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tipologia: Analitici; Id: 1472281


Area del titolo e responsabilità
Tipologia Periodico
Titolo Franco Cagnetta, Inchiesta su Orgosolo. Parte terza: Orgosolo moderna
Responsabilità
Cagnetta, Franco+++
  autore+++    
Area della trascrizione e della traduzione metatestuale
Trascrizioni
Trascrizione Non markup - automatica:
III
ORGOSOLO MODERNA
La politica militare-coloniale che dal 1880 colpisce Orgosolo è soltanto la manifestazione più visibile, la forma della politica economica-coloniale che dal 1880 la borghesia imperialista italiana conduce contro Orgosolo e, largamente, contro tutta la Sardegna pastorale.
L'economia pastorizia sarda, e particolarmente, quella della Barbagia pu) essere considerata da quel tempo sino ad oggi — e con pro-
prietà di termine una economia di tipo coloniale.
Abbiamo visti i caratteri « primitivi » dell'azienda pastorale sarda. Dobbiamo qui precisare che non si tratta più di un'azienda primitiva vera e propria, una azienda, cioè, che vive in un mercato naturale o di baratto, ed il cui territorio è chiuso, limitato al paese. Si tratta, invece, di una azienda già in pieno immessa nell'epoca moderna: che vive in un mercato artificiale, che ha bisogno di denaro, ed il cui territorio è vastissimo : il mercato finanziario, il mondo.
Da quando la borghesia italiana introduce la proprietà privata nelle terre di pascolo che, conseguentemente, si danno in affitto, la prima necessità dell'azienda del pastore — procacciarsi il pascolo — comincia a coincidere con la necessità di procacciarsi il denaro. L'affitto, richiesto in denaro dai proprietari dei pascoli, viene pagato per) dal 1830 al 1880, abitualmente, in natura: il denaro scarseggia enormemente in Barbagia; lo hanno nelle mani solo piccoli prestatori e piccoli commercianti che lo danno, in modo usurario, in cambio di prodotti: latte, lana, formaggio, pelli, carni ecc.
È da quando la borghesia italiana (trasformatasi in imperialista) mette piede in Barbagia, il 1880 circa, con i primi industriali caseari, che il denaro, affluendo in maggior misura di prima e sempre più richiesto dai proprietari di terre diviene il motore dell'economia di Barbagia.
Da quel momento la locale economia prende l'aspetto tipico di una economia coloniale.
L'industriale caseario, dal 1880, giunge in Barbagia in cerca di materie prime — latte soprattutto — che può acquistare a prezzo più
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basso che altrove perché il denaro qui scarseggia. Egli, dal 1880, si preoccupa di impiegare il minimo di capitali: non costruisce caseifici sul posto, non porta lavoro, non accresce la ricchezza locale: incetta latte, lo ammassa sotto forma di pasta appena lavorata (per conservarla), e lo invia in continente dove questo si lavora. Né si preoccupa poi di riversare neppure in parte in Bargabia i profitti che ricava.
Come si vede é una economia coloniale classica : di tratta.
Le condizioni per la creazione di monopoli locali sono qui oltremodo favorevoli e la creazione di essi avviene seconda modi classici della economia coloniale: possedendo un capitale d'inizio, pagando presto e con certezza il latte, l'industriale caseario ha facilmente ragione dei piccoli concorrenti: usurai, piccoli commercianti. L'abbondanza del latte e la larghezza del territorio non gli fanno neppure temere molto i grandi concorrenti: ossia gli altri industriali caseari. La spartizione della Sardegna tra pochi di essi (Locatelli, Galbani ecc.) avviene — come nella economia coloniale -- in modo « abbastanza » pacifico.
Ma vediamo invece, ora, la situazione del pastore.
Il pastore, obbligato a pagare sempre più in denaro il pascolo, non trovando il denaro con facilità se non dall'industriale, é costretto sempre più a sottostargli. Il pastore é una figura economicamente debole di fronte all'industriale: nell'ambito dello Stato non conta quasi nulla, mentre molto conta l'industriale. Il pastore si assume la parte passiva, il lavoro: si fa solo custode e mungitore delle pecore; cede invece all'industriale la parte attiva, la possibilità di guadagno: il prodotto. Nel momento principale del mercato — nella determinazione del prezzo del latte — o l'industriale impone personalmente il suo prezzo o, per suo conto, lo impone lo Stato. Il pastore, che pur é l'attore principale, non prende parte se non formalmente in questa determinazione. Il prezzo è legato spesso al mercato mondiale: per es. l'America riduce il contingente di importazione del formaggio sardo (come é avvenuto di recente): scoppia una crisi. Il pastore di Barbagia, senza poterne controllare la causa é coinvolto, sconvolto dalla crisi. L'industriale caseario pub almeno manipolare il prezzo : si salva; il pastore é completamente indifeso : si rovina.
Da 70 anni, e con processo discontinuo ma sempre crescente, si va formando una classe di pastori rovinati, e specialmente piccoli e medi pastori. Lottano dapprima per procurarsi il denaro per il pascolo, per le tasse crescenti, per la spese vitali; riducono disperatamente il loro
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livello di vita ad un livello infimo, un livello coloniale (l'abitante della Barbagia, per es., ha un reddito medio 10-15 volte inferiore a quello dell'abitante di Roma); poi piano piano cominciano a vendere il gregge; infine, a poco a poco, si riducono alla disoccupazione. Per la prima volta dopo millenni la disoccupazione tra i pastori (almeno per larghezza) é il fenomeno nuovo. La formazione di una classe di disperati disposti a qualsiasi lavoro : pastorizio, agricolo, artigiano, industria-
le ecc. — cioè la formazione di un proletariato pastorale — é il risultato nuovo della storia imperialista.
Ed in Barbagia il pastore disoccupato non può sperare di sfuggire a questa proletarizzazione con il mutare lavoro, mestiere:
1) L'agricoltura é pochissimo sviluppata (la terra, per la comodità della rendita agraria, si fitta a pascolo); il contado presenta fenomeni di disfacimento : di proletarizzazione agricola.
2) L'artigianato ed il piccolo commercio, con la schiacciante concorrenza dei nuovi prodotti di fabbricazione industriale, sono rovinati: scendono sempre più verso una situazione di proletariato « di paese ».
3) Industrie in Barbagia non ne esistono. Quelle che esistono in Sardegna (miniere del Sulcis e Iglesiente) sono lontane e, anche queste, di tipo coloniale: il carbone si estrae ma non si lavora: si spedisce in continente. La loro capacità di assorbimento di mano d'opera è, perciò, scarsa; la concorrenza tra operai fortissima; le condizioni di vita peggiori, probabilmente, di quelle del pastore. E per di piú, oggi, dopo l'invio del commissario governativo Landi, è diventato chiaro il proposito di smobilitare Carbonia, (si parla già esplicitamente della « necessità » di licenziare 4.000 dei 10.000 operai).
Ogni nuovo lavoro o mestiere propone così ai pastori condizioni non diverse da quelle che hanno, se non peggiori: la prospettiva finale è, ancora, la disoccupazione. E così i pastori — categoria tipicamente «conservatrice », perché da millenni abituata alla sola pastorizia — non hanno convenienza di emigrare, di muoversi: rimangono in paese.
Potrebbe sembrare, a prima vista, che a questo nuovo processo, comune a tutti i pastori di Barbagia, il paese di Orgosolo si sottragga, poiché è l'unico, l'ultimo che non risulti ancora conquistato dallo Stato e dalla economia imperialista. La proprietà privata delle terre per pascolo non è molta; il territorio comunale estesissimo; gli industriali caseari che incettano il latte non sono visibilmente presenti nel paese : pochi centri di raccolta esistono ai margini del territorio di Orgosolo.
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Ma la sottrazione del paese alla economia imperialista è soltanto illusoria. I pastori di Orgosolo, seminomadi — per ragioni climatiche — per la meta dell'anno e cioè per l'inverno, sono costretti ad andare nei territori circostanti, cioè in terre private di pascolo che pagano in denaro. L'accerchiamento del territorio di Orgosolo da parte della economia imperialista fa sottostare per metà il paese a questa economia. La introduzione stessa della proprietà privata di terre di pascolo — sia pur in forma meno pronunciata che altrove — introduce, ancora, nel paese, il cavallo di Troia della economia imperialista. Sempre piú, dalla guerra 1915-18, ma specialmente, dalla guerra 1939-43, i pastori di Orgosolo sono costretti sempre più a ricorrere, per il denaro dei fitti del pascolo, agli industriali.
Dalla fine di questa ultima guerra il processo di proletarizzazione dei pastori, comune a tutta la Barbagia, ha cominciato a manifestarsi con crescente progresso in Orgosolo. Si può dire che dal 1943 — e per la prima volta nella storia di Orgosolo — si sia andata verificando la creazione di una nuova classe, diversa da quelle tradizionali de « sos meres » e « sos terraccos »: un proletariato pastorale. E questo è rinforzato dai nuovi strati di proletariato agricolo, artigiano, ecc.
