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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 658

Brano: Appendice

Formazione S.A.P. di Bologna durante la liberazione della città aprile 1945)

certamente il Triumvirato deH’EmiliaRomagna che, I’8.7.1944, formalizzò la nuova direttiva in un documento inviato a tutti i Comitati federali del P.C.I. della regione.

Nella circolare, sotto il titolo Organizzazione delle Squadre di Azione Patriottica (S. A.P.), si davano dettagliate istruzioni: « Nell’attuale fase di sviluppo del movimento insurrezionale è assolutamente necessario e urgente che il movimento delle squadre armate, che tanto impetuosamente si è venuto sviluppando in queste ultime settimane nella nostra Regione, acquisti una maggiore organicità e trovi quell'assetto e quella struttura militare che, disciplinandone le forme di organizzazione, ne aumenti l’efficienza bellica e ne faccia un potente strumento per la vittoria dell’insurrezione popolare. Le S.A.P. costituiscono l'organizzazione armata dei patrioti che intendono, nei luoghi di lavoro e di abitazione, unirsi e combattere con le armi per difendere i lavoratori e la popolazione contro le violenze nazifasciste e per colpire e distruggere con ogni mezzo l’oppressore tedesco ed i suoi servi fascisti.

Organizzazione popolare armata di massa, le S.A.P. costituiscono la riserva ausiliaria territoriale delle Brigate d’Assalto Garibaldi e delle Brigate G.A.P.. Le S.A.P. preparano, fiancheggiano ed aiutano in ogni modo l’azione delle formazioni partigiane e dei G.A.P.. Esse preparano ed educano all’azione nuove reclute per i G.A.P. e ne formano come una leva preparatoria. Le S.A.P. organizzano l’apporto armato delle grandi masse popolari al l'insurrezione nazionale contro l’oppressore. Le S.A.P. sono formate sui luoghi stessi dove i loro componenti lavorano ed abitano. Nelle officine come S.A.P. operaie, nei villaggi come S.A.P., contadine, tra i giovani come S.A.P. giovanili, nei quartieri popolari come S.A.P. di quartiere: nella più grande varietà di modi e di forme le S.A.P. organizzano i patrioti sulla base stessa delle loro normali occupazioni. In questo le S.A.P. si differenziano dalle formazioni partigiane e dai

G.A.P. dove i combattenti, abbandonato il lavoro e la famiglia, vivono permanentemente inquadrati.

Le S.A.P. sono un'organizzazione unitaria di massa. Possono fare parte delle Squadre di azione patriottica uomini di tutte le correnti politiche e di ogni tede religiosa, purché siano disposti a lottare con le armi contro i tedeschi e i fascisti. I componenti della S.A.P. continuano a fare parte delle rispettive organizzazioni di partito e a svolgere la loro attività politica di massa.

I componenti della S.A.P. devono impegnarsi ad ubbidire militarmente, senza discussioni, agli ordini ricevuti dai superiori comandi ed a rispettare nella loro attività la disciplina militare.

Le S.A.P. sono organizzate sopra una base territoriale. In ogni provincia è costituito un C[...]

[...]litiche e di ogni tede religiosa, purché siano disposti a lottare con le armi contro i tedeschi e i fascisti. I componenti della S.A.P. continuano a fare parte delle rispettive organizzazioni di partito e a svolgere la loro attività politica di massa.

I componenti della S.A.P. devono impegnarsi ad ubbidire militarmente, senza discussioni, agli ordini ricevuti dai superiori comandi ed a rispettare nella loro attività la disciplina militare.

Le S.A.P. sono organizzate sopra una base territoriale. In ogni provincia è costituito un Comando provinciale della S.A.P.. Questo Comando è in collegamento permanente con la Delegazione regionale del Comando delle Brigate Garibaldi e da questa riceve istruzioni ed ordini per l'attività delle S.A.P. ed a questa rimette un rapporto sulle azioni svolte e sullo sviluppo organizzativo raggiunto, in questo modo viene assicurato il coordinamento dell’azione delle S.A.P. con quella dei G.A.P. e con quella delle Brigate d’Assalto. [...] Una squadra è normalmente composta di 15 combattenti, divisi in tre nuclei di 5.

[...] Nella situazione attuale la campagna offre il terreno più adatto per lo sviluppo delle S.A.P.. Le città e le officine della nostra regione si vanno vuotando, perché gli operai non vogliono farsi prendere ed essere inviati in Germania. [...] Nella campagna la minaccia di atti di saccheggio, di banditismo da parte dei tedeschi in ritirata si fa sempre più grave e gli elementi più attivi, contadini e cittadini rifugiati, si vanno organizzando per resistere con le armi e difendere la vita e la libertà, l’onore delle donne, i beni e il bestiame. È su questo terreno che le S.A.P. si sono venute maggiormente sviluppando, ed è in questa direzione che deve essere compiuto il massimo sforz[...]

[...]la nostra regione si vanno vuotando, perché gli operai non vogliono farsi prendere ed essere inviati in Germania. [...] Nella campagna la minaccia di atti di saccheggio, di banditismo da parte dei tedeschi in ritirata si fa sempre più grave e gli elementi più attivi, contadini e cittadini rifugiati, si vanno organizzando per resistere con le armi e difendere la vita e la libertà, l’onore delle donne, i beni e il bestiame. È su questo terreno che le S.A.P. si sono venute maggiormente sviluppando, ed è in questa direzione che deve essere compiuto il massimo sforzo organizzativo. [...]

II campo di azione delle S.A.P è vastissimo: dalla difesa collettiva armata contro i soprusi e le violenze tedesche e fasciste per impedire la requisizione di grano, degli altri prodotti agricoli e del bestiame ed i furti delle masserie ecc.; ad una azione costante di sabotaggio delle vie di comunicazione (semina di chiodi a quattro punte, sbullonamento delle rotaie ferroviarie, diroccamento delle strade e dei ponti, ostruzione delle strade con macigni e tronchi d'albero, taglio dei fili telegrafici e telefonici); alla soppressione dei tedeschi e dei fascisti, alle imboscate contro automezzi nemici ecc.. Compito delle squadre d'azione è quello di assicurare la protezione delle manifestazioni popolari di massa e di sviluppare forme audaci di propaganda e di mobilitazione delle masse per la battaglia insurrezionale. [...] Le S.A.P. non devono compiere azioni di espropriazione, anche dirette contro nemici del popolo. Dette azioni devono essere riservate a speciali formazioni, che diano la massima garanzia di disciplina e di controllo”. (Da Guerrino Franzini, Storia della Resistenza reggiana, edito a cura dell’A.N.P.I. di Reggio Emilia, pagg. 807809).

