Brano: Albertini, Luigi
fi
Luigi Albertini
prime norme restrittive sulla stampa, quali la diffida e la facoltà di destituire il direttore responsabile. Il « Corriere della Sera » ormai non sosteneva più il fascismo, ma lo combatteva, a fianco de « li Mondo.» di Giovanni Amendola, de «La Stampa » di Luigi Salvatorelli e de « Il Popolo » di Giuseppe Donati. Sulle colonne del quotidiano milanese comparvero ripetuti attacchi contro la corruzione e gli arbitrii del governo. Nel giugno del 1924 L.A., con Giovanni Amendola e Carlo Sforza, fornì al re le prove che Mussolini era il mandante dell’assassinio di Matteotti. Al Senato denunciò le violenze, le sopraffazioni dei fascisti e i pericoli che incombevano sull’istituto parlamentare.
Appare significativo che il compito di difendere, senza esito, la democrazia, spettasse proprio a un uomo che, oltre ad avere appoggiato il fascismo per combattere il socialismo, non aveva esitato, dopo la rotta di Caporetto (v.), a invocare la soppressione dell’attività parlamentare e della libertà di stampa, avendovi scorto lo spettro del disfattismo: « Si verifica il solito tristissimo spettacolo di un'Assemblea — scriveva infatti L.A. nell’aprile del 1918 — che dopo aver votato l’intervento con la sola esclusione dei socialisti, manifesta contro la guerra e i suoi uomini un rancore inestinguibile». In quel periodo,
, rilevava Antonio Gramsci, si parlò anche di una congiura AlbertiniCadorna per un colpo di stato che instaurasse la dittatura militare. Di fatto, L.A. si collocava al fianco dei Comandi militari e dei ceti più retrivi, rifiutando persino di pubblicare sul suo giornale le obiettive osservazioni di Luigi Barzini a proposito delle responsabilità della ritirata e delle «celate magagne morali » dei comandanti (« se ogni soldato fosse comprato come un mulo e rappresentasse una cifra — aveva scritto Barzini — sarebbe meglio difeso, perché da noi si difende tutto quello che costa»).
La conseguenza immediata degli articoli e dei discorsi antifascisti di L.A. fu il suo allontanamento dalla direzione del giornale,
nella quale venne sostituito dal fratello Alberto. Questi potè continuare a dirigere il « Corriere » per qualche anno, finché i Crespi, per togliersi dai piedi i due scomodi fratelli (dato il regime in corso), chiesero lo scioglimento della società, nella quale gli Albertini avevano una quota. Continuando la sua polemica dai banchi del Senato, L.A. votò contro la riforma elettorale e contro i Patti Lateranensi. Durante la raccolta dell’oro, del 1935, consegnò nondimeno, come tutti gl[...]
[...]ontinuare a dirigere il « Corriere » per qualche anno, finché i Crespi, per togliersi dai piedi i due scomodi fratelli (dato il regime in corso), chiesero lo scioglimento della società, nella quale gli Albertini avevano una quota. Continuando la sua polemica dai banchi del Senato, L.A. votò contro la riforma elettorale e contro i Patti Lateranensi. Durante la raccolta dell’oro, del 1935, consegnò nondimeno, come tutti gli altri senatori, la propria medaglietta alla « Patria », considerando questo gesto (al pari di Benedetto Croce) un omaggio ai soldati d’Italia. Nella vita privata L.A. si occupò della bonifica di terreni agricoli presso Roma.
Albinea, Azione di
Nella notte del 27.3.1945, paracadutisti del Battaglione Alleato (v.)r insieme a partigiani del « Gufo nero » e di unità garibaldine, effettuarono un’audace azione contro la V sezione del Comando tedesco del 51° Raggruppamento Korp, dislocata nel comune di Albinea, a 9 km da Reggio Emilia. In questa località, nelle due ville Calvi e Rossi alla periferia del paese, sotto la protezione di 500 uomini, avevano sede l’istituto Cartografico, nonché centralini telefonici e telegrafici direttamente collegati con il Comando Supremo della Wehrmacht a Berlino. Gli obiettivi erano stati in precedenza rilevati da aerei da ricognizione inglesi.
