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Il segmento testuale A.C. è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 27Analitici , di cui in selezione 3 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Carlo Falconi, La crisi della Parrocchia in Italia in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA .
L'affermazione clamorosa e, si può ben dire, imprevista delle forze cattoliche nelle competizioni elettorali del '46 e del '48 — affermazione che, per la prima volta nella storia d'Italia, le portò a imporre al paese un governo confessionale — ha sollecitato un fervore di ricerche e di studi di carattere storicoreligioso di cui le opere d'un Jemolo e d'un Jacini, d'uno Spadolini e d'un De Rosa rappresentano soltanto l'avanguardia. Tutti questi notevoli contributi vertono però prevalentemente sull'azione politica svolta dalla S. Sede o sull'organizzazione delle forze cattoliche da essa dirette, da un secolo in qua, allo scopo di assicurarsi il predominio sulla cosa pubblica nel paese. Nessun serio contributo invece é venuto sinora a ragguagliare sulla vera efficienza degli istituti e delle organizzazioni ecclesiastiche in Italia o ad affrontare il difficilissimo quesito della concreta religiosità dell'italiano e in ispecie dell'italiano contemporan[...]

[...]entificare la Chiesa, costituzionalmente monarchica e autoritaria, nel Pontefice e nella Curia Romana. Ma la testa in nessun essere spiega il corpo: se mai, è più vero il contrario. Troppe volte, del resto, la storia ha registrato il peso decisivo della cc base )) sulle stesse sorti spirituali dell'organismo ecclesiastico. Si può obbiettare che allora (nei secc. IX e XVI soprattutto) le condizioni erano ben diverse dalle attuali. Ma anche la cronaca relativamente recente della formazione delle forze cattoliche nel nostro paese offre spunti più che eloquenti in proposito. L' A.C.I. infatti é nata effettivamente solo dal momenta in cui l'Opera dei Congressi (fondata nel 1874) non tanto decise (1875) di render permanente il proprio Comitato, quanto di « costituire in ogni parrocchia, sotto la direzione del parroco e col nome di Comitato Parrocchiale, un gruppo di almeno cinque fedeli, ecc. ecc. » (1). « Cosi — commentava nel '97 il Crispolti (2) — la futura rete dell'organizzazione si designava, senza stretto legame ancora, nel suo alfa e nel suo omega, con una istituzione al centro e una all'estrema periferia ». In seguito la tela organizza tiva si integrò con la costi[...]

[...]nel suo omega, con una istituzione al centro e una all'estrema periferia ». In seguito la tela organizza tiva si integrò con la costituzione dei Comitati diocesani e regionali, ricalcando in pieno la stessa organizzazione capillare della Chiesa. Dodici anni dopo ben 3982 comitati parrocchiali puntualizzavano la superficie dell'Italia' (del nord e del centro soprattutto) a testimoniare la vigorosa vitalità della giovane iniziativa. E nonostante l'accusa di parrochismo gettata da alcuni autonomisti, l'A.C.I, non si staccò più dal sistema delle cellule ecclesiastiche: anzi oggi più che mai (lo si vedrà più avanti) é dalla cura
(1) G. DE ROSA, L'Azione Cattolica. Storia politica dal 1894 al 1904, Bari, Laterza, 1953, pp. 98,135, 155.
(2) « I Congressi e l'organizzazione dei cattolici in Italia », in Nuova Antologia, 16 ott. 1897.
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parrocchiale che muove il suo nuovo movimento di conquista religiosa del paese.
Effettivamente la parrocchia è così essenziale alla Chiesa come la cellula al corpo. La Chiesa potrebbe perdere in un sol istante tutti i suoi ordini religiosi s[...]

[...]al 1904, Bari, Laterza, 1953, pp. 98,135, 155.
(2) « I Congressi e l'organizzazione dei cattolici in Italia », in Nuova Antologia, 16 ott. 1897.
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA 45
parrocchiale che muove il suo nuovo movimento di conquista religiosa del paese.
Effettivamente la parrocchia è così essenziale alla Chiesa come la cellula al corpo. La Chiesa potrebbe perdere in un sol istante tutti i suoi ordini religiosi senza subirne un contraccolpo fatale. La dissoluzione dell'istituto parrocchiale — nei suoi elementi costitutivi, s'intende, non solo in qualche modalità accessoria — equivarrebbe, invece, alla sua morte. La Chiesa stessa, del resto, non è forse l'ingrandimento di quella prima comunità parrocchiale inauguratasi nel Cenacolo di Gerusalemme all'indomani della morte di Cristo e riprodottasi in breve un po' ovunque nell'impero romano da parte degli apostoli? Quella stessa comunità cioè caratterizzata da un'autorità monarchica (il vescovo o parroco) responsabile dell'insegnamento religiosomorale, della direzione del culto e delle opere caritative, e da un'associazione di fedeli concordi nello stesso credo, partecipanti agli stessi riti (liturgie) e legati tra loro da impegni di mutua assistenza? Una religione è un vincolo associa tivo, o non e. Il Cristianesimo in specie si è sempre manifestato con tendenze piccol[...]

[...]to sociale tra i membri, rapporto fondato sulla reciproca conoscenza c attuato come una collaborazione concreta anche al di fuori del campo strettamente religioso.
LA PARROCCHIA NELLA STORIA
Durante i primi secoli fino al IVV — esso non conobbe che comunità (diocesi o parrocchie, come allora le si chiamava promiscuamente) urbane. Ogni città evangelizzata, ogni municipio romano cioè, radunava i suoi fedeli attorno al vescovo e al collegio dei sacerdoti, diaconi ecc. in un'unica circoscrizione ecclesiastica. Eccetto che per Roma e per Alessandria d'Egitto, bisogna attendere il sec. X e XI per vedere costituirsi le prime parrocchie nelle città (oltre a quella s'intende, della cattedrale). Dal IV sec. in poi, invece, (panda, dopo la vittoria politica con Costantino, il Cristianesimo incominciò a diffondersi anche nelle campagne (divenute e rimaste per più secoli tenace rifugio del paganesimo) nacquero a poco a poco, prima in oriente. — dove fiorirono fra
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l'altro i corepiscopi poi in occidente, anche le parrocchie rurali.
Ma non ebbero, per lo più, una sorte molto felice. A parte quelle fondate dai vescovi o aperte dai monaci — pochissime, in proporzione, le prime; più numerose le seconde —, esse dovettero la loro esistenza ai latifondisti del tardo impero, divenuti o sostituiti poi dai signori feudali. L'esser proprietà di privati significò né più né meno per esse che una nascita in schiavitù. Sotto il feudalesimo,, il signore usava addirittura far consacrare sacerdoti dei propri territori alcuni dei suoi schiavi, che, come tali., seguivano naturalmente la sorte delle terre nei cambi di vassallaggio o proprietà a cui queste andavan soggette. L'obbligo della dotazione economica delle parrocchie, fondato al tempo dei Carolingi, e soprattutto il diritto feudale, che permeò anche i benefici e le altre istituzioni ecclesiastiche, peggiorarono la situazione sia favorendo la decurtazione e gli stralci dei redditi beneficiali a profitto di enti ecclesiastici e persino profani ad esso estranei, sia abbandonando le parrocchie alle prestazioni di sostitutiparroc[...]

[...] caduta dell'impero, le parrocchie seppero conservare i germi della riscossa e costituire iI nucleo dei futuri comuni. Il meno che si può dire è che dal 1000 in poi parrocchia e comune vi divennero spesso come due aspetti della stessa collettività giuridica che univa in un unico fascio le forze della città e del contado nella reazione alle prepotenze dei feudatari. Fu il tempo in cui le adunanze del popolo si tenevano in chiesa, le votazioni si facevan per parrocchia e, al momento del bisogno, il carroccio, ossia il carro destinato alla raccolta delle decime per la parrocchia, divenne un'insegna di battaglia e il nucleo della fanteria cittadina. Creazione spontanea o meno e centro propulsore della stessa vita civica o no, la parrocchia ebbe il merito, anche nei secoli più ferrigni, d'aprire scuole gratuite, di raccogliere vecchi e ammalati, di organizzare la carità (come nelle matricole, che erano vere e proprie corporazioni di poveri), ecc.
Più tardi, al tempo della diffusione degli Ordini mendicanti,
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l'Italia conobbe un curioso episodio di parrocchismo. Per reagire all'invadenza dei nuovi venuti, il clero secolare si armò d'una « costituzione parrocchiale» per cui ogni fedele non solo era obbligato a ricevere nella propria parrocchia il battesimo, la comunione pasquale, il matrimonio e la sepoltura, ma doveva anche assistervi alla messa festiva e richiedervi [...]

[...]anti,
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA 47
l'Italia conobbe un curioso episodio di parrocchismo. Per reagire all'invadenza dei nuovi venuti, il clero secolare si armò d'una « costituzione parrocchiale» per cui ogni fedele non solo era obbligato a ricevere nella propria parrocchia il battesimo, la comunione pasquale, il matrimonio e la sepoltura, ma doveva anche assistervi alla messa festiva e richiedervi la confessione annuale a Pasqua. Bonifacio VIII e il Concilio di Vienna, sotto Clemente V, spezza rono la rigidità della u costituzione », ma anche per la parrocchia fu soprattutto il concilio di Trento che pose definitivamente termine alle contese tra clero secolare e regolare e agli abusi nell'assegnazione dei benefici.
Le controversie tra parroci e «mendicanti» diedero persino origine a una dottrina eretica, difesa soprattutto da Guglielmo di S. Amore (t 1272), secondo la quale i parroci sarebbero stati istituiti da Cristo come i vescovi. La curiosa teoria, nonostante le condanne incontrate, non morì. Risorse nella Francia galli[...]

[...]e condanne incontrate, non morì. Risorse nella Francia gallicana e più tardi in Austria, all'epoca del giuseppinismo, per ritornare in Italia, dove fu canonizzata nel Concilio di Pistoia, che non solo asserì l'istituzione divina dei parroci ma precisò che la giurisdizione dei vescovi é limitata esclusivamente ai parroci e non ai loro fedeli.
Dalla fine dell'epoca missionaria della diffusione del Cristiane simo sino al sec. XIX tuttavia, come ha acutamente rilevato il Noppel (3), il problema della parrocchia rimase eminentemente un problema giuridico. Fu la nuova teologia ecclesiologica, iniziata oltre un secolo fa dal Moelher, a ricondurre la concezione della parrocchia nell'ambito della verità del Corpo Mistico. A questa teologia collaborarono in Italia famosi teologi romani come il Passaglia e il Franzelin, seguiti subito dopo in Germania dal loro discepolo M. J. Scheeben. La nuova impostazione soprannaturalmente vitalistica accompagnava quel processo di dissecolarizzazione e di accentramento curialista a cui si stava adattando la Ch[...]

[...]lema della parrocchia rimase eminentemente un problema giuridico. Fu la nuova teologia ecclesiologica, iniziata oltre un secolo fa dal Moelher, a ricondurre la concezione della parrocchia nell'ambito della verità del Corpo Mistico. A questa teologia collaborarono in Italia famosi teologi romani come il Passaglia e il Franzelin, seguiti subito dopo in Germania dal loro discepolo M. J. Scheeben. La nuova impostazione soprannaturalmente vitalistica accompagnava quel processo di dissecolarizzazione e di accentramento curialista a cui si stava adattando la Chiesa dopo le scosse subite nei vari paesi europei per contraccolpo della Rivoluzione Francese e delle occupazioni napoleoniche oltre che per l'evoluzione democraticolaicista della politica: e finì così per
(3) La Nuova Parrocchia, tr. it., Torino, 1941.
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influire non solo sulla teologia pastorale del tempo, ma per penetrare anche nei documenti della Chiesa docente e per informare persino lo schema sulla Chiesa preparato per il Concilio Vaticano.
Inferto, nel '70, col dogma dell'infallibilità e della supremazia papale sul concilio, l'ultimo colpo alle resistenze gallicane, e concluso ormai il pontificato rinascimentale, politicamente [...]

[...]e alla Chiesa la fedeltà delle masse credenti e la saldezza della loro coesione. Pio X, il papaparroco, si mise subito all'opera sia nella propria diocesi che nell'intera cristianità, promuovendo la rinascita delle parrocchie dapprima con la riforma del canto gregoriano (motu proprio 1903), per riportare la liturgia a contatto del popolo (solo dal 1909 si cominciò a parlare di « movimento liturgico », specie per merito del card. Mercier e dei monaci della badia di MontCésar di Lovanio), poi con l'ammissione dei bambini alla comunione e la propaganda della comunione frequente tra gli adulti. Nel 1905 la canonizzazione dell'umile Curato d'Ars da parte dell'exparroco di Riese fu considerata come un simbolo della nuova direzione di riforma interiore impresso dal Sarto alla Chiesa.
E per tutta la prima metà del sec. XX l'azione di governo della S. Sede doveva infatti rimanere decisamente orientata in senso parrocchiale. Le affermazioni pontificie — da Pio X a Pio XII — relative all'importanza della parrocchia nella vita della Chiesa potrebb[...]

[...]orma interiore impresso dal Sarto alla Chiesa.
E per tutta la prima metà del sec. XX l'azione di governo della S. Sede doveva infatti rimanere decisamente orientata in senso parrocchiale. Le affermazioni pontificie — da Pio X a Pio XII — relative all'importanza della parrocchia nella vita della Chiesa potrebbero costituire un'antologia di non irrilevanti proporzioni, dove, forse, ad avere il primato, sarebbe Pio XI, il papa delle missioni, dell'A.C., della Conciliazione, é vero, ma non meno il Papa della parrocchia. Canonizzando, a neppur due anni dalla sua elezione, il Curato d'Ars (che più tardi, in occasione del giubileo della sua ordinazione sacerdotale, avrebbe costituito patrono di tutti i parroci) egli sembrò voler raccogliere dal predecessore Pio X la bandiera di combattimento. E quello ch'egli fece, anche solo in Italia, per lo sviluppo e la dotazione delle parrocchie, dimostra la concretezza dei suoi propositi. Sin dai primi anni del suo pontificato, infatti, egli organizzò per il meridione la costituzione di case parrocchiali che risolvessero una volta per sempre la piaga del u prete
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in famiglia» che affliggeva quelle regioni. Poi nel 1930 fondò l'Opera per la Preservazione della Fede e la provvista di nuove Chiese in Roma che nei soli sei primi anni di vita creò[...]

[...]in famiglia» che affliggeva quelle regioni. Poi nel 1930 fondò l'Opera per la Preservazione della Fede e la provvista di nuove Chiese in Roma che nei soli sei primi anni di vita creò 33 nuove parrocchie con chiese proprie e oltre 60 opere ausiliarie stabili (scuole di catechismo, asili d'infanzia, case del giovane, ecc.), senza contare le cappelle sussidiarie sparse nella periferia e nell'Agro Romano. L'impostazione decisamente parrocchiale dell'A.C. é inoltre da rivendicarsi a lui, che dell'A.C. ufficiale fu del resto il riconosciuto fondatore. Negli ultimi anni del suo pontificato il senso della Parrocchia suscitò un autentico fermento di iniziative: libri, con gressi, ecc. Nel 1936 tutte le associazioni dell'A.C.I. fecero oggetto di studio il problema della parrocchialitá.
Nel primo dopoguerra il primato d'intelligenza e di riforma della parrocchia passò dall'Italia alla Francia, ma chi direbbe che esso é sopito sbaglierebbe. Gli echi dei curiosi esperimenti francesi furono quanto mai vivaci anche di qua dell'Alpi e provocarono, nel '48, il ritorno del problema allo studio di tutte le branchie dell'A.C. Basta del resto scorrere le riviste (4) d'ispirazione cattolica dell'ultimo quinquennio per convincersi della sua continua presenza. Dal '51 poi, a renderlo piú attuale, son venuti di rink calzo alcuni notevoli discorsi di Pio XII.
PROFILO DELLA PARROCCHIA MODERNA
Sarebbe dunque un grave errore non curarsi dell'importanza che la Chiesa dá all'istituto parrocchiale nell'attuale fase di riassesto e di conquista che la caratterizza. Chi conosca anche solo superficialmente la parrocchia del 1953 e la confronti con quella di 50 anni or sono non può del resto meravigliarsi di tale condotta. Una p[...]

[...]scorsi di Pio XII.
PROFILO DELLA PARROCCHIA MODERNA
Sarebbe dunque un grave errore non curarsi dell'importanza che la Chiesa dá all'istituto parrocchiale nell'attuale fase di riassesto e di conquista che la caratterizza. Chi conosca anche solo superficialmente la parrocchia del 1953 e la confronti con quella di 50 anni or sono non può del resto meravigliarsi di tale condotta. Una parrocchia — quella degli ultimi anni del pontificato leoniano —pacifica, e sonnolenta, fatta sulla misura del ceto borghese d'allora, quasi sempre deserta durante la settimana dal pacifico giansenismo dei fedeli e appena messa in discreto orgasmo la domenica e nelle
(4) ofr. ad es. i due numeri unici de L'Assistente Ecclesiastico, 1948, VI; e di Vita Sociale (con le relazioni della « Settimana della Parrocchia », tenuta a Firenze dal 4 al 10 nov. 1951 per iniziativa del locale Centro Cattolico di Studi Sociali), genn. apr. 1952.
7V CARLO FALCONI
rade solennità dell'anno. Una parrocchia larga d'ozi al suo clero, lasciato libero di consacrarsi alla serenità dello studio o al piacevole scambio di visite tra benpensanti dell'alto ceto; e non certo affati cato dalla preparaz[...]

[...]nismo dei fedeli e appena messa in discreto orgasmo la domenica e nelle
(4) ofr. ad es. i due numeri unici de L'Assistente Ecclesiastico, 1948, VI; e di Vita Sociale (con le relazioni della « Settimana della Parrocchia », tenuta a Firenze dal 4 al 10 nov. 1951 per iniziativa del locale Centro Cattolico di Studi Sociali), genn. apr. 1952.
7V CARLO FALCONI
rade solennità dell'anno. Una parrocchia larga d'ozi al suo clero, lasciato libero di consacrarsi alla serenità dello studio o al piacevole scambio di visite tra benpensanti dell'alto ceto; e non certo affati cato dalla preparazione del sermone o della dottrina domenicale. Le cure d'archivio si sbrigavano, allora, in poco tempo, e le pochissime associazioni o confraternite richiedevano tutt'al più un'adunanza mensile. Il gregge, in quegli anni, cercava ancora il pa store e questi non aveva motivo di muoversi dal suo comodo e ben protetto ricovero.
Oggi il quadro é radicalmente mutato e quasi irriconoscibile persino nelle cure più addormentate o retrograde. La sola attività liturgicosacramentale assorbe parecchie ore nei sem[...]

