca il parlamento a suffragio diretto e segreto.
Diverso mi sembra debba essere oggi il discorso per i paesi capitalistici. Dico oggi perché é soltanto ora, in questo secondo dopoguerra, nella nuova situazione internazionale, che si profila la via pacifica per il socialismo. Si pensa cioè che sia meno probabile che i gruppi capitalistici dominanti, da soli o con l'aiuto straniero, siano disposti a scatenare la guerra civile contro una maggioranza che intacchi a fondo i loro privilegi. In queste condizioni e dopo le esperienze del mondo già socialista non si pone da nessuna parte la prospettiva di un salto ad un tipo di « comunismo di guerra )>. Anche i paesi sovietici del resto dalle situazioni di indiscriminata collettivizzazione sono poi tornati a forme intermedie procedendo a zig-zag nella costruzione degli elementi della società socialista. Né va dimenticato che nell'Europa occidentale l'industria é sviluppata, la democrazia ha antiche tradizioni e le classi lavoratrici sono più mature. E possibile quindi che una coalizione di partiti possa guidare per lungo tempo la trasformazione graduale ma sostanziale delle strutture economiche. Essa potrà anche essere nei diversi periodi di varia estensione, in relazione alla varia estensione di una opposizione parlamentare. Quali caratteristiche poi acquisteranno via via i vari partiti e come si definiranno i loro rapporti nel corso della trasformazione strutturale della società é cosa che solo il corso degli eventi potrà determinare. E chiaro per) che agni modificazione non potrà che ampliare in forme varie il carattere democratico che senza soluzione di continuità é connaturato al corso del socialismo nei paesi più progrediti.
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Testata/Serie/Edizione Nuovi Argomenti | Prima serie diretta da Alberto Moravia e Alberto Carocci | Edizione unica
Riferimento ISBD Nuovi argomenti : Rivista bimestrale. - N.1 (1953)-. - Roma [distribuzione Torino] : [s.n., distribuzione Einaudi], 1953-. - v. ; 23 cm (( La periodicità è variata più volte: la prima serie esce con periodicità irregolare, dal 1976 trimestrale. La prima serie si conclude con il n.69/71 (Luglio-Dicembre 1964 ma pubblicato nel marzo 1965), nel 1966 inizia la nuova serie che termina con il n.67 68 (1980), nel 1982 la terza serie che termina con il n.50 (apr. giu. 1994) ed inizia la quarta serie con il n.1 ... {Nuovi argomenti [rivista, 1953-]}+++
Data pubblicazione Anno: 1956 Mese: 5 Giorno: 1
Numero 20
Titolo KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20


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