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Il segmento testuale Gramsci è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 981Analitici , di cui in selezione 65 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] R. Cessi, Problemi della storia d'Italia nell'opera di Gramsci in Studi gramsciani

Brano: Roberto Cessi
PROBLEMI DELLA STORIA D'ITALIA
NELL'OPERA DI GRAMSCI
(Appunti)
1. Storicismo e dogmatismo: storia e storiografia.
Per comprendere e precisare l'impostazione e la validità storiografica del Gramsci è necessario tener presente i limiti della sua concezione.
L'interpretazione storicistica della concezione del mondo non si traduce in un dogmatismo astratto e pregiudiziale: sia pure che, aderendo ai principi engelsiani della evoluzione umana, si distacchi dallo storicismo idealista e da quello positivista, o dal vecchio materialismo empirico.
Né lo storicismo gramsciano si riduce a un economismo puro e grossolanamente materialista. La storia, nel pensiero del Gramsci, si identifica in concomitanza con la politica e la filosofia, nella vita stessa, sia che si consideri come accadimento del passato, ovvero attuazione del presente, o previsione del futuro, e non si dissolve in una logica formale, propria dell'idealismo, o in un « fatalismo » naturalistico, che considera l'uomo come agente biologico o un astratto « homo oeconomicus »; ma si realizza in una serie di rapporti, che in vario grado di sviluppo e di intreccio costituiscono il tessuto della vita, sul quale operano gli aggruppamenti umani, nelle loro perenni alternative ed evoluzioni.
Storia non è s[...]

[...]enuti con una applicazione metodologica rigorosa. Di qui i valori di ordine metodologico, che costituiscono premessa aIl'indagine storiografica, non soltanto come strumento meccanico, ma soprattutto come atto introspettivo del processo umano.
Considerando perciò il perenne divenire del mondo come una ininterrotta successione di stati, che, secondo la legge engelsiana, si alternano con la maturazione e l'esaurimento della rispettiva funzione, il Gramsci proponeva alla ricerca storiografica l'identificazione dei rapporti di causa ed effetto, dei valori delle cause efficienti e di quelle subalterne, della formazione dei gruppi associati, del doro sviluppo fino alla piú elevata forma di organizzazione (nazione, Stato, partito, ecc.), dell'origine, dell'evoluzione e della funzione delle ideologie, dei valori culturali e del posto che essi occupano, delle reazioni, che questi riflettono nella serie dei rapporti umani.
Al vaglio di queste prospettive esaminiamo non la concezione storica del Gramsci, che sarebbe quanto dire la concezione del mondo[...]

[...]valori delle cause efficienti e di quelle subalterne, della formazione dei gruppi associati, del doro sviluppo fino alla piú elevata forma di organizzazione (nazione, Stato, partito, ecc.), dell'origine, dell'evoluzione e della funzione delle ideologie, dei valori culturali e del posto che essi occupano, delle reazioni, che questi riflettono nella serie dei rapporti umani.
Al vaglio di queste prospettive esaminiamo non la concezione storica del Gramsci, che sarebbe quanto dire la concezione del mondo, che si colloca nel quadro del materialismo storico, ma i profili storiografici, che si inquadrano nella sua concezione storica.
2. 1 momenti della storiografia gramsciana: Rinascimento e Risorgimento.
In particolare due sono i momenti, che hanno fermato l'attenzione del Gramsci: il Rinascimento e il Risorgimento, nella loro genesi e nei loro elementi costitutivi.
Per il Gramsci, il Rinascimento fu reazione al sistema municipalecorporativo ereditato dal mondo feudale e dalla scolastica, ma non lo superò.
Egli trovò manifesta espressione dei due termini nel profilo di due uomini: Machiavelli e Guicciardini, nell'uno dei quali sembra riflettersi 10 sforzo innovatore, che cerca la soluzione dei problemi dell'età sua, al di sopra del municipalismo, nel quale faticosamente si muove la società contemporanea; nell'altro, lo spirito conservatore, che vive delle vecchie ideologie maturate dall'impalcatura signorile, che non sa superare la struttura dominante.
Roberto Cessi [...]

[...]sione dei due termini nel profilo di due uomini: Machiavelli e Guicciardini, nell'uno dei quali sembra riflettersi 10 sforzo innovatore, che cerca la soluzione dei problemi dell'età sua, al di sopra del municipalismo, nel quale faticosamente si muove la società contemporanea; nell'altro, lo spirito conservatore, che vive delle vecchie ideologie maturate dall'impalcatura signorile, che non sa superare la struttura dominante.
Roberto Cessi 49
Il Gramsci trova un motivo di resistenza all'esuberante vigore machiavellico (che ,piú correttamente interpreta nei suoi valori politici e sociali piuttosto che nella vieta tradizione moralistica) nel difetto in Italia di una Riforma, che servisse di strumento a un processo di unificazione, quale ebbe la Germania e in parte la Francia; e piú ancora nel mancato accostamento alle masse popolari e il permanere di un distacco fra queste e le classe dirigenti, che impedí il formarsi di un processo e di una coscienza nazionale.
Quali i termini cronologici, quale la genesi e quale l'influsso dell'organizzazio[...]

[...]n processo di unificazione, quale ebbe la Germania e in parte la Francia; e piú ancora nel mancato accostamento alle masse popolari e il permanere di un distacco fra queste e le classe dirigenti, che impedí il formarsi di un processo e di una coscienza nazionale.
Quali i termini cronologici, quale la genesi e quale l'influsso dell'organizzazione ecclesiastica, come elemento politico piú che come fattore ideologico? Questi sono i problemi che il Gramsci propone e non restano senza ripercussione sull'immobilismo della cosí detta società barocca.
E quale la connessione col Risorgimento?
Ed anche questo termine, come pure quello di Rinascimento, che significa? Si .può convenire col Gramsci nel contestare il valore di termini cronologici, sia pure assunti a titolo indicativo: muovere dal Congresso di Vienna val quanto muovere dall'assedio di Torino del 1706, o risalire senz'altro all'età dei Comuni. II problema non sta nei termini cronologici, ma nei valori politicosociali del processo rivoluzionario; nella sua genesi, nella sua continuità e negli aspetti, che assume nelle successive fasi, in cui si realizza, dalla crisi settecentesca al cosí detto Risorgimento ottocentesco.
3. 1 presupposti rivoluzionari del processo storico.
Esattamente il Gramsci propone alle origini di que[...]

[...]enna val quanto muovere dall'assedio di Torino del 1706, o risalire senz'altro all'età dei Comuni. II problema non sta nei termini cronologici, ma nei valori politicosociali del processo rivoluzionario; nella sua genesi, nella sua continuità e negli aspetti, che assume nelle successive fasi, in cui si realizza, dalla crisi settecentesca al cosí detto Risorgimento ottocentesco.
3. 1 presupposti rivoluzionari del processo storico.
Esattamente il Gramsci propone alle origini di quella un motivo agrario anche se egli adotta un concetto alquanto restrittivo, nazionalecontadino, che, a mio avviso, merita qualche riserva.
L'esigenza agraria è stata l'argomento che ha ispirato sia nella pratica che nella dottrina il lento formarsi della coscienza rivoluzionaria francese, fino allo sbocco nel moto convulso .e giacobino, che ha coronato la fase decisiva.
Fu quella che argutamente il Gramsci definisce rivoluzioneprogressiva, di cui il giacobinismo espresse il contenuto piú costruttivo, e successivamente neutralizzata da quella che fu detta controrivoluzione e che meglio può definirsi rivoluzioneconservatrice.
50 I documenti del convegno
La rivoluzione continuò dopo il tramonto del giacobinismo, ma in senso conservatore, compenetrandosi nel risorgimento ottocentesco, cosí come si era svolto anche in Inghilterra, sboccando in un movimento liberale.
In Italia, la fase rivoluzionariaprogressiva, secondo il Gramsci, è mancata o almeno ebbe breve risonanza, perché è mancato un movim[...]

[...]nuto piú costruttivo, e successivamente neutralizzata da quella che fu detta controrivoluzione e che meglio può definirsi rivoluzioneconservatrice.
50 I documenti del convegno
La rivoluzione continuò dopo il tramonto del giacobinismo, ma in senso conservatore, compenetrandosi nel risorgimento ottocentesco, cosí come si era svolto anche in Inghilterra, sboccando in un movimento liberale.
In Italia, la fase rivoluzionariaprogressiva, secondo il Gramsci, è mancata o almeno ebbe breve risonanza, perché è mancato un movimento nazionalecontadino, un incontro cioè con la massa popolare (e in realtà l'elemento rurale costituiva la massa preponderante), è mancato l'impulso giacobino, e conseguentemente ha reso assai lento e faticoso il processo di unificazione politica.
Si potrebbe osservare che il problema della terra in Italia aveva aspetti assai diversi da quello francese, per diverso regime, e si accostava piuttosto (fatte, si intende, le debite riserve di proporzione e di prospettiva per alcune caratteristiche fondamentali dell'aristocrazia [...]

[...]
Si potrebbe osservare che il problema della terra in Italia aveva aspetti assai diversi da quello francese, per diverso regime, e si accostava piuttosto (fatte, si intende, le debite riserve di proporzione e di prospettiva per alcune caratteristiche fondamentali dell'aristocrazia rurale) a quello inglese, e di questo rispecchiò lo spiritoinformatore (tendenze liberali antigiacobine).
Ma è indubbiamente felice l'intuizione dello storicismo del Gramsci nell'individuare il termine fondamentale dei grandi processi rivoluzionarii: nel rapporta di massa con il duplice aspetto nazionale e agrario (contadino), nel quale si inseriscono le energie subalterne individuali e collettive. E questa espressione deve essere intesa nelle sue funzioni tecniche in confronto con quelle dominanti.
Nel concetto di massa non sussiste né unità, né omogeneità: anzi è contraddistinto da gradi diversi di eterogeneità, che si identificano nelle diversità nazionali, intese non in senso politico o morale, ma in senso di rapporti sociali, dei quali il preminente è quell[...]

[...]lla servitus delle classi dominanti alla vigilia della crisi dello Stato imperiale; la libertà municipale, che dall'età dei comuni in poi si oppone all'universalismo della scolastica; la libertà risorgimentale che fa
Roberto Cessi 51
leva sul liberismo e sul liberalismo; ciascuna attuazione di un ordine nuovo, che non si arresta nel passato o nel presente, ma si protende nel futuro.
E un ordine nuovo è in atto.
In chiara e precisa sintesi il Gramsci ha individuato la fisionomia del Risorgimento italiano, comune del resto a quello delle altre nazioni, che ii d'Azeglio riassumeva nella formula: proprietà, religione, famiglia.
Nella sua vigorosa e incisiva critica, che inconsapevolmente coltiva qualche eredità romantica, il Gramsci poneva l'accento sul termine proprietà (proprietà privata), come quello che nel processo risorgimentale era diventato « istituto fondamentale dello Stato [la religione e la famiglia erano strumenti configuranti nella loro intima funzione ai fini della salvaguardia della proprietà) garantito e tutelato sia contro gli arbitrii del sovrano che contro le invasioni dei contadini espropriati » 1.
La nuova società si è sciolta da ogni vincolo collettivo e si è ricostruita intorno all'« individuocittadino », cui ha conferito la « libertà » di una illimitata concorrenza. Ma questa « libertà» ha trova[...]

[...]: alle vecchie aveva sostituito le nuove, sulla base di nuovi rapporti tra capitale e lavoro, non piú corporativi ma salariali.
La sanzione giuridica conferita al principio della società borghese aveva rivendicato ad essa la prerogativa di perpetuità: ma il divenire storico contro ogni irrigidimento e ogni impaludamento del dinamismo sociale è antitetico al concetto di perpetuità.
« La critica marxista all'economia liberale — ben sottolinea il Gramsci — la critica al concetto di perpetuità degli istituti umani economici e
1
0.N., p. 4.
52 I documenti del convegno
politici: è la riduzione a storicità e contingenza di ogni fatto, è una lezione di realismo agli astrattisti pseudoscienziati, difensori delle casseforti » 1. Ed è cosí che, « riconosciuto giuridicamente come una perpetuità il principio della società borghese, si inizia l'era del proletariato ».
Il proletariato nasce dalla stessa esigenza di conservazione della borghesia, inizialmente beneficato dalla concorrenza borghese, con l'apparente offerta di « libertà » di collocament[...]

