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Il segmento testuale P.R.I. è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 101

Brano: Repubblicano italiano, Partito

nariamente acutizzati. Fernando Schiavetti in modo più costante ed elaborato, Mario Bergamo in modo più estroso e individuale, erano propensi a una definizione radicalsocialista del programma e della strategia del P.R.I.. La sinistra repubblicana per quasi tutto il periodo dell'esilio apparve indocile e, d'altra parte, non riuscì a egemonizzare gruppi e individualità già segnati da una notevole frammentazione.

Le oscillazioni del P.R.I. si addensarono sintomaticamente intorno alla metà degli anni Trenta. Si passò, da un patto di unione col riunificato P.S.I. del settembre 1931, al ritiro dalla Concentrazione antifascista (v.) nel 1932, allo scontro fra “tradizionalisti” e sinistra sulla proposta di alleanza col P.C.I., fino all’uscita dei “sinistri” dal partito dopo

il Congresso di Lione del marzo 1934. Un anno più tardi, al successivo Congresso di Parigi, si prenderà persino in considerazione « la possibilità di autoscioglimento ». La crisi verrà superata soltanto intorno al 1938, usufruendo del declino del Fronte popola[...]

[...]uperata soltanto intorno al 1938, usufruendo del declino del Fronte popolare e richiamando

i « postulati sempre verdi del socialismo mazziniano ».

Egidio Reale nel 1933 e Facchinetti nel 1935 erano stati al centro della resistenza democraticotradizionale. Tuttavia il problema era pur sempre quello di una definizione, sia sulla sinistra che sulla destra, rispetto a forze interne ed esterne.

Aldo Garosci ha osservato che « nell’assieme il P.R.I. fu, tra i partiti dell’esilio, quel

lo che maggiormente subì l’usura della situazione, sia dal punto di vista dell’attività che da quello degli effettivi e dell’unità del partito », e l’osservazione sembra valida per l’intero periodo.

Mario Bergamo, il primo segretario dell'esilio, intorno al 1930 si era lasciato andare a una curiosa teorizzazione del «nazionalcomunismo», e nel 1932 aveva fatto opera di revisione, nei Lineamenti di Programma Reoubblicano.

La tendenza più propriamente di sinistra, invece, si era venuta organizzando intorno aW'Associazione repubblicana socialista (A.R.S.), che faceva capo a Schiavetti, Francesco Volterra e pochi altri, e aveva un notevole punto di forza, anche popolare, fra i repubblicani carrarini insediati a Marsiglia. Qui era stata aperta una vivace Sala "Italia libera", fondata una piccola casa editrice (E.S.I.L.) e, fin dal 1931, si era dato vita a una rivista bimestrale, formato quaderno, intitolata Problemi della rivoluzione italiana, che

nel 1937 inaugurerà una seconda serie a Nancy, dove il Volterra si era trasferito.

G[...]

[...]evalentemente a G.L., si segnalano alcuni episodi di cui furono protagonisti esponenti repubblicani di secondo piano: fra questi, il genovese Domenico Bovone (v.) che sarà condannato a morte dal Tribunale speciale, e Giobbe Giopp che in Spagna, alla scuola di Raffaele Rossetti, nel 1937 sarà autore di uno sfortunato progetto contro le forze navali di parte fascista.

Nella guerra di Spagna, in difesa della repubblica, militanti e dirigenti del P.R.I. trovarono un rinnovato ma pur sempre relativo e non autonomo motivo di intervento e di coagulo, richiamandosi alla tradizione garibaldina. I nomi più noti sono quelli di Mario Angeloni (v.) e di Randolfo Pacciardi, entrambi ex segretari del partito negli anni Trenta. Quanto all’Italia, non si può invece parlare né di omogeneità né di continuità di un antifascismo repubblicano. Zuccarini e Conti erano rimasti nel paese, ma nel loro caso non sembra siano andati molto oltre forme abbastanza solitarie di resistenza intellettuale e morale, nell’attesa della caduta del regime. Tra

i confinati si[...]

[...]mo e del nuovo “antifascismo di guerra”. Da questo punto di vista lo scontro in Spagna fra forze antifasciste e forze franchiste e l'alleanza con la Germania avevano inciso sull’opinione delle vecchie province repubblicane. Il caso della Romagna appare particolarmente significativo: stando alle testimonianze di Carlo Ragghianti, gli uomini più aperti ed esposti della vecchia area mazziniana prevalentemente erano

attratti da movimenti nuovi proprio perché si era interrotto il continuismo repubblicano. Così, tra Ravenna e Forlì, il Partito italiano del lavoro (v.) e gli organismi connessi poterono prendere piede inserendosi sull'antico humus repubblicano.

Il P.R.I. in quanto tale fu invece scarsamente presente nel “Regno del Sud”, almeno fino alla liberazione di Roma (giugno 1944) e nel CentroNord fu solo sporadicamente partecipe dei C.L.N..

Quantunque il ravennate Arnaldo Guerrini (v.), già organizzatore della Gioventù repubblicana ed ex confinato, avesse cooperato in modo determinante a costituire fra il 1936 e il 1940 la rete cospirativa poi confluita nel P. d'A. fra l’Emilia e le Marche, spingendosi fino a Firenze, Genova e Milano, il peso della questione istituzionale, forse un cumulo di cattivi ricordi e l’esperienza di non lontane traversie tr[...]

[...]stre tradizione: La Voce repubblicana, L’Alba repubblicana, L’Italia del popolo, Il Pensiero mazziniano. E non mancarono bande e capi di bande guerrigliere, come il romagnolo Silvio Corbari (v.) che gravitarono sulla tradizione repubblicana più che sul P. d'A..

Quanto alle strutture del partito, per tutto il periodo della lotta armata rimasero assai labili e persino incerte nella loro denominazione e piattaforma: oltre alla classica sigla del P.R.I., nettamente prevalente, fecero la loro apparizione alcune sigle minoritarie, come quelle del Partito repubblicano rivoluzionario o Partito repubblicano del lavoro e altre.

La battaglia per la repubblica

A Liberazione avvenuta, il P.R.I. si riorganizzò rapidamente ripartendo dalle sue sperimentate zone di influenza prefascista. Il suo rilancio venne a coincidere con la crisi del P. d’A.. Da una parte il P.R.I. si mosse con le sinistre nella battaglia sulla questione istituzionale, dall'altra (essendo estraneo al governo) si presentò come una forza di opposizione, traendone un certo vantaggio.

Giorgio Galli rileverà che il P.R.I., ricostituito e guidato da Conti, Facchinetti, Pacciardi, « fruisce della sua posizione di par

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 100

Brano: [...]ana del Comune di Ancona defenestrata dai fascisti nel 1922. Da sinistra, in piedi: Amilcare Sterni ni, Orlando Orlandini, Romolo Ricotti, Silvano Pietrucci, Francesco Angelini, Arnoldo Mandolini, Salvatore Zammit, Attilio Giantomassi. Seduti: Archimede Ravaioli, Oddo Marinelli, il sindaco Pacetti, Giovanni Gregorini, Alfredo Settembri

cedeva (fino al giugno del 1919) Armando Casalini.

All’indomani della guerra, quasi senza accorgersene il P.R.I. si trovò non solo travolto in una grave crisi politica e organizzativa, forse accresciuta dagli effetti della legge elettorale proporzionale, ma in una autentica crisi di identità, venuta in primo piano soprattutto con la questione di Fiume.

Alle elezioni del 1919 (mentre il P.S.I. e i popolari di don Sturzo divenivano forze quasi dominanti) il P.R.I. vedeva assottigliare la propria rappresentanza parlamentare fino a

10 deputati; due soli erano gli eletti in Romagna, e Napoleone Colajanni figurava nel Gruppo parlamentare ma non era più iscritto al partito.

Non sul piano elettorale, ma sul terreno politico e ideale vi fu un segnale di ripresa col Congresso di Ancona del settembre 1920, condotto da Fernando Schiavetti (v.) su una linea intransigente con l’appoggio di Conti e Zuccarini. Poco dopo

11 P.R.I. si dotava di un quotidiano, La Voce repubblicana (15.1.1921), che sarebbe rimasto nella storia del partito e si sarebbe illustrato in vivaci battaglie antifasciste fino alla soppressione del 30.10.1926.

Il partito venne posto in grado di superare e i cedimenti dei “patti di conciliazione” promossi dai fascisti di Italo Balbo a Ravenna e il secessionismo di una organizzazione marchigianoromagnola dalle inclinazioni filofasciste.

Lantifascismo e l'esilio

Giovanni Conti, eletto deputato di Roma fin dal 1921, fu fra i primissimi a opporsi in Parlamento all 'indirizzo antidemocratico muss[...]

[...]to nella storia del partito e si sarebbe illustrato in vivaci battaglie antifasciste fino alla soppressione del 30.10.1926.

Il partito venne posto in grado di superare e i cedimenti dei “patti di conciliazione” promossi dai fascisti di Italo Balbo a Ravenna e il secessionismo di una organizzazione marchigianoromagnola dalle inclinazioni filofasciste.

