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tipologia: Analitici; Id: 1543406


Area del titolo e responsabilità
Tipologia Periodico
Titolo Vito Grasso, Turchia. Contraddizioni dell'alleato di ferro [sottotitolo: Anche qui la politica americana e della NATO è stata messa in discussione. I primi incerti passi della democrazia dopo la dittatura militare. Ma adesso i militari hanno recuperato gran parte del loro potere]
Responsabilità
Vito Grasso+++
  • Grasso, Vito
  autore+++    
Rubrica od altra struttura ricorsiva
Politica internazionale [Rinascita] {Politica internazionale [Rinascita]}+++  
Area della trascrizione e della traduzione metatestuale
Trascrizioni
Trascrizione Non markup - automatica:
Turchia
Contraddizioni
dell'alleato di ferro
Anche qui la politica americana e della Nato è stata messa in discussione. I primi incerti passi della democrazia dopo la dittatura militare. Ma adesso i militari hanno recuperato gran parte del loro potere
di Vito Grasso
La virata con cui Washington ha sposato, dopo avere appoggiato l'avventura cipriota dei colonnelli greci, la maggior parte delle tesi turche, potrebbe far credere che la Turchia sia un « alleato di ferro », sicuro al cento per cento, in quel nodo geografico e strategico che fa di quel paese il punto di saldatura tra la Nato e la Cento e lo spartiacque tra il mondo socialista e il mondo arabo. Le cose non stanno così. La condotta della diplomazia statunitense testimonia anche la preoccupazione che la presenza americana in Turchia fosse rimessa in discussione, con nuovi slittamenti di Ankara e scelte autonome di politica estera. Occorre infatti ricordare che l'attuale governo di Ankara mostrò subito, fin dal suo sorgere, di volere perseguire su varie questioni una politica meno dipendente nei confronti degli americani. E non a caso, benché la Turchia non abbia ragioni di rimettere in discussione l'Alleanza atlantica e goda anzi del sostegno degli Stati Uniti e della condotta passiva (quindi di appoggio) da parte dei comandi Nato, lo stesso Ecevit ha discusso, con velate critiche, il ruolo della Nato e, a ben vedere, non ha considerato, nel corso di tutta la crisi, gli Stati Uniti come un interlocutore esclusivo e privilegiato.
Il 12 marzo 1971 in Turchia vi fu un colpo di Stato militare e per due anni e mezzo il paese fu governato con lo stato d'assedio e la legge marziale. Privo di ogni consenso popolare, incapace di fronteggiare i drammatici problemi del paese, il regime militare entrò in crisi nella primavera del 1973 quando, al momento delle elezioni del presidente della Repubblica, da parte del Parlamento, subì una prima sconfitta. Nonostante il Parlamento fosse manipolato, esautorato, e per l'occasione particolarmente minacciato, il candidato dei militari non passò e fu invece eletto un ex-ammiraglio di convinzioni legalitarie e costituzionali. I militari furono costretti a indire nuove elezioni legislative e nell'autunno dello stesso anno il Partito repubblicano del popolo di Butlent E-cevit — contro il quale si erano coalizzate tutte le forze conservatrici e vi erano interventi continui dell'ambasciata americana — ottenne una schiacciante vittoria, avvicinandosi alla' maggioranza assoluta e conquistando una solida maggioranza relativa. La vittoria fu molto indicativa: il partito repubblicano, infatti, era l'unica formazione legale che si ispirava a un programma democratico, e, sia pure genericamente, di sinistra (v. Rinascita del 4 gennaio 1974, n. 1). In altri termini, la dittatura militare siglava il suo fallimento col successo di una forza che appariva decisa a intraprendere l'opera di ricostruzione economica e di restaurazione democratica.
Tuttavia la situazione interna turca presenta un quadro che non può non suscitare perplessità riguardo alla vo- lontà di rinnovamento che pure esiste nel gruppo repubblicano.
Il Partito repubblicano del popolo, dopo l'allontanamento e poi la morte La fortezza di Famagosta dove i turco-ciprioti erano rimasti assediati dall'Eoka-B
di Inönü, sotto la guida di Bulent Ecevit si è profondamente rinnovato, uscendo dal confuso nazionalismo panturco che lo aveva caratterizzato negli anni della sconfitta e che lo aveva reso debole di fronte al più conseguente conservatorismo dei Menderes prima, e dei Demirel poi. Le scissioni interne, avvenute tutte a destra, non solo non lo hanno indebolito, come si è visto, nelle recenti elezioni politiche, ma gli hanno dato la possibilità di elaborare delle linee programmatiche intorno alle ,quali chiamare tutte le forze progressiste del paese. Ecevit non ha esitato a dichiarare, in un paese in cui l'attribuzione della qualifica di comunista era sufficiente per essere deportati, che il suo partito è socialista e vuole, attraverso la democrazia, risolvere i problemi sociali e di struttura più profondi del paese. Né sono mancate iniziative concrete per dare almeno un avvio alle riforme più urgenti.
