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tipologia: Analitici; Id: 1527736


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Tipologia Periodico
Titolo Vittorio Lanternari, Religione, società, politica nell'Africa Nera avanti e dopo l'indipendenza
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RELIGIONE, SOCIETA', POLITICA NELL'AFRICA NERA AVANTI E DOPO L'INDIPENDENZA
Ogni secolo nasconde, dietro il sipario dei progressi e delle trasformazioni piú evidenti e chiassose, una sua dimensione inte-teriore. Il secolo della macchina e dei risorgimenti nazionali ha avuto una propria dimensione interiore: il socialismo. L'era atomica avrà la sua dimensione interiore, probabilmente, nell'antropologia. La «riscoperta dell'uomo» cui noi oggi assistiamo ha due aspetti fondamentali. Per un verso l'uomo — quello delle società arcaiche, illetterate, pre-industriali, pre-classiste o scarsamente complesse — acquista coscienza sociale, politica, umana di se stesso e dei suoi valori. Per l'altro verso gli altri uomini — noi delle società avanzate, industriali, classiste, noi della civiltà con la C ritenuta finora maiuscola, noi della civiltà che si fonda .sul libro — stiamo riscoprendo, attraverso l'antropologia, orizzonti culturali inesplorati, modi d'esistere e di credere inconcepibili fin qui per noi stessi. Lo si chiama convenzionalmente il « terzo mondo », riferendosi — come a entità distinte — alla civiltà euro-americana e a quella sovietica che invece per la nostra antropologia costituiscono un unico mondo, il «moderno », contrapposto a quello afro-asiatico, l'« antico ». Dunque questi due mondi, l'« antico » e il moderno », quello delle civiltà illetterate e della civiltà del libro, quello della zappa e quello dei trattori meccanici, s'incontrano sul terreno storico, si urtano, entrano in concorrenza, si sfidano, si scrutano, misurano le proprie forze e la propria debolezza l'uno di fronte all'altro. La lezione che viene per noi dall'Africa Nera specialmente oggi che molti dei paesi africani hanno raggiunto l'indipendenza, é d'incalcolabile valore. E' difficile misurare e apprezzare tutti gli aspetti possibili di questa lezione. L'Africa Nera, questo crogiuolo di stridenti contrasti fra arcaico e nuovo, questa «ambigua» terra d'incontri e di scontri
RELIGIONE, SOCIETÀ, POLITICA ECC. 143
tra forze e culture impari per sviluppo tecnico-organizzativo (superiore nella civiltà euro-americana) ma impari anche per coerenza ideologica e sensibilità sociale (superiori nelle civiltà africane), offre, anche al visitatore fuggevole e superficiale, l'impressione sconcertante di un punto nodale dal quale si stanno elaborando in larga misura destini dell'umanità, anzi dell'umanesimo di domani. Destini tuttora incerti e fumosi, che volgeranno in senso progressivo se l'Africa saprà trovare il suo difficile equilibrio fra passato e futuro, fra un mondo di religione e un mondo di tecnica, ovvero potranno precipitare verso una crescente disgregazione e verso l'involuzione social-politica e culturale, se il mondo africano non saprà utilizzare fecondamente il suo corredo culturale plurimillenario.
Sono appena da ricordare i recenti sanguinosi conflitti etnici, degli Hutu contro i Tutsi; le lotte interne del Congo con i loro nazionalismi e i loro secessionismi rispettivamente legati all'anticolonialismo e al neocolonialismo, i recenti episodi di rivolta social-religiosa nella Rhodesia settentrionale, oltre al tumore dell'apartheid, i tribalismi; gli enormi scompensi, anzi l'abisso sociale scavatosi fra — da una parte — un proletariato rurale « dei villaggi », che dei progressi tecnico-organizzativi soffre (si pensi alla detribalizzazione e ai suoi effetti funesti!) più che godere e un sottoproletariato urbano figlio del primo, dall'altra parte alcune élites minoritarie per lo più così profondamente europeizzate, anzi « abbagliate dagli splendidi orpelli della civiltà occidentale... da essere del tutto stornate dalla tradizione come da una cosa perfettamente marcia e ,spregevo'le» (1): tutto ciò rischia — se non prevaranno le forze interne ed esterne più democratiche e sagge, che pure non mancano — di travolgere l'Africa sulla scia dei dispotismi coloniali, sulla via dello strumentalismo politico di gruppi interni che noi definiamo «auto-colonialisti », sulla via dell'opportunismo classista, fino all'abdicazione totale della propria civiltà e dei valori originali. « Sarebbe vera ironia
(1) TURNBULL, 1962, p. 251.
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— cosi un intelligente etnologo inglese, il Turnbull, conclude il suo stimolante libro di biografie africane —, sarebbe vera ironia se l'ultimo atto di una distruzione preparata con tanta cura sebbene inconsciamente dalle potenze coloniali, dovesse venire dagli Africani stessi, per non saper valutare essi la loro immensurabile eredità u (2).
Poiché l'Africa Nera è terreno di uno dei fenomeni più interessanti e attuali dell'antropologia sociale e religiosa — precisamente il fenomeno dei movimenti social-religiosi —, ed essa offre ampio materiale per lo studio di alcuni problemi fra i più attuali della storia e sociologia religiosa, presentiamo per sommi capi alcuni di questi principali problemi, cioè : 1) i rapporti tra movimenti religiosi e sviluppo socio-culturale; 2) il rapporto fra religioni nuove e movimenti politico-sociali; 3) i rapporti fra politica e re-
nei paesi di recente indipendenza.
La prima parte del nostro discorso riguarda sincretismi
e messianismi. Essa appare a suo modo più agevole e matura, perché la letteratura esistente è cosi vasta, sia per settori etnografici particolari sia per la parte comparativa, che ci sembra giunto il momento di trarre alcune conclusioni. La seconda parte riguarda il neo-triadizionallismo d'età post-,coloniale. Quest'ultimo presenta problemi complessi d'interpretazione sociologico-storica.
Precisiamo che per neo-tradizionalismo intendiamo convenzionalmente la tendenza a riprendere tratti della tradizione religiosa nativa in parte già abbandonati, indipendentemente da espliciti influssi delle grandi religioni occidentali. Il neo-tradizionalismo cosi inteso si distingue dal sincretismo, intendendo per sincretismo restrittivamente la tendenza a fondere con tratti religiosi nativi altri elementi religiosi di provenienza occidentale. Tali distinzioni, come tutte quelle di carattere terminologico, hanno un valore convenzionale e relativo: lato sensu non esiste alcuna religione che non sia sincretista, e cioè non possieda tratti d'origine più o meno eterogenea, cosi come per converso nessun tradizionalismo né neo-tradizionali-
(2) TURNBULL, lOC. Cit.
