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ANTEPRIMA MULTIMEDIALI

Il segmento testuale Turchia è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 504Analitici , di cui in selezione 47 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Voce Enciclopedica redazionale, Turchia in Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice)

Brano: Turchia
Repubblica parlamentare dell'Asia Minore (ma con una propaggine europea), confinante con la Grecia, la Bulgaria, l'U.R.S.S., l'Iran, l'Iraq e la Siria, la Turchia ha una superficie di 779.452 kmq e una popolazione di 51.420.000 abitanti. II suo territorio è costituito dalla grande penisola anatolica bagnata dal Mediterraneo, nonché dai mari Egeo, Nero e di Marmara; gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli la separano dalla Tracia turca (23.764 kmq), ultimo residuo dei possedimenti che l'impero ottomano aveva in Europa. Nella parte sudorientale della penisola anatolica si trovano l'Armenia e il Kurdistan (ampia regione geografica ripartita fra Turchia, Siria, Iran e Iraq).
La capitale della Turchia è Ankara (2.316.000 ab.), quasi al centro dell'Anatolia[...]

[...] popolazione di 51.420.000 abitanti. II suo territorio è costituito dalla grande penisola anatolica bagnata dal Mediterraneo, nonché dai mari Egeo, Nero e di Marmara; gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli la separano dalla Tracia turca (23.764 kmq), ultimo residuo dei possedimenti che l'impero ottomano aveva in Europa. Nella parte sudorientale della penisola anatolica si trovano l'Armenia e il Kurdistan (ampia regione geografica ripartita fra Turchia, Siria, Iran e Iraq).
La capitale della Turchia è Ankara (2.316.000 ab.), quasi al centro dell'Anatolia, ma la città economicamente più importante è Istanbul (fino al 1929 si chiamava Costantinopoli) con oltre 3.000.000 di ab.; seguono Smirne (777.000 ab.) e Adana (644.000 ab.) . La popolazione è per oltre il 90% di origine turca, con una consistente minoranza curda, mentre gli armeni (che all'inizio del secolo si contavano a milioni) si sono ridotti a poche decine di migliaia per gli eccidi compiuti dai turchi contro questa nazionalità (v. Genocidio). Vi sono inoltre circa 370.000 arabi, residenti nella provincia già siriana di Hatay, acq[...]

[...]3.000.000 di ab.; seguono Smirne (777.000 ab.) e Adana (644.000 ab.) . La popolazione è per oltre il 90% di origine turca, con una consistente minoranza curda, mentre gli armeni (che all'inizio del secolo si contavano a milioni) si sono ridotti a poche decine di migliaia per gli eccidi compiuti dai turchi contro questa nazionalità (v. Genocidio). Vi sono inoltre circa 370.000 arabi, residenti nella provincia già siriana di Hatay, acquisita dalla Turchia nel 1939 in seguito ad accordi con la Francia, all'epoca potenza mandataria sulla Siria. Oltre il 99% della popolazione è di religione islamica, compresi un 10% circa di sciiti, concentrati nella Turchia sudorientale. Quest'area ha acquistato una particolare importanza dopo la rivoluzione iraniana del 1979, per cui lo Stato turco, aiutato dagli U.S.A., ha qui dato impulso alla costruzione di infrastrutture militari.
La Turchia è membro della N.A.T.O. dal 18.2.1952 ed è anche membro associato della Comunità economica europea. Le sue istituzioni, formalmente democratiche, sono di fatto dominate da una fortissima casta militare, legata alla N.A.T.O. e in particolar modo agli U.S.A. che vedono in questo paese il più agguerrito bastione contro l'espansionismo sovietico e per il controllo dei bacini petroliferi del Medio Oriente.

Dall'Impero ottomano ai Giovani Turchi
Centro del grande impero che, a partire dal secolo XIII, in circa 200 anni era divenuto il più potente Stato islamico, esteso dall'Ungheria alla Crimea e [...]

[...] bastione contro l'espansionismo sovietico e per il controllo dei bacini petroliferi del Medio Oriente.

Dall'Impero ottomano ai Giovani Turchi
Centro del grande impero che, a partire dal secolo XIII, in circa 200 anni era divenuto il più potente Stato islamico, esteso dall'Ungheria alla Crimea e dal Marocco al Golfo Persico, comprendendo da una parte i paesi balcanici, dall'altra il Nordafrica e il Medio Oriente, verso la metà del secolo XIX la Turchia era già stata alquanto ridimensionata dai ripetuti attacchi dell'Austria e della Russia. All'indomani delle rivoluzioni europee del 1848 ebbe origine, all'interno del paese, il movimento detto dei Giovani Turchi che, ispirandosi al liberalismo borghese mutuato dai circoli rivoluzionari dei paesi balcanici, per fermare il disfacimento dell'impero si fece promotore di una modernizzazione in senso occidentale, laico e capitalistico. Nel 1908 i Giovani Turchi, affermatisi come partito degli ufficiali dell'esercito, imposero al sultano Abdul Hamid un assetto formalmente costituzionale. Ma il poter[...]

[...]hmed V ritenuto più fidato. Mehmed V serviva solo da facciata e il potere era completamente nelle mani dei militari.
Alcune potenze europee cercarono di approfittare della temporanea instabilità politica turca per impadronirsi dell'Impero ottomano: nell'ottobre 1908 l'imperatore austroungarico Francesco Giuseppe si annetté la Bosnia e l'Erzegovina, la Bulgaria si proclamò indipendente e l'isola di Creta decise di unirsi alla Grecia, senza che la Turchia potesse impedirlo. Anche il governo italiano decise di sfruttare la favorevole congiuntura: nel settembre 1911 dichiarò guerra alla Turchia, inviò un corpo di spedizione che occupò la Libia (v.) e, nel corso del conflitto seguitone, si annetté anche le isole del Dodecaneso (v.). Dimostratasi tanto palese la debolezza turca, alcuni Stati balcanici appoggiati dalla Russia zarista si unirono (nel marzo 1912 la Bulgaria si alleò alla Serbia, poi alla Grecia e al Montenegro) per dichiarare guerra alla Turchia (18.10.1912). Sconfitti militarmente in Macedonia e in Tracia, i turchi poterono conservare in territorio europeo soltanto una piccola parte della Tracia Orientale (Trattato di Londra del 30.5.1913). Questa serie di tracolli innescò nuovi mutamenti politici interni: il governo che si trovava al potere dal luglio 1912 fu rovesciato nel gennaio 1913 da un colpo di stato capeggiato dal giovane ufficiale Enver Bey (18791922), esponente dell'ala più autoritaria dei Giovani Turchi. I contrasti sorti fra gli Stati balcanici vincitori per spartirsi i territori strappati all'Impero ottomano sfociarono[...]

[...]o composto dal ministro della Guerra Enver Bey, dal ministro degli Interni Talat Pascià e dal governatore militare della capitale Cemal Pascià, mentre restava formalmente in carica il sultano Mehmed V.

Prima guerra mondiale
Allorché, nell'agosto 1914, Francia, Gran Bretagna e Russia entrarono in conflitto con gli Imperi centrali, il governo turco si schierò con questi ultimi, nella speranza di riprendersi quanto aveva perduto. II 31. 10.1914 la Turchia scese in campo contro la Russia zarista e il sultano proclamò la "guerra santa" per mobilitare l'intero mondo arabo contro le potenze colonialiste dell'intesa. I turchi combatterono sul Caucaso, nel mar Nero, a Gallipoli, in Mesopotamia e in Palestina, recando un notevole contributo militare agli Imperi centrali: in Siria e in Palestina l'esercito turco costituì una minaccia per il Canale di Suez e per la presenza britannica in Egitto; il blocco degli Stretti, impedendo il passaggio alle navi russe, non permise che si realizzasse una fattiva collaborazione tra la Russia e i suoi alleati occid[...]

[...]ucaso, nel mar Nero, a Gallipoli, in Mesopotamia e in Palestina, recando un notevole contributo militare agli Imperi centrali: in Siria e in Palestina l'esercito turco costituì una minaccia per il Canale di Suez e per la presenza britannica in Egitto; il blocco degli Stretti, impedendo il passaggio alle navi russe, non permise che si realizzasse una fattiva collaborazione tra la Russia e i suoi alleati occidentali; inoltre il prestigio di cui la Turchia godeva in tutto il mondo arabo creò problemi nelle colonie francesi e britanniche. Nondimeno, nel maggio 1915 le truppe zariste irruppero nell'Anatolia orientale per un centinaio di chilometri fino al lago Van, ma con la pace di BrestLitovsk (marzo 1918) le provincie orientali torneranno sotto sovranità dei turchi (che coglieranno l'occasione per dare il colpo di grazia agli armeni, accusati di connivenza con il nemico).
Nel 1916, ispirata e sostenuta dall'Inghilterra, ebbe inizio sul fronte meridionale la guerriglia araba contro i turchi (la famosa "rivolta del deserto" capeggiata dall'agent[...]

[...]ta dall'agente britannico Thomas Edward Lawrence). Nel 1917 gli inglesi occuparono la Palestina e la Mesopotamia; nell'ottobre 1918 formazioni arabe e truppe britanniche entrarono a Damasco.
Con la definitiva sconfitta militare degli Imperi centrali i turchi persero ogni speranza di riscossa. II triumvirato fuggì all'estero e Mehmed VI (succeduto al fratello morto nel luglio) il 30.10.1918 sottoscrisse l'armistizio. Nei quattro anni di guerra la Turchia aveva mobilitato 2,8 milioni di uomini, dei quali 325.000 erano morti. Altri 2 milioni di vittime si erano avute tra la popolazione civile, ma per la maggior parte si trattava di armeni trucidati dai turchi.

La rivoluzione kemalista
Era nei propositi delle potenze vincitrici smantellare del tutto non solo ciò che restava dell'Impero ottomano, ma la stessa Turchia. Nel 1919 gli inglesi occuparono pertanto Samsun, nel mar Nero, mentre i francesi tenevano Adana, nella parte opposta dell'Anatolia; gli italiani si erano insediati nella Turchia sudoccidentale e i greci nell'area dell'Egeo. II 15.5.1919 i greci occuparono Smirne, ma a questo punto i turchi reagirono: Mustafa Kemal, nel frattempo divenuto generale, si mise alla testa di unità militari che non accettavano la sconfitta e mobilitò anche la popolazione civile in una guerra mirante a salvaguardare l'indipendenza del paese. Lanciando il programma politico di un "movimento nazionale" (che sarà poi chiamato "kemalista"), il generale dichiarò di opporsi al governo capitolardo di Costantinopoli e convocò ad Ankara un'Assemblea nazionale (12. 4.1920) . Questa elesse un "governo [...]