La creazione di questa nuova classe è molto importante per Orgosolo: crea una svolta storica, apre un'epoca nuova.
Dal 1943 Orgosolo, come non mai prima, è un paese scisso in due: un paese antico e moderno. Esso vive nella sua antichissima storia ma è entrato anche nella storia contemporanea; il suo territorio è ancora il territorio del paese, ma si è dilatato al territorio nazionale, mondiale.
Studieremo l'azione di questa nuova classe creatasi di recente, che ha fisionomia singolare e già dimostra possibilità di spezzare una storia millenaria, di introdurre nel paese il più profondo rinnovamento.
**(
La situazione coloniale del paese di Orgosolo in seno allo Stato italiano è una situazione coloniale due volte aggravata : e per il colonialismo economico, comune a tante altre zone d'Italia; e per il colonialismo militare proprio (almeno per intensità) solo al paese di Orgosolo. Una così grave, estrema forma di oppressione imperialista comporta — con urgenza — la necessità di « liberazione » del paese, l'interesse comune e generale ad una totale « liberazione ». Si può dire che il problema del paese di fronte allo Stato, dal 1880 ad oggi, sia stato
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sempre, essenzialmente, il problema di una liberazione « nazionale » o, più esattamente « paesana », e di una liberazione « sociale » dall'oppressione che si approfondisce sempre piú. Le forme di « ribellione » dal 1880 al 1943 (e si potrebbero dire anche di « rivolta coloniale ») si configurano, dapprima, intrecciate al banditismo. Il banditismo del 18801900, ed il banditismo della « disamistade » (1905-1926) possono considerarsi, in modo proprio, anche una specie di « ribellione » di rivolta coloniale. Attori di questa ribellione sono i « banditi »: coloro che, senza distinzione di classe, ricchi e poveri, « meres » e «terraccos », vendicano il paese dalla crescente oppressione dello Stato. E il momento della «liberazione» indistinta, torbida, terrorista, individuale.
Dal 1943, con la comparsa di un proletariato pastorale la storia dei tentativi di questa liberazione si modifica profondamente.
II proletariato pastorale risente dell'oppressione « paesana » come ogni classe del paese; in maggior misura di ogni altra, risente l'oppressione « sociale ». È la classe ai limiti del processo economico, quella che non ha niente da perdere ma tutto da guadagnare : é la classe storicamente destinata a prendere le redini di tutto il locale movimento di liberazione:
Naturalmente il proletariato pastorale non può di certo dirigere od operare da solo nella liberazione: é una classe appena nata, allo stato di una disgregazione più che di una formazione; non discende da un processo lineare (come quello del proletariato industriale) in cui vi é un nemico diretto — l'industriale : discende da un processo confuso in cui vi sono molti nemici — il proletariato del pascolo, il pastore concorrente — dietro i quali si nasconde il nemico diretto, l'industriale.
Di fronte a tutte le classi del paese il proletariato pastorale, però, non solo risente meglio ma meglio può vedere le ragioni stesse dell'oppressione e le vie da seguire per la liberazione. Come classe non tipica del paese o chiusa in un ristretto territorio, come per es. i « meres » e i « terraccos », ha caratteri comuni ad altre classi sociali, di altri territori (i caratteri del « proletariato » in generale). Il proletariato pastorale ha un orizzonte più largo del suo paese, può ritrovare situazioni analoghe altrove e cercarsi alleati, può vedere meglio e più profondamente la situazione.
È nel 1943 che per la prima volta i pastori declassati hanno idee politiche e cercano di mettere in pratica queste idee « organizzandosi ». La loro azione, in primo tempo, é naturalmente soprattutto ideo-
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logica : é legata alla creazione di « intellettuali ». E questi nascono, e non possono nascere, per l'esigenza di dirigere la necessaria « liberazione ».
Il fermento culturale che dal 1943 introduce questa nuova classe di pastori nel paese é un fenomeno di molta importanza, del tutto nuovo per Orgosolo : per la prima volta, dopo centinaia e centinaia di anni, il pastore orgolese, messo di fronte alla necessità di liberare se stesso dall'oppressione, comincia a studiare. E comincia a veder chiaro : abbandona la rivolta individuale — il pugnale, il mitra —, allarga la rivolta a collettiva, con la propaganda, con l'organizzazione.
L'avvenimento più importante verificatosi in Orgosolo — che é sfuggito a tutti coloro che di Orgosolo si sono interessati solo per la cronaca nera — é che il proletariato pastorale, appena nato, ha scoperto la «politica» ed ha imposto la politica, per la prima volta, a tutto il paese. Sino al 1945 la politica era del tutto sconosciuta in Orgosolo; dal 1918 al 1943 era limitata a pochi individui legati a « politici » estranei al paese per clientele personali, per ricevere in cambio locali privilegi o assistenza legale (tipico, ad es., il Partito Sardo d'Azione); dal 1943 con ideologie generali e moderne organizzazioni, con la formazione di veri e propri partiti, per la prima volta, la politica fa il suo ingresso in Orgosolo.
È nel 1943 che per la prima voltai « pastori declassati » portano in paese le prime idee « comuniste », tentano una prima « organizzazione comunista ». Corrispondendo esattamente alla particolare situazione « proletaria » e « coloniale » di quei pastori disoccupati — del proletariato pastorale — il comunismo é la sola ideologia e la sola forma di organizzazione che prospetti e consenta una liberazione « nazionale » (o qui «paesana ») ed una liberazione « sociale »; é la sola teoria e la sola pratica che siano nate per combattere con una profonda azione pratica, e non con la declamazione, l'oppressione nazionale e proletaria. I nemici del comunismo su piano mondiale sono i nemici del proletariato pastorale di Orgosolo su piano locale.
Con l'ingresso di fermenti « comunisti » nel paese le due antiche classi sociali, la opposizione tra il paese e lo Stato acquistano un rilievo mai raggiunto. Sotto questa stimolo nascono in Orgosolo in altri gruppi, tra i «meres» soprattutto, anche idee e organizzazioni opposte: in particolare la d. c., il partito dei proprietari, dei conservatori, governativo, « statale ». Due i partiti, e corrispondono quasi nettamente alle
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due classi sociali tradizionali, alla interna divisione paese-Stato. È interessante notare che l'antico « Partito » Sardo d'Azione — basato su
clientele — subisce un processo di disgregazione, cosí che la parte con-
servatrice si orienta verso la d. c. e la parte popolare verso il p. c. La frattura si acuisce. Ma per la prima volta la vecchia vita del paese, la
lotta tra le classi, la lotta paese-Stato, abbandona il terreno, individuale del terrorismo che, come abbiamo visto, é quello della vendetta, del banditismo, per passare al terreno della lotta civile, del dibattito delle idee, della organizzazione in partiti. Nobilitati, elevati nella vita di moderni partiti, gli interessi locali — i vecchi « partiti », se così si può dire — sono spinti ad abbandonare ogni legame col sangue. È questa la prima grande vittoria, la « rivoluzione » iniziata dal proletariato pastorale, dai suoi «intellettuali », che ha imposto a tutto il paese, amici ed avversari questo terreno di lotta. Il comunismo, come nessuno per secoli, sembra aprire la via della civiltà moderna in Orgosolo; sembra essere il fenomeno che può introdurre una nuova vita moderna nel paese, spezzare l'antica organizzazione, l'antico mondo chiuso.
Ma vediamo l'ambiente, le forme culturali, le organizzazioni con cui è nato il particolare, singolare « comunismo » di Orgosolo.
Chi pensi, secondo uno schema preconcetto, che il comunismo in Orgosolo sia stato « importato » ad opera di « agitatori » commette un errore di valutazione della situazione. Esistono pochi paesi come Or- gosolo che abbiano un terreno « precostituito » per la introduzione e lo sviluppo interno del comunismo, anche se non esiste, e non può esistere, un locale proletariato industriale.
Le situazioni coloniali (ed é ormai chiaro in tutto il mondo) sono estremamente « ricettive », « propense » alla introduzione ed allo sviluppo interno del comunismo. Come già il liberalismo nel XIX secolo é il solo movimento di liberazione nazionale dei popoli europei oppressi dal potere feudale, il comunismo nel XX secolo è il solo movimento di liberazione nazionale dei popoli coloniali oppressi dall'imperialismo. Per comprendere la situazione di Orgosolo in una scala assai ridotta bisogna riferirsi su scala mondiale a ben più vaste situazioni che possono ritrovarsi tra i popoli coloniali dell'Africa e dell'Asia. Il comunismo orgolese presenta singolari identità con ìl comunismo di quei paesi coloniali.
