Brano: Giuseppe Martano
IL PROBLEMA DELLA AUTONOMIA DELLA FILOSOFIA
DELLA PRASSI NEL PENSIERO DI A. GRAMSCI
Nella caratterizzazione di una posizione speculativa come « autono ma » gli osservanti sostenitori di una « tecnica » filosofica tradizionale non possono prescindere dal convincimento che una dottrina debba necessariamente gravitare su di un nucleo di idee nuove o rinnovate, e che su di queste debba svilupparsi un coerente « sistema », la cui legittima candidatura al successo sia garantita dalla ferrea armatura di un apparato logico formalmente privo di contraddizioni.
Non è in questi termini che si pone il problema dell'autonomia della filosofia della prassi, ché in termini siffatti ne sar[...]
[...]innovate, e che su di queste debba svilupparsi un coerente « sistema », la cui legittima candidatura al successo sia garantita dalla ferrea armatura di un apparato logico formalmente privo di contraddizioni.
Non è in questi termini che si pone il problema dell'autonomia della filosofia della prassi, ché in termini siffatti ne sarebbe facile la soluzione con una contestazione di ogni possibilità di farlo. Un rapido excursus sulla visione storica gramsciana renderà ragione della contestazione che agevolmente potrebbero muovere sulla questione dell'autonomia i tradizionalisti della tecnica, ma nello stesso tempo chiarirà i termini nuovi entro i quali il problema viene oggi riproposto.
La nascita della filosofia della prassi ebbe luogo quando il mondo culturale dell'ottocento viveva nel conflitto tra idealismo e positivismo. La filosofia della prassi storicamente si inseriva tra i due fronti della contesa, battendo in breccia da un lato i1 rinnovato teologismo in cui ii nucleo romantico della cultura tedesca era andato classicamente collocando[...]
[...]losofia positiva, della quale però gli he
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geliani di sinistra apprezzavano il carattere di concretezza che vanta ogni forma di « scientismo » .
Questa posizione iniziale della filosofia della prassi, mentre diventava storicamente operante sul piano degli eventi, speculativamente si prestava a diventare preda del conflitto ideologico che si combatteva sul piano della cultura: sicché la dottrina visse, per dirla con Gramsci, di combinazioni. In un prima momento il trionfo positivistico rese agevole che si attribuisse al marxismo, per il suo rigido economicismo e per quella chiara determinazione (scientifica rispetto all'utopismo filantropico) dei mezzi di lotta, l'etichetta di « materialismo » divenuta via via quasi l'esclusivo segnatalo dell'ortodossia; in un secondo momento l'idealismo fece il suo tentativo di riscatto e di rivendicazione, con una tendenza correttiva dello hegelismo e cioè in direzione antimetafisica ed antiteologizzante. L'acuta analisi gramsciana considerò anzi «combinazione piú rilevante » [...]
[...]e al marxismo, per il suo rigido economicismo e per quella chiara determinazione (scientifica rispetto all'utopismo filantropico) dei mezzi di lotta, l'etichetta di « materialismo » divenuta via via quasi l'esclusivo segnatalo dell'ortodossia; in un secondo momento l'idealismo fece il suo tentativo di riscatto e di rivendicazione, con una tendenza correttiva dello hegelismo e cioè in direzione antimetafisica ed antiteologizzante. L'acuta analisi gramsciana considerò anzi «combinazione piú rilevante » tra le due quella idealistica per « intellettuali puri », mentre la combinazione ortodossa si rivelava piú conforme all'aspettativa di uomini legati all'attività pratica.
La spiegazione del fenomeno è ovviamente intuitiva, se si consideri l'imprescindibilità del legame che col mondo culturale avverte l'intellettuale, e il bisogno che avverte invece l'uomo politico di uno stimolo all'azione: e s'intende facilmente come la filosofia della prassi abbia avvertito l'inderogabile necessità, diagnosticata da Gramsci, di fare i conti con la cultura (fi[...]
[...]mentre la combinazione ortodossa si rivelava piú conforme all'aspettativa di uomini legati all'attività pratica.
La spiegazione del fenomeno è ovviamente intuitiva, se si consideri l'imprescindibilità del legame che col mondo culturale avverte l'intellettuale, e il bisogno che avverte invece l'uomo politico di uno stimolo all'azione: e s'intende facilmente come la filosofia della prassi abbia avvertito l'inderogabile necessità, diagnosticata da Gramsci, di fare i conti con la cultura (filosofia classica tedesca) e con le masse.
