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tipologia: Analitici; Id: 1543182


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Tipologia Documento di Convegno
Titolo [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] C. Luporini, La metodologia filosofica del marxismo nel pensiero di A. Gramsci
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Luporini, Cesare+++
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Cesare Leporini
LA METODOLOGIA FILOSOFICA DEL MARXISMO
NEL PENSIERO DI A. GRAMSCI
(Appunti)
1. - Negli scritti di Gramsci s'incontrano molti temi che si possono dire « filosofici » nel senso che appartengono all'ambito tradizionalmente riconosciuto alla filosofia (gnoseologia, morale, logica ecc.). Ma l'importanza filosofica di Gramsci non è connessa a questi temi particolari piú che ad altri che si collegano a vari settori di ricerca (economia, storiografia, politica, linguistica, folklore, ecc.) o piú specificamente propri del marxismo (struttura-sovrastruttura, ideologia, egemonia ecc.). Essa è piuttosto da ricercarsi nel livello in cui le diverse questioni s'incontrano e tendono ad articolarsi, nell'indirizzo e contenuto d'insieme e nel metodo del suo pensiero.
Il pensiero di Gramsci non è fatto per chi cerchi una sistemazione di formule, un'esposizione dogmatica del marxismo; esso è una ricerca in movimento, orientata su alcuni temi fondamentali, ma che individua e suscita una grande ricchezza di problemi in direzioni e su piani diversi. La sua fecondità e attualità è legata a questo carattere. Questa attualità ha un significato preciso: Gramsci non ha bisogno (o ha bisogno in misura minima) di una traduzione in nuovi termini dei problemi da lui investigad, per esser compreso e divenire intellettualmente utile. Si tratta nelle sue pagine di questioni tuttavia aperte, anche dove siano consunte le circostanze storico-culturali in cui si generarono, una parte delle quali appaiono anzi divenute piú attuali e chiare nel loro significato, attraverso lo svolgimento storico successivo sia della cultura (non solo
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italiana), sia della realtà politico-sociale. Sotto questo aspetto potremmo dirlo un pensiero ancora immediatamente carico di futuro, per lo sviluppo del marxismo in un orizzonte universale. D'altra parte il pensiero di Gramsci •è articolato nella cultura italiana e profondamente radicato nella realtà italiana. Sotto questo riguardo, che non tocca a noi svolgere, Gramsci succede ad A. Labriola nell'aver fatto del marxismo; in una fase storica diversa e piú matura, una corrente fondamentale del pensiero italiano.
2. - Lo stato di elaborazione, forzatamente non definitiva, in cui si è fissato e ci è rimasto il suo pensiero, sembra legittimare un criterio d'interpretazione per cui si attribuisca una relativa preponderanza alla proposizione determinata dei problemi, rispetto alle particolari soluzioni, alcune delle quali sono evidentemente rimaste ancora fluide (eventualmente provvisorie), o si presentano esse stesse piuttosto come ulteriori orientamenti di ricerca. (Per « proposizione determinata » s'intende un problema posto con quella precisione che ne determina o include una linea di svolgimento, e una serie di articolazioni con altri problemi). E ciò :anche a prescindere dalla questione della forma attuale di pubblicazione dei testi. Tale criterio vale, naturalmente, entro certi limiti: quelli che ci consentano di non perdere nulla della ricchezza di indicazioni positive e nuove che si trovano in Gramsci, e insieme di porre in evidenza, attraverso la grande varietà di argomenti da lui affrontati, gli aspetti centrali, organici, pienamente definiti, del suo pensiero, dai quali ricevono luce le impostazioni particolari. Non si tratta dunque di tentare alcuna sistemazione estrinseca, ma di rimaner fedeli al concetto fondamentale di Gramsci, in cui egli prosegue A. Labriola, della piena autonomia scientifica e originalità filosofica del marxismo.
3. - Questo concetto costituisce la persuasione profonda ed il vero filo conduttore di tutta l'elaborazione gramsciana. Il marxismo non è per Gramsci soltanto un metodo, ma è una filosofia in quanto concezione della realtà (« concezione del mondo ») ed indirizzo dell'agire (ideologia-politica). Il momento metodico e .il momento « concezione del mondo » si condizionano e provano reciprocamente; non sono separabili
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senza grave deformazione. La metodologia del marxismo, come si presenta in Gramsci, va rilevata non solo dagli elementi espliciti di carattere metodologico (spunti, osservazioni, ecc.) di cui egli è ricco, anche se essi sono indicativi di alcuni tra i suoi interessi piú originali, ma, innanzi tutto, dal procedimento effettivo con cui egli elabora i problemi. L'espressione «filosofia della prassi », usata da Gramsci per ragioni carcerarie in luogo di « marxismo » (tuttavia non sempre), non è una scelta arbitraria o convenzionale, essa è significativa dell'orientamento fondamentale del suo pensiero.