Favorito anche dall’andamento delle operazioni belliche nell’Italia centra

Formazione S.A.P. in una città del Nord liberata (aprile 1945)

le, lo sviluppo delle S.A.P. fu notevole nel corso dell’estate 1944.

Se “l’Unità” clandestina del 25.7.1944 annunciava: [...]

[...]ione, anche dirette contro nemici del popolo. Dette azioni devono essere riservate a speciali formazioni, che diano la massima garanzia di disciplina e di controllo”. (Da Guerrino Franzini, Storia della Resistenza reggiana, edito a cura dell’A.N.P.I. di Reggio Emilia, pagg. 807809).

Favorito anche dall’andamento delle operazioni belliche nell’Italia centra

Formazione S.A.P. in una città del Nord liberata (aprile 1945)

le, lo sviluppo delle S.A.P. fu notevole nel corso dell’estate 1944.

Se “l’Unità” clandestina del 25.7.1944 annunciava: « In Emilia il movimento delle squadre ha assunto un carattere così attivo e di massa che si è passati alla costituzione in ogni provincia di una Brigata Garibaldi S.A.P. », la “La nostra lotta” del 5.8.1944 si poteva leggere che, a Firenze, « le Squadre d'azione patriottica (S.A.P.) si sviluppano ogni giorno più. Quasi tutti i compagni sono inquadrati nelle squadre. La città e 'il circondario sono stati divisi in zone, ogni zona ha il suo Comando, le squadre sono raggruppate in plotoni e compagnie e sono dirette dal Comando delle Brigate Garibaldi. Gli appartenenti alle squadre nella città e nel circondario di Firenze ammontano a venticinquemila. Poi vi sono delle squadre organizzate dagli altri partiti antifascisti che inquadrano altri diecimila uomini ».

Meno rilevante fu nell’estate lo sviluppo numerico e operativo delle S.A.P. delle altre regioni, ma “l'Unità” delI'8.10.1944 (Edizione dell'Italia Settentrionale) per la Lombardia riportava: « La periferia nord di Milano e soprattutto la zona da Legnano e Gallarate a quella attorno a Monza, sono diventate vere e proprie zone di guerra, dove le imboscate si succedono alle imboscate, centinaia di operazioni di guerriglia, dalle occupazioni di villaggi come Arsago e Busserò al disarmo di centinaia di nazifascisti e di “repubblichini” al sabotaggio delle linee ferroviarie al sistematico castigo di spie e di traditori affermano l’esistenza e la combattività delle nuo[...]

[...]ematico castigo di spie e di traditori affermano l’esistenza e la combattività delle nuove Brigate Garibaldi S.A.P.. Dopo Pavia e Mantova anche la provincia di Cremona vede la guerriglia penetrare nel feudo di Farinacci, sono i distaccamenti S.A.P. garibaldini che disarmano il nemico, che attaccano le pattuglie isolate, che castigano chi lo serve ». Pochi giorni prima lo stesso organo del P.C.I. aveva dato notizia dei grandi successi ottenuti dalle S.A.P. nelle campagne romagnole, con un lungo articolo che tra l’altro diceva: « Il movimento delle S.A.P.

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 713

Brano: [...]ene razziale » cara ai regimi fascisti) avevano spinto Hitler a progettare e attuare all’interno della Germania, con la complicità di medici e scienziati, l’eliminazione dei malati inguaribili (eutanasia), degli anormali, degli omosessuali. E in un secondo tempo la furia nazista si abbatterà anche contro altre popolazioni considerate inferiori, in primo luogo gli zingari e le popolazioni dell'Europa orientale, polacchi e russi in particolare.

Le S.S.

La connessione organica tra i crimini nazisti, crimini tipicamente collettivi (così in senso attivo come in senso passivo), e il regime del Terzo Reich trovò la sua espressione tecnicamente più perfetta e insieme la sua sintesi emblematica nell’apparato terroristico del regime simboleggiato dal sistema concentrazionario, dallo Stato delle S.S. (v.). Le S.S., la parte scelta della milizia di partito concepita anche come élite razziale del popolo tedesco, non furono un elemento anoma

lo, atipico del regime nazista; ne furono al contrario uno dei fattori ca

ratterizzanti, la guardia armata del regime fondato sul Fuhrerprinzip, sul partito unico, sulla sua igiene razziale, sulla lotta antibolscevica, antiliberale, antireligiosa. Le S.S., cioè, come strumento di attuazione della filosofia politica del nazionalsocialismo. Appunto questo legame intrinseco delle S.S. (che furono dichiarate «organizzazione criminale» dal Tribunale internazionale di Norimberga nel 1946) con il regime nazista solleva il problema delle responsabilità per i crimini consumati, responsabilità che non investono soltanto le supreme gerarchie dell’apparato di potere e di polizia del regime (Hitler, Himmler, Heydrich, Goering), ma tutto il complesso, certamente molte migliaia di uomini, di coloro che furono direttamente o indirettamente addetti a una così estesa e capillare organizzazione repressiva: un’organizzazione che non avrebbe potuto essere costruita né gestita senza la complicità o quanto meno l’omertà di rappresentanti, in pratica, di tutti i rami deH’amministrazione, dell’economia (che ne approfittò per sfruttare il lavoro forzato dei deportati o per trarre l’utile dalla vendita dei gas letali), della stes[...]

[...]cienza (che fornì le giustificazioni pseudoscientifiche dello sterminio, perfezionò la tecnologia del massacro e si rese colpevole dei più crudeli esperimenti sulle cavie umane rappresentate dai deportati), in una parola, di buona parte della società tedesca. Ci troviamo quindi in presenza di un sistema

che non solo ha codificato e legalizzato l'assassinio e lo sterminio, ma che mira a coinvolgervi un intero popolo, la società intera in tutte le sue ramificazioni e specializzazioni, in tutte le sue competenze; un sistema mostruoso di ripartizione del lavoro che ha elevato nelle fabbriche della morte, attrezzate con scientifica meticolosità, nei campi di concentranoento e nei forni crematori, i simboli del suo trionfo sulla civiltà e sul rispetto della persona umana.