Lantifascismo e l'esilio

Giovanni Conti, eletto deputato di Roma fin dal 1921, fu fra i primissimi a opporsi in Parlamento all 'indirizzo antidemocratico mussoliniano; la prima organizzazione clandestina deH’antifascismo (se si eccettua l’apparato illegale del P.C.I.) fu VItalia libera, sorta nel 1923 (con precedenza quindi rispetto all'omonima associazione (v.) di ex combattenti fondata a Firenze nel 1924) e promossa da elementi repubblicani.

Il P.R.I. aderì peraltro alla secessione parlamentare dell’Aventino (v.)f egemonizzata da Giovanni Amendola e Filippo Turati; ma se ne ritirò nel novembre 1925 e, poco dopo, i suoi massimi esponenti si trovarono proiettati neH’esilio antifascista o, in patria, privi di qualsiasi libertà politica. In queste condizioni si ripropose il problema (che fu soprattutto degli esuli) di una linea adeguata alle nuove esigenze di lotta.

La situazione del primo dopoguerra è stata sinteticamente abbozzata in uno scritto di Giovanni Spadolini: « Interventismo, antisocialismo, antisovietismo: una miscela esplosiva. Che non passerà senza lasciare tracce più o meno profonde in tutte le forze politiche italiane ». Vero è che il P.R.Ifra i micropartiti della sinistra italiana (Giorgio Galli), resistè al processo di destrutturazione che colpì i radicali o l’Unione socialista italiana (partito riformista). Ma è anche vero, in prospettiva, che l’alveo del vecchio e nuovo movimento repubblicano sarebbe stato invaso e occupato, da quel momento, da varie altre[...]

[...]in un certo senso “necessaria” dello Stato monarchico, e di qui motivava il superamento dei connotati e liberali e fascisti della sua compagine, per derivarne i motivi di una democrazia repubblicana aperta alle istanze autonomistiche, e da queste caratterizzata, come alle istanze popolari. In questo senso la linfa profonda (morale e intellettuale) dell'antico movimento repubblicano tornava a rianimare, pur in anni di crisi, la difficile vita del P.R.I., che in gran parte trasmigrava all’estero ed era affidata a pochi uomini: Guido e Mario Bergamo (v.), Eugenio Chiesa (già segretario politico nel 1900), Giuseppe Chiostergi (v.), Cipriano Facchinetti (v.), Randolfo Pacciardi (v.), £gidio Reale (v.), Fernando Schiavetti (v.), e a forze piuttosto esigue.

Da questo gruppo di uomini trasse alimento la gestione del ricostituito partito in esilio; fra essi si scelsero i segretari nazionali del P.R.I., in Francia o Svizzera con una breve vacanza nel 1942 e con il passaggio a un esponente della Federazione repubblicana delle Americhe dall’ottobre dello stesso anno al luglio

1943.

L’analisi del fascismo compiuta dai repubblicani trovava un momento di indubbio rilievo nell’intreccio di motivazioni storicoistituzionali che facevano leva sul blocco monarchiadittatura; tuttavia i problemi di organizzazione, presenza, base sociale, linea politica del partito nella stretta della lotta uscirono straordi

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 102

Brano: Repubblicano italiano, Partito

tito democraticoradicale che rimane fuori del C.L.N. ».

Infatti, alle elezioni del 2.6.1946 il P.R.I. raccolse consensi nel ceto medio radicale, riducendo così « lo svantaggio che gli deriva, sin daM’inizio del secolo e soprattutto dall'introduzione del suffragio universale, di non disporre né di una ideologia né di una presenza sociale specificatamente attinente alla classe operaia ».

Al referendum istituzionale i repubblicani contribuirono con circa un milione di voti, spesso di estrazione popolare, e si affermarono come il maggiore fra i piccoli partiti. La rappresentanza repubblicana in seno alla Costituzione (v.) fu piuttosto elevata: 25 deputati, se si contano anche Ugo La Malfa (v.)[...]

[...]raia ».

Al referendum istituzionale i repubblicani contribuirono con circa un milione di voti, spesso di estrazione popolare, e si affermarono come il maggiore fra i piccoli partiti. La rappresentanza repubblicana in seno alla Costituzione (v.) fu piuttosto elevata: 25 deputati, se si contano anche Ugo La Malfa (v.) e Ferruccio Farri (v.), provenienti dalle liste di Concentrazione democratica repubblicana. Forse il più spiccato contributo del P.R.I. alla Costituzione (v.) si espresse nell'affermazione di un disegno complessivamente autonomistico e regionalistico.

Al momento della nascita del Fronte Democratico popolare (194748), alcuni esponenti del P.R.I. ne risultarono attratti (fra gli altri, i deputati Arnaldo Azzi (v.) e Silvio Paolucci) ; segnale non troppo rilevante, ma indicativo di una crisi che tornerà a essere notevole poco dopo: da un lato verranno considerati eccessivi l’atlantismo, l’anticomunismo e la subordinazione alla Democrazia cristiana della delegazione repubblicana in seno al governo De Gasperi, nonché della segreteria (cariche sostanzialmente coincidenti nella persona di Pacciardi); dall’altro, le varie istanze laiche e popolari del partito risulteranno conculcate, creando malcontenti o dissidenze in Conti e Zuccarini.
[...]

[...]un lato verranno considerati eccessivi l’atlantismo, l’anticomunismo e la subordinazione alla Democrazia cristiana della delegazione repubblicana in seno al governo De Gasperi, nonché della segreteria (cariche sostanzialmente coincidenti nella persona di Pacciardi); dall’altro, le varie istanze laiche e popolari del partito risulteranno conculcate, creando malcontenti o dissidenze in Conti e Zuccarini.

A partire dalle elezioni del 1948, nelle prime legislature della repubblica la rappresentativa del P.R.I. si restrinse a meno di 10 parlamentari. Una ripresa graduale si avrà soltanto con il superamento del centrismo e l’avvio di una politica di centrosinistra attraverso l’evoluzione e l’influenza crescente di Ugo La Malfa.

Dopo la lunga segreteria (19501963) di Oronzo Reale (v.), e soprattutto sotto la diretta gestione lamalfiana (19651975) il P.R.I. tenderà a stabilizzarsi come “partito di democrazia” su una linea di sviluppo economico. Al contempo, riguadagnerà terreno sul piano elettorale e parlamentare, senza più essere scalfito da dissidenze di sinistra né dalla contestazione di destra a lungo coltivata da Pacciardi che (fuori dai ranghi) diverrà propugna

tore di una autoritaria “Nuova repubblica”. Nel segno della democrazia, l’antico e travagliato partito reinterpreterà e preciserà con sufficiente chiarezza la sua collocazione storicopolitica, optando decisamente per una linea non ostile ma nemmeno incline al socialismo, insisten[...]

[...]are, senza più essere scalfito da dissidenze di sinistra né dalla contestazione di destra a lungo coltivata da Pacciardi che (fuori dai ranghi) diverrà propugna

tore di una autoritaria “Nuova repubblica”. Nel segno della democrazia, l’antico e travagliato partito reinterpreterà e preciserà con sufficiente chiarezza la sua collocazione storicopolitica, optando decisamente per una linea non ostile ma nemmeno incline al socialismo, insistendo in primo luogo sulla sua fisionomia di forza laica di ispirazione risorgimentale.

E. Sa.

Bibliografia: G. Galli, I partiti politici in Italia 18611973, Torino 1975; E. Aga Rossi, Il Movimento repubblicano, Giustizia e Libertà e il Partito d’Azione, Bologna 1969; G. Spadolini, I repubblicani dopo l'unità, Firenze 1984 (con appendice documentaria e bibliografica); M. Tesoro, I repubblicani nell’età giolittiana, Firenze 1978; S. Fedele, / repubblicani di fronte al fascismo 19191926, Firenze 1983 e Storia della concentrazione antifascista 19271934, Milano 1976; A. Garosci, Storia dei Fuorusciti, B[...]

[...]enezia 1954; AA.VV., 19451975. Resistenza repubblicana nel trentesimo anniversario della Liberazione; S. Gnani, Da Movimento armato a partito politico, Ravenna 1979.

Rerum Novarum

Con queste due parole latine inizia la notissima enciclica di Leone XIII dedicata alla questione operaia e pubblicata il 15.5.1891 (in tale data pertanto i lavoratori cattolici celebrano ogni anno la loro “festa del lavoro”).

Il documento pontificio, che in un primo momento doveva chiamarsi De conditione opificum, rientrava nel vasto disegno leoniano di raccordare la Chiesa con quel mondo moderno che il predecessore Pio IX aveva condannato in tutte le sue varie espressioni. Ancorché timidamente, segnava da parte dei vertici dell'autorità ecclesiastica la prima presa di coscienza del problema del lavoro specialmente di fabbrica, determinato dalla saliente industrializzazione, e l'ansia di partecipare attivamente alla sua risoluzione con una proposta organica. La fede scendeva così dai cieli della metafisica nella realtà esistenziale, per occuparsi, appunto “di cose nuove”.

