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tipologia: Analitici; Id: 1543327


Area del titolo e responsabilità
Tipologia Periodico
Titolo Massimo Robersi, La Turchia "atlantica" e la crisi di Cipro. [sopratitolo: Gli impegni di Ankara nella NATO] [sottotitolo: La massiccia presenza del capitale anglo-americano grava sugli orientamenti della politica estera turca]
Responsabilità
Massimo Robersi+++
  • Valabrega, Guido
  autore+++    
Rubrica od altra struttura ricorsiva
Politica internazionale [Rinascita] {Politica internazionale [Rinascita]}+++  
Area della trascrizione e della traduzione metatestuale
Trascrizioni
Trascrizione Non markup - automatica:
Gli impegni di Ankara nella NATO
La
,e .
tire/i iCI
atlantica
di Cipro
La massiccia presenza del capitale anglo-americano grava sugli orientamenti della politica estera turca
Il 4 gennaio scorso, mentre la crisi di Cipro era in pieno svolgimento, l'Assemblea nazionale turca con 225 voti contro 175 ha conferito la fiducia al nuovo governo, ancora una volta presieduto da Ismet Inonu, capo del partito repubblicano. La maggioranza parlamentare, che si era disfatta dopo l'esito delle elezioni amministrative del 17 novembre, disastroso per il governo in carica, sotto l'incalzare delle polemiche sulla situazione nell'isola contesa si è dunque ricomposta in un tempo relativamente breve con una compagine ministeriale repubblicano-indipendente che si giova, in pratica, dell'appoggio di tutti i maggiori partiti dell'assemblea (dei contadini, nazionale e Nuova Turchia). All'opposizione rimane solo il Partito della giustizia, vincitore nella consultazione di tre mesi fa e portavoce dei gruppi che facevano capo a Bayar e Menderes.
Ma sebbene la difficile congiuntura politica sia stata per il momento superata e sebbene il secondo gabinetto Inonu goda di consensi abbastanza ampi, i problemi di fondo del paese, alcuni dei quali hanno direttamente causato il tracollo elettorale di novembre, rimangono intatti, pronti a riemergere in tutta la loro urgenza non appena la tempesta nelle acque cipriote si calmi. E poichè proprio nella pesante condizione interna della Turchia pensiamo siano racchiusi parecchi motivi atti a spiegare l'intransigenza di Ankara nella questione di Cipro, è più che opportuno soffermarsi una volta a tratteggiare. le caratteristiche di tale situazione, alla luce, pure, dei vivaci e interessanti discorsi e interventi che è sta-
possibile ascoltare in occasione della presentazione alla Camera ed al Senato della compagine governativa.
Al riguardo pare giusto prendere le mosse dalle affermazioni fatte da Inonu. Nell'esporre il suo programma di lavoro al parlamento egli ha sostenuto infatti che gli indici economici per il 1962 e per il 1963 avrebbero dimostrato un andamento positivo segnando un incremento annuo del reddito nazionale dei 6-7 per cento. Purtroppo altre notizie sono invece venute presto a contrapporsi all'ottimismo d'occasione del primo ministro. Ad esempio il quotidiano indipendente Cumhuriyet rivelava che secondo gli studi effettuati dall'organizzazione dell'aiuto americano il 32 per cento del reddito nazionale turco è tuttora concentrato nelle mani del 2 per cento della popolazione. Di tale cifra solo il 6-7 per cento viene destinata a investimenti produttivi anche se gli strati più ricchi della popolazione beneficiano di una condizione di straordinario favore, per quanto concerne la tassazione; i salariati e la piccola e media borghesia, secondo i programmi finanziari per il 1964, pagheranno il 57,7 per cento delle imposte, mentre, secondo il loro reddito — afferma la fonte citata — dovrebbero pagarne il 28,2 per cento. I guadagni agricoli, e cioè di una delle branche economiche principali vanno a finire per il 42 per cento nelle mani d'una minoranza di persone che rappresenta il 4 per cento degli abitanti delle campagne; vale a dire che mezzo milione di individui mettono nelle loro tasche la meth della produzione realizzata da 12 milioni di persone.
In una struttura sociale così c anor male » sussistono e si sviluppano inoltre due fenomeni che paiono strettamente collegati a tali carenze di fondo: da un lato, il progressivo aumento dei debiti, contratti all'estero e la necessità permanente di soccorsi e aiuti, e dall'altro l'eccesso di spese militari. Per quanto riguarda il primo punto, autorevoli esponenti del mondo politico turco hanno recente- mente denunciato un indebitamento verso l'estero di oltre 15 miliardi di lire turche al 31 dicembre 1962. Per il 1964, è previsto in partenza, secondo fonti governative, un deficit di 160 milioni di lire turche (1 dollaro = 9 lire turche). Ma oltre a ciò si è già convinti che gli investimenti non raggiungeranno la cifra prevista
e che gli appoggi esterni diminuiranno. « Già gli Stati Uniti — scriveva quindici giorni fa il Cumhuriyet — hanno effettuato sensibili riduzioni nel capitolo degli aiuti militari; ad esempio essi hanno deciso di accollare la fornitura di carburanti al ministero della Difesa nazionale ».
Le spese
militari
Se si tiene presente che nel bilancio del 1963 le spese militari ammontavano a 2,8 miliardi di lire turche (in confronto coi 440 milioni destinati all'agricoltura e coi 190 milioni per l'industria), c'è da stupirsi che lo stesso giornale denunciasse come il famoso piano quinquennale sin dall'inizio sia assai lontano dagli obiettivi fissati? Questa condizione generale dunque spiega perchè il primo ministro abbia tentato di abbellire il panorama tracciato di fronte all'Assemblea nazionale; egli era tutto impegnato infatti, a dimostrare come il paese sia in pieno fervore di opere