[...]ardare l'indipendenza del paese. Lanciando il programma politico di un "movimento nazionale" (che sarà poi chiamato "kemalista"), il generale dichiarò di opporsi al governo capitolardo di Costantinopoli e convocò ad Ankara un'Assemblea nazionale (12. 4.1920) . Questa elesse un "governo nazionale" e lo stesso Kemal ne prese la guida, iniziando una guerra di liberazione contro gli invasori greci. I successi militari e la vasta adesione raccolta in Turchia valsero al nuovo governo i primi riconoscimenti all'estero: il 4.6.1920 la giovane repubblica dei Soviet, che vedeva nel movimento kemalista un moto di riscossa popolare, fu la prima a riconoscere il suo governo. Giocando poi sui disaccordi esistenti fra le potenze occidentali, Kemal riuscì a concludere con altri governi accordi separati, fino a ottenere l'annullamento del Trattato di Sèvres firmato dal sultano il 10.8. 1920 e a rinegoziare la pace attraverso il Trattato di Losanna (24.7. 1923) che restaurava la sovranità turca sull'intera Anatolia, sulla Tracia orientale e sugli Stretti.
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[...]i Sèvres firmato dal sultano il 10.8. 1920 e a rinegoziare la pace attraverso il Trattato di Losanna (24.7. 1923) che restaurava la sovranità turca sull'intera Anatolia, sulla Tracia orientale e sugli Stretti.
Oltre a ottenere questi successi militari e diplomatici, Kemal avviò un programma di riforme politiche, sociali ed economiche. Fondato il Partito repubblicano del popolo e divenutone il leader incontrastato, puntò sulla laicizzazione della Turchia per trasformarla in un paese moderno: nel 1922 abolì il sultanato; il 29.10. 1923 proclamò la repubblica e ne assunse la presidenza, ponendo a capo del governo il suo fido collaboratore Ismet Pascià; nel 1924 fece approvare dalla Assemblea nazionale una nuova Costituzione che, fra l'altro, aboliva l'istituzione del califfato (cioè dei "successori" di Maometto, carica e dignità religiose riconosciute ai sultani fin dal 1517). Negli anni successivi furono adottati in Turchia il calendario gregoriano (1925), nuovi codici civili e penali basati su modelli europei (1926), l'alfabeto latino al post[...]

[...]un paese moderno: nel 1922 abolì il sultanato; il 29.10. 1923 proclamò la repubblica e ne assunse la presidenza, ponendo a capo del governo il suo fido collaboratore Ismet Pascià; nel 1924 fece approvare dalla Assemblea nazionale una nuova Costituzione che, fra l'altro, aboliva l'istituzione del califfato (cioè dei "successori" di Maometto, carica e dignità religiose riconosciute ai sultani fin dal 1517). Negli anni successivi furono adottati in Turchia il calendario gregoriano (1925), nuovi codici civili e penali basati su modelli europei (1926), l'alfabeto latino al posto dei caratteri arabi (1928). Nel 1928 l'islamismo cessò di essere religione di stato e nel 1934 fu anche concesso il voto alle donne. Nel 1937 fu inserita nella Costituzione turca una legislazione per la pianificazione economica che dava ampio spazio alle nazionalizzazioni e alla proprietà statale, con un particolare potere di intervento diretto delle forze armate nella vita del paese. Tutte queste riforme cambiarono il volto della Turchia, eliminando il potere islamico, m[...]

[...]atino al posto dei caratteri arabi (1928). Nel 1928 l'islamismo cessò di essere religione di stato e nel 1934 fu anche concesso il voto alle donne. Nel 1937 fu inserita nella Costituzione turca una legislazione per la pianificazione economica che dava ampio spazio alle nazionalizzazioni e alla proprietà statale, con un particolare potere di intervento diretto delle forze armate nella vita del paese. Tutte queste riforme cambiarono il volto della Turchia, eliminando il potere islamico, ma sotto altri aspetti la rottura con il passato era più apparente che reale: il nuovo Stato continuava a servirsi degli apparati burocratici e militari ereditati dall'impero ottomano; inoltre sotto l'egida del kemalismo, al sultanato si era sostituita un'autocrazia militare, al sultano era subentrato Kemal, il ruolo della potente chiesa islamica era stato assunto dal partito kemalista, diventato "partito unico", pur con la facoltà riservata a pochi "indipendenti" di presentarsi alle elezioni. Era insomma un regime totalitario.
Presidente della repubblica dal 1[...]

[...]ltà riservata a pochi "indipendenti" di presentarsi alle elezioni. Era insomma un regime totalitario.
Presidente della repubblica dal 1923 al 1938 (regolarmente riconfermato da maggioranze schiaccianti nelle "elezioni" del 1927 e del 1931), nominato "maresciallo" dall'Assemblea nazionale e ghazi ("Che ha combattuto nella guerra santa contro gli infedeli") dalla chiesa islamica, Mustafa Kemal, che nel 1929 assunse il nome di Ataturk ("padre della Turchia" o "grande turco") esercitò la propria dittatura giustificandola con la necessità di applicare le riforme: combatté con durezza l'opposizione dei conservatori islamici e compì sanguinarie repressioni contro i curdi nel 1925, 1930 e 1937. Per por fine alle speranze di un Kurdistan indipendente, strappò dalle loro terre più di un milione e mezzo di curdi che vennero deportati nelle inospitali regioni interne dell'Anatolia, la lingua curda fu proibita e i curdi persero perfino il loro nome che venne ufficialmente cambiato in quello di "turchi della montagna".
Quanto alla politica estera, KemalAt[...]

[...]one e mezzo di curdi che vennero deportati nelle inospitali regioni interne dell'Anatolia, la lingua curda fu proibita e i curdi persero perfino il loro nome che venne ufficialmente cambiato in quello di "turchi della montagna".
Quanto alla politica estera, KemalAtaturk fu molto realistico: ben comprendendo l'impossibilità di coltivare una qualsiasi nostalgia "imperiale", si accontentò di tutelare I confini riconosciuti dalle grandi potenze alla Turchia, stringendo accordi di amicizia e collaborazione con i paesi limitrofi: Unione Sovietica (1925), Italia (1928), Bulgaria (1929), Grecia (1933), Romania, Jugoslavia. Nel 1936 la convenzione di Montreux riconosceva il controllo integrale turco sugli Stretti. Nel 1937 la Turchia concludeva un patto di non aggressione con l'Iran, l'Iraq e l'Afghanistan. Nel 1939, grazie a un patto di non aggressione con la Francia, che esercitava il mandato sulla Siria, veniva riconosciuta la sovranità turca sulla provincia siriana di Hatay. Non ebbero invece successo le rivendicazioni turche su Mossul, ricca area petrolifera curda inglobata nell'Iraq e passata sotto protettorato britannico. Alla morte di KemalAtaturk (10.11. 1938) e in mancanza di suoi eredi (si era sposato nel 1923, ma aveva ripudiato la moglie nel 1925), gli subentrò alla presidenza della repubblica il primo minist[...]

[...]he su Mossul, ricca area petrolifera curda inglobata nell'Iraq e passata sotto protettorato britannico. Alla morte di KemalAtaturk (10.11. 1938) e in mancanza di suoi eredi (si era sposato nel 1923, ma aveva ripudiato la moglie nel 1925), gli subentrò alla presidenza della repubblica il primo ministro Ismet Pascià (che a sua volta aveva assunto il nuovo nome di Ismet Inonu), il quale ne continuò poi l'opera fino al 1950. Inonu riuscì a tenere la Turchia fuori dalla Seconda guerra mondiale giostrando abilmente fra il Terzo Reich, l'Unione Sovietica e le potenze occidentali, finché il 23.2.1945 dichiarò guerra alla Germania, sì da partecipare con pieno diritto alla Conferenza di San Francisco, ponendosi fra le nazioni che avrebbero dato vita all'O.N.U..

Secondo dopoguerra
Data la sua particolare situazione geografica (590 km di frontiera con l'U.R.S.S.), all'indomani della Seconda guerra mondiale la Turchia dovette fare i conti con il potente vicino sovietico che rivendicava la revisione del Trattato sugli Stretti e alcune cessioni territoria[...]

[...]i dalla Seconda guerra mondiale giostrando abilmente fra il Terzo Reich, l'Unione Sovietica e le potenze occidentali, finché il 23.2.1945 dichiarò guerra alla Germania, sì da partecipare con pieno diritto alla Conferenza di San Francisco, ponendosi fra le nazioni che avrebbero dato vita all'O.N.U..

Secondo dopoguerra
Data la sua particolare situazione geografica (590 km di frontiera con l'U.R.S.S.), all'indomani della Seconda guerra mondiale la Turchia dovette fare i conti con il potente vicino sovietico che rivendicava la revisione del Trattato sugli Stretti e alcune cessioni territoriali sul Caucaso; ma, saldamente fiancheggiata dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna e dalla Francia che miravano a inglobare l'Anatolia nel sistema militare dell'Occidente, poté sottrarsi alle richieste russe.
Nel luglio 1947 Inonu firmerà con gli U.S.A. il primo accordo per la fornitura di aiuti, accettando poi un'ingerenza economica e militare sempre più diretta degli U.S.A. nella vita del paese.
Nel 1945 cominciò a essere riveduta, anche per adattarne il [...]

[...]imo accordo per la fornitura di aiuti, accettando poi un'ingerenza economica e militare sempre più diretta degli U.S.A. nella vita del paese.
Nel 1945 cominciò a essere riveduta, anche per adattarne il testo alla nuova forma linguistica, la Costituzione varata da Ataturk nel 1924 (poi aggiornata nel 1928 in senso laicista e nel 1937 in senso totalitario kemalista). Ferma restando la rigorosa messa al bando del Partito comunista (mai accettato in Turchia) , fu consentita la nascita di qualche formazione politica, ponendo fine al sistema di "partito unico" kemalista: nacque così, alla fine del 1945, la prima forza di opposizione costituzionale, rappresentata dal Partito democratico diretto da Celal Bayar e Adman Menderes. Il primo era stato già nel 19371939 presidente del Consiglio con Ataturk e poi con lo stesso Inonu; il secondo era assai più giovane, ma entrambi godevano di larga popolarità. Nelle elezioni del 1946 infatti il Partito democratico ottenne 1/6 dei deputati, dando avvio all'interno del regime a una certa dialettica che favorì u[...]

[...]diretto da Inonu, con Gursel presidente della repubblica e sempre sotto la tutela del Comitato presidenziale militare.
Inonu poté governare fino al 1965, quando fu costretto a dare le dimissioni non disponendo assolutamente di una maggioranza parlamentare. Le elezioni dell'ottobre 1965 portarono alla formazione di un governo retto dal Partito della giustizia, guidato dal conservatore Demirel. Ma intanto si erano fatte sempre più insostenibili in Turchia le tensioni sociali per le perduranti condizioni di miseria popolare, per le proteste dei movimenti giovanili di destra e di sinistra che si scontravano nelle università, per la fuga dalle campagne di milioni di contadini che si venivano poi a trovare senza lavoro e senza mezzi di sussistenza nei centri urbani, o costretti a emigrare con vincoli di dipendenza semischiavistica nei confronti delle autorità di emigrazione turche. Tutto ciò alimentava una anarchia sociale con fenomeni diffusi di terrorismo e di estremismo politico, spesso provocati ad arte da quanti miravano a una completa milita[...]

[...]ità, per la fuga dalle campagne di milioni di contadini che si venivano poi a trovare senza lavoro e senza mezzi di sussistenza nei centri urbani, o costretti a emigrare con vincoli di dipendenza semischiavistica nei confronti delle autorità di emigrazione turche. Tutto ciò alimentava una anarchia sociale con fenomeni diffusi di terrorismo e di estremismo politico, spesso provocati ad arte da quanti miravano a una completa militarizzazione della Turchia, nel quadro della N.A.T.O., cui il paese era sempre legato dal 1952.
In effetti, nella metà degli anni Sessanta, esplosero in Turchia tutte le tragiche conseguenze di una politica ventennale del tutto estranea agli interessi e alle esigenze vitali della popolazione: divenuta essenzialmente una base che doveva proteggere in funzione antisovietica il fronte Sud dell'Alleanza Atlantica, con un esercito di oltre 600.000 uomini enormemente al di sopra delle possibilità finanziarie dello Stato, quindi con una casta militare potentissima ma nello stesso tempo dipendente in modo assoluto, tramite la N.A.T.O., dall'imperialismo nordamericano, la Turchia subiva tutte le conseguenze di quella impossibile situazione per un paese delle [...]

