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Il segmento testuale Filologia è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 783Analitici , di cui in selezione 28 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da m.m.[M. Marchi], scheda sintetica di «Filologia e Letteratura» (1962-1971) in KBD-Periodici: Rinascita 1975 - 8 - 29 - numero 34

Brano: Filologia e Letteratura (19621971)
Rivista trimestrale diretta da Salvatore Battaglia.
Lof fredo Editore, Napoli,
formato: cm 24x17.
Sotto la nuova testata di Filologia e Letteratura, inaugurata nel 1962, Salvatore Battaglia riprendeva a dirigere l'attività di una rivista da lui fondata nel 1954 ed esauritasi nel 1960, dopo sette annate di vita. Si allude al periodico Filologia Romanza, edito prima da LoescherChiantore di Torino e dal '58 al '60 da Pironti di Napoli. Il titolo stesso della primitiva pubblicazione è indicativo della configurazione assunta e mantenuta pressoché intatta per la intera durata delle sue uscite: l'operazione di Filologia Romanza consistette nel definire « gli aspetti letterari e linguistici della civiltà medievale e romanza », continuando metodi d'indagine e campi d'applicazione relativi largamente acquisiti dalla tradizione critica italiana. Attorno all'iniziativa ruotarono, con collaborazioni di diverso impegno e di diversa frequenza, A. Pagliaro, E. Li Gotti, F. A. Ugolini, G. Petrocchi, A. Del Monte, A. Viscardi, C. Segre e O. Macrì. In concomitanza di precise circostanze di iter accademico, Battaglia compì in seguito una svolta che lo portò a rivedere e spostare sensibilmente i suoi interessi critici: si[...]

[...]alla tradizione critica italiana. Attorno all'iniziativa ruotarono, con collaborazioni di diverso impegno e di diversa frequenza, A. Pagliaro, E. Li Gotti, F. A. Ugolini, G. Petrocchi, A. Del Monte, A. Viscardi, C. Segre e O. Macrì. In concomitanza di precise circostanze di iter accademico, Battaglia compì in seguito una svolta che lo portò a rivedere e spostare sensibilmente i suoi interessi critici: si spiegano così la cessazione d'attività di Filologia Romanza e dopo due anni di silenzio la direzione della rinnovata Filologia e Letteratura (e anche in questo caso niente di più emblematico del titolo nel far trasparire il mutamento d'impostazione). Battaglia esordì in prima persona sulle colonne della rivista con un intervento su « Linguaggio reale e linguaggio figurato nella Divina Commedia », quasi a voler mediare un passaggio brusco e per certi aspetti sconcertante; ma ad apertura dei fascicoli successivi ecco apparire a ruota saggi dal titolo « La narrativa di Moravia e la definizione della realtà », « Lo scialo di Vasco Pratolini », « Il realismo elegiaco di Cassola », « Il senso della vita nei racconti di L. [...]

[...]ealismo elegiaco di Cassola », « Il senso della vita nei racconti di L. Pirandello », e così via passando da Svevo a Capuana, da Savinio a Papini, con l'eccezione dantesca fra gli impegni « retrodatati » veramente convinti. L'impostazione complessiva della rivista si modellò così per rispecchiamento e venne ad assumere, rispetto alla serie originaria, un carattere meno settoriale per problemi e meno specialistico per modi di metodologia critica. Filologia e Letteratura, strutturata per saggi semplicemente giustapposti, talvolta con una o più recensioni a conclusione di numero, accolse gli studi verghiani di R. Luperini, le indagini su Alicata di M. Galasso, i vari interventi di A. Palermo, soprattutto su Tenca. Collaborarono inoltre A. Pagliaro, C. Cordié, P. Giannantonio, E. Saccone, A. Varvaro, N. Tedesco e fra gli stranieri G. Weise. La rivista ebbe termine nel 1971 con uno spesso fascicolo monografico in memoria di Battaglia. In appendice a questa raccolta di inediti fu pubblicato un esauriente Indice generale di « Filologia Romanza » e di[...]

[...]ccolse gli studi verghiani di R. Luperini, le indagini su Alicata di M. Galasso, i vari interventi di A. Palermo, soprattutto su Tenca. Collaborarono inoltre A. Pagliaro, C. Cordié, P. Giannantonio, E. Saccone, A. Varvaro, N. Tedesco e fra gli stranieri G. Weise. La rivista ebbe termine nel 1971 con uno spesso fascicolo monografico in memoria di Battaglia. In appendice a questa raccolta di inediti fu pubblicato un esauriente Indice generale di « Filologia Romanza » e di « Filologia e Letteratura » IXV III (19541971) a cura di S. Cucinello. (m. m.)



da Sebastiano Timpanaro, Il Marchesi di Antonio La Penna in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: IL « MARCHESI » DI ANTONIO LA PENNA
1. Marchesi, la filologia tedesca, il marxismo. — Nel maggio del 1979, in un convegno per il centenario della nascita di Concetto Marchesi e di Manara Valgimigli, Antonio La Penna lesse una relazione sulla formazione di Marchesi come critico letterario. Ora la relazione, rielaborata e molto ampliata, è divenuta un saggio d'insieme su Marchesi: un saggio denso ed essenziale, che per la prima volta ci dà un'immagine complessiva e convincente di una personalità cosí tormentata, cosí ricca di fascino e di aspetti sconcertanti.
Precedenti autori di libri e articoli su Marchesi hanno creduto di metterne in piú viva luce il[...]