Il genocidio

Anche i campi di concentramento furono una creazione coeva alla fase iniziale della dominazione nazista, sin dai primi mesi del 1933. Già alla fine di quell’anno Goering, come capo della polizia segreta di Stato (Gestapo), poteva trarre il primo bilancio del regime di polizia instaurato in Germania.

N[...]

[...]l rispetto della persona umana.

Il genocidio

Anche i campi di concentramento furono una creazione coeva alla fase iniziale della dominazione nazista, sin dai primi mesi del 1933. Già alla fine di quell’anno Goering, come capo della polizia segreta di Stato (Gestapo), poteva trarre il primo bilancio del regime di polizia instaurato in Germania.

Nel 1936 l’apparato di polizia fu concentrato nelle mani di Himmler, in quanto Reichsfuhrer delle S.S. e capo della polizia; alle sue dipendenze operavano ie S.S. (le cui unità speciali « Teste di morto » avevano in consegna i campi di concentramento) e la Gestapo, passata successivamente nell’ambito dell’Ufficio centrale per la sicurezza del Reich (R.H.S.A.), sotto la direzione di Heydrich e più tardi di Kaltenbrunner. Spettò appunto allo R.H.S.A. la responsabilità principale nell’esecuzione dei crimini nazisti (da esso dipendeva, tra gli altri, \dolf Eichmann).

Lo scatenamento della guerra e l'invasione della Wehrmacht nei territori orientali e occidentali europei prelusero all’esportazione anche al di fuori della Ge[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 510

Brano: Genova

La Resistenza genovese rispose intensificando le azioni gappiste e giustiziando, si può dire quasi quotidianamente, nelle delegazioni e nel centro cittadino, militari tedeschi ed esponenti del fascismo repubblichino.

I tedeschi e i fascisti cercarono di contenere lo sviluppo delle azioni partigiane in città con una più fitta rete poliziesca. Operavano a Genova 3 polizie tedesche (delle S.S., del servizio di sicurezza e la Gestapo) nonché 4 italiane (la Questura, la G.N.R., la polizia politica e quella della Brigata nera). Simbolo della ferocia nazista era la Casa dello studente, diventata sede del Comando delle S.S.. Qui subirono atroci torture centinaia di dirigenti politici e militari della Resistenza, giovani patrioti e semplici cittadini sospettati di essere collegati al movimento partigiano.

La « Casa dello studente » venne organizzata, con la meticolosità propria dei nazisti, in diversi settori: Ufficio controspionaggio, Ufficio antiribelli, Ufficio ebrei, Ufficio comunisti, Ufficio spionaggio cittadino, Ufficio criminale (in realtà si occupava solo del sequestro di beni), Ufficio carcere di Marassi. La polizia fascista affiancava l’azione delle

S.S. mantenendo su tutta la città la sua ret[...]

[...]furono Giacomo Buranello, il commissario Andrea Scano, Germano Jori, Balilla Gillotti, Wladimiro Diodati [Paolo], Giuseppe Bozzano [Pippo), Luigi Rei, Leandro Longhi, Angelo Scala [Battista), Giacinto Rizzoglio. Le loro azioni, oltre a gettare lo scompiglio nelle file nazifasciste, agevolarono la costituzione di una vasta ed efficiente rete di C.L.N. rionali, periferici e aziendali che permisero

lo sviluppo dell’attività militare nella città. Le S.A.P. (squadre di azione patriottica) vennero ordinate su

36 brigate (ciascuna di circa 20 squadre di 5 elementi) così suddivise: 24 Brigate Garibaldi organizzate dal P.C.I., 4 Brigate G.L. del Partito d’Azione, 2 Brigate Matteotti del P.S.I., 2 Brigate Mazzini del P.R.I., 2 Brigate Libertarie dei gruppi anarchici, 1 Brigata del Popolo (o della Patria) della D.C., 1 Brigata Autonoma del P.L.I..

Le Brigate S.A.P. Garibaldi erano comandate da Gelasio Adamoli (v.), le G.L. da Giuseppe Ferrari [Negrini) e Dani, le Mazzini da Aldo Podestà e Dante Storace, le Matteotti da Dante Bruzzone, le Li[...]

[...]teotti da Dante Bruzzone, le Libertarie da Pittaluga, quelle della Patria da Mario Galli, le Autonome da Prati.

L’unità di impiego e di direzione di queste forze era affidata al Comando unificato generale, composto dal generale Cesare Rossi, comandante; da Raffaele Pieragostini, vicecomandante e comandante delle Brigate Garibaldi liguri; dal colonnello Alfredo Amoroso, capo di Stato maggiore; dal colonnello Giulio Battari, capo del S.I.M..

Le S.A.P. fecero sentire la loro presenza di esercito clandestino in città con una serie di azioni: disarmo di militari tedeschi e fascisti; sabotaggio nelle fabbriche, nei trasporti, nei collegamenti; scritte murali; lancio di volantini nei cinema

o nelle pubbliche vie; raccolta e invio di rifornimenti alle formazioni della montagna; servizio di informazioni.

Un momento di verifica dell’efficienza militare e organizzativa delle S.A.P. si ebbe il 30.11.1944, nella cosiddetta giornata della spia allorché, con una coordinata operazione militare che vide in azione simultaneamente tutte le formazioni da Voltri a Nervi, furono colpiti i più noti informatori e collaborazionisti dei tedeschi. Il bilancio della giornata fu di 21 spie giustiziate, 8 ferite, 7 catturate, oltre a un notevole bottino di armi, munizioni e altro materiale bellico.

Gli arresti dell’inverno 19441945

Il 30 novembre gettò il panico fra i tedeschi e i fascisti genovesi, portandoli a intensificare le rappresaglie. L’inverno 19441945 [l’inverno del n[...]

[...]lle acque fonde del golfo del Paradiso avvolti in una rete metallica. Una analoga rappresaglia venne effettuata il 23.

3.1945 a Cravasco (v.), nei dintorni di Genova, su un gruppo di 18 partigiani e ostaggi.

