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tipologia: Analitici; Id: 1543180


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Tipologia Documento di Convegno
Titolo [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] E. Garin, Antonio Gramsci nella cultura italiana
Responsabilità
Garin, Eugenio+++
  • ente ; ente
  autore+++    
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Eugenio Garin
ANTONIO GRAMSCI NELLA CULTURA ITALIANA
(Appunti)
1. Premesse metodologiche e questioni formali. Unità e frammentarietà: unità come coerenza.
Chi voglia affrontare, sotto un qualunque punto di vista, l'opera di Gramsci e il suo significato, non potrà non proporsi, preliminarmente, una serie di questioni la cui risoluzione in un senso piuttosto che in un altro peserà poi sulla valutazione e sull'interpretazione delle pagine gramsciane. Il carattere « frammentario» dei Quaderni, il valore delle Lettere, il loro rapporto con la produzione « giornalistica » precedente, il loro stesso « linguaggio » : ecco tutta una serie di problemi che chiedono una soluzione precisa. Quando il Croce nel '48 rifiutò la discussione del volume forse piú organico di Gramsci, addusse come motivo primario che si trattava di appunti, di osservazioni, di dubbi nati da letture occasionali, « di pensieri abbozzati o tentati, di interrogazioni a se stesso, di congetture e sospetti spesso infondati », comunque privi di «quel pensiero sintetico che scevera, fonde, integra in un tutto ». V'era, naturalmente, anche un altro motivo di quel rifiuto — e il Croce stesso, del resto, lo dichiarò — e cioè proprio la « filosofia della prassi » a cui il Croce ridava il « nome vulgato » di « materialismo storico », con ciò negando ogni originalità alla elaborazione di Gramsci 1. Ma è certo che anche quella prima e fondamentale « ragione » crociana non può non
1 Quaderni della Critica, 10, 1948, pp. 78-9.
4 1 documenti del convegno
essere discussa; tanto piú che, innegabilmente, se da un lato ci troviamo innanzi a frammenti, dall'altro non abbiamo che Lettere, e, prima ancora, solo articoli di giornale e scritture occasionali su cui sembra pesare perfino la condanna dell'autore 1. Per non dire della questione del « linguaggio », che Gramsci affrontò di proposito, e con tanto acume da sottolineare l'importanza che, almeno come tentativi, avevano a parer suo anche ricerche come quelle del Vailati. Ora, è giusto estendere la ragione contingente di ovvi travestimenti di nomi propri a tutta la terminologia filosofica gramsciana? e, quindi, a tutta una impostazione dottrinale?
A dir vero Gramsci stesso sembrò proporsi il problema, non solo quando ritornò su alcuni testi dei suoi Quaderni rielaborandoli, ma in alcune note metodologiche del 1933. Stese, è vero, per chi intendesse studiare Marx, esse tuttavia non riescono a nascondere un chiaro accento autobiografico. E, comunque, nella loro precisazione e validità debbono pur essere tenute presenti da chiunque affronti lo studio dei volumi gramsciani.
Non a caso Gramsci si proponeva proprio il problema di chi voglia ricostruire la genesi e la struttura di una « concezione del mondo», che l'autore non abbia mai « esposto sistematicamente », e quindi non sia rintracciabile « in ogni singolo scritto o serie di scritti, ma nell'intiero sviluppo del lavoro intellettuale vario in cui gli elementi della concezione sono impliciti » . In un lavoro del genere « occorre... preliminarmente un lavoro filologico minuzioso e condotto col massimo scrupolo di esattezza, di onestà scientifica, di lealtà intellettuale, di assenza di ogni preconcetto ed apriorismo o partito preso ». (Lo studioso non dovrebbe mai dimenticare lo sdegno morale con cui Gramsci colpisce l'abitudine di « sollecitare i testi ».)
Questa analisi preliminare tende a « identificare gli elementi divenuti stabili e "permanenti ",... assunti [cioè) come pensiero proprio », distinguendoli dal materiale servito di stimolo, e fissando per dati interni — « dall'intrinseco » — i periodi e gli « scarti ». « È osservazione comune di ogni studioso — prosegue — come esperienza personale, che ogni nuova teoria studiata con " eroico furore" (cioè quando non si studia per mera curiosità esteriore ma per un profondo interesse) per
1
LC., p. 137.