[...]e come creazione assolutamente individuale; angosciato dal dubbio esistenziale, dal « mistero », da un bisogno di fede religiosa sempre insoddisfatto e sempre perdurante, eppure non toccato da alcun dubbio di fronte alle atrocità staliniane, nemmeno quando esse, troppo tardi e troppo poco, furono sconfessate dal comunismo « ufficiale »; ostile all'aridità del « filologismo », eppure, quando si dedicava a lavori filologici, seguace proprio di una filologia « arida », senza ricerca di connessioni con la storia politicoculturale e la critica letteraria. Giustamente il La Penna ritiene (p. 93 s.) che queste ed altre contraddizioni, se devono essere francamente messe in rilievo e criticate, non per questo inducano a un giudizio svalutativo su Marchesi:
Ci sono personalità coerenti, in cui la coerenza è facilitata dalla povertà spirituale; ce ne sono altre ricche e incoerenti, in cui l'incoerenza è aggravata dalla ricchezza stessa: Marchesi è tra queste ultime [...] Sarebbe strano che noi dovessimo ricorrere a forzature unitarie proprio nell'interp[...]

[...]namenti importanti, abbia arricchito la nostra cultura e la nostra umanità.
A prima vista, chi conosca Antonio La Penna considererà forse piú ovvio e comprensibile il distacco nei riguardi di Marchesi che la capacità di adesione e di valutazione positiva. Gran parte dell'opera di La Penna come studioso della poesia, della cultura, della società antica nasce da una sintesi (sintesi creativa e originale, non eclettismo né giustapposizione) tra la filologia di Wilamowitz, Leo, Norden, Pasquali, mirante a riimmergere l'opera letteraria nell'ambiente e nella tradizione culturale da cui trasse impulso e alimento, di intendere storicamente, non come pure « illuminazioni » prive di antecedenti, anche i valori stilistici, formali della poesia, e l'esigenza marxista di collegare i fatti letterarioculturali e ideologici con la struttura economicosociale e con le istituzioni e le vicende politiche (un marxismo, quello del La Penna, tendente a ridurre al minimo l'eredità hegeliana, ad accentuare l'istanza empirica, senza tuttavia cadere in un empirismo di[...]

[...] col marxismo (cfr. La Penna, p. 13). Ancor maggiore è l'estraneità a quell'indirizzo filologico « wilamowitziano » a cui abbiamo accennato poc'anzi. In Marchesi il fatto poetico ha i propri antecedenti solo nell'esperienza sentimentale, nella psicologia e nella biografia del poeta, non nella lettura di poeti precedenti, nella tradizione culturale a cui il poeta appartiene (La Penna, pp. 37, 55 s., 73 s., 93).
Nella prolusione padovana del 1923 Filologia e filologismo (in Scritti minori, Firenze 1978, rii, p. 1233 ss.: d'ora innanzi indicherò, seguendo il La Penna, questa silloge con SM), al cui esame il La Penna dedica il cap. viii, uno dei piú penetranti del suo libro, Marchesi conduce contro lo « studio delle
IL « MARCITESI » DI ANTONIO LA PENNA 633
fonti » una polemica che, in ciò che ha di giusto, è una battaglia di retroguardia, perché critica un metodo di scomposizione meccanica dell'opera d'arte e di riduzione del poeta a imitatore passivo dei suoi antecessori, che non era stato proprio nemmeno di tutta la filologia positivistica (a[...]

[...]loge con SM), al cui esame il La Penna dedica il cap. viii, uno dei piú penetranti del suo libro, Marchesi conduce contro lo « studio delle
IL « MARCITESI » DI ANTONIO LA PENNA 633
fonti » una polemica che, in ciò che ha di giusto, è una battaglia di retroguardia, perché critica un metodo di scomposizione meccanica dell'opera d'arte e di riduzione del poeta a imitatore passivo dei suoi antecessori, che non era stato proprio nemmeno di tutta la filologia positivistica (anche il positivismo aveva avuto, nelle scienze naturali e umane piú ancora che nella filosofia, i suoi uomini d'ingegno e di genio) e che, comunque, era stato già superato proprio dalla migliore filologia tedesca (se con qualche seria ricaduta in un discutibile neoumanesimo e nazionalismo, non importa qui discutere). Di quel ben piú complesso e raffinato modo di porre il problema del rapporto tra l'opera poetica e i suoi antecedenti, che aveva prodotto già esempi insigni nel commento del Wilamowitz all'Eracle di Euripide o nella Kunstprosa e in altre opere di Norden o in lavori, pur discutibili per altri lati, di R. Heinze, Marchesi non avverte la novità e la fecondità. Accenna, è vero, a una distinzione che ha notevole importanza, tra fonti, per cosí dire, meramente « contenutistiche » e anal[...]