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smo può escludere in maniera assoluta elementi innovatori e stranieri. Sottolineiamo che dunque sia il sincretismo sia il neo-tradizionalismo sono tendenze (e non formazioni rigide), tuttavia ben distinte sul terreno concreto dei dati. Esse possono coesistere nell'ambito d'una medesima società e simultaneamente, con significati socio-culturali complementari e perfino convergenti. Sincretismi e neo-tradi. zionalismi spesso rappresentano altrettante risposte di valore protestatario e anticonformista, elaborate dalle società africane sotto l'urto della civiltà occidentale e sotto l'oppressione coloniale. Pur nella loro intonazione differente — conservatrice nei neo-tradizionalismi, innovatrice nei sincretismi — le due tendenze hanno spesso un fondo comune di polemica autonomista anti-occidentale. In altri casi e in certe fasi di sviluppo di alcune società africane, il neo-tradizionalismo si contrappone a un precedente sincretismo e prevale su di esso. Alcuni autori parlano, a questo proposito, di «neo- paganismo », di a reflux de la Christianisation », ecc. Poiché conosciamo numerosi casi di questo genere, e specialmente presso nazioni africane di recente indipendenza, questo tipo di neo-tradizionalismo post-coloniale, che é il più sconcertante ed inquietante, pone seri problemi di rapporti fra politica e religione nei paesi di recente indipendenza. Il ritorno alle tradizioni si accompagna, in questi casi, col rifiuto più o meno esplicito, e comunque con l'abbandono o l'offuscamento di numerosi elementi cristiani prece- dentemente accettati sia in forme sincretiste sia per apparenti conversioni.
Sincretismo, messianismo, neo-tradizionalismo costituiscono importanti aspetti del multiforme panorama offerto dallo sviluppo delle religioni africane negli ultimi decenni. Un breve riesame storico e comparativo richiede che tutte queste manifestazioni vengano collocate entro il quadro più generale delle varie risposte — culturali, sociali, politiche oltreché religiose — che le società indigene hanno dato alla civiltà occidentale nella « situazione coloniale » che ha caratterizzato il corso della loro storia per lunghi decenni. Per quel che riguarda i più recenti sviluppi religiosi d'epoca post-coloniale, si richiede soprattutto un'analisi sociologica dei compor-
146 VITTORIO LANTERNARI
tamenti religiosi degli abitanti dei villaggi e della popolazione negra urbana, e d'altra parte un'analisi della politica culturale delle élites urbane e delle risposte e reazioni religiose delle popolazioni rurali. In tal senso l'ipotesi che i neo-tradizionalismi d'ambiente rurale siano una spontanea risposta alla politica deculturatrice promossa dalle élites occidentalizzate d'ambiente urbano assume una certa consistenza. Roger Bastide, il quale già ha posto in modo acuto il problema dei rapporti fra élites dirigenti e comportamenti religiosi indigeni, ha indicato nei sincretismi una risposta autonomista delle popolazioni (rurali) al nuovo colonialismo culturale perseguito dalle élites dirigenti dei paesi indipendenti (3). Tanto piú, secondo noi, si giustificano i nuovi neo-tradizionalismi africani, in questa situazione di «auto-colonizzazione» interna.
Sincretismi e neo,-tradizionalismi d'epoca coloniale.
A proposito di sincretismo e messianismo, c'é anzitutto un problema di terminologia. Spesso questi termini sono stati usati indiscriminatamente per designare in genere i culti nuovi dell'Africa Nera e di altre popolazioni. Ma — come osserva Denise Paulme — « quale culto può non dirsi sincretista al suo inizio? D'altronde, tutto confondere sotto la designazione di messianismo sarebbe deformare i fatti: non necessariamente si trova in tutti i culti la persona del salvatore divino» (4).
Dunque i due termini non coprono l'intera realtà dei nuovi movimenti religiosi africani. Esistono in realtà tanti sincretismi differenti fra loro, quante sono le nuove religioni, anzi le fasi di sviluppo di ciascun movimento religioso. Quanto ai messianismi, ne esiste un tale numero ed una varietà così grande, ché noi stessi ne abbiamo fatto, altrove (5), uno studio più preciso, e autori come Shepperson, Baeta ecc, distinguono i messianismi « personali » da quelli « impersonali » (6).
(3) BASTIDE 1959, 440.
(4) PAULME, Cah. Et. Afr. 1962, 6.
(5) LANTERNARI, McSSiariiSM.
(6) SHEPPERSON, 1962, 47.
RELIGIONE, SOCIETÀ, POLITICA ECC. 147
Piuttosto ci chiediamo: quali altri movimenti religiosi nuovi, non sincretisti e non messianici, si sono prodotti nell'Africa Nera ? In quale rapporto stanno essi con quelli sincretisti? Ne ricordiamo alcuni a mó d'esempio. Dopo 'il 1900 fra gli Ascianti del Ghana si diffuse una serie di grandi movimenti, dei quali ci documentano ampiamente il Debrunner e la Field, detti degli « an-tiw'itchcraft-shrines ». In tre ondate (prima del 1912, nel 1924 e negli anni successivi, durante e dopo la II guerra mondiale) nacquero numerosi centri cultuali, (Aberewa, Kune Tigare, ecc.) intorno a certi santuari-capanne o luoghi sacri all'aperto, ove si deponevano oggetti particolari come vasi con polveri magiche, radici, sangue, tamburi, idoli ed altro ancora. Tali santuari erano ritenuti sede di spiriti tutelaci e ciascuno di questi culti era fondato da altrettanti profeti a seguito di sogni o visioni. Si campivano riti sacrificali in onore degli spiriti protettori, i fedeli stando pressa i santuari ingerivano medicine magiche (bevande di cola) che avrebbero rafforzato la resistenza degli individui contra gli effetti delle stregonerie. I fedeli osservavano certe norme di comportamento etico-sociale prescritte dal profeta.