II comando generale dell’operazione partigiana fu assunto dal capitano Lees, capo della missione militare britannica. Un nucleo composto da
10 paracadutisti britannici e 25 garibaldini, comandati da Giovanni Farri (Gianni), doveva attaccare Villa Calvi; un secondo gruppo, composto da paracadutisti e da uria squadra di partigiani del « Gufo nero », comandati dal tenente Glauco Monducci (Gordon), doveva invece investire, nello stesso momento, Villa Rossi. Un reparto di
40 partigiani sovietici, al comando di Modena, avrebbe infine dovuto proteggere gli attaccanti da eventuali sorprese.
L’azione ebbe inizio, come previsto, alle ore 2 del 27 marzo. I tedeschi, dopo l’iniziale sbandamento dovuto alla sorpresa, reagirono con violento fuoco, ma i partigiani riuscirono ugualmente a penetrare nelle due ville e a incendiare gli uffici e
11 materiale. L’impresa riuscì più facilmente a Villa Calvi, mentre a Villa Rossi gli attaccanti dovettero attraversare un lungo tratto allo scoperto, sotto il fuoco delle armi tedesche.
Tra i tedeschi si ebbero una trentina di uomini fuori combattimento, tra morti e feriti. Tra gli attaccanti,
persero la vita 3 paracadutisti inglesi e furono gravemente feriti il capitano Lees e Glauco Monducci.
Il 27.3:1946, a cura del Comune di Reggio Emilia, all’entrata di Villa Rossi è stata posta una lapide con la seguente epigrafe: « Aprendo il varco alla vittoria finale il XXVII marzo MCMXLV nel segno della gloria per la libertà dei popoli contro l’oppressore qui caddero: Lieutenant I.A. fìiccomini, Sergeant Guscot, Corporal Samuel Bolden del 2° ND S.A.S. e ancora una volta sangue inglese e sangue italiano si fuse ».
Albona
Cittadina di 6.000 abitanti a 47,5 km da Pola, sulla costa orientale dell’lstria, a 3 km dal mare. Nel territorio di A., oltre a cave di bauxite, esiste una miniera di carbon fossile nella quale, prima della seconda guerra mondiale, lavoravano
1.600 operai.
Il 13.9.1943 una colonna motorizzata tedesca mosse da Pola, nelTintento di occupare il bacino minerario AlbonaArsia che; sotto la guida di Aldo Negri (v.), era divenuto uno dei più forti centri insurrezionali dell'lstria. I minatori impegnarono la lotta armata e, nell’aspra battaglia, 48 di essi (tra i quali il vecchio dirigente sindacale italiano Serpi) lasciarono la vita; ma la colonna tedesca, dopo aver subito gravi perdite, 'dovette ritirarsi. Albona e altri centri istriani furono liberati in quei giorni con azioni insurrezionali e il potere, in gran parte della regione, passò nelle mani dei Comitati popolari di liberazione. Ma all’inizio di ottobre i tedeschi scatenarono una grande offensiva, alla quale presero parte la divisione corazzata « Adolf Hitler » e altri reparti minori. L’Albonese, come altre zone dell’lstria, fu interamente messo a ferro e fuoco, e l'insurrezione popolare venne soffocata nel sangue. Un comunicato tedesco del 13.10.1943 parlò di 13 mila « banditi », in parte uccisi e in parte catturati. Questa cifra era esagerata, ma il numero dei caduti ammontava certamente ad alcune migliaia; mo!ti anche i catturati, tra i quali centinaia di soldati e di ufficiali italiani. L’insurrezione armata, anche se duramente sconfitta, segnò un momento decisivo per lo sviluppo successivo del movimento popolare di liberazione in tutta l’Istria.
Aiciati, Giuseppe
N. ad Asti il 28.5.1903; ferroviere. Comunista, per la sua attività antifascista nel 1927 fu condannato
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