[...]tariato nasce dalla stessa esigenza di conservazione della borghesia, inizialmente beneficato dalla concorrenza borghese, con l'apparente offerta di « libertà » di collocamento della propria opera nella presunzione di ottenere le condizioni piú vantaggiose, tosto annullata dal vincolo salariale, con tutte le conseguenze economiche, sociali, e politiche, che esso comporta.
« Il movimento operaio è la riscossa spirituale dell'umanità — osserva il Gramsci — contro i nuovi e spietati feudatari del capitale; è la reazione della società che vuole ricomporsi in armonico organismo solidale e retto dall'amore e dalla pietà. Il "cittadino" viene rinnegato dal "compagno "; l'atomismo sociale viene rinnegato dall'organizzazione » 2.
Si profila un nuovo concetto di « libertà », quella « libertà », che nasce dalla liberazione dalle contraddizioni, che corrodono la società, superando la contrapposizione di classe.
Anche questa « rivoluzione » trova il suo primo fermento nel problema agrario: il cartismo ed il falansterismo erano stati gli epigoni del gi[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] L. Sichirollo, Hegel, Gramsci e il marxismo in Studi gramsciani

Brano: Livio Sichirollo
HEGEL, GRAMSCI E IL MARXISMO
L'incontro di Gramsci con Hegel — e facciamo qui astrazione dalla determinazione, alla quale si dovrà pure pervenire, dei testi hegeliani che furono accessibili a Gramsci, direttamente o indirettamente — non appare nella sua discontinua continuità un fatto gratuito e, ciò che vorremmo dimostrare, neppure marginale. Emergono subito agli occhi del lettore i due momenti opposti dell'accettazione e del rifiuto, che dovremo considerare sempre operanti come libere componenti della meditazione gramsciana. « Hegel rappresenta, nella storia del pensiero filosofico, una parte a sé, poiché, nel suo sistema, in un modo o nell'altro, pur nella forma di " romanzo filosofico ", si riesce a comprendere cos'è la realtà, cioè si ha, in un solo sistema e in un solo filosofo, quella coscienza delle contraddizioni che prima risultava dall'insieme dei sistemi, dall'insieme dei filosofi, in polemica tra loro, in contraddizione tra loro » J.
Ma d'altra parte: « elementi di spinozismo, di feuerbachismo, di
hegelismo, di materialismo francese ecc., non sono per nulla parti essenziali della filosofia della [...]

[...]a, la filosofia tedesca e la Rivoluzione francese, iI calvinismo e l'economia classica inglese, il liberalismo laico e lo storicismo che è alla base di tutta la concezione moderna della vita. La filosofia della prassi è il coronamento di tutto questo movimento di riforma intellettuale e morale, dialettizzato nel contrasto tra cultura popolare e alta cultura » 3. Tradizione dunque come tradizione umanistica; e si sa quanto valga questo termine in Gramsci: per ciò che ci interessa, il nuovo momento del mondo è « umanesimo assoluto » 4, « un umanesimo assoluto della storia » 5. Ma c'è anche un elemento di rinnovamento della tradizione, di irriducibilità, che ci riconduce al tema del . secondo momento, della novità storica della filosofia della prassi: « Corrisponde al nesso Riforma protestante piú Rivoluzione francese: è una filosofia che è anche una politica e una politica che è anche una filosofia » 6. Segue subito una determinazione ulteriore, un passaggio dal rilievo socio
1 M. S., p. 81.
2 M. S., p. 159.
3 M. S., p. 86.
4 M. S., p. 105[...]

[...]so, con azioni e reazioni... è la concezione di un gruppo sociale subalterno, senza iniziativa storica, che si amplia continuamente, ma disorganicamente, e senza poter oltrepassare un certo grado qualitativo che è sempre al di qua del possesso dello Stato, dell'esercizio reale dell'egemonia su l'intera società che solo permette, un certo equilibrio organico nello sviluppo del gruppo intellettuale » 1. Questo punto, autenticamente e tematicamente gramsciano, sembra pure il risultato (o la condizione?) di un fattivo incontro hegeliano. Cosí infatti egli si esprimerà piú tardi: e ...enorme importanza la posizione assegnata da Hegel agli intellettuali, la quale deve essere accuratamente studiata. Con Hegel si incomincia a non pensare piú secondo le caste o gli " stati ", ma secondo lo " Stato ", la cui " aristocrazia " sono appunto gli intellettuali. La concezione " patrimoniale " dello Stato (che è il modo di pensare per "caste ") è immediatamente la concezione che Hegel deve distruggere (polemiche sprezzanti e sarcastiche contro von Haller). S[...]

[...]ano sociologico ad un piano storico.
Proseguiamo: « La filosofia della prassi è diventata anch'essa " pregiudizio " e " superstizione": cosí come è, è l'aspetto popolare dello storicismo moderno ma contiene in sé un principio di superamento di questo storicismo » 3. La formulazione è ora diversa, i due strani sono avvicinati e ne risulta un concetto della filosofia della prassi come di una filosofia della storia: infatti si parla subito dopo, e Gramsci fa propria la filosofia della storia hegeliana, dell'antitesi materialismo e spi
M. S., p. 87.
2 L, pp. 467.
3 M. S., p. 87.
272 I documenti del convegno
ritualismo come antitesi di classe popolare e classi tradizionali che si genera ad ogni fase di rivolgimento. a Hegel, a cavallo della Rivoluzione francese e della Restaurazione, ha dialettizzato i due momenti della vita del pensiero, materialismo e spiritualismo, ma la sintesi fu " un uomo che cammina sulla testa "» 1. Questa immagine hegeliana ritorna in Gramsci ancora, e non sembra mediata da Marx ma frutto di un'attenta lettura dell[...]

[...]alismo e spi
M. S., p. 87.
2 L, pp. 467.
3 M. S., p. 87.
272 I documenti del convegno
ritualismo come antitesi di classe popolare e classi tradizionali che si genera ad ogni fase di rivolgimento. a Hegel, a cavallo della Rivoluzione francese e della Restaurazione, ha dialettizzato i due momenti della vita del pensiero, materialismo e spiritualismo, ma la sintesi fu " un uomo che cammina sulla testa "» 1. Questa immagine hegeliana ritorna in Gramsci ancora, e non sembra mediata da Marx ma frutto di un'attenta lettura delle ultime pagine delle Vorlesungen über die Philosophie der Weltgeschichte (cfr. infatti ancora M. S., pp. 7071, dove c'è un simpatico apprezzamento dell'insegnamento orale di Hegel, del sollecitato riferimento alla storia concreta, della concretezza storica del pensiero di Hegel, il che sembra stranamente anticipare un nuovo giudizio sullo Hegel berlinese al quale si è da piú parti impegnati, per esempio Weil).
E, per finire con il nostro testo, Gramsci istituisce un non comune parallelismo fra la filosofia della prassi[...]

[...] ultime pagine delle Vorlesungen über die Philosophie der Weltgeschichte (cfr. infatti ancora M. S., pp. 7071, dove c'è un simpatico apprezzamento dell'insegnamento orale di Hegel, del sollecitato riferimento alla storia concreta, della concretezza storica del pensiero di Hegel, il che sembra stranamente anticipare un nuovo giudizio sullo Hegel berlinese al quale si è da piú parti impegnati, per esempio Weil).
E, per finire con il nostro testo, Gramsci istituisce un non comune parallelismo fra la filosofia della prassi e la filosofia hegeliana: a I continuatori di Hegel hanno distrutto quest'unità e si è ritornati ai sistemi materialistici da una parte e a quelli spiritualistici dall'altra. La filosofia della prassi, nel suo fondatore, ha rivissuto tutta questa esperienza, di hegelismo, feuerbachismo, materialismo francese, per ricostruire la sintesi dell'unità dialettica: " l'uomo che cammina sulle gambe ". Il laceramento avvenuto per l'hegelismo si è ripetuto per la filosofia della prassi, cioè dall'unità dialettica si è ritornati da una [...]

[...]onforto, è qualcosa di piú... » . Anche questa non può che essere fra quelle pagine nelle quali Marx aveva trovato quegli elementi della critica « che sorpassano di molto il punto di vista hegeliano » .
La restituzione del passato della filosofia della prassi come tradizione, il riconoscimento " del peso della presenza di Hegel nella tradizione della filosofia come ideologia riappare indirettamente attraverso un tema marxengelsiano molto caro a Gramsci (a giudicare dall'insistenza con la quale si manifesta). « Può disgiungersi l'idea di progresso da quella di divenire? Non pare. Esse sono nate insieme, come politica (in Francia), come filosofia (in Germania, poi sviluppata in Italia) » 2. Siamo qui ad un nodo della filosofia della prassi in Gramsci, al concetto di blocco storico, del condizionarsi in esso di struttura e ideologia, all'interno dunque del rapporto fra il politico (storico in generale) e lo speculativo (filosoficoideo
1 M. S., p. 93.
2 M. S., p. 33.
274 I documenti del convegno
logico). Un altro passo nel quaderno III precisa: « Nel brano sul "materialismo francese nel secolo XVIII " (Sacra Famiglia) è abbastanza bene e chiaramente accennata la genesi della filosofia della prassi: essa è il " materialismo " perfezionato dal lavoro della stessa filosofia speculativa e fusosi con l'umanismo » I. Sino a che punto è questa[...]

[...]ivo (filosoficoideo
1 M. S., p. 93.
2 M. S., p. 33.
274 I documenti del convegno
logico). Un altro passo nel quaderno III precisa: « Nel brano sul "materialismo francese nel secolo XVIII " (Sacra Famiglia) è abbastanza bene e chiaramente accennata la genesi della filosofia della prassi: essa è il " materialismo " perfezionato dal lavoro della stessa filosofia speculativa e fusosi con l'umanismo » I. Sino a che punto è questa formulazione per Gramsci problematica? Egli si pone, è vero, una domanda: « l'elemento " speculativo " è proprio di ogni filosofia, è la forma stessa, che deve assumere ogni costruzione teorica in quanto tale, cioè " speculazione " è sinonimo di filosofia e di teoria? » 2, ma d'altra parte dimostra (indirettamente e a partire da un problema diverso) come fosse esatto il nostro primo rilievo (positivo) della presenza della filosofia hegeliana in Gramsci: « Occorre dimostrare che la concezione " soggettivistica", dopo aver servito a criticare la filosofia della trascendenza da una parte e la metafisica ingenua del senso comune e del materialismo filosofico, può trovare il suo inveramento e la sua interpretazione storicistica solo nella concezione delle superstrutture mentre nella sua forma speculativa non è altro che un mero romanzo filosofico » 3. Il tema ora accennato diventa problema nei brani sulla cosiddetta « Traducibilità dei linguaggi scientifici e filosofici » 4 come rapporto fra il linguaggio politico francese e il linguaggio della [...]

[...]zione in Hegel, decomposizione dell'hegelismo, filosofia della prassi come risultato storico, ed ora possiamo aggiungere storiografico. Ché sto
1 M. S., p. 43.
2 Ivi, ma qd. XVIII.
3 M. S., p. 141.
4 M. S., p. 63 sgg.
Livio Sichirollo 275
ricità deve poter significare intelligibilità nella storia della storia, dare a se stessi la possibilità di configurare un passato che abbia senso per gli uomini. Di questo passato della filosofia che con Gramsci oggi facciamo nostra abbiamo tracciato una direzione, un momenta.
***
Per il senso di questa ricerca si devono tener presenti alcune ragioni, che si potevano anche esporre come introduzione. Ma la libertà (non soggettiva) con la quale abbiamo percorso il testo gramsciano e la meditazione di Gramsci su Hegel ci consente di ridurre le nostre presupposizioni a questa nota. C'è una premessa di carattere metodico, esposta nella relazione di Luporini, necessaria: « ... l'importanza filosofica del pensiero di Gramsci... è piuttosto da ricercarsi nel livello in cui le diverse questioni si incontrano e tendono ad articolarsi, nell'indirizzo e contenuto d'insieme e nel metodo del suo pensiero ». Tale premessa va intesa all'interno dello schema che ha proposto Garin quando nota nell'introduzione alla sua relazione: « Non a caso Gramsci si proponeva proprio il problema di chi voglia ricostruire la genesi e la struttura di una concezione del mondo, che l'autore non abbia mai esposto sistematicamente, e quindi non sia rintracciabile in ogni singolo scritto o serie di scritti, ma nell'intero sviluppo del lavoro intellettuale vario... » . Garin ci ricorda anche lo sdegno di Gramsci per l'abitudine di sollecitare i testi. C'è dunque una coincidenza in questi testi, almeno come li leggiamo ora, e prescindendo dalla quasi impossibile configurazione di una evoluzione, tra frammento e problema, coincidenza che non può che essere lasciata in tutta la sua apertura, con tutta la varietà di direzioni e sollecitazioni che essa rende possibili. C'è una premessa poi di carattere piú interno, che deve giustificare il nostro tema, sicché questo non sembri subito evitare quella raccomandazione gramsciana che abbiamo sopra ricordato. E noto che la nostra storiografia filosofica ha mani[...]

[...]incidenza in questi testi, almeno come li leggiamo ora, e prescindendo dalla quasi impossibile configurazione di una evoluzione, tra frammento e problema, coincidenza che non può che essere lasciata in tutta la sua apertura, con tutta la varietà di direzioni e sollecitazioni che essa rende possibili. C'è una premessa poi di carattere piú interno, che deve giustificare il nostro tema, sicché questo non sembri subito evitare quella raccomandazione gramsciana che abbiamo sopra ricordato. E noto che la nostra storiografia filosofica ha manifestato e manifesta in alcune sue figure una determinazione del rapporto HegelMarx, idealismo classico tedescomarxismo, del tutto originale (non ha qui importanza che certe sue radici possano riconoscersi in alcune interpretazioni francesi o nello He
m. S., pp. 1045.
276 I documenti del convegno
gel di Lukàcs), storicamente giustificata dall'evoluzione marxiana e riconducibile in alcuni suoi nessi alle individuazioni positivonegative che di Hegel si leggono nel Nachlass di Lenin. Non ha interesse fare nomi,[...]