[...]co piú che un elenco arido »; migliore è qualche altra ricerca (La Penna, p. 23 s.); ma Marchesi, critico pur non privo di senso stilistico, era piú capace di caratterizzare globalmente lo stile di uno scrittore che di analizzarlo puntualmente (egli cita quasi sempre passi tradotti, non testi in latino; e quanto anche la piú bella traduzione sia inadeguata a sostituire l'interpretazione non fu mai del tutto chiaro a lui, mentre fu chiaro, fin da Filologia e storia, a Giorgio Pasquali)1; e quindi era poco sensibile a quel rapporto di zêlos, di « citazioneemulazione », che piú tardi Pasquali teorizzerà con la massima limpidezza nel saggio Arte allusiva del 1942, ma che aveva già attratto l'attenzione e lo studio di filologi tedeschi dell'ultimo Ottocento e del primo Novecento, e di Pasquali stesso nell'Orazio lirico. Pasquali fu sempre ostentatamente ignorato da Marchesi, e tra i due studiosi ci fu sempre reciproca
I G. PASQUALI, Filologia e storia (1920), nuova ed. a cura di A. Ronconi, Firenze 1964, capp. vvi. Ma già Moriz Haupt aveva sentenz[...]

[...] quindi era poco sensibile a quel rapporto di zêlos, di « citazioneemulazione », che piú tardi Pasquali teorizzerà con la massima limpidezza nel saggio Arte allusiva del 1942, ma che aveva già attratto l'attenzione e lo studio di filologi tedeschi dell'ultimo Ottocento e del primo Novecento, e di Pasquali stesso nell'Orazio lirico. Pasquali fu sempre ostentatamente ignorato da Marchesi, e tra i due studiosi ci fu sempre reciproca
I G. PASQUALI, Filologia e storia (1920), nuova ed. a cura di A. Ronconi, Firenze 1964, capp. vvi. Ma già Moriz Haupt aveva sentenziato con ragione, benché con una certa paradossalità: « Das Ubersetzen ist der Tod des Verständnisses » (in Ch. BELGER, M. Haupt als akademischer Lehrer, Berlin 1879, p. 248). Anche nei commenti scolastici a classici latini — pur pregevoli per molti aspetti: cfr. LA PENNA, p. 82 — una manchevolezza, secondo me, è costituita dal fatto che Marchesi si limita per lo piú a tradurre singole parole o brevi frasi, mentre è molto avaro di altre delucidazioni (questo suo modo di commentare è da lu[...]

[...] traduzione dei classici a Padova, Padova, Antenore, 1976, p. 23 ss. Fra le poche traduzioni in versi riuscite, giustamente il Pianezzola (pp. 3638) cita e riporta la monodia di Tieste nell'omonima tragedia di Seneca e una parte del coro delle Troades sulla morte come annullamento.
634 SEBASTIANO TIMPANARO
incomprensione, credo anche antipatia personale. Forse l'unica allusione a Pasquali (finora, che io sappia, non notata) si trova appunto in Filologia e filologismo, e riguarda ancora quella che a Marchesi sembrava una stortura nella moderna ricerca delle fonti, il voler rintracciare fonti diverse dalle poche dichiarate e confessate dagli stessi autori antichi: « Cosí non è creduto Orazio quando dichiara che i suoi ispiratori sono fra i lirici classici della Grecia » (SM, III, p. 1236). L'Orazio lirico era uscito appena tre anni prima della prolusione di Marchesi: mi pare indubbio che Marchesi voglia colpire la tesi, effettivamente, piú discutibile (anche se non liquidabile senz'altro) del libro pasqualiano: la derivazione della lirica oraz[...]

[...]ichi: « Cosí non è creduto Orazio quando dichiara che i suoi ispiratori sono fra i lirici classici della Grecia » (SM, III, p. 1236). L'Orazio lirico era uscito appena tre anni prima della prolusione di Marchesi: mi pare indubbio che Marchesi voglia colpire la tesi, effettivamente, piú discutibile (anche se non liquidabile senz'altro) del libro pasqualiano: la derivazione della lirica oraziana dalla lirica ellenistica.
Di un'opera della « nuova filologia » tedesca, tuttavia, Marchesi giunse a intendere almeno in parte il valore e la novità: il primo volume (purtroppo, come è noto, l'unico uscito) della Geschichte der römischen Literatur di Friedrich Leo. La recensione che ne pubblicò al suo apparire (ora in SM, III, pp. 11071109) è, come la maggior parte delle recensioni di Marchesi, troppo frettolosa, e rivela una lettura non sempre attenta. Tuttavia è affermato giustamente con forza il carattere non manualistico dell'opera, il « vigore d'ingegno » che essa rivela: Marchesi tende addirittura a forzarne il carattere antierudito, ad affermare [...]

[...]i Marchesi, troppo frettolosa, e rivela una lettura non sempre attenta. Tuttavia è affermato giustamente con forza il carattere non manualistico dell'opera, il « vigore d'ingegno » che essa rivela: Marchesi tende addirittura a forzarne il carattere antierudito, ad affermare che si tratta di « un'opera, piú che critica, artistica », il che è conforme piú agli ideali di Marchesi stesso che alle intenzioni e alla realtà del volume del Leo. Anche in Filologia e filologismo (SM, III, p. 1241), fra tante riserve e censure riguardo alla filologia tedesca, spicca un alto riconoscimento del valore del Leo. Osserva il La Penna (p. 55) che questa « è un'eccezione che non incide troppo sull'atteggiamento generale », ed è vero. Ma su un punto la lettura del Leo influí positivamente su Marchesi: sulla valutazione di Plauto, poeta di grande originalità, ma non popolaresco in senso immediato e triviale, bensí dotato di cultura, di raffinato senso ritmico, esprimentesi in una lingua piena di espressività e di forza vitale, ma non « volgare ». Si confronti l'accenno a Plauto nella recensione già citata al Leo (SM, in, p.. 1108) con ciò che nella[...]