Sotto il profilo storico, a prescindere dalle formulazioni tecniche certamente incomplete e discutibili, l’enciclica accendeva nella cultura cattolica d’allora prospettive e fermenti dianzi quasi sconosciuti, specialmente per quanto si iscriveva nell’orizzonte della giustizia[...]

[...] si può dire che Leone XIII, soprattutto col binomio “Rerum Novarum” e laicato cattolico organizzato, rivelava un profondo senso della storia e una sicura percezione del cammino della società, quali nessuno dei suoi predecessori aveva mai dimostrato di possedere.

Infatti, dopo le fallite speranze nel 1887 duna conciliazione con la nuova Italia, egli lasciava intravvedere un capovolgimento di tattica politicoreligiosa; vale a dire che soggetti privilegiati dell’attenzione della Chiesa cessavano d’essere i monarchi e diventavano invece i popoli. Si inaugurava insomma da parte della gerarchia cattolica la tendenza di appoggiarsi sulle masse per far pressione sui governi, senza escludere lo strumento parlamentare laddove risultasse possibile e opportuno per conquistare dal basso le strutture dello Stato. È ben vero che Leone XIII, al momento, non ne percepiva forse tutte le possibili conseguenze e complessità, ma in questa linea scorgeva la « ricristianizzazione » della società. E la “Rerum Novarum”, come s’è detto, ne era l’importante pr[...]

[...]
Laboriosa la sua formulazione, durata qualche anno. Il testo definitivo risultava essere la seconda redazione dello schema del cardinale Zigliara, riveduto da padre Liberatore e dal cardinale Mazzella. Semplice l'intelaiatura di fondo: di fronte agli opposti orientamenti sociali del tempo (entrambi condannati), che andavano da un estremo liberalismo individualistico a un estremo socialismo collettivistico, l'enciclica enucleava gli elementi e i principi d'una soluzione cattolica nella triplice opera della Chiesa, dello Stato e degli interessati attraverso organismi intermedi. A questi ultimi, ricordava le antiche benemerite corporazioni di arti e mestieri, delineava il diritto di associazione e prospettava l'approdo in un movimento corporativo cristiano. Naturalmente si rivendicava alla Chiesa la legittimità d'intervenire in ordine ai rapporti di lavoro per il loro contenuto eticomorale. Se ne

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 394

Brano: Forlì

Alle elezioni del 1919 il P.S.I. diventò il primo partito della Romagna (nel

1920 conquisterà 42 dei 58 comuni romagnoli). Tuttavia il risultato elettorale, che aveva dato il 77 per cento dei suffragi alle forze socialiste e repubblicane, non indusse i dirigenti dei due partiti a un’opportuna riflessione: anzi, la polemica si fece tra loro ancora più accesa, fino a degenerare in gravi episodi di sangue (luttuosi scontri avvennero a Santa Maria Nuova, a Borello e altrove). Nonostante l’antagonismo fra le principali forze politiche organizzate (in particolar modo ai vertici), si avvertiva nettamente la presenza di un « partito » della rib[...]

[...]a Romagna (nel

1920 conquisterà 42 dei 58 comuni romagnoli). Tuttavia il risultato elettorale, che aveva dato il 77 per cento dei suffragi alle forze socialiste e repubblicane, non indusse i dirigenti dei due partiti a un’opportuna riflessione: anzi, la polemica si fece tra loro ancora più accesa, fino a degenerare in gravi episodi di sangue (luttuosi scontri avvennero a Santa Maria Nuova, a Borello e altrove). Nonostante l’antagonismo fra le principali forze politiche organizzate (in particolar modo ai vertici), si avvertiva nettamente la presenza di un « partito » della ribellione, ancorché privo di tessera e distintivo, formato da elementi di tutti gli strati e movimenti popolari e che raccoglieva quella comune ansia di progresso esistente nelle diverse formazioni politiche d’opposizione. In molti momenti del dopoguerra questo « partito » balzò alla ribalta (come lo era stato durante gli avvenimenti che nel 1914 avevano portato alla « settimana rossa »). Particolarmente vivo era il malcontento nelle campagne, dove i contadini ricordavano le promesse fatte dalla classe dirigente nel corso della guerra mondiale. Anche il movimento dei contadini si espresse perciò in forme di lotta ra[...]

[...]luglio 1920. Il movimento fascista contava allora pochissime adesioni e per lungo tempo queste penarono a crescere: nelle elezioni politiche del 1921, allorché già dominava gran parte della Valle Padana, in Romagna il fascismo non arrivò al 10 per cento dei voti. Questa situazione, dovuta evidentemente all’esistenza della fitta rete di organizzazioni democratiche sviluppatasi nella provincia, durò fintanto che non si accentuarono i contrasti fra P.R.I. e P.S.I. e non nacque queiracceso an

ticomunismo che avrebbe portato il P.R.I. ad assumere una posizione di « neutralità » nei confronti del fascismo. Naturalmente non tutti si comportavano allo stesso modo: vi furono repubblicani che si fecero strumento dell’attacco squadrista alle organizzazioni socialiste e altri che invece parteciparono fin dall’inizio alla resistenza antifascista.

Un elemento che determinò la scarsa adesione dei forlivesi al fascismo fu senza dubbio il discredito esistente intorno alla personalità dell’ex socialista Mussolini considerato, da molti, alla stregua di un volgare voltagabbana.

Al momento della fondazione del Partito comunista d’It[...]

[...] delle sezioni socialiste della provincia si trovarono d’accordo neM'unirsi per dar vita alla Federazione comunista forlivese. L’adesione al nuovo partito, così numerosa, avveniva in una fase di riflusso del movimento rivoluzionario e costituiva nei fatti la più seria critica dei lavoratori alla politica del Partito socialista.

Per farsi strada nel Forlivese il fascismo cercò di incrementare la divisione tra le masse popolari e di aizzare nel P.R.I. gli odi contro i socialcomunisti, evitando di attaccare scopertamente i repubblicani. I primi colpi furono inferti nel Riminese, dove il P.R.I. aveva scarsa consistenza politica. Fu una lotta dura e senza scrupoli che si estese e continuò fino all’estate 1922.

Il capo dell'agraria riminese dichiarò pubblicamente: « Spenderemo fino all’ultimo soldo per il fascismo, ma riusciremo ad avere ragione del bolscevismo ».

« Le notizie dell'azione fascista sulla città di Rimini — scriveva Paimiro Togliatti su Il Comunista del 5.7.1922 — hanno avuto sino ad ora un rilievo molto scarso [...]. Si è fatta l'abitudine prima agli atti individuali di violenza contro le persone e contro le cose, ai ferimenti, agli incendi, agli assassini, poi al[...]

[...]a politica. Fu una lotta dura e senza scrupoli che si estese e continuò fino all’estate 1922.

Il capo dell'agraria riminese dichiarò pubblicamente: « Spenderemo fino all’ultimo soldo per il fascismo, ma riusciremo ad avere ragione del bolscevismo ».

« Le notizie dell'azione fascista sulla città di Rimini — scriveva Paimiro Togliatti su Il Comunista del 5.7.1922 — hanno avuto sino ad ora un rilievo molto scarso [...]. Si è fatta l'abitudine prima agli atti individuali di violenza contro le persone e contro le cose, ai ferimenti, agli incendi, agli assassini, poi alle spedizioni punitive locali ed ora la si fa anche ai vari concentramenti militari per la conquista di una citta e regione [...].

Il caso di Rimini invece deve essere sottoposto ad un esame speciale e vi sono in esso elementi assai interessanti per chiarire in generale lo sviluppo dell’azione fascista in Italia ».

La caduta di Rimmì e un mese più tardi la conquista di Ravenna, la colonna di fuoco fascista che per due giorni é due notti passò incendiando tutta la Rom[...]

[...]sivamente a 368 anni e 3 mesi di carcere.

I limiti e il carattere chiuso, antipopolare del fascismo forlivese sono confermati dall’esame degli elenchi degli squadristi, che nell’intera provincia furono 509, dei quali 81 a Forlì, 59 a Cesena, 51 a Rimini. Da un esame dei risultati elettorali del 1924 si può rilevare come, ancora due anni dopo la presa del potere, i fascisti avessero nel capoluogo meno voti dei partiti antifascisti; a Cesena il P.R.I. da solo superò i voti del P.N.F. e a Cesenatico il P.C.d’I. ebbe più voti della lista del Fascio.

Nel 1926, con la promulgazione delle « leggi eccezionali », tutti i partiti « antinazionali » forlivesi furono sciolti, ma la resistenza del Partito comunista continuò, alimentata da una sempre più estesa adesione nelle campagne e tra gli operai concentrati aW'Arrigoni di Cesena e alla Mangelli di Forlì.

Un episodio di resistenza di massa diretta dai comunisti si ebbe a Pievequinta, dove la Casa del popolo venne per tre volte incendiata dai fascisti e per altrettante volte ricostruita con i[...]