I punti di riferimento essenziali, le costanti, del pensiero di Gramsci rispetto ai classici del marxismo, sono da trovarsi nelle Tesi su Feuerbach (specialmente, per il suo carattere conclusivo, nella XI) e nella Prefazione al Per la critica dell'economia politica. Ossia, nella concezione di una filosofia « per mutare il mondo » (fondata sulla prassi umana sensibile) e nel nesso struttura-sovrastrutture. Il concetto leniniano di « egemonia » (direzione politica e culturale; Stato) segna la via di svolgimento attuale di questi punti di partenza. Esso porta in primo piano il problema della situazione di coscienza delle grandi masse, in seno alla lotta economica e politica, il problema della loro unificazione culturale e, in un orizzonte piú ampio o remoto, quello della unificazione culturale di tutti gli uomini. Il marxismo si presenta cosí come riforma intellettuale e morale di massa dei tempi moderni. La parte forse piú nuova della problematica gramsciana si svolge da questa concezione. L'esigenza di far coincidere storicamente tale aspetto con la soluzione dei compiti teorici, scientifici ecc., piú alti e complessi, cioè l'esigenza di una « culturaintegrale » , che, sulla base della classe rivoluzionaria, possieda un'espansività illimitata fra gli uomini, appare perciò essenziale alla dinamica del marxismo, e viene a caratterizzare la sua originalità irriducibile a tutte le precedenti « filosofie ». L'identificazione dialettica operata da Gramsci di filosofia e politica (attraverso i momenti storia, cultura, ideologia) — che ha aspetti qualitativamente diversi se rivolta al passato o proiettata verso il futuro — non è comprensibile senza questa nuova dimensione della considerazione filosofica (non ha nulla a che fare, ad esempio, con una identificazione verbale di tipo attualistico). La stessa esposizione del marxismo come filosofia si fa astratta (soprattutto nell'epoca in cui lo sviluppo storico ha posto il problema dell'ege-
4.
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monia) se è svolta solo in riferimento polemico alle sistemazioni filosofiche tradizionali (tipizzate ai loro estremi in idealismo e materialismo metafisico) e non coinvolge 1a discussione col « senso comune ». La nozione di « senso comune » diventa perciò centrale.
Essa nel contesto gramsciano è ben piú complessa del consueto riferimento di comodo che sotto tale denominazione serve in generale ai filosofi per indicare un presunto atteggiamento mentale staticamente contrapposto alla « criticità » della filosofia o alla metodologia scientifica (anche se, eventualmente, lo si consideri, in ultima analisi, con esse conciliabile). Il « senso comune » non è in Gramsci univocamente riducibile, nei suoi contenuti: esso è sempre « prodotto storico » che contiene e cristallizza contraddittoriamente le piú varie eredità passive del passato, oltre, naturalmente, gli elementi attivi da liberare e elaborare. $ i•l terreno su cui esercitano la loro azione e la loro presa le ideologie dominanti di gruppo e di classe che contrastano ad ogni spinta unificatrice della coscienza umana e realizzatrice della integrale umanità dell'uomo. L'assunto implicito (o in parte implicito, in parte esplicito) reperibile ile in molte esposizioni dogmatiche, piú o meno volgarizzatrici, del marxismo di una sua conciliazione in certo modo aprioristica col « senso comune » (assunto che comporta la mancanza di approfondimento di questa nozione nelle sue effettive implicazioni storico-sociali) si presenta cosí come inaccettabile al pensiero di Gramsci, tale da frenare lo sviluppo della « filosofia della prassi » e della sua capacità concretamente riformatrice (in senso intellettuale e morale), rivolta alle grandi masse umane, anche se esso è spiegabile (come altri compromessi teorici impliciti nel settarismo e dogmatismo) con una fase ancora egemonicamente arretrata del movimento reale (rivoluzionario) di cui ii marxismo è espressione.
