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tipologia: Analitici; Id: 1544839


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Tipologia Periodico
Titolo Furio Diaz, Le due libertà
Responsabilità
Furio Diaz+++
  • Diaz, Furio ; ente ; ente
  autore+++    
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Trascrizione Non markup - manuale o riveduta:
Fra tutte le armi, di cui i filosofi conservatori e i privilegiati benpensanti si sono in ogni tempo serviti per la loro lotta senza pietà contro il comunismo, nessuna ha forse mai avuto la mirabile fortuna che ha accompagnato e ancora accompagna quella che si concreta nell'affermazione di voler difendere la libertà.
Perchè parlare di proprietà minacciata, di religione conculcata o di nazionalismo represso e vanificalo può ufficialmente sollevare la indignazione e la protesta solo di coloro che hanno la franchezza di dichiararsi attaccati tenacemente al proprio privilegio di proprietari, o che sono ancora tanto ingenui da credere o tanto in mala fede da fingere di credere che il comunismo minacci le fedi religiose o che, infine, sono tanto sciocchi da vedére ancora un germe di valpre spirituale nella passione nazionalistica o da pensare di riuscire a servirsi ancora del nazionalismo come strumento di personale potenza. E nell'attuale momento storico, di diffuso disgusto verso i privilegi sociali e i nazionalismi loro complici, e insieme di generale rispetto delle credenze religiose da parte dei partiti di sinistra, il numero di tutti costoro non sembra poter essere molto cospicuo. Ma mostrare il comunismo, con la sua concezione rivoluzionaria e classistica, con i suoi programmi di partito unico e di dittatura del proletariato, come inesorabilmente contraddittorio a quella libertà della persona che è postulato di umano progresso, sembra la via maestra per giungere all'irrevocabile condanna di esso, alla luce della coscienza morale che di quel progresso è sollecita; e serve a dare una consistente mano di etica vernice anche a tutti quei motivi anticomunisti, assai meno apertamente confessatili e propagandatali, di cui dicevano più sopra.
Certo, la polemica è assai antica e agli zelatori di quella formale libertà che la teoria rivoluzionaria di Marx minaccerebbe era stata data, anche prima di Marx e di Engels, una terribile risposta dagli esponenti dei vari socialismi utopistici, da Saint-Simon al nostro Pisacane, i quali, con vigore d'immagini e commozione di accenti, avevano mostrato come la libertà dell'ordine borghese-parlamentare, ristretta al formalismo delle istituzioni e basata su di una società in cui dominano la disuguaglianza, il privilegio e l'oppressione, si riduce a un amaro scherzo per la grande massa lavoratrice, sfruttata e legata al suo pesante e abbrutente lavoro, e perciò incapace di usufruire delle istituzioni « liberali » su di un piede di parità con le classi dominanti.
Questa posizione, ancora sentimentale e ingenuamente idealistica, fu ripresa da Marx ed Engels $ accolta ed elaborata nella, loro concezione, su basi più esattamente filosofico-storiche, a com'essi amavano dire, scientifiche: si ebbe così la teoria della libertà giuridica o formale che la Rivoluzione francese realizzò e diffuse fra i popoli, in contrapposto alla libertà di fatto o vera che solo la rivoluzione proletaria potrà concretare fra gli uomini. E si chiarì che la libertà giuridica pur costituendo un grande progresso rispetto alla servitù e agli innumeri vincoli del feudalesimo e dell'assolutismo, è appunto formale, riguarda solo l'apparato istituzionale e non si preoccupa di quella sottostante sostanziale struttura della società, dalla quale dipende poi in definitiva il funzionamento, l'orientamento politico, delle istituzioni giuridiche stesse: anzi, essendosi quelle libertà formali concretate congiuntamente a un determinato ordine sociale, che è quello della borghesia e del capitalismo industriale, quest'ordinamento si serve proprio delle istituzioni giuridiche contenenti la libertà di elezione e di stampa, la legislazione parlamentare, per conservare se stesso e farsi scudo di quelle forme giuridiche e della libertà che* esse comportano contro il pericolo di un sovvertimento da parte della massa dei proletari. Questi infatti, per usufruire veramente di quelle libertà personali e politiche che gli ordini liberali borghesi permettono a tutti ma riservano in sostanza alle classi privilegiate, dovranno infrangere l'ordine economico-sociale esistente: onde nella nuova società, in cui sia abolito lo sfruttamento della classe lavoratrice, da parte dei privilegiati detentori della proprietà dei mezzi di produzione, in questa nuova società che alla disuguaglianza e all'oppressione sostituirà la uguaglianza della posizione di partenza di tutti gli uomini, si avrà davvero una completa libertà di svolgere la propria personalità secondo i propri gusti e la propria capacità, si avrà davvero la possibilità per ciascuno di partecipare alla direzione della cosa pubblica, senza che la sua condizione economica possa frapporgli un'insormontabile barriera, si avrà finalmente la libertà di fatto o vera.