[...]non era stato finora notato con tanta lucidità.
2. Il criticoartista. — Abbiamo accennato che meno ovvi possono apparire i motivi per cui, nonostante le forti differenze di impostazione metodologica (a cui si aggiungono diversità non meno notevoli di idee politiche e di Weltanschauung), La Penna è portato a simpatizzare con certi aspetti assai significativi della critica letteraria di Marchesi. Ma bisogna tener conto del fatto che la sintesi di filologia tedesca e di marxismo (o, come da qualche tempo egli preferisce dire, di « empiriomaterialismo ») non esaurisce il compito che La Penna si prefigge in quanto studioso del mondo antico (e non di esso soltanto). Egli ritiene che dovere del critico sia anche esprimere giudizi di valore sull'opera d'arte, contribuire a far partecipi gli altri di quella felicità (la felicità, secondo lui, più profonda e intensa concessa all'uomo) che è data appunto dall'arte, pur con la certezza che il giudizio estetico, come tutti i giudizi di valore, è soggettivo e che ufficio del critico non può essere, quando [...]

[...]cca e affascinante dei miti e delle mistificazioni (p. 96: è la chiusa del saggio).
L'esortazione alla « misura » e al « rispetto della verità » non si riferisce soltanto, credo, alla mancanza di interesse storicoculturale e al misticismo estetico a cui abbiamo già accennato. Si riferisce anche, suppongo (e ciò, forse, andava piú messo in rilievo) alla sicurezza assoluta di giudizio che Marchesi ha sempre mostrato nella sua opera di critico. In Filologia e filologismo (SM, III, p. 1235; cfr. II, p. 544) Marchesi afferma drasticamente: « Noi sappiamo che se i gusti sono tanti, il buon gusto è uno solo » (sua è la sottolineatura). Croce credeva di sfuggire al relativismo del giudizio estetico con la famigerata teoria dell'identità di genio e gusto (Estetica, cap. xvi): dell'atto del giudizio non è protagonista il critico in quanto « individuo empirico », ma il Soggetto assoluto che opera in lui, e che è anche (esso, e non il poeta in quanto altro individuo empirico) il creatore dell'opera d'arte. Marchesi non aveva dimestichezza con questi filo[...]

[...]ppresentare il dramma umano e di consolare (parzialmente) dall'infelicità. Chiamerei estetizzanti solo alcune prose meno felici di Marchesi, quelle (frequenti soprattutto nel Libro di Tersite) in cui l'autore si rivolge a una non meglio identificata signora, con un tono fra il galante e lo gnomico. Ma queste pagine non aggiungono alla figura di Marchesi nessun tratto importante.
Anche la dicotomia, ben osservata dal La Penna (p. 55 s.), tra una filologia strettamente e un po' aridamente tecnica (quante pure e semplici collazioni di codici, ora raccolte in SM, nel primo quindicennio di attività!)
e una critica letteraria aliena da ogni filologia va messa in rapporto, a mio avviso, con una pratica di lavoro frequente in molti filologi classici o, ancor piú, italianisti o romanisti della « scuola storica », che alternavano a un'erudizione troppo arida una saggistica fin troppo divulgativa, con tendenza allo psicologismo e al « bello scrivere », spesso anche alla retorica. Naturalmente si sottraggono a tale caratterizzazione capolavori come il Virgilio nel Medio Evo del Comparetti; ma non vi si sottrae del tutto il Carducci (a
9 Specialmente negli ultimi anni, e in scritti di argomento estraneo alla letteratura latina, l'accenno ai « t[...]

[...]artista e troppo psicologista come critico letterario. Il Graf è figura ancora poco studiata; quando uscirà il saggio a lui dedicato da Girolamo de Liguori (di cui ho potuto leggere una parte ancora inedita), anche certe caratteristiche e certe contraddizioni di Marchesi ne usciranno, penso, meglio chiarite. E per quel ché riguarda gli italianisti e i medievalisti di fine Ottocento, non si dimentichi che nella produzione giovanile di Marchesi la filologia medievale e umanistica prevalgono, come quantità e anche come valore, sulla filologia classica, seguendo l'esempio di Remigio Sabbadini, anche lui, malgrado le cure date al testo di Virgilio, migliore studioso dell'umanesimo che della letteratura latina antica. Di questa produzione giovanile di Marchesi tratta in modo eccellente il La Penna nel cap. ir del suo saggio, e io non ho nulla da aggiungere; qualcosa, piú oltre, dirò del Marchesi filologo classico.
Con ciò non intendo certo sostenere che Marchesi abbia trascorso la maggior parte della sua vita intellettuale chiuso dentro una corazza tardopositivistica, insensibile ad ogni influsso del neoidealismo e dell'irrazionalis[...]