[...]ll'evoluzione marxiana e riconducibile in alcuni suoi nessi alle individuazioni positivonegative che di Hegel si leggono nel Nachlass di Lenin. Non ha interesse fare nomi, ma vorrei soltanto ricordare il giudizio di uno di questi interpreti sull'evoluzione di un maestro, che oggi non è piú tra noi. Massolo ha potuto dire recentemente di Banfi: « Egli manifesta la coscienza piena che il marxismo viene da lontano » . Questo giudizio è un omaggio a Gramsci. Ora, una libera esplorazione degli incontri di Gramsci con Hegel può aver portato un po' di luce nella direzione indicata, può costituire una motivazione di come Hegel all'interno del suo storico rapporto con Marx sia veramente la grande ragione speculativa del nostro tempo e di come le filosofie che in quel rapporto non si riconoscono nient'altro sono che linguaggi speculativamente non significanti per ciò che negano il reale e se stesse.



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] G. Tamburrano, Gramsci e l'egemonia del proletariato in Studi gramsciani

Brano: Giuseppe Tamburrano
GRAMSCI E L'EGEMONIA DEL PROLETARIATO
Un aspetto del pensiero politico di Gramsci che non è stato sufficientemente studiato ed approfondito è la concezione dell'egemonia. Eppure tale concezione rappresenta un originale contributo allo sviluppo del marxismo ed è la chiave di volta per comprendere le tesi gramsciane sugli intellettuali ed il partito. Coloro che si sono occupati del problema o hanno allineato acriticamente la concezione gramsciana alle tesi di Marx, Lenin, Stalin, Zdanov, oppure, al contrario, hanno genericamente sottolineato l'esigenza democratica del concetto di egemonia.
Il punto di partenza della concezione gramsciana è nella critica alla interpretazione meccanicistica della filosofia marxista. Dagli scritti giovanili su Il grido del popolo alle note sul saggio di Bukharin è costante in Gramsci il rifiuto del marxismo come filosofia della necessità storica. Per questo suo atteggiamento egli fu accusato dai riformisti e dai massimalisti di ispirarsi a tesi volontaristiche mentre l'attenzione di Gramsci se da una parte è rivolta contro il fatalismo materialistico dall'altra è sempre vigilante contro il pericolo del volontarismo idealistico. Dal superamento delle due opposte concezioni nasce la filosofia della prassi, filosofia non del fatto storico, ma del fatto umano nella storia, non della volontà o delle idee astratte, ma dell'azione dell'uomo e dei gruppi nella dialettica dei rapporti sociali.
L'interpretazione riformistica del marxismo che faceva del fatto economico un nuovo « Dio ascoso » della storia (come scrisse Croce) cede ad una rinnovata concezione del marxismo come filosofia de[...]

[...] cede ad una rinnovata concezione del marxismo come filosofia dell'azione proletaria, concezione del mondo della nuova classe fondamentale approprian
278 I documenti del convegno
dosi della quale il proletariato acquista la coscienza della sua posizione nella società, della sua funzione nella storia e quindi della necessità della sua azione conseguente per tradurre in atto la sua filosofia cioè per costruire la società socialista.
Il pensiero gramsciano risente sia l'influenza della polemica di Croce contro le filosofie fatalistiche e positivistiche sia, soprattutto, l'influenza della critica leninista al marxismo deterministico della socialdemocrazia europea. Attraverso il leninismo, come dottrina della strategia politica del proletariato, perviene ad una puntualizzazione e ad un rinnovamento del marxismo. La rivalutazione della prassi, della consapevole volontà creatrice delle masse spinge il suo interesse verso lo studio della storia eticopolitica, cioè dell'azione effettiva degli uomini. La tesi marxista che l'umanità si pone solo que[...]

[...]tono già le condizioni materiali, viene approfondita ed integrata nella ricerca dei modi, delle forme, del come l'umanità effettivamente realizza quei compiti; cioè l'attenzione si sposta verso le « condizioni spirituali » della dialettica storica. In tal modo il marxismo viene depurato di ogni residuo meccanicistico e l'uomo riappare in tutto il suo valore di protagonista della sua storia. È in questo quadro che occorre collocare i rapporti tra Gramsci e Lenin. Già nel Grido del popolo del 5 gennaio 1918 egli scrisse che la Rivoluzione russa « la rivoluzione contro Il Capitale di Carlo Marx. Il Capitale di Carlo Marx era, in Russia, il libro dei borghesi piú che dei proletari. Era la dimostrazione critica della fatale necess_tà che in Russia si formasse una borghesia, si iniziasse un'era capitalistica... I bolscevichi rinnegano Carlo Marx, affermano con la testimonianza dell'azione esplicata, delle conquiste realizzate, che i canoni del materialismo storico non sono cosí ferrei come si potrebbe pensare e si è pensato ». Ma essi, prosegue, «[...]

[...]lo che non muore mai, che è la continuazione del pensiero idealistico italiano e tedesco e che in Marx si era contaminato di incrostazioni positivistiche e materialistiche ». A pagina 32 di M. S. afferma l'identità tra filosofia e politica, tra pensiero ed azione e soggiunge: « la teorizzazione e la realizzazione dell'egemonia fatta da Ilici è stato anche un grande avvenimento metafisico » .
Sul piano piú strettamente politico, cioè strategico, Gramsci aderisce alle tesi leniniste negli anni successivi alle conferenze di Zimmerwald e Kienthal. Tutta la sua azione politica, tutto il suo pensiero dell'Ordine
Giuseppe Tamburrano 279
Nuovo è ispirato profondamente alla strategia leninista dl preparazione della rivoluzione per la conquista violenta del potere. Egli sosteneva che la situazione italiana era analoga a quella della Russia di Kerenski (Avanti! di Torino, 26 giugno 1919), che bisognava organizzare l'avanguardia rivolùzionaria del proletariato, sviluppare l'azione nel seno della società capitalistica, delle sue istituzioni economiche[...]

[...]i nella Quistione meridionale.
La critica del determinismo economico è il punto di partenza per lo studio dell'azione degli uomini nella concretezza della realtà storica. La filosofia della prassi essendo non tanto analisi delle strutture ma soprattutto delle sovrastrutture (storia eticopolitica) pone l'accento inevitabilmente sulla politica, cioè sulla volontà organizzata di conservare o modificare le strutture della società. Ciò che interessa Gramsci non è tanto l'organizzazione dei rapporti di classe ma il modo come è stata creata e viene conservata questa organizzazione, ed il modo come la classe subalterna deve porsi il problema di modificarla. Entrati nel dominio della politica le questioni che sorgono non riguardano piú la società capitalistica come tipo astratto di società, ma la società capitalistica nazionale, cioè una realtà effettuale, ed inoltre non concernono i rapporti tipici tra capitalismo e proletariato ma i rapporti concreti tra classe dirigente nazionale e proletariato. Da ciò prende le mosse l'analisi del come la classe[...]

[...]ioè finalmente (finalmente perché per la prima volta vengono affrontati questi problemi dalla letteratura marxista) lo studio della società e dello Stato,
19.
280 1 documenti del convegno
del loro dinamismo interiore, cioè della politica tout court. Questi problemi, infatti, erano stati sempre risolti dai marxisti con generici riferi
menti alla violenza della classe dominante, alla coercizione dell'apparato statale, alla dittatura di classe. Gramsci non nega il carattere coercitiva
dell'apparato statale ma rileva che non basta affermare che una società si regge sulla coercizione delle leggi e sulla forza materiale degli organi di repressione per comprendere le ragioni per cui una classe normalmente esercita il predominio. In effetti quando si parla di società borghese o feudale, non si intende solo un modo di produzione capitalistico o feudale mantenuto coattivamente dalle leggi, dai giudici e dalla forza mili tare, si intende anche un certo modo di vivere e di pensare, una Weltanschauung, una concezione del mondo diffusa nella società [...]

[...]ere e di agire degli uomini, dei governati, è il puntello piú importante dell'ordine costituito; la forza materiale è una forza di riserva per i momenti eccezionali di crisi. Di norma il dominio della classe dominante si fonda su quelle forze che possiamo chiamare « spirituali », cioè su una adesione dei governati al tipo di società in cui vivono, al modo di vita di quell'ordine di vita sociale, cioè sul consenso. È questo consenso che interessa Gramsci, che egli cerca di definire, analizzare e spiegare.
Da ciò le sue note sul buon senso, il folclore, gli intellettuali. Nella nota « Connessione tra il senso comune, la religione e la filosofia » 1 egli parte dalla premessa che la concezione del mondo della classe dominante è stata popolarizzata ed è diventata senso comune, il che significa che i diretti sono stati conformizzati ai principi filosofici della classe dominante, principi borghesi. Ma nella realtà si è verificata una frattura tra teoria e pratica, cioè ad un certo punto per l'evoluzione dei rapporti sociali ed economici l'attività[...]

[...]ucare i lavoratori ad una nuova filosofia, alla loro filosofia, sottraendoli alla estraniazione filosofica borghese. II compito di fare acquistare ai lavoratori la coscienza del loro essere sociale spetta agli intellettuali organici della classe subalterna ed al partito. Da questa proposizione scaturiscono conseguenze assai importanti. Partendo dalla constatazione che il dominio di una classe normalmente non si fonda solo sulla forza coercitiva, Gramsci distingue la società civile dalla società politica: nella prima la classe dominante cerca il consenso, nella seconda attua la coercizione. Nelle Lettere egli scrive che lo Stato « di solito è inteso come società politica (o dittatura o apparato coercitivo per conformare la massa popolare secondo il tipo di produzione e l'economia di un momento dato) e non come un equilibrio della società politica con la società civile (o egemonia di un gruppo sociale sull'intera società nazionale esercitata attraverso le organizzazioni cosiddette private, come la Chiesa, i sindacati, le scuole ecc.). E appunt[...]

[...]ori della società ma significa che il dominio di una classe non si esprime soltanto come coercizione ma è consenso dei governati corazzato di coercizione, che cioè la classe dominante plasma attraverso i suoi intellettuali e le istituzioni culturali, educative e religiose i diretti ma nello stesso tempo organizza la forza che garantisce la stabilità sociale nei periodi di crisi ed impone l'accettazione del regime ai riluttanti. Infatti, prosegue Gramsci nel ci
L. C, p. 137.
2 .1., p. 9.
3 R., p. 70.
282 I documenti del convegno
tato passo del Risorgimento: « Un gruppo sociale è dominante dei gruppi avversari che tende a " liquidare " o a sottomettere anche con la forza armata ed è dirigente dei gruppi affini e alleati ».
La distinzione tra società politica e società civile (che tra l'altro non è nuova nella scienza politica), tra dominio ed egemonia non ha solo grande importanza teorica, ma ha anche una grande importanza pratica. Infatti la classe rivoluzionaria deve porsi il problema del potere non solo come appropriazione degli strum[...]

[...]teorica, ma ha anche una grande importanza pratica. Infatti la classe rivoluzionaria deve porsi il problema del potere non solo come appropriazione degli strumenti del dominio politico, ma anche e prima di tutto degli strumenti di egemonia: la conquista del potere non è solo conquista dell'apparato coercitivo della società politica ma prima di tutto conquista del consenso delle masse. Ciò d'altronde non significa ricerca del successo elettorale. Gramsci, pur non disconoscendo i1 valore sintomatico delle elezioni, come banco di prova della effettiva egemonia di un gruppo sociale, non si nasconde che il successo elettorale può essere un rapporto effimero ed occasionale, frutto di un boom, di uno scoppio emotivo, « di panico o di entusiasmo fittizio »1. I1 consenso deve essere espressione di un rapporto organico, di direzione intellettuale e morale, per cui le masse si sentono permanentemente legate alla ideologia e alla leadership politica dello Stato come espressione delle loro concezioni e delle loro aspirazioni. Con le parole di Renan possi[...]

[...]evolute dell'Occidente è ma
1 P., p. 138.
Giuseppe Tamburrano 283
tura per il socialismo perché è obiettivamente interessata alla instaurazione di una società piú giusta. La recente inchiesta dell'Express sulla Nouvelle Vague ha appurato che in Francia la grande maggioranza delle nuove generazioni è contraria alla attuale organizzazione della produzione e della distribuzione della ricchezza.
Non a caso si è parlato della società occidentale. Gramsci nel carcere comprese la profonda differenza tra la società russa prerivoluzionaria e la società occidentale. In polemica con le tesi di Trotzkj, che ignoravano queste differenze, egli scrisse: « Mi pare che Ilici aveva compreso che occorreva un mutamento dalla guerra manovrata, applicata vittoriosamente in Oriente nel '17, alla guerra di posizione che era la sola possibile in Occidente... Solo the Ilici non ebbe il tempo di approfondire la sua formula, pur tenendo conto che egli poteva approfondirla solo teoricamente, mentre il compito fondamentale era nazionale, cioè domandava una ricognizio[...]

