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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 538

Brano: Sindacato

Primo Congresso nazionale unitario della C.G.I.L. (Firenze, 17.6.1947)

alia scissione. Usciti dalla C.G.I.L. il 18.9.1948, pochi giorni dopo, durante un congresso delle A.C.L.I., essi diedero vita a una Libera C.G. I.L. (1.10.1948).

Nel maggio 1949 i repubblicani e i socialdemocratici accusarono i comunisti e i socialisti di aver tentato di cancellare con la forza la loro conquista della Camera del lavoro di Molinella. Prendendo tale pretesto, essi uscirono a loro volta dalla C.G.I.L. e, il 4.6.1949, diedero vita alla Federazione italiana del lavoro [F.I.L.]. Un anno dopo (1.5.1950) questa organizzazione si fuse a Roma con la Libera C.G.I.L., creando la Confederazione italiana sindacati lavoratori (C./.S.L). Gran parte degli aderenti alla F.I.L., contestando tale decisione, preferì invece dar vita a una ulteriore organizzazione sindacale che chiamarono Unione italiana del lavoro (U.I.L.). A questo variegato panorama sindacale italiano è da aggiungere una quarta organizzazione, ispirantesi ai principi corporativi del ventennio fascista, la Confederazione italiane sindacati nazionali lavoratori (C./.S. N.A.L.), fondata a Napoli il 2.3.1950 dall’unificazione di gruppi sindacali autonomi, di ex combattenti e di monarchici.

C.Pi.S.Pi.

Singapore

Repubblica situata all’estremità meridionale della penisola di Malacca, ha un territorio di 616,3 kmq e una popolazione di 2.360.000 abitanti,

per la massima parte concentrata nella città di Singapore che è anche uno dei porti più importanti dell’Asia. Distribuita su una grande isola separata dal Continente dallo stretto di Johore e su una cinquantina dii isolotti, Singapore è una cittàstato composta di quartieri prevalentemente moderni e dotata di servizi paragonabili [...]

[...]estremità meridionale della penisola di Malacca, ha un territorio di 616,3 kmq e una popolazione di 2.360.000 abitanti,

per la massima parte concentrata nella città di Singapore che è anche uno dei porti più importanti dell’Asia. Distribuita su una grande isola separata dal Continente dallo stretto di Johore e su una cinquantina dii isolotti, Singapore è una cittàstato composta di quartieri prevalentemente moderni e dotata di servizi paragonabili a quelli delle metropoli occidentali. La popolazione è per la maggior parte di origine cinese, cui si aggiungono consistenti gruppi malesi, indiani, pakistani ed europei. Lingua ufficiale è l’inglese. La capitale (che è poi l’unico centro urbano dell isola) ha avuto uno straordinario sviluppo economico a partire dagli anni Settanta ed è oggi il terzo porto commerciale del mondo nonché grande centro finanziario (la “Zurigo dell’Est”) e industriale, specializzato nel settore dei servizi, della tecnologia avanzata, ma anche di trasformazione (petrolio, prodotti tessili, meccanica, edilizia), il 68% della popolazione attiva è impiegata nei servizi, il 30% in attività industriali e solo il 2% in agricoltura. Con un prodotto nazionale lordo in continuo aumento, la piena occupazione, un’inflazione minima e un reddito prò capite di livello occidentale, Singapore è da considerarsi un paese ricco, ma fortissime vi sono le sperequazioni sociali. Inoltre la sua ricchezza dipende direttamente dall’andamento della sua bilancia commerciale con l’estero, quindi è molto vulnerabile, esposta ai contraccolpi del mercato capitalistico mondiale.

Cenni storici

Venduta nel 1819 dal sultano di Johore alla Compagnia Inglese delle Indie Orientali, tre anni più tardi l'isola di Singapore venne inclusa, per la sua importanza strategica, tra i più gelosi possedimenti imperiali britannici. Dopo la Prima guerra mondiale divenne una delle basi navali più importanti del mondo, ma nel corso della Seconda guerra mondiale fu occupata dai giapponesi. Nel secondo dopoguerra la Gran Bretagna vi smobilitò gradualmente gli impianti militari non più convenienti nel quadro della nuova str[...]

[...]

Cenni storici

Venduta nel 1819 dal sultano di Johore alla Compagnia Inglese delle Indie Orientali, tre anni più tardi l'isola di Singapore venne inclusa, per la sua importanza strategica, tra i più gelosi possedimenti imperiali britannici. Dopo la Prima guerra mondiale divenne una delle basi navali più importanti del mondo, ma nel corso della Seconda guerra mondiale fu occupata dai giapponesi. Nel secondo dopoguerra la Gran Bretagna vi smobilitò gradualmente gli impianti militari non più convenienti nel quadro della nuova strategia bellica internazionale; nel 1959 riconobbe l’isola come “Stato autonomo” e, nel 1962, Stato indipendente.

Nel 1963, insieme alla Malesia, Singapore entrò a far parte della Federazione della Malaysia, ma nel

1965 se ne separò dandosi una costituzione di repubblica autonoma,

strategicamerfte collegata alla S.E.A. T.O.. La repubblica cadde quindi sotto il controllo di un regime autoritario, guidato dal Partito d’azione del popolo e dal suo leader Lee Kwan Yen, che svolse un ruolo repressivo, con rigorosa censura della stampa e nell'assenza di opposizioni politiche organizzate. Le sinistre vennero duramente represse e i sindacati proibiti, salvo il sindacato filogovernativo N.T.U.C. (Congresso sindacale nazionale). Il diritto di sciopero fu ridotto dall’Employements Act, che dava al padronato il diritto di licenziamento arbitrario.

A partire dal 197273 si ebbero, soprattutto da parte di operai licenziati e di studenti, tensioni sociali e manifestazioni di scontento, subito duramente represse. Nel 1976 la repressione si inasprì ulteriormente, colpendo intellettuali cinesi (tra cui Tan Wah Pioh, presidente del movimento studentesco) e nel 1977 il governo arrestò 39 membri del Fronte di liberazione nazionale della Malaysia, organizzazione politica collegata al Partito comunista malese.

A partire del 1972 il regime ha aumentato le spese per la difesa e la sicurezza, fino a investire in questo campo il 42% del bilancio complessivo dello Stato (contro il 6% del 1967). Vi sono attualmente circa 40.000 militari in servizio, con un rapporto rispetto alla popolazione che è tra i più alti del mondo. Base economica privilegiata per le grandi imprese multinazionali, nel 1970 le aziende straniere o con capitale estero rappresentavano a Singapore il 17,6% del totale delle industrie locali, da cui derivavano oltre il 50% della produzione, il 62,5% del valore aggiunto, il 44% della mano d’opera occupata e il 70% dell’esportazione. La borghesia locale è fondamentalmente costituita dalla minoranza cinese anglofona che si appoggia al Partito d’azione del popolo. La maggioranza dei cinesi (impiegati e commercianti) detiene il monopolio del secondario e del terziario. Gli indiani e i pakistani occupano livelli di attività meno qualificati. I più repressi sono i malesi, ridotti per lo più a livelli di pura sussistenza. In definitiva il regime di Lee Kwan Yen favorisce una sperequazione dei redditi tra le più marcate del mondo.

Sinigaglia, Alessandro

Vittorio. N. a Fiesole (Firenze) il 2.1.

1902, ivi m. il 13.2.1944; meccanico.

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 178

Brano: 1

Rigola, Rinaldo

la natia Biella, se ne staccò per aderire al Partito operaio italiano (1886), poi al gruppo comunista anarchico (188992) e infine al Partito socialista (1893). Per sfuggire a un arresto, nel 1898 espatriò e rientrò in Italia nel 1900, quando venne eletto deputato socialista di Biella.