[...]tutto estranea agli interessi e alle esigenze vitali della popolazione: divenuta essenzialmente una base che doveva proteggere in funzione antisovietica il fronte Sud dell'Alleanza Atlantica, con un esercito di oltre 600.000 uomini enormemente al di sopra delle possibilità finanziarie dello Stato, quindi con una casta militare potentissima ma nello stesso tempo dipendente in modo assoluto, tramite la N.A.T.O., dall'imperialismo nordamericano, la Turchia subiva tutte le conseguenze di quella impossibile situazione per un paese delle sue dimensioni: uno sviluppo industriale accelerato ma unilaterale perché rivolto esclusivamente al potenziamento di infrastrutture di interesse militare (industria pesante peraltro mal gestita, armamenti, vie di comunicazione predisposte solo secondo programmazioni belliche ecc.), naturalmente a scapito dei servizi di interesse pubblico e dell'agricoltura; urbanizzazione caotica in pochi centri (Istanbul, Ankara, Smirne) senza alcuna predisposizione urbanistica e di servizi; totale abbandono delle campagne, lasci[...]

[...]nico e ligio al governo o a chi per esso, sotto il costante controllo di una polizia capace di svolgere le proprie mansioni soltanto attraverso arresti indiscriminati, repressioni cruente, tortura e deportazione degli oppositori politici di qualsiasi fatta.
Una peculiarità del regime turco, generalmente passata sotto silenzio e tuttavia fondamentale per capire la natura del potere esercitato dai militari, consisteva (e consiste) nel fatto che In Turchia le forze armate, oltre a detenere le armi, erano direttamente proprietarie delle risorse economiche decisive del paese: la grande industria, le banche, l'organizzazione dei trasporti pubblici ecc.. Alle corporazioni di ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica appartenevano, sotto varie forme, non solo le principali imprese, ma anche le risorse naturali della Turchia, come le miniere (fra cui quelle importantissime di cromo), i pozzi petroliferi, gli impianti idroelettrici ecc., così come negli altri paesi capitalistici queste risorse appartengono alle rispettive holding private. Per tale motivo gli ufficiali turchi (diversamente da quanto accade con frequenza in certe dittature militari del Sudamerica) potevano presentarsi come una forza operante "al di sopra" e "al di fuori" del quadro politico chiamato formalmente ad amministrare lo Stato. Seguendo l'esempio dei potentati economici dei paesi capitalistici più avanzati, i militari turchi usavano le isti[...]

[...]i più avanzati, i militari turchi usavano le istituzioni e i governi come "comitati d'affari" necessari per l'amministrazione pubblica e per il funzionamento dell'economia nazionale, avendo però come obiettivo primario non certo il soddisfacimento delle esigenze della popolazione, bensì quello delle strutture militari ed economiche cui erano più direttamente interessati. Da qui le pesanti storture dello sviluppo in senso economico generale della Turchia e, nello stesso tempo, la saldezza del regime militare, s'intende a spese dei lavoratori turchi. Questo fenomeno, nato con le prime nazionalizzazioni kemaliste, aveva avuto ulteriore sviluppo nel secondo dopoguerra, generando quella inestricabile commistione fra potere militare e potere economico, di fronte alla quale le istituzioni politiche e i partiti potevano svolgere soltanto un ruolo subalterno, di facciata e transeunte, facilmente controllabile e ricambiabile, senza peraltro che la dittatura militare apparisse troppo scopertamente per ciò che esse era. I militari non avevano bisogno di[...]

[...]Questi costituì un governo di "centrosinistra", ma la situazione continuò a inasprirsi, alimentata da una opposizione extraparlamentare di destra e di sinistra che diede luogo a una ondata più che mai cruenta di estremismo: 82 morti nel 1976; 231 nel 1977; 832 nel 1978; 1.200 nel 1979. Cominciarono anche a emergere movimenti di estrema destra, come quello detto dei "Lupi grigi", oscuramente mossi da centrali straniere per azioni terroristiche in Turchia e all'estero.
In tale situazione cadde anche il governo di Ecevit e salì un governo di minoranza, espresso dal Partito della giustizia guidato da Suleiman Demirel con l'appoggio del Partito islamico della salvezza nazionale che, in realtà, fece poi di tutto per sabotarlo. Alla presidenza della repubblica si trovava (a interim) Caglayangil.
Con Ecevit e il Partito repubblicano del popolo passati all'opposizione, fu ben presto bloccata l'attività legislativa e governativa per il sabotaggio opposto dagli islamici; furono congelate le riforme che pure erano state promesse dallo stesso Ecevit e fu[...]

[...] e la proclamazione unilaterale dello Stato Federale Turco di Cipro. Non riconosciuta dall'O.N.U. e duramente osteggiata dalla Grecia, che da parte sua rivendica la piena indipendenza dell'isola con una gestione comune dello Stato assicurata da entrambi i ceppi etnici (grecocipriota e turcocipriota), la soluzione di forza imposta dai turchi rimane come uno dei problemi più inquietanti nel Mediterraneo. Va notato infine che tanto la Grecia che la Turchia sono membri della N.A.T.O., una collocazione che, lungi dal rendere conciliabili i loro problemi, li perpetua.



da Luciana Castellina, Motivazioni e obiettivi del Partito operaio turco. [sopratitolo: Una forza politica di sinistra che nasca dai sindacati] [sottotitolo: Il gruppo dirigente del POT non cerca facili soluzioni «cittadine» ma vuole realizzare il contatto organizzato con le masse contadine che rappresentano la grandissima maggioranza del paese] in KBD-Periodici: Rinascita 1965 - 1 - 23 - numero 4

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Il gruppo dirigente del POT non cerca facili soluzioni « cittadine )) ma vuole realizzare il contatto organizzato con le masse contadine che rappresentano la grandissima maggioranza del paese
Il clamoroso ritiro dell'adesione dalla forza multilaterale atomica da parte della Turchia, dopo anni di asservimento del governo di Ankara alla politica atlantica, sollecita un esame su quanto è andato verificandosi in questo paese nel quale, dopo il rovesciamento del regime di Menderes, tutto sembrava tornato all'immobilità conservatrice che lo ha dominato negli ultimi decenni. Quale è dunque la portata reale di questa svolta di politica estera? In che misura essa esprime una maturazione di forze e di orientamenti nuovi nella realtà turca e in che misura essa è invece la mossa diplomatica di un governo conservatore che vuole rialzare le proprie azioni sul piano internazionale con[...]

[...]ta di politica estera? In che misura essa esprime una maturazione di forze e di orientamenti nuovi nella realtà turca e in che misura essa è invece la mossa diplomatica di un governo conservatore che vuole rialzare le proprie azioni sul piano internazionale con una politica più duttile e articolata? La risposta a questi interrogativi non può non muovere da un riesame degli sviluppi delle vicende interne al paese negli ultimi anni.
Nonostante la Turchia sia il paese dove più sovente ricorre la parola « rivoluzione » (giacché è cos) che, non senza compiacimento, vengono qui chiamati quelli che con assai più precisione dovrebbero esser definiti colpi di stato) non c'è forse paese che in questo secolo di cosí profondi sconvolgimenti sociali e istituzionali sia rimasto in realtà altrettanto immoto nelle sue strutture fondamentali, e dove tanto chiusa al nuovo si sia mantenuta la coscienza delle masse popolari, tagliate fuori e quasi ignare dei rivolgimenti che pure si susseguivano ai vertici.
E' ancora coli, in questa immobilità, che la Turchia[...]

[...]con assai più precisione dovrebbero esser definiti colpi di stato) non c'è forse paese che in questo secolo di cosí profondi sconvolgimenti sociali e istituzionali sia rimasto in realtà altrettanto immoto nelle sue strutture fondamentali, e dove tanto chiusa al nuovo si sia mantenuta la coscienza delle masse popolari, tagliate fuori e quasi ignare dei rivolgimenti che pure si susseguivano ai vertici.
E' ancora coli, in questa immobilità, che la Turchia appariva anche dopo l'ultima rivolta che ha portato al governo Ismet Inonu, il vecchio amico di Ataturk di cui era stato successore nel 1938 alla testa del partito Repubblicano. Ma non è più così, oggi, a quattro anni di distanza. Certo, se si dovesse giudicare col metro delle « rivoluzioni » passate, si dovrebbe giungere ad opposte conclusioni, ché le due forze fondamentali della vita politica turca, il partito Repubblicano, oggi al governo, e il partito della Giustizia, all'opposizione, sembrano tuttora vincolate dalla reciproca omertà che, al di là di marginali contrasti, salda fra loro i [...]

[...]ria modificazione dell'attuale equilibrio sociale. Quando dunque parliamo di un mutamento che va producendosi nel paese no'n alludiamo tanto a qualcosa che può già incidere sugli sviluppi della politica « ufficiale », qualcosa i cui risultati possono esser già colti, immediatamente; parliamo perö di un fenomeno che per quanto ancora limitato è tuttavia un fatto davvero nuovo per questo paese e capace di modificare alla lunga la prospettiva della Turchia: la presa di coscienza che va manifestandosi in alcuni strati popolari che per la prima volta, pur fra tante incertezze e difficoltà, vanno aprendosi una strada finalmente alternativa a quella prospettata da sempre dalle forze politiche tradizionali, dai partiti dominanti che mai sono riusciti ad essere qualcosa di più che meri gruppi di potere, espressione dei notabili locali e degli intermediari del capitare straniero. Se si Nicolai Podgorny (il secondo da sinistra) membro del Praesidium del Soviet Supremo dell'URSS e Ismet Inonu
eccettua infatti il tentativo di Ataturk, che cercò nel peri[...]

[...]no ad alcune riviste e nelle organizzazioni studentesche. Non si tratta in alcun caso di gruppi cite prendono le mosse — come è potuto avvenire in altre parti del mondo — da settori di borghesia illuminata che premono per uno sviluppo economico autonomo del paese cercando di svincolarsi dagli inceppi (al centro) primo ministro turco al termine dei recenti colloqui di Ankara
feudali della classe dominante, quella terriera.
Non esiste infatti in Turchia una borghesia imprenditoriale di qualche consistenza capace di avviare uno sviluppo capitalistico nel paese: i ristretti gruppi borghesi non solo sono infatti ancora troppo strettamente legati all'equilibrio sociale imposto dagli agrari, ma essi stessi non hanno che scarsissima capacità imprenditoriale non esistendo in Turchia le condizioni per un'autonoma accumulazione che si svolga nell'ambito delle attuali strutture. L'economia turca si fonda infatti, oltreché sull'agricoltura, sul commercio, quasi del tutto nelle mani delle comunità ebraica e greca,
e su una limitata attività industriale di. montaggio dei prodotti esportati in Turchia dai monopoli, soprattutto americani.Gli aiuti statunitensi (assai abbondanti finché la Turchia ha rivestito un'importanza strategica di pri mo piano come base per le rampe dei missili a media gittata, caduti negli ultimi tempi) hanno dato infine vita a gruppi di speculatori che si confondono o dipendono strettamente dalla pubblica amministrazione che gestisce anche un ristrettissimo settore industriale di base creato ai tempi di Ataturk.
Parlare di un'alternativa borghese è dunque difficile in Turchia; ed infatti seppure tali ristretti gruppi imprenditoriali si differenziano sul piano politico dagli agrari in quanto appoggiano il partito Repubblicano attualmente al governo, più moderno del partito della Giustizia, diretto dagli uomini della cricca di Menderes
e strettamente controllato dal Dipartimento di Stato, non si può dire che le differenze fra le due formazioni politiche siano sufficientemente chiare e sostanziali da mettere in moto un qualsiasi esperimento rinnovatore nel paese. Anche qui, come in altri paesi fortemente arretrati, la soluzione agli assillanti problemi economici non[...]