Ciò che crea un terreno « naturale » per il comunismo in Orgosolo é costituito, innanzitutto, da due particolari condizioni:
INCHIESTA SU ORGOSOLO 219
1) La prima é una situazione economica comune, per es., in alcune zone e popolazioni africane: l'economia locale é basata sul comune uso del pascolo. La proprietà privata, oltre che veramente estranea, é estremamente nociva alla vita del paese. L'antica abitudine al pascolo comune, il patriarcale « comunismo » (e tale é infatti l'antico termine locale) é lo sfondo per il moderno comunismo :
Tottu dipende dae sa facenda
de non esser comune sa sienda (1).
E ancora:
Podimus sas delizias antigas
nos cherinde in su mundu gosare?
Basta per?) in comune lascare
terrinos e produttos e fatigas (2).
2) Probabilmente non esiste in tutt'Europa popolo che, come quello orgolese, per millenni abbia sofferto l'oppressione e non abbia potuto parlare. Il popolo orgolese é simile al popolo ebraico. Ma se per l'ebreo il « volto di dio » é comparso or è 5000 anni fa, per l'orgo-lese un « volto di dio » é comparso solo oggi, dopo 5000 anni. Il comunismo per la prima volta dà all'orgolese la possibilità, in una comunità di interessi con milioni di uomini, di parlare, di farsi conoscere, di esprimere il proprio dolore nella storia. L'orgo-lese oggi vuole entrare nella storia non solo nel senso di impadronirsi dello Stato, di mutare la situazione, ma in quello più semplice che il proprio dolore privato non si consumi più nel buio dell'individuo: si faccia noto, comune, acquisti carattere pubblico. « Dite che noi pure orgolesi siamo uomini. Dite che noi pure orgolesi siamo uomini sventurati », dicono a tutti continuamente gli orgolesi. E la coscienza di un paese che si risveglia, che entra nel mondo. E per la prima volta davvero l'orgolese entra nel mondo. Il comunismo gli fa conoscere se stesso come uomo, gli fa conoscere che la sua condizione umana é comune a quella di milioni di uomini come lui. I suoi problemi non sono più problemi soltanto locali, ma mondiali. E sa che esistono altri uomini come lui, suoi simili, suoi amici. Cum panzu, cum panzu (Compagno, compagno) suona questo nome sulla bocca del-
(1) Tutto dipende dalla faccenda / che non sono comuni i beni.
(2) Possiamo le delizie antiche / noi volendo nel mondo godere? / Basta in comune lasciare / terreni e prodotti e lavoro.
S'r
FRANCO CAGNETTA
l'orgolese come anticamente doveva suonare fratello sulla bocca del cristiano. Il cristianesimo non ha più questo suono, non libera. Al contrario! Il cristianesimo è il prete, il prete che benedice lo Stato. E l'antica millenaria aspirazione alla fine dell'oppressione, alla giustizia, all'egua-glianza, al mondo migliore l'orgolese non la trova più nel cristianesimo, la trova nel comunismo. Il comunismo é la Speranza.
Per queste due condizioni, assai profonde, quasi tutto il paese di Orgosolo, uomini e donne, bambini e vecchi, si professano « comunisti »; quasi tutto il paese è « propenso » al comunismo.
I maggiori stimoli al comunismo, ad uno sforzo verso il comunismo, ad una organizzazione, vengono poi, in verità, soprattutto dallo Stato. Il generale operato dello Stato é la più profonda propaganda al comunismo. E lo Stato lo crea poi, per es., in particolare con due vere e proprie « scuole di comunismo » che sono la leva militare ed il carcere e il confino.
L'importanza della leva, della vita militare per la formazione di un ambiente di simpatia al comunismo è di molta importanza. Per avere interrogato i « primi » comunisti orgolesi in ordine di tempo e diecine e diecine di comunisti orgolesi posso dire che la prima cognizione di idee comuniste e la prima « cosciente » formazione comunista é avvenuta (e ancora avviene) attraverso l'esercito italiano. Trasportato per la prima volta in una vita « collettiva » più moderna, a contatto con soldati più evoluti, per es., emiliani; in un ambiente che per ottusità di ufficiali costituisce quasi sempre un moderno « proletariato » militare, il pastore di Orgosolo dischiude gli occhi, si fa una prima « coscienza » comunista. Dar() qui, per es., alcune lettere di militari orgolesi che comprovano quanto scrivo. Esse sono state scelte da me casualmente e la raccolta che ne ho potrebbe costituire un volume:
« Caro compare, sono passati dodici mesi che non ci incontriamo. Niente gregge, niente famiglia. Mi trovo a fare il mercenario. Mi piace girare, vedere, ho conosciuto tanta gente nuova, tutto diverso dal paese. Ma se devo dire la verità non mi trovo contento della vita militare. Poche le razioni. Troppi i comandi:
gustos pusillanimos crettinos
pacciardianos, viles iscelbinos (3)
(3) Questi pusillanimi cretini / pacciardiani e vili scelbini.
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ci proibiscono di leggere libri e giornali. Qui siamo 500 reclute. In ogni camerata si fa politica. A me non manca questo conforto. Andiamo alle Federazioni Comunista e Socialista. Abbiamo strappati tanti giovani all'Azione beghina. Mi sento comunista e sono riuscito a far sentire così 5 ragazze. Mi prego il giorno che verrà il trionfo ».
« Caro compare, la tua lettera mi rese felice. Sai bene che siccome ero alle dipendenze dei propri genitori non sentivo personalmente il bisogno di abbattere la D. C. perché non sentivo il proprio usurpamen-to. Ma oggi si che mi sento questo dovere e l'obbligo di distruggere queste leggi al colmo di disordini e tirannie. Io pensare che dopo nove mesi di sacrifici e di tirannia sporca ho chiesto visita per la prima volta. Quando andai al « Signor ,> tenente medico dopo avergli detto che avevo febbre mi rispose: sai che si chiede visita 24 ore prima di morire, perché io non riconosco malati che non sputano almeno un litro di sangue in mia presenza. Non mi adirai : sarebbe stato peggio. Ma intanto da ora, come mi hanno detto certi bolognesi : viva sa bandera comunista e tottu cantu sa Russia intera. Pro aver votadu su clericalista nos tratana cun pessima manera. Viva viva il comunismo ».
Altra scuola di « comunismo » il carcere, il confino. Anche qui la concentrazione, lo scambio con altri uomini, l'incontro con «politici », le condizioni particolari di « proletariato » carcerario e confinario creano le condizioni per la formazione di una coscienza « I`omunista ». E singolare osservare, per es., che il carcere di Nuoro persino per molte donne di Orgosolo costituisce la sola « scuola » moderna, la scuola « comunista » che offre loro lo Stato : molte donne escono dal paese solo per venire a colloquio con famigliari detenuti: prima non hanno visto mai niente oltre il loro paese. Il viaggio, l'incontro con un nuovo mondo, qualche discorso sentito e fatto furtivamente le fanno « moderne, comuniste ».
Per avere, per es., un'idea del rapporto di ingenuo proselitismo al comunismo che si instaura tra confinati e famigliari, riporto qui di seguito alcune lettere anche queste scelte a caso tra molte e che, con pochi squarci sono di per sé esemplari :
1) « Cara sorella, rispondo con ritardo alla tua. Siamo qui circondati dall'oceano, nell'isola di dolore, ossia "confino". Molti sono comunisti e pensano bene. Io comincio a vedere ».
2) « Compare carissimo, il 30 luglio o ricevuto la vostra adorabile letterina e sono contentissimo. Vi faccio sapere delle novità del paese
ZZZ FRANCO CAGNETTA
che hanno ammazzato a ziu P. gli hanno ammazzato 210 pecore ed hanno arrestato il servo C. poi due buoi mancati a ziu M. poi hanno ammazzato a ziu V. e gli hanno tagliato la gola, un orecchio bucato, gli occhi e poi hanno fatto un conflitto su territorio Gavoi il quale sono restati R. ed hanno ferito e arrestato T. Io vi prego di non dire che per voi non dobbiamo lasciare la rabbia. No e poi no. Che siete condannati innocentissimamente pro su confinu. Vi assicuro che qui tutti adirati siete adorati come un santo, assai piú. Sono per questo tutti diventando contro all'iungiustizia, insomma, come sapete, comunisti ».
3) « Caro, non credere che siete mai dimenticati. E solo il dolore di pensarvi. Che in voi tutti troviamo ora compagni i più fedeli. Quando penso alle lunghe conversazioni che facevano. Discorsi di pace, di libertà. Si chiedeva libertà e ci hanno dato galera, si chiedeva lavoro e ci hanno dato l'ozio. Chi era nemico dei banditi lo hanno arrestato, quelli che dovevano combattere i banditi! Il vostro arresto ha sbalordito la popolazione che é offesa e indignata. C'è ingiustizia. In paese. Qui hanno aperto lavoro e poi l'hanno chiuso. Si é lavorato non più di 10 giorni. Saluta i compagni di sventura. Coraggio, coraggio, indimenticabile compagno ».