Nei primi anni di militanza nel P.S.I. fece parte della corrente rivoluzionaria del partito. Al Congresso di Imola (settembre 1902) illustrò la mozione di questa corrente insieme a Enrico Ferri, in opposizione alla corrente riformista guidata da Filippo Turati. Più tardi Rigola si unì tuttavia ai riformisti, ai quali rimarrà legato per il resto della sua vita.

Dirigente sindacale

Nel 1906, lasciato il Parlamento, si dedicò interamente all'organizzazione sindacale, già all’epoca molto forte in Italia: le leghe si erano riunite in federazioni di mestiere e le Camere del lavoro cercavano collegamenti per rendere più incisiva l'azione unitaria di tutti i lavoratori. Nei congressi delle Camere del lavoro svoltisi dal 1901 al 1906 si era concretizzata l’idea di riunire in un organismo centrale tutte le istanze del campo sindacale e, di questa unificazione, Rigola fu strenuo sostenitore, convinto che da ciò il movimento sindacale avrebbe tratto maggior forza. Nello stesso tempo egli si adoperò af[...]

[...]ale, già all’epoca molto forte in Italia: le leghe si erano riunite in federazioni di mestiere e le Camere del lavoro cercavano collegamenti per rendere più incisiva l'azione unitaria di tutti i lavoratori. Nei congressi delle Camere del lavoro svoltisi dal 1901 al 1906 si era concretizzata l’idea di riunire in un organismo centrale tutte le istanze del campo sindacale e, di questa unificazione, Rigola fu strenuo sostenitore, convinto che da ciò il movimento sindacale avrebbe tratto maggior forza. Nello stesso tempo egli si adoperò affinché il sindacato, per garantire l'unità dei lavoratori, fosse libero da legami coi partiti.

Quando, nel 1906, si costituì a Milano la Confederazione generale del lavoro (v.), con sede a Torino, Rigola ne fu eletto segretario insieme ad Angiolo Cabrini (v.). Manterrà tale incarico fino al 1918 e lo lascerà adducendo ragioni di salute, ma in realtà per dissensi sorti tra lui e la Direzione del P.S.I..

Nei primi anni del suo segretariato, di fronte al problema del rapporto fra sindacato e partiti, Rigola teorizzò in qualche scritto le diversità esistenti fra « politici » e « organizzatori » senza arrivare a posizioni di contrasto, ma auspicando una migliore integrazione.

Allo scoppio della Prima guerra mondiale (19[...]

[...] di salute, ma in realtà per dissensi sorti tra lui e la Direzione del P.S.I..

Nei primi anni del suo segretariato, di fronte al problema del rapporto fra sindacato e partiti, Rigola teorizzò in qualche scritto le diversità esistenti fra « politici » e « organizzatori » senza arrivare a posizioni di contrasto, ma auspicando una migliore integrazione.

Allo scoppio della Prima guerra mondiale (1914) si schierò con i neutralisti, ma più tardi il suo atteggiamento verso l'entrata in guerra dell 'Italia divenne “possibilista”, il che gli attirò critiche dalla Direzione socialista e l’accusa di avvicinarsi alle tesi dei nazionalisti.

Ri nal do Ri gol a

Ciò avvenne all'indomani della rotta di Caporetto (1917), quando emersero all’interno del P.S.I. due distinte tendenze: l'una che continuò a rimanere neutralista nonostante l’andamento della guerra; e l’altra, di cui Rigola fu appunto sostenitore, che invece auspicava: « Ad onta delle colpe del Governo, il popolo italiano deve raccogliersi in un supremo sforzo per respingere l’assalitore ». Questa posizione, espressa da Rigola sul giornale della C.G.L., venne duramente biasimata da Costantino Lazzari (v.) che allora dirigeva il P.S.I..

Il dissenso fra Rigola e la Direzione del partito si approfondì ulteriormente nel maggio 1918, quando il Gruppo parlamentare socialista decise di aderire alle commissioni governative nominate per studiare i provvedimenti da prendere per il passaggio dal regime di guerra a quello di pace. Nonostante il parere contrario espresso dalla Direzione del P.S.I., Rigola decise a nome della C.G.L. di entrare a far parte di queste commissioni e, per potersi muovere più autonomamente, il 30.9.1918 si dimise da segretario della Confederazione, dove venne sostituito da Ludovico D'Aragona (v.).

Primo dopoguerra

Nei primi anni del dopoguerra Rigola continuò a svolgere un ruolo di orientamento nell'ambito sindacale, dedicandosi in particolare allo studio dei problemi economici e sociali dei lavoratori, ma prestando nuova attenzione anche agli aspetti politici. Collaborò intensamente alla stampa socialista, stringendo però sempre più il suo legame con l'orientamento riformista e criticando la Rivoluzione sovietica, i consigli di fabbrica, lo “sciopero delle lancette” (v.), in[...]

[...]1918 si dimise da segretario della Confederazione, dove venne sostituito da Ludovico D'Aragona (v.).

Primo dopoguerra

Nei primi anni del dopoguerra Rigola continuò a svolgere un ruolo di orientamento nell'ambito sindacale, dedicandosi in particolare allo studio dei problemi economici e sociali dei lavoratori, ma prestando nuova attenzione anche agli aspetti politici. Collaborò intensamente alla stampa socialista, stringendo però sempre più il suo legame con l'orientamento riformista e criticando la Rivoluzione sovietica, i consigli di fabbrica, lo “sciopero delle lancette” (v.), infine l’occupazione delle fabbriche (v.) del 1920. Dal

1918 al 1921 diresse anche la rivista I Problemi del lavoro. Nell’ottobre 1922, con Turati e Claudio Treves, fu tra i fondatori del Partito socialista unitario (P.S.I/.), di impronta nettamente riformista, venendone eletto rappresentante nel Consiglio comunale di Milano. Fino al 1926 continuò a scrivere su vari organi di stampa del P.S.U., della C.G.L. e dei fuorusciti socialisti, ma dopo l’“autosc[...]

[...]n l'orientamento riformista e criticando la Rivoluzione sovietica, i consigli di fabbrica, lo “sciopero delle lancette” (v.), infine l’occupazione delle fabbriche (v.) del 1920. Dal

1918 al 1921 diresse anche la rivista I Problemi del lavoro. Nell’ottobre 1922, con Turati e Claudio Treves, fu tra i fondatori del Partito socialista unitario (P.S.I/.), di impronta nettamente riformista, venendone eletto rappresentante nel Consiglio comunale di Milano. Fino al 1926 continuò a scrivere su vari organi di stampa del P.S.U., della C.G.L. e dei fuorusciti socialisti, ma dopo l’“autoscioglimento” della Confederazione (4.1.1927) e favorendo la manovra di Benito Mussolini (che voleva coinvolgere nella politica del fascismo gli ex dirigenti sindacali) chiese e ottenne di riprendere la pubblicazione della vecchia rivista Problemi del lavoro (v.) che era stata soppressa dal fascismo nel 1926. Egli stabilì quindi con il regime fascista un compromesso, in base al quale VAssociazione nazionale studio (v.) e la rivista avrebbero potuto esplicare le lo[...]

[...]o. Fino al 1926 continuò a scrivere su vari organi di stampa del P.S.U., della C.G.L. e dei fuorusciti socialisti, ma dopo l’“autoscioglimento” della Confederazione (4.1.1927) e favorendo la manovra di Benito Mussolini (che voleva coinvolgere nella politica del fascismo gli ex dirigenti sindacali) chiese e ottenne di riprendere la pubblicazione della vecchia rivista Problemi del lavoro (v.) che era stata soppressa dal fascismo nel 1926. Egli stabilì quindi con il regime fascista un compromesso, in base al quale VAssociazione nazionale studio (v.) e la rivista avrebbero potuto esplicare le loro attività, riconoscendo che il governo di Mussolini era ormai “una realtà di fatto”.