Tutti gli elementi di questi culti rientrano in pieno nel quadro della tradizione magica indigena, senza che si possa parlare d'un vero rinnovamento di tale tradizione. Eppure in qualche modo sono culti nuovi, cioè nuove combinazioni di arcaici elementi magici. Sono nuovi gli spiriti tutelaci, gli oggetti di culto, le norme eticosacrali indicate per chi cercasse salvezza efficace contro malanni e stregonerie. Inoltre chi fosse sospettato come autore di malefici, spinto a confessare dinanzi al san- tuario, non avrebbe potuto trattenersi — se colpevole — dall'ammettere la sua colpa.
Questi culti magici antistregonisti recenti rispondono al senso d'insicurezza, di malessere e rischio portato dall'occupazione dei bianchi. I culti nuovi sono una «risposta pagana ai nuovi bisogni umani» di protezione, di fronte ai quali i culti tradizionali si sono mostrati ormai inefficaci (7).
DEBRUNNER 1961. , 106, 112-28,
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Movimenti antistregonisti del genere sono documentati, negli ultimi decenni, fra gli Akim (8), gli Ascianti della Costa d'Oro (9), gli Yoruba (10), i Bete, i Senufo e altre popolazioni della Costa d'Avorio (11), presso i Kuba del Kasai (12), i Bemba della Rhodesia settentrionale (13), nonché nell'Africa centro-orientale tra i Mawali, gli Ngoni etc. (14); tra i Fang (15).
Il processo che determina la nascita dei recenti movimenti magici e antistregonisti, è legato all'esperienza di un'aggravata paura e d'indefinibile insicurezza incombente sul gruppo a seguito dello scardinamento della cultura nativa operato dai bianchi e dei mali fisici e sociali da loro introdotti. In queste condizioni la fi- ducia nella «potenza » della magia cresce, e la 'lotta antistregoni-sta comincia. Questa processo è espresso in termini esemplari nelle parole di un capo ghanese. Come informa il Debrunner, costui cerca di giustificarsi per avere ordinato ai Cristiani del suo villaggio di sottoporsi all'ordalia del veleno. (( Che altro potevo fare? — egli dichiara —. Non c'è più felicità per il nostro villaggio. Noi lavoriamo duramente ma senza frutto. I1 suolo si fa sempre più sterile per l'accresciuta popolazione; le lumache, no stro cibo prediletto e già oggetto di scambi, vengono a mancare perché .molti infrangono i tabu che vietano di raccoglierle in certe stagioni. Meno figli nascono e più ne muoiono per le malattie veneree. I morbi infieriscono su di noi: specie la tbc, introdotta dai biànchi. Tutto ciò non può esser dovuto che a stregoneria, e perciò io ho invitato il f etis'h-man a individuare i colpevoli mediante le ordalie» (16). Così l'esperienza dominante d'oppressione e frustrazione, proiettata nello specchio della tradizione magica, offre uno schema d'interpretazione rigido e univoco, alla mente indi-
(8) FIELD, 1948, 171-189; FIELD 1960, 87-133.
(9) WARD 1956.
(10) MORTON-WILLIAMS 1956.
(11) PAULME 1962, 180-193; HOLAS 1954, 61-64; HOLAS 1957, 155-158.
(12) VANSINA 1959.
(13) RICHARDS 1935.
(14) MARWICK 1950.
(15) FERNANDEZ 1961, 251-252. Per altri culti magici, cfr. BOUCHAUD 1956, 93-99.
(16) DEBRUNNER 1961, 66-67.
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gena, per spiegare qualsiasi male o incidente, pertinente o meno — al lume della logica — alla presenza dei bianchi.
Dunque sia i culti nuovi antistregonisti, sia i movimenti sin-cretisti e messianici, sia infine la lotta attiva antibianchi, vanno posti tutt'insieme in una situazione coloniale caratterizzata, per l'Africa nera, da uno stato di oppressione politica-sociale e da uno stato di inferiorità culturale, con il senso di frustrazione che ne consegue.
Talora anche il cristianesimo introdotto dai missionari, per quanto paradossale ciò possa sembrare, ha prodotto un incremento di fiducia nella magia e nei poteri magici. Tra i Fang del Gabon il caso studiato dal Fernandez è eloquente. I bisogni e le aspettative del processo di colonizzazione sono rimasti inappagati. ll cristianesimo, nel nome d'un nuovo organismo universale, la chiesa, ha sfaldato gli aggruppamenti sociali entro i quali ciascun individuo trovava per sé un equilibrio fra diritti e responsabi'l'ità, ma esso non ha sostituito quegli aggruppamenti e quelle solidarietà con altre altrettanto accettabili per i nativi. Disgregati in tal modo i puntelli dell'antica organizzazione sociale, gli indigeni si son dati con rinnovata fiducia ai culti magici, che però assumono una marcata tendenza antistregonista. La
potenza mgica (evus) col suo carattere semplice operativo ha
trionfato sull'idea di «anima» portata dai missionari e rimasta inaccessibile, non funzionale per i 'Fang. Senonché la maggior fiducia nella magia ha prodotto competizioni aggressive fra individui volti a impossessarsi dei mezzi di controllo del « potere» magico stesso. Questo processo culmina infine in una situazione di conflitto e tensione interna, nella quale lo stregone é visto come una minaccia per la società. E' interessante che proprio i Fang hanno elaborato simultaneamente da un canto nuovi culti magici (fino al culto « Ndembe » del 1957-1959), dall'altro un culto sincre-tistico, i'l culto Bwiti. Il movimento Bwiti offre pur esso parallelamente opportuni mezzi di lotta contro la stregoneria (17).
(17) FERNANDEZ 1961.
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Dunque i movimenti magici — almeno quelli citati — nascono in una situazione tipicamente coloniale. Essi rappresentano una riposta sui generis allo stato d'asservimento, di frustrazione, di «privazione» (« deprivation », come dicono gli anglo-sassoni) e d'oppressione. E' la medesima situazione che fornisce il terreno d'origine allo sviluppo parallelo dei movimenti sincretisti, messianici e millenaristi. In questi culti magici antistregonisti noi dunque vediamo un genere, o una fase particolare dei movimenti neo-tradizionalisti: é il neo-tradizionalismo d'epoca coloniale. Nel corso del colloquio di Bouaké, dedicato ai sincretismi e messianismi dell'Africa Nera, noi lo definimmo « asincretismo ». Certo, conviene distinguere questa fase del neo-tradizionalismo, dal neo-tradizionalismo post-coloniale di cui riparleremo. Infatti differenti situazioni storiche danno, alle due fasi del fenomeno, significati ben distinti.
