Brano: r
Ravenna
tolici (neutralisti) e i repubblicani (interventisti), scontri che culminarono il giorno successivo con l’uccisione di due contadini iscritti alla Federazione cattolica e con l’arresto del segretario della Sezione faentina del P.R.I..
Dal 1916 data l’ultimo tentativo di Medri e dei faentini di mantenere un controllo e una direzione moderati sulle organizzazioni contadine. I! 13 maggio fu costituita a Bologna (con sede a Faenza) la Federazione nazionale mezzadri e piccoli affittuari, una struttura che si professava di carattere apolitico e dichiarava di escludere dalla propria azione « ogni competizione capace di compromettere la concordia e la compattezza della classe sul terreno economico » per seguire esclusivamente « le norme della giustizia e della fraternità cristiana ». Attraverso Il coltivatore dei campi (pubblicato dal 1916 al 1920) la Federazione, di fatto diretta e presieduta da Medri che non convocò mai, nonostante le sollecitazioni e le promesse, alcun congresso né costitutivo né per l’elezione di organi dirigenti, si fece portatrice di sole istanze produttivistiche e tecniche. Il 13.5.
1918 rifiutò di dare la propria adesione al sindacato cattolic[...]
[...]co » per seguire esclusivamente « le norme della giustizia e della fraternità cristiana ». Attraverso Il coltivatore dei campi (pubblicato dal 1916 al 1920) la Federazione, di fatto diretta e presieduta da Medri che non convocò mai, nonostante le sollecitazioni e le promesse, alcun congresso né costitutivo né per l’elezione di organi dirigenti, si fece portatrice di sole istanze produttivistiche e tecniche. Il 13.5.
1918 rifiutò di dare la propria adesione al sindacato cattolico (C.I.L.), anzi non ne comunicò agli iscritti neppure l’esistenza per oltre un anno, fino all’ottobre 1919. Lo scontro fra i due organismi continuò fino al congresso di Firenze della C.I.L. (marzo 1920), quando la Confederazione decise di costituire una propria Federazione nel settore agricolo con un ampio programma rivendicativo, provocando lo svuotamento dell’organizzazione “nazionale” di Faenza.
Il dopoguerra
Alle tradizionali rivalità politicoeconomiche fra socialisti e repubblicani, il primo dopoguerra aggiunse nuovi motivi per radicalizzare il confronto, in conseguenza del diverso atteggiamento che era stato assunto dai due partiti nei confronti del conflitto: neutralità e interventismo, liberazione delle “terre irredente” e guerra imperialista fornirono nuovi motivi di scontri che, in quel clima infuocato, furono spesso caratterizzati da veri e propri conflitti a fuoco. Un’ultima fiammata unitaria, dall’1 al 56.7.1919, segnò i giorni dei “moti contro il carovita”.
« Chi percorre la via Emilia in automobile
— scriveva II Resto del Carlino del 4.7.1919
— si trova sottoposto alle più svariate ed impreviste emozioni. Nei centri abitati schie
rati lungo la grande strada storica si riconosce la presenza di un potere nuovo. Uomini con bracciali rossi o con sciarpe rosse, funzionari di un neonato soviet locale, regolano la vita economica del paese, fermano i carri dei contadini, impongono itinerari e prezzi, risolvono con giustizia som[...]
[...]i il suolo della Romagna sente ogni tanto la nostalgia, un nuovo mondo fermenta e ribolle ».
Ma era una fiammata destinata a spegnersi il 2021 luglio di fronte alla proclamazione dello sciopero internazionale a favore della “Russia rivoluzionaria” e dell’Ungheria, sciopero violentemente contrastato dalla C.d.L. repubblicana (« una volgare commedia fatta solo per arrecare danno alla normale produzione nazionale ») e dalla Sezione giovanile del P.R.I. che ordinava ai negozianti di non aderire allo sciopero.
I giovani repubblicani minacciarono che avrebbero sfondato porte e vetrine a quanti avessero partecipato « alla parata inscenata dai leninisti »: « vogliamo vedere quali sono gli italiani! ». Del resto, queste erano espressioni usuali di un clima che aveva fatto pubblicare alla Romagna socialista un articolo dal significativo titolo “Accetto e propongo la violenza” (25.10.1919) e che sollecitava i repubblicani a scrivere sul loro settimanale, La libertà, di « non girare senza armi in tasca e, se provocati, adoperarle senza pietà» (8.[...]
[...]ti »: « vogliamo vedere quali sono gli italiani! ». Del resto, queste erano espressioni usuali di un clima che aveva fatto pubblicare alla Romagna socialista un articolo dal significativo titolo “Accetto e propongo la violenza” (25.10.1919) e che sollecitava i repubblicani a scrivere sul loro settimanale, La libertà, di « non girare senza armi in tasca e, se provocati, adoperarle senza pietà» (8.1.1921), airintemo di uno scontro che trovava i propri punti di riferimento più in una ideologia paesana e campanilistica che in grandi motivi ideali, più nella difesa di un preteso e malinteso “onore di partito”, che all'interno di una logica di scontro fra opposti interessi di classe, che pure esistevano, ma sui quali si evitava il confronto e lo scontro dialettico.