[...]e o della dottrina domenicale. Le cure d'archivio si sbrigavano, allora, in poco tempo, e le pochissime associazioni o confraternite richiedevano tutt'al più un'adunanza mensile. Il gregge, in quegli anni, cercava ancora il pa store e questi non aveva motivo di muoversi dal suo comodo e ben protetto ricovero.
Oggi il quadro é radicalmente mutato e quasi irriconoscibile persino nelle cure più addormentate o retrograde. La sola attività liturgicosacramentale assorbe parecchie ore nei semplici giorni feriali (con le confessioni e comunioni quotidiane che si sono ovun que moltiplicate grazie specialmente alle decine di devozioni che le richiedono; con la celebrazione di matrimoni e funerali; e con le funzioni serali); la domenica poi, nelle città specialmente, le messe si spingono sin oltre mezzogiorno e da qualche tempo persino nel pomeriggio. Il sermone domenicale di ieri s'è moltiplicato, la domenica, in spiegazione dei Vangeli ad almeno due o tre messe; al catechismo generale si sono aggiunte le lezioni di religione nelle scuole, le co[...]

[...]one di matrimoni e funerali; e con le funzioni serali); la domenica poi, nelle città specialmente, le messe si spingono sin oltre mezzogiorno e da qualche tempo persino nel pomeriggio. Il sermone domenicale di ieri s'è moltiplicato, la domenica, in spiegazione dei Vangeli ad almeno due o tre messe; al catechismo generale si sono aggiunte le lezioni di religione nelle scuole, le conferenze settimanali per le singole associazioni (e sottogruppi) d'A.C., le prediche dei vari ritiri mensili per le stesse, i fervorini in occasione di tridui, settenari, novenari (ormai a catena); ecc. L'archivio parrocchiale ha aumentato a sua volta le voci affiancandosi gli archivi del beneficio, della Fabbriceria, delle Confraternite, delle Pie Unioni, Associazioni, Comitati, Commissioni parrocchiali; e s'é complicato soprattutto in rapporto agli atti matrimoniali ecc. Ma la differenza più notevole é relativa alle Associazioni e alle Opere che fanno oggi della parrocchia un centro propulsore d'azione che non ha riscontri in nessun altra organizzazione laica s[...]

[...]attolica con tutte le sue sezioni e sottosezioni (e basterebbe da sola a riempire la vita d'un parroco e dei suoi coadiutori) ricorderemo i Terz'Ordini (premonstratese, domenicano, francescano, carmelitano, degli. Eremitani di S. Agostino, dei Minimi, dei Servi di Maria, dei Trinitari), le Confraternite (sodalizi eretti per l'incremento del culto pubblico: ogni
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parrocchia deve avere almeno quelle del SS. Sacramento e della Dottrina Cristiana), le Pie Unioni (Conferenze di S. Vincenzo de' Paoli, Opere della Propagazione della Fede, Leghe di Perseveranza, Apostolato della Preghiera, Opera della Regalità di N.S.G.C., Buona Stampa, Congregazione delle Figlie di Maria, Amici dell'Università del S. Cuore, ecc. ecc.). E tra le Opere Parrocchiali, cui va ben altro che un'assistenza periodica: l'Asilo Infantile, gli Oratori maschile e femminile (con saloni per il cine e il teatro), le Scuole Serali, la Biblioteca Parrocchiale, il Comitato della Buona Stampa, il Bollettino Parrocchiale (mensile). In questo[...]

[...]one delle Figlie di Maria, Amici dell'Università del S. Cuore, ecc. ecc.). E tra le Opere Parrocchiali, cui va ben altro che un'assistenza periodica: l'Asilo Infantile, gli Oratori maschile e femminile (con saloni per il cine e il teatro), le Scuole Serali, la Biblioteca Parrocchiale, il Comitato della Buona Stampa, il Bollettino Parrocchiale (mensile). In questo scarnificatissimo elenco non figurano poi le organizzazioni a carattere sociale cui accenneremo più avanti.
Naturalmente, non ogni parrocchia, specie di paese, é provvi sta di tutto quest'apparto d'opere. Ma, anche ridotto, esso é sempre tale da riempire ad usura la giornata d'un curatore d'anime e dei suoi collaboratori ecclesiastici e laici, e aiuta a comprendere non solo la potenza di cui dispone la Chiesa nei suoi organi periferici qualora un pericolo la spinga a stringere in fascia tutte le sue forze, ma anche il perché del reiterato allarme lanciato in questi ultimi anni da molti vescovi e recentemente dallo stesso Pontefice (5) per salvare la parrocchia dalla crisi inso[...]

[...]a riempire ad usura la giornata d'un curatore d'anime e dei suoi collaboratori ecclesiastici e laici, e aiuta a comprendere non solo la potenza di cui dispone la Chiesa nei suoi organi periferici qualora un pericolo la spinga a stringere in fascia tutte le sue forze, ma anche il perché del reiterato allarme lanciato in questi ultimi anni da molti vescovi e recentemente dallo stesso Pontefice (5) per salvare la parrocchia dalla crisi insorta a minacciarla proprio nel momento della sua massima espansione ed efficienza. E forse il dramma interno più appassionato che la Chiesa stia oggi vivendo. Val quindi la pena di analizzarlo puntualmente.
LA CRISI NELLE SUE CAUSE E NELLE SUE PROPORZIONI
Non possiamo per?, evidentemente, diffonderci qui sulle insufficienze religiose vere e proprie della parrocchia: sul dramma, cioè, del suo culto e dei suoi riti sempre più incomprensibili e impopolari,
o su . quello dell'evangelizzazione mediante l'istruzione catechistica sempre più abbandonata e la predicazione sempre più ipertrofica,
o sull'altro d[...]

[...]te.
LA CRISI NELLE SUE CAUSE E NELLE SUE PROPORZIONI
Non possiamo per?, evidentemente, diffonderci qui sulle insufficienze religiose vere e proprie della parrocchia: sul dramma, cioè, del suo culto e dei suoi riti sempre più incomprensibili e impopolari,
o su . quello dell'evangelizzazione mediante l'istruzione catechistica sempre più abbandonata e la predicazione sempre più ipertrofica,
o sull'altro della preparazione, troppo borghese, dei sacerdoti al ministero parrocchiale. Sono problemi eccessivamente vasti e corn
, (5) v. i discorsi ai Quaresinialtisti e ai Parfoci di Rama del 1951 e 1952.
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plessi, i quali, se incidono sull'efficienza religiosa della parrocchia, fuorescono però dal vero e proprio problema della sua funzionalità come organismo specifico, e gli debbono quindi essere presupposti.
Altra cosa invece é riconoscere che il diritto canonico attuale tutela inadeguatamente la parrocchia dalle interferenze di altri organismi ecclesiastici svolgenti la loro attività nel suo ambito. Non aveva difficoltà a[...]

[...]olo di circostanza; oggi si esige non di rado che il rito matrimoniale, da cui s'inizia una nuova famiglia, venga celebrato lontano dalla famiglia parrocchiale, in cappelle private o in santuari di devozione personale; e pure le esequie e il cristiano addio alla salma avvengono molto spesso nella chiesa dell'ospedale. Tutto ciò si risolve evidentemente a pregiudizio della vita ,parrocchiale» (6).
Lo stesso mons. Urbani, assistente generale dell'A.C.I., lanciando i Convegni del Clero per l'estate del 1948 sull'argomento <c la Comunità parrocchiale» si muoveva la domanda:'— E finita la parrocchia ? —, ma poi rispondeva (7) con le parole del card. Schuster: « Le varie istituzioni, distinte dalla parrocchia, valgono soprattutto a trattenere nella religione e nelle pratiche del culto quelle persone che altrimenti non andrebbero nella parrocchia. Rappresentano un rimedio ad un male veramente esistente. Ecco quindi perché la Chiesa le loda, le favorisce, le promuove, come per gli infermi si aprono le buone case di salute. Resta però fermo che i[...]

[...]pettiva Parrocchia » (8).
(6) « Crisi della Parrocchia moderna », in L'Ass. Eccl. 1948, VI.
(7) « La Comunità Parrocchiale », ivi, 1948, IV.
(8) Dalla Pastorale per la Quaresima del 1948 sulla « missione della P. ».
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA 53
La crisi della parrocchia tuttavia non coincide con le deprecate interferenze, ma si allarga ai difetti per eccesso o per difetto delle sue delimitazioni topografiche e giunge sino all'incapacità o alla difficoltà di reazione di fronte alle mutate condizioni sociali e religiose del paese.
***
T1 primo fattore la disfunzione delle divisioni territoriali —
é evidente soprattutto in due fenomenilimite: la sopravvivenza di trappe « parrocchie onorarie > (o nei centri di città fitti soltanto di banche, aziende, uffici, rappresentanze, ecc. e quasi completamente sprovvisti di popolazione stabile — o tra nuclei troppi esigui [di centoduecento abitanti] dispersi in pianure o appollaiati in qualche remoto grembo di montagne) e la pletora di altre in zone di continuo incremento demografi[...]

[...]—
é evidente soprattutto in due fenomenilimite: la sopravvivenza di trappe « parrocchie onorarie > (o nei centri di città fitti soltanto di banche, aziende, uffici, rappresentanze, ecc. e quasi completamente sprovvisti di popolazione stabile — o tra nuclei troppi esigui [di centoduecento abitanti] dispersi in pianure o appollaiati in qualche remoto grembo di montagne) e la pletora di altre in zone di continuo incremento demografico fino ad abbracciare 3040.000 e più anime; ma si traduce spesso in ancor più numerosi casi di sperequazione tra parrocchie talora limitrofe senza che mai vi si provveda. In tutti i casi, e specialmente nei primi due, la conseguenza — ed é evidente — é la medesima: il giro a vuoto dell'organizzazione parrocchiale che non riesce a far presa sull'ambiente circostante.
Scriveva, ad es., « un parroco di campagna» sull'Assistente Ecclesiastico del maggio '52: «Poiché il S. Padre parla accoratamente del problema delle parrocchie troppo numerose, un problema forse più complesso é quello della parrocchie troppo picc[...]

[...] anime; ma si traduce spesso in ancor più numerosi casi di sperequazione tra parrocchie talora limitrofe senza che mai vi si provveda. In tutti i casi, e specialmente nei primi due, la conseguenza — ed é evidente — é la medesima: il giro a vuoto dell'organizzazione parrocchiale che non riesce a far presa sull'ambiente circostante.
Scriveva, ad es., « un parroco di campagna» sull'Assistente Ecclesiastico del maggio '52: «Poiché il S. Padre parla accoratamente del problema delle parrocchie troppo numerose, un problema forse più complesso é quello della parrocchie troppo piccole. Per il semplice fatto che se il primo è un problema di salvezza d'anime, il secondo é un problema di salvezza d'anime e del pastore di queste anime...
«Un sacerdote di 142 anime come il sottoscritto, ha l'ambiente, il campo sufficiente per svolgere la sua attività ?... come può concepire una sezione aspiranti e prejù dove ad averli tutti quelli esistenti nella parrocchia sarebbero 2 aspiranti e 2 prejú?... Come concepire il catechismo per classi quando si hanno 10 figlioli dalla 1a elementare alla 91.? Un bell'oratorio... ma dove rubare i soldi dove non c'è né industria né commercio e dove il materiale di costruzione va portato sulle spalle?... Nella maggior parte di questi pae
54 CARLO FALCONI
sini la gente non é stabile: i giovani vanno all'est[...]

[...]i monti e degli alloggi... ».
Mutatis mutandis i quesiti si pongono anche per le non poche parrocchie onorarie dei massimi centri cittadini. Ma nelle grandi città questo rimane sempre un problema assolutamente secondario di fronte all'urgenza e alla gravità del fenomeno d'elefantiasi che caratterizza le parrocchie di periferia. Tanto più che l'urbanesimo non é stato arginato neppure dalle tragiche esperienze dell'ultima guerra, anzi ne é uscito accentuato. Già un secolo fa l'Italia era all'avanguadia dei paesi europei coi suoi 10 centri con oltre 100.000 abitanti — al principio dell'800 tali centri erano ancora (sin dal 1500) soltanto sei: Napoli Venezia Milano Palermo Roma e Genova sostituitasi da poco a Messina spopolata dal terremoto del 1783 —; ma il fenomeno si accelerò soprattutto nel nostro secolo (12 centri con oltre 100.000 ab. nel 1900; 22 nel 1936). Ed è constatabile in modo non meno perspicuo nell'incremento di popolazione dei centri superiori ai 20.000 ab. 54 nel 1865, nel 1931 eran ben 142; ma mentre nel 1861 abbracciavano appena 1'11% dell'intera popolazione, nel 1931 ne comprendevano circa un quarto. 15 di questi centri (9), inoltre, videro nel settantennio aumentare 4 volte e più la loro popolazione: La Spezia ben 15 volte, Sesto S. Giovanni 13.
E facile immaginare le conseguenze di questi ininterrotti spostamenti di popolazione dalla campagna ai centri industriali o marittimi sull'organizzazione parrocchiale delle città. Una trascrizione esteriore del fenomeno la nota a prima vista anche il visitatore più superficiale: persino là dove si é provveduto a vendere e smantellar le chiese e le cappelle secondarie del centro, la differenza tra il numero degli edifici di culto situati entro la vecchia cerchia e quelli esterni é di una sproporzione impressionante. E, si sa, la ra
(9) La Spezia, Pola e Taranto, porti militari; Savona, Bari, Brindi[...]

[...]9 non arrivavano a mille, 43 oscillavano tra le mille e le tremila: le punte massime erano toccate da S. Maria del Popolo con 4338, San Lorenzo in Damaso con 4768, S. Francesco di Paola con 7536 e San Lorenzo in Lucina con 10800. Leone XII perciò venne nella determinazione, che attuò nel 1824, di ridistribuire la città in 44 sole parrocchie, elevando bensì la media d'anime a 3147 per parrocchia, ma senza piú sperequazioni e assicurando da 3 a 5 sacerdoti per ciascuna. In queste condizioni la cura d'anime tornava ad essere ideale. La situazione rimase press'a poco stazionaria per mezzo secolo. Con l'occupazione italiana del '70 e l'elevazione della città a capitale d'Italia, la crisi di crescenza scoppiò, come é noto, tragicamente. Per quel che ci riguarda, basterà dire che, sul principio del novecento, quando la popolazione toccava già il mezzo milione d'abitanti, si davano parrocchie (salite nel frattempo a 58) con 40.000 anime, come S. Maria Maggiore, e con 30.000 come S. Giovanni in Laterano, SS. Vincenzo e Aurelio, ecc. (10). Pio X [...]

[...]e in Roma, che realizzò enormi progressi. Senonché, dopo la seconda guerra mondiale, la popolazione sali a circa 2 milioni di abitanti amministrati spiritualmente da 133 parrocchie; con la di stribuzione media di 15.000 per parrocchia.
***
Il fenomeno dell'urbanesimo tuttavia — e nessuno lo ignora —é ben più grave per le conseguenze morali che non per il difficile assetto topograficologistico (se così ci si può esprimere) che impor ne. Esso si accompagna infatti con una serie di manifestazioni che si traducono in altrettanti ostacoli all'influenza dell'organismo parrocchiale cittadino. Si pensi alla continua fluttuazione (nell'interno, dall'interno all'esterno e viceversa) della popolazione; all'eterogeneità di provenienza degli immigrati; al loro lento e difficile amalgamento col nuovo ambiente e con le nuove tradizioni religiose; alla dispersione e al livellamento di vecchi e nuovi cittadini nel gran mare dell'anonimato; alla promiscuità in cui i meno provveduti vivono, talora provvisoriamente, talora definitivamente; ecc. I sociologi denunciano tra le varie caratteristiche demografiche delle popolazioni urbane l'ecc[...]

[...]za degli immigrati; al loro lento e difficile amalgamento col nuovo ambiente e con le nuove tradizioni religiose; alla dispersione e al livellamento di vecchi e nuovi cittadini nel gran mare dell'anonimato; alla promiscuità in cui i meno provveduti vivono, talora provvisoriamente, talora definitivamente; ecc. I sociologi denunciano tra le varie caratteristiche demografiche delle popolazioni urbane l'eccedenza delle donne sugli uomini e lo scarso accrescimento naturale: due fenomeni che sono ad un tempo causa ed effetto di immoralità.
La situazione, ad ogni buon conto, avrebbe assunto un'assai minore gravità se il fenomeno dell'urbanesimo non fosse stato contemporaneo (da noi come nelle altre nazioni europee) al periodo classico del laicismo che ha secolarizzato negli ultimi cento anni la civiltà del nostro continente. Il trionfo della tecnica e del libero pensiero, anzi, ha celebrato i suoi fasti proprio nelle città che in qualche modo sono assurte a simbolo del nuovo umanesimo. L'eteronomia religiosa é stata gravemente ferita nelle él[...]

[...] cento anni la civiltà del nostro continente. Il trionfo della tecnica e del libero pensiero, anzi, ha celebrato i suoi fasti proprio nelle città che in qualche modo sono assurte a simbolo del nuovo umanesimo. L'eteronomia religiosa é stata gravemente ferita nelle élites dalle rivendicazioni del libero pensiero e della morale autonoma; mentre l'in
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dustrialismo, con la diffusione di agi e di strumenti di piacere prima insospettati, ha materializzato soprattutto le masse distogliendole dalle severe meditazioni sull'al di là e sui destini dell'anima che caratterizzano le popolazioni rigidamente cristiane. Il primo treno del regno di Napoli (Napoli Caserta) nel 1830 sostava ancora davanti alle cappelle ed evitava le gallerie per non offrir occasione di peccato ai viaggiatori. Ma ben presto la civiltà della macchina preferì sciogliersi da tutti gli scrupoli sino a proporsi come l'antitesi più completa possibile dello spirito del cristianesimo. Ma son motivi troppo risaputi perché occorra rievocarli qui per esteso, né urge davvero ricordare che tutto questo processo fu ancor più agevolato dalla situazione storica determinatasi dalla cri si politicoreligiosa che aspreggiò per tutto il suo corso dal 1861 al 1929 il nostro Risorgimento.
A che punto sia giunta la scristianizzazione della popolazione cittadina dei nostri centri non si può purtroppo dire con precisione. Anche prescindendo dal fatto che il[...]

[...]istica religiosa fatta in Italia risale al 1915 ed é relativo ad una parrocchia romana: quella di San Saba che allora contava soltanto 1453 abitanti suddivisi in 287 famiglie, per lo più giovani, per il 40% di impiegati o professionisti, per il resto in maggioranza d'operai qualificati. Secondo G. B. Rossi, il parroco autore della statistica (11), il 30% delle famiglie eran praticanti, il 48% indifferenti, il 20,5% dichiaratamente antireligiose (acattoliche solo 4): e a queste ultime risaliva il tono anticlericale del quartiere.
Poi bisogna attendere il 1935 e il 1940 per leggere in due libretti apostolici, pubblicati anonimi dal gesuita milanese p. Corti (Ut vitam habeant, Vivere in Cristo) delle statistiche di cui non si può molto avvallare l'obiettività: secondo tali statistiche, nelle par
(11) «Ciò che possono dire i dati statistici di una parrocchia », in Vita e Pensiero del 25 nov. 1915, pp. 289300.
58 GARLO FALCONI
rocchie cittadine 1'80% dei giovani e degli uomini si sarebbe astenuto dalla messa domenicale con punte del 90 e[...]