A tutto questo la concezione liberale ha per lungo tempo opposto la solita celebrazione dell'individualità umana da salvaguardare, della libera personalità che in una trasformazione violenta dell'ordine sociale rischierebbe di vedersi soffocata e annientata, della libera iniziativa economica che sarebbe fonte di prosperità e di progresso e senza la quale si avrebbe la stasi e il ristagno. Ma soprattutto il liberalismo ha potuto valersi, per la sua giustificazione ideologica, del potente ausilio del neoidealismo storicistico,. Infatti alla celebrazione liberale della personalità e dell'individualità umana si può ben rispondere additando a cosa si riduca in regime capitalistico la personalità e l'individualità della massa dei proletari, e mostrando di contro le prospettive di svolgimento che a quella personalità e individualità sono offerte dalla nuova società rivoluzionaria; mentre alle maraviglie del liberismo economico nessuno, dopo le lotte e le gare di predominio tra gruppi capitalistici che esso originò e dopo i nazionalismi e le guerre imperialistiche che a ciò conseguiranno, mostra più oggi di credere.
Ma ecco che alla concezione liberale sembra venire in soccorso, quasi col peso schiacciante dell'«augusto vero», una teoria filosofica la quale da una visione moderna o immanente della realtà come storia e della storia come svolgimento e progresso di umana libertà, da un conseguente profondo esame del problema della libertà come ideale morale e dei suoi rapporti con l'attività «economica», è giunta alla conclusione che «quella che si vuol, definire libertà giuridica e formale è, se ben si consideri, nient'altro che la libertà pura e semplice, vera e propria, nella sua schiettezza di principio morale, l'unica libertà; e l'altra (la libertà di fatto di Marx) non è già libertà ma ordinamento economico, e più particolarmente il vagheggiato ordinamento economico comunistico di uguaglianza»: onde «l'avere sussunto le due, con orrenda confusione, sotto lo stesso concetto è prova «dell'ottusità che il materialismo storico ha da sua parte concorso a produrre per ciò che si attiene alla vita spirituale e morale». Dal che si deduce agevolmente che, poiché la libertà non può dover avere a sua base nessun particolare ordinamento economico ma tutti può accoglierli di volta in volta e superarli, il comunismo, il quale insiste nel porre a necessario fondamento della libertà il suo proprio ordinamento economico, non può fare altro che creare questo «col prescindere dalla libertà e dal consenso e ricorrere alla violenza; e di conseguenza, per il noto principio che gli Stati si reggono con le stesse forze che li crearono, continuiate a mantenerlo con la violenza e a opprimere la libertà attuando quel che chiamano giustizia col negare all'uomo la prima ed elementare giustizia che è il rispetto alla sua personalità morale».
Ora, a questa visione e alla sua pretesa di seppellire il marxismo in nome di una superiore verità concettuale si sono presto levate, e non solo da parte marxistica, obiezioni anche sul piano dei presupposti filosofici. Si è così notato come l'ideale della libertà, attraverso la distinzione dei momenti spirituali, la asserita universalità del momento etico e l'autonomia del momento, economico e dell'attività politica, «economici» e perciò «premorale», oscillasse continuamente, senza trovar modo d'inserirsi davvero nella realtà fra il formalismo sterile e metafisico dell'accrescimento continuo dello spirito e l'identificazione con un determinato e contingente sistema politico-economico, mentre una concezione che vede la storia tutta permeata e mossa da una legge trascendentale di libertà, sembra perder di vista la reale struttura, sostanziata di aspre e tutt'altro che libere lotte economiche, dello svolgimento storico; sembra infine smarrire la possibilità di negazione valutativa e creatrice di futuro progresso, in .un'immobile soddisfazione quietistica del passato. In particolare, l'osservazione concreta della storia ha portato argomenti decisivi contro una concezione che si rivendica storicistica: perciò la storia mostra bensì molte e varie forme di libertà, ma tutte concrete e strettamente congiunte a una determinata situazione economica, ad essa intonate e corrispondenti, e non mai è dato di ritrovare nel corso storico una libertà che per sua natura e dignità sdegni il contratto con un particolare ordinamento economico e sia al tutto indipendente dalla situazione economico-sociale che sola la comporta e la promuove. Così vediamo la libertà delle polis greca strettamente caratteristica di una società democratica di cittadini commercianti o piccoli proprietari sfruttanti una mano d'opera di schiavi; e la libertà romana, tipica di una società di proprietari fondiari in posizione di difesa contro la plebe della città, contro i piccoli possidenti della campagna e dei municipi, e poi contro gli schiavi. Vediamo la libertà feudale, riservata a una ristretta cerchia di privilegiati « pari », opprimenti la sottostante plebe campagnuola e lottanti contro l'incipiente opera di agguagliamento della monarchia assoluta; vediamo le varie fasi di libertà della Rivoluzione francese, dapprima più ristretta e consona agli interessi di una classe di borghesi manifatturieri e di proprietari agricoli, poi più ampia, in corrispondenza del moto di espansione democratica dell'Anno II, infine, attraverso la reazione termidoriana, ancora più vincolata che all'inizio, perchè decisamente intonata agli interessi della grande borghesia industriale e finanziaria del Direttorio.