La situazione parlamentare e delle forze politiche e sociali in campo, ha però costretto Ecevit ad una alleanza con il Partito della salvezza nazionale, espressione dei gruppi musulmani più retrivi se non sul piano economico-sociale, certo sul piano dei diritti civili e delle libertà politiche. Data la .indisponibilità ad entrare nella coalizione di governo dell'influente Partito della giustizia (diretto dal conservatore Demirel) il quale ha anzi organizzato il boicottaggio del governo nelle amministrazioni locali in cui ha la maggioranza; e data la impossibilità di ogni accordo con gli scissionisti di destra dello stesso partito repubblicano e con la formazione politica che si richiama al defunto Menderes; in breve dopo una lunga e travagliata crisi che minacciava di ripiombare il paese nel buio della dittatura militare, Ecevit ha trovato un'intesa con i gruppi religiosi presenti in Parlamento.
In questa situazione, il Partito della salvezza nazionale di Erbakan, pur essendo numericamente poco cospicuo, risulta condizionante e funge da freno alle iniziative di parte repubblicana. Vi è stato in questo senso il test dell'amnistia a favore dei prigionieri po- litici. Decretata con ritardo solo nel luglio scorso, essa non è stata ancora interamente applicata e molti importanti prigionieri politici — fra cui Be-hice Bohran, presidentessa del disciolto Partito dei lavoratori turchi, condannata dalla giunta militare a venti
anni di lavori forzati sono ancora
in prigione. Per contro, Ecevit ha autorizzato la costituzione di un Partito socialista turco, che è avvenuta nello scorso giugno e ha raccolto i militanti del Partito dei lavoratori e altri gruppi marxisti.
Ma l'altra vera e pesante ipoteca che grava sul governo di Ecevit è la presenza in posizioni di controllo delle istituzioni dell'apparato militare. I generali golpisti pur politicamente squalificati e costretti con le elezioni a trasmettere i poteri a quell'Ecevit che all'indomani del colpo di Stato avevano incriminato, hanno sì subìto le indicazioni dei paese, ma nel contempo hanno conservato tutte le posizioni chiave per poter eventualmente ricattare il governo. L'azione a Cipro ha inoltre dato prestigio professionale agli ufficiali turchi e ne ha rafforzato, pertanto, anche la posizione politica. In un esercito che ha avuto occasione di combattere solo rail'at-to della sua formazione — nella guerra di liberazione del 1923 — e che, in seguito ha potuto soltanto inviare due battaglioni alla guerra di Corea, la guerra cipriota, sostenuta da un'ondata di nazionalismo restituisce indubbiamente ai generali un'autorevolezza ed una funzione capaci di far dimenticare gli scandalosi privilegi di cui godono, le crudeltà e l'imperizia da essi dimostrate nel governo, le responsabilità per il colpo di Stato.
Se già prima della crisi di Cipro, la presenza dei militari costituiva per Edevit un pericoloso condizionamento, essa appare oggi più minacciosa e tale da consigliargli una estrema prudenza non solo nei rapporti interni ma an- che nella politica estera della Turchia: alla quale non giova certo uno stato di tensione permanente che determinerebbe l'aumento delle spese militari con pregiudizio per la ricostruzione economica, e un riaccresciuto potere dell'esercito con un arresto della incipiente democratizzazione.
Un appunto a parte merita la situazione della sinistra, duramente colpita dalla dittatura militare nelle sue diverse espressioni. Duramente colpita è, anzi, dire poco. I colpi portati alle organizzazioni operaie e popolari dai militari sono stati di una durezza eccezionale e hanno provocato guasti profondi sia sul terreno delle strutture organizzate del movimento che su quello dei suoi orientamenti, dominati per un certo periodo da una spinta estremistica, come unica risposta alla brutalità della repressione. Non è perciò azzardato affermare che i processi di ricostruzione della sinistra, ancora peraltro non levale, siano destinati a pesare nel medio e nel lungo periodo. OPcri i protas'nnisti sono da una parte Ecevit e dall'altra il blocco di forze conservatrici che hanno un loro perno nei eenerali. E dallo svoleimento della crisi cipriota dipenderà molto della partita che essi stanno giocando all'interno del paese.
 
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in: Catalogo KBD Periodici; Id: 33213+++
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Area unica
Testata/Serie/Edizione Rinascita | settimanale ('62/'88) | ed. unica
Riferimento ISBD Rinascita : rassegna di politica e cultura italiana [rivista, 1944-1991]+++
Data pubblicazione Anno: 1974 Mese: 8 Giorno: 30
Numero 34
Titolo KBD-Periodici: Rinascita 1974 - 8 - 30 - numero 34


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