Questo comportamento di Rigola e dei suoi collaboratori venne fortemente criticato dai socialisti in esilio e dagli antifascisti aH'interno del paese, ma con la benevola e interessata tolleranza del regime “Problemi del lavoro” potè continuare le pubblicazioni fino al giugno 1940.

Secondo dopoguerra

Dopo la Liberazione, Rigola non svolse attività di rilievo.

A una pubblicazione di Aldo Garosci che lo accusava di aver patteggiato col fascismo e di aver capitolato davanti a Mussolini, rispose con una lettera indirizzata ad A. Schiavi e resa pubblica, nella quale spiegava il suo atteggiamento, affermando che lui e 'i suoi compagni non avevano capitolato, non si erano arresi. Anche se non erano stati intransigenti al cento per cento, avevano « pattuito una convenzione in vista di un interesse comune e transitorio ». A parere di Rigola, il suo gesto aveva mantenuto viva nel paese la voce socialista ».

Anche se le sue giustificazioni non vennero accettate dagli antifascisti, nel 1953 una delegazione della C.G. I.L., della C.I.S.L. e dell’U.I.L. si recò a fargli visita nella sua casa milanese dove giaceva malato. Alla sua morte, gli furono tributati riconoscimenti per l’iniziale opera di costruzione del movimento sindacale italiano, di cui era stato certamente un artefice.

Bibliografia: “Critica Sociale” del 20.1.1954; “Corriere Mercantile” del 16.11.1962; Aldo Garosci, La vita di Carlo Rosselli, voi. Il, pag. 138; R. Rigola, Partiti politici e sinda

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 310

Brano: Bissolati, Leonida

Leonida Bissolati nel 1920

si borghesi. L'Italia avrebbe dovuto, secondo B., rifiutare l’annessione del Tirolo tedesco (da Bolzano al Brennero), della jugoslava Dalmazia e del Dodecaneso greco; « uscire dai cancelli del Patto di Londra »; « mantenersi fedele al carattere della sua nobilissima guerra ». La vittoria e la sistemazione postbellica non dovevano essere « un semplice risultato materiale dell’atroce gigantesco duello », ma — attraverso la Società delle Nazioni

— « una reintegrazione di giustizia e... una palingenesi umana ». Il suo discorso provocò una violenta reazione dei gruppi nazionalisti e fascisti, capeggiati da Mussolini, che tentarono di impedirgli di parlare. Considerando chiusa la sua vita con quell’« atto di dovere e di fede », il parlamentare cremonese si ritirò quasi completamente dalla vita politica attiva a livello nazionale. Un suo tentativo di fondere in un unico organismo i radicali, i riformisti e i combattenti fallì miseramente. Rieletto deputato nel novembre

1919, morì a Roma, dopo lunga malattia, il 6.5.1920. Non assistè, quindi, allo scatenarsi dell’ondata fascista, che fino a quel momento aveva, avuto solo sporadiche manifestazioni. Il pensiero autenticamente democratico del Bissolati non lascia dubbi sul suo implicito antifascismo. Tuttavia, come dinanzi all’intervento italiano, così anche nella complessa situazione del dopoguerra il suo orizzonte politico appare dominato dalla problematica tipica dell’età liberale e dei gruppi di governo del primo novecento, che dovevano essere travolti e sostituiti dal fascismo.

Leo. j

Nel 1921 Ferruccio Rubbiani raccolse in un volume alcurji scritti politici di B. sotto il titolo il pensiero politico di Leonida Bissolati. Altri scritti giovanili furono

raccolti lo stesso anno da Arcangelo Ghisleri, vecchio amico di B., e da Alessandro Groppali. Nel 1923, ad opera di alcuni amici che ordinarono e annotarono la raccolta, uscì, editori i fratelli Treves, un volume dal titolo La politica estera dell’Italia dal 1897 al 1920. Scritti e discorsi di Leonida Bissolati.

Bitossi, Renato

N. a Firenze 1*1.4.1899; meccanico. Giovane socialista dal 1919, comunista dalla fondazione del partito (1921) e attivo antifascista, dopo essere stato ferito in un conflitto contro gli squadristi venne costretto a espatriare in Francia, dove fu tra i [...]

[...] discorsi di Leonida Bissolati.

Bitossi, Renato

N. a Firenze 1*1.4.1899; meccanico. Giovane socialista dal 1919, comunista dalla fondazione del partito (1921) e attivo antifascista, dopo essere stato ferito in un conflitto contro gli squadristi venne costretto a espatriare in Francia, dove fu tra i dirigenti politici e sindacali dei lavoratori italiani ivi emigrati. Rientrato clandestinamente in Italia nel 1927 per condurre la lotta contro il fascismo, fu arrestato e condannato (1928) dal Tribunale speciale a 9 anni di reclusione; liberato alla fine del 1932 in seguito ad amnistia, riprese la lotta clandestina a Firenze. Nuovamente arrestato a Bologna nel 1934, sfuggì a una seconda condanna del Tribunale speciale, ma fu confinato a Ponza e a Ventotene, dove rimase sino alla caduta del fascismo.

Dopo I'8.9.1943 fu tra i dirigenti della Resistenza a Firenze, rappresentante del P.C.L in seno al C.L.N. provinciale. Organizzatore della lotta partigiana in diverse province della Toscana, ispettore delle Brigate d’assalto Garibaldi, d[...]

[...]ale, ma fu confinato a Ponza e a Ventotene, dove rimase sino alla caduta del fascismo.

Dopo I'8.9.1943 fu tra i dirigenti della Resistenza a Firenze, rappresentante del P.C.L in seno al C.L.N. provinciale. Organizzatore della lotta partigiana in diverse province della Toscana, ispettore delle Brigate d’assalto Garibaldi, diresse la insurrezione a Pisa, a Livorno e a Lucca, dove fu eletto presidente del C.L.N. provinciale. Dopo la Liberazione, il Comitato toscano di liberazione nazionale lo nominò vicesindaco di Firenze.

Membro del Comitato centrale del suo partito, deputato alla Costituente e senatore di diritto nella prima legislatura, è stato rieletto nelle tre legislature successive. Fa parte del Comitato esecutivo della C.G. I.L. ed è presidente dell’istituto Nazionale Confederale Assistenza. È presidente della Federazione Sindacale Mondiale.

Bizzarri, Ugo

N. a Correggio (Reggio Emilia) il 30.12.1903, caduto in combattimento durante la Guerra di liberazione; bovaro. Membro dell’organizzazione comunista clandestina, nel 1931 fu condannato dal Tribunale speciale a 10 anni di reclusione. Liberato in seguito ad amnistia, fu poi confinato per 5 anni a Ponza. Dopo l’8.9.

1943 fu attivo nella Resistenza. Partigiano combattente nella 77a Bri

gata S.A.P., diede la vita nel corso di un’azione.

« Bjela Gora », Battaglione

Unità partigiana costituitasi nel settembre 1943 in Jugoslavia (appunto nella zona di Bjela Gora) per lo più con elementi della disciolta Divisione « Emilia [...]

[...]annato dal Tribunale speciale a 10 anni di reclusione. Liberato in seguito ad amnistia, fu poi confinato per 5 anni a Ponza. Dopo l’8.9.

1943 fu attivo nella Resistenza. Partigiano combattente nella 77a Bri

gata S.A.P., diede la vita nel corso di un’azione.

« Bjela Gora », Battaglione

Unità partigiana costituitasi nel settembre 1943 in Jugoslavia (appunto nella zona di Bjela Gora) per lo più con elementi della disciolta Divisione « Emilia » dell’esercito italiano, il battaglione si batté valorosamente accanto a reparti della Divisione « Taurinense », ma dopo il 5.10.1943 fu completamente travolto e distrutto da preponderanti forze tedesche.