[...]squale.
Attualmente i sondaggi statistici son diventati anche da noi abbastanza di moda; ma i metodi con cui vengono effettuati sono,
per lo piú, tutt'altro che scientifici. Secondo i dati attinti da p.
Droulers s.j. e da A. Rimoldi (12), a Roma la pratica pasquale nel 1950 era del 10% da parte degli uomini e dei giovani, mentre la
messa festiva toccava il 2530% degli obbligati (donne comprese). Dello stesso anno é un'inchiesta condotta dall'A.C. a Milano: nella capitale lombarda la frequenza alla messa festiva sarebbe variata, nelle varie parrocchie, con percentuali dal 14 al 36% (i giovani dal 6 all'8%, gli uomini dal 3 al 4%); il precetto pasquale avrebbe invece il 38% della popolazione mentre la dottrina domenicale solo l'1%.
Il prospetto più esauriente sulla pratica d'un capoluogo medio di provincia é stato dato da don Aldo Leoni (13) a proposito di Mantova che, nel 1948, l'anno base delle sue statistiche, contava 56.262 ab. suddivisi in undici parrocchie. In quell'anno, su 60 nati (sic), 9 non furono battezzati (o almeno non ri[...]

[...]prospetto più esauriente sulla pratica d'un capoluogo medio di provincia é stato dato da don Aldo Leoni (13) a proposito di Mantova che, nel 1948, l'anno base delle sue statistiche, contava 56.262 ab. suddivisi in undici parrocchie. In quell'anno, su 60 nati (sic), 9 non furono battezzati (o almeno non risultarono battezzati nel febbraio '49), 5 matrimoni su 383 e 4 funerali su 699 furono celebrati col solo rito civile. Alla messa festiva soddisfaceva normalmente più d'un terzo della popolazione (35%): delle donne il 47%, degli uomini il 24% (cioè neppure un quarto). Tra costoro i giovani erano il 31%, gli adulti il 17%. Il precetto pasquale era osservato dal 57% della popolazione obbligata, con la solita prevalenza delle donne sugli uomini. Le funzioni vespertine domenicali invece raccoglievano soltanto il 6% della popolazione (« per lo più l'assemblea é costituita da donne [e da donne attempate] »). La stessa percentuale valeva per gli iscritti all'A.C., con netta prevalenza degli elementi giovani sugli adulti.
(12) «La Sociologia religiosa in Italia », in Scuola Cattolica, 1952, IIIII.
(13) Sociologia e Geografia religiosa di una Diocesi, Roma, Pont, Univ. Gregoriana, 1951.
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA 59
Queste poche statistiche, anche se scarse, non mancano d'essere eloquenti. Ma é forse migliore la situazione nelle campagne? Un tempo era senz'altro così. Nel 1874 eran solo zelo e preveggenza che ispiravano al segretario generale del I Congresso Cattolico Italiano, Alfonso Rulliani, il proposito di proteggere le zone rurali dal[...]

[...]campagne? Un tempo era senz'altro così. Nel 1874 eran solo zelo e preveggenza che ispiravano al segretario generale del I Congresso Cattolico Italiano, Alfonso Rulliani, il proposito di proteggere le zone rurali dall'aggressione dei «rivoluzionari governativi» e che gli dettavano questa pagina pittoresca ed enfatica:
Nella genesi della città noi troviamo il rimorso dell'uomo peccatore che trema allo stormire delle fronde, impallidisce allo spettacolo della creazione, e crede di potersi dimenticare di Dio vindice rinchiudendosi in un cerchio di manufatti, che non portino si direttamente il sigillo della mano creatrice, che il colpevole vede armata di folgori e di flagelli. L'uomo nello stato di colpa doveva necessariamente edificare delle città, e non per nulla il primo omicida, il primo fra gli uomini maledetti da Dio, Caino, riscontrasi nel libro della Genesi come il primo che costruisce una città. L'uomo innocente invece era stato collocato da. Dio in un giardino, tra i fiori e le piante: ed ecco come si spiega l'attrattiva che conse[...]

[...]anti e che intravvedeva l'attitudine misteriosa a conciliare sentimenti di ordine e di moralità che possiede il verde ammanto della natura, quando ideava i suoi boulevards piantati di alberi, le sue piazzegiardino, i suoi squares: meschino tentativo di empirici che riesce solo a condannare i superbi testimoni della creazione divina a vivere tisici in un'atmosfera eterogenea, in cui sospeso vi ha di tutto, dalla cipria della cortigiana al vapor d'acqua della bestemmia e ai frustoli d'immonde gazzette... Quando si vede questa gente (le popolazioni delle campagne) che rispetta anche il prete, che osserva i comandamenti di Dio, che pone anche una croce a tutela della propria fortuna, che resiste insomma in qualche guisa alla propaganda delle idee sovversive della mente e del cuore, fa duopo cavarsi il cappello e pensare che molto probabilmente si avrà bisogno delle rozze lane per rinsanguare di un umore più cristiano questa fracida società!... Ma se nelle popolazioni campagnole ci sembra con fondamento ravvisare un elemento di ordine, di cu[...]

[...]d'immonde gazzette... Quando si vede questa gente (le popolazioni delle campagne) che rispetta anche il prete, che osserva i comandamenti di Dio, che pone anche una croce a tutela della propria fortuna, che resiste insomma in qualche guisa alla propaganda delle idee sovversive della mente e del cuore, fa duopo cavarsi il cappello e pensare che molto probabilmente si avrà bisogno delle rozze lane per rinsanguare di un umore più cristiano questa fracida società!... Ma se nelle popolazioni campagnole ci sembra con fondamento ravvisare un elemento di ordine, di cui a un dato momenta pub sentirsi provvidenzialmente vantaggiata la società, é naturale che quanti siano desiderosi e deliberati anzi a prestare il nostro umile concorso sotto il vessillo di. Gesù Cristo alla restaurazione del suo regno sulla terra, incomba il debito di non trascurare una risorsa, la quale si presenta con caratteri fondamentali... Preservare le
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popolazioni agricole dal contagio pestilenziale delle idee rivoluzionarie, irreligiose e socialiste che[...]

[...]alla società, e mantenerle affezionate alla vecchia fede, alle vecchie abitudini, alla loro tradizionale vita di agricoltori: ecco dove pub il laicato coadiuvare poderosamente l'opera della Chiesa, lo zelo apostolico del clero» (14).
Ancora dodici anni dopo, in una sua pastorale (15), mons. Bonomelli definiva la classe rurale italiana « la più vigorosa e morale, l'elemento più forte e sicuro della tranquillità pubblica e il contrappeso più efficace delle idee sovvertitrici dei grossi centri. Dispersi in mezzo alle campagne, legati alla propria famiglia e fermi agli insegnamenti che ricevono nella loro parrocchia, centro della loro vita profondamente informata a religione, i contadini si sono serbati fin qui quasi immuni dal contagio scettico, irreligioso e antisociale... »; e tali idee lasciava che si ripubblicassero senza aggiornamenti restrittivi nel 1910. Anche prima della guerra del '15, però, i germi della crisi attuale incominciarono a fermentare nel contadino italiano e se ne videro i primi frutti a conflitto concluso. Poi il fa[...]

[...] non contribuì che a incubarli sinché la seconda guerra mondiale non li condusse all'incredibile esplosione di cui tutti siamo oggi, in molte plaghe, gli spettatori.
A darne atto basterebbe l'allarme dato dalle autorità ecclesiastiche. Non é esagerazione dire che dalla XXI Settimana Sociale dei cattolici italiani del 1947 al I Congresso Mondiale sui problemi della vita rurale (1951), al Corso di aggiornamento sui problemi della vita rurale per sacerdoti promosso dall' A. C. nel 1952, é stato un incalzare continuo di appelli per la salvezza della parrocchia nelle zone rurali, che non accenna affatto a diminuire. G. Martinetti scriveva ad es. recentemente (gennaio 1952 e sgg.) sull'autorevole Perfice Munus:
«L'acqua continua a scendere e ora è la volta dei contadini.
«Le campagne si stanno letteralmente scristianizzando. Ecco perché
ho detto: Attenti ai contadini!
(14) citato dal DE ROSA, op. cit., pp. 8788.
(15) Questioni sociali del giorno, Roma, 1910.
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA 61
«In Umbria, in Toscana, nelle Marche, in Piemonte, in Romagna e nell'Abruzzo la strage è in piena azione. Vengono a ruota la Lombardia, l'Abruzzo [sic!], la Calabria, e la Sicilia. Ultima verrà la Sardegna. Più resistente il Veneto.
«I parroci che assistono al diradarsi delle masse nelle chiese si illudono[...]

[...] quando era di moda esaltare ditirambicamente le campagne come le riserve delle energie più sane della religione. Il crollo del mondo religioso rurale va quindi attribuito in definitiva agli agenti cosiddetti esterni, la cui azione però ha penetrato anche intimamente la coscienza e lo spirito del contadino. Nel tempio della sua religiosità, cioè, prima che le pareti ne cadessero in frantumi, si erano sostituiti al dio tradizionale, numerosi e tenaci idoli; quelli stessi che poi regnarono sulla sua intera vita scristianizzata. Così l'aumentato benessere materiale seguito al mutamento dell'economia di bisogni in quella di scambi, ne accrebbe il materialismo; i contatti col cosiddetto mondo del progresso attraverso una più diffusa cultura, il giornale, il cinema, la radio, ne naturalizzarono le credenze (Dio, Provvidenza) ispirandogli un concetto quasi magico del potere della scienza e della tecnica; l'emigrazione o l'invasione della città, distruggendo il suo primitivismo, ne solleticarono e sferzarono il desiderio di piaceri, di comodità, di lusso. Infine i miti. politici,
62 CARLO FALCONI
con la lotta di classe, sopraggiunti (da noi) buoni ultimi, ebbero facile giuoco agitando i noti slogans sull'alleanza tra clero e capita listi, sulla religione come sfruttamento, sul paradiso in terra come antitesi del paradiso in cielo.
Naturalmente non ovunque la scristianizzazione delle zone rurali ha raggiunto eguale intensità. Studiosi del problema come il Boulard (16) hanno distinto in proposito tre tipi fondamentali di parrocchie:
a) le parrocchie di cristianità, in cui regna ancora lo spirito cristiano e dove la maggioranza é tuttora praticante;
b) le parrocchie indifferenti ma di tradizione cristiana, in cui iI cristianesimo vive alla giornata a sec[...]

[...]li ha raggiunto eguale intensità. Studiosi del problema come il Boulard (16) hanno distinto in proposito tre tipi fondamentali di parrocchie:
a) le parrocchie di cristianità, in cui regna ancora lo spirito cristiano e dove la maggioranza é tuttora praticante;
b) le parrocchie indifferenti ma di tradizione cristiana, in cui iI cristianesimo vive alla giornata a seconda della prevalenza dei buoni o no;
c) e le parrocchie di missione dove il distacco tra clero e popolo è ormai totale.
Anche per le parrocchie rurali tradurre in cifre il processo di scristianizzazione che va pervadendole é impossibile per la mancanza di statistiche già deplorata a proposito di quelle urbane. Il solo studio scientifico a cui é possibile rifarsi é, anche qui, quello purtroppo assai circoscritto del Leoni, che concerne, come s'è visto, una diocesi eminentemente agricola. La diocesi di Mantova per() ha il vantaggio di essere limitrofa di tre regioni — la Lombardia, il Veneto e l'Emilia — notoriamente assai diverse per il loro carattere religioso, e può assur[...]

[...]da 1/3 di adulti, da 2/5 di giovani, da 1/2 di bambini commenta il Leoni — non è senza significato. (( Si tratta evidentemente di una progressiva diminuzione di praticanti, probabilmente coincidente con la crescita dell'individuo e da essa causata. Scarti tanto sensibili non sono certo confortevoli né di buon auspicio » (18). E a proposito del comportamento dei giovani di fronte al precetto pasquale: «anche nel campo della gioventù, vi é una vivace tendenza all'abbassamento della pratica religiosa» (19). Il distacco dalla vita religiosa è anche visibile nella limitatissima parte
(17) op. cit., p. 5.
(18) op. cit., p. 65.
(19) op. cit., p. 76.
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cipazione alle funzioni vespertine domenicali: il 6,2% come media diocesana — di poco inferiore a quello delle comunioni domenicali (quindi neppure i devoti vi partecipano al completo) —; e nella forte diminuzione delle vocazioni ecclesiastiche: dal 1945 al 1948 1' 1,7% su mille nati maschi di fronte al 4% del quinquennio 19401944 e al 3,8% del quinquennio 193539.
Ma più che queste singole statistiche (che il lettore può vedere sottilmente a[...]

[...]or dispersione c'è una pratica religiosa più intensa e dove c'è maggior dispersione c'è una pratica più debole» (20) e che «ove minore é la densità, ivi abbiamo notato minor pratica religiosa» (21): infatti il Basso Mantovano — cioè la zona che presenta soltanto parrocchie notevolmente popolose, è il meno praticante (22). Ma anche la coincidenza tra le zone religiose e quelle pedologiche non é meno sorprendente: « Composizione, configurazione, giacitura altimetrica e grado di permeabilità del terreno ci spingono a riconoscere nel territorio diocesano una zona morenica e ghiaiosa, bibula, di alta pianura, corrispondente in gran parte a quella da noi chiamata, sotto l'aspetto religioso, Alto Mantovano, di intensa pratica cristiana, e due zone di bassa pianura, impermeabili, tagliate dal Po, l'una siliceocalcareocretosa, l'altra alluvionale argillosa, corrispondenti in gran parte rispettivamente al Medio M., di media pratica religiosa, e al Basso M., di scarsa pratica religiosa. Tale coincidenza sarà meramente causale o non indicherà un'in[...]

[...]ca cristiana, e due zone di bassa pianura, impermeabili, tagliate dal Po, l'una siliceocalcareocretosa, l'altra alluvionale argillosa, corrispondenti in gran parte rispettivamente al Medio M., di media pratica religiosa, e al Basso M., di scarsa pratica religiosa. Tale coincidenza sarà meramente causale o non indicherà un'influenza della diversa natura del suolo sulle varietà delle attitudini religiose? Propendiamo per la risposta affermativa, giacché a diverse strutture del
(20) op. cit., p. 138.
(21) op. cit., p. 139.
(22) op. cit., cfr. i dettagli specifici a pp. 52, 79, 91 e 137.
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA 65
suolo corrispondono di fatto diversi generi di economia, diversi tenori di vita, che certamente incidono sulla struttura sociale e quindi anche sul fatto religioso» (23).
Il declinante movimento demografico e la crisi dell'istituto familiare sono — sempre secondo il Leoni — conseguenze del diminuito senso religioso. La diminuzione di fecondità nel mantovano è un dato incontestabile (nel quinquennio 19251929: 9565[...]

[...]nalfabetismo è un pa' più diffuso. E questa concordanza é di natura assai simile a quelle precedentemente
(23) op. cit., p. 127.
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considerate, che si riducono in sostanza a questa formula: finché il progresso e le forme della civiltà moderna non invasero le campagne, vi fu grande pratica religiosa; col suo avvento e col suo sviluppo andò gradualmente scemando la pratica, religiosa » (24). Naturalmente ciò non significa per il sacerdote Leoni che la religione possa prosperare solo tra l'ignoranza e l'oscurantismo, beni che a il progresso civile in questi ultimi tempi ha compiuto passi da gigante e tutta la vita sociale si é trasformata sotto la sua energica spinta, anche la vita delle popolazioni rurali. Un mondo nuovo s'é venuto formando, ma alla sua formazione il Cattolicesimo, in quanto forza vitale e plasmatrice della società, é rimasto pressoché estraneo» (25): che non é poco.
***
Ma forse le osservazioni piú ghiotte si riferiscono ai rapporti tra la situazione sociale e politica da una parte e la religiosità de[...]

[...]azione il Cattolicesimo, in quanto forza vitale e plasmatrice della società, é rimasto pressoché estraneo» (25): che non é poco.
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Ma forse le osservazioni piú ghiotte si riferiscono ai rapporti tra la situazione sociale e politica da una parte e la religiosità delle popolazioni rurali dall'altra. Ed entriamo così nel terza aspetto della crisi della parrocchia: quello provocato dall'evoluzione sociale.
Non possiamo qui esporre tutti i dati raccolti dal Leoni a proposito della pratica religiosa nel mantovano secondo le varie classi sociali. Ci limiteremo a quelli relativi all'osservanza del precetto festivo e pasquale ricordando ch'egli suddivide le categorie sociali in sei gruppi: 1) proprietari terrieri, 2) affittuali diretti e mezzadri, 3) salariad e braccianti, 4) industriali e artigiani, 5) operai e 6) impiegati statali, ecc. Per il primo precetto l'osservanza raggiunge rispettivamente la media diocesana del 57, 54, 28, 37, 34 e 56%; per iI secondo quella del 66, 55, 35, 43, 35, 66. E cioè: la categoria dei proprietari terrieri si afferma su tutte le altre, seguita immediatamente dagli impiegati, dopo i quali si classificano gli affittuali e mezzadri. Notevolmente distanziati sono gli appartenenti alla quarta categoria (industriali e artigiani), la prevalenza dei quali supera tuttavia quella degli operai, mentre i braccianti e salariati
(24[...]

[...]ttivamente la media diocesana del 57, 54, 28, 37, 34 e 56%; per iI secondo quella del 66, 55, 35, 43, 35, 66. E cioè: la categoria dei proprietari terrieri si afferma su tutte le altre, seguita immediatamente dagli impiegati, dopo i quali si classificano gli affittuali e mezzadri. Notevolmente distanziati sono gli appartenenti alla quarta categoria (industriali e artigiani), la prevalenza dei quali supera tuttavia quella degli operai, mentre i braccianti e salariati
(24) op. cit., p. 149.
(25) op. cit., p. 150.
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA 67
segnano la cifra minima. « In una terra ad economia prevalente
mente agricola commenta il nostro a. — ove gli addetti all'agri
coltura rappresentano i 2/3 della popolazione attiva, il fatto che 1/2 di essi (braccianti e salariati) siano assai poco praticanti, mentre gli appartenenti ad altre condizioni sociali (proprietari e fittavoli) sono del doppio più osservanti, non pue) lasciar dubbi sull'incidenza del fattore `condizione sociale' sul fenomeno religioso. Si sa infatti che nessuna professione, in genere, è più favorevole alla pratica religiosa di quella del lavoratore fissato sullo terra... » (26) e più oltre: «oggi nel Mantovano la piccola e media proprietà mostrano uno stretto legame con la pratica religiosa, mentre alla mancanza di proprietà va spesso congiunta l'indifferenza religiosa. E ass[...]