Si intensificarono anche le azioni di rastrellamento in montagna, ma tutto ciò non riuscì a intaccare la complessa e solida organizzazione militare e politica. Vennero ricostituiti i Comandi con un carattere più marcatamente unitario e le S.A.P. cittadine, abbandonata ogni differenziazione politica, vennero poste sotto la direzione del Comando di Piazza di Genova, inizialmente formato da 3 membri: il comandante, maggiore Mauro Aloni [Violino), indipendente; il commissario, Dante Conte [Luigi o Cirio), del P.C.I., il vicecomandante, Giuseppe Ferrari (Negrini), del P. d’A..

Le organizzazioni giovanili e femminili si rafforzarono. Il Fronte della gioventù, raggruppante circa 1.400 aderenti distribuiti nelle fabbriche, nelle scuole e nei quartieri, svolgeva una crescente attività di propaganda in sostegno agli scioperi e alle agi[...]

[...]nziazione politica, vennero poste sotto la direzione del Comando di Piazza di Genova, inizialmente formato da 3 membri: il comandante, maggiore Mauro Aloni [Violino), indipendente; il commissario, Dante Conte [Luigi o Cirio), del P.C.I., il vicecomandante, Giuseppe Ferrari (Negrini), del P. d’A..

Le organizzazioni giovanili e femminili si rafforzarono. Il Fronte della gioventù, raggruppante circa 1.400 aderenti distribuiti nelle fabbriche, nelle scuole e nei quartieri, svolgeva una crescente attività di propaganda in sostegno agli scioperi e alle agitazioni. Particolarmente attivo divenne un gruppo di giovani (comunisti, socialisti, democristiani e indipendenti) deWlstituto Tecnico «■ Vittorio Emanuele II », fra i quali si ricordano Giorgio Spina, Giordano Bruschi, Bruno Bertini, Giovanni Barisone, Mario Zucca. I Gruppi di difesa della donna, di cui fecero parte — tra le prime — Angiolina Berpi (Marietta), Elettra Prampolini [Lea) e Lina Filippi che li diresse, ebbero presto più di

1.000 aderenti è assolsero compiti non solo assiste[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 136

Brano: Resistenza nei lager

Per di più, il kapò si trovava di fronte a un grave problema morale: per sottrarre un politico a un trasporto o a un lavoro particolarmente pericoloso, doveva inviare al suo posto un altro deportato, delinquente comune o sconosciuto che fosse. Quale diritto aveva il kapò “Triangolo rosso” di decidere così della vita e della morte di altri deportati? Non si rendeva con ciò egli stesso complice delle S.S.? Questo angoscioso quesito fu a lungo dibattuto, specialmente dopo la Liberazione e soprattutto da coloro che nei campi non erano mai stati. Di fronte a tale problema, i politici si attennero sempre al principio che la condanna a morte non era da imputarsi ai kapò “Triangoli rossi”, bensì alle S.S. che avevano deciso il trasporto mortale o organizzato il lavoro più pericoloso; e se un deportato era da salvare, anche a costo di perderne un altro, bisognava salvarlo quando si trattava di un politico il quale avrebbe poi rischiato la propria vita per continuare la lotta contro il regime del lager.

Per non perdere la fiducia delle

S,S., i kapò politici dovevano sempre fingere di assecondarne gli ordini (salvo cercare poi di sabotarne le iniziative), ma c'erano disposizioni alle quali il politico non poteva in alcun modo obbedire.

Basti l’esempio di un episodio avvenuto a Dora: n[...]

[...]va di un politico il quale avrebbe poi rischiato la propria vita per continuare la lotta contro il regime del lager.

Per non perdere la fiducia delle

S,S., i kapò politici dovevano sempre fingere di assecondarne gli ordini (salvo cercare poi di sabotarne le iniziative), ma c'erano disposizioni alle quali il politico non poteva in alcun modo obbedire.

Basti l’esempio di un episodio avvenuto a Dora: nel febbraio 1944 due evasi, ripresi dalle S.S., dovevano essere impiccati davanti a tutti i deportati sulla piazza dell’appello. Le S.S. ordinarono al capobaracca dell‘infermeria di procedere all'esecuzione. Questi, che era un politico, decise di parlarne con il comitato clandestino del lager. Fu una drammatica riunione che si concluse con la decisione che nessun politico poteva prestarsi a fare il boia.

Alla sera, sulla piazza dell’appello il capobaracca dell’infermeria fu chiamato al triste compito ed egli si rifiutò. Le S.S., allarmate, convocarono allora il capocampo, un altro “Triangolo rosso”, che a sua volta si rifiutò. Poiché anche il vice capocampo dichiarò di non poter obbedire a quell’ordine, i tre vennero rinchiusi nel bunker e torturati fino alla morte. I loro incarichi passarono a criminali.

In tal modo il comitato illegale di Dora perdette tre posti chiave nel campo, ma grande fu l’impressione destata da questo fatto fra i deportati e il sacrificio dei tre kapò “Triangoli rossi” risultò più efficace, per la Resistenza, di tante discussioni politiche.

Un altro compito del comitato clandestino [...]

[...]rossi” risultò più efficace, per la Resistenza, di tante discussioni politiche.

Un altro compito del comitato clandestino era quello di tenersi al corrente di quanto avveniva in Germania e nel mondo. All’inizio le notizie entravano nel campo con i nuovi arrivati o erano captate da deportati

Apparecchio radio clandestino realizzato dai resistenti di Buchenwald

che, di tanto in tanto, potevano ascoltare le trasmissioni radio nei locali delle S.S. o nell'officina, dove veniva a volte mandato qualche apparecchio radiofonico da aggiustare. In seguito, nel corso della guerra, furono segretamente costruiti in molti campi apparecchi a onde corte, con i quali venivano captate Radio Londra e Radio Mosca. Così i deportati resistenti potevano chiarire la situazione reale ai compagni per non lasciarli preda di notizie esageratamente ottimiste o catastrofiche che via via si diffondevano nel campo. Naturalmente anche questa diffusione di notizie comportava rischi mortali, perché tutti i campi pullulavano di spie.

I delatori erano direttament[...]

[...]molti campi apparecchi a onde corte, con i quali venivano captate Radio Londra e Radio Mosca. Così i deportati resistenti potevano chiarire la situazione reale ai compagni per non lasciarli preda di notizie esageratamente ottimiste o catastrofiche che via via si diffondevano nel campo. Naturalmente anche questa diffusione di notizie comportava rischi mortali, perché tutti i campi pullulavano di spie.