Con la cultura la filosofia della prassi non poteva se non storicizzarsi come momenta della vita dell'intelligenza europea, e ricercare le proprie radici nel Rinascimento, nella Riforma, nel calvinismo, nella Rivoluzione francese, nel liberalismo, nello storicismo; con le masse, d'altra parte, non poteva esimersi dal compito di offrire un sistema ben definito di formule rinnovatrici e debellatrici delle forze di conservazione della società borghese.
Siffatta alternativa impediva che la filosofia della prassi indugi[...]
[...]tano la carenza di una premessa razionale, si deve prima insistere in una chiarificazione storica concreta dei germi impliciti nell'ideologia, poi dimostrare, e 10 faremo da un nostro punto di vista, che recenti orientamenti del pensiero rampollati — sia pure polemicamente — sul tronco del marxismo e respiranti nella nuova atmosfera sembrano dare risposta al problema dell'autonomia speculativa, proprio nel senso prospettato dall'acuta intuizione gramsciana.
Abbiamo detto che lo hegelismo rappresenta solo un passo verso l'immanentismo: ed è vero perché risolve l'antico rapporto tra Dio e natura, tra pensiero e mondo oggettivo, stabilendo l'immanenza del reale nel pensiero, anzi l'identità assoluta. Ma poiché il pensiero, per Hegel, è astratto Logo universale, la trascendenza di esso rispetto alla concretezza dell'autocoscienza, ossia dell'uomo storico, non è chi non veda. E né Spaventa, né Croce, né Gentile, hanno eliminato dalle loro dottrine a programma antiteologizzante un residuo di metafisica e di trascendenza sussistente perfino nell'i[...]
[...]in generale », ossia in termini di tecnica filosofica l'uomo astrattamente concepito come univer
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sale essenza, no; l'uomo concepito, secondo il sensismo e il meccanicismo, come singolare individuo finito, nemmeno. Di qui ancora la contraddir zione, l'incertezza del fondamento speculativo, la deficienza di autonomia, la possibilità di opposte « combinazioni » dottrinarie.
A questo punto insorge la significativa istanza del Gramsci, che trova oggi conferma sempre piú chiara in tendenze del pensiero contemporaneo.
11 Gramsci sente l'esigenza a) di confutare la necessità di inserire la filosofia della prassi nei vecchi filoni della tradizionale metafisica, b) di mantenere vivo il concetto di dialettica, come superamento continuo di posizioni, c) di tentare una fondazione dell'umanesimo su basi e forme diverse dalle antiche.
« La funzione e il significato della dialettica possonoessere concepiti in tutta la loro fondamentalità, solo se la filosofia della prassi è concepita come una filosofia integrale e originale che inizia una nuova fase nella storia e nello sviluppo mondiale del pensiero, in quanto supera (e sup[...]
[...] la storia ad una pura illusione, avevano élimi
1 M. S., pp. 132133.
I documenti del convegno
nato il trascendente rispetto alla natura, ma avevano ricollocato la trascendenza dell'Essere totale nei riguardi dell'uomo. Insomma nell'idealismo l'Assolutooggetto è diventato Assolutosoggetto, sicché nel panlogismo come nel panteismo l'uomo storico è giuoco, maniifestazione, strumento dell'Assoluto.
Contro le due metafisiche combatte, secondo il Gramsci, l'umanesimo della sinistra hegeliana. Ma una fondazione di una teoria dell'uomo come « primum » di ogni filosofare, l'idea di uomoprotagonista della storia, principio dell'azione e dell'essere, non ha avuto un'adeguata sistemazione dottrinaria, e il rapporto uomonatura è rimasto vago ed incerto, essendo mancata alla filosofia della prassi una noncontraddittoria postulazione teorica: anzi rimanendo per essa condannata la nozione dell'uomo ad essere contesa culturalmente dall'idealismo e dal materialismo, e perciò a persistere, in sostanza, problematica ed ambigua.
Difesa, nel senso di cui so[...]
[...]'azione e dell'essere, non ha avuto un'adeguata sistemazione dottrinaria, e il rapporto uomonatura è rimasto vago ed incerto, essendo mancata alla filosofia della prassi una noncontraddittoria postulazione teorica: anzi rimanendo per essa condannata la nozione dell'uomo ad essere contesa culturalmente dall'idealismo e dal materialismo, e perciò a persistere, in sostanza, problematica ed ambigua.