[...] della popolazione. L’ultimo incendio fu perpetrato nel 1929, dopo di che i fascisti misero mano alla edificazione di una Casa del fascio, nella speranza di accattivarsi la fiducia della popolazione. A quel punto, una parte dei comunisti decise di entrare nel Fasciò e nel sindacato fascista per mantenere i contatti coi lavoratori che frequentavano la sede. Alcuni dei comunisti entrati nel Fascio vi assunsero un ruolo dirigente e alla vigilia del Primo Maggio si offersero per assicurare un servizio « di guardia »; in effetti si proponevano di coprire i compagni che, nella stessa notte, curarono la diffusione di volantini antifascisti, fecero scritte murali e issarono bandiere rosse sulle cime dei pioppi.

Per controllare le inquiete situazioni locali, in diverse circostanze la Federazione fascista fu costretta a inviare commissari esterni. L'utilizzazione delle strutture legali a scopi antifascisti avvenne spontaneamente, per decisione di gruppi locali, ispirati dal buon senso e dall’opportunità; non fu un fatto organizzato è diretto da un centro provinciale (v. Attività legale).

Se gli inizi della resistenza comunista nel Forlives[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 42

Brano: Ravenna

questa corrente assunse la direzione provinciale del P.R.I. nel giugno 1922 e restò, dopo la conquista fascista di Ravenna, allineata sulle posizioni antifasciste espresse dalla Direzione nazionale, senza seguire gli scissionisti nel gennaio 1923.

La conquista di Ravenna

Lungo la via, geografica e militare, verso la marcia su Roma (v.) una tappa fondamentale fu costituita dalla sconfitta del socialismo riformista emilianoromagnolo, roccaforte economica e politica del movimento operaio organizzato. Tra l’assalto a Palazzo d’Accursio (v.) a Bologna (novembre 1920) e la conquista di Ravenna (2629.7.1922) furono i momenti della progressiva distruzio[...]

[...]ere il patto con i socialisti o rompere i rapporti con lo squadrismo agrario emiliano.

La marcia su Ravenna sconvolse il pubblico internazionale presente alle celebrazioni dantesche e convinse Mussolini della necessità di man

La marcia fascista su Ravenna (12.9.1921)

tenere saldi rapporti con lo squadrismo di Grandi e Balbo, però non conseguì l’obiettivo di assumere il controllo del territorio ravennate; anzi, determinò un mutamento nel P.R.I. locale ai cui vertici, sia partitici che sindacali, furono eletti dirigenti della sinistra che si impegnarono per la creazione dell'Alleanza del lavoro (v.) e di altri organismi di raccordo con i socialisti per una « difesa antifascista e proletaria ».

il decisivo attacco fascista avvenne nel luglio 1922 e fu condotto dalle squadre ferraresi di Balbo con l’appoggio dei pochi fascisti locali. L’azione squadrista ebbe due momenti ben distinti e fu condotta abilmente, facendo leva sui disaccordi profondi esistenti aH'interno dei due principali partiti romagnoli: il 26 luglio, durante uno scio[...]

[...]a che si impegnarono per la creazione dell'Alleanza del lavoro (v.) e di altri organismi di raccordo con i socialisti per una « difesa antifascista e proletaria ».

il decisivo attacco fascista avvenne nel luglio 1922 e fu condotto dalle squadre ferraresi di Balbo con l’appoggio dei pochi fascisti locali. L’azione squadrista ebbe due momenti ben distinti e fu condotta abilmente, facendo leva sui disaccordi profondi esistenti aH'interno dei due principali partiti romagnoli: il 26 luglio, durante uno sciopero di protesta unitario contro gli agrari che volevano affidare il monopolio dei trasporti agricoli ai soli iscritti ai sindacati “nazionali”, i fascisti aggredirono (grazie alla determinante “neutralità” delle Guardie regie e deN’esercito) le sedi e gli organizzati repubblicani; il 27 occupavano la Casa del popolo del P.R.I. e, nel corso della notte, assalivano e incendiavano la Federazione delle cooperative socialista.

Se il P.R.I. non fosse uscito dalla Alleanza del lavoro, la stessa sorte sarebbe toccata alla sede repubblicana, che fungeva anche da deposito per le merci del Consorzio provinciale delle cooperative, ma il 28 luglio tra repubblicani (F. Buzzi, G. Gaudenzi, U. Comandini, C. Macrel

//, V. Masotti, O. Fantini, M. Taroni, E. Melandri, E. Baroncelli, P. Bondi, C. Calderoni) e fascisti (D. Grandi, A. Ter uzzi, C. Calvetti, G. Frignani, V. Nardi) venne firmato un “patto di fratellanza” (Il concordato con Attila, lo definirà “La voce repubblicana” dell'1 agosto), da cui restavano esclusi gli altri partiti. I [...]

[...]e gli edifici pubblici del capoluogo: Giuseppe Frignani (v.), Ettore Muti (v.) e Attilio Teruzzi si apprestavano a dare inizio a un’occupazione del potere che sarebbe durata, per alcuni, ben oltre

il ventennio fascista.

Scissosi il Partito repubblicano con la nascita della Federazione autonoma delle Romagne e delle Marche che riuscì, per qualche tempo, a conservare un parziale controllo delle attività economiche e cooperativistiche dell’ex P.R.I. ravennate; crollato il gigante socialista dopo l’incendio e il procurato fallimento della Federazione delle cooperative (Nullo Baldini se ne andrà in esilio a Parigi); emarginata la minoranza antifascista cattolica dall’ambiguo comportamento del gruppo dirigente faentino che, di fatto, collaborò con il fascismo anche dopo l’espulsione di Piero Zama, successivamente alle elezioni del 1924; l’opposizione fece capo al piccolo gruppo che, nel 1921, aveva fondato il Par

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 99

Brano: Repubblicano italiano, Partito

tori “astensionisti” veniva svalutata o contestata (un piccolo partito mazziniano astensionista accompagnò per circa mezzo secolo il P.R.I., fin oltre la fondazione della repubblica).

I! punto di svolta rispetto al passato consisteva invece nella tendenziale modernizzazione delle strutture organizzative e propagandistiche ereditate dalla tradizione. Schematicamente può dirsi che il P.R.I. fu un piccolo partito di massa a base prevalentemente regionale; ma anche questa definizione ha bisogno di essere specificata: esistevano e funzionavano più zone di addensamento e di dinamismo repubblicano, ben oltre il classico e rituale esempio delle Romagne, sia nel Nord che nel Sud. Lo stesso schema di « partito d’opposizione borghese » richiede un chiarimento, appunto in quanto il consenso popolare intorno alla rivendicazione e pregiudiziale istituzionale fu piuttosto largo e alcune battaglie furono date e sostenute (sia pure su posizioni distinte) in accordo con il P.S.I., il quale era [...]

[...]ema di « partito d’opposizione borghese » richiede un chiarimento, appunto in quanto il consenso popolare intorno alla rivendicazione e pregiudiziale istituzionale fu piuttosto largo e alcune battaglie furono date e sostenute (sia pure su posizioni distinte) in accordo con il P.S.I., il quale era “possibilista” quanto alla monarchia, ma fu decisivo per battere nel paese e con l'ostracismo parlamentare i conati reazionari di fine secolo.

Nella prima legislatura posteriore alla formazione del partito (18971900) si poterono contare 26 deputati repubblicani (e in parecchi casi non si trattava di una nuova espansione elettorale, ma della rielezione di un personale politico già provato da tempo) che salirono a 33 nel 1900 per assestarsi poi intorno ai 24 negli anni centrali dell’età giolittiana (elezioni del 1904 e 1909). È da notare anche che, almeno in un primo tempo (grosso modo fino al 1900), il sistema del collegio uninominale da un lato favorì una discreta presenza nel Mezzogiorno continentale e in Sicilia, dall’altro sottolineò singolarmente, come era avvenuto in precedenza, il ruolo delle più spiccate personalità del partitomovimento rispetto alla base popolare, come punto di aggregazione fra ceti diversi.

Per ottenere anche limitati successi tattici, la battaglia per la democrazia e per il traguardo strategico della repubblica doveva usare, il più delle volte, toni concitati e declamatori, anche se i migliori dei maestri (come Arcangelo [...]

[...]secondo i moduli classicamente “mazziniani” di una egemonia morale e intellettuale.

I più noti fra gli esponenti repubblicani eletti nel 1900 furono: Altobel

li, Giovanni Bovio, Napoleone Colajanni, ImbrianiPoerio nel Mezzogiorno; Salvatore Barzilai, Angelo Battelli, Bosdari, Angelo Celli, Alfredo Comandini, Mirabelli, Edoardo Pantano, Socci nelle regioni centrali; Luigi De Andreis a Milano. In prosieguo di tempo, il seguito e consenso del P.R.I. si vennero aggiustando e riducendo: per la crescita dei socialisti fra le avanguardie popolari e operaie, specie nel CentroNord; per l’enucleazione di un’ala possibilista radicale; per la crescente difficoltà di mantenere le posizioni personali precedentemente acquisite nei collegi meridionali.

Fermenti dell'età giolittiana

II distacco e l’enucleazione dalle commistioni di tipo radicale, come

il consolidamento anche ideologicoistituzionale della figura e fisionomia del nuovo partito furono graduali e specialmente il rapporto fra Gruppo parlamentare, o anche singoli deputati, e organi[...]