I delatori erano direttamente reclutati dalle S.S., ma a volte si tratttava anche di “volontari”, cioè di individui che riferivano alle S.S. quanto veniva casualmente a loro conoscenza, nella speranza di farsene un merito. A Sachsenhausen vennero addirittura istruite dalle S.S. spie che dovevano infiltrarsi fra i comunisti e partecipare alle loro discussioni. Anche la lotta contro le spie fu quindi condotta dai politici con estrema durezza, tanto che non pochi delatori furono trovati uccisi, ma la morte nel lager era un fatto così abituale, che raramente furono fatte inchieste su casi del genere.

Quasi nulli erano invece i contatti con l’esterno, specialmente nei lager situati in territorio tedesco, dove la popolazione era nazista convinta o comunque terrorizzata dai nazisti. Perciò si sa solo di qualche raro contatto tra comunisti di Sachsenhausen e i loro compagni di Berlino, tra preti deportati a Dachau ed esponenti del clero di Monaco.

Notizie di Dachau e di Buche[...]

[...]ti ultimi, alcuni ebrei nel 1938 poterono uscire dal lager ed emigrare all’estero, lasciando al Terzo Reich tutti i loro averi.

Questi ex deportati descrissero ampiamente e con ogni mezzo quanto succedeva in Germania, ma semplicemente non furono creduti dall’opinione pubblica benpensante. Uno di loro, il famoso psicanalista viennese Bruno Bettelheim, rifugiato in America, per anni non riuscì a trovare un organo di stampa disposto a pubblicare le sue testimonianze, sia perché sembrava impossibile che la civile e colta Germania fosse arrivata agli eccessi da lui descritti, sia perché, fino allo scoppio della guerra, i governi delle democrazie occidentali nutrirono la speranza di trovare in Hitler un alleato contro il bolscevismo e preferivano non inimicarselo con tali rivelazioni.

L’ampliamento dei campi

L’organizzazione clandestina creata dai primi internati necessariamente cambiò con la trasformazione dei lager che, originariamente destinati ai soli politici tedeschi, videro rapidamente aumentare il numero dei deportati: nel 1938[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 138

Brano: [...]rivilegio finché durava il loro “lavoro”, tra l’altro con abbondanti distribuzioni di alcool, in media dopo tre mesi venivano tutti eliminati e sostituiti da altri).

Nell’ottobre 1944, appunto nell'imminenza di una di queste eliminazioni, gli addetti di quattro Sonderkommando di Auschwitz decisero di insorgere. Forse per una delazione il piano fallì e la rivolta si ebbe solo nei crematori III e I. Gli insorti uccisero quattro sottufficiali delle S.S., ne ferirono numerosi altri, fecero saltare il crematorio III, recisero il filo spinato e si diedero alla fuga. Le S.S. si mobilitarono e organizzarono la caccia all’uomo. Pare che nessuno dei fuggiaschi sia riuscito a salvarsi e per 455 di essi fu comunque accertata la morte. Inoltre furono impiccate quattro donne ebree che avevano procurato ai rivoltosi piccoli quantitativi di esplosivo, sottraendoli da una fabbrica. Il Comitato di lotta di Auschwitz si diede molto da fare per organizzare il sabotaggio (attività che costò molte vittime) in tutti gli stabilimenti dove lavoravano i deportati, specialmente a\YUnion Werke e alla IGFarben industrie (v.).

Dopo la liquidazione del lager di Maidanek e nell’imm[...]

[...]pontanei che non si erano mai avvicinati al Gruppo di lotta.

Le armi erano poche perché, diceva Cyrankiewicz, « è meglio non averne, purché si sappia dove andarle a prendere ». Infatti il comitato disponeva di uomini sicuri nei pressi del l'armeria ed era sicuro di potervi entrare.

Per concordare un attacco simultaneo dei partigiani della zona, fu progettata la fuga di cinque membri del Gruppo di lotta con la collaborazione di un milite delle S.S. che era stato pagato a tale scopo, ma si trattava di un provocatore che denunciò l’intero gruppo. I cinque che dovevano fuggire cercarono di

suicidarsi con il veleno, ma soltanto due ci riuscirono: gli altri furono sottoposti a lavanda gastrica, chiusi nel bunker e orribilmente torturati, infine impiccati. Tra loro era Burger, uno dei primi capi del Gruppo di lotta.

I! lager di Auschwitz fu evacuato a scaglioni nel gennaio 1945 e diversi membri della Resistenza si trovarono così trasferiti in altri campi, meno vicini al fronte, dove molti di loro continuarono la lotta. Cyrankiewicz e Durmeyer divennero, negli ultimi[...]

[...] a una perquisizione; alle donne venivano tagliati i capelli; poi tutti, completamente nudi, erano spinti nel cosiddetto “tubo”, uno stretto corridoio tra alte pareti, che doveva essere percorso sotto la frusta degli aguzzini. Così le vittime entravano direttamente nelle camere a gas, alimentate dai tubi di scarico di grandi motori.

Dopo 20 minuti i cadaveri venivano estratti dalla camera a gas. Alcuni “dentisti” controllavano la dentatura delle salme per strappare even

ti bunker delle esecuzioni nel lager di Buchenwald

tuali protesi d’oro e infine le seppellivano in fosse comuni o, come accadde negli ultimi tempi, le bruciavano su grandi roghi.

I convogli di deportati arrivavano quotidianamente tra le otto e le nove del mattino, portando al campo circa cinquemila persone al giorno. Nel pomeriggio l’operazione era conclusa: i cadaveri erano stati tolti di mezzo, i bagagli e tutto quanto era appartenuto alle vittime, compresi i capelli, venivano immagazzinati, le camere a gas erano pronte per l’indomani.

Le S.S. responsabili dell’organizzazione facevano svolgere gran parte del lavoro a prigionieri ucraini che, in cambio di questo serviz[...]

[...]osse comuni o, come accadde negli ultimi tempi, le bruciavano su grandi roghi.

I convogli di deportati arrivavano quotidianamente tra le otto e le nove del mattino, portando al campo circa cinquemila persone al giorno. Nel pomeriggio l’operazione era conclusa: i cadaveri erano stati tolti di mezzo, i bagagli e tutto quanto era appartenuto alle vittime, compresi i capelli, venivano immagazzinati, le camere a gas erano pronte per l’indomani.