[...]voluti. Nelle diverse condizioni del mondo occidentale l'obiettivo del proletariato, dei suoi partiti e dei suoi intellettuali organici con
1 Mach., p. 68.
284 I documenti del convegno
siste non solo nella conquista della « trincea » statale ma nell'impossessamento delle « fortezze e delle casematte», nel penetrare cioè profondamente nella società civile sostituendo all'egemonia borghese l'egemonia socialista. La conquista della egemonia, che Gramsci definisce « democrazia moderna », non sorge dopo la conquista del potere politico: essa deve essere realizzata prima. In una nota del Risorgimento egli scrive: « un gruppo sociale può, anzi deve essere dirigente già prima di conquistare il potere governativo (è questa una delle condizioni principali pet Ia stessa conquista del potere); dopo, quando esercita il potere e anche se lo tiene fortemente in pugno, diventa dominante, ma deve continuare ad essere dirigente » 1.
Se si collega la distinzione tra società civile e società politica, tra dominio ed egemonia, con l'altra distinzione tra soc[...]

[...]uando esercita il potere e anche se lo tiene fortemente in pugno, diventa dominante, ma deve continuare ad essere dirigente » 1.
Se si collega la distinzione tra società civile e società politica, tra dominio ed egemonia, con l'altra distinzione tra società arretrate e società evolute, il cui criterio discretivo è sempre dato dal riferimento alla esistenza di una società civile sviluppata, si potrà comprendere pienamente l'importanza delle note gramsciane: « per alcuni gruppi sociali che prima dell'ascesa alla vita statale autonoma non hanno avuto un lungo periodo di sviluppo culturale e morale proprio ed indipendente... un periodo di statolatria è necessario e anzi opportuno; questa "statolatria" non è altro che la normale di " vita statale ", d'iniziazione, almeno, alla vita statale autonoma e alla creazione di una " società civile" che non fu possibile storicamente creare prima dell'ascesa alla vita statale indipendente. Tuttavia questa tale " statolatria " non deve essere abbandonata a sé, non deve, specialmente, diventare fanatismo teo[...]

[...]ttavia questa tale " statolatria " non deve essere abbandonata a sé, non deve, specialmente, diventare fanatismo teorico ed essere concepita come " perpetua ": deve essere criticata appunto perché si sviluppi e produca nuove forme di vita statale, in cui l'iniziativa degli individui e dei gruppi sia " statale", anche se non dovuta al " governo dei funzionari" (far diventare "spontanea" la vita statale)» 2.
noto che la funzione egemonica secondo Gramsci spetta al partito ed agli intellettuali. Egli è stato accusato di avere del partito un concetto totalitario. Per Gramsci il partito è il moderno Principe, cioè lo strumento politico non piú individuale ma collettivo. La funzione del partito si collega alla realizzazione dell'egemonia. In alcune pagine 3 egli
1 R., p. 70.
2
P., p. 166.
3 M. S., p. 5 sgg.
Giuseppe Tamburrano 285
precisa che il partito moderno ha il compito di unificare la teoria e la pratica intesa come processo storico reale, cioè di creare quel blocco culturalesociale che consiste nel dare alla massa dei lavoratori la coscienza della loro funzione storica, una concezione del mondo conforme alla loro attività umana. È una concezione totali[...]

[...] è per la massima libertà di discussione interna: « un'orchestra che fa le prove, ogni strumento per canto suo, dà l'impressione della piú orribile cacofonia; eppure queste prove sono la condizione perché l'orchestra viva come un solo " strumento " » 2.
Se vogliamo in breve riassumere queste sparse osservazioni che son necessariamente lacunose ed insufficienti poiché l'argomento esigerebbe una piú estesa analisi, possiamo dire che la concezione gramsciana è una concezione realmente democratica e segna un ritorno al marxismo classico. La strategia socialista nel mondo occidentale non può consistere nell'azione rivoluzionaria di una minoranza per rovesciare il potere del gruppo dominante ed avviare con l'esercizio dittatoriale del potere l'organizzazione della vita statale. Questa strategia riguarda i paesi arretrati. Le società occidentali sono altamente industrializzate e le masse dei cittadini non vivono allo stato primordiale ed amorfo. A causa dello sviluppo dei rapporti sociali di produzione e della diffusione della ideologia della clas[...]

[...]se è assicurato oltre che dalle verifiche elettorali e dalla partecipazione effettiva dei lavoratori alla vita degli organismi sociali e politici, soprattutto dalla unità ideologica e culturale esistente tra diretti e governanti, dal rapporto organico tra società civile e società politica.
Questi brevi accenni forse permettono di comprendere quanto attuale possa essere lo studio e la discussione critica della concezione dell'egemonia di Antonio Gramsci.



da [Gli interventi] Eric Hobsbawm in Studi gramsciani

Brano: Eric Hobsbaivm

L’influenza di Gramsci in Inghilterra non è stata fino ad oggi sensibile. Solo nel dopoguerra alcuni inglesi hanno cominciato a conoscere le sue opere attraverso le edizioni italiane e ne hanno poi parlato in Inghilterra senza che ciò avesse però ripercussioni importanti nel nostro movimento operaio. Tuttavia negli ambienti culturali, tra gli intellettuali, le pubblicazioni delle opere di Gramsci sono state oggetto di commento come fatto legato alla vita culturale italiana. Ricordo, per esempio, l’ampio spazio dedicato una diecina di anni fa alla pubblicazione delle opere di Gramsci dal Times Literary Supplementi.

Va detto però che negli ultimi anni la conoscenza di Gramsci e la sua influenza sono andate crescendo negli ambienti marxisti inglesi e niella sinistra del movimento operaio. Notevole ripercussione ha avuto l’anno scorso un articolo degno di rilievo apparso nel Marxist Quarterly, e senza dubbio vasta eco avrà la prima scelta degli scritti di Gramsci che finalmente siamo riusciti a pubblicare in traduzione inglese. Questa edizione, malgrado le critiche, e molte, che ad essa possono essere mossee costituisce senza dubbio un passo avanti, perché dà la possibilità di leggere in lingua inglese una serie di scritti di Gramsci.

Fino ad ora, dunque, il bilancio degli studi gramsciani e dell’influenza di Gramsci in Inghilterra è abbastanza modesto. Fatto inevitabile perché solo i rari inglesi in grado di leggere in italiano e, fra loro, soprattutto i marxisti, hanno diffuso le sue idee; fatto che trova una spiegazione anche nella peculiarità, e se mi permettete, l’italianità di Gramsci.

Tutto in Gramsci, il suo idioma, il suo stile, le sue allusioni, la sua

35.536

Gli interventi

formazione culturale e intellettuaile, tutto presuppone una conoscenza precisa della vita italiana, delle tradizioni e della storia italiana; e bisogna pur riconoscere che queste tradizioni, questo idioma, sono difficili a penetrare per gli inglesi i quali sono forse limitati dall'essere, per cosi dire, un popolo un po’ insulare.

Malgrado queste difficoltà, l'influenza degli scritti di Gramsci è destinata ad essere sempre maggiore e credo proprio per quella peculiarità e italianità alla quale or ora mi r[...]

[...] le sue allusioni, la sua

35.536

Gli interventi

formazione culturale e intellettuaile, tutto presuppone una conoscenza precisa della vita italiana, delle tradizioni e della storia italiana; e bisogna pur riconoscere che queste tradizioni, questo idioma, sono difficili a penetrare per gli inglesi i quali sono forse limitati dall'essere, per cosi dire, un popolo un po’ insulare.

Malgrado queste difficoltà, l'influenza degli scritti di Gramsci è destinata ad essere sempre maggiore e credo proprio per quella peculiarità e italianità alla quale or ora mi riferivo.

Per noi, e, credo, anche per i marxisti di altri paesi, Gramsci è un esempio prezioso e forse troppo raro neH’epoca recente, d’elaborazione dell’analisi generale marxista e leninista nei termini, nelle tradizioni, nelle condizioni specifiche di un paese. Un esempio prezioso di marxismo creativo.

Non dico che Gramsci sia un vangelo, un vangelo marxista, né che egli abbia sempre avuto ragione, e neanche che l'Italia costituisca un paradigma per gli altri paesi. È pur vero che la esperienza italiana è preziosa per noi tutti perché il vostro paese con la sua storia significativa ed interessante riunisce le caratteristiche dei paesi avanzati e di quelli sottosviluppati. È anche vero che noi storici ammiriamo Gramsci come osservatore e analizzatore acutissimo della storia italiana e della storia europea; ma benché molte concezioni di Gramsci siano giuste e profonde e possano applicarsi altrove, il suo valore per noi è soprattutto da ricercare nel suo esempio di capacità creativa, nel suo metodo.

L’influenza di Gramsci si estenderà in Inghiterra non tanto quando tutte le sue opere saranno tradotte e commentate, ma quando un lavoro analogo al suo sarà fatto anche in Inghilterra.

In questo senso io credo che Gramsci abbia già cominciato a dare un sensibile contributo allo sviluppo dcH'analisi marxista nel mio paese e desidero rendere omaggio all’uomo che con la sua mente e la sua azione reca un cosi importante aiuto non solo al movimento operaio italiiaoo ma a tutto il movimento operaio internazionale.



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] U. Cerroni, Gramsci e il superamento della separazione tra società e Stato in Studi gramsciani

Brano: Umberto Cerroni
GRAMSCI E IL SUPERAMENTO DELLA SEPARAZIONE
TRA SOCIETÀ E STATO
La separazione appare come il rapporto normale in questa società.
MARX
Al fondo della opera critica e ricostruttiva di Marx sta una costante istanza unitaria: l'istanza, cioè, mirante ad afferrare nella sua pienezza e totalità l'unità del mondo oggettivo (natura e società) organato secondo leggi che vanno bensí specificandosi socialmente al livello della natura umana, ma che sempre conservano una loro integrale adeguatezza e sufficienza oggettiva. Questa istanza unitaria, in pari tempo ipotesi e sperimentazione, cioè costruzione scien[...]

[...]nivoci della scienza non piú soltanto in relazione alla natura ma anche in relazione alla storia e alla società umana. È però da notare come questa opera di depurazione antimetafisica e antispeculativa non resti confinata nelle sfere della conoscenza, ma si trovi necessariamente ad essere condizionata da una reale trasformazione della società. Per precisare questo condizionamento storico della ricostruzione teorica, che vedremo operante anche in Gramsci, varrà riferire un passo del Capitale che, sebbene attinente specificamente alla religione, ci sembra riferibile nei suoi termini generali all'intera coscienza sociale mistificata della società divisa in classi (coscienza sociale, del resto, che dalla mistificazione speculativa trae una essenziale e indistruttibile analogia con la religione).
106 I documenti del convegno
Il passo di Marx è il seguente: « Il riflesso religioso del mondo reale può scomparire, in genere, soltanto quando i rapporti della vita pratica
quotidiana presentano agli uomini giorno per giorno relazioni chiaramente raz[...]

[...]ficamente — motivata la trasformazione reale della società conosciuta con metodo scientifico, cioè secondo le sue leggi naturalispecifiche.
Il programma di costruire una società nuova, radicalmente rivoluzionata e unificata secondo le sue leggi oggettive, in cui « la figura del
processo vitale sociale... sta come prodotto di uomini liberamente uniti in società » s'impone insomma come compito cardinale della stessa riforma intellettuale. Di ciò Gramsci ha piena e articolata consapevo
K. MARX, Il Capitale, Roma, 1951, vol. I, 1, p. 93.
2 Op. cit., p. 89.
Umberto Cerroni 107
lezza. Basti qui citare i seguenti due passaggi (in polemica con Bukharin):
« La radice di tutti gli errori del Saggio e del suo autore... consiste appunto in questa pretesa di dividere la filosofia della prassi in due parti: una
" sociologia " e una filosofia sistematica. Scissa dalla teoria della storia e della politica, la filosofia non può essere che metafisica, mentre la grande conquista della storia del pensiero moderno, rappresentata dalli filosofia della pr[...]

[...]iero moderno, rappresentata dalli filosofia della prassi, è appunto la storicizzazione concreta della filosofia e la sua identificazione con la storia ». E ancora: « La filosofia della prassi è lo " storicismo " assoluto, la mondaniz'a>ione e terrestrità assoluta del pensiero, un umanesimo assoluto della storia. In questa linea è da scavare il filone della nuova concezione del mondo » 1.
Questa coerenza con la impostazione di Marx si svolge in Gramsci anche in relazione all'essenziale problema della concreta ricostruzione della società, imposta come si è detto da una puntuale esigenza scienti
fica (oltre che storica di classe).
Scrive Gramsci ripetutamente che fine ultimo della rivoluzione comunista è la creazione di una « società regolata » ovvero il « riassorbimento della società politica nella società civile » 2. Tralasciando i problemi attinenti alle forme e ai ritmi del processo che a ciò conduce (su cui è ancora illuminante l'analisi di Lenin) preme piuttosto verificare sul piano teorico l'essenzialità di quel « riassorbimento » ai fini già accennati di una ricostruzione unitaria della società umana e della coscienza sociale.
A tal fine appare utile ricordare una acuta polemica di Lenin con Struve circa la natura dello Stat[...]