[...]recedentemente acquisite nei collegi meridionali.

Fermenti dell'età giolittiana

II distacco e l’enucleazione dalle commistioni di tipo radicale, come

il consolidamento anche ideologicoistituzionale della figura e fisionomia del nuovo partito furono graduali e specialmente il rapporto fra Gruppo parlamentare, o anche singoli deputati, e organizzazioni/organizzazione di partito risultò difficile e il problema si venne a intersecare con le principali questioni di linea politica.

Con l’avvento del suffragio universale la presa relativa del piccolo partito repubblicano subì un ridimensionamento su scala nazionale e regionale; e in questo nuovo contesto si vennero ad aggiungere le ripercussioni della frattura fra “libici” e “antilibici” che aveva caratterizzato l’atteggiamento soprattutto

del Gruppo parlamentare davanti all’impresa coloniale di Giovanni Giolitti (v.) e della monarchia sabauda. Il triestino e irredentista Barzilai, da più legislature deputato di Roma V, era divenuto il portabandiera di un repubblicanesimo assai s[...]

[...]abandiera di un repubblicanesimo assai sensibile ai richiami del nazionalismo.

Nelle elezioni del 1913 furono eletti solo 9 deputati ligi alle direttive del partito e ben 8, con Barzilai, fra i dissidenti filolibici. Contemporaneamente, quasi per reazione si era venuto affermando un moto di rinascita e revisione, dai connotati politici e culturali, che si espresse nella segreteria di Oliviero Zuccarini (19121916), la più duratura da quando il P.R.I. era stato fondato. Lo sforzo dei giovani (Zuccarini, Giovanni Conti, Pietro Nenni alla testa della Federazione giovanile) consistette in una complessiva delucidazione del programma repubblicano su una base più aperta e più “moderna”, più razionalmente motivata che non nel recente passato. Toccò comunque alla segreteria Zuccarini (poco dopo la Settimana rossa del 1914) guidare i repubblicani nella situazione determinata dal conflitto europeo, e guidarli all'intervento (v. Interventisti). Nel corso della Prima guerra mondiale, mentre nel paese tendeva a prevalere un patriottismo dall’impronta n[...]

[...]nni Conti, Pietro Nenni alla testa della Federazione giovanile) consistette in una complessiva delucidazione del programma repubblicano su una base più aperta e più “moderna”, più razionalmente motivata che non nel recente passato. Toccò comunque alla segreteria Zuccarini (poco dopo la Settimana rossa del 1914) guidare i repubblicani nella situazione determinata dal conflitto europeo, e guidarli all'intervento (v. Interventisti). Nel corso della Prima guerra mondiale, mentre nel paese tendeva a prevalere un patriottismo dall’impronta nazionalista e il rapporto fra democrazia e potere si andava deteriorando, l’autonomo Barzilai, più tardi e a titolo personale Ubaldo Comandini ed Eugenio Chiesa (v.) divenivano ministri. A Zuccarini suc

#r MAZZINI E IL PARTITO REPUBBLICANO « W M

Pensiero e ....

azione

Una vignetta di Scalarini stigmatizza il comportamento del Gruppo repubblicano alla Camera, schieratosi a favore della monarchia in occasione dell'impresa libica (1911)

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 98

Brano: [...]ate alcune proposte di estremo olocausto, come la « trasformazione di Milano in una Stalingrado », o la creazione di una « ridotta in Valtellina » (v. Sondrio), alla quale soltanto qualche fanatico forse credette.

Gli ultimi giorni della “repubblica” trascorsero in una febbrile ricerca di salvataggi. Il 16.4.1945 Mussolini lasciò Gargnano per portarsi a Milano: tentò dei sondaggi verso il

C.L.N.A.I., ma questo, ormai diventato un vero e proprio governoombra, aveva già decretato che « i membri del governo fascista e i gerarchi del fascismo sono puniti con la pena di morte e nei casi meno gravi con l’ergastolo ».

Il 25 aprile in Curia avvenne l’incontro con gli esponenti del C.L.N. A.I., che dette esito negativo. Lo stesso giorno Mussolini lasciò Milano, diretto verso la Svizzera o verso Merano e la zona occupata dai tedeschi. Arrestato il 27, il 28 venne fucilato a Dongo (v.).

D.Ca.

Repubblicano italiano, Partito

P.R.I.. Di origini e radici risorgimene tali, il Partito repubblicano italiano venne a costituirsi definitivamente sulla fine del secolo, giusto alla vi

gilia della svolta democratica del 1900, in uno con la formazione del Partito socialista italiano e con l'espansione elettorale e parlamentare della cosiddetta Estrema Sinistra lungo gli anni Novanta.

Da un punto di vista politologico e sociologico, il nesso appena rilevato risulta da ogni storia generale e comparata dei partiti in Italia.

In una analisi sufficientemente moderna e critica, come quella di Giorgio Galli, il P.S.I., ad esempio[...]

[...]one del Partito socialista italiano e con l'espansione elettorale e parlamentare della cosiddetta Estrema Sinistra lungo gli anni Novanta.

Da un punto di vista politologico e sociologico, il nesso appena rilevato risulta da ogni storia generale e comparata dei partiti in Italia.

In una analisi sufficientemente moderna e critica, come quella di Giorgio Galli, il P.S.I., ad esempio, figura come « partito d’opposizione a base di classe » e il P.R.I. come « partito d’opposizione borghese »: ma entrambi possono essere ricompresi nella categoria dei « partiti della mobilitazione sociale », specialmente sulla fine del secolo.

Da un punto di vista storiografico

il discorso è più esplicitamente circoscritto e problematico, ed è da rilevare che la ricerca sull’argomento, quasi al completo di estrazione repubblicana, promossa, qualificata e sostenuta soprattutto da Giovanni Spadolini (v.), costituisce un acquisto culturale recente, posteriore alla storiografia del movimento operaio e del movimento cattolico e alla stessa storiografia dei p[...]

[...]ù esplicitamente circoscritto e problematico, ed è da rilevare che la ricerca sull’argomento, quasi al completo di estrazione repubblicana, promossa, qualificata e sostenuta soprattutto da Giovanni Spadolini (v.), costituisce un acquisto culturale recente, posteriore alla storiografia del movimento operaio e del movimento cattolico e alla stessa storiografia dei partiti di massa, anche se lo stesso Spadolini ne anticipò i tempi con un saggio dei primi anni Cinquanta.

La formazione del “partito*

Alla costituzione del P.R.I. si giunse essenzialmente per iniziativa delle consociazioni regionali più forti (Lombardia e Romagna) in seguito alla crisi dell’antico movimento mazziniano (Patto di fratellanza delle società operaie) e sotto lo stimolo, indiretto, dell’entrata in scena del P.S.I., nonché del tentativo di aggregazione dei radicali (v.) intorno al Patto di Roma (1890).

Il P.R.I. non nacque ex novo e, infatti, il Congresso costitutivo (Bologna 1.11.1895) si aprì su una relazione che contemplava « il riordinamento del Partito repubblicano italiano ». I convenuti decisero di legittimare la partecipazione alle elezioni amministrative, secondo la prassi già sperimentata in regioni e zone ad alto tasso di democrazia, e di privilegiare, quanto alle elezioni politiche, le candidature di protesta e quelle nettamente repubblicane. Prevalsero quindi il criterio del coordinamento dell’azione e la necessità di distinguersi con chiarezza aH’interno del risveglio popolare che andava caratterizzando la lotta politica italiana. Nemmeno la presenza in Parlamento di rappresentanze repubblicane era un fatto nuovo, anche se da alcuni set

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 41

Brano: r

Ravenna

tolici (neutralisti) e i repubblicani (interventisti), scontri che culminarono il giorno successivo con l’uccisione di due contadini iscritti alla Federazione cattolica e con l’arresto del segretario della Sezione faentina del P.R.I..

Dal 1916 data l’ultimo tentativo di Medri e dei faentini di mantenere un controllo e una direzione moderati sulle organizzazioni contadine. I! 13 maggio fu costituita a Bologna (con sede a Faenza) la Federazione nazionale mezzadri e piccoli affittuari, una struttura che si professava di carattere apolitico e dichiarava di escludere dalla propria azione « ogni competizione capace di compromettere la concordia e la compattezza della classe sul terreno economico » per seguire esclusivamente « le norme della giustizia e della fraternità cristiana ». Attraverso Il coltivatore dei campi (pubblicato dal 1916 al 1920) la Federazione, di fatto diretta e presieduta da Medri che non convocò mai, nonostante le sollecitazioni e le promesse, alcun congresso né costitutivo né per l’elezione di organi dirigenti, si fece portatrice di sole istanze produttivistiche e tecniche. Il 13.5.

1918 rifiutò di dare la propria adesione al sindacato cattolic[...]

[...]co » per seguire esclusivamente « le norme della giustizia e della fraternità cristiana ». Attraverso Il coltivatore dei campi (pubblicato dal 1916 al 1920) la Federazione, di fatto diretta e presieduta da Medri che non convocò mai, nonostante le sollecitazioni e le promesse, alcun congresso né costitutivo né per l’elezione di organi dirigenti, si fece portatrice di sole istanze produttivistiche e tecniche. Il 13.5.