Le S.S. responsabili dell’organizzazione facevano svolgere gran parte del lavoro a prigionieri ucraini che, in cambio di questo servizio, godevano di uno status di relativo privilegio: erano gli ucraini che spingevano nel “tubo” le vittime, facevano funzionare le camere a gas, sovraintendevano alle “graticole” per l’incenerimento dei cadaveri. Tutto il restante lavoro, dalla costruzione del campo alla cucina, alla lavanderia, alla raccolta dei bagagli e successivamente alla cernita dei vestiti, del denaro, degli oggetti preziosi ecc., fino alla fusione dell’oro, era compito di ebrei scelti dai tra[...]

[...]sporti in base alla loro prestanza fisica o preparazione tecnica.

Questi ebrei formavano la popolazione permanente che viveva nel Campo 1 e si potevano considerare fortunati, quantunque le loro condizioni di esistenza fossero estremamente precarie, essendo passibili di fustigazioni, torture ed esecuzioni sommarie nel caso commettessero la minima irregolarità o un semplice errore. Gli elementi professionalmente più capaci venivano impiegati dalle S.S. per costruire mobili, dipingere insegne, fare vestiti o stivali, confezionare gioielli con l’oro ricuperato dai cadaveri. Finché le S.S. se ne servivano con soddisfazione, questi ebrei avevano qualche sicurezza di rimanere in vita, potendo anche nutrirsi con le provviste che trovavano nei bagagli dei deportati. Inoltre potevano entrare in possesso di denaro e preziosi nascosti tra gli indumenti delle vittime e farne sparire una parte, da usare poi per corrompere gli ucraini e prepararsi una ‘fuga.

II Campo 2, vero e proprio regno della morte nel quale i deportati arrivavano attraverso il “tubo” per essere gassati e cremati, aveva anch’esso una piccola popolazione permanente di ebrei addetti alle pulizie della camera a ga[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 421

Brano: [...]si delle azioni gappiste).

In pianura, nella fascia lungo la Via Emilia e fino al Po, oltre ai partigiani delle formazioni di montagna immediatamente a ridosso, operavano sappisti che, soprattutto dal maggio 1944, condussero brillanti operazioni di ricupero di armi, di sabotaggio alle vie di comunicazione ferroviarie e stradali, di interruzione delle linee telefoniche, fino ad attacchi audaci contro automezzi e reparti tedeschi e fascisti.

Le S.A.P. non ebbero tuttavia nel Parmense lo sviluppo numerico registrato in altre province emiliane e le loro azioni presentarono caratteristiche simili a quelle dei G.A.P., non sorrette cioè da un ampio movimento di massa. Parma, del resto, non fu teatro di grandi scioperi e intense lotte sociali come si ebbero in altre province.

Tra le principali azioni delle S.A.P. vanno ricordate quelle del 30.6.1944 contro il Consorzio agrario di Parma e la Casa del fascio di Colorno, e del 3 luglio contro la sede del Comando militare nel capoluogo. Particolarmente incisive furono poi le azioni condotte lungo la Via Emilia, come pure contro le imbarcazioni e i ponti di barche allestiti dai tedeschi sul Po, azioni che si susseguirono fino alla Liberazione.

Il 15.1.1945 fu costituita la 78a Brigata S.A.P.. Nella primavera, a questa si aggiunsero la 178a Brigata S.A.P. e la 7a Brigata « Julia » S.A.P.. Soltanto dal 7.4.1945 si avrà un Comando provinciale delle S.[...]

[...]l Comando militare nel capoluogo. Particolarmente incisive furono poi le azioni condotte lungo la Via Emilia, come pure contro le imbarcazioni e i ponti di barche allestiti dai tedeschi sul Po, azioni che si susseguirono fino alla Liberazione.

Il 15.1.1945 fu costituita la 78a Brigata S.A.P.. Nella primavera, a questa si aggiunsero la 178a Brigata S.A.P. e la 7a Brigata « Julia » S.A.P.. Soltanto dal 7.4.1945 si avrà un Comando provinciale delle S.A.P..

L'insurrezione

L’8 aprile ebbe inizio, con azione coordinata, la marcia di avvicinamento delle formazioni di montagna alla pianura. Nell’operazione vennero attaccati i presìdi nazifascisti lungo la ferrovia ParmaLa Spezia e nella zona pedemontana. Con sempre maggiore decisione le forze partigiane avanzarono liberando centri abitati e creando le necessarie premesse per le operazioni conclusive.

Il 19 aprile venne impartito l’ordine

di attacco generale: le operazioni per la liberazione del capoluogo dovevano essere effettuate dalle Brigate della Zona Est che, con una marcia re[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 563

Brano: Pi aci bel Io, Alf redo

Cerimonia per i funerali di un gruppo di caduti nella Guerra di liberazione. Tiene l’orazione funebre il comandante partigiano Emilio Canzi (14.7.1945)

della 29a Divisione delle S.S. italiane n. 1; da reparti del Gruppo corazzato « Leonessa »; infine da reparti di S.S. tedesche e di altre unità repubblichine. Contro tali forze, protette dalle robuste mura e da altri appigli tattici, i partigiani (anche se superiori numericamente) non potevano agire di forza perché privi di mezzi corazzati e di artiglieria controcarro. Essi chiesero quindi al comandante dellavanguardia americana di « prestare » loro un paio di mezzi corazzati pesanti per sfondare qualche barriera e penetrare in città.

Gli Alleati furono contrari a tale soluzione mista e deviarono la loro colonna prin[...]

[...] e di altre unità repubblichine. Contro tali forze, protette dalle robuste mura e da altri appigli tattici, i partigiani (anche se superiori numericamente) non potevano agire di forza perché privi di mezzi corazzati e di artiglieria controcarro. Essi chiesero quindi al comandante dellavanguardia americana di « prestare » loro un paio di mezzi corazzati pesanti per sfondare qualche barriera e penetrare in città.

Gli Alleati furono contrari a tale soluzione mista e deviarono la loro colonna principale a ovest, verso Pavia, pur lasciando un nucleo corazzato a Mucinasso, nei pressi di Piacenza. Solo dopo lungo tergiversare promisero di intervenire dal giorno 28, qualora nel frattempo la situazione non si fosse sbloccata in altro modo.

Passarono così in attesa, con deboli scaramucce, il giorno 26 e il 27. Nella notte tra il 27 e il 28, i reparti più agguerriti del caposaldo nemico si ritirarono a scaglioni sulla sponda lombarda, mentre altri, rotto l’accerchiamento a nord, riuscirono a raggiungere Lodi. I fascisti rimasti in città si sba[...]