Se si guardano i sincretismi e i neo-tradizionalismi d'età coloniale in funzione della loro origine, sviluppo e destino, essi presentano chiare differenze. L'origine è diversa, perché nei primi si risente fortemente della personalità del fondatore che é stato a contatto diretto o indiretto con le missioni, ed in essi si esprime un complicato rapporto fra indigeni e cultura europea.
A queSto parallelismo delle origini si contrappone un ben differente ruolo storico degli uni e degli altri. I nuovi culti magici dei Fang hanno un effimero destino a confronto con il movimento sincretista Bwiti. Quelli non sono sopravvissuti a lungo, mentre questo é avviato a un crescente sviluppo, e si volge verso un complesso sincretismo autonomista, nucleo d'un vero rinnovamento religioso e sociale.Osservazioni analoghe sono state fatte dal Debrunner sui recenti culti magici del Ghana, anch'essi effimeri (18).
In genere i movimenti magici, neo-festicisti, antistregonisti, insomma neo-tradizionalisti di età colonale non hanno mai preparato alcun rinnovamento effettivo della religione o della cultura tra-
(18) DEBRUNNER 1961, 132-133.
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dizionale. Essi sono prima o poi falliti, mentre i movimenti sin-cretisti hanno avviato, in . più casi, un rinnovamento non solo della religione, ma della cultura intera. Inoltre v'è un altro motivo che rende più efficaci i movimenti sincretisti rispetto a quelli neo-tradizionalisti. Le sette sincretiste soddisfano il bisogno nativo di ricostituire i piccoli aggruppamenti sociali in sostituzione degli antichi aggruppamenti distrutti dal cristianesimo delle missioni e dal processo di colonizzazione (19).
Dunque il differente destino culturale dei movimenti sin-cretisti e neo-tradizionalisti si giustifica storicamente. I culti asincretisti offrono una risposta inefficace e sterile ai nuovi bisogni delle società indigene. Di fronte a una situazione del tutto nuova, essi restano nel cerchio chiuso del magismo arcaico: sono socialmente improduttivi. Dunque l'asincretismo precede Storicamente il sincretismo. Si dà il caso, del resto, di culti magici (asin-cretisti) formatisi indipendentemente dall'urto dei bianchi. E' il caso dei Tiv della Nigeria (20), degli Ascianti (21), di alcuni fra
i movimenti sopra accennati. Si tratta di movimenti religiosi sorti in seguito a tensioni, epidemie, crisi o trasformazioni interne.
Ma è ora di chiedersi quali siano i fattori che presiedono al sorgere del sincretismo distinto dall'asincretismo. Ed è bene osservare quanta varie manifestazioni si possano includere nel termine « sincretismo».
Si finirà per fraintenderne il significato, se si pensa al « sincretismo» come ad un «data» matematico di cui si possano ben misurare e pesare le componenti in maniera statica. Infatti il sincretismo in Africa é, e deve essere considerato una « tendenza dinamica» che nasce in una cultura indigena come reazione all'urto con una civiltà superiore nelle sue forme istituzionali del colonialismo e delle missioni, e si sviluppa nelle forme più varie. In esso si esprimono tre orientamenti della cultura nativa scan-volta dai bianchi:
(19) SCHLOSSER 1958; BAFFA 1961, 131.
(20) BOHANNAN 1958; LANTERNARI, 5MSR. 32.2.
(21) GODY 1957.
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1) riaffermare sé stessa revivificando la tradizione religiosa locale. E' questo l'elemento tradizionale-continuativo.
2) rinnovarsi per salvaguardarsi dalla crisi indotta dal colonialismo, di fronte al fallimento del sistema religioso tradizionale che non è valso a (( salvare ». Perciò la tradizione é selezionata, in parte abbandonata, in parte sostituita. E' questo l'elemento tradizionale-rinnovato. In realtà non v'è alcun movimento nati-vista che comporti una ripresa integrale e passiva della tradizione: questa, in virtù della selezione, é trasformata.
3) impadronirsi della «potenza» insita nella cultura cristiana a proprio vantaggio — secondo la filosofia della ((forza vitale» propria della tradizione —, per resistere all'egemonia europea, reinterpretando quei tratti esterni in senso pagano, nativista o — in altri momenti — autonomista. E' questo l'elemento rinnovatore esterno.
I sincretismi africani appaiono dunque, in origine, come altrettante manifestazioni particolari del ((nativismo », nel senso oggi comunemente ammesso, di o rivivificazione e rinnovamento polemico dei valori nativi di fronte agli Europei» (22).
Se queste sono le tendenze originarie dei sincretismi africani, i fattori storico-sociali preposti alla loro genesi sono almeno tre, c'ioé:
1) un contatto non fuggevole con il cristianesimo come esponente d'una civiltà conquistatrice e deculturatrice, perciò superiore — in senso pratico — a quella nativa. I nativi non acquistano coscienza d'una superiorità spirituale del cristianesimo se non tardi, 'panda cioè società e cultura siano pervenute ad intense trasformazioni del proprio assetto, e bisogni « spirituali » di tipo cristiano possano allignare.
2) l'emergere d'una o più personalità carismatiche, come interpreti ed esponenti dell'intera cultura, sensibili, per 'la propria formazione culturale (contatto personale con missioni) ad
(22) Vedi ancho, per il nativismo, MÜHLMANN 1963, 165-166.
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alcuni tratti cristiani ch'essi reinterpretano. E' vero: alcuni profeti hanno fondato culti asincretisti: ciò vuol dire che ad essi é mancata l'esperienza delle missioni, o personalmente l'hanno respinta. Altri culti asincretisti sono stati introdotti senza necessariamente l'azione di profeti. P. es. 'il culto asye dei Bete è stato acquistato per pagamento, ad opera d'un gruppo di esponenti locali, da un pruppo Baulé vicino. Si possono citare analoghi casi di culti nuovi introdotti per pagamento tra gli Ascianti e gli Akim (23). Ma i m.oviment+i sincretisti nascono sempre per l'azione individuale d'un fondatore-profeta. Ciò comparativamente si comprende, perché solo una forte personalità carismatica, col suo prestigio di guaritore-taumaturgo-indovino, é in grado di « rivoluzionare» la tradizione rendendo accettabile una via religiosa non più conformista.
3) scardinamento o sconvolgimento della cultura nativa operato dalle istituzioni occidentali. Questo punto é strettamente legato al I, ma in particolare si riferisce al crollo dei valori religiosi tradizionali e al bisogno di nuove « garanzie »religiose.