4) « Caro figlio, chi ti ha potuto vedere così? Caro, ti auguro che nessuna cosa al mondo potrà deviare il tuo ideale diventato comunista, che stai lottando per il nostro bene comune, di oppressi. Anche tu sarai. al corrente della situazione politica. Sarai più forte. Hai capito? I tempi cambieranno : cambieranno le cose. O maledetto il confino. Maledetti, maledetti quelli che fanno piangere noi mamme, distruggono le famiglie ».
5) « Ustica... Ogni confinato due comunisti. Ogni comunista due possibilità di meno per il confino ».
Posseggo diecine di ricevute di vaglia da 100, 500, 1000 lire inviate per aiuto e per solidarietà da parenti ed amici orgolesi ai confinati. Nelle comunicazioni del mittente leggo scritto sempre, o quasi sempre, intramezzate a saluti, frasi come : « Abbasso il confino e viva il comunismo. Viva Russia e abbasso d. c. ».
Il comunismo è — é evidente — un fenomeno culturale. Quali erano le condizioni culturali del paese che permettevano l'ingresso e lo stabilizzarsi di una cultura comunista ?
L'incapacità ad intendere l'italiano assai diffusa; l'incapacità a leggere e scrivere quasi generale.
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La frattura tra l'orgolese e l'intellettuale sardo « tradizionale » incolmabile. Generalmente l'intellettuale apertamente e coscientemente schierato contro il pastore e il contadino, l'ideologo del proprietario terriero, dell'industriale, dello Stato é « figura » meno diffusa in Sardegna che in continente: non esiste, o quasi nell'isola un forte strato ed una forte organizzazione di questi intellettuali. L'intellettuale sardo proviene, generalmente, dalle classi medie. Per ragioni di millenario dominio « straniero » queste non hanno mai avuto (e non hanno) la possibilità di farsi una vera e propria consistenza economica, una forte spina dorsale economica; sono sempre in pericolo di ritornare alle condizioni dei pastori e dei contadini. Non esistono pertanto le condizioni stesse perché l'intellettuale abbia una vera e propria consistenza culturale, una forte spina dorsale culturale che li distacchi e li ponga, apertamente e coscientemente, contro il pastore e il contadino. Ma l'intellettuale sardo delle classi medie — l'intellettuale « tradizionale » — é una tragica figura di intellettuale coloniale. Tenuto dallo Stato italiano in condizioni di suddito, di subalterno coloniale, generalmente egli é affetto da un complesso di inferiorità coloniale e da un conseguente risentito, e mal inteso, amore per la sua terra. Egli é « geloso » dei problemi locali, li nasconde per sospetto o per orgoglio al « continentale », li rimugina soltanto in sé. Proveniente dalle classi medie, da classi instabili, in crisi, un forte complesso di evasione (fuggire in continente!) lo assale di continuo, e si alterna con il desiderio, e l'impotenza, di non uscire dalla propria terra. Egli cerca di mettersi a paro con la cultura del continente, egli conosce e rimugina le più astruse teorie del continente, ma con questo va sempre più perdendo contatto con la sua terra, non sa più che cosa sono i pastori e i contadini. Contenuto provinciale e forma cosmopolita sono la fisionomia più comune dell'intellettuale sardo « tradizionale ». E questa fisionomia, rivelatrice di una crisi profonda, per la stessa debole costituzione di questo intellettuale, non si rivolta (come dovrebbe) contro lo Stato — se non con proteste platoniche — ma, generalmente, contro il proprio stesso popolo. Trovando base nella propria origine di classe, questo intellettuale riversa la propria inferiorità non sullo Stato ma sul pastore e il contadino : lo studente, il giornalista si fa l'ideologo dei nemici del pastore e contadino, l'avvocato pensa solo a fare affari sul pastore, sul contadino. Se uno di questi intellettuali riesce, come avviene qualche volta, ad entrare nello Stato, da militare, maestro, magistrato, funzionario ecc.
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diviene il più fedele esecutore di questo e il nemico piú crudele del pastore e del contadino. Non é in questo, certamente, che il pastore e il contadino può trovare la sua guida. Il sospetto, il disprezzo verso l'intellettuale (abitualmente non espresso apertamente, se non nei momenti critici) é l'aspetto piú profondo di questa incolmabile divisione.
La cultura comunista non poteva trovare perciò altra via (una via non « sospetta », una via « genuina ») se non attraverso le ferme culturali proprie e tradizionali del pastore e del contadino. E una via la ha trovata soprattutto, e la trova tuttora, nella antica forma culturale di su tenore.
Abbiamo visto esattamente che cosa, per l'aspetto « formale » é su tenore (4); indicheremo ora, in breve la sua funzione di moderno « formatore » o « organizzatore » di cultura.
È singolare osservare, per es., che questo antico, millenario strumento culturale é divenuto la forma più larga, piú profonda di propaganda del comunismo in Orgosolo. Diecine e diecine di giovani, di anziani, di donne, di ragazzi devono a su tenore le loro prime e le loro più entusiastiche, più vaste conoscenze del comunismo. Per questo aspetto su tenore é uno strumento o una organizzazione culturale che trova paragone in analoghe forme locali popolari usate ampiamente, per es., nella Cina comunista, e che per ragioni di analfabetismo generale, di dialetto, e cosí via, sono le sole vie accessibili ad i più larghi strati popolari.
Esisteva già una produzione culturale poetica, cantata attraverso su tenore, di netta impostazione socialista e largamente conosciuta. Il fascismo la aveva combattuta ed impedita persino attraverso « circolari ». Poeti operai (minatori di Iglesias) o artigiani, popolarissimi, idolatrati avevano sviluppato le prime rudimentali, chiare, cognizioni « socialiste ». I piú noti (e su questi mi propongo di pubblicare un saggio intero) erano, per es., il minatore Salvatore Poddighe di Dualchi (1871-1938), autore del poemetto «Sa mundana cummedia »; e lo scrivano Peppino Mereu di Tonara (1872-1895) autore di « Poesie sarde ». Questi poeti sono i principali che, con grande originalità, abbiano sviluppato una critica politica dei nemici dei pastori e dei contadini (il proprietario terriero, il prete, l'industriale ecc.) e che abbiano sviluppato una intensa propaganda di un « avvenire » socialista. Mi limito
(4) Cfr. pp. 77-79.
INCHIESTA SU ORGOSOLO 225
qui ad indicare, dapprima, per es., come sia stata messa in evidenza da Poddighe la funzione base, e di guida, dell'operaio nella società modérna :
Su veru Cristu est su lavorante
ch'in d'ogni tempus su mundu at redentu
dende pane alloggiu e vestimentu
de sa terra a d'ogn'essere abitante.
Cuddu ch'est mortu in rughe agonizzante
affirmu pro produ esperimentu
chi sende mortu in sa rughe meravadu
non podet haer su mundu salvadu
Sende mortu in sa rughe crocifissi) cuddu Cristu giamadu redentore non podet de su mundu salvadore esser ça mancu salvadu s'est issu.
Salvat su mundu tribagliende fissu s'artistu, su massaiu, su pastore pro chi produet in d'ogni annu agrariu candu a s'umanidade est necessariu.
Sos artigianos biddas e cittades hana costruttu, istradas e pontes non sunu cristos, marchesis nen contes ch'an tribagliadu in tottu sas etades. Lughes de gas e d'elettrizitade acquedottos, pottabiles fontes han pro s'artigianos mottu e vida d'ogni bidda e cittade costruida.
Cuncertos musicales, mandolinos
cinemas e teatros e cantores
ristorantes, cunfettos e licores
passizadas e pubblicos zardinos
sigaros, sigarettas e luminos
festas, fieras, caddos curridores
siat tantu de mente che de manos
opera tott'est 'e sos artigianos.
Carrozzas, automobiles, tranvias
bastimentos, piroscafos navales
telegrafos, cun postas e giornales
macchinismos, veloces ferrovias
incisiones e fottografias
• casteddos, monumentos eternales cant'in su mundu d'art'esistit tottu fattu at su veru cristu non connottu (5).
Un aspetto assai importante di questa produzione poetica popolare è per es. lo lotta contro la religione e contro i preti individuati per alleati degli oppressori e come il più forte strumento di oppressione culturale sui pastori e contadini. Chi pensi al sardo come ad un uomo religioso (ed è questo il cliché diffuso ampiamente in Italia) si inganna profondamente. Il fondo del sardo è un fondo sano, naturale, attaccato al mondo minerale, vegetale, animale, che repelle da ogni manifestazione transumana, di isteria. Il sardo è naturalmente terreno, naturalmente poco religioso. La religione ed i preti, sono visti come umani, terreni. Canta Poddighe:
Sa religione est una miniera
pro Papas, Munsegnores e Vicarios
sos Santos sunu tottu impresarios
ch'in d'un'arte, ch'in d'una carriera
O populu ignorante cunsidera
ite fruttu ti dan sos santuarios
Non bides Santos, Madonnas e Cristos
ch'est unu isfruttamentu a sos artistos? (6).