[...]l lavoratore fissato sullo terra... » (26) e più oltre: «oggi nel Mantovano la piccola e media proprietà mostrano uno stretto legame con la pratica religiosa, mentre alla mancanza di proprietà va spesso congiunta l'indifferenza religiosa. E assai probabilmente questo stato di cose deve mettersi in relazione con la propaganda collettivistica, che trova terreno ostile tra i proprietari, ma molto adatto fra i proletari >> (27).
(Crediamo d'effetto accostare a queste statistiche d'una provin cia rurale i risultati d'un'inchiesta condotta per incarico del C.I.F. col metodo Gallup nel Gallaratese nel febbraio del '51. Il Gallara
tese — come il lettore sa é una zona industriale del Varesotto
che conta oltre 70.000 ab., 20.500 dei quali sono lavoratori tessili. Seconda i dati acquisiti, l'assistenza alla messa festiva vedrebbe il 63% della popolazione (46,9% uomini, 79,2% donne) e l'osservanza della Pasqua il 77% (uomini 68%, donne 85%). L'aborto trova consenzienti il 35,8% degli intervistati, le case di tolleranza il 54,8% (più il 28% di indecisi), i rapporti extramatrimoniali il 28,3% (indecisi il 9,8%), il divorzio il 4,7% incondizionatamente, il 27% in certi casi. Vien da chiedersi se sia scalata la religiosità dei rurali o se invece sia risalita quella degli operai: ma forse é più giusto dire che si sono prudentemente equilibrate).
Per tornare alla solita fonte[...]

[...]oni — la più precisa e analitica — non abbiamo ancora osservato un particolare che costituisce come il leitmotiv dei suoi commenti statistici; e cioè il fatto che il Basso Mantovano, confinante con la «rossa Emilia» é, per co
(26) op. cit., p. 167.
(27) op. cit., p. 168.
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stante coincidenza, la zona della diocesi in cui — in evidente nettissimo contrasto con le altre — l'indifferenza religiosa segna le punte più spinte, senza accennare a una sosta nel suo metodico affermarsi. Inutile dire che dei bambini non battezzati nel 1948, 29 su 30 appartenevano a questa regione; dei matrimoni civili, 14 su 15; dei funerali civili 17 su 22. Quanta al precetto festivo, mentre gli osservanti nell'Alto e Medio M. erano rispettivamente il 47 e il 36%, nel Basso M, risultavano il 26 (i maschi adulti rispettivamente il 34, il 17 e il 10%; le femmine adulte, il 55, il 41 e il 32%). Ma sarebbe monotono continuare. Più interessante invece é constatare il moto accelerato dell'allontanamento del B. M. dalla pratica religiosa pur nel gener[...]

[...]mbini non battezzati nel 1948, 29 su 30 appartenevano a questa regione; dei matrimoni civili, 14 su 15; dei funerali civili 17 su 22. Quanta al precetto festivo, mentre gli osservanti nell'Alto e Medio M. erano rispettivamente il 47 e il 36%, nel Basso M, risultavano il 26 (i maschi adulti rispettivamente il 34, il 17 e il 10%; le femmine adulte, il 55, il 41 e il 32%). Ma sarebbe monotono continuare. Più interessante invece é constatare il moto accelerato dell'allontanamento del B. M. dalla pratica religiosa pur nel generale riflusso a cui sottostanno anche le altre due partizioni del territorio. L'osservanza del precetto pasquale nel 1885 e nel 1948 segnava queste percentuali (% della popolazione complessiva) nell'A. M. e B. Mantovano: 82,3 75 e 77% nel 1885; 69, 61 e 51 nel 1948, con uno scarto rispettivamente di 13,3 14 e 26. Poiché le condizioni sociali tra le tre regioni e specialmente tra la prima e la terza allo stato attuale non sono sostanzialmente dissimili, un motivo plausibile (oltre quello accennato della dispersione e del[...]

[...]ltre due partizioni del territorio. L'osservanza del precetto pasquale nel 1885 e nel 1948 segnava queste percentuali (% della popolazione complessiva) nell'A. M. e B. Mantovano: 82,3 75 e 77% nel 1885; 69, 61 e 51 nel 1948, con uno scarto rispettivamente di 13,3 14 e 26. Poiché le condizioni sociali tra le tre regioni e specialmente tra la prima e la terza allo stato attuale non sono sostanzialmente dissimili, un motivo plausibile (oltre quello accennato della dispersione e della densità della popolazione) che spieghi il perché del regresso religioso del B. M. non può essere individuato che nel contagio politicosociale comunicatogli dalle terre emiliane con cui confina. Anche dal punto di vista politico, infatti, il Mantovano si distingue «in tre zone politiche assai ben delineate, corrispondenti in gran parte alle nostre zone religiose. Si veda [nell'annessa cartina] quanto la parte alta della Diocesi differisce dalla parte bassa. Lassù tutto indica chiaramente come il Fronte [Popa lare] non abbia raggiunto il 50% dei voti nella maggi[...]

[...]sù tutto indica chiaramente come il Fronte [Popa lare] non abbia raggiunto il 50% dei voti nella maggior parte dei comuni; nell'oltrePo invece, sezione occidentale, addirittura la situazione é capovolta, mostrando che li il Fronte raggiunse almeno i '2/3 e spesso i 3/4 dei suffragi, mentre nella zona sudorientale é chiaro che il Fronte raggiunse e per lo più superò 1/2 dei voti. Tra l'una e l'altra zona opposte tra loro, si stende il M. M., che raccoglie elementi dell'una e dell'altra, senza confondersi con nessuna delle due. Se proprio si vuol trovargli una rassomiglianza, diremo che la sua situazione politica s'avvicina a quella della sezione orien
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tale dell'oltrePo M.» (28). «Ancora una volta ci troviamo quindi di fronte a solidarietà umane, i partiti politici, che, come le condizioni e le classi sociali, denunciano profondi contrasti, quasi perfettamente corrispondenti per la misura, il modo e la localizzazione ai contrasti riscontrati nella pratica religiosa. Il parallelismo é troppo lampant[...]

[...]orabilità preoccupante per la Chiesa. Combattuto come alleato delle classi conservatrici, il clero assiste oggi non più soltanto all'esodo delle masse popolari ma addirittura alla loro riorganizzazione in antichiesa, e quasi ogni parrocchia — fatto nuovissimo nella storia del nostro
paese si trova oggi opposta, nel suo stesso territorio, un'antipar
rocchia laica, quasi sempre piú fanatica nella sua fede, più ferrea nella sua disciplina, più audace e fattiva nella sua azione. Sino a
(28) op. cit., p. 178.
(29) op. cit., p. 180.
(30) op. cit., p. 89.
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pochi anni fa, gli indifferenti e i dissidenti della campagna restavano ai margini della vita parrocchiale: non ne uscivano quasi mai completamente e soprattutto non si organizzavano mai contro di essa. Oggi per la prima volta in Italia, il parroco è divenuto pastore d'una sola porzione del suo gregge, da (( uomo di tutti » è stato ridotto a «uomo di parte ».
LE CONTROMISURE
Naturalmente la Chiesa non s'è accontentata di gettare l'allarme a proposito della crisi dell[...]

[...]0) op. cit., p. 89.
70 CARLO FALCONI
pochi anni fa, gli indifferenti e i dissidenti della campagna restavano ai margini della vita parrocchiale: non ne uscivano quasi mai completamente e soprattutto non si organizzavano mai contro di essa. Oggi per la prima volta in Italia, il parroco è divenuto pastore d'una sola porzione del suo gregge, da (( uomo di tutti » è stato ridotto a «uomo di parte ».
LE CONTROMISURE
Naturalmente la Chiesa non s'è accontentata di gettare l'allarme a proposito della crisi della parrocchia, ma ha tentato e tenta di fermarla e di vincerla. In Italia, però, questo non è avvenuto con esperimenti tosi vistosi, come ad es. in Francia (dove, d'altra parte, la situazione era assai più grave), bensì con una più ligia conformità alle tradizioni, modernizzando cautamente i metodi sia dell'organizzazione che dell'azione. Invano perciò si cercherebbero da noi o delle originali teologie della parrocchia o dei coraggiosi manuali di pastorale per i parroci. Quanto alle prime, l'unico abbozzo (dovuto al domenicano Spiazzi)[...]

[...] e nel laicato credente, ha dato una certo eco al problema e favorito una discreta rinascita della vita parrocchiale. Esso tuttavia non poteva costituire che un'atmosfera propizia all'azione riformatrice: la vera e propria riforma avrebbe invece dovuto estrinsecarsi attraverso l'eliminazione puntuale e metodica delle singole cause della crisi.
Che cosa sia stato fatto a proposito della disfunzione territoriale di molte : parrocchie s'è in parte accennato riferendo, ad es. sull'operosità della Pontificia Opera per la preservazione della fede in Roma. E si potrebbe facilmente sviluppare coi dati relativi alla moltiplicazione delle parrocchie realizzata nei vari centri urbani da Milano a Napoli, da Genova a Bari. Ma che il problema dell'elefantiasi delle parrocchie cittadine, specie periferiche, sia tutt'altro che risolto lo attestano i recentissimi discorsi di Pio XII. Il problema é spesso complicato dalla scarsezza numerica del clero disponibile e il Papa é giunto persino ad approvare, per la sua Diocesi, il sistema cosiddetto di patronato, secondo il quale alcune diocesi più favorite per numero di sacerdoti possono (( adottare l'una o l'altra parrocchia d[...]

[...]i centri urbani da Milano a Napoli, da Genova a Bari. Ma che il problema dell'elefantiasi delle parrocchie cittadine, specie periferiche, sia tutt'altro che risolto lo attestano i recentissimi discorsi di Pio XII. Il problema é spesso complicato dalla scarsezza numerica del clero disponibile e il Papa é giunto persino ad approvare, per la sua Diocesi, il sistema cosiddetto di patronato, secondo il quale alcune diocesi più favorite per numero di sacerdoti possono (( adottare l'una o l'altra parrocchia di Roma in guisa di provvederla del numero di sacerdoti di cui ha bisogno ». Estendendo il metodo, qualcuno (41) ha addirittura auspicato la possibilità di vere e proprie emigrazioni interne (tra diocesi e diocesi) di giovani sacerdoti o di seminaristi,
(37) L'Uomo di tutti, Pisa, 1940.
(38) Parrocchia e parrocchiani, Alba, 1936.
{39) ed. Fiorentina, Firenze, 1937.
(40) sulla base di manuali come Luci sul cammino (per le dirigenti di gruppo), Roma, 1935; ecc.
(41) A. LISANDRINI o. f. m., ne L'Assistente Eccl., 1952, II, pp. 325 segg.
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oltre all'utilizzazione delle prestazioni dei religiosi o dei sacerdoti non in cura d'anime.
Ma le parrocchie cittadine, anche opportunamente ridotte di superficie e di popolazione, rivelano sempre delle zone morte o inerti (secondo omissioni ufficiose esse morderebbero efficacemen te su poco piú d'un decimo della sua popolazione). Per vivificarle Pio XII ha approvato la formazione, già esperimentata qua e là per spontanee iniziative di privati, di cellule cristiane, fungenti da ritrovi spirituali aperti, nelle famiglie ospitanti, alle più libere discussioni religiose, ma dirette da sacerdoti; e l'utilizzazione di «posti provvisori» (come le cappelle interne degli istituti religiosi) per la moltiplicazione dei luoghi di culto. Quest'ultima era una realizzazione discussa da anni, ma che attende ancor oggi la sua messa in atto. Meta ultima: quasi ogni via, fuor che nelle immediate vicinanze della chiesa parrocchiale, dovrebbe avere una sua cappella. Ma non manca chi, come il già citato Spiazzi, propane addirittura l'apertura d'un locale per il culto in ogni palazzo...
Quanto alle parrocchie lillipuziane, una recente (1952) circolare del Prefetto della S. Congregazione del Con[...]

[...]rcolare del Prefetto della S. Congregazione del Concilio diretta ai Vescovi italiani si esprimeva cosí: «In ordine a una migliore distribuzione del Clero che sia proporzionata alle necessità delle anime, mi si permetta di far notare che, dato il progresso e lo sviluppo delle comunicazioni stradali e dei mezzi di locomozione, non sembra piú necessario che — salvo casi particolari — piccole località di cento o duecento abitanti abbiano un proprio sacerdote, mentre vi sono regioni con un sacerdote ogni ventimila e anche trentamila cattolici, sparsi su un territorio esteso come una diocesi ». Qualche vescovo, in verità, non aveva aspettato la circolare romana per attuare il ritiro dei sacerdoti da località che non giustificavano minimamente la loro presenza e qualchedun'altro aveva persino osato la costituzione di autentici corpi di parroci o cappellani volanti (con motorizzazione autonoma o spostamenti dal centro diocesano con mezzi normali): ma, si sa, i precursori son sempre rari.
L'utilizzazione del clero insegnante o curiale nelle attività pastorali dei giorni festivi ha invece favorito qualche progresso nella preparazione dei seminaristi alla loro futura vita d'apostolato. Ma
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA 73
il problema di una formazione del genere é sempre part[...]

[...]zazione del clero insegnante o curiale nelle attività pastorali dei giorni festivi ha invece favorito qualche progresso nella preparazione dei seminaristi alla loro futura vita d'apostolato. Ma
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA 73
il problema di una formazione del genere é sempre particolarmente difficile durante il quadriennio dei regolari studi teologici. L'ideale sarebbe di trattenere in seminario, ancora un anno dopo l'ordinazione, i neosacerdoti per un vero e proprio addestramento apostolico. La scarsità del clero rende per() praticamente impossibile persino alle grandi diocesi l'attuazione di questa piano. Qualche seminario la domenica congeda i suoi alunni per la pratica del catechismo e dell'assistenza ai giovani nelle parrocchie cittadine o suburbane: ma la cosa non riesce priva d'inconvenienti.
La vita collegiale del clero (nelle parrocchie cittadine, s'intende) è un altro problema tattico di molta importanza. Solo in tal modo, infatti, esso potrebbe realizzare quel lavoro organico e disciplinato che può veramente incider[...]

[...]tica del catechismo e dell'assistenza ai giovani nelle parrocchie cittadine o suburbane: ma la cosa non riesce priva d'inconvenienti.
La vita collegiale del clero (nelle parrocchie cittadine, s'intende) è un altro problema tattico di molta importanza. Solo in tal modo, infatti, esso potrebbe realizzare quel lavoro organico e disciplinato che può veramente incidere sulla popolazione d'una parrocchia. Ma anche questa prospettiva é tutt'altro che facilmente raggiungibile. Per ora la collegialità si realizza soprattutto nella forma più larga di convivenza nella stessa canonica (in distinti appartamenti).
***
Alla crisi di laicizzazione ambientale la parrocchia, sia citta dina che rurale, può opporre soprattutto la vivacità delle sue varie e molteplici .attività apostoliche. (Non esclusivamente, certo, perché le opere e attività profane — come le scuole, i cinematografi, i campi sportivi, ecc. — vanno oltre il puro e semplice lavoro apostolico). S'è già detto del cambiamento notevole tra la parrocchia di 50 anni fa e quella attuale: notevole nei quadri e nell'impostazione del lavoro. Ma anche negli effetti raggiunti ? In proporzione, certo, no. Non di rado, anzi, i quadri d'una parrocchia finiscono per essere l'attestazione della sua impotenza anziché della sua vitaHa. Sta al senso pratico e alla giusta intui[...]

[...]uale: notevole nei quadri e nell'impostazione del lavoro. Ma anche negli effetti raggiunti ? In proporzione, certo, no. Non di rado, anzi, i quadri d'una parrocchia finiscono per essere l'attestazione della sua impotenza anziché della sua vitaHa. Sta al senso pratico e alla giusta intuizione del parroco dotare adeguatamente la propria comunità parrocchiale degli organismi più essenziali e opportuni. Il volere ad ogni costa e subito — come spesso accade — l'impianto di tutti, significa né più "né mena che il ristagnamento della vita parrocchiale. Meglio, evidentemente, po che attività operanti che il loro cc completo » inerte. Troppe parrocchie poi mancano ancora d'uno schedario statistico e la maggior
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parte non si cura di tenerlo aggiornato. Molte iniziative, anche ottime, solo per questo fatto son poi condannate al fallimento. Per un piano d'azione veramente efficace lo schedario statistico é indispensabile.
Oggi si va diffondendo discretamente l'idea della «parrocchia comunità». Che é, del resto, il concetto di parrocchia quale risulta dall'analisi storica della sua configurazione primitiva e dei suoi sviluppi posteriori. La storia poi insegna che la parrocchia é stata efficiente solo quando ha saputo mantenersi una comunità aperta e vitale, una comunità (com'è caro oggi definirla in Francia) missionaria. Perché l'equivoco dell'equazione `parrocchiacomunità' è facilissimo se non si specifica immediatamente la caratteristica fondamentale della comunità [...]

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Oggi si va diffondendo discretamente l'idea della «parrocchia comunità». Che é, del resto, il concetto di parrocchia quale risulta dall'analisi storica della sua configurazione primitiva e dei suoi sviluppi posteriori. La storia poi insegna che la parrocchia é stata efficiente solo quando ha saputo mantenersi una comunità aperta e vitale, una comunità (com'è caro oggi definirla in Francia) missionaria. Perché l'equivoco dell'equazione `parrocchiacomunità' è facilissimo se non si specifica immediatamente la caratteristica fondamentale della comunità parrocchiale: e cioè la sua permanente apertura e tensione all'esterno, sino ad abbracciare tutti i credenti del territorio. Le parrocchiecomunità nel senso d'ovile e di rifugio non sono infrequenti in Italia: ma la loro sorte è appunto quella dell'inerzia. Le vere parrocchie dinamiche e conquistatrici sono invece una minoranza assoluta.
Una rinascita in senso missionario della parrocchia è stata promossa comunque negli ultimi decenni dall'A.C. Dove e finché, s'intende, non è stata anch'essa domata dalla burocrazia e ridotta alla stregua delle altre superflue e sonnolente associazioni o confraternite. Lo scopo originario dell'A.C. era (e sarebbe), infatti, di ottenere per mezzo dei laici la ripenetrazione nelle masse dei principi cristiani e la liberazione del sacerdote dall'isolamento. Di fatto però l'A.C. anche per la sua degradazione da gruppi d'élites a organismo di massa (due milioni e mezzo d'iscritti alla fine del '51), si è esaurita da tempo soprattutto nell'attività di, autoformazione dei proprio membri anziché in vera e propria attività di conquista all'esterno. Ma la sua maggior modernità e vivacità la salvaguardano ancora dal finire come le altre associazioni. Se essa comunque ha dato e in parte ancor dà alla parrocchia, dalla parrocchia ha pur ricevuto. E non solo la solidità della sua organizza zione capillare, quanto e soprattutto il terreno sperimentale delle sue attuazioni. In questa luce mi sembrano particolarmente significativi alcuni criteri di cc Orientamento nell'Apostolato Parrocchia
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le» fissati dagli Assistenti centrali degli Uomini Cattolici nel 1948 (42), per l'attuazione di questo preciso programma: «l'Associazione sia lo specch[...]