[...]i fornisce (a p. 30 e in un'appendice a pp. 101103) parecchi esempi, discutendo intelligentemente vari passi e proponendo anche qualche suo contributo persuasivo.
Sia la valutazione generale di Marchesi filologo, sia le discussioni lapenniane di singoli passi sono in massima parte giuste. E rimane ovvio che per la sua indole stessa di criticoartista, per la sua polemica contro il « filologismo » che assieme al filologismo tendeva a svalutare la filologia, Marchesi non poteva riuscire un filologo di prima grandezza: il centro della sua personalità e dei suoi interessi era altrove.
Su due punti, tuttavia, mi sembra necessaria una precisazione. Per quel che riguarda il primo periodo dell'attività criticotestuale di Marchesi (cioè fino all'Arnobio escluso), mentre le edizioni dell'Orator, del De magia e dell'Ars amatoria vanno abbandonate senza rimpianti al giudizio negativo del La Penna — si potrà sempre discutere su qualche singolo passo, ma il quadro d'insieme non muta —, quella del Tieste di Seneca è un'edizione che presenta alcune imprecisi[...]

[...]io indirizzo criticotestuale: nell'introduzione al Tieste il Leo e il Richter sono chiamati, in contesti polemici, « gli studiosi tedeschi », « gli editori tedeschi » (pp. 29, 38), e di « pernicioso influsso germanico », di « metodiche aberrazioni della cultura germanica » a cui gli italiani devono opporre « una cultura latina [ ... ] fondata sul "buon senso" ch'è sapientia » si parla con insistenza — riferendosi anche alla critica testuale — in Filologia
e filologismo (SM, in, pp. 1237, 1241; cfr. La Penna, p. 54). Ben diverso, anche se ebbe i suoi occasionali eccessi, era il conservatorismo criticotestuale della scuola svedese. Esso partiva dallo studio dei testi latini tardi, dai fatti lessicali e sintattici che da un lato anticipavano molti sviluppi delle lingue romanze, dall'altro si riconnettevano al latino arcaico, in parte per consapevole arcaismo, in parte maggiore per riemersione di una ininterrotta corrente di lingua popolare rimasta celata sotto la lingua letteraria degli scrittori dell'età classica. Non si trattava, quindi, da pa[...]

[...]'adesione a questo nuovo conservatorismo, particolarmente necessario per un autore come Arnobio, cosí pieno non solo di volgarismi e arcaismi, ma di espressioni personali, di hapax, quasi tutti disconosciuti dal mediocrissimo editore anteriore al
IL « MARCHESI» DI ANTONIO LA PENNA 667
Marchesi, August Reifferscheid. Per la prima volta nella sua vita Marchesi si mise a studiare un testo parola per parola, facendo i conti con la linguistica e la filologia fiorite fuori d'Italia, abbandonando (non nella concezione generale dei rapporti tra filologia e critica letteraria, ma nella tecnica filologica sí) il provincialismo. E non si limitò a far tesoro dei contributi altrui: notò egli per primo molte particolarità, inconcinnità sintattiche, stranezze individuali del latino di Arnobio (ricordo un solo esempio fra i tanti: l'uso di homo = corpus contrapposto all'anima, cfr. p. 51, 1 della 2a ed., e aggiungi ai passi citati dal Marchesi p. 58, 17 s.). Alcuni casi di conservatorismo eccessivo vi sono, e il La Penna ha quasi sempre ragione nel notarli (quasi sempre: io credo ancora, e tornerò eventualmente a discuterne altrove, che a pp. 3, 17; [...]

[...]iú o meno esplicita, che la forza d'intuizione latina avesse poco di importante da imparare dalla pedanteria teutonica. Sul finire degli anni Venti accadde evidentemente in lui un ripensamento, senza il quale non sarebbe immaginabile l'edizione di Arnobio. Il Franceschini, filologo di prim'ordine ma non disposto a esprimere sul suo Marchesi alcuna riserva e quindi nemmeno a compiere alcuna periodizzazione, riconosce nell'Arnobio il culmine della filologia di Marchesi ma considera eccellenti anche le edizioni critiche anteriori (op. cit., pp. 267, 308309); tuttavia testimonianze dello stesso Franceschini come: « Ricordo le lunghe discussioni sulla scelta di una variante, le ragioni valide per l'una o per l'altra parola, le ricerche lessicali e stilistiche, e ancora i dubbi e le incertezze, prima della decisione » (p. 94 s.); o: « Quante volte lo incontrai dopo una notte passata insonne per lo studio di una variante! » (p. 130, e ancora p. 167) non possono riferirsi che all'Arnobio (per « varianti » il Franceschini intenderà, insieme alla lezion[...]