Difesa, nel senso di cui sopra, la dialettica, i1 Gramsci intuisce la necessità di fondare teoreticamente la nozione di uomo e del suo rapporto con la natura.
Un significativo nucleo speculativo offre il Gramsci per la fondazione di una dottrina dell'uomo.
Egli comincia anzitutto con l'escludere in maniera assoluta l'identificazione della nozione di uomo con quella di individuo. L'uomo non va concepito come il singolo nel suo « singolo momento », ma « come una serie di rapporti attivi (un processo) in cui se l'individualità ha la massima importanza, non è pero il solo elemento da considerare. L'umanità che si riflette in ogni individualità è composta di diversi elementi: 1) l'individuo; 2) gli altri uomini; 3) la natura r 1.
L'uomo perciò non è personalità se non attinge la coscienza di tali rappor[...]
[...]ingolo momento », ma « come una serie di rapporti attivi (un processo) in cui se l'individualità ha la massima importanza, non è pero il solo elemento da considerare. L'umanità che si riflette in ogni individualità è composta di diversi elementi: 1) l'individuo; 2) gli altri uomini; 3) la natura r 1.
L'uomo perciò non è personalità se non attinge la coscienza di tali rapporti.
È facile notare qui che l'attingimento della personalità (nel senso gramsciano dell'espressione) denuncia l'errore d'impostazione delle dottrine metafisicizzanti nel senso tradizionale della parola. L'alterità, la trascendenza, la metafisicità, sono condizionate proprio da ogni proposta
1 M. S., p. 28.
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di una teorica dell'uomo come individuo; è la nozione di individuo che pone immediatamente la realtà del metafisico; superata la nozione di individuo e attinta quella di personalità, viene sic et rimpliciter travolta la posizione dualistica individuoalterità che è alla base delle vecchie metafisiche. In altri termini il rapporto individuonatura [...]
[...] perciò ancora acritica) contrapposizione di termini che attende un superamento: l'unità personale dell'uno e dell'altro è superamento dialettico della precedente coscienza individualistica, che va considerata come una tappa per il raggiungimento della coscienza personale.
Tale intuizione, che trova conferma nell'emergenza di spunti dottrinari del pensiero contemporaneo perfettamente consoni, ci pare scorgere in alcuni fondamentali pensieri del Gramsci, anche se non rafforzata dalle considerazioni che sulla scorta di lui oggi si possono fare.
Il Gramsci, piú che soffermarsi sulla fondazione filosofica del concetto, preferisce arricchirne l'intuizione di contenuto: si diventa persona dando un indirizzo razionale al proprio individuale impulso vitale, per sua natura arbitrario, e contribuendo a realizzare nel migliore dei modi la volontà razionalizzata. « L'uomo è da concepire come un blocco storico di elementi puramente individuali e soggettivi e di elementi di massa e oggettivi o materiali coi quali l'individuo è in rapporto attivo. Trasformare il mondo esterno, i rapporti generali, significa potenziare se stesso, sviluppare se stesso » 1. S[...]
[...]ore dei modi la volontà razionalizzata. « L'uomo è da concepire come un blocco storico di elementi puramente individuali e soggettivi e di elementi di massa e oggettivi o materiali coi quali l'individuo è in rapporto attivo. Trasformare il mondo esterno, i rapporti generali, significa potenziare se stesso, sviluppare se stesso » 1. Siffatta nozione di persona è enunciata in termini piú eminentemente politici nelle Note sul Machiavelli, quando il Gramsci scrive di uomomassa e di uomocolletrivo.
A parer nostro, solo sfuggendo, come voleva Gramsci, alla contesa tra i due indirizzi tradizionali, col ripudio di entrambi, la filosofia della prassi potrà arroccarsi su di una ben piú munita posizione speculativa: precisamente sulla posizione del personalismo contemporaneo.
Il personalismo, pur nella varietà delle sue formulazioni, tende univocamente a lottare (fosse pure, talora, soltanto un punto di partenza!) contro ogni residua forma di teologismo dogmatico, e a cercare il fondamento critico di tutto il reale in un'indagine che non tolleri salti al di là dell'interiorità coscienziale.
1 M. S., p. 35.
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Si [...]
[...]ne l'accento sulla individualità invocante. Tale originaria prospettiva inficia tutti gli sforzi in senso personalistico che ha inteso fare l'esistenzialismo: sicché l'anarchismo dell'esistenza singolare esclude ogni piano di sviluppo armonico con l'es
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sere a noi precluso, e pregiudica definitivamente la possibilità di una « storicizzazione » dell'esistente.