Tali i fattori generali di genesi dei sincretismi africani. Ma conviene guardarli, questi sincretismi, nel loro sviluppo concreto. Solo così si pub intendere quali trasformazioni essi subiscano nel loro corso, quali fattori storico-sociali presiedano a tali trasformazioni, quale differente funzione le trasformazioni abbiano rispetto alla storia culturale.
Prendiamo l'esempio del Kimbangismo congolese. Anzitutto ricordiamo le piú remote formazioni sincretiste dei Bakongo, quelle che seguirono i primi sforzi missionari dei secc. XVI-XVII. Dopo due secoli di proselitismo cristiano ci si accorse, allorquando nei secc. XVIII-XIX si avviò il processo di colonizzazione del Congo, che il solo significativo elemento sincretista effettivamente assorbito dalle popolazioni indigene era il crocifisso e la croce cristiana. Ma di che sincretismi si tratta? Il crocifisso era usato come oggetto carico di potere magico, specialmente nelle cerimo-
(23) WARD 1956, 53; GoonY 1957, 361; FIELD 1948, 77.
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nie nuziali. Anche la croce era usata come amuleto, fra .i Bakongo, in ispecie per la magia della caccia. Si tratta insomma di un vero a paganesimo » nel quale é entrato un simbolo cristiano, privato del suo contesto originale, ripaganizzato. In questa fase storica, nulla di veramente nuovo é entrato nella religione dei congolesi. Il contatto coi bianchi non ha data risultati sensibili, il contatto col cristianesimo é fallito. Mancava, perché esso avesse effetto, un intero processo di trasformazione di fondo, che doveva cominciare due secoli dopo. Vediamo dunque, in questo caso, l'esempio di un sincretismo puramente «formale », che non interessa la sostanza delle idee religiose.
Nello stesso movimento Antoniano a carattere decisamente nativista, millenarista, anti-europeo, fondato da Donna Beatrice tra i Bakongo nel XVIII sec., la figura del santo che regge il bambino Gesù é reinterpretata in modo conforme a una religione magica di fecondità e fertilità: dunque si ha un elemento di sincretismo precisamente a formale », benché nel contesto di un millenarismo assai complesso (24).
Proprio due secoli dopo nasce fra i Bakongo il Kimbangismo. Il sincretismo kimbangista, di tutt'altra natura, rompe la tradizione religiosa e dà avvio ad un processo di rinnovamento generale. L'antifeticismo proclamato da Kimbangu, l'uso e la conoscenza della Bibbia, la liturgia fondata su canti biblici, il battesimo, la confessione, l'idea di un unico Dio, la 'latta contro la poligamia sono tratti rivoluzionari. Ma accanto ad essi altri tratti .provengono dalla tradizione, la quale anzi é rivivificata. Casi rivive il culto dei morti, con l'attesa d'un prossimo loro ritorno come apportatori della nuova età di benessere e di libertà; rivive il culto di guarigione di cui il profeta stesso, con i suoi poteri taumaturgici, é il supremo esponente. Rivive nel Kimbangismo l'Essere supremo tradizionale, che però s'identifica con il Dio giudaico-cristiano. Tornano con nuova intensità i riti di possessione con danze, canti, manifestazioni acrobatiche. Questa sintesi di tradizione e d'innovazione, il Kimbangismo, ha un tono
(24) JADIN 1961.
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decisamente emancipazionista. Lo mostrava i1 profeta scegliendo dalla Bibbia i passi che più si prestavano a reintepretazioni an-tioccidentali; tipico l'episodio di David e Golia divenuto allegoria della lotta dei negri coi bianchi. Lo indicava anche con l'annuncio dell'imminente liberazione (pacifica secondo il profeta) dai bianchi.
L'emancipazionismo del movimento Kimbangista doveva poi trovare ulteriore alimento nelle persecuzioni, nella prigionia del fondatore. Il profeta, mitizzato, divenne un messia e si attese che egli tornasse e instaurasse il millennio o età daPoro. La morte di Matsua, altro «eroe» Kimbangista, avrebbe alimentato tali aspettazioni messianiche.
Fin qui la fase emancipazionista d'un movimento che ha un seguito ben diverso e più recente. Se si guarda infatti all'attuale filiazione del Kimbangismo, «l'Eglise de Jesus Christ sur la Terre par Simon Kimbangu », la chiesa nazionale congolese, troviamo nelle sue posizioni uno spirito radicalmente differente da quello che animò 40 anni prima il messaggio del fondatore. Aliena da spirito antioccidentale, esplicitamente disimpegnata da qualsiasi interesse politico, ossequiente verso le autorità, l'Egli-se accetta il decalogo mosaico, predica la Bibbia protestante nell'edizione della Foreign Bible Society di Londra lasciando libertà d'interpretazione. La sua liturgia ha un tono severo e solenne, affine — come anche la dottrina — a quella della chiesa Battista: insomma l'Eglise appare un'organizzazione cristiana di tipo evangelico. Eppure permangono in essa tratti tradizionali che ne fanno una diretta emanazione del Kimbangismo: cosí il battesimo per immersione usato come tecnica magico-medica di guarigione dai mali (tratto comune alla maggioranza dei movimenti nativisti africani), la genuflessione rituale dinanzi ai «principi » o « saggi » dell'organizzazione, le danze serali, il tremito dei partecipanti, e — last but not least — il riferimento esplicito fatto in essa a Simon Kimbangu profeta dei negri.
Troviamo dunque nell'Eglise kimbangista un'altra fase ancor differente di sincretismo, non certo « formale » ma neppure « eman-
156 VITTORIO LANTERNARI
cipazionista ». Qui si ha un sincretismo « autonomista », o se si vuole « integrista », « d'aggiustamento», perché in essa i congolesi vogliono esprimere, senza aggressività, d'essere cristiani a proprio modo, secondo criteri validi per loro e non per i bianchi. In una parola, vogliono serbare la loro (( autonomia culturale e religiosa» di fronte ai bianchi su un piano di mutua simbiosi.
Noi dunque scorgiamo nell'« autonomismo» l'espressione d'una coscienza dell'autonomia culturale, priva di quell'aggressività che caratterizza invece il ((nativismo» o (( emancipazionismo ». Alcuni autori, come D. Paulme (25), usano il termine «integri-smo» per designare la fase autonomista dei movimenti religiosi. Con questa precisazione, tale termine può essere accettato.