[...]tatuto nel quale è stabilito che le cariche dirigenti, a tutti i livelli, non possono esser ricoperte che per il 50% da intellettuali mentre l'altro 50% deve esser garantito a lavoratori manuali.
Una simile norma può far sorridere laddove iI movimento operaio ha origini antiche e dove i1 rapporto intellettualiclasse operaia è andato precisandosi attraverso esperienze pratiche
e teoriche assai pin complesse, ma appare del tutto comprensibile in Turchia dove le forze popolari non sono mai riuscite ad esprimere autonomamente la loro voce e dove ogni formazione politica è fatalmente finita per cadere nelle mani di intellettuali tradizionali, strettamente legati alle classi dirigenti; o dove anche i più volonterosi tentativi rinnovatori sono sempre falliti di fronte alla manifesta incapacità delle élites di cotlegarsi can i lavoratori.
Le norme adottate dal Partito ope raio turco stanno dunque a testimo
niare volontà del suo gruppo diri
gente di non cercare nessuna facile soluzione isolandosi nel ristretto ambiente cittadino ma di imporsi la[...]

[...]ficoltà di comunicazione fra le città e i villaggi dell'Anatolia, nonostante la mancanza di mezzi, nonostante i mille ostacoli frapposti dalle autorità del paese forti di una legislazione che riprende testualmente gli articoli del codice italiano fascista.
Ma è talmente forte nelle masse popolari l'esigenza di trovare un punto di riferimento nuovo, talmente grande la curiosità che questo partito
il primo partito operaio ehe nasce legalmente in Turchia — ispira, che le difficoltà vengono superate.
Quale è la linea di questo nuovo partito? I suoi dirigenti affermano di essere socialisti, ma si sa che questo termine è finito per essere oggi una definizione troppo generica, per determinare la linea e il carattere di una formazione politica. L'importante è che sembra trattarsi non di una etichetta inventata da un piccolo gruppo che si richiama ad esperienze estranee alla realtà del paese ma di una forza autentica, che nasce dal seno stesso del movimento popolare turco. E importante è anche il fatto che esso si ponga esplicitamente come fine la[...]

[...]speculatori.
Si tratta di una posizione che, seppure ancora generica, non deve esser sottovalutata perché — come diceva
mo essa esprime un elemento qua
litativo nuovo nella vita politica turca: la convinzione che una trasformazione del paese possa avvenire soltanto partendo dalle masse contadine
e non per un rivolgimento di vertice.
E' questa convinzione ehe del resto distingue il POT dagli altri gruppi di sinistra che pure esistono oggi in Turchia e che, anche essi, sebbene le loro posizioni possano sembrarci discutibili, rappresentano tuttavia una importante novità. Tra questi quello senza dubbio più interessante è il gruppo di intellettuali che fa capo al settimanale Yän, diretto da un ex deputato del partito Repubblicano, ehe si dichiara oggi esplicitamente socialista.
La posizione di Yön potrebbe essere definita con una certa approssimazione « nasseriana », nel senso che essa individua nell'esercito la sola possibile base di un rivolgimento sociale. Le masse popolari sono —seccondo la linea ehe sembra esprimere Yón — troppo arretr[...]

[...]osizione di Yön potrebbe essere definita con una certa approssimazione « nasseriana », nel senso che essa individua nell'esercito la sola possibile base di un rivolgimento sociale. Le masse popolari sono —seccondo la linea ehe sembra esprimere Yón — troppo arretrate in Turehia
e illusorio sarebbe quindi sperare che da esse prenda le mosse un qualsiasi processo di rinnovamento mentre i militari, sia per la loro origine sociale quasi popolare (in Turchia gli ufficiali compiono gratuitamente gli studi e la borghesi a professionista o terriera li considera ad un livello sociale s inferiore »), sia per il prestigio che specialmente nell'esercito ha tuttora iI nazionalismo di Ataturk, rappresentano iI solo gruppo dotato di sufficiente energia e consapevolezza per
avviare non certo una trasformazione socialista della Turchia, ma almeno un processo di sviluppo noncapitalistico, premessa di una reale indipendenza del paese.
I militari sono in Turchia una forza prettamente laica, ma se questo rappresenta un punto di vantaggio rispetto ai loro colleghi arabi, bisogna dire che esiste in loro assai meno chiara e violenta quella carica anticolonialista che ha portato come necessaria conseguenza l'Egitto su posizioni cosi avanzate anche dal punto di vista dei rapporti sociali interni.
Di questi limiti tuttavia i gruppi della sinistra turca sembrano essere coscienti in quanto essi stessi non nascondono i pericoli che sempre può comportare un colpo di stato dell'esercito laddove non intervenga un condizionamento capace di dare ai militari una li[...]

[...]ifestazioni che si sono svolte è stato il nazionalismo esasperato, è vero infatti che esse hanno rappresentato il terreno su cui è poi andata formandosi la coscienza del ruolo che l'imperialismo americano e la NATO volevano assegnare alla Turehia e in genere ai paesi « satelliti A. La vicenda di Cipro, il viaggio del ministro degli esteri Erkin a Mosca e la recente visita della delegazione parlamentare sovietica — i primi contatti amichevoli fra Turchia e URSS dal 1933 hanno aperto gli occhi soprattutto alle nuove generazioni che avevano vissuto fino a ieri in un clima di antisovietismia ossessivo e nel più completo isolamento rispetto agli avvenimenti internazionali.
Questa maggiore apertura sul mondo, l'influenza del pensiero moderno
e democratico che comincia nonostante tutto a penetrare fra le maglie della censura (Y6n ha pubblicato per la prima volta poesie di Nazim Hikmet e le autorità non hanno osato requisire la rivista) e infine i primi grandi scioperi, che nonostante la direzione filoamericana di parte del movimento sindacale, s[...]



da Luciana Castellina, Scacco al re e ai colonnelli [sopratitolo: La crisi di Cipro] [sottotitolo: La diplomazia americana deve registrare il fallimento del piano di trasformare Cipro in una base NATO ma l'influenza di Washington sul governo greco lascia aperte le prospettive più negative per la sicurezza nel Mediterraneo] in KBD-Periodici: Rinascita 1967 - 12 - 8 - numero 48

Brano: [...] più significativo, se si tiene conto che si verifica proprio sullo scivoloso terreno dei nazionalismo, quello su cui i putchisti avevano contato di ottenere un qualche appoggio popolare.
Tutta la vicenda di questa breve crisi testimonia la debolezza estrema del regime: incapacità e timore di promuovere una qualsiasi mobilitazione popolare in appoggio alle proprie rivendicazioni, panico di fronte alle possibili conseguenze di uno scontro con la Turchia in una situazione in cui il governo sa di non poter contare sul proprio fronte interno.
La Turchia ha tratto profitto della debolezza del suo antagonista ed è riuscita a strappare quanto non avrebbe ottenuto in altre circostanze e cioè la riaffermazione, sia pure ancora precaria, degli accordi di Zurigo che nel 1960 avevano conferito alla minoranza turcocipriota una serie di diritti. Il successo della Turchia corrisponde non solo allo scacco della Grecia ma, in una certa misura almeno anche allo scacco degli Stati Uniti i quali, fin dal 1964, avevano sostenuto una soluzione della crisi cipriota nei quadro della NATO. Si tratta del famoso Piano Acheson che prevedeva la riunificazione di Cipro alla Grecia in cambio della cessione alla Turchia da parte di questo paese dell'isola di Castellorizo e dei diritti di sovranità su una vasta base militare a Cipro. In sostanza si trattava di una soluzione che avrebbe consentito agli Stati Uniti di superare la ferma opposizione dell'arcivescovo Makarios nei confronti dell'installazione di basi NATO nella piccola repubblica: una volta spartita fra Grecia e Turchia, ambedue fedeli pedine atlantiche, Cipro sarebbe stata infatti facilmente trasformata in una portaerei a disposizione del Pentagono.
Il Piano Acheson non potè allora essere attuato perchè il governo di Nicosia, forte dell'appoggio dell'Unione Sovietica protestò la propria indipendenza ribadendo la sua volontà di mantenersi su posizioni neutraliste. Ma il piano non fallì solo per questo: il governo Papandreu rifiutò infatti di piegarsi alla volontà della NATO e fu anzi proprio da questo rifiuto che prese le mosse l'operazione che doveva portare, un anno più tardi, alla destituzione del leader[...]

[...]fino ad allora aveva rigidamente controllato non solo ogni mossa del governo di Atene ma che aveva anche cercato di sabotare le iniziative (( indipendenti » del governo di Nicosia.
Con il governo Stefanopulos, imposto da re Costantino in seguito alla destituzione di Papandreu, gli USA riprendono in mano la situazione. E' questo — infatti il periodo in cui la Grecia accetta di partecipare nuovamente alle esercitazioni militari NATO accanto alla Turchia. E « il carattere delle spettacolari manovre atlantiche che si svolgono nel Mediterraneo sud orientale nel settembre del '65 scrive Jan Maynaud, professore di scienze politiche all'Università di Montreal e autore di un documentato rapporto " Sull'abolizione della democrazia in Grecia " — è tale da far facilmente comprendere lo accanimento degli americani nel perseguire l'integrazione di Cipro nell'Alleanza atlantica ». Impegno per il quale gli Stati Uniti si servono anche del governo italiano che — scrive sempre Maynaud — invia ad Atene il proprio ministro della Difesa, Tremelloni, con il com[...]

[...]utore di un documentato rapporto " Sull'abolizione della democrazia in Grecia " — è tale da far facilmente comprendere lo accanimento degli americani nel perseguire l'integrazione di Cipro nell'Alleanza atlantica ». Impegno per il quale gli Stati Uniti si servono anche del governo italiano che — scrive sempre Maynaud — invia ad Atene il proprio ministro della Difesa, Tremelloni, con il compito di rafforzare la collaborazione militare fra Italia, Turchia e Grecia. « Ci si orientava così — riferisce ancora Maynaud — verso una situazione in cui, nel quadro di un globale vassallaggio atlantico, la Grecia sarebbe stata posta in una sorta di sottovassallaggio militare rispetto all'Italia e alla Turchia.
E tuttavia la piena reintegrazione della Grecia fra i satelliti degli Stati Uniti non è sufficiente a portare in porto il piano Acheson tenuto conto della resistenza che continua ad opporre l'arcivescovo Makarios ad ogni soluzione che veda Cipro inserita nella strategia NATO. Di qui la minaccia che sempre più apertamente il comandante delle truppe greche nell'isola, Grivas, fa pendere sull'indipendenza della piccola repubblica e, infine il colpo di Stato militare del 21 aprile che fra i suoi obiettivi non secondari avrebbe dovuto avere anche quello di consentire una rapida soluzione del pro[...]

[...] anche vero che la riduzione della milizia grecocipriota, il protettorato stabilito dall'ONU sull'isola e infine il ruolo determinante avuto dagli Stati Uniti tramite Vance, nella conclusione dell'accordo, non sono fatti da rassicurare sulle prospettive di una reale indipendenza di Cipro. Gli americani hanno dovuto per ora rinunciare al loro piano perchè incapaci di sanare le contraddizioni che suscitava fra i suoi stessi alleati, di cui uno, la Turchia, ha mostrato di non esser più disposto ad accettare pienamente il diktat di Washington. Ma — scriveva giustamente l'ultimo numero del Sunday Times — non bisogna dimenticare che in questi vent'anni la Grecia ha ottenuto 1.719 milioni di dollari di aiuto economico dagli Stati Uniti e la Turchia 2.100. Nella riunione dell'OCED che si terrà all'inizio del prossimo anno si dovrà discutere della situazione debitoria della Turchia nonchè della prossima fase di attuazione del piano di aiuti degli Stati Uniti.
« Ovviamente la voce più autorevole in tale riunione sarà quella degli americani, il che spiega parzialmente perchè Cyrus Vance ha potuto parlare nel corso della crisi cipriota con maggiore autorevolezza di quanto non abbiano potuto fare il segretario della NATO Manlio Brosio e il rappresentante di U Thant ».
Libera nos Domine
« La vedova del senatore Kefauver è morta in un albergo di Washington dopo uno svenimento durante un banchetto cui partecipava anche il presidente Johnson » (dalla rivista di Giulio Andreo[...]



da Taylan Ozgur, Una strage per i generali [sopratitolo: Verso la dittatura aperta in Turchia] [sottotitolo: La tragedia di Kizildere non ha ancora una sua versione credibile. Sospese le attività politiche di tutti i partiti e si annuncia una nuova «costituzione». Le tre fasi della repressione dal marzo 1971 a oggi. Crisi economico-sociale e instabilità politica] in KBD-Periodici: Rinascita 1972 - 4 - 7 - numero 14

Brano: di Taylan Ozgur
Ankara, aprile —. Il sipario è calato anche sulla commedia delle ultime apparenti « libertà » che la Turchia mostrava come facciata di comodo al mondo. Ai deputati non sono state sufficienti la vergogna e l'umiliazione della seduta del 31 marzo quando hanno recitato orrore e indignazione per il resoconto da mattinale di questura che il ministro degli Interni Serit Kubat forniva loro sulla strage dei dieci guerriglieri e dei loro tre ostaggi inglesi e canadesi. Né è bastato invocare a gran voce la morte « rapida e esemplare » degli oppositori in carcere. Quest'ultima prova di servilismo non ha retto alla temperie che i militari volevano creare. E così deputati e partiti sono stati mandati a casa, con[...]