Nella problematica gramsciana del « senso comune », intesa in siffatta complessità (e quindi nell'opposizione, o nesso dialettico, con la rinnovata nozione di « filosofia ») convergono e si articolano serie molteplici di altri problemi. Innanzi tutto quelli relativi al linguaggio (« nome collettivo »...) e ai « linguaggi » (tecnici, specialistici ecc.), che hanno forte rilievo nel pensiero di Gramsci e risonanze filosofiche particolarmente attuali (e si connettono al riconoscimento della varietà delle metodologie
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scientifico-razionali, secondo i diversi settori di ricerca, e insieme alla questione dei criteri generali di cid che è « scienza »); e inoltre i problemi relativi alla religione e alla ideologia in generale; quelli pedagogici nel senso piú lato (dalla scuola e istruzione al rapporto governanti-governati, dirigenti-diretti) e temi piú particolari come folklore, tradizione culturale ecc. L'insieme di tali questioni e dell'atteggiamento mentale che le sottende ed unifica contiene, riteniamo, la verifica meglio motivata e particolareggiata che si sia avuta fin qui in campo marxista della asserzione della fine storica della filosofia « nel senso che finora si è dato a questa parola » (Engels), della fine (ossia, cessata funzionalità sociale e fecondità spirituale) della figura tradizionale del « filosofo individuale », e insieme caratterizza la nascita, in seno al movimento di elaborazione collettiva, del « filosofo democratico » (che concepisce la propria « personalità » come « rapporto sociale attivo di modificazione dell'ambiente culturale »).
È da mettere in rilievo il fatto che l'impostazione gramsciana di tale complesso di problemi non ha solo valore attivo e programmatico (come teoria dell'azione politico-rivoluzionaria della classe operaia nelle sue implicazioni più vaste e rinnovatrici), ma si riflette sul corso storico passato della società, approfondendo e allargando le categorie storiografiche del marxismo. Per es., nella critica alla concezione volgare o tendenziosa delle sovrastrutture come « apparenze », concezione inverata nel concetto della loro specifica storicità all'interno del « blocco storico » reale, ossia del sistema struttura-sovrastruttura. Per es., nell'implicita applicazione che Gramsci fa dell'XI Tesi su Feuerbach (fondamento della sua identificazione di filosofia e politica), onde essa, mediatamente, diviene criterio di giudizio storico anche delle filosofie del passato, attraverso l'allargata nozione (o nozione reale) di quella che è la « filosofia di un'epoca » (non riducibile all'insieme delle filosofie dei filosofi individuali, sistematici, ecc.). Concezione quest'ultima che contiene in nuce la soluzione delle odierne aporie relative al nesso storia della filosofia-storia della cultura (della scienza, delle idee ecc.).
4. - La concezione marxista della storia (nella doppia accezione di storia agita o « che facciamo » e storiografia), attraverso la complessa e articolata problematica degli aspetti e momenti inclusi nel nesso struttura-
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sovrastrutture (economia, politica, classi, ideologia, egemonia, Stato, Popolo-nazione, ecc.) è sempre operante in ogni impostazione particolare di Gramsci con l'estrema flessibilità critica propria di un marxismo non schematico, fedele al concetto della fluidità o non rigidità delle categorie, rigoroso in tale metodo e profondamente radicato nell'azione rivoluzionaria.
P centrale in lui la considerazione dell'uomo propria del materialismo storico (nesso uomo-natura; uomo come insieme di rapporti sociali; negazione di una generale « natura » dell'uomo) di cui Gramsci svolge in concreto, ossia rispetto a una serie di problemi storicamente dati, e anche in astratto, ossia come discussione di principio, molteplici implicazioni. Centrale nel suo pensiero è i'l materialismo storico stesso (inteso, non occorre dirlo, come materialismo storico-dialettico). Questa centralità ha un valore specifico la cui interpretazione può assumere oggi anche un significato polemico all'interno del pensiero marxista. Essa indica, al livello della elaborazione teorica, una presenza operante del marxismo in Gramsci conforme a quella che è stata la sua effettiva genesi storica e a quello che, anche nella prassi sociale politica, è il suo fondamentale elemento propulsore. Non sembra conciliabile con il pensiero di Gramsci una esposizione del marxismo (anche a scopi meramente didascalici) in cui il materialismo storico appaia (secondo un'implicita logica classificatoria) come caso particolare di applicazione di un piú generale « materialismo dialettico » la cui « descrizione » possa, sia pur momentaneamente, prescindere dalla presenza dell'uomo nel mondo. Si ritiene che questa non sia una questione scolastica, bensí sostanziale. Ciò non va frainteso nel senso che Gramsci operi una riduzione della dialettica al solo mondo storico-umano, il che viene escluso, per la stessa integrale dialet-ticità, dal nesso uomo-natura, che implica tanto l'opposizione e contraddizione, da cui si svolge la storia umana, quanto la identità e continuità I. Ma il fondamento rimane per Gramsci appunto in quel nesso, ossia nella nozione di prassi umana sensibile (anche relativamente alla considerazione delle scienze naturali, dei loro metodi e risultati), senza di che si ricade o nell'idealismo o nel materialismo metafisico. Se è vero che il
Cfr., ad esempio, M. S., p. 145, nota riguardante Lukàcs.