Blason, Mario

N. a Ronchi (Gorizia) l’8.8.1920, fucilato nel 1944; meccanico. Membro dell’organizzazione comunista clandestina, nel 1942 fu condannato dal Tribunale speciale a 3 anni di reclusione. Dopo T8.9.1943 fu tra gli organizzatori della Resistenza nel Friuli, ufficiale della Brigata « Fontanot », poi vicecommissario della Divisione Garibaldi « Natisone ». Nel 1944, catturato da S.S. tedesche, fu passato per le armi.

Blitzkrieg

Termine in lingua tedesca che letteralmente significa « guerra lampo ». Il concetto della «guerra lampo » fu alla base della tattica militare dello stato maggiore germanico durante la seconda guerra mondiale. [...]

[...] meccanico. Membro dell’organizzazione comunista clandestina, nel 1942 fu condannato dal Tribunale speciale a 3 anni di reclusione. Dopo T8.9.1943 fu tra gli organizzatori della Resistenza nel Friuli, ufficiale della Brigata « Fontanot », poi vicecommissario della Divisione Garibaldi « Natisone ». Nel 1944, catturato da S.S. tedesche, fu passato per le armi.

Blitzkrieg

Termine in lingua tedesca che letteralmente significa « guerra lampo ». Il concetto della «guerra lampo » fu alla base della tattica militare dello stato maggiore germanico durante la seconda guerra mondiale. Rifacendosi a principi teorici enunciati fin dal secolo scorso dal famoso generale prussiano Karl von Clausewitz (creatore della strategia moderna), il Comando della Wehrmacht realizzò la « guerra lampo » in Polonia dall’1 al 28.9.1939, facendo leva essenzialmente sui seguenti fattori: 1) attacco frontale combinato di truppe corazzate e aerei (Panzerdivisionen e Stuka) su varie direttrici parallele; 2) creazione di numerose sacche, entro le quali frantumare e rastrellare l’esercito nemico; 3) rapida presa di possesso, mediante puntate offensive di mezzi corazzati, dei più importanti obiettivi strategici. L’esercito polacco (assai inferiore a quel

lo tedesco in uomini e mezzi e per di più colto di sorpresa) si dissolse in 27 giorni e il si[...]

[...]o frontale combinato di truppe corazzate e aerei (Panzerdivisionen e Stuka) su varie direttrici parallele; 2) creazione di numerose sacche, entro le quali frantumare e rastrellare l’esercito nemico; 3) rapida presa di possesso, mediante puntate offensive di mezzi corazzati, dei più importanti obiettivi strategici. L’esercito polacco (assai inferiore a quel

lo tedesco in uomini e mezzi e per di più colto di sorpresa) si dissolse in 27 giorni e il sistema usato dai tedeschi parve effettivamente funzionare.

Anche contro le forze francesi l’impeto delle divisioni corazzate tedesche (nell’aggirare la linea Maginot e nel puntare al cuore della Francia) parve dare ragione agli strateghi del Terzo Reich. Ma ben

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 656

Brano: Appendice

Bibliografia: Arlacchi, P., Mafia contadini e latifondo nella Calabria tradizionale, Bologna, 1980; Aspetti e problemi di storia della società calabrese nell'età contemporanea. Atti del I Convegno di studio a cura della Deputazione di storia patria per la Calabria, Reggio Calabria, 1977; Atti del 2° Congresso storico calabrese, a cura della Deputazione di storia patria per la Calabria, Napoli, 1961; Bevilacqua, P., Le campagne del Mezzogiorno tra fascismo e dopoguerra. Il caso della Calabria, Torino, 1980; Borzomati, P., Aspetti religiosi e storia del movimento cattolico in Calabria (18601919), Roma, 1967); Idem, La Calabria dal 1882 al 1892 nei rapporti dei prefetti, Reggio Calabria, 1974; Id., La Calabria nell'età contemporanea, Reggio Calabria, 1977; La Calabria, a cura di P. Bevilacqua e A. Placanica, Torino, 1985; Guglielmo Calarco per il socialismo, a cura di G. Cingari, Reggio Calabria, 1975; Cappelli, V., Il movimento operaio e contadino in Calabria attraverso il giornale socialista “Vita nuova” (19131915), in Storia e cultura del mezzogiorno. Studi in memoria di Umberto Caldora, Cosenza, 1979, pp. 519552; Id., Conflitti sociali e organizzazione operaia in Calabria nel 1911, in Miscellanea di studi storici, Cosenza, 1981, pp. 173184; Carbone, S., Il popolo al confino. La persecuzione fascista in Calabria, Cosenza, 1977; Chiodo, .M.G., Intellettuali in provincia. Cultura calabrese tra risorgimento e bella epoque, Napoli, 1985; Ciconte, E., All'assalto delle terre del latifondo. Comunisti e movimento contadino in Calabria (19431949), Milano, 1981; Cinanni, P., Lotte per la terra e comunisti in Calabria 19431953, Milano, 1977; Cingari, G., La strage di Casignana (21 settembre 1922), Reggio Calabria, 1972; Id., Storia della Calabria dall'Unità ad oggi, Bari, 1982; Id., Reggio Calabria, Bari, 1988; Cordova,

F., Momenti di storia contemporanea calaprese ed altri saggi, Chiaravai le Centrale, 1971; id., Alle origini del PCI in Calabria (19181926), Roma, 1977; id., La lotta politica in Calabria. Memorie di protagonisti (19071945), in “Rivista Storica Calabrese”, 1986, nn. 14, pp. 249291; De Giorgio, D., Figure e momenti del risorgimento in Calabria, Messina, 1971; Di Bella, S. Strutture agrarie e lotte per [...]

[...]rotagonisti (19071945), in “Rivista Storica Calabrese”, 1986, nn. 14, pp. 249291; De Giorgio, D., Figure e momenti del risorgimento in Calabria, Messina, 1971; Di Bella, S. Strutture agrarie e lotte per la terra nel Mezzogiorno contemporaneo: la Calabria, Soveria Mannelli, 1979; Dito, A., Fascisti e antifascisti a Reggio Calabria, Reggio Calabria, 1967; L'emigrazione calabrese dall'unità ad oggi, a cura di P. Borzomati, Roma, 1982; Esposito, E., Il movimento operaio in Calabria. L'egemonia borghese (18701892), Cosenza, 1977; Gambi, L., Calabria, Torino, 1965; Gaudosio, Calabria ribelle. Brigantaggio e sistemi repressivi nel Cosentino (18601870), Milano, 1986; Izzo, L., La popolazione calabrese nel secolo XIX. Demografia ed economia, Napoli, 1965; Id., Agricoltura e classi rurali in Calabria dall'unità al fascismo, Geneve, 1974; Masi, G., Per una storia della stampa socialista in Calabria. I primi giornali, Il Socialista di Cosenza e L'Operaio di Reggio Calabria, in “Historica”, 1972, n. 3, pp. 117133; Id., Il movimento cooperativo in Calabria dalla prima guerra mondiale al fascismo (19151922), in II movimento cooperativo nella storia d’Italia 18541975, a cura di F. Fabbri, Milano, 1979, pp. 543554; Id., Socialismo e socialisti di Calabria (18611914), SalernoCatanzaro, 1981; Id., Socialismo e amministrazione nella Calabria contempora

nea, Napoli, 1987; Masi, G. Volpe, F., Calabria contemporanea. Pagine di critica storica, Cosenza, 1983; Meyriat, J., La Calabria, Milano, 1961; Misefari, E., Le lotte contadine in Calabria nel periodo 19141922, Milano, 1972; Id., Il socialismo in Calabria nel periodo giolittiano, Soveria Mannelli, 1985; Misefari, E. Marzotti, A., L’avvento del fascismo in Calabria, Cosenza, 1980; Musolino, E., Quarantanni di lotte in Calabria, Milano, 1977; Paparazzo, A., I subalterni calabresi tra rimpianto e trasgressione. La Calabria dal brigantaggio postunitario all'età giolittiana, Milano, 1984; La Parola socialista. Speciale 19051975 Settantanni, Cosenza, 1976; Pavone, C., Le bande insurrezionali della primavera del 1870, in “Movimento Operaio”, 1956, nn. 13, pp. 42107; Spezzano, F., La lotta politica in Calabria (18611925), Manduria, 1968; Id., Fascismo e antifascismo in Calabria, Manduria, 1975; Trevisani, G., Il processo di Frani contro gli internazionalisti, in “Movimento Operaio”, 1956, n. 5, pp. 639662.