(5) Il vero Cristo è il lavoratore / che in ogni tempo il mondo ha redento / dando pane alloggio e vestimento / della terra ad ogni essere abitante / Quello che è morto in croce agonizzante / affermo con prode esperimento / che essendo morto in croce meravigliato / non può avere il mondo salvato.
Essendo morto in croce crocifisso / quel Cristo cosiddetto redentore / non può del mondo salvatore esser / perché nemmeno ha salvato se stesso. / Salva il mondo lavorando sempre / l'operaio, il contadino, il pastore / perché produce in ogni anno agrario / quanto all'umanità è necessario.
Gli operai paesi e città / hanno costruito, strade e ponti / non sono cristi, marchesi né conti / che hanno lavorato in tutte le eta / Luci di gas e di elettricità / acquedotti, potabili fonti / hanno per gli operai parola e vita / in ogni paese e città costruiti.
Concerti musicali, mandolini / cinema e teatri e cantori / ristoranti, confetti e liquori / passeggiate e pubblici giardini / sigari, sigarette e fiammiferi / feste, fiere, cavalli corridori / sia di mente che di mano / sono tutti opera degli operai.
Carrozze, automobili, tranvie / bastimenti, piroscafi navali / telegrafi, con poste e giornali / macchinismi, veloci ferrovie / incisioni e fotografie / castelli monumenti eterni / quanto nel mondo di arte esiste, tutto / fatto ha il vero Cristo sconosciuto.
(6) La religione è una miniera / per Papi, Monsignori e Vicari / i Santi sono tutti impresari / chi con un'arte chi con una carriera. / O popolo ignorante considera / quale frutto ti danno i santuari. / Non vedi che Santi, Madonne e Cristi / sono uno sfruttamento degli operai?
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In Orgosolo l'influenza della religione attraverso l'opera del clero, sviluppata come si é visto dal 1600 (11 chiese attualmente, ma altre 12 chiese già scomparse) non ha attecchito nell'animo popolare. Orgosolo è il sólo paese, o quasi il solo iñ Italia, che si sia sottratto alla influenza cattolica (e vedremo con quali buoni risultati per il carattere). Una forte penetrazione cattolica esiste certamente tra le donne dette beghinas o basamattones (beghine e baciamattoni). Ma questa é avvenuta soltanto in quanto il prete si é .dovuto trasformare quasi in stregone, inventare leggende, di fiamme e di vampe, di terrori (i figli dei comunisti nascono con la coda) mescolare la più profonda superstizione pagana alla cultura cattolica. Il prete peró, pur da quelle povere donne é considerato un uomo come gli altri, che mangia, che fa affari, che fa figli ecc. Il numero delle donne « spretate » cresce sempre in Orgosolo. Ho avuto occasione di parlare con l'attuale parroco di Orgosolo (un estraneo per la maggioranza del paese) e si è lamentato del de- serto che gli hanno fatto attorno i pastori, i contadini: lo frequentano . solo i signorotti, i carabinieri e poliziotti : « Prigione, confino, ma che sia dato con amore cristiano » mi diceva. Quello che pensano qui dei preti in generale risulta da una poesia di Peppino Mereu, molto popolare in Orgosolo, bruciata molte volte e proibita dalla polizia e che ha per titolo « Anima niedda » (anima nera). È una poesia lunghissima che non posso qui, purtroppo, riportare integralmente. Ne dò, per averne un'idea, l'inizio e la fine:
D'anima venale trista e vile
chi de d'ogni peccadu ses reu
tue giughes de Giuda su vadile ecc.
...non bides cantu e fea l'asa
non t'amentas de sas figas e de sos zafios
sos chi vae oe lu denegar crae
varas a dare pane a su mischinu
tenis trigu a muntone e non de dasa
vile basamattone, assassinu (7).
(7) Di anima venale e trista e vile / che di ogni peccato sei reo / tu hai di Giuda la faccia ecc. / ...non vedi quanto brutta e brutta l'hai / non ti ricordi le fiche e gli sberleffi. / Quello che affermi oggi domani lo neghi / dici che dai pane al povero / tieni grano a mucchi e non lo dai / vile baciamattoni, assassino.
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Su tenore — e questo su tenore — si canta da mane a sera. La memoria degli orgolesi per queste poesie è di ferro, primitiva. Pochi sono i « libretti », consunti, odorosi di pecora. L'abitudine a cantare ha creato una schiera, una larghissima schiera di nuovi « poeti », di improvvisatori. Una raccolta delle loro poesie-documenti di grandissimo interesse (e ne posseggo una larga raccolta registrata) darebbe un quadro, vivacissimo, della cultura popolare del paese.
In questo ambiente di preparazione « naturale » al comunismo si é innestata ora l'opera della vera e propria organizzazione politica. La Federazione di Nuoro del P. C. I. é una federazione forte e ben organizzata, composta di sardi intelligenti, sensibili, preparati ai loro problemi, coraggiosi, e, buoni conoscitori dei problemi di Orgosolo. È interessante notare — ed è un dato indicativo -- che la sua vera possibilità di azione e di successo in Orgosolo, la possibilità di creare una sua organizzazione locale le si è aperta solo dopo le elezioni politiche del 1948: quando cioè il P. C. I., uscito dalla coalizione governativa con la D. C., è divenuto « il partito dell'opposizione », il partito che si batte contro i governi di classe cioè lo Stato ». La Federazione di Nuoro del P. C. I. con una azione ben condotta di propaganda, di contatti, è riuscita a mettere in evidenza in Orgosolo i legami che ha il proletariato pastorale e tutto il paese con il movimento nazionale e internazionale degli operai, dei contadini, degli intellettuali; ha sviluppato in difesa di Orgosolo una campagna contro i soprusi statali, polizieschi e burocratici; ha sottolineato la necessità di pace, di abbandono del terrorismo individuale, dei delitti ecc. e la improrogabile necessità (perché questo si ottenga) che vi sia lavoro, progresso economico, trasformazione della struttura del paese nel quadro della lotta per l'Autonomia e la Rinascita di tutta la Sardegna (8). Questa azione è stata determinante nella formazione di « intellettuali » comunisti, di « dirigenti politici » comunisti locali.
Ma non si deve intendere questa azione come una azione venuta dall'esterno, una azione di « importazione ». Essa è stata « possibile »: è stata soltanto — e soprattutto — un approfondimento, un inquadramento della azione sviluppata immediatamente, direttamente da comunisti locali. L'intellettuale ed il dirigente politico comunista orgolese formatosi in paese da dopo l'ultima guerra è degno di attenzione: egli
(8) cfr. il discorso di P. Togliatti tenuto a Cagliari il 25 aprile 1947 per il 10° anniversario della morte di A. Gramsci.
INCHIESTA SU ORGOSOLO 229
presenta singolari identità con gli intellettuali ed i dirigenti politici comunisti dei paesi coloniali.
L'intellettuale, il dirigente politico comunista — per le condizioni generali di analfabetismo, di anarchia — trova qui, naturalmente, maggiori difficoltà, limitazioni, pericoli per una sua formazione : é portato ad una formazione comunista « imperfetta », ad una tendenza all'« anarchia ». Ma, al tempo stesso — per una concomitanza di circostanze favorevoli — egli trova la possibilità di avere un carattere particolarmente forte, una convinzione ben radicata e sempre più ribadita dai fatti, la possibilità di agire con il consenso generale, di diventare veramente l'avanguardia di tutto il paese. L'intellettuale ed il dirigente politico comunista in Orgosolo é popolare. Di contro a lui si leva la figura dell'intellettuale e dirigente politico avverso — d. c.: del partito « dei signori » — che non gode credito ma discredito tra la maggioranza del paese. Quello che agevola (e rende particolarmente interessante) la figura dell'intellettuale e del dirigente politico comunista locale é la somma delle qualità positive che gli discendono dall'antica storia del paese.
.L'orgolese é un uomo dal carattere di ferro. Per migliaia di anni egli ha lottato con lo Stato e non é stato conquistato : mai reso servo, avvilito. Il carattere dell'orgolese non é servile, stanco, come quello del popolano di altri paesi d'Italia, combattuto dallo Stato ma da millenni conquistato, e così asservito, reso fiacco. In Italia, questa é la regola. La corruzione « civile o statale » del carattere é il fondo dell'italiano: un popolo che da millenni ha subito la civiltà. L'orgolese non ha ricevuto e non ha subito la civiltà.: non conosce ancora corruzione « civile o statale ».
Questo, naturalmente, in certo senso é un limite, poiché non si può prevedere la sua capacità a resistere una volta entrato nella « civiltà », una volta entrato nello « Stato ». Ma per ora, come nei popoli coloniali, ciò consente una riserva di freschezza, di entusiasmo, di forza tra noi del tutto sconosciuta.