C'è dunque una linea di sviluppo nel Kimbangismo, che corrisponde alla storia dei rapporti fra indigeni e bianchi nelle sue varie fasi. Questa storia segna le fasi di sviluppo del suo sincretismo, che via via si rinnova.
Venendo dopo la fase preliminare di sincretismo t( formale )) (o «convenzionale », o «fallito ») del movimento antoniano, nasce un sincretismo «emancipazionista» il quale diviene, dopo il ((martirio » o la morte dei suoi fondatori, anche «messianico», e infine in una fase contemporanea si trasforma in un sincretismo «autonomista ». Rispettivamente, la fase di violenta persecuzione dei bianchi e di forzata clandestinità (ecco l'emancipazionismo) si maturò via via, in seguito alla tenace resistenza del Kimbangi-smo stesso, in un atteggiamento di tolleranza e di crecente liberalismo religioso pur sempre (( nazionale» a a etnico» (ecco l'integrismo, l'autonomismo, l'aggiustamento). Varie sono dunque le forme concrete del sincretismo, ed esse vanno storicamente concatenate fra loro in uno sviluppo coerente. Questo riflette e in parte determina altrettanti momenti storici ben differenti dei rapporti fra la civiltà indigena e quella occidentale.
Come si vede, il termine «sincretismo» abbraccia fenomeni assai eterogenei per grado, sostanza, significato, funzione. Un'ul-
(25) PAIILME, Cah. Et. Afr., 1962.
RELIGIONE, SOCIETÀ, POLITICA ECC. 157
teriore osservazione: per apprezzare di qual forma concreta di sincretismo volta per volta si tratti (se « formale » « emancipa-zionista », « autonomista » o altro ancora) non basta considerare e «dosare» soltanto gli elementi del rito e dell'ideologia religiosa. Bisogna considerare tutti gli aspetti della religione, non esclusa p. es. la mitologia. Denise Paulme, in un perspicuo studio sulla religione Deima della Costa d'Avorio, ha mostrato che può coesistere una sostanziale cristianizzazione dell'etica tribale (con richiamo al principio di fraternità universale) e del culto (eliminazione del feticismo, dei sacrifici, di feste orgiastiche ecc.) in- sieme con un rinnovamento della mitologia e della concezione del mondo tradizionale. Basti dire che, nella religione Deima, Gesù è ritenuto figlio di Dio e contemporaneamente é reinterpretato come una specie di trickster o eroe-buffone, autore di quell'« errore» primordiale che diede origine alla morte e alle malattie, insomma quasi d'un «peccato originale ». In ciò si può forse vedere una reinterpretazione della «situazione coloniale ». Georges Balandier ha sottolineato il significato ideologico e politico della mitologia sincretista (26).
Siamo in grado ora di trarre una conclusione. Vi sono autori, come il Guariglia, che seguono un metodo tipologico astratto, cioè uniscono e dividono comparativamente fra loro :i movimenti religiosi prendendoli in blocco senza distinguere fasi e sviluppi, a seconda che in essi sia presente od assente il «sincretismo»
sic et simp&iciter. autori, così facendo, non aiutano
a capire la storia di tali movimenti, ma confondono case ed idee. Con qual criteria si può infatti affermare, come fa il Gua-riglia, che i1 sincretismo in sé é «una tendenza appoggiata sul culto del passato? » (27). Ciò significa ignorare la continua dinamicità, la trasformabilità e l'ambivalenza stessa del sincretismo, situato tra passato e futuro, fra tradizione e innovazione. Il caso surriferito del Kimbangismo è un esempio fra molti altri movimenti africani. Questi nascono come nativisti ed emancipazio-
(26) BALANDIER 1961, 89-90.
(27) GUARIGLIA, in: «Devant les sectes non-chrétiennes », p. 20.
VITTORIO LANTERNARI
nisti nella fase di più accesa tensione fra le due culture — quella indigena e quella occidentale —, ma poi man mano che questi rapporti progrediscono verso un regime di mutua simbiosi ed integrazione, i movimenti stessi si volgono verso un autonomismo non piú accesamente polemico, ma integrista e aggiustativo. E' il caso dei movimenti del Nyassa, delle chiese nativiste sudafricane che negli ultimi anni stanno trovando la strada di un'autonomia e d'una integrazione via via più moderna (28); in parte delle chiese dell'Africa occidentale. Lo sviluppo e l'intensificazione dei rapporti fra i due tipi di civiltà contrapposti creano il terreno per una progressiva integrazione anche nel campo religioso.
Sincretismo formale, nativista, autonomista: sono le fasi dei movimenti religiosi più durevoli e di cui conosciamo intera la storia. Ma conosciamo molti movimenti di breve durata, talvolta coevi e territorialmente vicini, altre volte successivi, indipendenti e fondati da personalità differenti. Come sempre, la tendenza fondamentale di ciascuno di questi è legata ai fattori storico-sociali, cioè anzitutto alle condizioni dei rapporti fra indigeni e bianchi nel momenta in cui la nuova religione è fondata. Dall'altro lato dipende da un fattore di natura differente: la personalità del profeta. La quale ultima, specie nei movimenti locali privi di lunga preparazione, può determinare il tono e l'indirizzo del movimento.
Quantunque l'emergere stesso di un profeta e la sua efficacia tra le masse indigene siano elementi — come noto — legati a un chiaro determinismo sociale e ad una funzione anch'essa sociale (un profeta si afferma nella misura in cui esprime i bisogni del gruppo), non si debbono sottovalutare alcune variabili e certi imponderabili dati dai fattori personali i quali non possono spiegarsi del tutto ed esaurientemente con la storia e l'ambiente. Infatti altre all'origine del profeta e alla sua formazione culturale e religiosa vi sono elementi meno ponderabili come le sue attitudini personali. Tali fattori influenzeranno la nuova religione e imprimeranno ad essa e alle masse indirizzi particolari.
(28) SUND%LER 1961, 307-310.