II “fare come in Russia” restava, aH’interno del massimalismo socialista ravennate, strettamente controllato dal riformismo baldiniano, parola d’ordine ampiamente divulgata, ma per ciò stesso svuotata di ogni significato effettuale, patrimonio reale solo di minoranze localizzabil[...]
[...]te divulgata, ma per ciò stesso svuotata di ogni significato effettuale, patrimonio reale solo di minoranze localizzabili prevalentemente nel comune di Alfonsine e nelle frazioni a nord del comune di Ravenna, oltre che di gran parte della Federazione giovanile socialista e di un gruppo consistente di giovani repubblicani che, nell’estate 1920, uscirono dalla F.G.R.I., in qualche modo seguendo le indicazioni del faentino Pietro Nenni (v.) che, proprio in quel periodo, aveva maturato l’abbandono del P.R.I. e l’adesione al P.S.I..
Le elezioni amministrative del 1920 risentirono fortemente di tale clima di scontro e provocarono il superamento dei vecchi contrasti fra cat
tolici, monarchici e repubblicani che presentarono liste concordate in funzione antisocialista ad Alfonsine, Cervia, Sant’Agata, Brisighella, Casola Valsenio, Castel Bolognese, Cotignola, Solarolo e Ravenna.
L'attacco fascista
Il 4.11.1920 la prima azione squadristica imponeva a Bagnacavallo la sostituzione delle bandiere rosse (esposte al balcone del Palazzo comunale per festeggiare la vittoria elettorale socialista) con bandiere tricolori; il 26 dicembre, a Ravenna, veniva assalito a revolverate un gruppo di socialisti. Il 28.3.1921 veniva fondato il fascio di Ravenna: una organizzazione che resterà debole fino ai mesi successivi alla marcia su Roma in tutte quelle località della provincia, nelle quali la prevalenza socialista era fortemente contrastata dalla presenza repubblicana, dominante anche in quelle associazioni (fiumanesimo[...]
[...]ta dalla presenza repubblicana, dominante anche in quelle associazioni (fiumanesimo, combattentismo, eccetera) che, altrove, facevano da tramite alla nascita e diffusione del fascismo. Solo nei comprensori di Lugo e di Faenza, nei quali era assente o di poco conto l’organizzazione repubblicana, il fascismo conseguì un’egemonia politica e militare nel corso del 1921.
Erano gli stessi fascisti ad ammetterlo. Giuseppe Frignani, squadrista della “prima ora” e “storico” del fascismo ravennate avrebbe scritto nel 1933 che « la possibilità di mettersi alla testa di una riscossa antisocialista non esisteva; da anni, sia pure imperfettamente e non senza contraddizioni, il partito repubblicano esercitava, di fronte all’opinione pubblica e per conto di quella piccola borghesia che ne popolava le file, la funzione di contrappeso ai socialcomunisti ». Si giunse così alla formazione di squadre miste che, sventolando i gagliardetti neri e le bandiere rosse, procedevano, soprattutto nel comprensorio di Lugo, ad assaltare le organizzazioni socialiste.[...]
[...]borghesia che ne popolava le file, la funzione di contrappeso ai socialcomunisti ». Si giunse così alla formazione di squadre miste che, sventolando i gagliardetti neri e le bandiere rosse, procedevano, soprattutto nel comprensorio di Lugo, ad assaltare le organizzazioni socialiste.
Se vogliamo schematizzare il comportamento repubblicano nei confronti del fascismo ravennate possiamo indicare tre fasi ben individuabili: 1. neutralità fino alla primavera del 1921, con notevoli punte di simpatia per il carattere patriottico, dannunziano e antisocialista del fascismo. Numerosissimi, come ricorda Renzo de Felice, i casi di doppia tessera; 2. filofascismo accentuantesi fino al giugno 1922, con varie incrinature fino al gennaio 1923, quando l’ala conservatrice dei P.R.I. romagnolo e marchigiano (soprattutto il gruppo dirigente legato alle organizzazioni economiche e cooperativistiche) uscì dal partito dando vita ad una Federazione autonoma repubblicana. Notevole influenza su questo gruppo ebbe la “tendenzialità repubblicana” dei fascismo premarcia e la presenza, a capo delle squadre ferraresi, del l’ex repubblicano Italo Balbo (v.) ; 3. antifascismo, presente in larga parte della base e nelle organizzazioni sindacali
— Dorso, Arnaldo Guerrini (v.), Schinetti;
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