Esiste ancora tanta onestà tra questi uomini che é impossibile trovare ormai, credo, in tutt'Italia, se non tra uomini ridotti ad un uguale stato di estraneità dalla società italiana, dalla « civiltà »: operai, contadini ecc. Uomini tutti d'un pezzo, uomini integrali.
Nella conoscenza che il popolano di Orgosolo ha dello Stato, della « civiltà », egli é, in un certo senso, in una situazione privilegiata: egli
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conosce già il « male » della società italiana, ne ha sentito, e pesantemente, il male « da lontano ». E contro questo è un ribelle nato, un ostinato, diffidente, difficile ad ingannare. Egli é un uomo ancora fondamentalmente sano, un uomo fondamentalmente vero.
Ingenuo, ((preistorico))? Sarà! Ma ingenuo e « preistorico » come l'uomo « nuovo » dei popoli coloniali. Noi « cristiani ed europei » non siamo neppure più in grado di capire questo « nuovo » uomo. La storia: — come essa si sta preoccupando di dimostrare — non é più per? di noi « cristiani ed europei »: é di questi uomini ingenui e « preistorici », dell'uomo « nuovo » dei popoli coloniali.
Quello che mi aveva colpito particolarmente nel contatto con questi uomini nuovi, con quei « preistorici » comunisti di Orgosolo era la capacità di una vita, di una naturalità tra noi persino dimenticata, sconosciuta. Se pensavo agli intellettuali, ai dirigenti politici a cui siamo abituati, era un confronto umiliante, ma al tempo stesso rigeneratore.
Tornavo a credere all'uomo nuovo, all'uomo ancora vivo. -
Erano ex pastori divenuti proletari, contadini divenuti braccianti, artigiani in rovina. Figure magnifiche, antichissime e moderne. Pare incredibile che in tosi breve tempo l'antico uomo di Orgosolo, l'orgo-lese «arretrato» abbia potuto produrre in sé l'uomo nuovo di Orgosolo, l'orgolese moderno. Erano uomini che abitavano il loro paese, affondati da generazioni con le radici, interessati al paese: non gente di passaggio, distratta, di interessi passeggeri. Uomini impegnati naturalmente, impegnati con tutto se stessi. Niente era in loro più estraneo dello spettacolo, del dilettantismo, dell'esibizione, di questo male italiano che è il segno profondo di una più profonda malattia. La dignità, una antica dignità, era la principale, la più visibile qualità di questi uomini. Una dignità che traspariva da ogni gesto, da ogni parola, da ogni azione.
I loro problemi erano veri problemi, le loro credenze vere credenze, le loro parole vere parole. Parlavano poco, con voce sicura, con gesti gravi e lenti, con linguaggio secco e vivace, limitato solo a dire molto in breve : l'essenziale. Non miravano a farsi compatire o ammirare, a dare o a prendere lezioni; miravano solo ad approfondire le loro conoscenze, a trovare un modo per agire più seriamente, per trasformare. Si stava con loro con tranquillità, con fare spontaneo, sincero : la comunicazione si rendeva umana, profonda, vitale. Se non avevano voglia di parlare stavano a lungo in silenzio, tranquilli. Era
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anche quello un modo di stare insieme, solidale. L'intellettuale sempre intento a monologare, a esternare intimismi, li avrebbe trovati, probabilmente, di modi poco elaborati, quasi impacciati. Erano invece soltanto educati, profondamente educati, con un controllo che si può trovare soltanto tra le popolazioni borghesi più evolute, per es. gli inglesi.
Le loro conoscenze a prima vista sembravano ancora rozze, limitate. Ma bastava parlare con loro, sentire parlare per rendersi conto come fossero informati, e informati sino allo scrupolo, dei loro problemi di pastori, di contadini, in nesso ai nostri maggiori, ai più gravi problemi. Un fondo culturale di reale, di profondo sapere. La volontà tenace ma non lamentosa di apprendere, di sapere si univa ad un'ansia, ad una sete, per tutto ciò che era moderno. Uomini antichi, tenacemente, radicalmente affondati nella loro terra, ma tutti . protesi al moderno, tenacemente, radicalmente portati ad una trasformazione. Una gente che voleva il lavoro, voleva lavorare. Ed al lavoro l'orgolese é abituato da millenni: é un lavoratore fortissimo, tenace, primitivo.
La loro intelligenza, frutto della loro storia secolare, era poi una intelligenza acutissima, violenta, ma raffinata ed equilibrata. Per riportare i risentimenti e le reazioni ad una ragionevole misura subentra sempre nell'orgolese un umorismo popolare. Questo direi è il motivo chiave della intelligenza orgolese. Non è mai il riso meridionale che istrioneggia, l'allegria che é un'evasione servile, uno sfogo. È un'allegria che si disperde nella tragicità: un riso amaro, schernitore, a volte feroce. Usato nei vari contrasti di classe dei poveri contro i ricchi diventa un'arma e nella conversazione popolare, nella poesia, é una considerazione ironica sulla propria sorte sfortunata o una bellicosa satira sociale e politica. Tornava in me parlando con l'orgolese, la vera figura di Socrate — l'ironia della catarsi — non il Socrate sofisticato, il Socrate dei professori, bensì il Socrate dei greci, il Socrate dei pastori.
E sono diecine, centinaia questi uomini « nuovi ». Dovrei citarli tutti, uno per uno. I fratelli Marotto, Peppino, Pasquale, Salvatore; Alberto Goddi, barbiere; Giovanni Menrteas, calzolaio; Giovanni Antonio Brotzu, Francesco e Giovanni Grissantu, Mario Battasi, Bore Piras, braccianti, e tanti altri. E non solo uomini ma donne, Carolina Marotto, Marianronia Fogu, e tante altre. Queste donne che con la loro riserbata dignità, con il loro dolore, con la loro dura fermezza eli fare sono il segno profondo di un mondo nuovo che si affaccia.
Dallo scambio, dal contatto reciproco nel paese — non solo dei 400
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comunisti locali e delle loro famiglie — ma di tutto il paese é sorta una nuova vita associativa politica, moderna. Ne rimangono fuori solo pochi studenti, impiegati, signorotti. I problemi della pace di Orgosolo, dell'abbandono del terrorismo, del banditismo; i problemi della trasformazione del paese, della fine della disoccupazione, del lavoro; i problemi della cultura individuale, della diffusione della cultura, sono i problemi di ogni giorno per cui si battono con tenacia infinita.
Indicherò qui soltanto alcuni frammenti esemplari e singolari di questa vita. La sua ricchezza ed il suo movimento sono tali che per conoscerla bisogna andare di persona, a vedere, a sentire.
Grande, forte (nei limiti delle possibilità del paese) lo sforzo allo studio individuale e allo studio collettivo. Si comincia, per la prima volta, a leggere giornali, libri, in Orgosolo, anche se si tratta di una copia che circola per diecine di mani. L'italiano — e questo é fenomeno assai importante — comincia sempre più a divenire linguaggio popolare. In italiano si scrivono le lettere, in italiano si fanno i « comizi » per es. E persino nella poesia per la prima volta é sorta, in italiano, una produzione popolare. Ecco, per es., ben conosciuta in Orgosolo una:
CANZONE STORICA E POLITICA
I preti e Scelba o popol stoccafisso
imbroglian tutti col vangelo falso
l'Italia ora la portano all'abbisso
preti governi e papa satanasso.
Si hanno fatti il cuore di sasso
e stanno tutto il giorno alla dispensa.
Il popolino si va lamentando?
per lui c'è solo il mitra e sofferenza.
L'Italia si han mangiato piano piano
e ci han venduti all'americano.
E ancora, per non farcelo vedere,
ci van mettendo dentro le galere.
Il carcerato si va disperando
non c'è nessuno che per lui pensa
Passa la vita sempre lacrimando
ma se ne ride la Grande Eccellenza.
Che ministri di dio e che coscienza!
ora visto lo abbiam con la sperienza:
fra loro non c'è tanta differenza
rr INCHIESTA SU ORGOSOLO 233

preti e borghesi fanno l'alleanza.
Al popolo tortura e penitenza
e calci e arresti e sempre la violenza!
Ma dalla Russia parte l'uragano:
ad ,Orgosolo togliere il Confino!
viene fatto da Stalin il piano
per schiacciare il mostro serpentino.