RELIGIONE, SOCIETÀ, POLITICA ECC. 159
Non si può infatti dimenticare il nesso dialettico che v'è tra profeta e società. La società forma il profeta, mentre questo trasforma a suo modo la società. Ad es. il movimento della Chiesa Cattolica del Sacro Cuore in Rhodesia settentrionale, fondato dall'ex-seminarista cattolico «Emilio» nel 1956 in seguito ad una visione del Sacro Cuore, risente profondamente dell'indirizzo già cattolico del fondatore e del suo atteggiamento psicologico complesso verso il problema sessuale. «Il cielo e la foresta — egli dice — sono pieni di ' santi ' : noi dobbiamo mostrare ai ' padri ' che siamo dei ' santi' anche s'essi ci credono corrotti! ». E così viene affermato uno dei tratti caratteristici del movimento: il preteso ritorno all'innocenza originaria, con riunioni notturne e promiscue. Invece il grande movimento rhodesiano coevo della profetessa Lenshina (1954), antistregonista e antifeticista, di guarigione, antimissionario, deve molte sue caratteristiche alla formazione presbiteriana della fondatrice, alla sua esperienza personale di «morte» e resurrezione, alla visione di Dio da lei ricevuta (29). Inoltre i movimenti e i profeti possono influenzarsi fra loro: per es. ciò é avvenuto per le (( sette spirituali » del Ghana e della Nigeria (30).
Altre volte noi conosciamo movimenti religiosi che si pre-
sentano come effervescenze solitarie: questo può anche dipendere da insufficienza di notizie, se mancano studi storici dettagliati e
locali circa i precedenti e gli eventuali sviluppi. Ignoreremmo
gli importanti precedenti delle attuali chiese separatiste del Nyassa se non avessimo lo studio fondamentale di Shepperson;
ignoravamo i precedenti delle attuali chiese separatiste del Kenya prima che Welbourn non ce ne avesse reso nota in dettaglio la storia.
Come s'è detto e meglio si vedrà oltre, vi sono movimenti sincreti'sti e millenaristi largamente influenzati dal cristianesimo, che seguono un processo di «ripaganizzazione »: essi ritornano a
(29) CHÉRY 1959; ROTBERG 1961; OUR 1962; Rim, 1959; TAYLOR-LEHMANN 1961, 248-270.
(30) BAETA 1961, 130.
160 VITTORIO LANTERNARI
forme tradizionali, spesso riducendo fortemente il loro contenuto cristiano. Questa recrudescenza di forme religiose neo-tradizionali in certi culti nuovi può anche presentarsi come un aspetto particolare e complementare di una situazione religiosa più complessa, nella quale trovano posto, accanto a un culto neo-tradizionale, movimenti cristianizzati d'adattamento. Nel Ghana stesso, in Nigeria, accanto a culti neo-tradizionalisti di guarigione fioriscono chiese o sette nativiste. Sarebbe importante stabilire se vi sia un qualche rapporto di complementarità fra gli uni e le altre, e quali siano le differenze d'ambiente (anche sociologico) che le caratterizza. Il culto Yakan o Dede fiori fra il Sudan e l'Uganda dal 1890 al 1920 sotto influenza mahdista. E' una religione di guarigione, per la quale bevendo un'acqua magica si guariva dalle malattie. Ma insieme, ad opera del profeta Rembe, il culto ha ricevuto un'impronta emancipazionista, gli iniziati al culto credevano di rendersi immuni, con quell'acqua magica, dalle pallottole nemiche; essi attendevano messianicamente il ritorno dei morti, la liberazione dagli Europei, la pace, l'immortalità. Il profeta fu mitizzato come un messia. Oggi il culto Yakan sopravvive, ridotto a un culto magico di guarigione, ed ha perduto i suoi aspetti millenaristi, messianici: uno sviluppo « a rovescio ». Yakan é divenuto sinonimo, per i Lugbara, di (( potenza» che entra nell'uomo tramite l'acqua magica, che fa tremare e guarisce da certi mali, dà fertilità ai campi (31).
L'antropologo John Middleton informa che nei tempi recentissimi alcune chiese separatiste dell'Uganda hanno raggiunto i Lugbara: è da vedere fino a che punto l'involuzione del culto Yakan e l'adesione alle chiese separatiste non siano fenomeni che si completano a vicenda. Come dice E. Ward a proposito degli Ascianti della Costa d'Oro, i negri hanno scarsa consapevolezza della contraddizione e dell'incoerenza per noi esistente fra educazione occidentale o cristiana (le due sono considerate sinonime (32)) e la persistenza di culti magici e feticisti (33).
(31) MIDDLETON 1960, 158-164; ID., 1963.
(32) WELBOURN 1961, 178-179.
(33) WARD 1956, 59.
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In Sudafrica il gruppo cultuale degli Amakhehlane presieduto da J. Nthusi e i gruppi messianici sono sommersi da persistenze animiste, magiche, insomma reintroducono i tratti più elementari della tradizione precristiana, mentre i gruppi « sionisti » ed «etiopisti» sono «un ponte verso una nuova cultura » (34). Quali sono le differenze d'ambiente?
Come si scorge dalle differenti fasi dei movimenti sincreti-sti, ciascuna società nei singoli momenti della sua storia sociale e culturale mostra verso il cristianesimo un margine variabile d'accettazione spontanea; ed é un problema sociologico non poco comOlcsso individuare quali elementi determinino volta per volta il differente grado di accettazione. Diremo soltanto, in proposito, che un fattore-chiave é certamente dato dal grado a cui sia giunto il processo di modernizzazione delle strutture economico-sociali e politiche. Il Sundkler ha dimostratò che il più recente sviluppo delle chiese indipendenti etiopiste e sioniste va di pari passo con un avanzato processo di ammodernamento e d'industrializzazione della società. D'altra parte le stesse chiese in questa fase di «sincretismo» particolarmente avanzato, divengono centri promotori di ulteriore sviluppo economico, tecnico, sanitario, educativo (35). La comparazione d'altronde indica ca me si formino prevalentemente culti neo-tradizionali o si ripa-ganizzino culti già sincretisti e nativisti fra le popolazioni in cui si ha ristagno della situazione economico-politico-sociale (p. esempio Melanesia, America meridionale). Al contrario dove é in atto un rinnovamento economico-sociale-politico-culturale, specie in ambiente urbano, (Africa meridionale e occidentale, Congo ex-belga, Kenya, Uganda ecc.) aumentano di vigore le chiese separatiste e autonomiste, con un indirizzo sempre più integrista.
Messianismi.
Fin qui del sincretismo africano. Anche per il messianismo si dovrebbe ripetere un discorso parallelo, che accenno solo di
(34) SUNDILER 1961, 302.
(35) SUND%LER 1961, 307-310.