Eugenio Garin 5
un certo tempo, specialmente se si è giovani, attira di per se stessa, si impadronisce di tutta la personalità e viene limitata dalla teoria successivamente studiata finché non si stabilisce un equilibrio critico e si studia con profondità senza però arrendersi subito al fascino del sistema o dell'autore studiato. Questa serie di osservazioni valgono tanto piú quanto piú il pensatore dato è piuttosto irruento, di carattere polemico e manca di spirito di sistema, quando si tratta di una personalità nella quale l'attività teorica e quella pratica sono indissolubilmente intrecciate, di un intelletto in continua creazione e in perpetuo movimento, che sente vigorosamente l'autocritica nel modo più spietato e conseguente »'.
Ed ecco infine, l'invito a distinguere fra opere edite e opere postume, fra opere elaborate ed appunti -(« un'opera non può mai essere identificata col materiale bruto raccolto per la sua compilazione: la scelta definitiva, la disposizione degli elementi componenti, il peso maggiore o minore dato a questo o a quello degli elementi raccolti nel periodo preparatorio, sono appunto ciò che costituisce l'opera effettiva »); fra scritti destinati al pubblico e lettere (« un'affermazione recisa fatta in una lettera non sarebbe forse ripetuta in un libro. La vivacità stilistica delle lettere, se spesso è artisticamente piú efficace dello stile piú misurato e ponderato di un libro, talvolta porta a deficienze di argomentazione; nelle lettere, come nei discorsi, come nelle conversazioni, si verificano piú spesso errori logici; la rapidità maggiore del pensiero è spesso a scapito della sua. solidità »).
Se si terrà conto di queste considerazioni — che sono del resto premesse valide per ogni indagine del genere; se si terranno presenti le non dimenticabili osservazioni sugli effetti dell'isolamento nel carcere, come determinanti di un lavorio esasperato intorno a un tema 2, — l'indagine si orienterà subito, attraverso l'analisi dei testi, verso la « ricerca del leit-motiv, del ritmo del pensiero in isviluppo... piú importante delle singole affermazioni casuali e degli aforismi staccati ».
Ora ciò che colpisce subito nei testi del Gramsci è proprio la costanza. evidente di temi. Quest'opera cosí « frammentaria » nella forma espressiva. (articoli, lettere, appunti) è in realtà singolarmente « unitaria », non solo nell'ispirazione e nell'impegno, ma nella costanza delle precise « do-
1 M. S., pp. 76-7.
2 P., p. 130; L. C., p. 39.
6 1 documenti del convegno
mande » e nel progressivo approfondimento delle risposte. Nei Quaderni ritornano con insistenza gli stessi « appunti », o appunti analoghi; e l'eco se ne ritrova nelle lettere; e non è difficile rintracciarne motivi già negli articoli. D'altra parte, ire un certo senso, il « frammento » corrisponde non di rado come modo espressivo esatto a quella puntualizzazione delle « piccole cose » opposta dal Gramsci alla considerazione « oleografica » della storia per momenti « culminanti » epici o eroici: « Nella realtà, da dovunque si cominci a operare, le difficoltà appaiono subito gravi perché non si era mai pensato concretamente a esse; e siccome occorre sempre cominciare da piccole cose (per lo piú le grandi cose sono un insieme di piccole cose) la " piccola cosa " viene a sdegno; è meglio continuare a sognare e rimandare l'azione al momento della " grande cosa " »'. La polemica contro la genialità in name del « metodo delle esperienze piú minuziose » 2 trova del resto un riscontro importante anche nella valutazione dell'efficacia del Croce « minore », dei problemi definiti, delle note', della polemica contro il « sistema » 4 in name dell'aderenza alla concreta realtà storica: « si crede volgarmente che scienza voglia assolutamente dire " sistema " e perciò si costruiscono sistemi purchessia, che del sistema non hanno la coerenza intima e necessaria ma solo la meccanica esteriorità » 5. In realtà unità e sistematicità consistono « nell'intima coerenza e feconda comprensività di ogni soluzione particolare » 6.
2. Gramsci e Croce.
L'elaborazione continua a cui Gramsci sottopone concetti e metodi si precisa dunque lungo linee di sviluppo ben definite. Se in un articolo dell'Avanti! del 21 agosto 1916 troviamo l'uso aperto — sul terreno della critica teatrale — delle « categorie » crociane (e un tendenziale
1 P., p. 7-
2 L. C., p. 41.
3 M. S., pp. 171-2.
4 M. S., pp. 179-80.
5 M. S., p. 131.
s M. S., p. 180.