[...]e: « Nessuno, naturalmente, potrebbe chiamare Stato una comunità in cui " l'organizzazione dell'ordine " sia diretta a turno da tutti i suoi membri ».
Questa citazione di Lenin serve a precisare come e perché nel pensiero marxista la critica dello Stato (inteso non come potere coercitivo, ma come separazione della « organizzazione dell'ordine » dalla totalità del popolo, dalla società) assuma posto essenziale. E serve altresí a documentare come Gramsci, anche a questo proposito, sia strettamente coerente alla impostazione di Marx e Lenin. Come Marx e Lenin, infatti, Gramsci avverte che « solo il gruppo sociale che pone la fine dello Stato e di se stesso come fine da raggiungere, può creare uno Stato etico, tendente a porre fine alle divisioni interne di dominanti e dominati ecc., e a creare un organismo sociale unitario tecnicomorale » 2. Di piú: soltanto partendo dalla precisazione di Lenin circa la natura dello Stato se ne può intendere il condizionamento economico di classe che non discende già (soltanto) dalla deliberata volontà del gruppo dominante di opprimere, ma proprio dalla sostanziale e strutturale caratteristica dello Stato come risultanza necessaria[...]

[...]ioè nel comunismo).
2 Mach., p. 128.
Umberto Cerroni 109
dello Stato e del diritto come derivante dalla volontà del gruppo dominante 1. E, finalmente, soltanto cosí si può preservare l'integrità rivoluzionaria della critica marxista allo Stato borghese moderno ove la separazione tra potere pubblico e popolo non può essere sanata se non dalla totale trasformazione delle strutture economiche e della stessa « macchina statale ». Con le parole di Gramsci si può altrimenti dire che senza un riassorbimento (sia pure graduale) del potere politico nella società dei produttori la trasformazione radicale dello Stato borghese non è possibile. Piú in generale — e in termini politici — non è possibile risolvere l'antinomia della società borghese moderna senza sopprimerla con un integrale rivoluzionamento delle sue strutture economiche e politiche.
Ma vediamo di approfondire ulteriormente il problema del superamento della separazione tra Stato e società, in cui abbiamo visto riposare una caratteristica generale della società divisa in classi. L'analis[...]

[...] è vero che questa origine del potere politico non dipende dalla volontà di una classe, ma dal processo storicoeconomico reale, ben si comprende che la critica dello Stato non può esaurirsi nella critica della volontà di classe che lo anima: deve svolgersi come radicale critica del processo di separazione dello Stato dalla società. E se questa critica, poi, vuole divenire effettivamente incisiva sulla realtà dovrà tradursi, come lucidamente vide Gramsci, nella costruzione di « un nuovo ordine sulla base del quale sia resa impossibile l'esistenza della società divisa in classi e il cui sviluppo sistematico tenda perciò a coincidere con un processo di esaurimento del potere di Stato, con un dissolversi sistematico dell'organizzazione politica di difesa della classe proletaria che si dissolve come classe per diventare l'umanità » 1. Un tale ordine appare logicamente possibile soltanto mediante una radicale riforma della società che possa « realizzare l'unità della classe lavoratrice al di sopra delle categorie determinate dalla divisione del la[...]

[...]e con un processo di esaurimento del potere di Stato, con un dissolversi sistematico dell'organizzazione politica di difesa della classe proletaria che si dissolve come classe per diventare l'umanità » 1. Un tale ordine appare logicamente possibile soltanto mediante una radicale riforma della società che possa « realizzare l'unità della classe lavoratrice al di sopra delle categorie determinate dalla divisione del lavoro » 2. Con eguale acutezza Gramsci vide altresí la profonda tendenziale trasformazione che nella nuova società vivrà lo stesso ordinamento giuridico, il cui fine sarà di realizzare le condizioni stesse del suo esaurimento. Lo Stato nuovo avrà infatti non già « un diritto costituzionale del tipo tradizionale, ma solo
1 0. N., p. 136.
2 0. N., p. 29. Ma vedi anche p. 95.
T
Umberto Cerroni 111
un sistema di principi che affermano come fine dello Stato la sua propria fine, il suo proprio sparire, cioè il riassorbimento della società politica nella società civile » 1.
Se si tiene presente la somma di indicazioni date da Marx [...]

[...]che postulò — come positivo progresso storico — l'eguaglianza politicogiuridica degli uomini. Tale eguaglianza, nata dalla soppressione del privilegio feudale cui si contrappone il diritto della società borghese, è sostanzialmente « l'astrazione dalla società civile, dalla sua condizione reale » resa possibile e necessaria dalla astrattezza stessa del lavoro nella società mercantilecapitalistica (ove il valore sovrasta sul valore d'uso).
Quando Gramsci delinea i tratti caratteristici del nuovo Stato socialista (di transizione) pone sempre l'accento sul concetto di « autogoverno delle masse » proprio per sottolineare la fine dell'antagonismo tra pubblico e privato, il progressivo riassorbimento delle funzioni politiche nelle funzioni sociali. Egli scrive per esempio: « Il tipo di Stato proletario
1 Mach., p. 94.
112 1 documenti del convegno
non è la falsa democrazia borghese... ma la democrazia proletaria che realizzerà la libertà delle masse lavoratrici; non il parlamentarismo, ma l'autogoverno delle masse attraverso i propri organi elet[...]

[...]2 1 documenti del convegno
non è la falsa democrazia borghese... ma la democrazia proletaria che realizzerà la libertà delle masse lavoratrici; non il parlamentarismo, ma l'autogoverno delle masse attraverso i propri organi elettivi; non la burocrazia di carriera, ma organi amministrativi creati dalle masse stesse, con la partecipazione reale delle masse all'amministrazione del paese e all'opera socialista di costruzione ». Di piú. Si ripete in Gramsci una prospettiva che Marx stesso aveva appena accennato quando nella Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico affermava che « in uno Stato razionale conviene piuttosto far l'esame per diventare calzolaio che funzionario esecutivo dello Stato », che cioè si deve ridurre la funzione politica a funzione sociale. Ora, in una bellissima nota dell'Ordine Nuovo Gramsci, sia pure di passaggio soltanto, vede lucidamente lo stesso problema quando rileva (a proposito della censura) che nella società odierna « l'impiegato dello Stato è un mezzo, non è un'attività... È una satrapia, non è una funzione » 1. E si tratta invece proprio di ridurre il mezzo ad attività, la carica a funzione. E ancora: « A differenza dello Stato borghese che è tanto piú forte all'interno e all'esterno quanto meno i cittadini controllano e seguono l'attività dei poteri, lo Stato socialista domanda la partecipazione attiva e permanente dei compagni alla vita delle sue istituzioni ». Conc[...]

[...]i considerare il diritto soltanto come « volontà della classe dominante trasposta in legge », formula che fu bens' usata da Marx ma con allusione alla sola norma. Ché infatti è sempre presente 'in Marx (e in Lenin) il concetto della duplice composizione del diritto (come rapporto e poi come norma) 1. Ne consegue, inoltre, fatalmente un appiattimento del diritto nella politica, una esclusiva considerazione del momento coercitivo del diritto (come Gramsci acutamente vide) e non anche la sua adeguatezza ai rapporti di produzione. Cosí, ad esempio, può accadere che la critica del diritto borghese contemporaneo venga prevalentemente limitata alla « violazione della legalità borghese » e non estesa invece alla sua stessa natura di « norma eguale per condizioni diseguali » (Marx).
Per quanto riguarda l'anarchismo, egualmente esso rischia di riaffiorare ove vengano trascurati i fondamenti storici determinati di ogni organismo statuale e giuridico, la loro relatività e dipendenza dai rapporti di produzione. In questo caso la critica dello Stato e de[...]

[...]egualmente esso rischia di riaffiorare ove vengano trascurati i fondamenti storici determinati di ogni organismo statuale e giuridico, la loro relatività e dipendenza dai rapporti di produzione. In questo caso la critica dello Stato e del diritto torna ad esercitarsi su quei concetti di « Stato in generale » e di « diritto in generale » che arbitrariamente trascendono le categorie storiche determinate. Lucidissimo, in proposito, è il pensiero di Gramsci il quale
« La legislazione sia politica che civile scrive per esempio Marx non fa che pronunciare, che verbalizzare la volontà dei rapporti economici » (Miseria della filosofia, Roma, Ed. Rinascita, 1949, p. 68). E ancora, esplicitamente contro la riduzione del diritto a norma : « tutte le istituzioni di carattere collettivo vengono mediate dallo Stato e ricevono una forma politica. Di qui l'illusione che la legge riposi sulla volontà, ed invero sulla volontà libera, avulsa dalla sua base reale. Del pari il diritto viene allora ridotto alla semplice legge » (Ideologia tedesca, Milano, Ed. I[...]

[...]orma politica. Di qui l'illusione che la legge riposi sulla volontà, ed invero sulla volontà libera, avulsa dalla sua base reale. Del pari il diritto viene allora ridotto alla semplice legge » (Ideologia tedesca, Milano, Ed. IEI, 1947, p. 132).
114 I documenti del convegno
definí l'anarchismo come « la coscienza sovversiva elementare di ogni classe oppressa » e in pari tempo « la coscienza diffusa di ogni classe dominante » . « Poiché — spiega Gramsci — ogni oppressione di classe ha preso forma in uno Stato, l'anarchismo è la concezione sovversiva elementare che pone nello Stato in sé e per sé la cagione di tutte le miserie della classe oppressa. Ogni classe diventando dominante ha realizzato la propria concezione anarchica, perché ha realizzato la propria libertà ». L'anarchismo, insomma, è « la concezione " marginale " di ogni classe oppressa » sicché « il borghese ridiventerà anarchico dopo la rivoluzione proletaria... si accorgerà nuovamente dell'esistenza di uno Stato... » . II nuovo Stato socialista sarà dunque quella « fase della lo[...]



da [Gli interventi] Boris Ziherl in Studi gramsciani

Brano: Boris Ziherl

Mi si permetta di esprimere la mia riconoscenza all'Istituto Gramsci per averci data la passibilità di intervenire ai lavori del Convegno dedicato alla attività pratica e teorica del grande rivoluzionario e pensatore italiano Antonio Gramsci.

In Jugoslavia il nome di Gramsci è largamente conosciuto e non solo per l’attività da lui svolta negli anni tra il 1918’21, non solo per la sua opposizione al fascismo ohe contro di lui si accani nel modo più barbaro. Il nome di Gramsci è conosciuto nel nostro Paese attraverso la traduzione in serbo e in sloveno delle lèttere che egli venne scrivendo dal carcere, e per gli studi che sulla sua figura vengono condotti. Le Lettere dal carcere di Gramsci hanno profondamente commosso l’opinione pubblica jugoslava e sono state largamente diffuse non solo tra i comunisti. È significativo che la personalità di Gramsci è stata presentata in Jugoslavia attraverso una prefazione scritta per l’edizione slovena delle Lettere da Ivan Reggent, un vecchio rivoluzionario ben noto tra i comunisti italiani e jugoslavi. È con vivo rammarico che dobbiamo riconoscere che in Jugoslavia sono state pubblicate fino ad ora solo le Lettere di Gramsci ma già si è al lavoro per la traduzione degli altri suoi scritti.

Non sfugge a noi il profondo legame che unisce Gramsci alla vita del suo paese; non si può essere un dirigente rivoluzionario del movimento operaio se questo legame non è profondo. Solo questo legame, per esprimerci con parole di Lenin, può fare di un individuo un dirigente autorevole. In Gramsci questo legame si manifestò nella capacità di interpretare e di assimilare creativamente, alla luce del marxismo, la storia578

Gli interventi

italiana, i suoi sommovimenti. Già dalle Lettere noi abbiamo colto la capacità di Gramsci di penetrare al fondo dei fenomeni politici, economici e culturali della storia presente d’Italia. Abbiamo colto in Gramsci, nella sua battaglia ideale, il rigetto della superficiale negazione delle posizioni altrui, il suo modo di penetrare il pensiero dell’avversario e di coglierne dall’interno le radici degli errori. Procedimento proprio di una mente non dogmatica, ma dialettica.

Né meno sensibilmente ci colpisce, nelle Lettere di Gramsci, il suo profondo umanesimo che tanta suggestione esercita anche verso coloro che sono su posizioni ideologiche le più lontane dal comuniSmo. Il Convegno al quale abbiamo l’onore di partecipare, col suo fecondo lavoro, ci ha rivelato aspetti nuovi della personalità e del pensiero di Gramsci e con ciò stesso anche nuovi aspetti della storia del movimento operaio italiano. Nella persona di Gramsci si trova la migliore conferma del fatto che la classe operaia italiana si presenta oggi come l’erede legittima delle migliori e più deviate 'tradizioni della storia italiana.