[...] insonne per lo studio di una variante! » (p. 130, e ancora p. 167) non possono riferirsi che all'Arnobio (per « varianti » il Franceschini intenderà, insieme alla lezione tramandata, le varie proposte congetturali, ché il codice di Arnobio, come si sa, è uno solo) o forse a esercitazioni di seminario su testi medievali: non certo, per ovvie ragioni cronologiche, alle edizioni degli anni 190418, quando Marchesi non aveva ancora quel gusto per la filologia « puntuale » che gli venne piú tardi. Io suppongo, diversamente da Franceschini (op. cit., p. 157), che sia stata questa svolta a non fargli ripubblicare in alcuno dei suoi volumi piú tardi la prolusione Filologia e filologismo, e, aggiungo, a fargli apprezzare lavori di filologia « arida » come gli Studi sui Topici del Riposati (dr. Franceschini, p. 44). Ma, detto tutto ciò, vorrei ancora pregare di non frainten
IL « MARCHESI » DI ANTONIO LA PENNA 669
dermi: anche nell'ultimo Marchesi la filologia, pur tanto meglio apprezzata e praticata, rimase un'attività marginale.
9. Tommaso Fiore e gli « intellettuali disorganici ». — Se ora, dopo essermi soffermato cosí a lungo sul Marchesi di La Penna (mettendo a dura prova la pazienza dell'eventuale lettore), non mi soffermo sul piú breve saggio su Tommaso Fiore interprete di Virgilio (pp. 107131), non è perché non lo consideri degno del precedente, ma soltanto perché lo spazio ormai manca e perché in questo caso non avrei da esprimere osservazioni o aggiunte, ma soltanto consensi. Dirò solo che questo scritto, pur nella sua concisione, dà piú[...]



da a.n.[Anna Nozzoli], scheda sintetica di «L'approdo letterario» in KBD-Periodici: Rinascita 1975 - 8 - 29 - numero 34

Brano: [...]a sezione, Documenti, e: riservata alla riproduzione di dibattiti culturali man dati in onda dalla Rai).
Accanto ai contributi di critica letteraria, di poesia e di narrativa, l'attuale articolazione del periodico prevede una ragionata e completa Rassegna bibliografica divisa per argomenti e affidata a collaboratori fissi. (Letteratura italiana: Poesia a c. di A. Rossi, Letteratura italiana: Narrativa a c. di A. Borlenghi, Letteratura italiana: Filologia classica a c. di U. Albini, Letteratura francese a c. di P. Bigongiari, Letteratura inglese a c. di S. Baldi, Letteratura tedesca a e. di R. Paoli, Letteratura ispanoamericana a c. di A. Bianchini, Letteratura americana a c: di C. Gorlier, Storia e cultura 'a c. di G. Mori, Arti figurative a c. di R. Tassi e F. Tempesti, Teatro .a c. di N. Ciarletta, Cinema a c. di A. Banti). (a. n.)



da (Mito e civiltà moderna) Raffaele Pettazoni, Forma e verità del mito in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 3 - 1 - numero 37

Brano: FORMA E VERITA DEL MITO
Conservo fra le mie carte più preziose una lettera del Croce di cinquant'anni fa (20 giugno 1909). Avevo letto l'Estetica, e mi era venuta l'idea di mandargli un mio articolo comparso nella a Rivista di Filologia e d'Istruzione classica », che trattava della figura e del mito greco di Filottete, dandone una interpretazione alla quale oggi non mi sentirei di sottoscrivere.
Il Croce mi rispose gentilmente così: a La ringrazio del Suo opuscolo, e mi sono rallegrato nel leggerlo, vedendo l'avviamento nuovo che Ella dà allo studio dei miti. Certamente il mito non è arte; perché vi si unisce sempre un elemento intellettivo (logicostorico); ma, consistendo appunto in un miscuglio di arte e di pensiero, è impossibile studiare i miti senza avere bene in mente il concetto dell'arte, e in ispecie, dell'arte com[...]



da Carlo Ferdinando Russo, Dietro le quinte della parola in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]ASQUALI Un barbiere stravagante per Cesare [1906]
1976: F. COARELLI R. Bianchi Bandinelli D. LANZA Alla ricerca del tragico O. Vox Premesse per il catalogo troiano B. HEMMERDINGER Tradition de la démocratie grecque di P. VidalNaquet
1975: A. LA PENNA R. Bianchi Bandinelli: dalla storicità dell'arte al marxismo M. I. FINLEY La politica degli antichi e dei moderni O. Vox Epigrammi in Omero. Paralleli per l'epigramma da Pitecusa C. A. MADRIGNANI Filologia e psicanalisi M. VEGETTI La metafisica di Aristotele a cura di C. A. Viano G. MASTROMARCO Agoni comici in Atene C. F. Russo Iliade: matematica e libri d'autore
1974: E. FRAENKEL La matrona di Efeso e altri capitoli di Petronio (Bari 1967) M. CAGNETTA Solismo e dialogo in « Agamennone » 10721177 G. MASTROMARCO I maratonomachi di Salamina R. RoNCALI L'anonima Apoteosi del divo Claudio I. LABRIOLA I due autoritratti di Giuliano imperatore C. F. Russo Storia di una commedia d'Atene B. HEMMERDINGER Nietzsche et O. Muller. J. B. Gail D. LANZA La democrazia degli antichi e dei moderni di M. I. Fin[...]



da [Le relazioni] R. Cessi, Lo storicismo e i problemi della storia d'Italia nell'opera di Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]i concetti generali di storia, di politica e di economia, dalla storia non possono staccarsi la politica e la economia, donde scaturisce la teoria della storia, nella quale si identifica la filosofia della prassi. Ma si avverta che essa non può essere schematizzata in una formulazione astratta, non può essere ridotta ad una sociologia consistente nel collocare una concezione del mondo in un formalismo meccanico apparentemente animato, non ad una filologia che al più può apprezzarsi come filiazione metodologica della storia, non ad una statistica subordinata alla legge dei grandi numeri, della quale non occorre rilevare l’errore politico per il rigido metodo, che la informa, non ad una filosofia intesa come metodologia generale della storia, e che entra piuttosto nell’ambito della storiografia.