7 L. V., p. 247.
Eugenio Garin 7
orientamente crociano degli anni di preparazione riconoscerà egli stesso piú tardi, esplicitamente 1), assistiamo poi a un progressivo costante lavoro di determinazione della portata « speculativa » del « revisionismo » crociano, e della sua funzione pratica (« la piú potente macchina "per conformare" le forze nuove italiane agli interessi del gruppo dominante » ), mentre d'altra parte, viene precisata l'importanza del contributo positivo recato dal Croce stesso sul terreno della polemica antiteologica ed antimitologica per una « fede nella civiltà » moderna, che non ha bisogno di trascendenza e rivelazione, ma contiene in se stessa la propria razionalità e la propria origine: « una conquista civile che non deve essere perduta » 2. dl testo è del '31, e va confrontato con la lettera drammatica e commovente del 24 luglio '33 3, quando, perché non si approfittasse della sua debolezza per fargli fare « cerimonie » che gli « ripugnavano », nel « delirio » parlò per un'intera notte « dell'immortalità dell'anima in un senso realistico e storicistico, cioè come... sopravvivenza delle nostre azioni utili e necessarie e come un .incorporarsi di esse nel mondo di fuori »
Il serrato dialogo con Croce (e con tutto il mondo intellettuale italiano legato alla influenza crociana) percorre cosí l'attività culturale gramsciana, e ne caratterizza bene l'inserzione nella vita nazionale. In Croce Gramsci vede, non solo il grande intellettuale di tipo era-smiano, ma anche l'espressione piú avanzata della cultura italiana contemporanea, quella che ha più presa e maggior efficacia « confor-matrice » . Il fatto che Gramsci combatta su quella linea, e a volte si ha l'impressione di una sua volontà di opporsi a Croce punto per punto, giudizio contro giudizio, in tutta la valutazione della storia italiana, in una correzione costante delle posizioni discusse, per uno spostamento sistematico del punto di vista; il fatto che tale impostazione sembri spesso lasciare in ombra, magari fino all'ingiustizia, altri temi ed aspetti pur validi di posizioni culturali diverse: tutto questo indica in realtà, non un limite, ma l'attualità di una discussione, la sua storicità concreta, una analisi che, appunto perché non « speculativa » ma indirizzata all'azione, intendeva combatter una bat-
1 M. S., p. 199; L. C., p. 132.
2 L. C., p. 132.
3 L. C., p. 229.
2.
8 I documenti del convegno
taglia reale e opporre a scelte reali, attuali, scelte che, appunto per collocarsi sul medesimo terreno dell'avversario, fossero capaci di contrapporglisi efficacemente, ed anche, a volte, perché no? di accettare e integrare: « non bisogna concepire la discussione scientifica come un processo giudiziario... Nella discussione scientifica, poiché si suppone che l'interesse sia la ricerca della verità e il progresso della scienza, si dimostra .piú " avanzato " chi si pone dal punto di vista che l'avversario può esprimere un'esigenza che deve essere incorporata, sia pure come un momento subordinato, nella propria costruzione. Comprendere e valutare realisticamente la posizione e le ragioni dell'avversario... significa... porsi da un punto di vista " critico ", l'unico fecondo nella ricerca scientifica » 1. Gramsci, in proposito, ha insistito con pari energia sulla necessità di non diminuire mai l'avversario se non si vuol vincerlo « in sogno » 2, e sulla fecondità di una discussione « reale », cioè condotta sul piano di un dibattito attuale.