Cina e Indocina pur con le armi in mano
sono contro il partito papalino
che vuole qui accendere un vulcano
per potere ammazzare il popolino
e rimanere lui come sovrano. Ma per lui la tempesta è vicina non si creda di andare lontano. Insieme col governo americano è una vera figura di Caino: è venuto fin qui con l'areoplano per mitragliarci tutti un bel mattino. Ma Stalin dice: tien la mano che ora metto io lo zampino. Mao tse tung ed il governo cino sono scesi pure a mano a mano per ammazzare il pesce delfino dell'ottava armata americana. Mao disse a Scelba: sei cretino combattere con me speranza vana. E all'America: cedi il tuo bottino se no rimetti la pelle e la lana. La Russia è scesa tutta Partigiana la stessa cosa fece la Cina ora sta la sorte Italiana con la Francia nostra sorellina. S'aspetta solo un suono di campana ed il popolo accenderà la mina: Scelba e America sotto la frana: si è distrutta la razza caina! Scomparsi sono infine dalla vista il gran borghese e l'alto feudalista. Se qualche altro scenderà a duello lo mangeremo a carne di macello. Tremano tutti di falce e martello
o Truman tu sei un vero somarello. E Scelba se non eri pappagallo
234 FRANCO CAGNETTA
non lo mettevi il mondo a bordello.
Il tuo scopo è andato a male
non sarà più tu capo drappello.
Nel mondo sarà Stalin il gallo
capo comandante di battello
e se qualcuno non vuol stare al ballo
da Stalin si fa rompere il cervello.
Il Comunismo l'è il partito bello
il mondo tutto lo deve salvare
sta combattendo proprio per quello
e l'operaio da schiavo levare
perché il mondo cosí l'è un macello
nemmeno Cristo lo poté salvare.
Capitalista, tu uccidi il fratello
e l'operaio si deve rispettare.
Abbasso l'ingiustizia sociale
che regna qui nel mondo universale.
Verrà nel mondo uguaglianza feroce
se no guerra e rivolta sociale.
L'operaio non si tratta male
perché il Comunismo non vuole.
La Legge deve essere uguale
come sono le bimbe nelle scuole.
Essere analfabeta, o quanta male:
è non avere la luce del sole.
Inquisitori, Signori brutali,
sarete uccisi a colpi di pugnale.
Ma altrettanto l'azione pratica, l'organizzazione della lotta e del lavoro ha avuto in Orgosolo già una storia, ed una storia epic,a.
Il 1950, in lotta contro la disoccupazione 300 pastori-braccianti organizzano il primo « sciopero », uno sciopero « a rovescio », la prima « rivoluzione » nel paese. La sua cronaca si può leggere nel vivo racconto del protagonista, Peppino Marotto, di cui pubblico qui alla fine l'autobiografia.
Il 1953 tra i braccianti-contadini invece si verifica la prima « rivoluzione ». Novantadue c,ontadini della cooperativa «La popolare », sorta formalmente il 1948 ma inattiva sino al 1950, con sforzo eroico acquistano il 1° novembre 1953 al prezzo di 9 milioni (con contributo) un trattore Ansaldo T. C. 70, il primo mezzo di lavoro meccanico entrato in Orgosolo. Dissodata mediante questo la terra essi lavorano su 120
INCHIESTA SU ORGOSOLO 235
ettari assegnati (80 comunali, 40 privati) ciascuno . coltivando un proprio lotto famigliare, secondo un sistema diffuso in tutta la Sardegna, l'antico sistema del « paberile e vidazzone » e, a raccolto avvenuto, ciascuno paga in grano o in denaro (col ricavato della vendita) la sua quota per le spese del trattore, proporzionali al lotto. Il name del trattore è « L'amico di tutti ».
Altro importante episodio, anche nel 1953, la costituzione del comitato paesano « di pacificazione » per por fine alle vendette, al banditismo. La sua storia si può leggere, ancora, nell'autobiografia di Pep-pino Marotto.
Questa vita associativa politica, moderna, ha un aspetto singolare, interessante, nelle « nuove » feste popolari che si tengono in Orgosolo.
Sono feste di pace, di « liberazione » che ricordano per es. in ambiente ben diverso, naturalmente — le feste « nuove » del popolo cinese. Qui le più antiche manifestazioni « di tribù » si innestano coi significati più moderni. La festa dell'Unità in Orgosolo, per es., — che coincide con la millenaria festa stagionale del 15 agosto — vede spiegarsi un mondo antico e un mondo nuovo. La antica tribù dei « cacciatori » di Orgosolo ritrova la sua nuova vita nella « tribù » dei comunisti.
Uno dei giochi di questa festa, infatti, é un gioco di « caccia », un gioco che rimonta, probabilmente all'antica psiche dei « cacciatori ». Un gallo viene interrato con la sola testa che fuoriesce, ed a turno, bendati e armati di bastone, gli orgolesi si avvicendano nel tentativo di colpirlo. Vi partecipa tutto il paese — non i soli comunisti — e • fa cerchio intorno, cercando con urla, con spinte di deviare l'uccisore dal bersaglio. Chi vince, uccidendo la bestia, ne diventa il possessore, e questa viene mangiata li per li, di solito, tra un gruppo di invitati. Il gallo di volta in volta ha spesso un nome: ora é Scelba, ora è Fanfani, ora è Mac Carty, ora Eisenhover.
A questo gioco segue, generalmente, « sa vardia ». E una corsa di cavalli, una staffetta cavalcata. Partendo da un punto fisso un cavaliere, con una bandiera in mano, e a groppa nuda, compie uno, due chilometri come una freccia, e ritorna al punto di partenza. Poco prima che egli arrivi, un altro cavaliere parte a spron battuto e gli va incontro per raccogliere la bandiera che gli é passata al punto fisso. Il gioco si ripete tra il cerchio urlante di tutto il paese, che incita a fischi, a grida : vince chi riesce ad eliminare sino all'ultimo avversario. E la bandiera é la bandiera comunista, o la bandiera della pace.

236 FRANCO CAGNETTA
Molti giochi seguono in questa atmosfera tribale : tiro alla fune, pugno di ferro, gare tutte di fisica abilità. Per tutta la durata della festa, da mane a sera, « sos .tenores » tuonano canzoni — canzoni sociali — tra un'ecatombe di agnelli e di pecore squartate, cotte li, all'aperto, tra barili di vino e di birra che non restano mai pieni.
Lo sviluppo del comunismo in Orgosolo, come si vede, acquista forme specialissime : tipicamente « coloniali », non riscontrabili, almeno per intensità, in ogni altro paese d'Italia.
Rimane qui da sottolineare un aspetto fondamentale che riguarda l'atteggiamento « nuovo » del paese nei riguardi del banditismo, cioè del problema più grave, piú immediatamente grave del paese.
L'attività sociale di « liberazione » dei comunisti pare la sola forma volta profondamente alla pace, allo sviluppo della cultura, alla lotta per il lavoro : la sola che non porti al sangue ma combatta il sangue, che combatta la ribellione individuale, il banditismo.
Riporto qui, ad es., due documenti importanti per la storia del paese : l'intervento del calzolaio Giovanni Menneas fatto al congresso della sezione comunista di Orgosolo nell'aprile 1953 ed una lettera del pastore Peppino Marotto, inviata al Maresciallo dei carabinieri di Orgosolo dal confino di Ustica :
1) « Cari compagni, molti di voi sono qui intervenuti sulla necessità di lottare per i pascoli, per un piano di opere pubbliche, per una trasformazione di Orgosolo ecc. Ma una lotta ancora piú importante noi comunisti di Orgosolo dobbiamo condurla nel campo ideologico, e pratico, contro chi non comprende che il banditismo é una via del tutto ingiusta, radicalmente sbagliata, che proviene da una ideologia e da una pratica che noi condanniamo : l'anarchia. Col fucile e coI mitra del bandito non si risolve niente e ci procuriamo tutti sofferenze, galera, confino e umiliazioni. Dobbiamo trasformare la lotta da individuale e sanguinosa in latta civile, pacifica e collettiva. Bisogna che comincino i giovani ad abbandonare qualsiasi spirito di avventura e gli uomini a non cercare nella ribellione individuale la soluzione. La lotta politica è certo più difficile perché non richiede soltanto coraggio ma intelligenza, studio, preparazione, lettura; richiede che noi facciamo respingere da tutti il banditismo e unire tutti invece per la rinascita economica, per la libertà di lottare contro la politica dei veri e grandi banditi della nostra isola e della nostra nazione, per costringerli
INCHIESTA SU ORGOSOLO 237

ad attuare il piano di rinascita, per rispettare l'autonomia, per applicare la legge uguale per tutti. Il banditismo provoca sofferenze terribili a tutti e noi siamo contra queste sofferenze. Non è la rivolta anarchica, individuale ma l'applicazione di una politica giusta che ci può salvare. Con i banditi Orgosolo ha pochi amici e molti che ci odiano; con una politica giusta Orgosolo ha milioni di fratelli dalla Fiat ai feudi siciliani, dalla Cina a Berlino. Allora si che potremo vincere la nostra battaglia per la civiltà ».