[...]rrocchia e ne rifletta, per quanto possibile, la fisionomia. Ci() vale particolarmente in ordine all'età dei soci, alla loro cultura, alla loro posizione sociale, alla loro ubicazione nella parrocchia ». Quanta all'età, essi lamentano che «nel numero complessivo dei soci si nota una prevalenza in proporzione. — degli elementi anziani. Anzi, in una impressionante statistica, compilata alcuni anni or sono, si é constatata
quasi una frattura nell'A.C. — dei giovani e degli uomini fra
i 25 e i 35 anni ». Perché poi, chiedono, « gli uomini colti devono essere assenti mentre nel campo dell'apostolato c'è posto per tutti? ». Circa le condizioni sociali, la deplorazione riguarda l'uniformità impressionante e pericolosa che caratterizza le associazioni, da cui « alcune categorie sono normalmente assenti ». E per l'ubicazione: «anche geograficamente l'Associazione Uomini riproduca la parrocchia, che cioè i diversi settori, in cui esso é divisa — frazioni, cascine, vie, gruppi di case — vi sian rappresentati », «...per aver poi possibilmente in o[...]

[...]izioni sociali, la deplorazione riguarda l'uniformità impressionante e pericolosa che caratterizza le associazioni, da cui « alcune categorie sono normalmente assenti ». E per l'ubicazione: «anche geograficamente l'Associazione Uomini riproduca la parrocchia, che cioè i diversi settori, in cui esso é divisa — frazioni, cascine, vie, gruppi di case — vi sian rappresentati », «...per aver poi possibilmente in ogni palazzo uno o anche più uomini di A.C. ».
L'A.C. é sostanzialmente un'attività parrocchiale. Nell'ambito territoriale della parrocchia vivono invece, specie nella città, enti ecclesiastici e apostolici che ne esorbitano per la loro autonomia giuridica e spesso, anzi, come si é visto, esercitano un'attività che, se non si può dire in vero e proprio contrasto con quella, parrocchiale, si risolve per() in una distrazione di energie e di forze di per sé appartenenti alla parrocchia. Naturalmente non mancano anche oggi gli intransigenti che vorrebbero tagliare i viveri a questi cc sleali concorrenti ». E agli epigoni dell'antico parrocchismo non[...]

[...]ero e proprio contrasto con quella, parrocchiale, si risolve per() in una distrazione di energie e di forze di per sé appartenenti alla parrocchia. Naturalmente non mancano anche oggi gli intransigenti che vorrebbero tagliare i viveri a questi cc sleali concorrenti ». E agli epigoni dell'antico parrocchismo non fan certo difetto le ragioni per giustificare tanto rigore programmatico. Ma la situazione attuale non consente alla Chiesa il lusso di sacrificare parte delle proprie forze per il solo reato di troppo autonomismo. Del resto le interferenze sono spesso assai meno dannose di come le si dipinge e, al punto in cui stanno le cose, o me
(42) y. L'Ass. Eccl., 1948, I, pp. 911.
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glio le parrocchie, non è sempre il maggior male che alcuni rivoli sian condotti a confluire altrove. Queste parole del card. Siri sono d'un assai intelligente realismo:
«...la gente la si prende dov'è, coi mezzi che realmente si mostrano atti a prenderla dov'è.
«Naturalmente la parrocchia rimane e chi vorrebbe metterlo in dubbio? il punto [...]

[...]rebbe metterlo in dubbio? il punto di partenza, il punto d'arrivo ed il più desiderata punto di riferimento; ma, poiché non basta più, occorre integrarla. Ecco la parrocchia del marciapiede.
«Gli operai in parte notevolissima non entrano più in chiesa? Che si fa? Si vanno a prendere in fabbrica. Gli studenti in iscuola, ecc. ecc.
« Occorrono dei ministri di Dio che rompano ogni rapporta colla propria comodità, ritornino alla forte e saggia audacia dei tempi apostolici e vadano incontro agli uomini che si perdono. In Italia è provvidenzialmente sorto l'Onarmo; ci sono gli Insegnanti di religione che possono diventare più uniti...
«....Tutti costar() per() devono mirare sempre a riversare alle parrocchie il frutto del loro lavoro. Ed anche questo "riversare" va accuratamente organizzata.
«Ecco la parrocchia nuova. Che gioia quando potremo abolire la parrocchia del marciapiede ed attendere la gente che verrà, perché avrà un'altra volta imparato a venire!» (43).
Nelle campagne il problema è diverso: di adattamento e insieme di integrazione. Se è vero, come in gran parte è vero, che per il contadino italiano la religione è tradizione, ritualismo, superstizione e interesse (sia pur d'ordine spirituale), ha ragione il Bussi (44) di ritenere urgente una rievangelizzazione radicale fatta in uno stile concreto, adatto alla mentalità degli uomini dei campi, e[...]

[...] che per il contadino italiano la religione è tradizione, ritualismo, superstizione e interesse (sia pur d'ordine spirituale), ha ragione il Bussi (44) di ritenere urgente una rievangelizzazione radicale fatta in uno stile concreto, adatto alla mentalità degli uomini dei campi, e con metodo essenzialista. (« Si potrebbero fissar tre articoli fondamentali: Dio é padre; Cristo è fratello; la Chiesa è una famiglia))!; una rievangelizzazione inoltre accompagnata ad una rivalorizzazione della liturgia fondamentale e integrata da una bonifica umanistica del rurale mediante scuole professionali, che ne aprano l'intelligenza, gli insegnino le condizioni igieniche del lavoro, gli parlino del problema della casa, ecc.
(43) « La Parrocchia del marciapiede », ivi, 1948, VI.
(44) «Umanesimo rurale », ivi, 1947, VIIVIII.
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Un programma, come si vede, ma anche quasi soltanto un programma. Tuttavia le avanguardie dell'A.C. si sono spinte anche nel mondo rurale. Nel solo settore femminile son state fondate dall'U[...]

[...]mentale e integrata da una bonifica umanistica del rurale mediante scuole professionali, che ne aprano l'intelligenza, gli insegnino le condizioni igieniche del lavoro, gli parlino del problema della casa, ecc.
(43) « La Parrocchia del marciapiede », ivi, 1948, VI.
(44) «Umanesimo rurale », ivi, 1947, VIIVIII.
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA 77
Un programma, come si vede, ma anche quasi soltanto un programma. Tuttavia le avanguardie dell'A.C. si sono spinte anche nel mondo rurale. Nel solo settore femminile son state fondate dall'Unione Donne le Associazioni rurali nel cui seno lavorano le a Rurali Militanti» (le attiviste dell'apostolato capillare). Si sono poi organizzate squadre di volontarie del «catechismo» (che visitano periodicamente le frazioni, i casolari dispersi, ecc.). Ma i risultati migliori sono stati ottenuti, sul piano religioso, con le Missioni campestri e, su quello socialeculturale, con i Corsi Agricoli e di Economia domestica rurale, con evidente beneficio delle rispettive parrocchie.
Il punto più debole della[...]

[...]rrocchia italiana si é comunque rivelato, a guerra finita, nella sua inefficienza sociale. Più in là del pane di S. Antonio o del ricovero dei vecchi — cioè più in là dell'elemosina saltuaria e della carità organizzata — non s'andava. Prima del fascismo (e sin dall'ultimo quarto dell'Ottocento) non era così. Il regime fascista però evocò a sé tutte le opere d'assistenza sociale e anche le parrocchie dovettero smobilitare. Nei seminari, i futuri sacerdoti crebbero così, durante l'intero ventennio, nell'ignoranza più assoluta della sociologia. La caduta del fascismo e l'esasperazione della questione sociale all'indomani della sconfitta trovaron perciò la maggior parte dei parroci impreparati alle nuove necessità. Il lavoro fatto in pochi anni tuttavia è veramente notevole, se si pensa alla difficoltà di mettersi al passo da soli o quasi con le istanze acuite dei tempi. Si può anzi dire che l'appello lanciato dal Pontefice con una circolare del 121'46 all'Episcopato italiano per mezzo della Segreteria di Stato (« Desidera il Sommo Pontefice ripetere oggi al Clero italiano l'esortazione, già rivolta da alcuni suoi Predecessori, di ritenere come un dovere d'apostolato il dedicarsi allo studio e all'azione sociale, e insieme di prestare aiuto e assistenza al laicato cattolico che lavora rettamente nelle associazioni professionali ») ha raccolto, come pochi altri, una pronta e generosa, se pur interessata, risposta.
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Dal '45 ad o[...]

[...]appello lanciato dal Pontefice con una circolare del 121'46 all'Episcopato italiano per mezzo della Segreteria di Stato (« Desidera il Sommo Pontefice ripetere oggi al Clero italiano l'esortazione, già rivolta da alcuni suoi Predecessori, di ritenere come un dovere d'apostolato il dedicarsi allo studio e all'azione sociale, e insieme di prestare aiuto e assistenza al laicato cattolico che lavora rettamente nelle associazioni professionali ») ha raccolto, come pochi altri, una pronta e generosa, se pur interessata, risposta.
78 CARLO FALCONI
Dal '45 ad oggi, infatti, la maggior parte delle parrocchie ha dato vita al Segretariato del Popolo per i servizi sociali dei lavora
tori, alle Sezioni della Pontificia Commissione d'Assistenza, ai Segretariati della Carita, ai Circoli della G.I.O.C. (Gioventù Operaia Cristiana), a quelli dei Lavoratori delle A.C.L.I. — per tacere delle Casse Rurali, Cooperative, Mutue, di cui, però, per disposizioni del Diritto Canonico, i sacerdoti non possono assumersi le responsabilità direttive. Oltre a queste opere strettamente parrocchiali, non é raro il caso di parrocchie ospitanti l'ONARMO, i nuclei aziendali delle ACLI, ecc. (45).
Non sappiamo quale consistenza abbia assunto il F.A.C. (Fraterno Aiuto Cristiano) propagandato, dal '50, un po' per tutta Italia dal suo ideatore, don Paolo Arnaboldi. Esso é stato definito (46) ((lo strumento per fare della Parrocchia una famiglia, una comunità d'amore, una comunità missionaria per restituire alla Chiesa la parrocchia diventata cellula viva e operante del Corpo Mistico )). E lo stesso presentatore continuava: «Non si tratta di fare un'opera o delle opere a puro titolo di santificazione personale che aiutino il povero nella stretta misura nella quale le possibilità di un individuo lo consentano; si tratta di esigere una collabora[...]

[...]ntinua e fraterna. Che siano tutti a dare del loro tempo e del loro denaro perché la famiglia della parrocchia possa sentirsi veramente tale: che sia un'azione
(45) v. in proposito L. CivARn1, « La Parrocchia e l'azione sociale », ne L'Ass. Eccl., 1948, VI.
(46) C. ZUCCARO, in Vita Sociale, 1951, I.
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITA IA 79
totale di tutti i suoi membri, che impegni per prima cosa ad eliminare la miseria nera dei fratelli. Il F.A.C. (insomma) non é una raccolta di soldi, non è un'altra opera o una delle tante opere, ma é la mobilitazione di tutta la parrocchia per la battaglia della rieducazione pratica ed organizzata della massa del papalo cristiano al precetto di Gesù ».
Un programma indubbiamente integralista e massimalista di grande interesse, ma che, al banco di prova della realtà, ci pare debba sollevare delle difficoltà quasi insormontabili. Una metodica esperimentazione, tuttavia, potrebbe tentare di renderlo mena utopistico e più accessibile. E farlo divenire, con l' A. C. nel campo dell'apostolato puro, il secondo motore fondamentale[...]

[...]elle tante opere, ma é la mobilitazione di tutta la parrocchia per la battaglia della rieducazione pratica ed organizzata della massa del papalo cristiano al precetto di Gesù ».
Un programma indubbiamente integralista e massimalista di grande interesse, ma che, al banco di prova della realtà, ci pare debba sollevare delle difficoltà quasi insormontabili. Una metodica esperimentazione, tuttavia, potrebbe tentare di renderlo mena utopistico e più accessibile. E farlo divenire, con l' A. C. nel campo dell'apostolato puro, il secondo motore fondamentale dell'istituzione parrocchiale.
***
Abbiamo appena accennato sopra, decisi a non trattarne, tra
le cause della crisi della parrocchia, l'aridità dell'azione religiosa vera e propria che vi si attua: e specialmente l'aridità del culto liturgico che ne é al cuore. Ma non possiamo rinunciare a questo punto di dirne qualcosa, al ricordo soprattutto degli esperimenti francesi che, proprio sul riaccostamento del popolo alla preghiera liturgica, fanno leva per una più vitale riforma della comunità parrocchiale. Naturalmente non si tratta di aumentare il decoro e il fasto delle funzioni: le statistiche fatte in Francia hanno dimostrato che esse non tediano meno di quelle manomesse l'uomo moderno, e specialmente l'operaio. Ma di rendere comprensibili e graditi i riti così da renderne ragionevole e giustificata la partecipazione. Il movimento liturgico in Italia non é stato così organico, originale e fecondo come oltralpe; ma, specialmente per mezzo dell' cc Opera della Regalità », promanat[...]

[...]melli e dall'Università Cattolica, ha attinto una risonanza che non va sottovalutata. Il Messale quotidiano e più ancora quello festivo sono anche da noi abbastan za diffusi (sebbene tra i soli ceti devoti); ma la liturgia parrocchiale non va oltre, quasi dappertutto, la messa dialogata. E vero che le remore più gravi alla pietà liturgica sono poste proprio dal conservatorismo idolatra della Curia, ma troppo poco si tenta dai
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sacerdoti di a iniziare» i fedeli ai misteri liturgici (47). Molto più facile è solleticarne il sentimentalismo con pratiche extraliturgiche e specialmente con le devozioni mariane. Ed infatti é quello che i parroci italiani si son limitati, per lo più, a fare. Citare i fasti nefasti raccolti dall'invenzione delle Madonne Pellegrine tra il '46 e e il '48 non é davvero necessario.
Innovazioni numerose — più numerose anzi che in ogni altro campo — sono state accolte dal nostro clero nella predicazione, o meglio nelle forme esterne (sempre più pubblicitarie) della predi, cazione. Le più sensazionali riguardano la specializzazione per categorie, il ripiegamento progressivo dalle prediche alle conferenze, e l'ammissione del laicato (d' A. C., in genere) anche femminile a quello che per secoli fu un mandato gelosamente esercitato dai soli vescovi. La propaganda religiosa é divenuta così sempre più voluminosa e farraginosa, ma in diretta proporzione, ed era fatale, anche sempre più scadente: e non potrà che peggiorare se si considera che il laicato non p[...]

[...]sbrigarci col solito (( messo t'ho manzi », diremo che un raffronto tra il panorama della crisi e quell'o della restaurazione della parrocchia in Italia ci sembra che si chiuda in netto vantaggio della prima. La redistribuzione territoriale e logistica delle parrocchie é, infatti, da noi, un'intrappresa ancor troppo morosa; la loro vita
(47) cfr. F. TONOLo, Parrocchia e Liturgia, Roma, 1949; e, come es. di qualche realizzazione pratica, G. BEVILACQUA, «La Vigilia Pasquale in un centro periferico», ale L'Ast. Eccl., 1952, III, pp. 174 segg.
LA CRISI DELLA PARROCCHIA IN ITALIA 81
comunitaria, nella maggior parte dei casi, introflessa e chiusa, rivelando solo nel campo sociale una notevole facoltà di ripresa; la vita religiosa propriamente detta, infine, è proprio quella che accusa i deficit più gravi. Con questo non si vuol minimamente disconoscere gli sforzi compiuti dall'alto e dal basso clero per una riforma .adeguata dell'istituto parrocchiale. Le buone volontà non sono davvero mancate, ma i risultati sono stati piuttosto mediocri sia per lo sproporzionato aumento dei nuovi bisogni e per le reMore frapposte dai vecchi metodi e mezzi, sia, e soprattutto, per gli infausti compromessi con la politica.
Se la parrocchia infatti ha perduto terreno sul settore religioso, s'è avvantaggiata enormemente, in questi ultimi anni, su quello politico, a beneficio, s'intende,[...]

[...]bio di guardia » — il cavallo di Troia delle rivendicazioni politiche della Chiesa ? Lo storico di domani non avrà certo molti scrupoli, come il cronista d'oggi che voglia ad ogni costo corazzarsi d'obiettività per tema d'esser giudicato partigiano, nel
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rispondere a questi interrogativi, tanto la realtà gli apparirà d'un'evidenza violenta.
Ebbene, quali conseguenze matureranno da questo stato di cose ? Naturalmente, non è facile prevederle. Troppi imprevisti possono sovvertire i calcoli più prudenti. Ma una cosa si può tranquillamente asserire: e cioè che la strada della politicizzazione porterà la Chiesa a delle amare esperienze. Oggi essa sta tentando con tutte le sue forze di slaicizzare l'Italia, rimedioevizzandola in una nuova teocrazia solo apparentemente più rispettosa del progresso e aperta al riconoscimento dei valori terrestri. Dopo l'antitesi ottocentesca, stile «piononista », insomma, la sintesi novecentesca, stile «piododicista ». Ma non si concilia, sopraffacendo. Leone XIII osò assai meno, e lasciò [...]

[...]mente asserire: e cioè che la strada della politicizzazione porterà la Chiesa a delle amare esperienze. Oggi essa sta tentando con tutte le sue forze di slaicizzare l'Italia, rimedioevizzandola in una nuova teocrazia solo apparentemente più rispettosa del progresso e aperta al riconoscimento dei valori terrestri. Dopo l'antitesi ottocentesca, stile «piononista », insomma, la sintesi novecentesca, stile «piododicista ». Ma non si concilia, sopraffacendo. Leone XIII osò assai meno, e lasciò in eredità il modernismo, il murrismo e il combismo. La reazione all'attuale progressiva egemonia clericale potrà esser forse dilazionata, ma avverrà fatalmente. E se sorprenderà la parrocchia religiosamente inaridita, quella sarà, per il Cattolicesimo italiano, l'ora più critica.
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da Luigi Salvatorelli, L'azione cattolica in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: L'AZIONE CATTOLICA
Pio XI é stato chiamato il Papa dell'Azione cattolica, ch'egli diceva « pupilla dei suoi occhi ». Acquista, dunque, un valore particolare la definizione che di essa egli ebbe a dare: «la partecipazione dei laici all'apostolato gerarchico della Chiesa » Questa definizione il pontefice riteneva di averla formulata «non senza divina ispirazione»; e precisò di essersi ispirato «ai testi della Sacra Scrittura », cioè a un passo dell'epistola di San Paolo ai Filippesi (IV, 3): «aiuta quelle che lavorano con me nel Vangelo ». Come si vede, San Paolo parlava di donne. La partecipazione dei laici all'apostolato si estende adunque ad ambo i sessi: come, infatti, risulta dalla struttura dell'Azione Cattolica italiana. Tutto ciò si accorda con l'altro richiamo, fatto per essa da Pio XI, al « sacerdozio universale » dei cristiani. Richiamo che forse sorprenderà chi é abituato alla netta, rigorosa distinzione, caratteristica del cattolicesimo, fra clero docente, e popolo, o laicato, discente. Beninteso, nel pensiero del pontefice non c'era nessuna contraddizione fra i due principi, sacerdozio universale del popolo cristiano e clero gerarchico: in quanto che il primo non può né deve essere esercitato se non secondo i dettami del secondo.
L'Azione cattolica, dunque, si proclama antica quanto il cristianesimo. Qui, però, prima di andar più avanti, occorre una distinzione. cc Azione cattolica» ha doppio senso e impiego. La si può intendere secondo il senso letterale del sostantivo astratto «azione »: e allora essa indicherebbe qualsiasi attività svolta da cattolici a pro del cattolicismo. Ma la si può anche riferire — e questo é íl caso piú frequente, soprattutto in Italia a [...]