Rimola, Giuseppe

Micca. N. a Novara il 4.9.1905, m. a Mosca nel 1938; meccanico. Membro dell’organizzazione comunista clandestina di Novara (v.), il 5.5.1928 venne arrestato con altri cinque componenti del Comitato federale della provincia. Condannato dal Tribunale speciale a 3 anni di reclusione, riacquistò la libertà nel 1931 ed espatriò clandestinamente in Francia per sottrarsi a ulteriori persecuzioni.

Lavorò per il Centro estero del P.C. d’I. a Parigi e successivamente fu inviato a Mosca come rappresentante della F.G.C.I. presso il K.I.M.. Nell’agosto 1936 il suo nome figurava, unitamente a quello dei maggiori dirigenti del Centro estero del partito, nell 'Appello alla conciliazione (v.) rivolto dal P.C.d'I. ai « figli della nazione italiana, fascisti e comunisti, cattolici e socialisti ». Brillante funzionario del Comintern, a Mosca Rimola sposò Ornella Labriola, figlia del noto dirigente socialista e di una russa, ma all’inizio del 1938, per ragioni rimaste ignote, egli venne arrestato dalla polizia politica nella sua stanza presso l’Hotel Lux.

Già gravemente malato, sopravvisse breve tempo a tale arresto, ma la notizia della sua morte in carcere fu tenuta segreta e per decine d’anni la moglie non seppe che fine egli aveva fatto.

Secondo il comunista Tommaso Sgovio, arrestato a Mosca nello stesso periodo di Rimola, miracolosamente sopravvissuto a lunghi anni di deportazione,[...]

[...]onario del Comintern, a Mosca Rimola sposò Ornella Labriola, figlia del noto dirigente socialista e di una russa, ma all’inizio del 1938, per ragioni rimaste ignote, egli venne arrestato dalla polizia politica nella sua stanza presso l’Hotel Lux.

Già gravemente malato, sopravvisse breve tempo a tale arresto, ma la notizia della sua morte in carcere fu tenuta segreta e per decine d’anni la moglie non seppe che fine egli aveva fatto.

Secondo il comunista Tommaso Sgovio, arrestato a Mosca nello stesso periodo di Rimola, miracolosamente sopravvissuto a lunghi anni di deportazione, infine liberato nel 1954 e riabilitato (post mortem) nel 1957, il giovane dirigente comunista novarese sarebbe stato rinchiuso nelle celle della Butyrka e sottoposto a durissimi in

terrogatori affinché denunciasse altri comunisti italiani sospettati di “tradimento” dalla polizia staliniana. Ma egli non si piegò alla violenza e, nel timore di non potervi ulteriormente resistere, preferì togliersi la vita gettandosi dalla tromba delle scale del carcere. (Cfr. Dante Corneli, Elenco delle vittime italiane dello stalinismo Sesto libro, Tivoli, 1982, pagg. 4647).

Russo, Enrico

N. a Napoli il 22.9.1895, ivi m. II 30.10.1973; operaio.

Metallurgico e gi[...]

[...]ka e sottoposto a durissimi in

terrogatori affinché denunciasse altri comunisti italiani sospettati di “tradimento” dalla polizia staliniana. Ma egli non si piegò alla violenza e, nel timore di non potervi ulteriormente resistere, preferì togliersi la vita gettandosi dalla tromba delle scale del carcere. (Cfr. Dante Corneli, Elenco delle vittime italiane dello stalinismo Sesto libro, Tivoli, 1982, pagg. 4647).

Russo, Enrico

N. a Napoli il 22.9.1895, ivi m. II 30.10.1973; operaio.

Metallurgico e giovane socialista dal 1910, nel 1917 fu eletto segretario del sindacato della F.I.O.M. a Napoli. Membro della frazione massimalista del P.S.I., nel 1924 confluì, con i terzinternazionalisti, nel Partito comunista.

Subito dopo la proclamazione delle Leggi eccezionali fasciste del novembre 1926 espatriò per sfuggire all’arresto (latitante, verrà assegnato il 20.11.1926 a 3 anni di confino) e si portò in Francia, poi in Belgio.

A Bruxelles aderì alla “sinistra comunista” e fu tra i collaboratori della rivista “Prometeo” (v.)f poi del mensile “Bilan”. Nel 1936 accorse in Spagna, organizzò a Barcellona la Brigata “Lenin” aderente al P.O.U.M. (v.) e fu tra i propagandisti di questo partito comunista dissidente. Dopo la liquidazione del P.O.U.M. dovette tornare in Francia. All’inizio dlela Seconda guerra mondiale fu internato nel campo di SaintCyprien e poi consegnato dalle autorità francesi al governo fascista italiano che, il 30. 9.1940, lo confinò nelle isole Tremiti, dove rimase fino alla caduta del fascismo.

Secondo dopoguerra

Rientrato a Napoli nel settembre 1943, riprese i contatti con il P.C.I. e nei mesi successivi avviò la costruzione (con socialisti e azionisti) della Confederazione Generale del Lavoro Meridionale. Ben presto venne però a trovarsi in contrasto, sia con l’analoga organizzazione sorta a Bari sia con i sindacalisti cattolici. Sempre a Napoli fu tra i promotori della Federazione comunista dissidente di Montesanto (contrapposta al P.C.I.), dalla quale attinse i quadri per la nuova organizzazione sindacale, escludendone quelli che facevano riferimento al P.C.I. ufficiale.

Dopo la nascita, a Roma, della C.G.

I.L., (giugno 1944), Russo e i suoi seguaci si vi[...]

[...]Generale del Lavoro Meridionale. Ben presto venne però a trovarsi in contrasto, sia con l’analoga organizzazione sorta a Bari sia con i sindacalisti cattolici. Sempre a Napoli fu tra i promotori della Federazione comunista dissidente di Montesanto (contrapposta al P.C.I.), dalla quale attinse i quadri per la nuova organizzazione sindacale, escludendone quelli che facevano riferimento al P.C.I. ufficiale.

Dopo la nascita, a Roma, della C.G.

I.L., (giugno 1944), Russo e i suoi seguaci si videro costretti a far confluire la C.G.L. Meridionale nel

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 471

Brano: [...]le schegge, riuscirono a sottrarsi all’accerchiamento tedesco inoltrandosi nel vasto bosco Nero. Alle tre del pomeriggio, sul bivio di Sella Carpe, sui due rami di strada intorno e sulla postazione a ovest del costone erano rimasti soltanto i corpi di tre partigiani caduti nel combattimento (Argo, Bordighera e lo sconosciuto) e la rabbia dei tedeschi intenti a raccogliere i loro morti.

B.Lu.

Sema, Antonio

N. a Strugnano d'isola (Istria) il 23.11.1888, m. a Pirano (Pola) il 31.12.1945; maestro elementare.

Di poverissima famiglia contadina, lavorò come manovale e pescatore. Dopo le elementari non potè frequentare altre scuole, ma studiando da solo riuscì a diplomarsi maestro elementare. Fin dall'adolescenza frequentava il Circolo di studi sociali di Isola e, a contatto con i lavoratori di quella città, divenne socialista. Più tardi si trasferì a Pirano, dove si sposò, ebbe tre figli e lavorò come insegnante.