Su di una via piú conforme alla chiara posizione prospettica del Gramsci si è posto il Mounier, in uno scritto, che reca la data del 1934, piú tardi divenuto capitolo del libro Rivoluzione personalistica e comunitaria. È chiaro all'intuito del Mounier che il personalismo non si fonda con un ritorno al tramontato individualismo, e tanto meno con l'esaltazione del superuomo nietzscheano. All'individuo, che è coscienza aggressiva, capricciosa, caparbia, il Mounier oppone la persona che è « dominio, scelta, formazione, conquista di sé » e tutto ciò ha sapore gramsciano e pare tendere come « direzione di esperienza » alla fondazione nel senso auspicato; ma quando, escl[...]
[...] che reca la data del 1934, piú tardi divenuto capitolo del libro Rivoluzione personalistica e comunitaria. È chiaro all'intuito del Mounier che il personalismo non si fonda con un ritorno al tramontato individualismo, e tanto meno con l'esaltazione del superuomo nietzscheano. All'individuo, che è coscienza aggressiva, capricciosa, caparbia, il Mounier oppone la persona che è « dominio, scelta, formazione, conquista di sé » e tutto ciò ha sapore gramsciano e pare tendere come « direzione di esperienza » alla fondazione nel senso auspicato; ma quando, escludendo la coincidenza di persona e coscienza, il Mounier definisce la persona « un centro invisibile a cui tutto si riporta » ... « ospite segreto dei minimi gesti della mia vita... », che « non può cadere direttamente sotto lo sguardo della mia coscienza », allora un germe metafisico rode il tessuto iniziale, e l'incontro con la tra scendenza comincia, e diviene palese nella distinzione delle due vie che si aprono — secondo il Mounier — all'uomo, per condurre l'una all'apoteosi della person[...]
[...] l'incontro con la tra scendenza comincia, e diviene palese nella distinzione delle due vie che si aprono — secondo il Mounier — all'uomo, per condurre l'una all'apoteosi della persona eroica, l'altra sugli abissi della Persona autentica.
Ci pare che, se la filosofia della prassi cerca la sua autonomia in una fondazione di una premessa umanistica saldamente ancorata alla legge della dialettica, le sorti dell'impresa, per una precisa indicazione gramsciana, siano oggi strettamente legate alle sorti dell'altra impresa speculativa: l'autonomia speculativa del personalismo, verso cui stanno tendendo notevoli sforzi del pensiero contemporaneo.
Fondazione della nozione di persona e innesto vivo del ritmo dialettico in essa, eliminandovi la stessa pericolosa distinzione (tra persona e dialettica) e realizzandone invece la perfetta identità: ecco in termini attuali il problema dell'autonomia speculativa della filosofia della prassi, che va sganciata definitivamente dai tentativi di presa dell'idealismo, e, ancor piú, del materialismo.
I problemi [...]
[...]di persona e innesto vivo del ritmo dialettico in essa, eliminandovi la stessa pericolosa distinzione (tra persona e dialettica) e realizzandone invece la perfetta identità: ecco in termini attuali il problema dell'autonomia speculativa della filosofia della prassi, che va sganciata definitivamente dai tentativi di presa dell'idealismo, e, ancor piú, del materialismo.
I problemi del personalismo, proprio nella direzione chiaramente indicata dal Gramsci, possono essere qui oggetto di un fugace cenno. Occorre proporsi di:
a) tentare la caratterizzazione del dato immediato della personalita
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e dimostrare l'irriducibilità di essa (e perciò l'insignificanza e l'infondatezza di un problema della sua origine) ad un acritico dato metapersonale. Identificare la persona con la coscienza (che è insieme, husserlianamente, coscienza dell'io e dell'altro che è pur « mio »);
b) riconoscere l'impossibilità di definire, mediante la dialettica, la persona, perché la persona è il primum dialettizzante, e non dialettizzabile per[...]
[...]la vita è dialettica (cioè superamento di quelli) e si ribella alle determinazioni statiche di una logica superata.
La dialettica non può essere della sola materia, ma nemmeno sarà dello astratto pensiero. La dialettica è la legge della coscienza umana, in cui anche un elementare esame psicologico scorge un continuo rinnovarsi di irrequietezze, contrasti, placamenti.
Su tale via ci spinge il limpido presentimento di prospettiva del pensiero di Gramsci, articolantesi proprio sui due cardini della « personalità » e della « dialettica ».