Se « dobbiamo essere piú aderenti al presente... avendo coscienza del passato e del suo continuarsi (e rivivere) » 3 ; se condizione per « l'attività attuale di creazione di una nuova storia » è « lo studio concreto della storia passata »; se si sarà tanto più forti « quanto piú elevato sarà il livello culturale e sviluppato lo spirito critico », se « condanna in blocco il passato » solo chi non « riesce a differenziarsene » 4; se, d'altra parte, il passato ha sempre molte voci ,(« La tradizione italiana perciò presenta diversi filoni: quello della resistenza. accanita, quello della lotta, quello dell'accomodantismo e dello spirito di combinazione, (che è la tradizione ufficiale) »), è chiaro che ogni gruppo potrà richiamarsi variamente « a uno di questi filoni tradizionali, distinguendo tra fatti reali e ideologie, tra lotte effettive e lotte verbali ». Ora, una discussione non astratta, ma legata a contrasti reali, opporrà sí scelte a scelte, ma a scelte « effettuali » scelte « effettuali »; ossia polemizzerà sul terreno su cui la lotta è « attuale » e con argomenti convenienti, impegnandosi teoricamente e praticamente a criticare, integrare (e rovesciare) le posizioni più « avan-
1 M. S., p. 21.
2 P., p. 7.
3 P., p. 4.
4 P., p. 34
Eugenio Garin 9
zate » 1, quelle che hanno presa, che pesano nella vita di un paese (« una teoria è appunto " rivoluzionaria " nella misura in cui è elemento di separazione e distinzione consapevole in due campi » 2; « si può dire che una gran parte dell'opera filosofica di B. Croce rappresenta f ill tentativo di riassorbire la filosofia della prassi e incorporarla come ancella alla cultura tradizionale»). È sotto questo profilo che va inteso, non solo il rapporto di Gramsci con Croce, ma tutto il modo della discussione gramsciana, e il suo inserimento nella vita culturale del paese. « Come uomo di pensiero fu dei nostri » — scriveva Croce nel '47 3 — « di quelli che nei primi decenni del secolo in Italia attesero a formarsi una mente filosofica e storica adeguate ai problemi del presente... E rivedo qui i frutti di quegli anni: il rinnovato concetto della filosofia nella sua tradizione speculativa e dialettica, non già positivistica e classificatoria, l'ampia visione della storia, l'unione dell'erudizione col filosofare, il senso vivissimo della poesia e dell'arte nel loro carattere originale ». Croce avrebbe potuto continuare, toccando del punto fondamentale di contatto: una cultura sdegnosa di « anime belle » e di « mani pure », ma militante, politicamente combattente, e poco importa, qui, se in campi opposti.
I1 « crocianesimo » di Gramsci — a parte una prima simpatia iniziale — consiste nell'avere « combattuto » sistematicamente Croce, considerandolo la voce piú importante (e piú « pericolosa ») della vita italiana (il sostenitore, diceva Gobetti, di un « conservatorismo illuminato e trepido, onesto, moderatamente liberale, capace di salvare le forme e la pace »). In tal senso soltanto, Gramsci è costantemente « condizionato » da Croce — e dalla situazione determinatasi intorno a Croce — pro e contro. E questo significa unicamente che la forma della discussione, proprio per essere non velleitaria, ma calata nella realtà nazionale, si definisce in certi termini storici. Machiavelli di contro a Guicciardini; De Sanctis, Spaventa, Labriola, invece di Cattaneo, e cosí via. Ed era davvero piú importante mostrare le possibilità e fecondità di De Sanctis oltre, o su un piano diverso da quello
Mach., p. 39.
2 M.S., p. 157.
3 Quaderni della Critica, 8, p. 86.
I documenti del convegno
degli « avversari » che si rifacevano a De Sanctis. Per una loro intima forza, e per l'opera della cultura piú « avanzata», erano quelli i temi operanti; 11 bisognava dar battaglia, non spostar l'attenzione altrove, su linee magari importanti, ma non altrettanto « attuali » (quanto piú « astratto » e « dottrinario » l'amore di Salvemini e Gobetti per la « concretezza » di Cattaneo!). Valgono per Gramsci le parole che Gramsci scriveva su Machiavelli: « il Machiavelli non è un mero scienziato; egli è un uomo di parte, ... un politico in atto, che vuol creare nuovi rapporti di forze... » 1. E come Croce, costantemente, aveva legato la sua visione storica della vita culturale italiana a unimpegno etico-politico, cosí, di contro, Gramsci, da un lato tende a svelare i limiti — e la validità — di una tradizione culturale italiana (di quella tradizione culturale italiana), ma dall'altro indica accanto ad essa i fremiti e le possibilità di un'altra cultura: giacobina, popolare-nazionale, non aulica, non distaccata. E la distanza Croce-Gramsci, pur in tanta vicinanza, non si misura forse mai cosí bene come quando si rifletta sull'osservazione gramsciana 2 a proposito delle due grandi opere storiche crociane, la Storia d'Italia e la Storia d'Europa: in entrambe lo storico presuppone il momento della latta, « del ferro e del fuoco », del rinnovamento, della
rivoluzione » ; studia il momento dell'equilibrio, della riunificazione (Gramsci, è noto, ammette la possibilità di una storia etico-politica come storia del momento « egemonico », ma per domandarsi subito se quella di Croce sia veramente storia etico-politica, o non, piuttosto, solo « speculativa » 3).