Dirigente socialista

Formatosi una solidissima cultura politica studiando le opere di Marx ed Engels nei testi originali tedeschi ed efficace oratore, in grado di sostenere il dibattito con qualsiasi interlocutore, Antonio Sema fu tra i pionieri del socialismo in Istria, sostenendo polemiche con gli esponenti del partito tendenti al burocraticismo e all'elettoralismo. La sua origine contadina e la perfetta conoscenza dello sloveno e del croato gli facilitavano la comprensione dei problemi delle campagne, permettendogli di impostare in termini rivoluzionari e internazionalisti la lotta di quelle nazionalità. Dopo la Prima guerra mondiale intensificò l’attività di dirigente politico e sindacale, oltre che di educatore, sicché venne perseguitato dal fascismo e privato dello stipendio.

Come risulta da un documento della Prefettura di Pola, le autorità Io allontanarono da Pirano perché « si diede a tutt’uomo al socialismo con tendenze comuniste. Organizzò le Camere Rosse, organizzò il Partito socialcomunista e tenne conferenze e riunioni inneg[...]

[...]ini rivoluzionari e internazionalisti la lotta di quelle nazionalità. Dopo la Prima guerra mondiale intensificò l’attività di dirigente politico e sindacale, oltre che di educatore, sicché venne perseguitato dal fascismo e privato dello stipendio.

Come risulta da un documento della Prefettura di Pola, le autorità Io allontanarono da Pirano perché « si diede a tutt’uomo al socialismo con tendenze comuniste. Organizzò le Camere Rosse, organizzò il Partito socialcomunista e tenne conferenze e riunioni inneggiando al sovietismo e a Lenin. Organizzò e diresse tutti gli scioperi del proletariato che si verificarono a Pirano ».

Gli anni del fascismo

Nel 1921, al momento della scissione di Livorno, non abbandonò il P.S.I. ma fu ugualmente al fianco delle giovani forze che davano vita al Partito comunista d’Italia. Lavorò con Vittorio Vidali e con altri comunisti triestini e istriani. Duramente perseguitato dagli squadristi e frequentemente arrestato dalla polizia del regime, nel 1931 venne iscritto nell'elenco dei « sovversivi pericolosi », ma nulla potè piegare il suo forte carattere.

Con la famiglia visse dignitosamente in miseria, dando lezioni private e continuando a educare agli ideali del socialismo centinaia di giovani, molti dei quali si distingueranno poi nella lotta partigiana, come combattenti e dirigenti politici o sindacali, sia italiani che slavi.

Nella Resistenza

Durante la Guerra di liberazione fu membro del C.L.N. di Pirano, tenne i contatti con il C.L.N. di Trieste, avendo frequenti incontri con Luigi Frausin, Natale Kolarich e altri dirigenti antifascisti. Gravemente malato per la malaria che aveva contratto nel Monfalconese (dove era stato trasferito dal regime prima del definitivo licenziamento), durante la guerra perdette l'amatissimo figlio Cornelio, un colpo dal quale non si riebbe.

Dopo la Liberazione visse pochi mesi, ma fece in tempo a partecipare attivamente alla lotta politica, quindi alla violenta polemica per dare una giusta soluzione al problema dell’lstria e di Trieste. Per la sua fermezza contro ogni soluzione che no[...]

[...]io, un colpo dal quale non si riebbe.

Dopo la Liberazione visse pochi mesi, ma fece in tempo a partecipare attivamente alla lotta politica, quindi alla violenta polemica per dare una giusta soluzione al problema dell’lstria e di Trieste. Per la sua fermezza contro ogni soluzione che non fosse condivisa dal P.C.I. (cui aveva aderito nel 1939 e nel cui nome ormai parlava), si attirò dalle autorità jugoslave deH’immediato dopoguerra le stesse ostilità che aveva incontrato durante l’intera vita per l’impostazione rigorosa delle sue analisi politiche: sotto l’Austria perseguitato perché « socialista e italiano »; sotto l’Italia fascista, perché « antiitaliano » e « slavocomunista », e infine sotto la Jugoslavia di Tito perché non disposto a ingiusti compromessi e a cedimenti.

Era solito dire: « Nel novembre del 1918 1 socialisti e nel 1921 i comunisti strinsero con il proletariato italiano e col suo combattivo partito d’avanguardia un patto di unità che non tramonterà mai; abbiamo sofferto delle stesse sconfitte, abbiamo gioito delle stesse vittorie, nessuna forza al mondo che non sia unicamente una libera decisione del nostro partito può indurci a scelte che il

partito non ha fatto ancora ». Con questa presa di posizione, Antonio Sema alludeva alla soluzione che veniva allora prospettata, sia dal Partito comunista jugoslavo che dalla Federazione comunista triestina, entrambi d’accordo nel chiedere l’annessione della città alla Jugoslavia. Sulla stessa linea si batté suo figlio Paolo (v. Sema, Paolo).

A.Se.

Sema, Paolo

N, a Pirano (Pola) il 29.6.1915; insegnante.

Figlio di Antonio Sema (v.), si diplomò maestro elementare e prese poi la laurea in Giurisprudenza. Dal 1932 entrò a far parte dell’organizzazione comunista clandestina, responsabile della Sezione giovanile e poi del P.C.I. di Pirano. Al momento di prestare servizio militare, venne inviato nei “Battaglioni Speciali” come « alloglotto » e sorvegliato politico.

Dopo I'8.9.1943, segnalato nella lista dei ricercati dalle SS, entrò a far parte dei primi gruppi di G.A.P. nell’lstria nordoccidentale, diventando commissario politico di una formazione. Con l’acuirsi della situazione bellica, i gappisti si unirono al Battaglione “Alma Vivoda”, pur continuando a rimanere gruppo autonomo.

Subito dopo la Liberazione Paolo Sema venne espulso dal Partito comunista di Trieste per non aver accettato la liquidazione di questo partito come organizzazione del Partito comu[...]

[...]i Trieste per non aver accettato la liquidazione di questo partito come organizzazione del Partito comunista italiano e per essersi opposto al suo orientamento di favorire l'annessione di Trieste alla Jugoslavia. Dal 1945 al 1951 fu preside di scuola media e di liceo scientifico a Trieste. Nel 1952 venne riammesso nel Partito comunista del Territorio Libero di Trieste, entrando a far parte del Comitato centrale di questa organizzazione, responsabile dell'organizzazione di massa e delle attività culturali. Più tardi fu segretario provinciale della F.I.O.M..

Dal 1958 al 1968 divenne segretario della Federazione Autonoma Triestina del P.C.I.. Nel 1968 fu eletto senatore, riconfermato nel 1972. È passato poi a dirigere l’istituto regionale studi e ricerche della C.G. I.L. del FriuliVenezia Giulia.

Ha pubblicato vari studi sul movimento operaio locale, tra cui: La lotta in Istria 18901945 (Trieste, 1971) e Battaglione Alma Vivoda (in collaborazione con Aldo Sola e Marietta Bi'balo) ipresso La Pietra, Milano 1975.

/\.Se.

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 242

Brano: Romagna, Brigata

mando fissò la propria sede a Pieve Rivoschio. Gli effettivi della Brigata, da 150 che erano alla fine di maggio, salirono in luglio a oltre 600.

La verifica dell’efficienza delle formazioni della prima zona si ebbe con il rastrellamento iniziato il 17.7. 1944 e durato sino al 23 luglio. Vi vennero impegnati un migliaio di nazifascisti e il rastrellamento, condotto su un’area molto vasta, si chiuse attorno alla zona di Pieve Rivoschio. Dopo una serie di scontri locali, i tre distaccamenti coinvolti nella sacca decisero di sganciarsi e riuscirono a sfondare l'accerchiamento.