[...]ire dal giorno 28, qualora nel frattempo la situazione non si fosse sbloccata in altro modo.

Passarono così in attesa, con deboli scaramucce, il giorno 26 e il 27. Nella notte tra il 27 e il 28, i reparti più agguerriti del caposaldo nemico si ritirarono a scaglioni sulla sponda lombarda, mentre altri, rotto l’accerchiamento a nord, riuscirono a raggiungere Lodi. I fascisti rimasti in città si sbandarono, mimetizzandosi tra la popolazione.

Le S.A.P. cittadine riuscirono comunque dal giorno 27 a presidiare i principali stabilimenti, evitandone la temuta distruzione. E nelle prime ore del mattino del 28 aprile le formazioni partigiane, avuto sentore dai civili che i nazifascisti avevano abbandonato la città, entrarono in Piacenza senza incontrare alcuna resistenza organizzata. I partigiani consegnarono le armi al Governo militare alleato il giorno 5 maggio.

Nei brevi combattimenti isolati, verificatisi dal 24 al 28 aprile nei dintorni e alle porte della città, caddero 46 partigiani, 3 civili e 40 nazifascisti,

Questi I nomi:

[...]

[...] m. a Ozzano (Alessandria) il 28.10.1944. Chiamato alle armi nel marzo 1940, nella 82a Compagnia Radiotelegrafisti del 2° Reggimento Genio» fu congedato nel luglio successivo. Dopo I'8.9.1943 fu tra i primi a partecipare alla Guerra di liberazione, nelle fila della Resistenza alessandrina. Partigiano combattente nella Brigata « Fox » della X Divisione Garibaldi, operante nella vai Cerrina, dopo aver partecipato a numerose azioni fu nominato, per le sue capacità di organizzatore, ispettore militare della Brigata stessa, Durante uno scontro con preponderanti forze nemiche, coprì la riti

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 754

Brano: [...]i non si presentarono al lavoro 16 operai, 6 risultarono ammalati, 14 furono i presenti. Al lanificio della S.A. Calamai, il consigliere delegato inviò al prefetto di Firenze ManganlelJo l'elenco dei 47 operai della sua fabbrica che avevano scioperato.

In aprile i tedeschi chiesero 10001200 operai disposti a trasferirsi in Germania, ma nessuno rispose alla richiesta che, di fatto, era una proposta di autodeportazione. Nello stesso mese di aprile si costituì il C.L.N. pratese che risultò composto da Angiolo Menicucci e Vittorio Nuti (per il P.C.I.), Alfredo Nincheri e Tarquinio Fini (per il P.S.I.), Pietro Gini e Carlo Guarducci (per la D.C.), Cesare Grassi e Roberto Cecchi (per il P.d’A.). Come sede provvisoria del C.L.N. fu scelto il monastero di S. Nicolò.

Oltreché sui comitati sindacali clandestini il C.L.N. poteva contare sulle forze militari che dipendevano dal Comando « Marte » ed erano così dirette: comandante generale per l’intera zona pratese era il maggiore dell'esercito Mario Martini (v.), del P.d’A., affiancato da un com[...]

[...]i facevano capo anche i G.A.P. diretti da Lemmo Vannini.

La liberazione

Nel giugno 1944, mentre gli Alleati avanzavano dal Sud, i partigiani si organizzarono per liberare la città. La zona militare pratese era delimitata a nord da Montepiano,

a sud da Carmignano, a est da CalenzanoVal di Marina, a ovest da MontaleVal dell’Acqua. Lungo la linea ferroviaria, nel tratto PratoVernio, operava una squadra di sabotaggio composta da ferrovieri. Le S.A.P. di pianura erano divise in settori, ognuno dei quali affidato a un responsabile: il Castagno [Libaldo Pierallini) ; Calenzano (Assuero Vanni) ; Carmignano [Umberto Biagioni), Galciana [Alfredo Cecconi), Montemurlo [Guido Giunti), Tavole [Alessandro Becherini), Paperino [Guido Guarducci), Prato (Lemmo Vannini).

Numerose furono le azioni compiute dai partigiani. Nel maggio 1944 furono disarmati tutti i posti di guardia fascisti lungo la direttissima FirenzeBologna; nel giugno, a Castello di Cantagallo venne fatta saltare una polveriera destinata a rifornire la linea Gotica e venne inolt[...]

[...]ogna; nel giugno, a Castello di Cantagallo venne fatta saltare una polveriera destinata a rifornire la linea Gotica e venne inoltre distrutto il nuovo ponte presso Calenzano; nel luglio, a Vaiano, furono asportati da un deposito tedesco 42 moschetti, mentre alla Briglia venne prelevata da un vagone in sosta una notevole quantità di tritolo.

Con Tapprossimarsi della liberazione, la guerriglia venne intensificata nella valle del Bisenzio: tutte le squadre operanti in Prato furono concentrate ai Faggi di Javello e venne costituita la Brigata « Bogardo Buricchi », forte di oltre 230 uomini al comando di Loris Cantini. La Brigata prese il nome di un partigiano caduto l’11.6.1944 durante un’azione a Comeana, dove erano stati fatti saltare 8 vagoni di tritolo.

Un ruolo fondamentale fu svolto dalle famiglie contadine della valle del Bisenzio, che si prodigarono coraggiosamente e in mille modi per aiutare i partigiani: oltre a svolgere un efficientissimo servizio di informazioni, i contadini misero generosamente a disposizione dei partigiani[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 350

Brano: San Remo

contato con Aldo Baggioli e Aldo Siffredi. Nel maggio 1944 i primi gappisti potevano già operare in città, al comando di Anseimi che spesso partecipava personalmente anche alle azioni.

Nel giugno 1944 Anseimi, sul quale si erano pericolosamente appuntati i sospetti delle S.S., venne sostituito in seno al C.L.N. dal compagno di partito dottor Ronca; ma, nonostante questa misura prudenziale, Anseimi venne arrestato nell’agosto successivo e, il 6.11.1944, fucilato a Imperia.