v Al di là di queste libertà concrete, risultanti di situazioni economico-sociali e di aspirazioni ed esigenze ideali, da quelle condizionate e su quelle operanti e influenti può certo vedersi una* costante esigenza di libertà degli uomini come può vedersi un costante bisogno economico, una tendenza al soddisfacimento dei propri interessi; ma è chiaro, per ogni concezione davvero immanente e storicistica, che si tratta di esigenze e tendenze che hanno concreta realtà solo in quelle concrete forme storiche, o meglio nel succedersi e svolgersi di esse, .senza peraltro fissarsi e cristallizzarsi in alcuna di Sesse, in quanto appunto esigenze di critica e di superamento.
E la storia più recente ha fornito proprio la confutazione più decisa di questa visione di un falso storicismo. Perché la storia di questa prima metà del secolo ventesimo è precisamente la effettuale dimostrazione della incapacità della libertà formale degli ordini parlamentari borghesi a promuovere l'ulteriore progresso della democrazia, l'ulteriore progresso della esigenza morale, di libertà ove e in quanto intenda rimanere sè stessa, cioè formale o giuridica e continui a respingere da sè la nuova libertà che il comunismo propugna. Si è visto così, agli inizi del secolo, i partiti « liberali» intimoriti dalle aspirazioni di progresso sociale delle masse lavoratrici, divenire sempre più retrivi, .sempre più alieni da un vero svolgimento democratico, e inclinare verso il « governo forte », presieduto magari, da un generale o da un campione dell'opportunismo parlamentare, e promuovere imprese coloniali, avventure nazionalistiche, col duplice scopo di accrescere i lucri delle classi dominanti e distrarre e comprimere nella situazione eccezionale dello stato di guerra le rivendicazioni delle masse; e si è visto per converso i partiti socialistici, così spesso oppugnati ed esecrati come sovvertitori di libertà, farsi i più efficaci difensori e promotori della, libertà, ch'essi mostravano sempre più violata e derisa, nelle sue fragili forme giuridiche, dal movimento di reazione dei ceti privilegiati, e sempre più bisognosa di espandersi e consolidarsi sulla base di una trasformazione sociale che la rendesse accessibile a tutti, vera e non illusoria, «di fatto» e non formale.
Tutto questo vario movimento sboccò nella guerra imperialistica del 1914-18, nella quale le classi dominanti europee ed extraeuropee precipitarono i popoli, riuscendo a trascinare nella loro passione nazionalistica anche i partiti socialdemocratici, per risolvere la loro lotta di predominio: e nel furore della tragica contesa, come nella calcolata elaborazione dei trattati di pace, sempre più si mostrò come istituzioni liberali, rispetto della personalità, salvaguardia e promovimento dei valori spirituali, fossero cose secondarie, ad ogni istante trascurate e sacrificate dai gruppi detentori del potere, principalmente e pressoché unicamente preoccupati di vincere quella loro lotta e affermare e consolidare la loro supremazia interna e internazionale.
Ma la prova suprema della «libertà formale » si ebbe nel dopo guerra: quando, mentre la libertà si apriva in Russia faticosamente la sua nuova strada, attraverso le difficoltà e le tragiche contingenze della rivoluzione sociale, negli altri paesi europei i popoli, esasperati e delusi dai lunghi sacrifici e dalla diffusa miseria, congiunta a rinnovati e più esosi privilegi, cui la guerra aveva messo capo; ripresero con nuovo e più incalzante vigore le loro rivendicazioni sociali.