[...]ale partecipazione laicale all'opera di apostolato del clero é stata fatta propria, e sistematicamente ripetuta, dal successore di papa Ratti, Pio XII, nonché dalle alte gerarchie cattoliche di ogni paese: ed ha avuto la sua proclamazine « urbi et orbi » nel primo « Convegno mon diale per l'apostolato dei laici» tenutosi a Roma dal 7 al 14 ottobre 1951. Ad esso parteciparono — secondo i dati dell'Osservatore Romano — sessantaquattro paesi e trentacinque organizzazioni nazionali.
Il tema dell'apostolato laico in collaborazione con la gerarchia ecclesiastica fu il motivo conduttore dei discorsi tenuti al Convegno, con insistenza sul carattere religioso, spirituale, dell'apostolato medesimo. Dopo un primo saluto, a nome della presidenza del Congresso, del signor Le Van Duc, capo della delegazione del Vietnam — si noti il magnifico aggiornamento cattolico, in questo tempo di riscossa generale dei «popoli di colore », — il cardinal Pizzardo pronunciò il discorso di impostazione. Egli dissse che collaborare all'apostolato gerarchico signific[...]

[...]l Pizzardo pronunciò il discorso di impostazione. Egli dissse che collaborare all'apostolato gerarchico significava collaborare al primo apostolato, scaturito immediatamente dal cuore di Gesù Cristo, e che si perpetua di generazione in generazione. L'apostolato laico pertanto deve tendere, alla pari di quello gerarchico, alla con quista o riconquista delle anime. I laici devono costituire, secondo il detto della prima epistola di San Pietro, un sacerdozio capace di offrire ostie spirituali: preghiere, mortificazioni, buone opere. Il loro apostolato, dunque, é di ordine soprannaturale, anche se contribuisce efficacemente al benessere sociale. Con questa nota di trascendenza religiosa si intone. senza sforzo l'oratore immediatamente successivo, l'avvocato Vittorino Veronese, presidente dell'Azione Cattolica Italiana « e principale artefice del congresso », come lo definiva il resocontista dell'Osservatore Romano. Egli invitò i congressisti, con franchezza cristiana, a un esame di coscienza personale, in profondità: a una diagnosi delle proprie resistenze
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individuali, delle incrostazioni psicologiche della propria personalità, della «routine» inevitabile prodotta dall'affetto alle [...]

[...]e principale artefice del congresso », come lo definiva il resocontista dell'Osservatore Romano. Egli invitò i congressisti, con franchezza cristiana, a un esame di coscienza personale, in profondità: a una diagnosi delle proprie resistenze
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individuali, delle incrostazioni psicologiche della propria personalità, della «routine» inevitabile prodotta dall'affetto alle cose proprie, dissimulato talora pericolosamente dall'attaccamento alla propria terra, alla propria organizzazione. E richiamò la necessità di non perdere un istante di vista alcuni motivi profondi di meditazione: l'u_ miltà di sentirsi nei ranghi, lo sforzo tenace, quotidiano, paziente, di vincere la contraddizione in cui il Salvatore stesso pose i suoi seguaci: « Voi siete nel mondo, ma non del mondo». Era una elevata applicazione del « medice, cura te ipsum », che il Veronese compieva in questo, che potremmo chiamare il suo canto del cigno quale Presidente dell'Azione cattolica italiana.
Al motivo della purificazione individuale, svolto prevalentemente dal Veronese, fu associato quello della spiritualità sociale da monsignor Cardijn, il fondatore della J.O.C. (« Jeunesse ouvrière chrétienne »), istituita nel Belgio ed estesasi felicemente alla Francia: organizzazione fondata sul principio della cristianizzazione del mondo operaio a mezzo degli o[...]

[...]. (« Jeunesse ouvrière chrétienne »), istituita nel Belgio ed estesasi felicemente alla Francia: organizzazione fondata sul principio della cristianizzazione del mondo operaio a mezzo degli operai. Mons. Cardijn, con frase suggestiva, definì il momento storico attuale «l'ora più missionaria della storia della Chiesa D. La trasformazione sociale, irresistibile e necessaria, crea problemi che non possono esser risolti senza una forza spirituale capace di assicurare, attraverso lo sviluppo della coscienza e della responsbialità, la dignità e la libertà dell'uomo. Questa forza spirituale è il cristianesimo. Occorrono cristiani che vivano intensamente il loro cristianesimo in tutta la loro vita personale, e rechino la testimonianza di Cristo e il messaggio della Chiesa in tutti i settori del mondo moderno.
L'arcivescovo di Bombay, mons. Gracias, introdusse addirittura il tema dell'unità mistica della Chiesa, come fondamento, impulso e regola dell'apostolato laico nel quadro dell'obbedienza alle gerarchie. Tutti gli individui battezzati formanti la Chiesa sono uniti in un organismo solo, in cui Cristo è il capo ed essi le membra; vi è quindi fra loro una azione reciproca, nutrita di vita soprannaturale, che riesce a pro dell'intero corpo.
Motivi spirituali analoghi a quelli fin qui accennati furono svolti da vari altri relatori e oratori. Così, mons. Siri, arcivescovo di Genova, e il sig. Rommerskirschen, presidente della Giovent[...]

[...]ias, introdusse addirittura il tema dell'unità mistica della Chiesa, come fondamento, impulso e regola dell'apostolato laico nel quadro dell'obbedienza alle gerarchie. Tutti gli individui battezzati formanti la Chiesa sono uniti in un organismo solo, in cui Cristo è il capo ed essi le membra; vi è quindi fra loro una azione reciproca, nutrita di vita soprannaturale, che riesce a pro dell'intero corpo.
Motivi spirituali analoghi a quelli fin qui accennati furono svolti da vari altri relatori e oratori. Così, mons. Siri, arcivescovo di Genova, e il sig. Rommerskirschen, presidente della Gioventù cat
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tolica tedesca, insistettero sulla necessità della formazione individuale del cattolico militante attraverso una vita cristiana integrale. Occorre formare, disse il secondo, non una massa rigidamente inquadrata, ma cellule vitali di vita cristiana; occorre rendere inquieti gli uomini per il regno di Dio, incitandoli sempre più all'amore di Cristo che tende a comunicarsi agli altri. L'ultima vittoria sarà quella dell[...]

[...]rale, e pertanto non si inserisce direttamente ed exprof esso nel temporale, ma ha su di esso le ripercussioni piú felici; ed é per questo che si può parlare di influenza sociale dell'Azione cattolica nel campo economicösociale, e persino in quello politico.
Nello stesso ordine di idee si mosse Charles Flory, presidente delle « Settimane sociali » di Francia: un « attivista » laico, dunque, particolarmente portato (si doveva credere) a metter l'accento sull'attività «temporale» dell'Azione cattolica. Egli disse che l'apostolato laico postula la instaurazione di un ordine sociale rispondente alle esigenze cristiane. Questo nuovo ordine tanto più si sarebbe potuto dire cristiano quanto maggiormente riuscisse a promuovere, nella giustizia, il bene degli individui e della collettività.
Credo, dunque, di non essere stato interprete infedele di queste affermazioni del cardinal Caggiano e del signor Flory — e più in generale dello spirito dominante nel congresso allorquando, nella Stampa del 14 ottobre 1951, scrissi che da queste affermazio[...]

[...] allorquando, nella Stampa del 14 ottobre 1951, scrissi che da queste affermazioni l'ordine sociale cristiano appariva tt non come costruzione,
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dal di fuori e dall'alto, di forze confessionali, ma come il prodotto organico di una società penetrata dello spirito cristiano ». Seguitavo: «Una concezione simile non richiede, anzi esclude, politiche confessionali, privilegi ecclesiastici, invocazioni o aspirazioni verso un «braccio secolare» interveniente a mantenere l'unità della fede, manifestate fra noi anche recentemente da voci considerate assai autorevoli. Una concezione simile richiede semplicemente un regime di legale e legalmente protetta libertà; e conferma pertanto in pieno ciò che altra volta abbiamo scritto su queste colonne: la difesa della libertà e della democrazia é anche la salvaguardia migliore degli interessi religiosi e morali. Quanto é accaduto e accade al di là della cortina di ferro é la riprova di fatto di questa verità fondamentale. S'intende bene che la difesa della libertà e della democrazia noi non la chiediamo all'apostolato dei laici e all'Azione cattolica. Ci auguriamo invece che l'uno e l'altra si ispirino, sempre e dappertutto, ai principe formulati in questo solenne convegno, secondoché abbiamo fedelmente riferito qui sopra. E siamo sicuri che in tal caso si avrà armonia di spiriti e concordanza di interessi fra società religiosa e società civile ».
L'avvocato Veronese ebbe anche a dichiarare che non s'intendeva affatto ist[...]

[...]sì talune Federazioni particolari, principale quella degli intellettuali e degli studenti cattolici (« Pax Romana »).
* * *
E interessante confrontare con queste manifestazioni del Congresso l'allocuzione pronunciata, la domenica 14 ottobre 1951, subito dopo la chiusura del congresso, dal Santo Padre, nell'udienza solenne data ai membri del congresso medesimo. Questo discorso (in francese) di Pio XII é uno dei suoi migliori, per limpidità e vivacità di esposizione.
V'é, naturalmente, una consonanza generale (talora anche di formule e di parole) con affermazioni fondamentali fatte al congresso: unità mistica in Cristo dei membri della Chiesa; distinzione, collaborazione e subordinazione fra laicato e clero. Non vi
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troviamo invece quell'insistenza, che abbiamo riscontrato al Congresso, sulla formazione individuale, sulla vita spirituale personale, anche se accenni non mancano. L'accento é portato sulle relazioni fra l'apostolato laico e la società, insieme con una distinzione di grande interesse fra detto apostolato in senso generico, e la più specifica Azione cattolica.
Il pontefice incominciò con uno schizzo storico dell'apostolato laico nei tempi moderni. In esso egli prese posizione contro l'idea
assai diffusa che negli ultimi quattro secoli diciamo, dalla Con
troriforma in poi — la Chiesa sarebbe divenuta estremamente o clericale ». Al contrario: «é dal Concilio di Trento in poi che il laicato ha preso rango ed ha progredito nell'attività apostolica ». Constataz[...]

[...] in poi che il laicato ha preso rango ed ha progredito nell'attività apostolica ». Constatazione esatta, e tuttavia non completamente confutatrice della tesi tc laica » impugnata dal Pontefice: in quanto che precisamente quel «prender rango» del laicato successe a un'attività più varia, più disordinata se si vuole, ma anche più libera, del popolo cristiano nelle età anteriori.
Ma dove il pontefice entrò nel vivo dell'argomento, e individuò efficacemente uno svolgimento fondamentale per il cattalicismá, fu nel tratto seguente. Prima della rivoluzione francese — disse Pio XII — esisteva fra Chiesa e Stato una stretta unione, sul terreno comune della vita pubblica. Grazie a ciò, e alla generale atmosfera cristiana risultante, non occorreva allora tutto il lavoro odierno del clero e dei laici per la salvaguardia e il valore pratico della fede. Alla fine del secolo XVIII, la costituzione degli Stati Uniti d'America e la rivoluzione francese concorsero, per vie diverse, a porre fra Chiesa e Stato un distacco che — anche quando non ha portato[...]

[...]e — disse Pio XII — esisteva fra Chiesa e Stato una stretta unione, sul terreno comune della vita pubblica. Grazie a ciò, e alla generale atmosfera cristiana risultante, non occorreva allora tutto il lavoro odierno del clero e dei laici per la salvaguardia e il valore pratico della fede. Alla fine del secolo XVIII, la costituzione degli Stati Uniti d'America e la rivoluzione francese concorsero, per vie diverse, a porre fra Chiesa e Stato un distacco che — anche quando non ha portato a un regime istituzionalmente separatistico —, ha posto la Chiesa nella necessità di «provvedere con mezzi propri ad assicurare la sua azione, l'adempimento della sua missione, la difesa dei suoi diritti e della sua libertà ». Questa fu l'origine di quelli che si chiamano i movimenti cattolici, i quali, sotto la condotta di preti e di laici, trascinano, con la forza dei loro effettivi compatti e della loro fedeltà sincera, la gran massa dei credenti al combattimento e alla vittoria.
Il tracciato storico é esatto: la prospettiva ricavatane dal Pon
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[...]—, ha posto la Chiesa nella necessità di «provvedere con mezzi propri ad assicurare la sua azione, l'adempimento della sua missione, la difesa dei suoi diritti e della sua libertà ». Questa fu l'origine di quelli che si chiamano i movimenti cattolici, i quali, sotto la condotta di preti e di laici, trascinano, con la forza dei loro effettivi compatti e della loro fedeltà sincera, la gran massa dei credenti al combattimento e alla vittoria.
Il tracciato storico é esatto: la prospettiva ricavatane dal Pon
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tefice per l'« apostolato laico » é alquanto differente da quella dominante al Congresso. Ciò apparirà più chiaro riconnettendo questa prima parte del (( messaggio» pontificio con l'ultima, in cui si parla de « il lavoro pratico che l'apostolato dei laici ha compiuto e compie attraverso il mondo intero in tutti i domini della vita umana individuale e sociale D. A proposito di tale lavoro, delle cui specie diverse è fatta una lunga enumerazione, Pio XII credeva di potersi felicitare con i congressisti «della vostr[...]

[...]dibattono e si dettano le leggi di più alta portata, come quelle riguardanti il matrimonio, la famiglia, il fan ciullo, la scuola... Possono esse lasciare indifferente, apatico, un apostolo? ». E qui, richiamando dichiarazioni sue precedenti, Pio XI giunge ad affermare che pur non dovendo entrare l'A. C. nella lizza dei partiti, « sarebbe biasimevole di lasciare libero il campo, per la direzione degli affari dello stato, agli indegni e agli incapaci D.
Qui, evidentemente, siamo al di là — molto al di là — di quelle idee di influenza consequenziale, di penetrazione morale, per la modificazione in meglio e la trasformazione della società civile e politica, di cui abbiamo inteso parlare al Congresso. All'efficacia indiretta, al risultato obbiettivo terreno dell'opera soprannaturale — il « soprappiù "» data, secondo il Vangelo, a chi cerca il regno di Dio — subentra qui l'azione diretta, il proposito preventivo, 1'« interventismo» politicosociale; anche se, prudentemente, il pontefice aggiunge che «é difficile formulare su questo punto una regala uniforme per tutti ».
Questi ammonimenti del pontefice sui pericoli di ogni concezione (( puramente religiosa » dell'Azione cattolica, non erano sulla
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sua bocca cosa nuova. Già quattro anni innnanzi, per due volte nel corso di otto me[...]

[...]ice sui pericoli di ogni concezione (( puramente religiosa » dell'Azione cattolica, non erano sulla
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sua bocca cosa nuova. Già quattro anni innnanzi, per due volte nel corso di otto mesi, Pio XII aveva manifestato la stessa preoccupazione. Parlando il 22 gennaio 1947 ad alcune centinaia di signore e signorine aderenti ai gruppi di « rinascita cristiana» — un movimento o una organizzazione cattolica italiana di cui non ci é accaduto in seguito di sentir menzione — egli aveva affermato risolutamente che «il voler tirare una netta linea di separazione tra religione e vita, tra soprannaturale e naturale, tra Chiesa e mondo, come se non avessero nulla a che fare tra loro, come se i diritti di Dio non avessero valore in tutta la multiforme realtà della vita quotidiana, umana e sociale, é completamente alieno dal pensiero cattolico, é apertamente anticristiano ». Aveva soggiunto che quanta più « oscure potenze » osi sforzano di bandire la Chiesa e la religione dal mondo e dalla vita, tanto più é necessaria da parte della[...]

[...] tra Chiesa e mondo, come se non avessero nulla a che fare tra loro, come se i diritti di Dio non avessero valore in tutta la multiforme realtà della vita quotidiana, umana e sociale, é completamente alieno dal pensiero cattolico, é apertamente anticristiano ». Aveva soggiunto che quanta più « oscure potenze » osi sforzano di bandire la Chiesa e la religione dal mondo e dalla vita, tanto più é necessaria da parte della Chiesa stessa un'azione tenace, perseverante, per riconquistare e sottomettere tutti i campi del vivere umano al soavissimo impero di Cristo, affinché il suo spirito vi aliti piú largamente, la sua legge più sovranamente vi regni, vi trionfi più vittoriosamente il suo amore. Ecco ciò che si deve intendere per Regno di Cristo ». E subito dopo aveva bruscamente denunziato come «disertori in coscienti o illusi coloro i quali, in omaggio a un malinteso supernaturalismo, vorrebbero ridurre la Chiesa nel campo `puramente religioso', come essi dicono, mentre con ciò non fanno che favorire il giuoco dei suoi avversari». E I'll se[...]

[...]iesa nel campo `puramente religioso', come essi dicono, mentre con ciò non fanno che favorire il giuoco dei suoi avversari». E I'll settembre 1947, alle delegate della o Unione internazionale delle Leghe femminili cattoliche », aveva insistito (traduciamo qui di nuovo dal francese):
Sotto colore di difendere la Chiesa contro il rischio di smarrirsi nella sfera del `temporale', una parola d'ordine, lanciata da qualche diecina d'anni, continua ad accreditarsi nel mondo: quella del ritorno allo `spirituale puro'. E con ciò s'intende di confinarla rigorosamente sul terreno strettamente dommatico: l'offerta del Santo Sacrificio, l'amministrazione dei sacramenti, interdicendole ogni incursione, e perfino ogni diritto di esame, sul dominio della vita pubblica, qualsiasi intervento nell'ordine civile e sociale... Pareille vivisection est tout simplement anticatholique ».
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Occorre appena spiegare, per chi ha una qualche conoscenza di storia ecclesiastica, che simili affermazioni di papa Pacelli sono sulla linea tradizionale del cattolicismo romano (per quello grecoortodosso é un altro affare: e ciò spiega la facilità con cui la Chiesa russa ha fatto pace e alleanza col governo sovietico). All'indomani dei patti lateranensi io ebbi ad avvertire (cito da La Chiesa e il Mondo, Roma, 1948, p. 163 s.) « i termini errati nei quali é posto generalmente il problema delle relazioni fra la Chiesa (Cattolica) e lo Stato. Quasi tutti (comprendendo in questi «tutti» anche gli specialisti) sono ipnotizzati dalla visione di due entità di natura non soltanto diversa, ma opposta. La coppia Chiesa Stato viene identificata con quelle religionepolitica, coscienza intima e legge, spirito e materia. Ma la Chiesa cattolica romana ha ricusato sempre, e continua og[...]