Ai primi di luglio il C.L.N. dell’Alta Italia diramò la disposizione di costituire in ogni località C.L.N. di base e, seguendo tale direttiva, i comunisti sanremesi organizzarono il primo di questi Comitati periferici nella frazione San Martino, in collaborazione con un gruppo socialista (SiffrediMascia). Poco dopo, in seguito a divergenze sorte nel C.L.N. di San Remo appunto in relazione a[...]

[...]gli affari generali, assistenza, stampa; Alfredo Rovelli (Amerigo, Ario) del P.C.I., tesoriere, propaganda; Emilio Mascia, del P.S.I., addetto militare, responsabile del S.I.M. del circondario; Antonio Gerbolini, del P.C.I., addetto militare, comandante le formazioni militari; Giovanni Cristei (Dalton, Glaivino, dall'1.1.1945, del P. d’A.; Agostino Bramé, in rappresentanza del Corpo volontari della libertà.

La Divisione S.A.P. “Giacinto Me

Le S.A.P. della Divisione “G.M. Serrati” nelle giornate insurrezionali di San Remo

notti Serrati”, operante lungo la costa da Diano Marina a Ventimiglia e comprendente 8 Brigate, era rappresentata nel Sanremese da reparti comandati da: Antonio Gerbolini, comandante; Rolando Berti no, Dario Rovella e Mario Chiodo, ufficiali addetti.

Il Gruppo G.A.P. “Giacomo Matteotti” comprendeva 2 distaccamenti (“G.B. Zunino” e “Zamboni”), rispettivamente comandati: il primo da Aldo Baggioli con Adriano Siffredi commissario politico; il secondo da Roberto Quadrio con Armando Bonfante commissario politico.
[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 411

Brano: [...] del Salto del Lupo, bloccando l'avanzata di una forte colonna di truppe motorizzate nemiche dirette a BardinetoCalizzano.

L’operazione « antiribelli », che nella 2a Zona Liguria aveva impegnato circa 15.000 nazifascisti, si esaurì nella prima decade di dicembre. I superstiti delle formazioni partigiane, pur avendo subito un duro colpo e rimasti pressoché privi di munizioni, con poche armi, decimati, tornarono a organizzarsi. Con l'ausilio delle S.A.P., del Fronte della gioventù, dei Gruppi di difesa della donna e delle popolazioni dei villaggi montani, essi poterono superare la grave situazione sia pure con enormi sacrifici.

La forza partigiana nel Savonese tornò a essere efficiente nel gennaiofebbraio 1945 e riprese a condurre azioni di attacco contro i nazifascisti, fino alle decisive operazioni del 2225.4.1945, allorché le truppe tedesche e la Divisione “San Marco” furono costrette a ritirarsi verso il Piemonte, premute e attaccate dai partigiani lungo la via Aurelia e sulla statale SavonaCadibonaAcquiTorino. La ferrovia era sta[...]

[...]ontani, essi poterono superare la grave situazione sia pure con enormi sacrifici.

La forza partigiana nel Savonese tornò a essere efficiente nel gennaiofebbraio 1945 e riprese a condurre azioni di attacco contro i nazifascisti, fino alle decisive operazioni del 2225.4.1945, allorché le truppe tedesche e la Divisione “San Marco” furono costrette a ritirarsi verso il Piemonte, premute e attaccate dai partigiani lungo la via Aurelia e sulla statale SavonaCadibonaAcquiTorino. La ferrovia era stata resa impraticabile dai partigiani che, inoltre, impedirono ai guastatori tedeschi di mettere in atto il piano di distruzione del porto di Savona, di centrali elettriche e stabi

limenti. Le S.A.P. e le squadre di villaggio, operando congiuntamente alle formazioni partigiane di montagna, contribuirono alla liberazione di Savona e provincia, avvenuta il

25.4.1945.

Per il contributo dato alla Resistenza, la città di Savona è stata decorata di Medaglia d’oro al valor militare con la seguente motivazione: « Le genti di Savona, fedeli allo spirito che ne animò le gesta e l’impegno patriottico nel primo riscatto risorgimentale, reagirono alla occupazione da parte delle forze armate tedesche, opponendo alla prepotente sopraffazione nazifascista una lotta tanto coraggiosa quanto ostinata.

For[...]

[...]a e logoramento al presidio nemico della regione. Non valsero a frenare lo slancio generoso né la precarietà dei mezzi, né la preponderanza delle forze avversarie, né la barbarie a cui queste ispirarono la loro spietata opera di repressione con arresti in massa, deportazioni, torture, fucilazioni, massacri di innocenti e distruzioni.

Il grande contributo di sangue offerto dal volontari e dai cittadini vittime delle rappresaglie, i sacrifici e le sofferenze sopportate sono testimonianze di una assoluta ostinazione a non subire la vergogna della tirannide, di dedizione alla Patria, di tenacia nella fedeltà ai più alti ideali di libertà e giustizia.

Zona di Savona, 8 settembre '43 — Aprile '45 ».

E.D.V.

Forze della Resistenza armata savonese: Divisione Garibaldi uGin Bevilacqua” Comandante Herman Vigoda (Enrico), ex ufficiale polacco, ingegnere. Dal 20.3.1945 venne sostituito da Guido Caruzzo {Penna). Commissario politico Pietro Molinari. Poi so

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successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Le S, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---S.S. <---nazisti <---Le S S <---S.A.P. <---Le S A P <---fascisti <---comunisti <---fascista <---P.C.I. <---antifascista <---C.L.N. <---G.A.P. <---antifascisti <---nazifascisti <---socialista <---Storia <---italiane <---fascismo <---gappisti <---nazista <---Brigata S <---Brigata S A P <---D.C. <---Garibaldi S <---Garibaldi S A P <---P.S.I. <---comunista <---gappiste <---italiani <---nazifascista <---A.N.P.I. <---Agostino Bramé <---Antonio Gerbolini <---Brigate G <---Diritto <---Divisione S <---Divisione S A P <---Felice Cascione <---G.B. <---G.L. <---G.N.R. <---La lotta <---La morte <---P.R.I. <---Partito comunista <---Radio Londra <---San Remo <---antifasciste <---collaborazionisti <---d'Azione <---democristiani <---fasciste <---nazifasciste <---sappisti <---socialisti <---A San Remo <---A.P. <---Abelardo Lip <---Achille Barbieri <---Adelchi Bar <---Adriano Maiorca <---Agostino Semeria <---Aldo Podestà <---Alessio Castellino <---Alla sera <---Alleati in Italia <---Alleati in 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