La filosofia della prassi concepita nella sua funzione unificatrice è la storia stessa nella sua infinita varietà e molteplicità suscettibile di rappresentazioni attraverso le applicazioni storiografiche essenzialmente metodologiche.

La filosofia d[...]



da [Le relazioni] E. Garin, Gramsci nella cultura italiana in Studi gramsciani

Brano: [...]uttura architettonica ma nell'intima coerenza e feconda comprensività di ogni soluzione particolare. Il pensiero filosofico non è concepito quindi come uno svolgimento — da pensiero altro pensiero — ma pensiero dalla realtà storica ».Eugenio Garin

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rimare a sognare, e rimandare l’azione al momento della 66 grande cosa ” » \

L’esigenza del concreto contro ogni residuo « aroma speculativo » portò Gramsci a insistere sui metodi della « filologia », sul determinatissimo «certo» 2. Scrive a Berti, nel ’27, contro «le idee geniali»: « penso che la genialità debba essere mandata nel 64 fosso ” e debba invece essere applicato il metodo delle esperienze più minuziose » 3. E la ricerca, minuziosa insieme e dùttile, la notazione precisa, venne a trovare un modo espressivo congeniale nella breve nota, nell’appunto rapido, che tuttavia rimanda di continuo a una fondamentale unità d’orientamento. Ove non si vuol già negare la presenza, nei Quaderni, di non pochi testi ancora informi; si vuol rifiutare la tesi sostenuta dal Croce nel ’48 che i Q[...]

[...]rata da ogni aroma speculativo e ridotta a pura storia o storicità o a puro umanesimo. Se il concetto di struttura viene concepito 44 speculativamente ”, certo esso diventa un 44 dio ascoso ”; ma appunto esso non deve essere concepito speculativamente, ma storicamente, come l’insieme dei rapporti sociali in cui gli uomini reali si muovono e operano, come un insieme di condizioni oggettive che possono e debbono essere studiate coi metodi della 44 filologia ” e non della “ speculazione Come un 44 certo ” che sarà anche “ vero ”, ma che deve essere studiato prima di tutto nella sua 44 certezza ” per essere studiato come 44 verità”.

Non solo la filosofia della prassi è connessa all’immanentismo, ma anche alla concezione soggettiva della realtà, in quanto appunto la capovolge, spiegandola come fatto storico, come 44 soggettività storica di un gruppo sociale ”, come fatto reale, che si presenta come fenomeno di 44 speculazione ” filosofica ed è semplicemente un atto pratico, la forma di un contenuto concreto sociale e il modo di condurre l’insiem[...]

[...]s publica si « perde l’anima » ; alla volontà generale si sacrifica tutto 2. Tragica nel momento deH’autoritàprineipato : armonica in quello del consensorepubblica, la situazione umana, la natura umana è sempre un movimento storicamente concreto : « non esiste un’astratta “ natura umana ”, fissa e immutabile (concetto che deriva dal pensiero religioso e dalla trascendenza);... la natura umana è... un fatto storico accertabile... coi metodi della filologia e della critica... ». Che son parole che andranno messe a confronto con le altre su Kant : « la formula kantiana, analizzata realisticamente, non supera [un] qualsiasi ambiente dato, con tutte le sue superstizioni morali e i suoi costumi barbarici; è statica, è una vuota forma che può essere riempita da qualsiasi contenuto storico attuale e anacronistico (con le sue contraddizioni...). La formula kantiana, sembra superiore perché gli intellettuali la riempiono del loro particolare modo di vivere e di operare... » 3. Nella « staticità » formale kantiana, opposta al non velleitario dover essere[...]



da Editoriale prima serie di Paragone. Arte in KBD-Periodici: Paragone. Arte 1950 - 1 - 1 - numero 1

Brano: [...]umabile di testi inediti, e spesso autorevolissimi, che di continuo si riaffacciano e dove potrà esercitarsi e perfezionarsi la tradizione, particolarmente gloriosa in Italia, del c conoscitore \ Occorre cioè portare quegli inediti alla luce della discussione immediata; toglierli dal mutismo adespoto così pericoloso per la stessa loro incolumità fisica di oggetti; 4parlarlibisogna. E nel relativo ‘parlato' critico, sboccherà, s'intende, tutta la filologia che sembri necessitare, purché non sia quella che s'illuda di bastare a se stessa, di esser scienza esatta, invece che contentarsi di servire di snodo al braccio che regge lo specchio critico con uri inclinazione diversa ad ogni opera.4