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marxismo come rivoluzione filosofica è coincidenza di naturalismo e umanesimo (che nella loro «compiutezza» si convertano l'uno nell'altro) può darsi che vi sia in Gramsci, di fatto, per ragioni di interna polemica (contro le penetrazioni di materialismo metafisico nei marxismo, che gli sottraggono l'autonomia filosofica e ne diminuiscono la capacità egemonico-riformatrice), un'attenuazione dell'istanza o componente naturalistica rispetto a quella umanistica, uno squilibrio in questo senso (il relatore lo ritiene). Del resto è Gramsci stesso, vedremo, ad indicare il punto di ulteriore indagine. Ma cid non va affatto confuso con la questione della validità, o meno, dell'impostazione che si è cercato di mettere in luce (se esatta è la presente interpretazione): questione capitale per lo svolgimento della filosofia marxista e innanzi tutto della sua gnoseologia e epistemologia. Alcune ricorrenti, assai suggestive, considerazioni gramsciane di natura categoriale (per es. relativamente alle nozioni di necessità, di possibilità reale) paiono anch'esse riallacciarsi a tale impostazione di fondo, che è quella poi che consente in gnoseologia l'affermarsi piú conseguente del « criterio della prassi » come criterio fondamentale 1. Ciò, che invece non trova posto, ci sembra, almeno direttamente nel quadro della problematica gramsciana, è la dottrina gnoseologica nota sotto il nome di « teoria del riflesso ».
5. - Le questioni ora toccate ricevono luce nel pensiero di Gramsci dalla sua concezione del marxismo come assoluto o integrale storicismo. La energia critica del metodo marxista si manifesta nelle pagine di Gramsci attraverso lo sforzo continuo di discriminare i problemi « reali », liberandoli dagli inganni verbali e dagli ideologismi astratti. Ma la possibilità di identificare i problemi reali non ubbidisce a nessun astratto o estrinseco criterio di « realtà », si presenta bensí sempre come possibilità storicamente data nella prassi sociale. Sorge cioè come giudizio storico inserito e operante nell'azione storico-sociale-politica consapevole. Qui ha la sua radice ultima la complessa, articolata, identificazione gramsciana, a cui si è piú volte fatto cenno, di filosofia e politica. Il
1 Cfr. la II Tesi su Feuerbach, e Lenin, Materialismo e empiriocriticismo, ed. it., pp. 130-131.
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metodo di Gramsci è il metodo di tale giudicare storico connesso alla azione, quindi alla lotta, che richiede sempre di porsi in condizioni di comprendere (storicamente) le ragioni d'essere, le radici nella realtà (passato-presente), delle posizioni combattute (e in ciò manifesta la propria superiorità). Tale metodo di storicismo integrale (radicalmente opposto allo storicismo speculativo idealistico, fondato genericamente sulla nozione metafisica di divenire, e tendente a sovrapporre la sintesi ideale al movimento storico reale, cioè a mistificare la dialettica, a metter le « brache al mondo » ...) Gramsci lo estende, almeno tendenzialmente, fino alle estreme posizioni teoretiche, indirizzando l'indagine verso una compiuta applicazione ed elaborazione della dottrina delle sovrastrutture, che è uno degli aspetti piú originali del suo pensiero. Di qui la sua conseguente radicale storicizzazione del marxismo stesso (quale « coscienza piena delle contraddizioni » che si pone non al di là di esse ma come elemento del loro sviluppo, « principio di conoscenza e quindi di azione »); di qui la sua concezione pratico-umanistica della « oggettività » (identità di oggettivo e « universalmente soggettivo ») e la sua interpretazione storicizzata del significato di questo problema (« lotta per l'oggettività » come momento del processo storico-reale di unificazione umana), la quale contiene il nesso tra marxismo e scienze della natura (mediatrice la nozione di lavoro).