[...]mbre 1925 (cioè pochi giorni avanti la chiusura dell'Anno Santo), egli precisò che a CristoUomo si doveva rivendicare il nome e il potere di re nel vero senso della parola, con la triplice potestà legislativa, giudiziaria, esecutiva, e il relativo potere su tutte le cose temporali, secondo il diritto assoluto concessogli dal Padre sulle
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cose create, di cui Egli permette l'uso ai possessori. Il principato del Redentore abbraccia tutti gli uomini, non i soli cattolici o cri
stiani; e non solo gli individui singoli, ma anche gli uomini con
giunti in società. Perciò i governi debbono prestargli riverenza e obbedienza, mentre dal riconoscimento della regia potestà di Cristo essi trarranno la consacrazione della loro autorità esercitata per mandato del re divino. Con questo riconoscimento della rega
lità di Cristo tutto il genere umano sarà affratellato e regnerà la pace fra i popoli. L'istituzione di una festa particolare per celebrare la regalità di Cristo servirà da antidoto a o la peste dell'età nostra, il laicismo ». Questo incominciò col negare l'impero di Cristo su tutte le genti; si negò quindi alla Chiesa il diritto — che scaturisce da quello stesso di Cristo — di ammaestrare il genere umano, dar leggi, governare i popoli per condurli alla beatitudine eterna. Dalla nuova festa di Cristo re il pontefice si riprometteva che gli uomini si rammenterebbero essere la Chiesa società perfetta, richiedente piena libertà e indipendenza dal potere civile nell'[...]

[...] Cristo e di prestargli obbedienza non riguarda solo i privati, ma i magistrati e i governi.
All'ammonimento, si può giurare, governi e popoli non prestarono nessuna attenzione; e la quasi totalità dei fedeli, per primi, non comprese il significato della nuova festa, anche perché non lesse l'enciclica. Dicendo che Cristo era il reggitore dell'umanità non solo spirituale, ma temporale, e la Chiesa l'organo di questo suo reggimento, il pontefice faceva della regalità di Cristo il titolo giuridico per il governo della Chiesa sul mondo, e riprendeva in altri termini l'Unam Sanctam di Bonifacio VIII.
Pio XII, come si é detto, continua logicamente, coerentemente, Pio XI; e le dichiarazioni di lui che abbiamo esaminato testé ne sono la prova. In quanta all'attuazione pratica, però, passa una differenza notevole fra i due pontificati. Qui occorre rifarsi indie
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tro, tentando un breve schizzo di storia politicoecclesiastica del cinquantennio.
La successione, nel 1903, di Pio X a Leone XIII — il cui pontificato aveva raggiunto e superato i leggendari «annos Petri» — é forse il caso più favorevole per quello schema dell'alternanza fra papa politico e papa religi[...]

[...]cclesiastica del cinquantennio.
La successione, nel 1903, di Pio X a Leone XIII — il cui pontificato aveva raggiunto e superato i leggendari «annos Petri» — é forse il caso più favorevole per quello schema dell'alternanza fra papa politico e papa religioso il quale ebbe gran voga nel primo venticinquennio del nostro secolo. Ho detto altrove, più volte (particolarmente in «Ricerche religiose », 1949, pp. 163164), in che limiti la distinzione sia accettabile. Essa non implica che un papa «religioso» non tocchi a materie e interessi politici: cosa impossibile, dato l'intreccio dei rapporti sociali umani, e in particolar modo dato il carattere del pontificato romano. Significa invece, quella distinzione, che il papa religioso si comporterà, toccando il terreno dei rapporti con l'autorità civile, in modo diverso dal papa o politico ». La diversità potrà anche sboccare in una maggiore decisione, in una più spiccata intransigenza, in una «totalitarietà ». Ci potrà essere, sotto il papa «religioso », maggiore probabilità di conflitto fra Chies[...]

[...]la Chiesa. La figura attende ancora chi la ritragga «in piedi », come l'opera non ha ancora avuto il suo storico. Leone XIII aveva mirato a
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rimettere in contatto la Chiesa col mondo mediante un'opera paziente e pieghevole di adattamento; aveva voluto far riprendere
al papato la partecipazione — egli, anzi, aveva sognato: la dire zione — nella vita internazionale. Pio X fece opera tutta contraria: lavorò a concentrare, a raccogliere in se stesso, ad isolare (potremmo dire) il cattolicesimo. Concentration et défense catholiques: con queste parole fu esattamente definita l'opera sua.
A Leone XIII non meno che a Pio XI spetterebbe il titolo di papa dell'Azione Cattolica. Potremmo dire che il primo é stato il fondatore, il secondo il restauratore (e il terzo, papa Pacelli, il trasformatore). L'« Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici rappresenta la prima organizzazione dell'Azione cattolica: si può in proposito consultare con profitto il libro del De Rosa, presso Laterza, L'Azione cattolica. Storia politica dal 1874 al 1904. L'a Opera dei Congressi » rispondeva piuttosto al principio, vigorosamente riaffermato adesso da Pio XII, dell'espansione della Chiesa dal santuario nel mondo civile, che non a quello dell'« apostolato laico» quale abbiamo visto predominare nel congresso omonimo. L'a Opera» — il cui titolo burocratico trovò censure nel campo dell[...]

[...]no alla botte ». Un metodo simile era inconcepibile per Papa Sarto, e per il suo alto consigliere ed esecutore, Merry del Val. Di fronte alla penetrazione democristiana nell'o Opera », largamente effettuatasi sotto il successore di Paganuzzi, il Grosoli, Papa e Segretario di Stato impugnarono la
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spada recidente i nodi gordiani. L'Opera dei Congressi nel luglio 1904 fu sciolta, e sostituita da tre organizzazioni separate, facenti tutte capo direttamente alla Curia romana e da essa rigidamente controllate; Unione popolare (aspirante a imitare il « Volksverein della Germania cattolica); Unione economicosociale; Unione elettorale cattolica. Guardando alla situazione di oggi, potremmo dire che alle tre corrispondono rispettivamente l'Azione cattolica propriamente detta, le ACLI, i Comitati civici.
Il concetto direttivo della demolizione e ricostruzione piana fu che la politica dovesse essere rigorosamente esclusa dall'attività delle organizzazioni cattoliche, mentre l'azione sociale doveva tenersi totalmente immune da tendenze demosocialistiche. I democratici cristiani in parte (la maggiore) si sottomisero, in parte tentarono una organizzazione politica autonoma, che fu messa al ban do dal pontefice (Murri venne scomunicato), e si dissolse.
A questa contrazione ed epurazione dell'Azione cattolica, operata da Pio X e Merry del Val, corrispose la lotta a fondo ant[...]

[...]orrispondenza romana n e con una trama organizzativa che poteva dirsi una specie di massoneria clericale. Ma corrispose anche l'alleanza politica in Italia fra cattolici e moderati, estensione di quella amministrativa, con sospensione del «non expedit» caso per caso: sospensione attuata assai parzialmente nelle elezioni del 1904 e sistematicamente nel 1913 (Patto Gentiloni). Altrove, in Francia, l'alleanza si spinse fino a un quasiconnubio con l'Action Française, il cui campione Maurras fu protetto da Pio X con la non pubblicazione della condanna da parte della Congregazione dell'Indice (gennaio 1914) di sette opere sue, nonché del quindicinale « L'Action française ».
L'avvento di Benedetto XV segnò una reazione all'« integrali
»: in quanto all'Azione cattolica, papa Della Chiesa lasciò formalmente le cose come stavano, e l'« Unione popolare» seguitò a vivacchiare; ma le altre due organizzazioni piane cessarono di
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fatto di esistere, data la nuova presenza della Confederazione italiana dei lavoratori (Confederazione « bianca ») — fondata formalmente nel 1918, ma avviata da molti anni prima dalle Leghe del lavoro cattoliche —, e del Partito popolare italiano, fondato nel gennaio 1919. Quest'ultimo raccolse sotto D. Sturzo, coi debiti adattamenti, l'eredità della democrazia cristiana murriana.
Il manifesto di fondazione del P.P.I. è del 18 gennaio 1919; il 30 gennaio usci il manifesto programmatico della riorganizzata «Unione popolare », presidente il Dalla Torre, passato poi alla direzione dell'Osservatore Romano. Era il tentativo di affermazione dell'Azione cattolica, distinta nettamente da qualsiasi partito politico (compreso il P.P.I.), come attività sociale cattolica secondo gli insegnamenti ecclesiastici e gli indirizzi della Santa Sede. L'anno dopo, il 29 aprile 1920, Benedetto XV d[...]

[...]iorganizzata «Unione popolare », presidente il Dalla Torre, passato poi alla direzione dell'Osservatore Romano. Era il tentativo di affermazione dell'Azione cattolica, distinta nettamente da qualsiasi partito politico (compreso il P.P.I.), come attività sociale cattolica secondo gli insegnamenti ecclesiastici e gli indirizzi della Santa Sede. L'anno dopo, il 29 aprile 1920, Benedetto XV disse ai congressisti dell'Unione popolare che solo questa faceva cc azione cattolica », mentre altre attività potevano essere «azione di cattolici »: chiara allusione alla C.I.L. e al P.P.I.
Sotto Benedetto XV, tuttavia, le relazioni — che di fatto non potevano mancare — col P.P.I., furono buone, pur mantenendosi la distinzione: e il principio di riorganizzazione dell'Azione, cattolica non trasse l'Unione popolare dall'ombra in cui l'avevano relegata le due istituzioni, politica e sindacale, « di cattolici ». La situazione cambia con Pio XI, concorrendovi in uguale o disuguale misura le tendenze del nuovo pontefice e gli avvenimenti politici italiani.
Pio XI, per mentalità e per carattere, aveva più di una affinità con Pio X; era tuttavia più «politico» e più colto di lui, e soprattutto al posto del pessimismo «contrattile» di papa Sarto portava un ottimistico espansionismo: rassomigliando piuttosto, per questo lato, a Leone XIII. Un tale stato di spirito ci sembra di ritrovare nella sua enciclica sulla Regalità di Cristo, che era potenzialmente (come si é accennato) tutto u[...]

[...] gli avvenimenti politici italiani.
Pio XI, per mentalità e per carattere, aveva più di una affinità con Pio X; era tuttavia più «politico» e più colto di lui, e soprattutto al posto del pessimismo «contrattile» di papa Sarto portava un ottimistico espansionismo: rassomigliando piuttosto, per questo lato, a Leone XIII. Un tale stato di spirito ci sembra di ritrovare nella sua enciclica sulla Regalità di Cristo, che era potenzialmente (come si é accennato) tutto un programma di politica ecclesiastica.
Se per Benedetto XV l'Azione cattolica doveva mantenersi
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nettamente distinta dal P.P., ma senza nessuna, ostilità, per Pio XI questo partito sembra aver fatto figura di «terzo incomodo ». Gli interessi cristiani, l'espansione cattolica dovevano essere tutelati e promossi dall'Azione cattolica, cioè dalla Santa Sede e dall'episco pato, e da questi soltanto. I concorsi necessari sul terreno politico propriamente detto Pio XI li ricercava piuttosto, secondo le sue tendenze conservatrici e autoritarie, nell'intesa dire[...]

[...]ffensiva, pertanto, del fascismo giunto al potere contro il P.P. lo lasciò indifferente; e D. Sturzo fu pregato a un certo momento — anzi, in due momenti consecutivi — di trarsi di mezzo, per non recare danno alla religione e imbarazzi alla Santa Sede.
Dopo la soppressione delle libertà pubbliche, a cui il pontefice aveva assistito (per quanto possiamo giudicare da certi suoi atteggiamenti) con neutralità benevola, per non dire con qualche compiacenza, Papa Ratti giunse a concludere — in un triennio di approcci e di trattative iniziate, sospese e riprese — i Patti del Laterano; e la conclusione gli ispirò, insieme a qualche parola cruda all'indirizzo del prostrato liberalismo, il saluto all'uomo tc che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare D. L'art. 1 dello Statuto, riesumato e incluso nel Trattato, le trasformazioni cattoliche in certi istituti statali, anche fondamentali, e — last not least, davvero — la libertà e protezione legale assicurata all'Azione Cattolica gli parvero arra sicura per l'applicazione almeno in Italia del suo pro[...]

[...]uso nel Trattato, le trasformazioni cattoliche in certi istituti statali, anche fondamentali, e — last not least, davvero — la libertà e protezione legale assicurata all'Azione Cattolica gli parvero arra sicura per l'applicazione almeno in Italia del suo programma di riconquista della società a Cristo e alla Chiesa.
Si vide ben presto l'incertezza di questa situazione ecclesiastica, riposante in sostanza su una carta «octroyée », cioè sul beneplacito di un regime discrezionale. E l'incertezza sboccò nel conflitto aperto, precisamente per l'Azione cattolica. Era questa l'unica forza sociale, organizzata indipendente che rimanesse in Italia fuori dell'ambito del fascismo. Appena essa accennò ad uscire, dalle chiese, dalle sagrestie, dai circoli edificanti e ricreativi, per agire nel mondo secondo le esigenze costituenti, all'occhio del pontefice, la sua stessa ragion d'essere, il fascismo reagì, secondo la sua natura, con la forza brutale. Il pontefice nell'enciclica «Non abbiamo bisogno» del 29 giugno 1931, prese posizione aperta contro pro
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cedimenti e principi fascisti; ma protestò anche allora di non voler condannare il partito e il regime come tali. L'accordo del 2 settembre 1931, terminante il conflitto, rappresentò una sostanziale vittoria fasci[...]

[...]ircoli edificanti e ricreativi, per agire nel mondo secondo le esigenze costituenti, all'occhio del pontefice, la sua stessa ragion d'essere, il fascismo reagì, secondo la sua natura, con la forza brutale. Il pontefice nell'enciclica «Non abbiamo bisogno» del 29 giugno 1931, prese posizione aperta contro pro
98 LUIGI SALVATOAELLI
cedimenti e principi fascisti; ma protestò anche allora di non voler condannare il partito e il regime come tali. L'accordo del 2 settembre 1931, terminante il conflitto, rappresentò una sostanziale vittoria fascista. L'A.C. era mantenuta, ma ne veniva allentata l'organizzazione nazionale e delimitata strettamente l'attività entro il campo puramente religioso, secondo il criterio che abbiamo inteso ripudiare da Pio XII. Due punti sottolinearono questa vittoria fascista: l'impegno di escludere dai dirigenti dell'A.C. coloro che avessero appartenuto a partiti avversi al regime; e il non aver rinnovato il pontefice le obbiezioni contro il giuramento delle organizzazioni giovanili. Rimaneva per il pontificato il vantaggio di aver mantenuto sostanzialmente i quadri dell'A.C., che a suo tempo avrebbero giovato per la ripresa in pieno non solo di questa, ma della D.C. Negli anni di buone relazioni che seguirono fin quasi alla vigilia della guerra — fra i due poteri, quel vantaggio fu bilanciato, e probabilmente superato, dal pregiudizio proveniente alla Chiesa per fatto dell'ambiente «clericofascista» creatosi in Italia: commistione di ortodossia religiosa e di conformismo politico, rievocante i tempi di «Trono e Altare », ma senza il fondamento morale su cui aveva riposato quella antica associazione.
Negli ultimi anni di Pia XI tornò a manifestarsi un distacco f[...]

[...]uasi alla vigilia della guerra — fra i due poteri, quel vantaggio fu bilanciato, e probabilmente superato, dal pregiudizio proveniente alla Chiesa per fatto dell'ambiente «clericofascista» creatosi in Italia: commistione di ortodossia religiosa e di conformismo politico, rievocante i tempi di «Trono e Altare », ma senza il fondamento morale su cui aveva riposato quella antica associazione.
Negli ultimi anni di Pia XI tornò a manifestarsi un distacco fra la Chiesa o meglio, il pontefice personalmente — e il regime, distacco proveniente sostanzialmente dall'aver fatto il fascismo causa comune con il nazismo. Pio XI riaffermò l'opposizione di massima già formulata più volte contra i totalitarismi statali, ma adesso con aderenza assai più efficace alla situazione concreta. Rinacquero contrasti tra fascismo e A.C.
***
Questi contrasti rimasero lontani dalla gravita del conflitto del 1931: e a soffocarli contribuì la successione a papa Ratti di papa Pacelli, il quale desiderava vivamente la buona armonia col regime; e l'avrebbe desiderata anche con quello nazista, solo che Hitler ci avesse messo un po' di buona volontà (e non avesse scatenato la guerra).
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All'inizio, pertanto, del pontificato di Pio XII non ci furono novità sostanziali per l'Azione Cattolica: se mai, una accentuazione del suo carattere ecclesiastico e locale (cioè, estraneo alla politica). Le modifiche ai suoi statuti, apportate nell'estate del 1939 dalla commissione cardinalizia preposta all'A.C. da Pio XII — al posto dell'alta direzione personale tenuta dal suo predecessdre — sancivano una più diretta assunzione del governo dell'A.C. da parte dei vescovi per le singole diocesi, e dei parroci per le singole parrocchie, con una trasformazione profonda degli organi direttivi centrale e diocesani: scomparivano il presidente generale (laico) e i presidenti (laici) delle Giunte diocesane. In quanto alla Commissione cardinalizia — il cui segretario (ecclesiastico) assumeva il nome di direttore nazionale dell'A.C. —, essa si limitava alla nomina di certe cariche e all'emanazione eventuale di norme generali. Particolare caratteristico: alla «tessera» era sostituita la «pagella d'iscrizione », e gli «ascritti» prendevano íl posto dei « tesserati ». Se si legge con qualche attenzione il discorso del papa, il 4 settembre 1940 (l'Italia era entrata già in guerra), alle rappresentanze dell'Azione cattolica italiana, si avverte il carattere accentuatamente religioso, spirituale, trascendente della rappresentazione fatta dal pontefice dell'A.C.; nonché il vivo incitamento agli ascritti perché «rendano il debito rispetto e pre stino la leale e coscienziosa obbedienza alle Autorità civili e alle loro legittime prescrizioni », mentre di un'azione non diciamo politica, ma sociale (nel senso tecnico della parola), non é cenno.
Terminata la guerra, avviata e impiantata la riorganizzazione del paese, la scena cambia. Nel gennaio '46 una commissione episcopale, con a capo il patriarca di Venezia, card. Piazza, viene nominata dal Santo Padre per una nuova revisione degli statuti, che possiamo dire in senso inverso di quella del '39. Una cir[...]