Impegnarsi puntualmente sul suo medesimo terreno a discutere quella che era la piú chiara e diffusa posizione culturale, esaminando in ogni sfumatura la visione storica che essa offriva della vita italiana, significava veramente combattere per l'affermazione di un'altra posizione, non astrattamente e in modo velleitario, ma operando sul piano culturale e sul terreno politico nel loro indissolubile nesso. « Se scrivere storia significa fare storia del presente, è grande libro di storia quello che nel presente aiuta le forze in sviluppo a divenire piú consapevoli di se
1 Mach., p. 39.
2 M. S., p. 192.
3 L. C., pp. 186-7.
Eugenio Garin 11
stesse e quindi piú concretamente attive e fattive » Nella suggestiva tesi gramsciana si coglie tutta la vicinanza e la lontananza da Croce: si coglie ormai consapevolmente dichiarato il senso di quello che gli accadde di scrivere nel '19, a proposito dei rivoluzionari russi: hanno rotto col passato, ma hanno continuato il passato; hanno spezzato una tradizione, ma hanno sviluppato e arricchito una tradizione » 2. Quello che con efficacia fu detto di Gobetti con un'espressione gobettiana, può dirsi, con piú forza, di Gramsci: « ha letto il Marx di Lenin, non il Marx di Croce: cioè non lo ha messo in soffitta ». Ma converrà dire di piú: Gramsci non ha messo Marx né in soffitta né sugli altari: lo ha « tradotto » nel « linguaggio » italiano attuale — si ricordino le sue considerazioni sulla « traduzione » della Rivoluzione francese 3 — ossia ha alimentato i problemi del presente con la riflessione del passato, e la storia del passato ha illuminato e vivificato con le richieste del presente.
3. La storia della « tradizione culturale » italiana.
È cosí possibile ripercorrere con Gramsci tutta la storia della cultura italiana, in una prospettiva originale, saldata al presente, ossia legata a discussioni vitali, e a reali richieste. Ed è una storia in cui si possono cogliere puntualmente visioni e costruzioni di singolare fecondità, anche se talora non scevre di insufficienze e limiti interpretativi, in cui si fanno sentire le conseguenze, non solo della situazione tragica in cui Gramsci lavorava, ma anche delle impostazioni da cui partiva e con cui si trovava a combattere. Cosí è in tanti aspetti tutta desancti-siana la condanna « moralistica » di buona parte dell'età umanistico-rinascimentale (di un De Sanctis che si va a volte a incontrare stranamente con Walser o Toffanin); ed è di origine desanctisiana il rapporto Machiavelli-Guicciardini. Ma è gramsciana, non solo la maniera di parre il problema dell'ambiguità, ossia della pluralità di temi del Rinascimento, ma, soprattutto, la robusta interpretazione di Machiavelli, e
R., p. 63.
2 0.N., p. 7.
3 M. S., pp. 199-200.
12 I documenti del convegno
il nesso Machiavelli-Savonarola, e, in Machiavelli, il rapporto Principe-Discorsi, e tutta la polemica con Croce e con le varie visioni della posizione di Machiavelli. Qui Gramsci ha certo risentito — oltre De Sanctis e Croce — della lettura del libro di Russo; ma ha anche proposto una serie di temi, fondamentali certo per intendere la sua concezione del Moderno Principe, ma non dimenticabili per chiunque intenda ripensare seriamente il significato di Machiavelli e del Rinascimento. Per questo la discussione dell'opera gramsciana andrà condotta su questo argomento col massimo rigore, tanto piú che è molto importante mettere a fuoco, proprio nella valutazione dell'età del Rinascimento e della Riforma, la presentazione del distacco della cultura —e degli « intellettuali » — dalla realtà nazionale, dal popolo, e la prospettiva delle loro vicende e della loro funzione oltre i confini italiani. Ove finalmente la storia della cultura italiana si definisce e prende corpo nell'indagine circa la formazione e le vicende, gli interessi e l'opera precisa, di gruppi definiti di uomini (gl'« intellettuali ») che tendono a costituirsi con fisionomia •e aspirazioni determinate (storia di cose e individui concreti al posto di nozioni vaghe e nebulose).