1918 rifiutò di dare la propria adesione al sindacato cattolico (C.I.L.), anzi non ne comunicò agli iscritti neppure l’esistenza per oltre un anno, fino all’ottobre 1919. Lo scontro fra i due organismi continuò fino al congresso di Firenze della C.I.L. (marzo 1920), quando la Confederazione decise di costituire una propria Federazione nel settore agricolo con un ampio programma rivendicativo, provocando lo svuotamento dell’organizzazione “nazionale” di Faenza.

Il dopoguerra

Alle tradizionali rivalità politicoeconomiche fra socialisti e repubblicani, il primo dopoguerra aggiunse nuovi motivi per radicalizzare il confronto, in conseguenza del diverso atteggiamento che era stato assunto dai due partiti nei confronti del conflitto: neutralità e interventismo, liberazione delle “terre irredente” e guerra imperialista fornirono nuovi motivi di scontri che, in quel clima infuocato, furono spesso caratterizzati da veri e propri conflitti a fuoco. Un’ultima fiammata unitaria, dall’1 al 56.7.1919, segnò i giorni dei “moti contro il carovita”.

« Chi percorre la via Emilia in automobile

— scriveva II Resto del Carlino del 4.7.1919

— si trova sottoposto alle più svariate ed impreviste emozioni. Nei centri abitati schie

rati lungo la grande strada storica si riconosce la presenza di un potere nuovo. Uomini con bracciali rossi o con sciarpe rosse, funzionari di un neonato soviet locale, regolano la vita economica del paese, fermano i carri dei contadini, impongono itinerari e prezzi, risolvono con giustizia som[...]

[...]i il suolo della Romagna sente ogni tanto la nostalgia, un nuovo mondo fermenta e ribolle ».

Ma era una fiammata destinata a spegnersi il 2021 luglio di fronte alla proclamazione dello sciopero internazionale a favore della “Russia rivoluzionaria” e dell’Ungheria, sciopero violentemente contrastato dalla C.d.L. repubblicana (« una volgare commedia fatta solo per arrecare danno alla normale produzione nazionale ») e dalla Sezione giovanile del P.R.I. che ordinava ai negozianti di non aderire allo sciopero.

I giovani repubblicani minacciarono che avrebbero sfondato porte e vetrine a quanti avessero partecipato « alla parata inscenata dai leninisti »: « vogliamo vedere quali sono gli italiani! ». Del resto, queste erano espressioni usuali di un clima che aveva fatto pubblicare alla Romagna socialista un articolo dal significativo titolo “Accetto e propongo la violenza” (25.10.1919) e che sollecitava i repubblicani a scrivere sul loro settimanale, La libertà, di « non girare senza armi in tasca e, se provocati, adoperarle senza pietà» (8.[...]

[...]ti »: « vogliamo vedere quali sono gli italiani! ». Del resto, queste erano espressioni usuali di un clima che aveva fatto pubblicare alla Romagna socialista un articolo dal significativo titolo “Accetto e propongo la violenza” (25.10.1919) e che sollecitava i repubblicani a scrivere sul loro settimanale, La libertà, di « non girare senza armi in tasca e, se provocati, adoperarle senza pietà» (8.1.1921), airintemo di uno scontro che trovava i propri punti di riferimento più in una ideologia paesana e campanilistica che in grandi motivi ideali, più nella difesa di un preteso e malinteso “onore di partito”, che all'interno di una logica di scontro fra opposti interessi di classe, che pure esistevano, ma sui quali si evitava il confronto e lo scontro dialettico.

II “fare come in Russia” restava, aH’interno del massimalismo socialista ravennate, strettamente controllato dal riformismo baldiniano, parola d’ordine ampiamente divulgata, ma per ciò stesso svuotata di ogni significato effettuale, patrimonio reale solo di minoranze localizzabil[...]

[...]te divulgata, ma per ciò stesso svuotata di ogni significato effettuale, patrimonio reale solo di minoranze localizzabili prevalentemente nel comune di Alfonsine e nelle frazioni a nord del comune di Ravenna, oltre che di gran parte della Federazione giovanile socialista e di un gruppo consistente di giovani repubblicani che, nell’estate 1920, uscirono dalla F.G.R.I., in qualche modo seguendo le indicazioni del faentino Pietro Nenni (v.) che, proprio in quel periodo, aveva maturato l’abbandono del P.R.I. e l’adesione al P.S.I..

Le elezioni amministrative del 1920 risentirono fortemente di tale clima di scontro e provocarono il superamento dei vecchi contrasti fra cat

tolici, monarchici e repubblicani che presentarono liste concordate in funzione antisocialista ad Alfonsine, Cervia, Sant’Agata, Brisighella, Casola Valsenio, Castel Bolognese, Cotignola, Solarolo e Ravenna.

L'attacco fascista

Il 4.11.1920 la prima azione squadristica imponeva a Bagnacavallo la sostituzione delle bandiere rosse (esposte al balcone del Palazzo comunale per festeggiare la vittoria elettorale socialista) con bandiere tricolori; il 26 dicembre, a Ravenna, veniva assalito a revolverate un gruppo di socialisti. Il 28.3.1921 veniva fondato il fascio di Ravenna: una organizzazione che resterà debole fino ai mesi successivi alla marcia su Roma in tutte quelle località della provincia, nelle quali la prevalenza socialista era fortemente contrastata dalla presenza repubblicana, dominante anche in quelle associazioni (fiumanesimo[...]

[...]ta dalla presenza repubblicana, dominante anche in quelle associazioni (fiumanesimo, combattentismo, eccetera) che, altrove, facevano da tramite alla nascita e diffusione del fascismo. Solo nei comprensori di Lugo e di Faenza, nei quali era assente o di poco conto l’organizzazione repubblicana, il fascismo conseguì un’egemonia politica e militare nel corso del 1921.

Erano gli stessi fascisti ad ammetterlo. Giuseppe Frignani, squadrista della “prima ora” e “storico” del fascismo ravennate avrebbe scritto nel 1933 che « la possibilità di mettersi alla testa di una riscossa antisocialista non esisteva; da anni, sia pure imperfettamente e non senza contraddizioni, il partito repubblicano esercitava, di fronte all’opinione pubblica e per conto di quella piccola borghesia che ne popolava le file, la funzione di contrappeso ai socialcomunisti ». Si giunse così alla formazione di squadre miste che, sventolando i gagliardetti neri e le bandiere rosse, procedevano, soprattutto nel comprensorio di Lugo, ad assaltare le organizzazioni socialiste.[...]

[...]borghesia che ne popolava le file, la funzione di contrappeso ai socialcomunisti ». Si giunse così alla formazione di squadre miste che, sventolando i gagliardetti neri e le bandiere rosse, procedevano, soprattutto nel comprensorio di Lugo, ad assaltare le organizzazioni socialiste.

Se vogliamo schematizzare il comportamento repubblicano nei confronti del fascismo ravennate possiamo indicare tre fasi ben individuabili: 1. neutralità fino alla primavera del 1921, con notevoli punte di simpatia per il carattere patriottico, dannunziano e antisocialista del fascismo. Numerosissimi, come ricorda Renzo de Felice, i casi di doppia tessera; 2. filofascismo accentuantesi fino al giugno 1922, con varie incrinature fino al gennaio 1923, quando l’ala conservatrice dei P.R.I. romagnolo e marchigiano (soprattutto il gruppo dirigente legato alle organizzazioni economiche e cooperativistiche) uscì dal partito dando vita ad una Federazione autonoma repubblicana. Notevole influenza su questo gruppo ebbe la “tendenzialità repubblicana” dei fascismo premarcia e la presenza, a capo delle squadre ferraresi, del l’ex repubblicano Italo Balbo (v.) ; 3. antifascismo, presente in larga parte della base e nelle organizzazioni sindacali

— Dorso, Arnaldo Guerrini (v.), Schinetti;

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 622

Brano: [...]al valor militare.

Pirolini, Giovan Battista

N. a Cilavegna (Pavia) il 20.12.1864, m. a Milano l’8.11.1948; giornalista. Figlio di un calzolaio, iper la vivace intelligenza proseguì gli studi alla facoltà di Farmacia dell'Università di Pavia. Abbracciata fin da ragazzo la fede repubblicana, appena ventenne diresse La Provincia Pavese e, nel fervore della polemica giornalistica contro i clericomoderati dell'epoca, sostenne ben presto il suo primo duello. Fu tra i fondatori della Camera del lavoro di Pavia, diventandone segretario. Nel 1895, con Dario Papa (direttore de L’Italia del Popolo) e con Giuseppe Gaudenzi (direttore de! Pensiero romagnolo], contribuì alla ricostituzione del P.R.I. che, dopo

10 scioglimento del mazziniano Patto di Fratellanza (1892), si era in buona parte disperso.