e -come sia conveniente, per il capitalismo internazionale, investire grosse quantità di denaro in Turchia. Ma poichè assai forte è la presenza di capitale straniero, in particolare anglo-americano, in questo Stato, con notevoli ripercussioni negli orientamenti della politica estera, sarà bene
Il piano angloamericano per Cipro (dall'Humanité)
segnalare anche al riguardo alcuni elementi.
Secondo le valutazioni del dicastero del Commercio statunitense, gli investimenti di capitale privato ammontavano a tutto il 1962 a 70 milioni di dollari. Interi rami dell'industria (raffinerie di petrolio, produzione di macchinari, fabbriche di radio, farmaceutici, chimica e industria bellica) sono sotto controllo straniero: ad esempio gli anglo-americani hanno costruito due impianti per la raffinazione del petrolio a patto che il governo turco si impegni a comprare per dodici anni petrolio solo presso di loro.
E' interessante notare che, secondo la legge del paese, i capitali provenienti dall'esterno non dovrebbero superare nelle società miste il 49 per cento degli investimenti. Ma governanti attuali hanno infranto questa norma permettendo interventi stranieri fino al 60-70 per cento del totale delle partecipazioni. In cambio di tali possibilità — del dirittó - di produrre le merci che vogliono e di limitare, a loro arbitrio, le importazioni — i monopoli occidentali hanno concesso ai turchi il permesso di sviluppare la loro agricoltura e determinati rami di industria leggera. E' secondo questa impostazione che va interpretata l'associazione al Mercato comune europeo ottenuta dalla Turchia nello scorso autunno.
Se si vogliono tirare le somme della condizione economico - finanziaria quale risulta dai dati schematicamente esposti, risulta molto chiaramente quale sia oggi la funzione della Repubblica turca nell'ambito dell'Alleanza atlantica: non solo di completa subordinazione politica alle direttive americane, ma di assoluta impossibilità a tentare qualche esperimento d'autonomia economica. Di conseguenza il colpo di Stato del 1960 — nonostante taluni pallidi accenni innovatori — si è andato qualificando sempre più come un maldestro sforzo di modernizzare la permanente sottomissione agli Stati Uniti, solo eliminando gli eccessi di corruzione; allorchè Inonu, al ritorno da Washington per le esequie di Kennedy, ha creduto opportuno dichiarare immediatamente nell'affrontare la crisi di governo: « In Turchia gli uomini ed i governi possono cambiare, ma i turchi rimarranno fedeli ai loro impegni e alla loro collaborazione con gli Stati Uniti », appare evidente il motivo per cui ancora una volta l'incarico di primo ministro è toccato proprio a lui. Così quando un quotidiano come Le journal d'Orient può permettersi tranquillamente di dare il 28 gennaio la notizia che il consorzio degli aiuti alla Turchia concederà per il programma d'importazioni un finanziamento da parte americana di 70 milioni di dollari da impiegarsi per l'acquisto di merci americane (!), pensiamo non vi sia nulla da aggiungere per illustrare la soggezione di questo Stato mediterraneo alle direttive della Casa Bianca.
Una base strategica importante
Ed allora sembra molto difficile sostenere che dietro l'intransigenza turca per Cipro non vi sia lo zampino ed anche qualcosa di più, degli inglesi
e degli americani interessati al mantenimento d'una base strategica assai importante. In altre parole, scorrendo
la stampa di Ankara e di Istanbul di questi giorni risulta molto difficile
sfuggire la sensazione che essa si sia assunta il compito preciso di sollecitare, di « provocare » l'intervento americano, oltre che britannico, in un'isola indipendente, che non minaccia certo la sicurezza di Washington e che dista dalle coste statunitensi migliaia
e migliaia di chilometri. Così mentre da un lato il primo ministro Inonu sottolineava la necessità che « gli americani si informassero » sulla vicenda cipriota, perchè « quando l'America apprenderà la verità non potrà pensare a sottrarsi ai doveri che le toccano», vari organi di stampa, con accenti degni di Foster Dulles, ponevano in rilievo la simpatia dimostrata dai giornali greco-ciprioti per l'Unione Sovietica e mettevano in guardia contro il pericolo per la pace mondiale derivante dalle azioni del secondo barbuto (Makarios) dopo i guai provocati dal primo (Castro).
Se a Cipro non scorresse del sangue, se per calcoli strategici non si mettesse in grave rischio l'indipendenza di un piccolo Stato, si potrebbe forse sorridere dei toni esagitati usati dagli ambienti politici turchi in questa occasione. Invece tutto è ulteriormente complicato e giunge sull'orlo del dramma per la quasi catastrofica situazione generale del paese: in Turchia c'è oggi inoperoso e costosissimo un enorme apparato militare; v'è, di contro, un proletarlato dì 2 milioni di persone più organizzato
e combattivo che in passato (350.000 lavoratori si riuniscono in 550 leghe sindacali). In varie occasioni si sono recentemente avute non solo agitazioni economiche, ma lotte sovente trasformatesi in dimostrazioni politiche contro le compagnie americane. In questo contesto di tensioni sociali e di interferenze straniere si -situa con storica logicità la carta governativa dell'avventura, della eccitazione nazionalistica, della repressione all'interno in nome della minaccia militare verso l'esterno.
Massimo Robersi
 
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in: Catalogo KBD Periodici; Id: 32464+++
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Testata/Serie/Edizione Rinascita | settimanale ('62/'88) | ed. unica
Riferimento ISBD Rinascita : rassegna di politica e cultura italiana [rivista, 1944-1991]+++
Data pubblicazione Anno: 1964 Mese: 2 Giorno: 15
Numero 7
Titolo KBD-Periodici: Rinascita 1964 - 2 - 15 - numero 7


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