Questo Convegno attesta altresì che uno dei metodi più efficaci per la conoscenza reciproca tra il movimento operaio dei diversi paesi, le loro idee, le loro 'esperienze, le loro tradizioni rivoluzionare, è quello di studiare a fondo la loro storia politica e ideale. A maggior ragione ciò è vero per il movimento operaio di due paesi vicini quali l’Italia e la Jugoslavia, i quali hanno interessi tanto comuni, nella lot[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] G. Martano, Il problema della autonomia della filosofia della prassi nel pensiero di A. Gramsci in Studi gramsciani

Brano: Giuseppe Martano
IL PROBLEMA DELLA AUTONOMIA DELLA FILOSOFIA
DELLA PRASSI NEL PENSIERO DI A. GRAMSCI
Nella caratterizzazione di una posizione speculativa come « autono ma » gli osservanti sostenitori di una « tecnica » filosofica tradizionale non possono prescindere dal convincimento che una dottrina debba necessariamente gravitare su di un nucleo di idee nuove o rinnovate, e che su di queste debba svilupparsi un coerente « sistema », la cui legittima candidatura al successo sia garantita dalla ferrea armatura di un apparato logico formalmente privo di contraddizioni.
Non è in questi termini che si pone il problema dell'autonomia della filosofia della prassi, ché in termini siffatti ne sar[...]

[...]innovate, e che su di queste debba svilupparsi un coerente « sistema », la cui legittima candidatura al successo sia garantita dalla ferrea armatura di un apparato logico formalmente privo di contraddizioni.
Non è in questi termini che si pone il problema dell'autonomia della filosofia della prassi, ché in termini siffatti ne sarebbe facile la soluzione con una contestazione di ogni possibilità di farlo. Un rapido excursus sulla visione storica gramsciana renderà ragione della contestazione che agevolmente potrebbero muovere sulla questione dell'autonomia i tradizionalisti della tecnica, ma nello stesso tempo chiarirà i termini nuovi entro i quali il problema viene oggi riproposto.
La nascita della filosofia della prassi ebbe luogo quando il mondo culturale dell'ottocento viveva nel conflitto tra idealismo e positivismo. La filosofia della prassi storicamente si inseriva tra i due fronti della contesa, battendo in breccia da un lato i1 rinnovato teologismo in cui ii nucleo romantico della cultura tedesca era andato classicamente collocando[...]

[...]losofia positiva, della quale però gli he
190 I documenti del convegno
geliani di sinistra apprezzavano il carattere di concretezza che vanta ogni forma di « scientismo » .
Questa posizione iniziale della filosofia della prassi, mentre diventava storicamente operante sul piano degli eventi, speculativamente si prestava a diventare preda del conflitto ideologico che si combatteva sul piano della cultura: sicché la dottrina visse, per dirla con Gramsci, di combinazioni. In un prima momento il trionfo positivistico rese agevole che si attribuisse al marxismo, per il suo rigido economicismo e per quella chiara determinazione (scientifica rispetto all'utopismo filantropico) dei mezzi di lotta, l'etichetta di « materialismo » divenuta via via quasi l'esclusivo segnatalo dell'ortodossia; in un secondo momento l'idealismo fece il suo tentativo di riscatto e di rivendicazione, con una tendenza correttiva dello hegelismo e cioè in direzione antimetafisica ed antiteologizzante. L'acuta analisi gramsciana considerò anzi «combinazione piú rilevante » [...]

[...]e al marxismo, per il suo rigido economicismo e per quella chiara determinazione (scientifica rispetto all'utopismo filantropico) dei mezzi di lotta, l'etichetta di « materialismo » divenuta via via quasi l'esclusivo segnatalo dell'ortodossia; in un secondo momento l'idealismo fece il suo tentativo di riscatto e di rivendicazione, con una tendenza correttiva dello hegelismo e cioè in direzione antimetafisica ed antiteologizzante. L'acuta analisi gramsciana considerò anzi «combinazione piú rilevante » tra le due quella idealistica per « intellettuali puri », mentre la combinazione ortodossa si rivelava piú conforme all'aspettativa di uomini legati all'attività pratica.
La spiegazione del fenomeno è ovviamente intuitiva, se si consideri l'imprescindibilità del legame che col mondo culturale avverte l'intellettuale, e il bisogno che avverte invece l'uomo politico di uno stimolo all'azione: e s'intende facilmente come la filosofia della prassi abbia avvertito l'inderogabile necessità, diagnosticata da Gramsci, di fare i conti con la cultura (fi[...]

[...]mentre la combinazione ortodossa si rivelava piú conforme all'aspettativa di uomini legati all'attività pratica.
La spiegazione del fenomeno è ovviamente intuitiva, se si consideri l'imprescindibilità del legame che col mondo culturale avverte l'intellettuale, e il bisogno che avverte invece l'uomo politico di uno stimolo all'azione: e s'intende facilmente come la filosofia della prassi abbia avvertito l'inderogabile necessità, diagnosticata da Gramsci, di fare i conti con la cultura (filosofia classica tedesca) e con le masse.
Con la cultura la filosofia della prassi non poteva se non storicizzarsi come momenta della vita dell'intelligenza europea, e ricercare le proprie radici nel Rinascimento, nella Riforma, nel calvinismo, nella Rivoluzione francese, nel liberalismo, nello storicismo; con le masse, d'altra parte, non poteva esimersi dal compito di offrire un sistema ben definito di formule rinnovatrici e debellatrici delle forze di conservazione della società borghese.
Siffatta alternativa impediva che la filosofia della prassi indugi[...]

[...]tano la carenza di una premessa razionale, si deve prima insistere in una chiarificazione storica concreta dei germi impliciti nell'ideologia, poi dimostrare, e 10 faremo da un nostro punto di vista, che recenti orientamenti del pensiero rampollati — sia pure polemicamente — sul tronco del marxismo e respiranti nella nuova atmosfera sembrano dare risposta al problema dell'autonomia speculativa, proprio nel senso prospettato dall'acuta intuizione gramsciana.
Abbiamo detto che lo hegelismo rappresenta solo un passo verso l'immanentismo: ed è vero perché risolve l'antico rapporto tra Dio e natura, tra pensiero e mondo oggettivo, stabilendo l'immanenza del reale nel pensiero, anzi l'identità assoluta. Ma poiché il pensiero, per Hegel, è astratto Logo universale, la trascendenza di esso rispetto alla concretezza dell'autocoscienza, ossia dell'uomo storico, non è chi non veda. E né Spaventa, né Croce, né Gentile, hanno eliminato dalle loro dottrine a programma antiteologizzante un residuo di metafisica e di trascendenza sussistente perfino nell'i[...]

[...]in generale », ossia in termini di tecnica filosofica l'uomo astrattamente concepito come univer
Giuseppe Martano 193
sale essenza, no; l'uomo concepito, secondo il sensismo e il meccanicismo, come singolare individuo finito, nemmeno. Di qui ancora la contraddir zione, l'incertezza del fondamento speculativo, la deficienza di autonomia, la possibilità di opposte « combinazioni » dottrinarie.
A questo punto insorge la significativa istanza del Gramsci, che trova oggi conferma sempre piú chiara in tendenze del pensiero contemporaneo.
11 Gramsci sente l'esigenza a) di confutare la necessità di inserire la filosofia della prassi nei vecchi filoni della tradizionale metafisica, b) di mantenere vivo il concetto di dialettica, come superamento continuo di posizioni, c) di tentare una fondazione dell'umanesimo su basi e forme diverse dalle antiche.
« La funzione e il significato della dialettica possonoessere concepiti in tutta la loro fondamentalità, solo se la filosofia della prassi è concepita come una filosofia integrale e originale che inizia una nuova fase nella storia e nello sviluppo mondiale del pensiero, in quanto supera (e sup[...]

[...] la storia ad una pura illusione, avevano élimi
1 M. S., pp. 132133.
I documenti del convegno
nato il trascendente rispetto alla natura, ma avevano ricollocato la trascendenza dell'Essere totale nei riguardi dell'uomo. Insomma nell'idealismo l'Assolutooggetto è diventato Assolutosoggetto, sicché nel panlogismo come nel panteismo l'uomo storico è giuoco, maniifestazione, strumento dell'Assoluto.
Contro le due metafisiche combatte, secondo il Gramsci, l'umanesimo della sinistra hegeliana. Ma una fondazione di una teoria dell'uomo come « primum » di ogni filosofare, l'idea di uomoprotagonista della storia, principio dell'azione e dell'essere, non ha avuto un'adeguata sistemazione dottrinaria, e il rapporto uomonatura è rimasto vago ed incerto, essendo mancata alla filosofia della prassi una noncontraddittoria postulazione teorica: anzi rimanendo per essa condannata la nozione dell'uomo ad essere contesa culturalmente dall'idealismo e dal materialismo, e perciò a persistere, in sostanza, problematica ed ambigua.
Difesa, nel senso di cui so[...]

[...]'azione e dell'essere, non ha avuto un'adeguata sistemazione dottrinaria, e il rapporto uomonatura è rimasto vago ed incerto, essendo mancata alla filosofia della prassi una noncontraddittoria postulazione teorica: anzi rimanendo per essa condannata la nozione dell'uomo ad essere contesa culturalmente dall'idealismo e dal materialismo, e perciò a persistere, in sostanza, problematica ed ambigua.
Difesa, nel senso di cui sopra, la dialettica, i1 Gramsci intuisce la necessità di fondare teoreticamente la nozione di uomo e del suo rapporto con la natura.
Un significativo nucleo speculativo offre il Gramsci per la fondazione di una dottrina dell'uomo.
Egli comincia anzitutto con l'escludere in maniera assoluta l'identificazione della nozione di uomo con quella di individuo. L'uomo non va concepito come il singolo nel suo « singolo momento », ma « come una serie di rapporti attivi (un processo) in cui se l'individualità ha la massima importanza, non è pero il solo elemento da considerare. L'umanità che si riflette in ogni individualità è composta di diversi elementi: 1) l'individuo; 2) gli altri uomini; 3) la natura r 1.
L'uomo perciò non è personalità se non attinge la coscienza di tali rappor[...]

[...]ingolo momento », ma « come una serie di rapporti attivi (un processo) in cui se l'individualità ha la massima importanza, non è pero il solo elemento da considerare. L'umanità che si riflette in ogni individualità è composta di diversi elementi: 1) l'individuo; 2) gli altri uomini; 3) la natura r 1.
L'uomo perciò non è personalità se non attinge la coscienza di tali rapporti.
È facile notare qui che l'attingimento della personalità (nel senso gramsciano dell'espressione) denuncia l'errore d'impostazione delle dottrine metafisicizzanti nel senso tradizionale della parola. L'alterità, la trascendenza, la metafisicità, sono condizionate proprio da ogni proposta
1 M. S., p. 28.
Giuseppe Martano 195
di una teorica dell'uomo come individuo; è la nozione di individuo che pone immediatamente la realtà del metafisico; superata la nozione di individuo e attinta quella di personalità, viene sic et rimpliciter travolta la posizione dualistica individuoalterità che è alla base delle vecchie metafisiche. In altri termini il rapporto individuonatura [...]

[...] perciò ancora acritica) contrapposizione di termini che attende un superamento: l'unità personale dell'uno e dell'altro è superamento dialettico della precedente coscienza individualistica, che va considerata come una tappa per il raggiungimento della coscienza personale.
Tale intuizione, che trova conferma nell'emergenza di spunti dottrinari del pensiero contemporaneo perfettamente consoni, ci pare scorgere in alcuni fondamentali pensieri del Gramsci, anche se non rafforzata dalle considerazioni che sulla scorta di lui oggi si possono fare.
Il Gramsci, piú che soffermarsi sulla fondazione filosofica del concetto, preferisce arricchirne l'intuizione di contenuto: si diventa persona dando un indirizzo razionale al proprio individuale impulso vitale, per sua natura arbitrario, e contribuendo a realizzare nel migliore dei modi la volontà razionalizzata. « L'uomo è da concepire come un blocco storico di elementi puramente individuali e soggettivi e di elementi di massa e oggettivi o materiali coi quali l'individuo è in rapporto attivo. Trasformare il mondo esterno, i rapporti generali, significa potenziare se stesso, sviluppare se stesso » 1. S[...]

[...]ore dei modi la volontà razionalizzata. « L'uomo è da concepire come un blocco storico di elementi puramente individuali e soggettivi e di elementi di massa e oggettivi o materiali coi quali l'individuo è in rapporto attivo. Trasformare il mondo esterno, i rapporti generali, significa potenziare se stesso, sviluppare se stesso » 1. Siffatta nozione di persona è enunciata in termini piú eminentemente politici nelle Note sul Machiavelli, quando il Gramsci scrive di uomomassa e di uomocolletrivo.
A parer nostro, solo sfuggendo, come voleva Gramsci, alla contesa tra i due indirizzi tradizionali, col ripudio di entrambi, la filosofia della prassi potrà arroccarsi su di una ben piú munita posizione speculativa: precisamente sulla posizione del personalismo contemporaneo.
Il personalismo, pur nella varietà delle sue formulazioni, tende univocamente a lottare (fosse pure, talora, soltanto un punto di partenza!) contro ogni residua forma di teologismo dogmatico, e a cercare il fondamento critico di tutto il reale in un'indagine che non tolleri salti al di là dell'interiorità coscienziale.
1 M. S., p. 35.
196 1 documenti del convegno
Si [...]