EDITORIALE

Diceva un crìtico settecentesco che il mondo dell'arte è composto di due schiere: di quelli che la operano e di quelli che la intendono. Ma non a tutti coloro che la intesero, fu concesso, per remore varie, metafisiche e istituzionali, dir sempre tutto quel che pensavano; di quanto tuttavia gli riuscì di esprimere, sarà, crediamo, buona antol[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] A. Massucco Costa, Aspetti sociologici del pensiero gramsciano in Studi gramsciani

Brano: [...]tare realisticamente la posizione e le ragioni dell'avversario... significa appunto essersi liberato dalla prigione delle ideologie (nel senso deteriore, di cieco fanatismo ideologico), cioè porsi da un punto di vista " critico ", l'unico fecondo nella ricerca scientifica » 1.
Forse Gramsci non intese molto chiaramente l'istanza scientifica proposta, non sempre bene, dal positivismo; e scienza spesso per lui coincide con filosofia critica o con filologia o con storia, mentre una certa diffidenza gli rimane a proposito delle scienze della natura, scienze sperimentali e matematizzabili; sicché si comprende il suo timore, d'altronde giustificato, per l'uso possibile acritico di quello strumento che, in sé, conserva tutto il suo valore, ed è la ricerca statistica, o ricerca delle leggi dei grandi numeri. Egli temeva che vi si perdesse di vista l'umano, e che si ritornasse per tal via ad una concezione meccanicistica e fatalistica, subalterna, della vita e della storia.
Ma le scienze possono, per lui, concorrere a determinare, non tanto ciò che l[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] S. G. Graziano, Alcune considerazioni intorno all'umanesimo di Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]za modificatrice, nella sua determinata azione, per la reintegrazione di se stesso. Per una reintegrazione in senso marxista. Continua e avvertita è la critica che Gramsci volge contro le astrazioni filosofiche e ideologiche quali: il partito in genere, le classi in geniere, l'umanità in genere. u ... La natura umana è l'insieme dei rapporti sociali storicamente determinati, cioè un fatto storico accertabile, entro certi limiti, coi metodi della filologia e della critica » 1. « Inoltre: l'insieme dei rapporti sociali è contraddittorio in ogni momento ed è in continuo svolgimento, sicché la "natura " dell'uomo non è qualcosa di omogeneo per tutti gli uomini in tutti i tempi » 2. Tutti i problemi sono da Gramsci posti in maniera conseguentemente storicistica. Porre il problema dell'uomo in generale, in generali condizionamenti, è una astrazione. Non si può quindi parlare cli un umanesimo che non sia assoluto storicismo. Come pure non si può parlare di umanesimo senza affrontare alcuni problemi che specie entro il campo del pensiero marxista assu[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Filologia, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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<---Athènes <---Atlante <---Atti del Convegno <---Atti del I Convegno <---Atti del in Convegno <---Attilio Momigliano <---Attualmente L <---Auferre <---August Reifferscheid <---Aula Magna <---Avalle <---Avendo <---Bacchetti <---Bachtin <---Baldassari <---Bally <---Banfi <---Barrhelli <---Barthes <---Barton <---Basta <---Bayerischer <---Becattini <---Belles Lettres <---Bellum Catilinae di Sallu <---Belluzzo <---Ben Phu <---Beniamino Proto <---Bentley Wolf Boeckh Cobet <---Benveniste <---Bergson <---Berlino <---Bern-Frankfurt <---Bernardini Marzolla <---Bernstein <---Bertacchi <---Bertholet <---Bertinetto <---Bettetini <---Beziehungen <---Bibliopolis <---Biffures <---Bigongiari <---Bilder I <---Binni <---Biologia <---Bisogna <---Bloomington <---Boasto <---Bobbio <---Bollettino <---Bologna-Roma-Milano <---Bompiani <---Bonacci <---Bonino Savarino <---Bonvesin <---Borlenghi <---Botanica <---Bottoni <---Boys-Reymond <---Brace <---Bremond <---Bressanone <---Bretschneider <---Brodeur <---Bruna Bianchi <---Brunella Schisa <---Brunetto Latini <---Bruno Dente <---Bruxelles <---Bucuresti <---Buona Educazione Produttiva <---Burbank <---Burzio <---Buyssens <---C.F. <---CED <---CIO <---CNRS <---CRISTINA DONNINI <---Cajumi <---Calabrese <---Calabria <---Calcago <---Calcaterra <---Calderon <---Calmo <---Camillo Sbar <---Canada <---Capir <---Capitale <---Capitimi <---Cappelletti Truci <---Caprettini <---Carataco <---Carecas <---Carlo Basso <---Carlo Betocchi <---Carlo Calcaterra <---Carlo Cattaneo <---Carlo Ferretti <---Carlo Pascal <---Carlo Pellegrini <---Carlo Santaniel <---Carlsson <---Carmelina Naselli <---Carmi <---Carte Ernesto <---Casa Editrice <---Casa Editrice Sansoni <---Casa Sansoni <---Cassandra-Coro <---Cassola <---Castiglioni <---Castris <---Cavour <---Ceccato <---Cecoslovacchia <---Censura <---Centre <---Centro Internazionale di Linguistica <---Cernicevskj <---Certo <---Certo Marchesi <---Cesare Sansonl <---Cesare Vasoli <---Chapel Hill <---Charles Morris <---Charles 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