[...] voce la morte « rapida e esemplare » degli oppositori in carcere. Quest'ultima prova di servilismo non ha retto alla temperie che i militari volevano creare. E così deputati e partiti sono stati mandati a casa, con l'accusa di aver favorito — loro con la finzione di un potere parlamentare inesistente — la « anarchia e la violenza ». Il presidente turco, generale Sunay, li ha licenziati, licenziando « la politica », questo « male che corrompe la Turchia »: è il colpo di Stato all'interno di un colpo di Stato già avvenuto circa un anno e mezzo fa, o meglio il punto terminale di un processo dittatoriale che ha trasformato anche la Turchia, dopo la Grecia e a fianco del Portogallo, in un paese fascista della NATO.
Alla luce di questi sviluppi la strage di Kizildere — il paesino montano in cui hanno trovato la morte i dieci guerriglieri del Gev Donc e i tre tecnici della NATO tenuti in ostaggio — assume un sinistro significato. Era necessario arrivare al massacro? L'interrogativo è stato presente da sempre, sin dalle prime notizie sui fatti. Vi erano state troppe versioni governative tra il 29 e il 30 marzo. Prima si era diffusa una nota in cui si affermava che la piccola casa in cui si erano asserragliati i guerriglieri era st[...]

[...]ifficile comprendere che guerriglieri e tecnici siano morti sotto l'intenso bombardamento delle artiglierie governative. Non è difficile comprendere che la vita dei tre tecnici della NATO poteva, essere salvata, ma nulla è stato tentato in questo senso. Si voleva un fatto drammatizzante, si voleva una di quelle occasioni clamorose (e in questo caso sanguinose) che fornissero alibi e consensi al nuovo progetto che si approntava per imprimere alla Turchia un nuovo giro di vite.
Adesso anche altre cose appaiono più chiare. Solo tre settimane fa il primo ministro Nihat Erim si era recato a Washington, e vi era stato ricevuto con particolari onori da Nixon. Il tema dell'incontro era stato la crisi cipriota, ma vi era stato anche un altro particolare tema che aveva, allora, un po' stupito. Erim aveva parlato di un complotto co munista appena stroncato e su questa base aveva ricevuto lodi per la strenua difesa delle libertà in Turchia e soprattutto nuove armi per l'esercito.
Si sa: in paesi come la Turchia tutto ciò che è opposizione democratica [...]

[...]sso anche altre cose appaiono più chiare. Solo tre settimane fa il primo ministro Nihat Erim si era recato a Washington, e vi era stato ricevuto con particolari onori da Nixon. Il tema dell'incontro era stato la crisi cipriota, ma vi era stato anche un altro particolare tema che aveva, allora, un po' stupito. Erim aveva parlato di un complotto co munista appena stroncato e su questa base aveva ricevuto lodi per la strenua difesa delle libertà in Turchia e soprattutto nuove armi per l'esercito.
Si sa: in paesi come la Turchia tutto ciò che è opposizione democratica viene ricondotto al comunismo. Tuttavia il parlare di complotto organizzato aveva suscitato una certa sorpresa. Perché ci si chiedeva, proprio ora? a quale fine? La risposta è giunta ora. Si stava preparando — in questo caso sì, un complotto concordato con gli Stati Uniti
— il nuovo colpo di Stato. E Kizildere doveva esserne la scena madre.
Vista di qui la sequenza degli avvenimenti ha una sua logica inesorabile. Il massacro non si era ancora compiuto in quello sperduto villaggio di montagna, che già si passava a una nuova fase della repressione contr[...]

[...]ico si è tradotto in un allargamento dell'opposizione a strati e gruppi finora lontani da tutto ciò che potesse suonare offesa all'ordine costituito, e soprattutto si è tradotto nel risorgere, al di là dell'epurazione, di un'ala kemalista, del resto tradizionale, nell'esercito. Infine. La stessa composita formazione dello Stato turco ha cominciato a dar segni di crisi profonda con l'esplosione della gestione curda (10 milioni di curdi abitano la Turchia) e di altre minoranze etniche.
E' di fronte a questo dissesto economico, politico, statale e sociale che il gruppo dei militari più reazionari e più legati agli americani ha deciso per la terza volta di riprendere in modo più diretto le redini del potere. 11 paese è in effetti ingovernabile essendo arrivato al punto in cui tutte le sue contraddizioni giungono a un punto esplosivo. Per governarlo ci vorrebbero riforme profonde in tutti i settori della vita politica e economica, rivolgimenti sociali, espansione piena della democrazia, piena riconquista dell'indipendenza nazionale. Di fronte a [...]

[...] piena della democrazia, piena riconquista dell'indipendenza nazionale. Di fronte a questa prospettiva si sceglie ovviamente la strada opposta: un irrigidimento della dittatura. Dopo aver abolito la libertà di stampa, messo fuori legge i partiti di sinistra, distrutto l'autonomia delle università, reso dipendente il potere giudiziario, ora si passa anche alla repressione di ogni forma di vita politica. E si arriva a questo non solo perché c'è in Turchia una reazione feroce nel difendere i suoi privilegi. Vi si arriva anche perché gli Stati Uniti considerano troppo importanti le basi della NATO in Turchia.
Ma le bombe che rompono il silenzio della notte qui a Ankara, come in molte altre città turche, fanno pensare che non si tratterà di una impresa facile.
Verso la dittatura aperta in Turchia
Una strage
per i generali
La tragedia di Kizildere non ha ancora una sua versione credibile. Sospese le attività politiche di tutti i partiti e si annuncia una nuova costituzione ». Le tre fasi della repressione dal marzo 1971 a oggi. Crisi economicosociale e instabilità politica
Nelle foto: il comando di polizia che ha compiuto la strage di Kizildere; l'orrendo spettacolo della casa dopo la sparatoria



da senza firma, De Gaulle in Turchia: un viaggio tempestivo in KBD-Periodici: Rinascita 1968 - 11 - 1 - numero 43

Brano: úadra te internazionale
De Gaulle in lurchia:
un viaggio tempestivo
Il viaggio del generale De Gaulle in Turchia venne deciso circa tre mesi fa, ed è stato accompagnato, in Francia, da un battage pubblicitario che ha pochi precedenti ma che, stando alla linea gollista di politica internazionale non è certo casuale. Paese di provata fedeltà atlantica, la Turchia ha cominciato negli ultimi tempi a padre il prezzo dell'alleanza, e ciò ha aato vita a fenomeni di indubbio interesse. La crisi atlantica in Turchia i:nizib, si può dire, nella estate del 1960, quando venne abbattuta, a furor di popolo, la crudele dittatura di Menderes. Da allora il paese ha assistito al crescere di un forte movimento di opposizione alla politica estera dei successivi governi — non servili come quelli di Menderes, ma pur sempre subalterni
agli USA e soprattutto alla conces
sione di basi militari in territorio turco (qui vi sono alcune delle basi più potenti, e dotate di missili atomici, della NATO e degli USA in proprio).
L'opposizione si è espressa attraverso la costituzione di un nuovo partito — il Partito operaio tu[...]

[...]zione di un nuovo partito — il Partito operaio turco — che nel giro di pochi anni, e nonostante il tentativo di « messa al bando » da parte degli attuali gruppi dirigenti, è riuscito a inviare alla Camera dei deputati quindici suoi rappresentanti. E a fianco al POT si è avuto un rifiorire di tendenze « nazionali » assai robuste, che si richiamano non formalmente alla rivoluzione di Ataturk, la cui caratteristica essenziale fu quella di dare alla Turchia un volto moderno e nazionale. La Turchia è così uscita dal precedente immobilismo politico, e sembra offrire oggi un quadro mosso e ricco di potenzialità, cui fanno da sfondo, del resto, immensi problemi sociali aperti. Dotata di uno degli armamenti più moderni dello scacchiere medio orientale, con un bilancio nazionale assorbito in larga parte da spese militari, la Turchia è ancor oggi uno dei paesi in cui l'economia e la società presentano tutte le caratteristiche tipiche del sottosviluppo. Il maturare di un clima politico nuovo ha, in effetti, determinato un movimento di massa così profondo che lo stesso attuale governo ha dovuto se non modificare l'asse della sua politica estera, almeno ristabilire relazioni amichevoli con l'URSS (viaggio di Kossighin a Ankara), spuntando così l'arma propagandistica di una minaccia sovietica ai confini; che è stato l'argomento con cui la Turchia è entrata nella NATO. In questa situazione due avvenimenti hanno provocato un ul[...]

[...]sentano tutte le caratteristiche tipiche del sottosviluppo. Il maturare di un clima politico nuovo ha, in effetti, determinato un movimento di massa così profondo che lo stesso attuale governo ha dovuto se non modificare l'asse della sua politica estera, almeno ristabilire relazioni amichevoli con l'URSS (viaggio di Kossighin a Ankara), spuntando così l'arma propagandistica di una minaccia sovietica ai confini; che è stato l'argomento con cui la Turchia è entrata nella NATO. In questa situazione due avvenimenti hanno provocato un ulteriore spostamento dell'opinione pubblica in senso antiamericano. Primo, la guerra araboisraeliana. Le manife
stazioni antimperialiste, e antiNATO, raggiunsero nel giugno del 1967 una assai grande intensità. D'altro canto lo stesso governo turco, preoccupato dall'ondata di fondo che scuoteva il paese, dovette dichiarare ufficialmente che l'Alleanza non avrebbe avuto alcun significato e peso in caso di iniziative antiarabe da parte degli USA. E per dimostrare con i fatti le sue intenzio ni, fece presidiare gli ae[...]