Perché allora le classi dominanti, di fronte all'estremo incalzante pericolo, mostrarono cosa veramente fosse per loro quella libertà che avevano tanto spesso e tanto solennemente affermato di voler difendere nelle istituzioni del regime parlamentare borghese, contro la minaccia del comunismo: in Italia, in Germania, in Ungheria, in Austria, in Bulgaria, in Spagna etc., libertà di parola e di stampa, di associazione, di propaganda, di elezioni, rappresentanze, votazioni, diritti di maggioranza. «tutto quanto riveriamo come sacro, tutto quanto amiamo come gentile» fu dai ceti dominanti abbandonato come vecchio inutile scenario; e si impose e prosperò la più cruda e selvaggia reazione, la dittatura della cricca dominante, appoggiata a qualche ambizioso avventuriero, la compressione della grande maggioranza dei popoli, la soppressione di ogni libertà personale e politica, a vantaggio dei privilegi e dei lucri di una minoranza. E anche dove la tradizione di istituzioni liberali era più antica e più forte, la libertà se non era caduta dalle istituzioni era «caduta dagli animi»: onde si vide nei paesi ancora formalmente democratici, risvegliarsi e accentuarsi il processo dell'anteguerra versa i governi forti, le concentrazioni di unione nazionale a solo beneficio dei conservatori, si vide svilupparsi in misura mai prima raggiunta il protezionismo economico, le leghe «imperiali» a carattere privilegiato e protezionistico, si vide affermarsi un'acuta simpatia dei governi e dei partiti di governo verso gli Stati totalitari, verso i loro dittatori, la loro politica « realizzatrice » e senza scrupoli. Il risultato di tutto questo fu la seconda guerra mondiale scatenata proprio da quegli Stati di dittatura reazionaria, «totalitari» e sciovinistici, che avevano trovato dapprima tante simpatie e tanti consensi anche nel campo delle democrazie.
Ma appunto questa guerra, con i vari processi politico-sociali che l'hanno accompagnata e la seguiranno, ha mostrato di avere una funzione profondamente chiarificatrice. Infatti tutte le forze veramente democratiche, tutte le esigenze sincere di libertà e di umano progresso si sono, al momento della suprema battaglia, ovunque coalizzate contro il comune nemico, contro la reazione e l'oscurantismo, il privilegio e lo sfruttamento, il soffocante mortifero del pensiero, della personalità umana. Ma questa unione, questa coalizione di forze e di tendenze spirituali e materiali, si è realizzata e poteva solo realizzarsi sul piano delle più decise rivendicazioni democratiche e sociali, «a sinistra» come si direbbe in gergo politico: perché combattere la più dura e impegnativa delle battaglie contro la minaccia di oppressione e di sfruttamento che le cricche dominanti fasciste facevano pesare sui popoli, non si poteva evidentemente se non nel nome e nell'interesse del progresso, della democrazia e della giustizia sociale, del reale affrancamento dei popoli stessi.
Ma così, attraverso questa battaglia, la libertà la cui esigenza pervade ora ed anima la storia, si è mostrata essere la libertà propugnata dal marxismo. La società conservatrice ancorata ai privilegi e allo sfruttamento del capitalismo reazionario è uscita dal quadro anche della libertà formale: l'equivoco, l'illusione sono finiti, da quando le classi dominanti europee fecero a gara a gettarsi nelle braccia della reazione fascista, calpestando le libertà che la Rivoluzione dell'89 e i moti liberali nazionali del secolo XIX avevano realizzato. La libertà di parola e di Stampa, di associazione, di propaganda, di elezioni, le rappresentanze, le votazioni, i diritti di maggioranza, si sono mostrati ben fragili e illusorie costrizioni, in una società basata sullo schiacciante predominio di fatto di un ceto privilegiato sulla massa della popolazione: esse hanno mostrato di non poter più neppure vivere, nonché svolgersi e accrescersi, senza basarsi su di una nuova composizione sociale, che ponga quei presupposti di fatto, già da Marx ed Engels giudicati indispensabili a una vera libertà.
Per questo i partiti comunisti e socialisti perseguono ora nei vari paesi una politica decisamente e sinceramente democratica, una politica di «unità nazionale» fra tutte le forze davvero democratiche, per questo anche nei paesi democratici tradizionalmente conservatori le tendenze di sinistra appaiono oggi sempre più forti, mostrano di poter giungere a battere e vanificare gli opposti movimenti diretti a salvare vecchie posizioni di privilegio e di stasi: la democrazia, Con tutte le sue tradizionali libertà, non può oggi sussistere e svolgersi se non sostanziandosi delle più decise conquiste sociali, e difendere la democrazia e la libertà è oggi essenzialmente combattere il privilegio e lo sfruttamento degli antichi gruppi sociali dominanti.
E la libertà «formale o giuridica», lungi dal poter pretendere, nella sua antica struttura estranea e retriva ad ogni evoluzione sociale, alla superiore e disdegnosa validità di trascendente ideale che una filosofia di conservazione intendeva attribuirle, sfuma verso la «libertà di fatto», si fa tutt'una con essa in un promovimento, davvero immanente e «storicistico», di umano progresso.
 


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in: Catalogo KBD Periodici; Id: 30946+++
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Area unica
Testata/Serie/Edizione Rinascita | mensile ('44/'62) | ed. unica
Riferimento ISBD Rinascita : rassegna di politica e cultura italiana [rivista, 1944-1991]+++
Data pubblicazione Anno: 1945 Mese: 5
Numero 5
Titolo KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1945 - numero 5 - maggio


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