[...]ne l'accento sulla individualità invocante. Tale originaria prospettiva inficia tutti gli sforzi in senso personalistico che ha inteso fare l'esistenzialismo: sicché l'anarchismo dell'esistenza singolare esclude ogni piano di sviluppo armonico con l'es
Giuseppe Martano 197
sere a noi precluso, e pregiudica definitivamente la possibilità di una « storicizzazione » dell'esistente.
Su di una via piú conforme alla chiara posizione prospettica del Gramsci si è posto il Mounier, in uno scritto, che reca la data del 1934, piú tardi divenuto capitolo del libro Rivoluzione personalistica e comunitaria. È chiaro all'intuito del Mounier che il personalismo non si fonda con un ritorno al tramontato individualismo, e tanto meno con l'esaltazione del superuomo nietzscheano. All'individuo, che è coscienza aggressiva, capricciosa, caparbia, il Mounier oppone la persona che è « dominio, scelta, formazione, conquista di sé » e tutto ciò ha sapore gramsciano e pare tendere come « direzione di esperienza » alla fondazione nel senso auspicato; ma quando, escl[...]

[...] che reca la data del 1934, piú tardi divenuto capitolo del libro Rivoluzione personalistica e comunitaria. È chiaro all'intuito del Mounier che il personalismo non si fonda con un ritorno al tramontato individualismo, e tanto meno con l'esaltazione del superuomo nietzscheano. All'individuo, che è coscienza aggressiva, capricciosa, caparbia, il Mounier oppone la persona che è « dominio, scelta, formazione, conquista di sé » e tutto ciò ha sapore gramsciano e pare tendere come « direzione di esperienza » alla fondazione nel senso auspicato; ma quando, escludendo la coincidenza di persona e coscienza, il Mounier definisce la persona « un centro invisibile a cui tutto si riporta » ... « ospite segreto dei minimi gesti della mia vita... », che « non può cadere direttamente sotto lo sguardo della mia coscienza », allora un germe metafisico rode il tessuto iniziale, e l'incontro con la tra scendenza comincia, e diviene palese nella distinzione delle due vie che si aprono — secondo il Mounier — all'uomo, per condurre l'una all'apoteosi della person[...]

[...] l'incontro con la tra scendenza comincia, e diviene palese nella distinzione delle due vie che si aprono — secondo il Mounier — all'uomo, per condurre l'una all'apoteosi della persona eroica, l'altra sugli abissi della Persona autentica.
Ci pare che, se la filosofia della prassi cerca la sua autonomia in una fondazione di una premessa umanistica saldamente ancorata alla legge della dialettica, le sorti dell'impresa, per una precisa indicazione gramsciana, siano oggi strettamente legate alle sorti dell'altra impresa speculativa: l'autonomia speculativa del personalismo, verso cui stanno tendendo notevoli sforzi del pensiero contemporaneo.
Fondazione della nozione di persona e innesto vivo del ritmo dialettico in essa, eliminandovi la stessa pericolosa distinzione (tra persona e dialettica) e realizzandone invece la perfetta identità: ecco in termini attuali il problema dell'autonomia speculativa della filosofia della prassi, che va sganciata definitivamente dai tentativi di presa dell'idealismo, e, ancor piú, del materialismo.
I problemi [...]

[...]di persona e innesto vivo del ritmo dialettico in essa, eliminandovi la stessa pericolosa distinzione (tra persona e dialettica) e realizzandone invece la perfetta identità: ecco in termini attuali il problema dell'autonomia speculativa della filosofia della prassi, che va sganciata definitivamente dai tentativi di presa dell'idealismo, e, ancor piú, del materialismo.
I problemi del personalismo, proprio nella direzione chiaramente indicata dal Gramsci, possono essere qui oggetto di un fugace cenno. Occorre proporsi di:
a) tentare la caratterizzazione del dato immediato della personalita
198 I documenti del convegno
e dimostrare l'irriducibilità di essa (e perciò l'insignificanza e l'infondatezza di un problema della sua origine) ad un acritico dato metapersonale. Identificare la persona con la coscienza (che è insieme, husserlianamente, coscienza dell'io e dell'altro che è pur « mio »);
b) riconoscere l'impossibilità di definire, mediante la dialettica, la persona, perché la persona è il primum dialettizzante, e non dialettizzabile per[...]

[...]la vita è dialettica (cioè superamento di quelli) e si ribella alle determinazioni statiche di una logica superata.
La dialettica non può essere della sola materia, ma nemmeno sarà dello astratto pensiero. La dialettica è la legge della coscienza umana, in cui anche un elementare esame psicologico scorge un continuo rinnovarsi di irrequietezze, contrasti, placamenti.
Su tale via ci spinge il limpido presentimento di prospettiva del pensiero di Gramsci, articolantesi proprio sui due cardini della « personalità » e della « dialettica ».



da [Gli interventi] Drahomir Barta in Studi gramsciani

Brano: Drahomir Barta

Cari amici, in Cecoslovacchia sono stati già compiuti i primi modesti passii petr conoscere meglio e più a fondo l’opera di Gramsci. Già da alcuni anni sono state tradotte e pubblicate le Lettere dal carcere, e la biografia di Gramsci. Nelle riviste e nei giornali specializzati appaiono con sempre maggiore frequenza articoli e saggi sull’azione e sul pensiero di Gramsci, la cui operla è studiata, in attesa di avere una nostra traduzione, sull’edizione italiana, artìcoli e saggi che sono spesso accompagnati dalla traduzione di alcuni suoi scritti.

Da quello che già conosciamo ci appare in tutta evidenza e con profonda suggestione la grandezza della sua figura, per la chiarezza cristallina della sua vita 'morale, per la importanza determinante che ha avuto in Italia la sua lòtta politica, per la intransigenza scientifica e teorica dispiegata contro i travisamenti dogmatici e revisionistici dei principi del marxismoleninismo, e per il modo creativo e vivific[...]

[...]eorica dispiegata contro i travisamenti dogmatici e revisionistici dei principi del marxismoleninismo, e per il modo creativo e vivificatore con il quale ha saputo, alla luce di quei principi, interpretare la realtà economica, politica e sociale italiana, cogliere le linee di sviluppo storico del processo rivoluzionario di essa e dirigere la lotta delle forze interessate storicamente a questo processo.

La gioventù cecoslovacca ha ravvisato in Gramsci, per la sua personalità, per il suo eroismo, per il suo destino umano, per la sua fede nellavvenire socialista deH’umanità, più elementi che lo avvicinano al nostro Julius Fucik.

Per Gramsci si verifica un fenomeno degno di nota: la sua personalità e la sua opera ci appaiono tanto più grandi quanto più ci allontaniamo daliepoca in cui visse; la storia in prospettiva fa apparire tutto574

Gli interventi

il rilievo del suo pensiero e della sua azione. Esso cresce, cosi come cresce, si arricchisce, acquista potenza l’azione delTuomo per la propria emancipazione, la lotta degli uomini per gli ideali socialisti.

A questa lotta, fuori di ogni accademismo, Gramsci dedicò se stesso; a questa lotta, ai problemi della classe operaia e dei lavoratori, alla necessità di direzione po[...]

[...]gno di nota: la sua personalità e la sua opera ci appaiono tanto più grandi quanto più ci allontaniamo daliepoca in cui visse; la storia in prospettiva fa apparire tutto574

Gli interventi

il rilievo del suo pensiero e della sua azione. Esso cresce, cosi come cresce, si arricchisce, acquista potenza l’azione delTuomo per la propria emancipazione, la lotta degli uomini per gli ideali socialisti.

A questa lotta, fuori di ogni accademismo, Gramsci dedicò se stesso; a questa lotta, ai problemi della classe operaia e dei lavoratori, alla necessità di direzione politica ad essi legati, è indirizzato il contributo teorico di Gramsci, che fu sempre legato a posizioni non di osservatore, ma di rivoluzionario, che vuol penetrare la sostanza dei problemi sociali, che vuol giungere 'al più alto livello di conoscenza di questi processi, per inserire in essi la volontà rivoluzionaria.

Gramsci incomincia presto ta comprendere l’importanza del fattore soggettivo nella storia e arriva molto presto alla convinzione che gli uomini non solo sono (attori ma anche autori del proprio dramma. È proprio quello che fu dimenticato dai dirigenti la II Internazionale, che di questa concezione mutilarono il materialismo storico, rendendolo una teoria morta, che smobilitava la combattività delle masse e, soprattutto, della loro avanguardia organizzata. Contro questa posizione, Gramsci affermò l’importanza di un partito di tipo nuovo e di una rinnovlata direzione della lotta delle masse.

È di so[...]

[...]ndere l’importanza del fattore soggettivo nella storia e arriva molto presto alla convinzione che gli uomini non solo sono (attori ma anche autori del proprio dramma. È proprio quello che fu dimenticato dai dirigenti la II Internazionale, che di questa concezione mutilarono il materialismo storico, rendendolo una teoria morta, che smobilitava la combattività delle masse e, soprattutto, della loro avanguardia organizzata. Contro questa posizione, Gramsci affermò l’importanza di un partito di tipo nuovo e di una rinnovlata direzione della lotta delle masse.

È di somma importanza per i lavoratori italiani il fatto che un dirigente di tale statura sia stato tifa ii fondatori del pairtito comunista. Seguendo lo sviluppo del movimento operaio internazionale nell’Europa centrale ed occidentale tra il 1920 e il 1930, vediamo che il movimento rivoluzionario italiano assolve ai compiti che .allora erano di fronte al movimento operaio, grazie a Gramsci e ai suoi collaboratori, più rapidamente che in altri paesi. È anche degno di attenzione il fatto [...]

[...]nuovo e di una rinnovlata direzione della lotta delle masse.

È di somma importanza per i lavoratori italiani il fatto che un dirigente di tale statura sia stato tifa ii fondatori del pairtito comunista. Seguendo lo sviluppo del movimento operaio internazionale nell’Europa centrale ed occidentale tra il 1920 e il 1930, vediamo che il movimento rivoluzionario italiano assolve ai compiti che .allora erano di fronte al movimento operaio, grazie a Gramsci e ai suoi collaboratori, più rapidamente che in altri paesi. È anche degno di attenzione il fatto che in nessun altro paese dell’Europa centrale ed occidentale vi sia stata tanta continuità nel nucleo dirigente del partito comunista sin dalla sua nascita, come in Italia.

Certo la impostazione data da Gramsci ha avuto in questo una grande importanza.

Negli ultimi tempi la scienza storica cecoslovacca si pone sempre più il compito di interessarsi maggiormente dei problemi del movimento operaio internazionale. Non si tratta solo del fatto che è impossibile seguire la storia di un paese separatamente dall’altro; la cosa riveste anche una importanza pratica notevole. Studiando le esperienze del movimento operaio nei singoli paesi è impossibile separare le cose che hanno unaDrahomir Barta

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validità generale da quelle particolari, senza conoscere k storia di ogni singolo momento. Ritengo a [...]

[...]e seguire la storia di un paese separatamente dall’altro; la cosa riveste anche una importanza pratica notevole. Studiando le esperienze del movimento operaio nei singoli paesi è impossibile separare le cose che hanno unaDrahomir Barta

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validità generale da quelle particolari, senza conoscere k storia di ogni singolo momento. Ritengo a questo proposito che anche da noi in Cecoslovacchia salderemo progressivamente il nostro debito verso Gramsci. L’importanza di questo Convegno consiste, a mio parere, anche nel fatto che esso contribuirà tra l’altro a rafforzare l’unità del mondo scientifico progressista e che esso sarà un incentivo per studiare ulteriormehte e più a fondo l’opera di Gramsci.