Ustica
« Egregio Signor Maresciallo,
La prego di scusarmi se con la presente oso disturbarlo. Ma data la sua condizione di Comandante la Stazione di Orgosolo quindi membro di Alta Autorità sento il dovere di fargli la presente dichiarazione. Pregandolo di impegnarsi a revocare l'imposto provvedimento sulla mia persona se vuole avere la fama e l'onore di redimere l'orrore del banditismo. Non solo deve riscattare la mia persona dall'ozio, per vivere, come ho fatto sempre, nel lavoro. Per la mia famiglia. Ma deve anche appoggiare le mie sincere propagazioni di fratellanza umana, di pace, e soprattutto di civile progresso in quella arretrata terra. Si persuada che l'arretratezza civile e morale è la fonte del mal costume ivi esistente. Nessun altra lotta diversa dalla mia servirà a sterminarlo. Lasci il mitra ad arrugginire.
Fiducioso dell'osservanza e ansioso di favorevole esito
con reverenza.
Giuseppe Marotto ».
Eppure contro questi uomini, contro i « comunisti » di Orgosolo
seppure in forma non aperta — lo Stato ha incominciato a svolgere — come nelle colonie — una politica di repressione, di persecuzione. Si cerca di colpire « i capi », gli « intellettuali », i « dirigenti proprio coloro che dovrebbero cioè essere piuttosto incoraggiati, assistiti, se non altro perché sono i soli, in luogo dello Stato, che si battano e facciano qualche cosa per eliminare nel paese la mentalità « propensa » al banditismo, per introdurre praticamente un progresso reale.
L'istituto del confino è lo strumento attraverso il quale sì sviluppa questa politica (ricompare la vera natura « politica », fascista del con-
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fino). Di volta in volta col pretesto del « favoreggiamento » di banditi, senza prove, contro tutte le prove, si colpiscono uomini ostili al banditismo che lottano notoriamente contro il banditismo: ad es. Francesco Murgia, segretario della sezione comunista di Orgosolo o Peppino Ma-rotto, segretario della C. d. L. di Orgosolo. E quel che é peggio é che l'azione dello Stato non avviene immediatamente, direttamente per iniziativa di autorità statali : avviene attraverso i nemici « politici » dei paese che inviano denunzie anonime, che organizzano e concordano testimonianze false per coprire il più delle volte la loro abitudine all'antica pratica di banditi, per lasciare il campo aperto al banditismo. Prestandosi a questo gli organi dello Stato italiano si rendono involontari complici del banditismo : combattono l'unica forza che in paese in teoria ed in pratica abbia una aperta, decisa, coraggiosa posizione contro il banditismo.
Non vi é stato un solo discorso di parlamentari e di dirigenti della Federazione di Nuoro ed un solo discorso di dirigenti della sezione comunista di Orgosolo in cui non si sia direttamente criticato e condannato il banditismo: critica e condanna al metodo, al sistema e non declamazione, infierire contro individui singoli sciagurati « banditi », che sono vittime della situazione. In privato e in pubblico, sempre hanno chiarito che la ribellione individuale e sanguinosa non solo non risolve niente ma incancrenisce la situazione. Chiunque si rende conto che i comunisti orgolesi sono oggi i veri nemici della pratica da banditi.
Dó qui di seguito la biografia di un « dirigente » nuovo, Peppin° Marotto che più di ogni altro documento mette in luce questo aspetto « nuovo » della situazione di Orgosolo.
Peppino Marotto, conosciuto da me da tempo, uomo di grande intelligenza, di carattere fortissimo, dotato di qualità di poeta che lo fanno uno dei migliori e più apprezzati poeti orgolesi, é l'esempio di quanto la disposizione « spirituale » di un orgolese, la ricchezza di un uomo orgolese possa essere insidiata, frustata da una società e da un mondo che impediscono più di ogni altro lo sviluppo della personalità.
Costretto alla dura vita del pastore sin dalla più piccola età, obbligato a lasciare presto le scuole, disoccupato, poi militare, arrestato perché comunista e organizzatore dello sciopero di pace, confinato ad Ustica dal 1950 al 1952, organizzatore della « Pace di Orgosolo », nuovamente minacciato di arresto e nuovamente condannato al confino per la sua attività politica, il suo amore costante alla cultura, il suo
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sforzo allo studio é stato ed é veramente eroico (9). La cultura di Marotto è una cultura non fatta di ripiegamenti, di intimismi, ma militante, impegnata : viva, di grandi problemi. Uomo che ama profondamente la pace (e la cultura é pace, difesa della pace), condannato al confino (1 anno a Castelmauro, prov. di Campobasso), dopo essere stato per breve tempo dogana alla macchia, senza farsi bandito, come molti avrebbero voluto, egli si é ora consegnato civilmente ai suoi persecutori per scontare la ingiusta condanna.
Mi ritengo fortunato di potere per primo pubblicare la biografia di un uomo « nuovo » orgolese.
(9) Nel soggiorno in Orgosolo nella sua casa, io ho avuto occasione di potere con- sultare le sue carte, i suoi quaderni. Essi danno un esempio delle difficoltà, della volontà, del coraggio dell'« autodidatta » orgolese. Ecco, ad es., il sommario di un quaderno:
1) Elenco di pronomi, nomi e verbi in italiano.
2) « Parole sconosciute ». Seguono molte pagine (« ostile = nemico; caotico = confuso; avorio = dente di elefante; opportunista = nemico sfavorevole; Golgota = Calvario; rugiada = selene; guisa = modo, maniera; stizza = ira; ecc.).
3) Elenco di nomi, pronomi, verbi in francese e tedesco (per es.: padre = per; madre = mer; Genitori = Le ;paran; nonno = graper; ecc.).
4) Note di geografia (I mari d'Italia, i monti d'Italia, i fiumi d'Italia).
5) Nomi di personaggi mitologci greci e latini (Totefagia, Proserpina, Agenorea, Agerona, Anaideia Antirtide ecc.).
6) Brani di mitologia (Fabulino = dio della parola; Fecondità = aver figli; ecc.).
7) Leopardi. Canto del pastore errante per l'Asia.
8) Poesia sarda di Pittanu Moretti contro i preti.
9) Pagine di diario sulla morte di sua madre.
10) Poesia sarda (« Lettera ad un amico ossia un compagno scritta dall'esilio »).
11) Appello dall'esilio al paese del banditismo. «Uomini e donne, vecchi e giovani e famiglie, voi che avete visto e tuttora vedete il fiore della gioventù vilmente assassinato, nella via illegale e trascorrere nel più sciagurato tetro della galera, voi che vivete sotto l'incubo di una fratricida guerra perpetua, non destatevi più genuflessi davanti alla Sovrana Potenza. Per liberare i vostri figli dall'esilio e dalla galera — per raggiungere tutti la soppressa meta della libertà, del benessere umano, della pace, voi invoco perché non posso più invocare la mia Mamma che per pena e per dolore mi é morta, mi richiamo alle altre madri, sorelle e spose a stringersi forte attorno alla bandiera del Socialismo ed unite gridare a squarciagola: Lavoro e libertà ».
12) Raccolta di poesie partigiane.
13) « Bolscevico il partito chiamato comunista che instaurò nel 1917 in Russia lo Stato Bello dopo la Rivoluzione. Il Bolscevico sinonimo di ribelle ».
Questo quaderno é intramezzato da disegni, ricalcati a matita, di Mao-Tze-Tung, sotto i quali si legge: «Il Compagno Mao liberatore della nostra schiavitù ».
Trovo anche la lista dei libri letti. Comprendono una serie di manuali e libri tecnici per i lavori agricoli, artigiani ecc. Tra i libri di lettura: 1) Storia del P. C. del-l'U.R.S.S.; 2) I Miserabili di V. Hugo; 3) Il rubino d'oro di Alessandro Manzoni (?); 4) La Madre di Gorki; 5) Le Lettere di Gramsci; 6) Il Ponte dei Sospiri di Michele Zevaco; 7) L'Imperialismo di Lenin; 8) Mao Tze Tung. Biografia.
Malte sono le poesie in sardo scritte da Marotto. Mi dolgo qui di non poterne pubblicare alcune, bellissime, e per la lunghezza, e per la difficoltà che comporterebbe il testo per il lettore.
 
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Testata/Serie/Edizione Nuovi Argomenti | Prima serie diretta da Alberto Moravia e Alberto Carocci | Edizione unica
Riferimento ISBD Nuovi argomenti : Rivista bimestrale. - N.1 (1953)-. - Roma [distribuzione Torino] : [s.n., distribuzione Einaudi], 1953-. - v. ; 23 cm (( La periodicità è variata più volte: la prima serie esce con periodicità irregolare, dal 1976 trimestrale. La prima serie si conclude con il n.69/71 (Luglio-Dicembre 1964 ma pubblicato nel marzo 1965), nel 1966 inizia la nuova serie che termina con il n.67 68 (1980), nel 1982 la terza serie che termina con il n.50 (apr. giu. 1994) ed inizia la quarta serie con il n.1 ... {Nuovi argomenti [rivista, 1953-]}+++
Data pubblicazione Anno: 1954 Mese: 9 Giorno: 1
Numero 10
Titolo KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 9 - 1 - numero 10


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