Un mese più tardi la Brigata, che contava 630 uomini, dovette affrontare nella stessa zona un secondo rastrellamento, condotto da reparti tedeschi provenienti dalle prime linee e diretti verso le retrovie del fronte. Iniziato il 16 agosto, questo rastrellamento durò fino al 21 e il Comando tedesco, che in previsione di una ritirata verso la pianura si era [...]

[...]ondotto su un’area molto vasta, si chiuse attorno alla zona di Pieve Rivoschio. Dopo una serie di scontri locali, i tre distaccamenti coinvolti nella sacca decisero di sganciarsi e riuscirono a sfondare l'accerchiamento.

Un mese più tardi la Brigata, che contava 630 uomini, dovette affrontare nella stessa zona un secondo rastrellamento, condotto da reparti tedeschi provenienti dalle prime linee e diretti verso le retrovie del fronte. Iniziato il 16 agosto, questo rastrellamento durò fino al 21 e il Comando tedesco, che in previsione di una ritirata verso la pianura si era proposto di liberare le retrovie della Linea Gotica dalla permanente minaccia dei partigiani, registrò una pesante sconfitta: utilizzando un valido servizio di informazioni, i partigiani non solo elusero ogni tentativo di accerchiamento, ma con veloci manovre attirarono le truppe nemiche sui campi minati predisposti come linea di difesa della Brigata e realizzati con proiettili da mortaio ed esplosivi catturati in azioni precedenti.

Ai tedeschi, per evitare interruzioni della loro linea difensiva in un punto strategico della Linea Gotica, si pose con accresciuta urgenza la necessità di liberare la zona tenuta dall'83 Brigata. Da qui il loro assalto contro Pieve Rivoschio, condotto nei giorni 2930 settembre con forze provenienti dalla pianura padana.

Nella zona erano rimasti soltanto alcuni reparti dell'8a Brigata (il I Battaglione, il Comando, il Servizio informazioni e quello sanitario, l’intendenza), in quanto gli altri 3 battaglioni si erano congiunti con gli Alleati attraversando Sarsina, San Piero in Bagno e Santa Sofia. Dopo accaniti combattimenti contro un nemico che, pur avendo messo in campo armi pesanti, subiva forti perdite, il Comando di brigata decise (modificando il proprio piano iniziale) di ricongiungersi con i reparti che già operavano a fianco degli Alleati. L'operazione si realizzò felicemente con l'attraversaménto delle linee tedesche nell'area di SpinelloSanta Sofia.

La Liberazione

I rapporti con gli Alleati non furono immediatamente cordiali. I partigiani non accettarono infatti la decisione alleata di sciogliere la formazione e proposero di essere inseriti nel dispositivo alleato per continuare a combattere fino alla liberazione di Forlì. Le richieste dei partigiani furono accolte solo parzialmente, ma la Brigata comunque non si sciolse.
[...]

[...]ero in Bagno, Santa Sofia e Sarsina, di Mercato Saraceno, Rontagnano, Galeata, San Zeno, Rocca San Casciano, Predappio, Meldola, Civitella di Romagna, Cusercoli, Borello, Teodorano, Bertinoro, Fratta, ecc.. La Brigata svolse inoltre un importante servizio d’informazione a favore delle truppe alleate, individuando la dislocazione delle truppe nemiche e particolarmente delle artiglierie tedesche.

L’11.11.1944 i partigiani riuscirono a strappare il consenso alleato di marciare su Forlì. La Brigata, che in quel momento era di stanza a Meldola, partì la sera del 2 novembre e giunse senza eccessiva difficoltà alla periferia del capoluogo. Da qui informò i G.A.P. e le S.A.P. della città in vista deH'imminente attacco e restò in attesa delle necessarie munizioni che, in base a precisi accordi presi congli Alleati, dovevano arrivare attraverso la someggiata di un reparto indiano. Invece le munizioni non giunsero mai e i partigiani dovettero rientrare alla base.

La mattina del 9 novembre gli Alleati entrarono in Forlì che si trovava già in [...]

[...]giani dovettero rientrare alla base.

La mattina del 9 novembre gli Alleati entrarono in Forlì che si trovava già in mano ai G.A.P.. Nei giorni 10 e 11 novembre l’8a Brigata, rifiutando l’ingiunzione alleata di sciogliersi a Meldola, ritornò liberamente armata alla propria base di Pieve Rivoschio, dove decise di propria volontà lo scioglimento delle formazioni.

L.Mar.M.Ba.

Romagnoli, Luciano

Paolino. N. a Campotto di Argenta (Ferrara) il 9.3.1924, m. a Roma il 19.2.1966; studente e funzionario di partito.

La terra ferrarese, che aveva conosciuto le lotte decennali dei braccianti, e l’esperienza della madre e

della nonna materna, entrambe mondine e partecipi di quelle lotte, lasciarono in lui un segno profondo. Cominciò nel 1942, appena diciottenne, il suo impegno antifascista militando nell’organizzazione clandestina giovanile del Partito comunista, prima fra gli studenti liceali, poi nella cellula universitaria bolognese. Si trovò “sfollato” per incarico del P.C.I. a Molinella (v.), dove I’8.9.1943 insieme al vecchio organizzatore molinellese Giuseppe Bentivogli fu alla testa della grande manifestazione popolare inneggiante alla fine della guerra.

Il clima molinellese per i comunisti non era facile e, per il giovane Romagnoli, la costruzione di una unità dazione con i socialisti presentò difficoltà. Le lotte delle mondine e delle braccianti che, nel giugno

1944, bloccarono per una settimana le campagne bolognesi, rappresentarono il punto più alto fino ad allora raggiunto in Emilia sul terreno della lotta antifascista e antipadronale. Organizzatori di questo movimento furono Romagnoli e Spero Ghedini, i quali redassero, per l’occasione, tre numeri de “La Mondariso”.

Responsabile del P.C.I. per la pianura, insieme a Spero Ghedini, Romagnoli fece parte del comitato provinciale comunista bolognese e nell’autunno ne divenne il responsabile. Continuò l’attività di organizzatore delle lotte contadine e della guerriglia partigiana per tutto il

1944. Dal gennaio 1945, in vista dell’insurrezione, passò completamente al lavoro militare ricoprendo responsabilità e agendo a contatto con il C.U.M.E.R..

Dopoguerra

Dapprima dirigente del Fronte della Gioventù di Bologna e dell'Italia del Nord, riprese l’attività nel settore agrario: nel 1947 organizzatore della Confederterra bolognese, dal gennaio 1948 diventò primo segretario della Federbraccianti nazionale, posto che ricoprì poi per dieci anni. Nel 1957, dopo la morte di Giuseppe Di Vittorio, fu chiamato a far parte della segreteria della C.G.

I.L., ma nel 1961, già colpito e affaticato dal male che lo stroncherà neppure quarantaduenne, chiese di esserne esonerato.

Continuò l’attività politica nell'apparato centrale del P.C.I., responsabile della Sezione Stampa e propaganda. Fu membro del Comitato centrale dal 1951 e della Direzione dopo l’VIII Congresso (1956). Eletto

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 640

Brano: Comunista Italiano, Partito

sindacale l'attività dei due partiti (8.8.1944).

Se il governo Badoglio era stato ostacolato da varie difficoltà interne ed esterne, il gabinetto Bonomi, pur essendo governo dei C.L.N., rifletteva in misura ancora più accentuata i contrasti esistenti tra i diversi partiti. D’altra parte a Roma il governo entrava direttamente in contatto con le forze conservatrici che tenevano nelle loro mani le leve fondamentali dello Stato, con la vecchia burocrazia sempre disposta al doppio gioco e agli intrighi del sottogoverno. Cominciarono subito le operazioni di salvataggio di coloro che avrebbero dovuto cadere sotto i colpi dell’epurazione.