[...]e i diversi interessi nazionali, li sacrificasse all'unico vero interesse strategicomilitare: tenere in piedi e potenziare la base di Cipro,. E fu anche questo un momento di forte ripresa nazionalista. De Gaulle si è mosso quindi tempestivamente in una situazione a lui propizia. Nonostante la crisi cecoslovacca — intorno alla quale i governanti di Ankara hanno anch'essi ripreso il tema del rilancio atlantico — il generale francese si è recato in Turchia' con la chiara proposta che si imiti la Francia, trovando, con la sua nota demagogia, le parole giuste su Ataturk, la grandezza nazionale, la posizione particolare della Turchia, ponte tra l'Europa, l'Asia minore e l'Oriente. Non si pub dire che abbia ottenuto molta udienza presso i dirigenti turchi anche se ha toccato alcune questioni cui non possono restare insensibili. Ma sono soprattutto le accoglienze popolari che gli sono state riservate — la stampa turca nota stupefatta e un tantino sgomenta che non hanno precedenti neanche nella famosa visita di Eisenhower, ai tempi di Menderes — che fanno capire come egli ha saputo abilmente cogliere i sentimenti di fondo del paese.



da senza firma, I contrasti USA - Turchia in KBD-Periodici: Rinascita 1967 - 4 - 7 - numero 14

Brano: I contrasti
LISA Turchia
ss In Turchia
(un tempo il paese più comodo per gli
SIRIA á Stati Uniti: si
pensi soprattutto ai tempi della dittatura di Menderes e Bayar) la vita comincia a farsi difficile per i comandi e le truppe americani delle numerosissime basi militari della NA'T'O dislocate nel paese. Naturalmente non siamo allo sfratto, come è accaduto in Francia; ma la revisione dello statuto giuridico che ha regolato finora l'attività delle basi USA in Turchia, concedendo privilegi e immunità di tipo coloniale a ufficiali e soldati stranieri, comincia a dare seri fastidi al governo di Washington.
Sono più di cinquanta gli accordi sulle basi firmati in epoche passate fra USA e Turchia, soprattutto ai tempi di Menderes e Bayar, e tutti sono seriamente lesivi della sovranità e delle leggi turche; a Chiare lettere tutto questo è stato scritto nei giorni scorsi dal giornale ufficiale Czimhuriet (Repubblica), mentre un viceministro è arrivato a dire in Parlamento che l'ambasciata americana aveva la abitudine di preparare gli accordi in una sola copia, scritta ovviamente in inglese, la quale veniva sottoposta alla firma di qualche ministro turco compiacente che, senza leggere (o non potendo nemmeno farlo non conoscendo l'inglese), firmava immediatamente: niente affatto preoccup[...]

[...]erno turco non conosce la natura.
Deputati, giornalisti, uomini di affari hanno denunciato altre situazioni « assolutamente non tollerabili » : i depositi delle basi americane sono diventati centri di contrabbando; nelle basi si esercitano
diritti postali che tolgono al bilancio statale turco ingenti somme; tutta una rete di stazioni radio colleganti i diversi comandi delle basi americane costituisce un danno notevole alle telecomunicazioni in Turchia, oltreché rappresentare una seria violazione della sovranità del paese e minacciare anche i rapporti fra la Turchia e i paesi vicini. Sul piano giuridico si hanno violazioni ancora più clamorose: le autorità turche non hanno il diritto di interferire sull'attività dei cittadini americani.
Non è, tuttavia, tanto la clamorosa denuncia di questo stato di cose che riveste interesse per l'osservatore politico straniero, quanto la costatazione che la polemica fra Ankara e Washington per la revisione dello statuto delle basi NATO conferma la positiva evoluzione della politica turca a partire dal 1960, quando le poderose mani festazioni popolari di Istanbul e di Ankara rovesciarono la diarchia dittatoriale Mender[...]

[...]re politico straniero, quanto la costatazione che la polemica fra Ankara e Washington per la revisione dello statuto delle basi NATO conferma la positiva evoluzione della politica turca a partire dal 1960, quando le poderose mani festazioni popolari di Istanbul e di Ankara rovesciarono la diarchia dittatoriale MenderesBayar. Sintomi positivi di questa evoluzione si sono avuti nel 1962 con l'allontanamento delle basi missilistiche americane dalla Turchia, in coincidenza con la soluzione della crisi di Cuba; e successivamente con l'intensificarsi dei rapporti fra l'URSS e la Turchia. Sicché l'aspra polemica in atto fra Washington. e Ankara deve essere vista sia come un'affermazione di indipendenza rispetto agli USA, sia come un desiderio di migliorare le relazioni eon il grande vicino della Turchia: l'URSS.



da m. r., Disorientamento in Turchia [sopratitolo: Si estende la crisi dell'Alleanza atlantica] in KBD-Periodici: Rinascita 1964 - 9 - 12 - numero 36

Brano: Si estende la crisi dell'Alleanza atlantica
in T






Gli ultimi sviluppi della crisi cipriota hanno gravemente acutizzato in Turchia — come attestano le dimostrazioni xenofobe alla Fiera di Smirne della fine d'agosto — la profonda inquietudine politica che da parecchio tempo rende incerto l'avvenire del paese. L'improvvisa rivelazione delle scarse probabilità di attuazione che hanno i piani turchi per l'isola, la sensazione che gli Stati Uniti siano pronti ad abbandonare da un giorno all'altro le tesi di Ankara se questo sembri loro opportuno, il fatto che cominci ad apparire evidente per tutti il vicolo cieco a cui ha condotto la ventennale politica di sottomissione a Washington, i pericoli d'isolamento sul piano internaz[...]

[...]ebbero anche nascere in prospettiva la rottura degli equivoci sui quali si regge la classe dirigente turca e una spinta verso la democrazia ed il neutralismo. Comunque, la situazione potrebbe diventare da un giorno all'altro altamente esplosiva dato che il governo è già sottoposto a forti critiche e un'ulteriore svolta a favore di Makarios nella vertenza per Cipro potrebbe costituire un impulso decisivo verso un sommovimento, nella repubblica di Turchia, di ampie proporzioni. Tra l'altro Inonu si avvale di una maggioranza parlamentare assai ristretta e incerta e quindi le eventualità di una violenta ripresa dell'estrema destra, per un verso, o di una riscossa delle gerarchie militari, per un altro, non sono affatto da scartarsi a priori.
In queste condizioni, al fine di meglio intendere il senso degli avvenimenti che vanno maturando ad Ankara e a Istanbul, appare di non poco interesse registrare le ammissioni, le rivelazioni, le proteste é le richieste che i giornali più influenti, portavoci delle varie correnti della maggioranza o della op[...]

[...]'America diano il loro voto a Johnson? ». E poco oltre: a L'America ha la strana pretesa di rappresentare l'Occidente, ma noi siamo un paese che sa vivere senza l'America. Noi dobbiamo respingere il Piano Acheson degli americani gridando loro: Go home! s.
Un medesimo concetto, anche se in forma meno esagitata e avveniristica, è esposto con fermezza da un altro e più autorevole giornale, il Cumhuriet: « Parliamoci sinceramente — esso scrive — La Turchia è ormai lontana dallo stadio dell'intervento diretto. Per opporre resistenza non disponiamo che dell'interesse che noi possiamo rappresentare per gli altri; di conseguenza occorre rivedere e modificare la nostra politica estera: la Turchia, pur continuando a far parte della NATO, deve rimaneggiare e rivedere le sue relazioni internazionali a.
Il Milliyet, riprendendo l'argomento della polemica contro gli Stati Uniti, vi inserisce qualche ambiguo ma molto interessante riferimento alle ripercussioni all'interno: « Una persona autorizzata informa che la Turchia ha deciso di rivedere le relazioni con gli Stati Uniti in seguito alle loro ultime prese di posizione in favore della Grecia nell'affare cipriota. Conformemente a tale deliberazione si è cominciato a stendere un rapporto che documenti le facilitazioni e i vantaggi riconosciuti in Turchia agli americani ». Due giorni dopo lo stesso giornale ritorna alla carica in modo più chiaro affermando: e La colpa non è dell'America, ma nostra: l'America infatti non è egoista e imperialista da ieri, ma da sempre. Siamo noi che non vediamo la realtà prima di soffrirne ». Più avanti l'articolo di Cetin Altan muove una serie di roventi accuse alla politica passata e presente condotta dai vari governi che si sono succeduti alla guida dello Stato: « Non è la Turchia che, senza nemmeno consultare il parlamento, ha accettato sul suo territorio le rampe per missili americane? Noi siamo quelli che [...]

[...]ani ». Due giorni dopo lo stesso giornale ritorna alla carica in modo più chiaro affermando: e La colpa non è dell'America, ma nostra: l'America infatti non è egoista e imperialista da ieri, ma da sempre. Siamo noi che non vediamo la realtà prima di soffrirne ». Più avanti l'articolo di Cetin Altan muove una serie di roventi accuse alla politica passata e presente condotta dai vari governi che si sono succeduti alla guida dello Stato: « Non è la Turchia che, senza nemmeno consultare il parlamento, ha accettato sul suo territorio le rampe per missili americane? Noi siamo quelli che abbiamo voluto essere più realisti del re inviando il massimo numero di soldati in Corea. Non abbiamo poi voluto essere i primi a rompere le relazioni commerciali con Cuba a causa della crisi tra l'America e tale paese? Noi abbiamo permesso a un colonnello americano di andarsene a riposare a Capri dopo aver ucciso undici soldati turchi. Noi abbiamo persino sequestrato le opere degli scrittori americani che criticavano l'America e cambiato il nome dell'insalata russ[...]

[...]ssere i primi a rompere le relazioni commerciali con Cuba a causa della crisi tra l'America e tale paese? Noi abbiamo permesso a un colonnello americano di andarsene a riposare a Capri dopo aver ucciso undici soldati turchi. Noi abbiamo persino sequestrato le opere degli scrittori americani che criticavano l'America e cambiato il nome dell'insalata russa in insalata americana. Taluni accennano all'abrogazione di certi vantaggi riconosciuti dalla Turchia agli americani: ma quali siano tali vantaggi lo ignoro anche io pur essendo un giornalista» . A conclusione poi, uno sferzante giudizio: « La nostra politica è incapace di sfumature: in fin dei conti noi non siamo che americano fili o germanofili ».
Ma gli interrogativi sull'azione del minislero e sulle incognite del futuro rimbalzano da un giornale all'altro: il Tercuman sottolineando come la vicenda di Cipro abbia finito col minacciare direttamente il governo Inonu, si domanda: e Che farà Ankara se domani l'Enosis si realizzerà come un fatto compiuto? Resteremo ancora paralizzati come lo f[...]

[...]nda: e Che farà Ankara se domani l'Enosis si realizzerà come un fatto compiuto? Resteremo ancora paralizzati come lo fummo al momento della denuncia unilaterale degli accordi di Londra e Zurigo? Invero siamo entrati in un periodo molto delicato e molto critico: i nostri avversari sanno con precisione ciò che vogliono e i modi per ottenerlo, i nostri propositi procedono invece con numerosi zigzag ».
Invero taluni indizi inducono a credere che la Turchia possa evitare ancora per qualche tempo di compiere scelte decisive, ma la crisi di fondo che travaglia il paese pensiamo non potrebbe essere più efficacemente illustrata da questa stampa, specchio del disorientamento d'un intero gruppo di governo.
m. r.



da m. r., Precarietà in Turchia [sopratitolo: Dopo la visita di Inonu a Washington e Londra] in KBD-Periodici: Rinascita 1964 - 7 - 11 - numero 28

Brano: Dopo la visita di Inonu a Washington e Londra
Precarietà in Turchia
Le visite a Washington e a Londra compiute nell'ultima settimana di giugno dal primo ministro turco Ismet Inonu hanno avuto, per l'avvenire del suo paese, una drammatica importanza che non sembra essere stata affatto avvertita dagli osservatori politici del nostro paese. Il tentativo di risolvere la questione cipriota, che è stato il motivo che ha portato alla Casa Bianca prima il leader turco e poi quello greco, rischia infatti di trasformarsi in paravento e in pretesto per coprire la crescente tensione politica ed economica che minaccia di travolgere, insieme con il ministero Inonu, tutto [...]