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] P. Fortunati, Come è possibile che una società sia sana quando si lavora per essere in grado di non lavorare più? in Studi gramsciani

Brano: Paolo Fortunati
COME È POSSIBILE CHE UNA SOCIETÀ SIA SANA
QUANDO SI LAVORA PER ESSERE IN GRADO
DI NON LAVORARE PIÚ?
È fuori dubbio che l'originalità di Gramsci si ritrova nell'avere saputo sviluppare i nessi dialettici tra struttura e sovrastruttura, cogliendo il contributo essenziale di Lenin all'indagine marxista.
Ma a me sembra che già nella terminologia di Gramsci — adottatá anche per sfuggire ai freni della censura carceraria — vi sia una impostazione, secondo cui il riferimento al nesso dialettico tra struttura e sovrastruttura significava anche continua rimeditazione e continuo riapprofondimento dell'analisi della struttura compiuta da Marx.
Non è a caso che nei confronti di tali analisi Gramsci parla di economia critica, e non è a caso che, nel dibattito con le posizioni centrali di Croce, gli assunti fondamentali, la metodologia e le conclusioni di Marx sono da Gramsci prospettate e lumeggiate con acutezza e con spunti, che in questi ultimi tempi sono stati oggetto di rielaborazione e di riesame da parte — sempre per usare espressioni di Gramsci — di tecnici dell'economia.
Un passo ci sembra decisivo a lumeggiare l'impegno che Gramsci attribuiva allo studio scientifico della struttura nell'orientamento marxista. Scrive, dunque, con linguaggio severo e duro, Gramsci: « Il rapporto tra l'economia politica e l'economia critica non è stato saputo mantenere nelle sue forme organiche e storicamente attuali. In che cosa le due correnti di pensiero si distinguono nell'impostazione del problema economico? Si distinguono attualmente, nei termini culturali attuali e non
144 I documenti del convegno
già e piú nei termini culturali di ottanta anni fa? Dai manuali di economia critica ciò non appare (per es. dal Précis), eppure è questo il punto che interessa subito i principianti e dà l'orientamento generale per tutta la ricerca posteriore. In generale questo punto[...]

[...]cicazione di cervelli ristretti e meschini, che solo per la posizione dogmatica riescono a mantenere una posizione non nella scienza, ma nella bibliografia marginale della scienza. Una forma di pensare ossificato è il pericolo piú grande in queste quistioni; è da preferire una certa sbrigliatezza disordinata alla difesa filistea delle posizioni culturali costituite » 1.
Ma questi rapidi accenni valgono solo a significare che l'interrogativo che Gramsci si pone, nella sua annotazione relativa alla « distribuzione delle forze umane di lavoro e di consumo » : « come è possibile che una società sia sana quando si lavora per essere in grado di non lavorare piú? », non intendeva affatto rappresentare una espressione di una « nuova forma di moralismo economico vacuo e inconcludente ». Per Gramsci « aspettare che, per via di propaganda e di persuasione, la società civile si adegui alla nuova struttura, c'he il vecchio homo oeconomicus sparisca senza essere seppellito con tutti gli onori che merita » è — appunto — « una nuova forma di retorica economica ».
È certo, dunque, che l'interrogativo investe, con una efficace sintesi, la caratteristica essenziale di un costume di vita che discenda dalla struttura e dalle tendenze della struttura capitalistica. E di ciò è Gramsci stesso che ci avverte.
Ma l'interrogativo, e per la sede in cui è collocato e per 11 fatto di costituire un esempio[...]

[...]di propaganda e di persuasione, la società civile si adegui alla nuova struttura, c'he il vecchio homo oeconomicus sparisca senza essere seppellito con tutti gli onori che merita » è — appunto — « una nuova forma di retorica economica ».
È certo, dunque, che l'interrogativo investe, con una efficace sintesi, la caratteristica essenziale di un costume di vita che discenda dalla struttura e dalle tendenze della struttura capitalistica. E di ciò è Gramsci stesso che ci avverte.
Ma l'interrogativo, e per la sede in cui è collocato e per 11 fatto di costituire un esempio suggestivo di astrazione determinata, in cui struttura e sovrastruttura s'intrecciano, può e deve, a mio avviso, per gli studiosi marxisti, costituire uno stimolo di analisi economiche e poli
M. S., pp. 265266.
Paolo Fortunati 145
ticoeconomiche, che non mi sembra siano ancora colte nel loro significato piú valido.
E il discorso non vale solo per .i paesi in cui ancora domina la strut tura capitalistica; il discorso vale anche per i paesi a struttura già socialista.
A me p[...]

[...]rastruttura s'intrecciano, può e deve, a mio avviso, per gli studiosi marxisti, costituire uno stimolo di analisi economiche e poli
M. S., pp. 265266.
Paolo Fortunati 145
ticoeconomiche, che non mi sembra siano ancora colte nel loro significato piú valido.
E il discorso non vale solo per .i paesi in cui ancora domina la strut tura capitalistica; il discorso vale anche per i paesi a struttura già socialista.
A me pare, cioè, che il monito di Gramsci, proprio per non cadere — come egli intendeva — in una « nuova forma di moralismo economico vacuo e inconcludente », va inteso nel senso che per uscire dalle strettoie di una « società che dice di lavorare per creare dei parassiti, per vivere sul cosí detto lavoro passato (che è metafora per indicare il presente lavoro degli altri »); per superare una società che « in realtà distrugge sé stessa », è certo necessario modificare i rapporti di produzione, e, pertanto, dare vita ad un ordinamento statuale che « adegui la società civile » a una nuova struttura economica.
Ma il monito di Gramsci c[...]

[...] per uscire dalle strettoie di una « società che dice di lavorare per creare dei parassiti, per vivere sul cosí detto lavoro passato (che è metafora per indicare il presente lavoro degli altri »); per superare una società che « in realtà distrugge sé stessa », è certo necessario modificare i rapporti di produzione, e, pertanto, dare vita ad un ordinamento statuale che « adegui la società civile » a una nuova struttura economica.
Ma il monito di Gramsci ci avverte che se la condizione è necessaria, non è sufficiente, proprio perché l'adeguamento implica e presuppone una fase storica in cui e per cui deve, attraverso una complessa interdipendenza di elementi strutturali e sovrastrutturali, alimentarsi e incarnarsi il bisogno del lavoro, che rappresenta l'espressione storica della civiltà socialista.
L'analisi, dunque, della distribuzione umana delle forze di lavoro e di consumo da arma critica della società capitalistica diventa uno strumento per la costruzione e per il consolidamento storico della società socialista.
E quando, come nel nos[...]

[...]rettamente legate al processo produttivo e delle attività amministrative pubbliche oltre i limiti richiesti da una razionale prospettiva anche di una struttura socialista, non agevola, a mio avviso, il processo politico e politicoeconomico di modificazione dei rapporti politicoeconomici, cosí come appesantiscono il piano di costruzione della società socialista. E in proposito mi sembra che vi siano già molte e decisive esperienze.
Il
monito di Gramsci, pertanto, ci porta a mettere in luce che se, da un lato, dobbiamo sempre piú intendere la portata e la tendenza dei
146 1 documenti del convegno
rapporti di produzione, dall'altro, dobbiamo sempre piú comprendere le ripercussioni delle forme di distribuzione. La portata e la tendenza dei rapporti di produzione nella società capitalistica non possono essere soltanto analizzate per caratterizzare le espressioni antagonistiche nascenti dall'antagonismo essenziale: debbono essere intravviste negli orientamenti della produzione, dei servizi, della burocrazia. Perché solo in questo modo acquista[...]



da Alberto Sobrero, Incontro con A.M. Cirese. Con «Intellettuali, folklore e istinti di classe», di prossima pubblicazione, l'antropologo ripropone le sue note su Verga, Deledda, Scotellaro, Gramsci in KBD-Periodici: l'Unità - Nuova serie - Edizione nazionale 1976 - - gennaio - 22

Brano: Incontro con
A. M. Cirese
p Con « Intellettuali, folklore, istinto di classe », di prossima pubblicazione, l'antropologo ripropone le sue note su Verga, Deledda, Scotellaro, Gramsci
Alberto Mario Cirese, titolare di Antropologia culturale all'Università di Roma, si è occupato di varie manifestazioni socioculturali rappresentative del mondo popolare subalterno. Attraverso la sua militanza In partit! ed organizzazioni di sinistra ha reso sempre operativo il suo impegno culturale e professionale. Presso l'editore Einaudi sta per uscire .Intellettuali, folklore, Istinto di classe Note su Verga, Deledda, Scotellaro, Gramsci ».
Cirese, come è nato il libro e cosa contiene?
Pensavo ad una raccoltá del materiali che in venti anni ho accumulato per una storia degli atteggiamenti ideologici verso il mondo subalterno, dal popolarismo romantico alla rottura gramsclana. Ma veniva un libro troppo voluminoso, e casi ripubblico per intanto le note su Verga e Scotellaro del '55
e quelle su Grazia Deledda
e Gramsci del 1969'72, accompagnandole però con molte aggiunte critiche e autocritiche, legate anche ai dibattiti attuali in materia di folklore e di antropologia ed alle osservazioni che vari giovani studiosi marxisti hanno masso ad alcune mie posizioni.
Quali erano negli anni '50 le ragioni culturali e politiche che ti portavano ad occuparti di letterait come Verga e Scotellaro? E come riai, più tardi, ancora un letterato quale la Deledda?
Sono incursioni in terreno non mio, ma senza pretese letterarie. Di Verga e Grazia Deledda m è parsa interessante la ideologia verso il mondo subalterno sicilian[...]

[...]a meridionalistica e il problema del legame fra contadini e operai.
Dopo vent'anni, ora che il movimento operaio è tanto più forte sul terreno sociale e culturale, che senso ha per te riproporre queste tue esperienze di studio?
Potrei ricordare 1attualità del a caso Verga » o delle discussioni sul populismo o sulla regionalitil. risollecitate anche dagli anniversari della Deledda
e di Scotellaro. Ma più mi interessa la fortissima attualità di Gramsci che, rimeditato sull'ottima edizione critica curata da Gerratana, porta ad approfondire certe ipotesi sulle relazioni tra dislivelli di cultura e dislivelli di potere che anni fa avevo solo abbozzato. Non che ora io vada molto oltre: ma forse 11 libro, letto a partire dalle note su Gramsci. può contribuire ad un più vasto lavoro collegiale di rifondazione marxista de gli studi etnoantropologici in Italia.
Ma quale pensi possa essere il contributo di Gramsci a questa rifondazione?
E' un contributo essenziale. perché Gramsci fornisce categorie sistematiche che arricchiscono la patata scientifica del marxismo. Si tratta di combattere non solo le forme morbide o morbose di carità culturale o di partecipazionism3 soltanto affettivo cheWbordano ormai anche a sinistra, ma soprattutto l'eclettismo ideologico e la illusione che il rinnovamento scientifico nasca da giustapposizioni fra marxismo e ideologie borghesi quali la culturologia e lo strutturalismo (non le analisi strutturali che sono altra cosa!). Gramsci Invece Insegna come lo spirito di scissione resti essenziale 'anche per la scienza; e in più ci fornisce mol[...]

[...]he arricchiscono la patata scientifica del marxismo. Si tratta di combattere non solo le forme morbide o morbose di carità culturale o di partecipazionism3 soltanto affettivo cheWbordano ormai anche a sinistra, ma soprattutto l'eclettismo ideologico e la illusione che il rinnovamento scientifico nasca da giustapposizioni fra marxismo e ideologie borghesi quali la culturologia e lo strutturalismo (non le analisi strutturali che sono altra cosa!). Gramsci Invece Insegna come lo spirito di scissione resti essenziale 'anche per la scienza; e in più ci fornisce molti strumenti per una motivata critica dall'interno delle ideologie etnoantropologiche nate in prospettive amarxiste o addirittura antImarxiste.
Nelle pagine su Gramsci del 196970 tratti un problema molto discusso: l'uso «politico del folklore e la sua valutazione come forma culturale almeno contrappositiva alla organizzazione della cultura uff'claie e dominante. Consideri ancora valide le tue osservazioni in materia, dopo l'edizione critica dei Quaderni? E in che senso parli di « istinto di classe »?
Per ragioni cronologiche, dell'edizione critica ho potuto tener conto solo in una nota aggiuntiva in cui segnalo come questa confermi la continuità e la serietà con cui Gramsci si occupò dei rapporti fra cultura egemonica e culture subalterne. Più in generale [...]

[...]ico del folklore e la sua valutazione come forma culturale almeno contrappositiva alla organizzazione della cultura uff'claie e dominante. Consideri ancora valide le tue osservazioni in materia, dopo l'edizione critica dei Quaderni? E in che senso parli di « istinto di classe »?
Per ragioni cronologiche, dell'edizione critica ho potuto tener conto solo in una nota aggiuntiva in cui segnalo come questa confermi la continuità e la serietà con cui Gramsci si occupò dei rapporti fra cultura egemonica e culture subalterne. Più in generale mi pare anche confermato che, se è vero che Gramsci dedicò forte attenzione positiva ai Patti «spontanei ». anche in materia di prodotti culturali, tuttavia è sempre più ve, ro che non teorizzò assolutamente mai la spontaneità come forza dominante nella storia. Non fu cioè spontaneista, anche se al valore determinante della direzione consapevole associò quello della spontaneità. Resto dunque dell'avviso che le osservazioni di Gramsci non autorizzino l' idea sbrigativa che le forme culturali del mondo subalterno si pongano per sè come alternative. Cercando di non pasticciare. ho invece ritenuto che dai Quaderni si potesse ricavare la nozione di un a istinto di classe ». in qualche modo paragonabile a quelle « forme embrionali della coscienza » di cui paria Lenin a proposito della spontaneità.
Alberto Sobrero


precedenti successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Gramsci, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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