[...] (nel senso tecnico della parola), non é cenno.
Terminata la guerra, avviata e impiantata la riorganizzazione del paese, la scena cambia. Nel gennaio '46 una commissione episcopale, con a capo il patriarca di Venezia, card. Piazza, viene nominata dal Santo Padre per una nuova revisione degli statuti, che possiamo dire in senso inverso di quella del '39. Una circolare della Direzione generale del 14 aprile 1946 indica una serie di postulati dell'A.C. in rapporto con la preannunciata nuova co stituzione dello stato italiano: la posizione del cattolicismo nella nazione, le relazioni fra Chiesa e Stato, la famiglia e la scuola, la politica sociale, quella internazionale, formano la materia di questi postulati. E alla fine si avverte che nella gara dei program
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mi politici «é doveroso dare la preferenza alla corrente che per il contenuto del suo programma e per le persone che lo sostengono offre le migliori garanzie di attuare una costituzione coerente con i principi cattolici ». Era con ciò stabilito il rapporto di ap[...]

[...]a, la politica sociale, quella internazionale, formano la materia di questi postulati. E alla fine si avverte che nella gara dei program
100 LUIGI SALVATORELLI
mi politici «é doveroso dare la preferenza alla corrente che per il contenuto del suo programma e per le persone che lo sostengono offre le migliori garanzie di attuare una costituzione coerente con i principi cattolici ». Era con ciò stabilito il rapporto di appoggio e di controllo fra A.C. e D.C.
Il 12 ottobre 1946 — istituita già la repubblica, eletta ed entrata in funzione la Costituente — Pio XII nominò le cariche direttive dell'Azione cattolica italiana. Avv. Vittorino Veronese, Presidente Generale (con due vicepresidenti generali, maschile e femminile); prof. Luigi Gedda, Presidente centrale dell'Unione Uomini di A. C.; dott. Maria Rimoldi, Presidente centrale dell'Unione Donne di A.C.; prof. Carlo Carretto, Presidente centrale della Gioventù maschile di A.C.; prof. Carmela Rossi, presidente centrale della Gioventù femminile di A.C.; sig. Carlo Moro, Presidente centrale degli Universitari di A.C.; sig.na Piera Lado, Presidente centrale delle Universitarie di A.C.; prof. Giov. Batt. Scaglia, Presidente centrale del Movimento Laureati di A.C.; sig. Corrado Corghi, Presidente centrale del Movimento Maestri di A.C.
Questa enumerazione servirà a spiegare la struttura «orizzontale» dell'A.C. italiana, mentre quella verticale l'abbiamo indicata già: centrale, diocesana, parrocchiale. E qui sia accennato brevemente come la struttura più organica e unificata dell'A.C. é appunto quella italiana. Negli altri paesi l'aspirazione della S. Sede era di arrivare a una organizzazione unitaria pienamente equivalente; ma questa aspirazione si é realizzata in modo e misura assai diversi da un paese all'altro, e perfettamente forse in nessuno. I più distanti ne rimangono, crediamo, Francia e Germania, ove la molteplicità e l'autonomia delle precedenti organizzazioni hanno radici più salde. A voler dare maggiori particolari, occorrerebbe poco meno di un altro articolo, con poca utilità per lo scopo di orientamento generale.
Con la riorganizzazione del 1946, l'Azione c[...]

[...]ione cattolica italiana riprendeva e perfezionava la fisionomia che Pio XI aveva voluto darle: fisionomia di cui sono tratti essenziali l'alto personale dirigente laicale e la stretta dipendenza dalla Santa Sede, due tratti
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non contrastanti (come' potrebbe sembrare a prima vista), ma concorrenti.
Le diverse associazioni nazionali — Uomini cattolici, Giovani cattolici, etc. — formanti tutte insieme il corpo unitario dell'A.C. italiana, mantennero anche sotto Pio XII (se non andiamo errati), e anche dopo la riorganizzazione ultima del 1946, un grado notevole di autonomia (ciò vale ancora di p,iù per la A.C. degli altri paesi, come si è già accennato). La Presidenza Generale,. cioè, sotto il Veronese, si poteva ancora considerare un organo di collegamento e coordinamento superiori, piuttosto che di suprema direzione autoritaria. Questo stato di cose appare notevolmente cambiato da quando al Veronese è successo, al principio del 1952, il Gedda. Il cambiamento avvenne, come si vede, appena qualche mese dopo il Congresso internazionale dell'Apostolato laico su cui ci siamo fermati al principio di quello studio. Mostrammo già una certa differenza di orientamento fra il Congresso medesimo (o almeno la sua maggioranza) e il discorso del [...]

[...]l Gedda in poi, l'ingerenza nella vita politica ita liana dell'Azione cattolica, o di taluni organi e istituti connessi di fatto con essa (e di cui adesso diremo), si è vista intensificata: basti ricordare il caso tipico delle ultime elezioni amministrative romane. In quanto alla maggiore centralizzazione autoritaria da parte del Gedda, ne è una controprova il congedo, dal pasto di presidente degli Uomini cattolici, del Carretto, non in perfetto accordo col Gedda medesimo.
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Dall'unificazione e accentramento sotto la presidenza generale dell'Azione cattolica delle diverse forze e organizzazioni di azione cattolica rimangono tuttora formalmente fuori l'organizzazione e azione politica e quella sindacale, prese l'una e l'altra nel senso stretto, tecnico della parola: né potrebbe essere altrimenti, per ovvie ragioni. Sono, però, sorte due organizzazioni — al tempo della presidenza Veronese, ma nello spirito della posteriore presidenza Gedda — le quali provvedono alla lacuna, esercitando dal di fuori una influenza diretta sui due campi, e sulle « orga nizzazioni di cattolici» che in essi si muovono. Esse sono le ACLI (u Associazioni cristiane dei lavoratori italiani ») e i Comitati civici. Le prime sono rispetto alla CISL (« Confederazione italiana dei Sindacati liberi ») quello che i secondi sono rispetto alla D.C.
Le ACLI sorsero nel seconda semestre del 1914, contemporaneamente alla fondazione della CGIL, cioè del sindacalismo italiano unitario che prese, nel nuovo regime di libertà, il posta del sindacato unico fascista. E dalle ACLI, o da chi le ispirava e controllava, venne la spinta allo scioglimento dell'unità sindacale, avvenuto nel luglio 1948.
Fu questo un esercizio di influenza «terrestre» veramente capitale. Tuttavia, nell'insieme, ci sembra di pater affermare che le ACLI, pure occupandosi di questioni economicosociali ed esercitando un alto controllo sulla CISL, hanno lasciato quest'ultima — che non é confessionale — abbastanza libera nella sua azione sindacale propriamente detta; e ciò per deliberato proposito.
Un proposito analogo sarebbe assai più azzardato affermarlo rispetto ai Comitati civici. Essi fecero la loro prima comparsa nella vita pubblica — mantenendosi tuttavia nell'ombra, da cui ancora oggi non sono usciti completamente — nelle elezioni politiche del 1948, come organo essenzialmente di propaganda elettorale. Dopo di allora, si occuparono sistematicamente, e sempre più apertamente, delle elezioni amministrative, nei loro diversi turni; e il Gedda, loro capo di fatto — non conosciamo con esattezza la situazione di diritto, sempre [...]

[...]n partito e tutti lo sanno. Ma sono un'associazione di attività politica che hanno il diritto di esprimersi sui fenomeni che avvengono nel settore civico ». Tale diritto, seguitava il Gedda, sarebbe stato esercitato in futuro più di quel che fosse stato in passato, perché di veniva sempre più un dovere. Era il programma esplicito di un superpartito politico confessionale.
Questa manifestazione del Gedda — divenuto solo pochi mesi dopo capo dell'A.C. — e quanto l'ha seguita fino ad oggi nel campo di Azione cattolica, rappresentano attualmente la fase acuta di due questioni politicoreligiose fondamentali. Con la loro formulazione termineremo, avvertendo che si tratta di questioni permanenti, là dove il cattolicismo é la religione predominante: e cioè, non solubili in maniera definitiva, e che a nulla servirebbe affrontare con semplici espedienti, giuridici, o esaminare con disposizioni di spirito iconoclastiche, anche se di fronte a una di esse la società civile non possa adottare la politica dello struzzo.
La prima è quella delle relazioni fra Stato e Chiesa, in, regime di democrazia; e cioè, la questione dell'equilibrio fra i principi di l[...]



da Tino Ranieri, Il documentario difficile in KBD-Periodici: Calendario del Popolo 1967 - numero 269 - marzo

Brano: [...]egoria (a Diario di bordo di Ansano Giannarelli e Piero Nelli). Centoventi premi annuali di qualità attendono di essere offerti dalle apposite commissioni di Stato ai saggi migliori. Il MIFED alla Fiera di Milano ha la sua brava sezione riservata al documentario. Padova ha la sua mostra del film scientifico, che è evidentemente documentario. Este ha il suo convegno sul filminchiesta, che è evidentemente docu mentario. All'estero le rassegne di Cracovia e Bilbao, Mannheim e Tours aspettano i nostri documentari. Si ha dunque l'impressione di parlare di qualche cosa di concreto.
Dov'è allora che la situazione si sfalda, sfuma, si imbroglia? Proprio dove dovrebbe invece consolidarsi: subito al di qua delle occasioni più o meno ufficiali, ossia 'quando il nostro documentario necessiterebbe di un suo mercato e di un preciso, diretto, costante rapporto col grande pubblico in pubblica sala. Agli spettatori — è vecchia storia — il documentario arriva malissimo: non selezionato, non sostenuto né dalla pubblicità né dalla critica, seguendo canali[...]

[...]solidarsi: subito al di qua delle occasioni più o meno ufficiali, ossia 'quando il nostro documentario necessiterebbe di un suo mercato e di un preciso, diretto, costante rapporto col grande pubblico in pubblica sala. Agli spettatori — è vecchia storia — il documentario arriva malissimo: non selezionato, non sostenuto né dalla pubblicità né dalla critica, seguendo canali misteriosi dei quali la produzione e l'esercizio hanno tutto l'interesse a tacere il tracciato. Così giocato allo sbaraglio il documentario è divenuto per molta parte del pubblico un pleonasmo sgradito, il convenzionale furto di dodici minuti. Lo spettatore protesta e non si può affermare che abbia torto. Soltanto, molte volte ignora che un prodotto migliore, un modo migliore di trascorrere quei do dici minuti avvicinandosi ad argomenti più importanti e meglio dibattuti ci sarebbe. In luogo dei documentari sdolcinatamente turistici o sfacciatamente pubblicitari che ci perseguitano (e che non di rado continuano a inseguirci, anche per anni, da un cinema all'altro) il frequentatore [...]

[...]to. Così giocato allo sbaraglio il documentario è divenuto per molta parte del pubblico un pleonasmo sgradito, il convenzionale furto di dodici minuti. Lo spettatore protesta e non si può affermare che abbia torto. Soltanto, molte volte ignora che un prodotto migliore, un modo migliore di trascorrere quei do dici minuti avvicinandosi ad argomenti più importanti e meglio dibattuti ci sarebbe. In luogo dei documentari sdolcinatamente turistici o sfacciatamente pubblicitari che ci perseguitano (e che non di rado continuano a inseguirci, anche per anni, da un cinema all'altro) il frequentatore della pubblica sala non rifiuterebbe probabilmente di conoscere, citiamo a caso, A cuore fermo, Sicilia di Gianfranco Mingozzi (premiato a Venezia), La camorra o Resistenza a Roma o La patria di marmo di Giuseppe Ferrara, La buona stagione di Renzo Renzi, Labanta negro di Piero Nelli, la coraggiosa indagine di Piero Livi e Aldo Serio sul banditismo sardo Il cerchio del silenzio, il film di Luigi De Sanctis sullo scandalo di Agri gento L'India è in Sic[...]

[...]Bizzarri, Gigi Di Gianni, Vittorio Armentano, Michele Gandin, Valentino Orsini, Andrea A. Frezza, Virgilio Tosi... Questi film sono là nelle loro custodie quadrate di metallo. Aspettano e il pubblico li aspetta. Qual è il diaframma?
Una situazione
di crisi
Come sempre in casi consimili la responsabilità risale a molti; come sempre, il fatto che risalga a molti non diluisce tale responsabilità. L'anno scorso la sezione documentaristi dell'A.N. A.C. ha pubblicato sull'argomento un Libro Bianco, che venendo praticamente a coincidere, o quasi, con l'entrata in vigore della nuova legge sul cinema ha destato un certo scalpore. In qúell'ampio rapporto sono ricostruiti i fatti che dal '45 in poi hanno mantenuto il documentario nazionale in uno stato di crisi permanente, ovvero i vari ordinamenti legislativi che, intesi teoricamente a creare « degli strumenti di infor mazione del pubblico e di formazione di nuovi quadri artistici », hanno perpetuato invece l'equivoco del documentario ibrido, a metà tra l'iniziativa privata e l'iniziativa statal[...]

[...]oco del documentario ibrido, a metà tra l'iniziativa privata e l'iniziativa statale, rivolto soprattutto ad assicurarsi nel minor tempo possibile i contributipremi stanziati dallo Stato e assegnati dai cosiddetti « comitati tecnici ». Tale prassi portò quasi subito, e marcatamente dopo il '49, quando le cose del cinema passarono in mano al ministro Andreotti, a una sfrenata corsa alla speculazione. Le case produttrici maggiori avevano stretto un accordo con distributori ed esercenti per l'abbinamento esclusivo
900
di Marzabotto. E' questo un esempio di documentario civilmente impegnato
Carlo di Carlo: La menzogna
dei documentari ai film di maggior incasso; al di fuori del « cartello » collocare un documentario era assolutamente illusorio, con la conseguenza che il piccolo produttore si vedeva obbligato a cedere il proprio film alle case del monopolio a prezzi irrisori. Uccisa così l'iniziativa indipendente, si puntava essenzialmente sulla quantità a scapito della qualità. Era l'epoca in cui il mercato veniva invaso da documentari sq[...]

[...]ncasso; al di fuori del « cartello » collocare un documentario era assolutamente illusorio, con la conseguenza che il piccolo produttore si vedeva obbligato a cedere il proprio film alle case del monopolio a prezzi irrisori. Uccisa così l'iniziativa indipendente, si puntava essenzialmente sulla quantità a scapito della qualità. Era l'epoca in cui il mercato veniva invaso da documentari squallidi e precipitosi, era l'epoca in cui i registi di stomaco forte giravano e montavano un cortometraggio in quarantott'ore; e conseguiva evidente da tali premesse che fossero. i galantuomini a fare anticamera o a vedersi respinti a margine: il giovane Maselli, il giovane Zurlini, il giovane Vancini. E' una politica siffatta che provoca in massima parte l'allontanamento del pubblico dal documentario.
La legge del '56 pone qua e là riparo ad alcuni inconvenienti, frena gli eccessivi incassi e si oppone all'andamento monopolistico della produzione, donando maggior respiro agli indipendenti. Ma gli esercenti sabotano i prodotti e non li proiettano, cont[...]

[...]er tutte il carro impantanato. Essa presenta — sulla car ta — alcune innovazioni di buona volontà: la votazione comparativa dei film a cura delle commissioni, la pubblica proiezione delle opere concorrenti, l'assegnazione non obbligatoria dei 120 premi ecc., provvedimenti che dovrebbero volgere in definitiva a favore della qualità. Tutte belle cose. All'atto pratico comunque siamo ancora ben lontani dal toccare con mano gli eventuali benefici, giacché a distanza di quasi un anno e mezzo dall'andata in vigore della legge Corona tutto è fermo sul fronte dei cortometraggi. Lo segnala con qualche preoccupazione, nei suoi ultimi numeri, il Giornale dello Spet tacolo: « L'ammissione ai benefici di legge dei documentari per il 1° trimestre del 1965 è tuttora bloccata. La Commissione, dopo aver visionato tutti i cortometraggi in concorso, deve ancora procedere alle determinazioni conclusive, anche per quanto concerne la graduatoria, ma non ha potuto riunirsi per impedimenti di vari membri residenti fuori Roma. Ne consegue... che non esiste attualmente sul mercato nazionale alcuna disponibilità di documentari validi ai fini della programmazione obbligatoria e dell'acquisizione degli abbuoni erariali, salvo i sei prodotti dall'Istituto Luce per conto di En[...]

[...]er il 1° trimestre del 1965 è tuttora bloccata. La Commissione, dopo aver visionato tutti i cortometraggi in concorso, deve ancora procedere alle determinazioni conclusive, anche per quanto concerne la graduatoria, ma non ha potuto riunirsi per impedimenti di vari membri residenti fuori Roma. Ne consegue... che non esiste attualmente sul mercato nazionale alcuna disponibilità di documentari validi ai fini della programmazione obbligatoria e dell'acquisizione degli abbuoni erariali, salvo i sei prodotti dall'Istituto Luce per conto di Enti pubblici... ».
I limiti
della nuova legge
In poche righe il comunicato ci fa intendere che parecchie enormità non sono dunque affatto scomparse. Ed è chiaro che le more di legge tornano a tutto vantaggio dei profittatori di ieri, i quali si preparano — già si son preparati — a gabbare il santo per l'ennesima volta. Un esempio per tutti. Pareva che con la soppressione dei contributi erariali ai cinegiornali, questa fu
tre
nesta categoria dovesse scomparire dalle pubbliche sale a vantaggio del docum[...]

[...]erariali ai cinegiornali, questa fu
tre
nesta categoria dovesse scomparire dalle pubbliche sale a vantaggio del documentario; già infatti s'erano verificate le prime chiusure nel settore. Senonché la nuova legge prevede la cumulabilità per l'esercente delle riduzioni fiscali sui cinegiornali d'attualità (2% ) con quelle sui documentari (3%). I grossi produttori si lanciano a coltivare nuovi cinegiornali — sempre più gonfi di pubblicità, com'è facile controllare — offrendo in più all'esercizio vecchi documentari già muniti della programmazione obbligatoria, i quali diventano in tal modo soltanto veicoli di speculazione per far godere agli esercenti le percentuali conglobate. Questa oggi l'umiliante funzione cui adempiono molti dei documentari che ci capita di vedere. O che magari non vediamo, perché facendo la cosa anche più sporca i proprietari del cinema, privi di controllo, omettono tranquillamente di proiettarli limitandosi à iscrivere il titolo del documentario in borderò.
Tutte queste gravi carenze e licenze vanno portate dinanzi all'opinione pubblica. Il documentarista stesso — e non mancano nella specialità uomini integri e di coraggio — si è fatto negli ultimi tempi, se non più ottimista, più combattivo. Occorre aiutarlo. Dovrebbe dargli una mano la stampa cinematografica, tuttora troppo sorda davanti ai problemi del cortometraggio (manca del tutto, nei quotidiani italiani, una inf[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine A.C., nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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