[...]che non sembra essere stata affatto avvertita dagli osservatori politici del nostro paese. Il tentativo di risolvere la questione cipriota, che è stato il motivo che ha portato alla Casa Bianca prima il leader turco e poi quello greco, rischia infatti di trasformarsi in paravento e in pretesto per coprire la crescente tensione politica ed economica che minaccia di travolgere, insieme con il ministero Inonu, tutto il precario equilibrio su cui la Turchia ancora si regge. La condizione turca, come è noto, da molto tempo è oramai orientata in senso negativo, ma se non si può escludere che questo processo di decomposizione dell'attuale regime abbia modo di prolungarsi ulteriormente, taluni minacciosi scricchiolii hanno dato nel mese scorso la impressione che ci si potesse attendere il collasso anche a brevissima scadenza.
Quali sono dunque gli avvenimenti che hanno conferito alla missione di Inonu l'aspetto di difficile e forse estremo tentativo per impedire alla Turchia un profondo rivolgimento dalle conseguenze imprevedibili? Si diceva che si[...]

[...] oramai orientata in senso negativo, ma se non si può escludere che questo processo di decomposizione dell'attuale regime abbia modo di prolungarsi ulteriormente, taluni minacciosi scricchiolii hanno dato nel mese scorso la impressione che ci si potesse attendere il collasso anche a brevissima scadenza.
Quali sono dunque gli avvenimenti che hanno conferito alla missione di Inonu l'aspetto di difficile e forse estremo tentativo per impedire alla Turchia un profondo rivolgimento dalle conseguenze imprevedibili? Si diceva che si tratta di fenomeni sia politici, sia economici.
Sul piano politico più immediato sono da registrarsi l'andamento delle elezioni dell'8 giugno per il rinnovo parziale del Senato e l'esito del voto di fiducia ottenuto da Inonu proprio subito prima di partire per gli Stati Uniti. I senatori da rieleggere erano 51 su 165 e il partito più forte dell'opposizione, il Partito della giustizia, erede della tradizione semifascista di Bayar e Menderes, ha rafforzato ulteriormente la maggioranza relativa che detiene grazie alla p[...]

[...]ano 51 su 165 e il partito più forte dell'opposizione, il Partito della giustizia, erede della tradizione semifascista di Bayar e Menderes, ha rafforzato ulteriormente la maggioranza relativa che detiene grazie alla politica clientelare sviluppata nelle campagne: il Partito della giustizia ha cioè aumentato i suffragi da 29 a 31 senatori, mentre il Partito repubblicano popolare di Inonu è passato da 16 a 19. I partiti minori (Partito della nuova Turchia e Partito contadino) sono invece pressoché scomparsi, favorendo il radicalizzarsi della lotta e lasciando il partito di Inonu in una complessa situazione parlamentare.
E' vero che ha partecipato alla consultazione solo il 50 per cento del corpo elettorale, ma tale fatto, insieme a certe modifiche della legge per le votazioni, avrebbe, in teoria, dovuto giocare a favore del partito al governo; invece solo il decesso improvviso del generale Gumuspala, capo del Partito della giustizia, ha impedito a quest'ultimo di trarre immediato vantaggio del successo conseguito. Quanto al voto di fiducia es[...]

[...]to momento di incertezza, di dissensi con Washington e di malessere economico.
E il grave è precisamente che questi episodi di vita politica si inseriscano su una condizione di fondo oscura e sconfortante, che ormai è denunciata a chiare lettere sulla stampa internazionale, con una unanimità di intonazione quanto mai significativa. Ad esempio il Jerusalem Post così intitolava il 22 giugno un articolo di commento alle ultime vicende turche: « La Turchia nella stretta economica Motivi finanziari dietro la visita di Inonu a Washington s.
I problemi economicofinanziari ai quali tanto spesso si fa riferimento non sono in verità nuovi e improvvisi: sono i problemi che derivano — tanto per citare un settore di particolare rilievo nel sistema economico turco e cioè quello agricolo — dalla mancanza di un efficiente criterio di tassazione nelle campagne: grazie a tale lacuna, i ricchi proprietari non pagano quasi tasse sul reddito (l'altro anno essi hanno versato un milione e duecentomila sterline di tasse, vale a dire circa la settantesima parte d[...]

[...] come ha confermato in un recente discorso pure lo stesso ministro_ delle Finanze quando ha accennato all'esistenza di un processo deflazionistico (termine abbastanza rivelatore per un paese che si suppone necessitante di enormi investimenti per tenere in piedi il cosiddetto piano quinquennale). Ma la cosa più grave è che i prestiti e le sovvenzioni per sviluppare le proprie risorse ricevuti dagli Stati Uniti e da un Consorzio internazionale, la Turchia li ha in questi anni sperperati in spese militari, nelle costruzioni edilizie di lusso, nell'acquisto di beni di consumo dagli stessi paesi che hanno offerto i prestiti: quindi un disperato bisogno di denaro affligge oggi i governanti di
Papandreu se ne va, arriva Inonu. E De Gaulle: e Adesso vi preciserò la mia posizione su Cipro... > (dal Canard enchaîné)
Ankara. Con malignità, ma probabilmente anche con esattezza, è stato rilevato che proprio quando Inonu, per e strana coincidenza s, si è trovato a passare nei pressi di Parigi, in occasione delle sue missioni per Cipro, si riuniva in tal[...]

[...]rd enchaîné)
Ankara. Con malignità, ma probabilmente anche con esattezza, è stato rilevato che proprio quando Inonu, per e strana coincidenza s, si è trovato a passare nei pressi di Parigi, in occasione delle sue missioni per Cipro, si riuniva in tale città il già citato Consorzio per adottare misure adeguate alla gravità della situazione nel paese protetto.
Con tutto ciò non si vuole negare che la questione cipriota abbia per la Repubblica di Turchia un suo specifico e autonomo interesse. Ma il contrasto con la Grecia, la sfiducia negli Stati Uniti e nella Gran Bretagna, la spinta ai colpi di testa che quasi metteva in minoranza il governo, risultano acuiti dalla constatazione precisa e pressante che il paese non dispone oggi che della metà dei capitali stranieri indispensabili per finanziare il secondo anno del « piano quinquennale s e che, se tali fondi non saranno reperiti, il programma d'investimenti per l'anno in corso, per quanto misero e sbilanciato, andrà incontro a drastici ridimensionamenti.
Da questo deriva come la crisi delle[...]

[...] tali fondi non saranno reperiti, il programma d'investimenti per l'anno in corso, per quanto misero e sbilanciato, andrà incontro a drastici ridimensionamenti.
Da questo deriva come la crisi delle relazioni con Washington risulti non facilmente componibile. E il genero del primo ministro turco, Mentin Toker si faceva pochi giorni or sono portavoce di tale realtà scrivendo sul Huriet: « Inonu va a Washington nel momento in cui i rapporti tra la Turchia e gli Stati Uniti giungono a un punto critico s. Questo spiega perché già si ipotizzi che se Inonu fallirà, la Turchia, in modo aperto e palese o per vie traverse, dovrà finire con l'accettare gli aiuti e l'assistenza che paiono essere stati offerti da parte del mondo socialista. Molti intellettuali ed economisti di sinistra si domandano infatti ad Ankara perché non possa essere seguìto l'esempio dell'Egitto o dell'India, che hanno stabilito rapporti molto amichevoli con l'Unione Sovietica senza che siano scaturiti pericoli di e sovversione interna s.
m. r.



da Fatma Dost e Antonio Solaro, Turchia: perché si spera in Ecevit [sopratitolo: Novità e interrogativi dopo le elezioni del 5 giugno] [sottotitolo: Con la vittoria elettorale del Partito repubblicano del popolo, per il quale ha votato tutta la sinistra, si è aperta la strada ad una svolta democratica. Ma la destra rimane forte] in KBD-Periodici: Rinascita 1977 - 7 - 1 - numero 26

Brano: [...]. Tra questi il principale resta quello di riportare l'ordine democratico in un paese scosso dall'ondata di terrore e di violenza che ha segnato la campagna elettorale, di garantire il pluralismo politico (attraverso anche la le galizzazione del partito comunista) di rimettere .in piedi l'economia travolta dall'inflazione e dalla disoccupazione. Sul piano della politica estera, Ecevit si dichiara favorevole ad un rafforzamento dei rapporti della Turchia con tutti i paesi e pronto ad incontrare il greco 'Caramanlis per risolvere i problemi che dividono i due paesi, in particolare la crisi cipriota. Attuare questi obiettivi non sarà certamente facile. In primo luogo, perché Ecevit dovrà fare i conti con la forte opposizione di destra: infatti, come si rileva dai dati finora forniti, il Partito della giustizia di Suleyman Demirel, si è rafforzato mentre il ridimensionamento 'di tutte le formazioni minori di destra è stato controbilanciato dal consolidamento del Partito di azione :nazionalista del neofascista Turkes.
Came si spiega il successo[...]

[...]fare i conti con la forte opposizione di destra: infatti, come si rileva dai dati finora forniti, il Partito della giustizia di Suleyman Demirel, si è rafforzato mentre il ridimensionamento 'di tutte le formazioni minori di destra è stato controbilanciato dal consolidamento del Partito di azione :nazionalista del neofascista Turkes.
Came si spiega il successo elettorale di Ecevit? La « strategia della tensione » che da sette anni insanguina la
Turchia e che ha avuto il suo momento culminante nella strage del primo maggio a Istambul e negli attentati contro Ecevit durante la campagna elettorale — non è riuscita a contenere la crescita del Partito repubblicano. Per Ecevit hanno votato larghi strati di contadini, operai, artigiani, giovani, donne, intellettuali e una parte importante dei ceti medi urbani. La sua campagna elettorale è stata appoggiata dal Disk, la centrale sindacale progressista diretta da esponenti del Prp e dai comunisti. Per cornprendere tuttavia le ragioni del successo del Prp occorre tener conto delle caratteristiche spec[...]

[...]eudatari e i commercianti divennero i quadri dirigenti della giovane repubblica e riuscirono ad avere un notevole peso nel governo. Queste forze ottennero il consenso di larghi strati popolari 'dell'Anatolia sfruttando i sentimenti religiosi della parte più arretrata del paese e presentandosi come i paladini della cultura islamica. L'assenza di una borghesia industriale favorì notevolmente questo processo che, sul terreno economico, trasformò la Turchia in un paese subalterno al capitale internazionale. Sono queste le condizioni che portarono ad una sempre più forte identificazione tra burocrazia e Stato turco.
Il settore progressista della burocrazia è rimasto in minoranza fino aglianni '50. Esso si è andato consolidando soprattutto nelle università, nell'esercito, nella magistratura. La fine della secondo guerra mondiale, che aveva visto la Turchia in una posizione di ambigua neutralità con forti simpatie verso la Germania nazista, portò con sé interessanti novità. L'apparizione di una borghesia industriale, infatti, impose mutamenti anche nei modo di governare. Nel 1946, dopo 22 anni di potere assoluto, il vecchio Partito repubblicano del popolo, fondato da Ataturk, fu costretto, dalle nuove forze dei ceti dominanti che emergevano dalle trasformazioni economiche, ad accettare il pluripartitismo. Quattro anni più tardi, il Partito democratico, che rappresentava gli interessi dei notabili rurali e degli imprenditori urbani, fautori di un[...]

[...]ntava ad altri 4,5 miliardi di dollari (3,4 miliardi per il settore pubblico).
Le ragioni della grave disoccupazione vanno ricercate innanzitutto, secondo il noto economista Aydin Köymen, nel particolare modello di sviluppo del paese. L'industria turca, infatti, utilizza soltanto il 60% delle sue capacità produttive: la politica dei prezzi seguita dai monopoli non permette una utilizzazione più razionale del potenziale industriale del paese. La Turchia, inoltre, con la sua industria dipendente è soggetta a tutti gli aumenti di prezzi del mercato estero pagando sempre più care le importazioni di materie prime e semilavorati (la crisi economica turca è di conseguenza anche il riflesso della crisi strutturale del capitalismo mondiale di cui è parte integrante).
Fra le classi dominanti non vi è attualmente un equilibrio stabile. Infatti, se è vero che negli ultimi ven
I partiti in Turchia
Il Partito repubblicano del popolo, fondato da Kama1 Ataturk. Di tendenza socialdemocratica, è guidato da Bulent Ecevit. Nel 1973 disponeva di 185 seggi all'Assemblea nazionale; adesso, dopo le elezioni del 5 giugno, è rappresentato da 213 deputati sui 450 di cui si compone l'Assemblea.
Il Partito della giustizia, di tendenza centrodestra. Ha governato il paese prima delle elezioni. Nel 1973 ha conseguito il 29,87 per cento dei suffragi e ha avuto 149 deputati, oggi ne ha 188 (36,9 per cento dei voti).
Presidente: Suleyman Demirel, primo ministro uscente.
Il 'Partito democratico, nato nel[...]