Dirigente repubblicano

Stabilitosi a Milano, Pirolini divenne con Luigi De Andreis l’anima deila Consociazione repubblicana lombarda. Propagandista dell'idea repubblicana, percorse tutta l’Italia, soffermandosi soprattutto nelle Marche e neH’Emilia Romagna (rimarrà famoso un contraddittorio da lui sostenuto contro il socialistaEnrico Ferri a Bologna).

Alla notizia che i greci erano insorti a Candia contro i turchi, accorse volontario nella spedizione capeggiata da Ricciotti Gariba[...]

[...]rattutto nelle Marche e neH’Emilia Romagna (rimarrà famoso un contraddittorio da lui sostenuto contro il socialistaEnrico Ferri a Bologna).

Alla notizia che i greci erano insorti a Candia contro i turchi, accorse volontario nella spedizione capeggiata da Ricciotti Garibaldi e

11 17.5.1879 partecipò al combattimento di Domokos, nel quale fu colpito a morte Antonio Fratti. Al rientro in Italia, Pirolini venne nominato segretario politico del P.R.I. (20.7.1897) e direttore de II Popolo Sovranot organo del Partito repubblicano.

Nel maggio 1898, accusato di essere stato uno degli organizzato ri

dei moti popolari di Milano, sfuggì all’arresto riparando a Parigi. Qui strinse amicizia con Jean Jaurés e Amilcare Cipriani e collaborò ai giornali della sinistra democratica francese e belga.

Condannato in contumacia dal Tribunale di guerra (per i fatti del ’98) a 15 anni di carcere, rientrò clandestinamente in Italia e l’8.1.

1900 si costituì alla Procura generale di Milano protestando la propria innocenza: ottenuta la revisione del processo, ne uscì assolto con formula piena. Riprese quindi l’attività politica in Italia, battendosi per la Costituente. A Milano fondò e diresse II crepuscolo, organo dei repubblicani lombardi. Eletto primo segretario dell’Unione nazionale della Lega dei Comuni, nel 1903 fondò la rivista repubblicana Vita italiana che intendeva costituire una continuazione ideale della Educazione politica di Arcangelo Ghisleri.

Nel 1911 avversò la guerra coloniale di Libia e nel 1914 partecipò alla « settimana rossa », ma allo scoppio della Prima guerra mondiale divenne convinto interventista, sostenendo dure polemiche contro i socialisti neutralisti.

Nei suoi numerosi comizi interventisti amava lanciare la parola d’ordine « O sulle trincee o sulle barricate! ».

Per quanto avesse oltre cinquantanni, si arruolò volontario come soldato semplice.

Attività parlamentare

Deputato repubblicano di Ravenna (19131919) e poi della circoscrizione BolognaFerraraRavennaForlì (19191921), nei suoi discorsi alla Camera (famoso quello del dicembre 1917, dopo Caporetto) denunziò la (penetrazione della « Mano nera » tedesca in Italia, smasc[...]

[...]licano di Ravenna (19131919) e poi della circoscrizione BolognaFerraraRavennaForlì (19191921), nei suoi discorsi alla Camera (famoso quello del dicembre 1917, dopo Caporetto) denunziò la (penetrazione della « Mano nera » tedesca in Italia, smascherando coloro che tramavano con essa traendone profitti. Fu anche un esponente ascoltato del Fascio parlamentare di difesa e di unità nazionale, sorto a Milano nel dicembre 1917.

Fervente massone, ricoprì la carica di Gran maestro aggiunto de! Grande Oriente d’Italia.

Antifascista

Dopo la costituzione del Partito fascista, Pirolini fu molto corteggiato da Benito Mussolini affinché vi aderisse, ma egli resistette alle lusinghe e preferì appartarsi dalla politica attiva. Fondò la Società Editoriale Milanese e mantenne i

contatti con i superstiti compagni di fede rimasti in Italia e sfuggiti alle galere.

Durante la Seconda guerra mondiale, intorno a lui si raccolsero giovani e anziani (L Porta, A. Piraino,

F. Bizzoni, S. Gaetano, M. Palumbo, P. Garlaschi, A. Beretta e altri) che si[...]

[...]torno a lui si raccolsero giovani e anziani (L Porta, A. Piraino,

F. Bizzoni, S. Gaetano, M. Palumbo, P. Garlaschi, A. Beretta e altri) che si sarebbero poi impegnati nella lotta di liberazione. Suggerì e ispirò la pubblicazione clandestina del giornaletto « L’Italia del Popolo ».

In dissenso con altri esponenti repubblicani milanesi (che avevano firmato un patto di alleanza con il Partito d’Azione, delegando a questo la rappresentanza del P.R.I.), il 26.7.1943 intervenne alla riunione del Comitato nazionale d’azione antifascista (detto anche Comitato delle opposizioni) per reclamare i<I diritto del P.R.I. ad avervi un rappresentante diretto.

L.Cav.

Bibliografia: Pirolini in « Lombardia Repubblicana », 15.11.1948; G.B. Pirolini in « Aspetti e figure della pubblicistica repubblicana italiana », di M. Razzini, Milano 1962; A. GhisleriA. Benini, Vita e tempi, ed. Lacaita 1971; G.B. Pirolini in « Archivio trimestrale », di N. Nagari, ottobredicembre 1977; Archivio di Amedeo Piraino, Milano.

Pimcchi, Mario

N. a Firenze il 26.10.1907, ivi m. il 28.2.1980; panettiere.

Svolse attività antifascista fin da ragazzo entrando poi in contatto con l’organizzazione clandestina comunista verso la[...]

[...] A. GhisleriA. Benini, Vita e tempi, ed. Lacaita 1971; G.B. Pirolini in « Archivio trimestrale », di N. Nagari, ottobredicembre 1977; Archivio di Amedeo Piraino, Milano.

Pimcchi, Mario

N. a Firenze il 26.10.1907, ivi m. il 28.2.1980; panettiere.

Svolse attività antifascista fin da ragazzo entrando poi in contatto con l’organizzazione clandestina comunista verso la fine degli anni Venti. Ne'l 1934 si iscrisse al P.C.d’L.

Arrestato una prima volta nel 1936, fu poi nuovamente arrestato nel luglio 1938. Deferito al Tribunale speciale, il 27.4.1939 fu condannato a 6 anni di reclusione. Liberato dal carcere di Castelfranco Emilia nel luglio 1942, riprese l’attività politica.

Dopo I*8.9.1943 partecipò alla Guer

Mario Pirricchi all'VI11 Congresso nazionale delI’A.N.P I. (Firenze, 1976)

622



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 716

Brano: Milano

cipitando nel baratro della propria nequizia. A cancellare tale sensazione non servirono la riapparizione di Mussolini a Milano il 16.12.1944 e il suo discorso al Lirico. Da quel momento i tedeschi misero del tutto da parte le autorità fasciste, rivelatesi assolutamente inette, e si assunsero in prima persona anche i

compiti di repressione. Il 2.1.1945 fu arrestato a Milano Ferruccio Parri. Saldamente tenuto dalle S.S., comandate in Italia da Wolff, il capo della Resistenza italiana fu considerato dai tedeschi un prezioso ostaggio. Due mesi più tardi, per dimostrare la loro buona fede nelle trattative di resa condotte segreta

mente con i Comandi americani, j tedeschi stessi condussero Parri in Svizzera e lo rimisero, l’8 marzo, in libertà.

Verso la Liberazione

L’approssimarsi della Liberazione pose al movimento partigiano milanese nuovi compiti per accelerare

Quadro dei pr[...]

[...]a Wolff, il capo della Resistenza italiana fu considerato dai tedeschi un prezioso ostaggio. Due mesi più tardi, per dimostrare la loro buona fede nelle trattative di resa condotte segreta

mente con i Comandi americani, j tedeschi stessi condussero Parri in Svizzera e lo rimisero, l’8 marzo, in libertà.

Verso la Liberazione

L’approssimarsi della Liberazione pose al movimento partigiano milanese nuovi compiti per accelerare

Quadro dei principali Comandi militari della Piazza di Milano (194345)

Grado e incarico

Comitato militare (ottobre 1943 agosto 1944)

Giuseppe Robolotti De Micheli generale, comandante

Gino Marini Gino colonnello, capo di S.M.

Scipione Bobbio Guidi maggiore, capo di S.M.

Michele Adabbo Rossi col., capo ufficio informazioni

Ugo Maccarrone Macchi colonnello, capo nucleo ufficiali a disposiz.

Ettore Banchi Lucio capitano, addetto capo di S.M.

Stefano Soldi Erasmo capitano, addetto ufficio informazioni

Giovanni Robolotti Gianni tenente, addetto al Comando

dal

1.10.1943

1.1[...]