Attraverso tale interpretazione del problema della oggettività si arriva ad un margine estremo della effettiva riflessione di Gramsci, il cui ulteriore sviluppo egli indicava nella discussione e nell'approfondimento della tesi di Engels che « l'unità reale del mondo consiste nella sua materialità, e questa è dimostrata da uno sviluppo lungo e laborioso della filosofia e delle scienze naturali » (ove Gramsci intanto accentuava e invitava a considerare il carattere storico della prova).
6. - L'importanza d'insieme di' questo aspetto della problematica gram-sciana è da collegarsi alla lotta contro le intrusioni di materialismo metafisico nel marxismo (svolta da Gramsci piú specificamente nella discussione del « manuale popolare » del Bukharin). Queste intrusioni costituiscono per Gramsci anch'esse una forma di revisionismo, cui è stato sottoposto il marxismo, sebbene con caratteri e radici di classe (relativi a una fase storica ancora immatura del movimento reale della
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classe d'avanguardia nella sua capacità di esprimere una autonoma elaborazione e direzione culturale) profondamente diversi da quelli che si trovano alla origine del revisionismo idealistico (influenza della direzione ideologica borghese).
La battaglia di Gramsci contro l'idealismo e il revisionismo idealistico ha un posto importante nei suoi scritti e penetra, ancor piú della precedente, in una serie di problemi determinati (storiografici, economici, letterari, di metodologia critica ecc.), una parte dei quali esula dall'ambito della presente relazione. Essa si svolge fondamentalmente nella discussione dello storicismo crociano e rimane esemplare •anche se oggi sono in gran parte esaurite le ragioni di quell'Anticroce che Gramsci auspicava. È una battaglia interna alla cultura italiana, ma che ne oltrepassa i limiti per i suoi risultati e il significato metodologico. Essa conduce, per un lato, a ridurre il crocianesimo « alla sua reale portata di ideologia politica immediata » illuminandone il carattere conservatore-reazionario e liberale-riformistico (legami con « la tradizione moderata del Risorgimento », « col pensiero reazionario della Restaurazione », corrispondente « snervamento della dialettica hegeliana » sul piano teorico ecc.). Più in generale vien messa in luce « l'impotenza della filosofia idealistica a diventare una integrale concezione del mondo », nel senso di una illimitata espansività sociale-educativa, come caratteristico limite di classe. Ma per un altro lato la discussione con l'idealismo è ritraduzione in termini « realisticamente storicistici » (ossia marxisti) del suo « linguaggio speculativo », ogni volta che esso copra o investa problemi reali; ed è recupero o inveramento di tutti i « valori strumentali concreti » (in senso intellettuale) in esso incorporati, siano questi per origine precedenti al marxismo, o derivati da esso, o svoltisi parallelamente. (Assai nota, ad es., è la riduzione operata da Gramsci del concetto crociano di « storia etico-politica » a quello leniniano di
« egemonia », che giova all'approfondimento di questo e insieme mette in Luce i limiti del primo. Altro esempio, ricco di piú ampie suggestioni
sia in senso teoretico che storiografico, è la concezione della « teoria delle sovrastrutture » come « soluzione filosofica e storica dell'idealismo soggettivistico » 1).
1 M. S., pp. 230, 191, e passim.
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Qwesto atteggiamento metodico di Gramsci, che proviene dai classici, è da ritenersi, in generale, essenziale a una concezione non chiusa o dogmatica (settaria) del marxismo, ed essenziale al suo svolgersi e procedere per quella « strada maestra della civiltà mondiale » (Lenin), sulla quale storicamente è sorto.
Del pensiero di Gramsci nella presente relazione si è cercato perciò non tanto una collocazione storica (compito eventualmente di altri) quanto di mettere in evidenza, almeno in parte, quegli elementi fondamentali che ci sembrano piú attuali e attivi in tale senso.
 
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Titolo della pubblicazione Studi gramsciani
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Istituto Antonio Gramsci+++   promotore+++    Studi gramsciani   atti del convegno tenuto a Roma nei giorni 11-13 gennaio 1958   Primo convegno Internazionale di Studi Gramsciani tenuto a Roma nei giorni 11-13 gennaio 1958+++
  • Primo convegno Internazionale di Studi Gramsciani tenuto a Roma nei giorni 11-13 gennaio 1958
 
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Pubblicazione Roma+++ | Editori Riuniti+++ | Anno: 1958
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