[...]fautore dell'integralismo islamico, è stato ridimensionato e ha funzione del tutto secondaria.
Il Partito repubblicano della fiducia, di Turham Feyzoglu, vicepresidente del Consiglio. Nato da due scissioni del partito repubblicano. Di tendenza di centrodestra. 13 deputati al Parlamento nel 1973; nel 1977, 3 deputati.
I.1 Partito 'di azione nazionale, del colonnello Alparslan Turkes, di estrema destra: 13 deputati.
Il Partito dell'unione della Turchia, di Mustafa Timisi.
Il 'Partito operalo, della signora Behice Boran, formato nel 1961, è nell'illegalità dal 1971.
t'anni è aumentato il peso degli industriali, continua ad influire, in modo spesso determinante, la voiontà degli agrari e 'del grande capitale commerciale. Molto schematicamente si potrebbe dire che l'industria sarebbe favorevole ad un governo riformista, capace di guidare l'economia, di inserirla nel contesto mondiale e in particolare nella Cee, e di soddisfare alcuni primordiali bisogni delle masse attraverso una politica sociale di stampo paternalistico. I gruppi più conser[...]

[...]rdiali bisogni delle masse attraverso una politica sociale di stampo paternalistico. I gruppi più conservatori, invece, legati ancora alla grande proprietà fondiaria e agli ideali nazionalistici dell'oltranzismo mussulmano restano :favorevoli ad un governo autoritario. Su questa base, è sorto nel 1975 il fronte nazionalista, quella coalizione dei quattro partiti di destra che fanno capo al Partito della giustizia di Demirel e che ha governato la Turchia, dopo la breve ma movimentata parentesi di Ecevit che andò dal gennaio al novembre del 1974.
Questa coalizione quadripartita non poteva comunque durare a lungo, anche per ragioni internazionali. Sia i fascisti di Turkes che i . fanatici mussulmani di Erbakan hanno sinora impedito la soluzione dei principali problemi di politica estera da cui dipendono molti fattori della vita interna turca: la crisi cipriota, la ripresa di buoni rapporti con la Grecia, un accordo con gli Usa che ponga fine all'embargo imposto dal Senato americano sulle forniture di armi e aiuti economici, l'adesione alla Cee[...]

[...]l'insieme delle forze progressiste come l'unica alternativa in grado di affrontare su basi nuove e di maggiore giustizia la sempre più acuta situazione sociale ed economica e i sempre più stringenti problemi internazionali. Di qui il successo elettorale di Ecevit e l'arretramento complessivo della destra.
Si spiega dunque l'attesa con cui il paese aspetta ora una soluzione di governo solida e coerente con le indicazioni e il programma del Prp.
Turchia:
perché si.
in Ecevit
Con la vittoria elettorale del Partito repubblicano del popolo, per il quale ha votato tutta la sinistra, si è aperta la strada ad una svolta democratica. Ma la destra resta forte
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da Massimo Robersi, Crisi in Turchia [sopratitolo: Il governo di Ismet Inonu ha rassegnato le dimissioni] [sottotitolo: Dopo le speranze suscitate dall'abbattimento della dittatura di Menderes e Bayar il paese si ritrova con un regime inadatto ad attuare le riforme sociali necessarie] in KBD-Periodici: Rinascita 1963 - 12 - 7 - numero 48

Brano: [...]rie
L'assenza di una settimana dalla sua città capitale per prendere parte alle cerimonie funebri di Washington potrebbe rivelarsi fatale a Ismet Inonu e comunque gli ha già portato preoccupazioni gravissime. Il premier turco è infatti rientrato a Ankara appena in tempo per essere informato che il suo governo era entrato in crisi e che, con la defezione di due partiti della coalizione di maggioranza — il partito contadino e quello della « Nuova Turchia » — l'appoggio parlamentare necessario a mantenere in vita la formazione ministeriale attuale è venutoa mancare. E non si tratta di un fatto semplice di vita politica in un paese dai giunti democratici funzionanti: il che rende la crisi appena apertasi assai delicata e di soluzione piuttosto difficile. Anche perchè la doppia defezione è la conseguenza diretta delle elezioni amministrative svoltesi il 17 novembre scorso nel paese, per la prima volta dopo dodici anni. E' stata una consultazione abbastanza. strana — ma omogenea con il clima di « democrazia protetta » che domina il paese — perchè[...]

[...]ma omogenea con il clima di « democrazia protetta » che domina il paese — perchè ancora una volta il partito della giustizia (ex democratico), scalzato dal potere con la rivolta del maggio 1960, ha dimostrato di godere un notevole prestigio (ha ottenuto circa il 60 per cento dei seggi in palio) mentre il principale partito al governo, il repubblicano, non ha ricevuto che il 30 per cento dei suffragi. Quanto agli altri partiti, quello della Nuova Turchia, il partito dei contadini, il partito nazionale, il partito operaio (esponente di taluni gruppi abbastanza vivaci della piccola borghesia) hanno subito una sconfitta anche più vistosa.
Come si spiega tutto ciò? Come mai nonostante tanti discorsi sui mutamenti e le innovazioni da apportare alla vita dello Stato, nulla in sostanza pare cambiare? La percentuale piut tosto bassa dei votanti (60 per cento), la messa fuori legge dei partiti di sinistra, la persistenza, specie nelle campagne della rete di protezioni, appoggi e soperchierie di cui sempre s'è valso il partito della giustizia, sono tu[...]

[...]di mantenere tutto pressochè immobile, reprimendo ogni sforzo di rinnovamento, male o bene impostato che sia. La dimostrazione laicista degli studenti del marzo, il fallito tentativo insurrezionale d'un nucleo di militari guidati dal col. Talat Aydemin del 27 maggio, le agitazioni sindacali di quest'autunno non sono riusciti a scuotere l'apatia e l'incapacità dei partiti tradizionali, unico « grosso colpo » dei quali è stata l'associazione della Turchia alla Comunità economica europea firmata ad Ankara il 12 settembre.
E' questo un accordo tipico di tutta una situazione: esso prevede infatti, in cambio d'una prospettiva per il paese d'infeudamento permanente ai monopoli europeooccidentali, l'immediata concessione per nove anni di aiuti e sussidi per riuscire a tirare avanti: associazione squallida, dunque, ma completamente conforme ai disegni e agli interessi che gli attuali dirigenti governativi interpretano per conto dei grandi latifondisti, dei banchieri, dei ricchi commercianti.
Così, dopo le speranze suscitate dall'abbattimento della [...]

[...]a, dunque, ma completamente conforme ai disegni e agli interessi che gli attuali dirigenti governativi interpretano per conto dei grandi latifondisti, dei banchieri, dei ricchi commercianti.
Così, dopo le speranze suscitate dall'abbattimento della dittatura di Menderes e Bayar, abbattimento realizzato grazie all'azione congiunta dei lavoratori, degli intellettuali e degli studenti, dei militari progressisti e della piccola e media borghesia, la Turchia si ritrova con un regime forse meno crudele del precedente, più cauto nell'intervenire repressivamente, ma certo altrettanto inadatto ad attuare quelle riforme radicali che possano sollevarla dall'arretratezza in cui giace.
D'altronde l'atmosfera narcotizzata si manifesta molto chiaramente anche in Parlamento. Da anni ormai i partiti della coalizione governativa sono impegnati in trattative inconcludenti per cercare di varare almeno qualcuno degli urgenti provvedimenti che la popolazione attende. Completamente assorbiti nelle lotte parlamentari essi, ad esempio, sembrano incapaci a mettere i[...]

[...]amente assorbiti nelle lotte parlamentari essi, ad esempio, sembrano incapaci a mettere in atto le direttive del piano quinquennale che, elaborato attraverso grandi discussioni e continuamente ridimensionato negli obiettivi, doveva cominciare a realizzarsi proprio a partire dal 1963.
Le cifre divulgate in occasione dell'approvazione del piano quinquennale costituiscono una rivelazione impressionante del basso livello di sviluppo economico della Turchia, della situazione di miseria in cui si trovano i lavoratori, dell'enormità dei contrasti di classe, dell'ampiezza degli squilibri e delle strozzature. Molti aspetti dei sistemi arcaici di conduzione agricola e la stessa consistenza della presenza statale in alcuni settori dell'economia indicano il permanere di strutture feudali e semifeudali: la Turchia ha il reddito medio più basso dell'Europa mediterranea (meno di 200 dollari per persona nel 1960), solo il 5% del territorio usufruisce di energia. elettrica, il prodotto nazionale netto è composto per il 42% dall'agricoltura (industria ed edilizia . vi partecipano solo per il 22%). Nel 1961, secondo dichiarazioni ufficiali, v'erano quattro milioni di disoccupati (su una popolazione di circa 28 milioni di abitanti): il 2% degli abitanti riceveva il 38% del reddito nazionale. Inoltre questo tipo di struttura tende a trasformarsi molto lentamente: è vero che la parte dell'agricoltura nella prod[...]

[...]trebbero venire estratti in quantità assai maggiori delle attuali, grazie all'ammodernamento degli imRepubblica turca è legata dalla fine della seconda guerra mondiale, sono anche quelli più ostili agli sforzi dei paesi sottosviluppati per uscire da una posizione economicamente subordinata; ed è precisamente con questi pianti ed a più precise ricerche per individuare nuovi giacimenti.
Ma è proprio su questi punti che le alleanze politiche della Turchia giocano sfavorevolmente: i paesi del MEC e della NATO con i quali la criteri di subordinazione che è stato attuato l'inserimento nella CEE. Da lungo tempo giungono prestiti americani (destinati a essere spesi in acquisti di prodotti americani) e ven
Ismet Inonu
gono fornite eccedenze agricole (che mantengono in una condizione depressa l'agricoltura turca); ad essi si sono poi aggiunti gli altri sussidi, mascherati in vario modo, della Gran Bretagna, della Francia. della Germania 'occidentale. Ma lo scopo di tali trasferimenti di denaro è sempre quello di mantenere il paese virtualmente sogg[...]

[...]ebbero grandi investimenti per l'irrigazione di nuovi territori, per la trasformazione del patrimonio zootecnico (riduzione delle capre che rovinano i pascoli ed aumento del bestiame di grossa taglia), per la lotta contro l'erosione. Mancano però i fondi e i paesi del Mercato Comune, nonostante gli accordi conclusi, afflitti come sono insieme agli Stati Uniti, da grosse questioni agricole, non hanno interesse ad aiutare
in misura sostanziale la Turchia che in questo campo potrebbe ' divenire un concorrente abbastanza pericoloso.
La soluzione di tutti questi problemi economici risiede in larga parte negli indirizzi di politica generale. A esempio il desiderio, espresso recentemente da taluni , di non rifiutare sostegni economici per accelerare lo sviluppo del paese, da qualsiasi parte provengano, indica come nei circoli dirigenti vi sia pure qualcuno che avverte l'esigenza di svincolarsi da troppo costose alleanze. E' sotto questo profilo, nella cauta ricerca di nuovi indirizzi per il rafforzamento della autonomia nazionale, che si possono [...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Turchia, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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