Appena un mese dopo la formazione del nuovo governo, nel suo discorso al Brancaccio del 9 luglio, Togliatti dichiarava: « Noi non possiamo tollerare che gli stessi gruppi dirigenti privilegiati, plutocratici che ci hanno portato alla rovina, risollevino a[...]

[...]o nelle loro mani le leve fondamentali dello Stato, con la vecchia burocrazia sempre disposta al doppio gioco e agli intrighi del sottogoverno. Cominciarono subito le operazioni di salvataggio di coloro che avrebbero dovuto cadere sotto i colpi dell’epurazione.

Appena un mese dopo la formazione del nuovo governo, nel suo discorso al Brancaccio del 9 luglio, Togliatti dichiarava: « Noi non possiamo tollerare che gli stessi gruppi dirigenti privilegiati, plutocratici che ci hanno portato alla rovina, risollevino a poco a poco la testa, ricomincino a giocare il loro gioco, riacquistino una posizione più o meno apertamente dirigente, se non nella direzione effettiva, nel controllo della vita del Paese ».

All'interno del governo Bonomi il dissenso non tardò a manifestarsi, in primo luogo sui provvedimenti di epurazione (alto commissario aggiunto era stato nominato il comunista Mauro Scoccimarro). Col pretesto che la legge emanata a Salerno sarebbe stata « inadeguata » alla situazione, i rappresentanti delle forze conservatrici ne proposero una decisamente peggiore. Dopo lunghissime discussioni fu infine approvata una legge di compromesso che, seppure meno efficace della precedente, sarebbe tuttavia servita allo scopo qualora fosse stata applicata. Altro punto di contrasto fu rappresentato dai provvedimenti per l’assegnazione delle terre incolte ai contadini (legge Gullo), praticamente resi inefficaci dalla lentezza della procedura e dal sabotaggio della b[...]

[...]ure meno efficace della precedente, sarebbe tuttavia servita allo scopo qualora fosse stata applicata. Altro punto di contrasto fu rappresentato dai provvedimenti per l’assegnazione delle terre incolte ai contadini (legge Gullo), praticamente resi inefficaci dalla lentezza della procedura e dal sabotaggio della burocrazia. Si ebbero, come conseguenza della mancata applicazione della legge, invasioni di terre incolte nel Lazio, nel Fucino e in Sicilia, da parte di contadini che, dopo aver costituito le cooperative per coltivarle, restavano disoccupati e nell’irnpossibiIità di procedere alle semine. Le occupazioni delle terre diedero luogo a sanguinosi conflitti; per difendere la proprietà parassitarla dei latifondisti i carabinieri e la polizia spararono sui contadini a Licata, a Ortucchio e in altre località del Meridione.

Un’altra divergenza tra i partiti era

determinata dallo scarso interesse manifestato dal governo per la Guerra di liberazione nazionale, e dall'inerzia dello stesso nel dare rapido impulso alla ricostituzione di[...]

[...]cuni efficienti corpi dell'esercito italiano, destinati a contribuire alla liberazione del paese.

Secondo governo Bonomi

I contrasti sfociarono nelle dimissioni del governo Bonomi, rassegnate dal primo ministro nelle mani del luogotenente invece che in quelle del C.L.N.. La manovra di Bonomi, che avrebbe dovuto portare alla formazione di un gabinetto di « tecnici », con l'esclusione dal governo dei rappresentanti dei partiti operai, fallì. Il 12.12.1944 venne ricostituito un nuovo governo, ancora presieduto da Bonomi, ma con due vicepresidenti, Togliatti e Giulio Rodino (democristiano), e con i comunisti Pesenti ministro delle Finanze, Gullo alI'Agricoltura e foreste, Scoccimarro per l’Italia occupata, Reale sottosegretario agli Affari esteri, Palermo sottosegretario alla Guerra, G. Montalbano alla Marina mercantile.

II nuovo governo, al quale il Partito d’Azione (v.) e il Partito socialista non avevano voluto partecipare, si costituì con un’accresciuta responsabilità del Partito comunista e sulla base di alcuni precisi punti programmatici: 1. Aumento dello sforzo di guerra e formazione, nell’Italia già liberata, di un’armata italiana epurata e rinnovata combattente a fianco degli Alleati; 2. distruzione del fascismo e dei suoi residui attraverso l’applicazione rapida e giusta della legge sulle sanzioni; 3. democratizzazione della vita italiana ed elezioni amministrative; 4. difesa quotidiana degli interessi dei lavoratori con la soluzione dei più urgenti problemi (alimentazione, abitazioni, trasporti).

La posizione assunta dal Partito comunista mira[...]

[...]usta della legge sulle sanzioni; 3. democratizzazione della vita italiana ed elezioni amministrative; 4. difesa quotidiana degli interessi dei lavoratori con la soluzione dei più urgenti problemi (alimentazione, abitazioni, trasporti).

La posizione assunta dal Partito comunista mirava a evitare la frattura nei C.L.N. e a impedire che le forze conservatrici riuscissero a dare vita a un governo all’infuori di esso. In armonia con tali obiettivi il P.C.I. accentuò la propria opera per rafforzare l’unità d’azione con il Partito socialista e con le altre forze di sinistra che non avevano voluto partecipare al governo, e confermò la volontà di « sviluppare anche sul piano politico gli accordi già realizzati sul piano sindacale » con la Democrazia cristiana, « allo scopo di rafforzare il blocco unitario delle masse lavoratrici nella lotta per la distruzione

del fascismo e per la conquista della democrazia ».

Ma la situazione rimase pressoché inalterata. Il solo miglioramento effettivo si verificò nell'accresciuto sforzo di guerra, ottenuto con una intensa campagna per l'arruolamento volontario nei corpi dell'esercito destinati ad affiancarsi ai partigiani e agli Alleati nella lotta per sconfiggere i tedeschi. Per il resto, i problemi restavano insoluti e « il governo continuò a mantenersi inefficiente nel campo della difesa della democrazia contro i residui fascisti ». Mentre fiorivano il mercato nero e ogni genere di speculazioni, si mettevano in salvo i criminali e i responsabili del fascismo con la corruzione e con fughe organizzate grazie aH’omertà e all'aiuto delle vecchie cricche militari e poliziesche.

Sotto la pressione dei comunisti, che minacciarono di uscire dal governo se non si fosse attuata una decisa politica antifascista, all'inizio del marzo 1945 fu approvata una serie di misure democratiche in campo economico e politico. Ma tali misure « non ebbero pratica applicazione e alla fine di aprile, quando il Nord si fu liberato e si aperse virtualmente la crisi di governo, essa non fu soltanto la conseguenza dell’impegno assunto di formare un nuovo ministero dopo la liberazione di tutto il territorio, ma anche la constatazione della improrogabile necessità che il paese avesse finalmente un governo capace di governare ».

Il partito di tipo nuovo

Nell’estate 1944 l’organizzazione comunista era andata ricostituendosi e rafforzandosi nell'Italia meridionale e in tutte le regioni liberate, dando impulso al sorgere di grandi associazioni unitarie di massa. Le forze di sinistra diedero vita alI’Unione donne italiane (15.9.1944), all’Associazione nazionale partigiani d’Italia (27.9.1944), a innumerevoli leghe contadine e cooperative, dando il massimo contributo alla riuscita del I Congresso della C.G.

I.L., tenutosi a Napoli dal 28 gennaio all’1.2.1945. Una delle carenze più gravi (che avrebbe pesato immediatamente dopo la Liberazione) nell’Italia meridionale e in parte delle regioni centrali, fu il mancato funzionamento dei C.L.N. come organismi popolari, per cui l’intera attività dello Stato continuò a poggiare sulle vecchie strutture e sul tradizionali apparati ancora dominati o manovrati dalle forze conservatrici.


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine I.L., nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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