D'altronde, se Gramsci risente di tutto un clima culturale nella valutazione dei secoli XVII e XVIiIiI, e nella limitata attenzione rivolta, per esempio, all'opera degli scienziati, di nuovo l'analisi dei suoi giudizi dovrà farsi molto attenta per quel che riguarda 1'800. Dalle considerazioni su Manzoni (Manzoni di fronte a Tolstoi nel rapporto col popolo) e su Gioberti, al peso attribuito a De Sanctis e alla sua opera, è tutta una serie di nette prese di posizione su argomenti centrali della cultura italiana. Finché ritroviamo il punto nodale costituito da Hegel in Italia, ossia delle posizioni di Spaventa e Labriola, di Croce e Gentile.
E proprio qui si colloca l'originalità della gramsciana filosofia della prassi, col suo giudizio rapido, ma chiaro e indicativo, sul valore di Labriola: («,i1 Labriola, affermando che la filosofia della prassi è indipendente da ogni altra corrente filosofica, è autosufficiente, è il solo che abbia cercato di costruire scientificamente la filosofia della prassi » 1), e la sua polemica condotta su due fronti: da un lato contro la « rinascita » idealistica, e dall'altro contro il positivismo del primo Novecento. E
1 M. S., p. 79.
Eugenio Garin 13
se contro quest'ultimo, contro il suo modo di fraintendere Marx e contro tutti gli atteggiamenti di deteriore « economismo » e « meccanicismo fatalista », Gramsci si vale spesso delle armi dei neohegeliani, contro il loro « revisionismo » e le loro nostalgie teologiche e speculative (« Lo storicismo idealistico crociano rimane ancora nella fase teologico-speculativa » 1) riprende le armi di Hegel (di un Hegel non « teologo » o non solo « teologo » — « la filosofia della prassi è una riforma e uno sviluppo dello hegelismo ») e di Marx, e in questo senso elabora il suo umanismo integrale (« il comunismo è umanismo integrale: studia, nella storia, tanto le forze economiche che le forze spirituali ecc. » 2), il suo integrale storicismo r(« la storia riguarda gli uomini viventi », è la realtà di « tutti gli uomini del mondo in quanto si uniscono tra loro in società e lavorano e lottano e migliorano se stessi » 3; « la natura dell'uomo è la " storia "... » 4), la sua filosofia della prassi (« la filosofia della prassi deriva certamente dalla concezione immanentistica della realtà, ma da essa depurata da ogni aroma speculativo e .ridotta a pura storia o storicità o a puro umanesimo » 5), o, in una parola, la sua « traduzione » in italiano dell'eredità valida di Marx. E quel che ipiú colpisce e, appunto, questa traduzione 6 cosí attenta alla storia italiana e degli « intellettuali » italiani, e alla reale situazione, quale si era venuta esprimendo nelle forme piú avanzate del suo tempo. Le innumerevoli note, gli appunti, che costituiscono spesso il costante contraddittorio di quelle note crociane che egli non a torto riteneva la parte piú efficace della produzione del Croce, si possono facilmente considerare una presenza costante nella vita italiana, intorno a cui è possibile alimentare un dibattito su tutti i fatti di rilievo della vita nazionale.
E qui si definisce anche quella cosí originale, e cosí nostra « filosofia della prassi», che si colloca come posizione di primo piano fra le elaborazioni di pensiero di questo secolo, di fronte alla crociana « filosofia dello spirito », ma autonoma e nettamente caratterizzata. Ove proprio i
1 M. S., p. 191.
2 0.N., p. 234.
3 L. C., p. 255.
4 M. S., p. 31-2.
5 M. S., p. 191.
6 M. S., pp. 63 sgg.
 
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  • Primo convegno Internazionale di Studi Gramsciani tenuto a Roma nei giorni 11-13 gennaio 1958
 
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Pubblicazione Roma+++ | Editori Riuniti+++ | Anno: 1958
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