[...]1943 ott. 1943 die. 1943

1.10.1943

25.5.1944 16.12.1943

18.8.1944

18.8.1944

18.8.1944

25.5.1944

18.8.1944

25.5.1944

Comando Piazza dall'agosto 1944 alla Liberazione

Giuseppe Bellocchio Comaschi,

Italo Busetto Franco Giuliano Pajetta . Monti

Italo Busetto Franco

Amerigo Ciocchiatti Ugo

Alessandro Vaia Milani

Scipione Bobbio Guidi

Sergio Kasman Marco

Giuseppe Signorelli Bartoli

Francesco Ladiai Primo

Egidio Liberti Collini

Scipione Bobbio Guidi

Enrico Stagnani Mario

Carlo Motta Giorgio

Ugo Maccarrone Macchi

Luigi Aprile Luini

Moretti Pagi i ani Marcello

Filippo Carpi Rolando

Sandro Faini Oliva

De Haag Fausto

Puricelli Carlo

De Haag Fausto

Giovanni Tartaro Mondino

Edoardo Frigè Ferri

Edoardo Frigè Ferri

Enrico Cazè Neri

Porro Cipolla

Arrigo Mazzuccato Longhi

Franco Marra Calli

Giorgio Moro Calvan

Barberis, generale, comandante 18.8.1944

[Rivolta commissario politico (P.C.l.) 18.8.1944

commissario politico (P.C.l.) 5.9.1944

commissario politico (P.C.l.) 21.10.1944

commissario politico (P.C.l.) 21.11.1944

commissario politico (P.C.l.) 25.3.1945

ma[...]

[...], collegamento settori città (indip.) 1.2.1945

capo ufficio informazioni (P.S.I.) 18.8.1944

vicecom., capo uff. inform. e colleg. (P.S.I.) 12.10.1944

capo uff. mobilitazione e colleg. (P.S.I.) 2.12.1944

vicecomandante (P.S.I.) 11.4.1945

capo uff. sabotaggi (P.L.I.) 18.8.1944

capo uff. sabotaggi (P.L.I.) 2.12.1944

capo uff. sab. e vettovagliamento (P.L.I.) 3.2.1945

vicecomandante (P.L.I.) 11.4.1945

capo servizio sanità (P.R.I.) 18.8.1944

vicecomandante (P.R.I.) 11.4.1945

capo uff. tecnico e trasp. (D.C.) 18.8.1944

capo uff. trasporti e vett. (D.C.) 12.10.1944

capo uff. tecnico e trasp. (D.C.) 2.12.1944

capo uff. trasporti (D.C.) 2.2.1945

vicecomandante (D.C.) 11.4.1945

aprile 1945

4.9.1944

20.10.1944

20.11.1944

24.3.1945

26.4.1945

4.9.1944

6.12.1944

15.2.1945

9.3.1945

26.4.1945

26.4.1945

1.4.1945

26.4.1945

31.1.1945

26.4.1945

11.10.1944

1.12.1944

10.4.1945

26.4.1945

1.12.1944

2.2.1945

10.4.1945

26.4.1945

10.4.1945

26.4.1945

11.10.1944

1.12.1944

1.2.1945

10.4.1945

26.4.1945

Comando Piazza dalla Liberazione all’1.6.1945

Emilio Faldella Alessandro Vaia Sandro Faini Giovanni Tartaro Giorgio Moro Edoardo Frigè Egidio Liberti Carlo Maraschi Scipione.Bobbio Nicola Lidonni
[...]

[...]5

26.4.1945

11.10.1944

1.12.1944

1.2.1945

10.4.1945

26.4.1945

Comando Piazza dalla Liberazione all’1.6.1945

Emilio Faldella Alessandro Vaia Sandro Faini Giovanni Tartaro Giorgio Moro Edoardo Frigè Egidio Liberti Carlo Maraschi Scipione.Bobbio Nicola Lidonni

generale, comandante commissario politico (P.C.l.)

1° vicecomandante (P.S.I.)

2° vicecomandante (P.L.I.)

3° vicecomandante (D.C.) vicecommissario politico (P.R.I.) capo di S.M. (P.d’A.) sottocapo di S.M. (indipendente) ufficio operazioni (indipendente) ufficio informazioni (indipendente)

Gli Uffici Personale, Automobilistico, Affari vari, Alloggi, Amministrazione, Commissariato, Propaganda e assistenza, Sanità erano tutti affidati a personale militare, salvo gli ultimi due, affidati a delegati di partiti vari.

716


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine P.R.I., nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---fascisti <---fascista <---P.C.I. <---P.S.I. <---comunista <---fascismo <---C.L.N. <---D.C. <---socialista <---antifascisti <---antifascista <---P.L.I. <---italiano <---comunisti <---Storia <---socialisti <---antifascismo <---italiana <---Bibliografia <---P.S.I.U.P. <---Partito comunista <---fasciste <---nazisti <---squadristi <---Diritto <---socialismo <---G.A.P. <---La Voce <---S.A.P. <---S.S. <---cristiana <---italiane <---liste <---mazziniano <---nazifascisti <---U.R.S.S. <---antifasciste <---gappisti <---italiani <---lista <---nazionalista <---nazista <---repubblicanesimo <---socialiste <---squadrista <---De Gasperi <---P.S.D.I. <---interventismo <---nazifascista <---riformista <---squadrismo <---A.N.P.I. <---Arditi del popolo <---Brigata del Popolo <---C.V.L. <---Filosofia <---G.L. <---G.N.R. <---Il C <---Il C L <---La lotta <---Pratica <---Sesto San Giovanni <---Ugo La Malfa <---Vittorio Pertusio <---comuniste <---cristiano <---d'Azione <---democristiana <---democristiane <---democristiani <---democristiano <---eroismo <---ideologia <---interventista <---interventisti <---irredentista <---marchigiano <---naziste <---siano <---Agraria <---Arcangelo Ghisleri <---Azione Cattolica <---Benedetto Croce <---Brigate S <---Brigate S A P <---C.G.I.L. <---C.L.N.A.I. <---Centro-Nord <---Cipriano Facchinetti <---Comitato centrale <---Corriere della Sera <---Enrico Martino <---Felice Cascione <---Francesco Martelli <---G.B. <---Gaetano Barbareschi <---Germano Jori <---Giacomo Buranello <---Giovanni Papini <---Giuseppe Mazzini <---Il P <---Il Risorgimento <---In particolare <---Italia Libera <---Italo Balbo <---La Pietra <---Le S <---Le S A P <---Lega dei Comuni <---Logica <---Luigi De Andreis <---M.S.I. <---Mario Bergamo <---Mario Zino <---Oddo Marinelli <---Ordine Nuovo <---Piazza di Genova <---Piazza di Milano <---Pietro Gabanizza <---Pio Biagi <---Primo Maggio <---Riviera di Levante <---Santa Maria <---Scienze <---Scienze politiche <---Settimana rossa <---Storia 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Fiodor Poetan <---Alexander-Tito <---Alien Dulles <---Alleati in Toscana <---Alvise Jacazio <---Amato Tirabo <---Amilcare Bondisi <---Amilcare Ciccione <---Amilcare Sterni <---Amor di Patria <---Andrea Rapisarda <---Andrea Scano <---Andreis a Milano <---Angela in Guzzi <---Angelo Balegno <---Angelo Battelli <---Angelo Celli <---Angelo Della Rovere <---Angelo F <---Angelo Po <---Angelo Ramponi <---Angelo Rossi <---Angiolina Berpi <---Annali Feltrinelli <---Ansaldo Artiglierie <---Antonio Aceto <---Antonio Consonni <---Antonio Fabbri <---Antonio Falchi <---Antonio Gara <---Antonio Giusti <---Antonio Gramsci <---Antonio Lei <---Antonio Meocci <---Antonio Tolmino Scarpelli <---Arici di Brescia <---Aristeo Bianchi <---Aristide Poli <---Armando Casalini <---Armando Vezzelli <---Arnoldo Mandolini <---Arnolfo Ravetti <---Arrigo Coiro di Codogno <---Arroscia-Pieve <---Arturo Scotti <---Ateo Garemi <---Attilio Angelotti <---Attilio Gaggero <---Attilio Te <---Attilio Vicentini <---Augusto 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Cassiani Ingoni <---Mario Eu <---Mario Ginocchio <---Mario Pozzoli <---Mario Rho <---Mario Tarelli <---Massarella di Fucecchio <---Matteotti S <---Matteotti S A P <---Matteotti da Dante Bruzzone <---Mattia Pascal <---Mattioli Giovanni <---Maurizio Maraviglia <---Mazzini da Aldo <---Mazzini da Aldo Podestà <---Medicina <---Menotti Guzzi <---Merati Giuseppe <---Mercy-Ie-Haut <---Metafisica <---Michele Della Maggiora <---Michele Miani <---Michele Mon <---Miguel Alemàn Valdes <---Milano Ferruccio Par <---Milizia Domenico Giardina <---Mirella Alloisio <---Molini di Triora <---Mongelli Luigi <---Monte Grappa <---Motta Carlo <---Movimento Repubblicano Democratico <---Mussolini a Milano <---N.C.M. <---Nazario Sauro <---Nazzareno Vicini <---Nel C <---Nel C L <---Nicola Conte <---Nino Nannetti <---Nullo Baldini <---Nuova Antologia <---Nuovo Ideale <---Officine Meccaniche Reggiane <---Oggioni Anselmo <---Olate di Lecco <---Oreste Bruneri <---Orlonghetto di Valduggia <---Oronzo Reale <---Ortona a 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