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scorcio. Esistono, come visto, nuovi movimenti religiosi «ames-sianici ». Fra quelli messianici poi si danno le forme di messianismo più varie. In quelle «classiche» (del filone cristiano-islamico) si attende il ritorno del fondatore con ruolo di salvatore divino. E' il caso del Kimbangismo, della chiesa Nazarita di Isaiah Shembe, del movimento di J. Chilembwe nel Nyassa (36), dei gruppi messianici suldafricani. Talara si attende un'immediata salvezza ad opera del fondatore-messia: così nel movimento Lassyista (37) del territorio di Cabinda e del Congo nel 1946. Altre volte l'atteso salvatore è un condottiero politico perseguitato (Matsua) e mitizzato, o — in forma anonima e collettiva — l'insieme dei morti che verranno, apportatori di un'era di rigenerazione cosmica e umana. In quest'ultimo caso, come in altri casi, il messianismo ridà vita ad un vecchio fondo escatologico. In realtà si danno miti escatologici anche nelle tradizioni locali. Così fra i Lamba (Rhodesia settentrionale) l'EsSere supremo Lesa ÍLuchyele, già nei miti tradizionali spari dalla terra promettendo che sarebbe tornato. Presso i Babemba (Rhodesia settentrionale) i bianchi giunti nel territorio furono identificati con l'Essere supremo o eroe culturale della tradizione, Lesa Mukulu, ritornante come rinnovatore del mondo (38). Nel Nyassa il capo Kankhomba, Malawi, spari dopo essere stato sconfitto in guerra dagli Yao, ma tuttora si ritiene ch'egli sia nascosto entro una grotta e che ritornerà in aiuto del suo_ popolo (39). Vi sono spunti messianici anche fuori di veri movimenti religiosi. In alcuni movimenti poi l'attesa di salvezza si fonda sull'idea di riguadagnare un'arcaica patria lontana e perduta. Cosi nel movimento di Ras Tafari i negri di Giamaica aspettano di tornare all'Africa, loro patria atavica, e il ritorno all'Africa assume l'aspetto e l'ansia di una salvezza messianica (40). Fra i negri del Brasile durante il periodo schiavista era diffuso il messianismo del «ri-
(36) SHEPPERSON 1962, 146.
(37) Sectes nouvelles en Angola, 1961.
(38) LANTRRNARI, Messianism.
(39) SEEPPERSON 1962, 147.
(40) SIMPSON 1962.
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torno all'Africa ». Esso si fondeva con l'attesa di un mondo escatologico dopo morte. Perciò frequenti erano i casi di suicidio fra i negri. Il suicidio era per essi un mezzo per ritornare in Africa, attraverso il ricongiungimento della propria anima col mondo dei morti, che é dall'altra parte dell'Oceano. L'attesa del «ritorno)) si proietta, in questo caso, nell'aldilà (41).
Di fronte a tanti messianismi differenti, un problema fondamentale per noi é di verificare possibilmente se questo o quel tipo di messianismo corrisponda ad un terreno storico-culturale suo proprio differente dagli altri, e quale sia questo terreno. Per esempio in altra sede mi é parso d'identificare l'origine storico-culturale di quel tema messianico che si fonda sull'attesa dei morti tornanti in massa: il terreno d'origine di tale tema pare sia da individuare in un arcaico sostrato di religiosità agraria, che pone enfasi sul ritorno collettivo, periodico dei morti nel quadro d'una grande cerimonia di rinnovamento, il Capodanno. L'esperienza nuova e sconcertante dell'arrivo dei bianchi ha però riplasmato e trasformato in funzione messianica, escatologica, questo ritorno, che ormai avverrà non più periodicamente, ma una volta per sempre, per iniziare un'era definitiva (42).
Un altro particolare problema del messianismo africano é di determinare quali fattori ambientali e psicologico-sociali avviino quel processo di mitizzazione della figura del profeta, per cui costui é trasformato in un messia che risorge. In altri termini, quando e perché un movimento sincretista diventa messianico? Infatti s'è visto che il messianismo é sempre secondario rispetto al sincretismo nativista. Al fondamento del messianismo c'é una esigenza di salvezza da realizzarsi tramite un ente ed un evento sovrannaturali: e perciò esso é carico di significato escatologico. Ora, la genesi del messianismo come fatto storico-religioso sarà da porsi in rapporto con le esperienze esistenziali concrete e le esigenze che derivano dalla particolare situazione storica di un dato gruppo umano. Ma in particolare avranno importanza fat
(41) BASTmf 1952.
(42) LANTERNARI, Messianism 1962; La grande festa, Milano 1959.
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tori speciali come la personalità del profeta (p. es. Harris, Shem-be s'imposero per una forte personalità), il suo annuncio di pros-
sima rigenerazione; il destino subito dal profeta martirio e la
persecuzione hanno creato dei messia come Kimbangu, Matsua); l'annuncio della propria immortalità (Masowe fonda il movimento Hosannah promettendo di essere immortale). Vi sono casi speciali: per Paulo Nzuza, il messia zulu morto nel 1959, l'annuncio della resurrezione é udito in transe da un fedele presso la sua tomba, e quel tale diventa il «testimone» del messia Nzu-za. Tra i fattori d'ambiente e culturali, oltre l'esperienza d'insicurezza, di malessere, di frustrazione e oppressione, che sono comuni al nativismo (di cui il messianismo é una forma), é necessario considerare la presenza di eventuali elementi messianici nella mitologia tradizionale, per comprendere come essi si siano rinnovati ed abbiano assunto una nuova funzione. Infine é da valutare l'influenza del messianismo cristiano o islamico (mahdismo).
Questi vari elementi culturali, parte tradizionali, parte nuovi ed esterni (cristiano-islamici), oltre ai vari fattori personali (la personalità, il martirio del profeta) nell'insieme potranno spiegare sul terreno della storia il nascere del messianismo africano, sul ceppo di movimenti profetici nuovi (43). L'esperienza fondamentale che comunque si esprime nel messianismo é quella d'un vibrante bisogno di rigenerazione, di fuga dal presente, d'attesa di salvezza attraverso il ritorno ad una condizione primordiale, mitica, o mitizzata. Anche quando il messianismo indigeno é influenzato dal messianismo biblico-cristiano, quest'ultimo agisce come elemento catalizzatore di un fermento messianico del tutto originale e spontaneo. Anche nei messianismi come nei sincretismi, «il senso della tradizione e dell'autonomia culturale agisce sull'uomo africano — come dice Fernandez — reinterpretando, sin-cretizzando, creando: anche quando egli sembra piú acquiescente ai valori apportatigli dalla cultura europea» (44).
(43) COHN 1962, 40-43.
(44) FERNANDEZ 1961, 244-254.
RELIGIONE, SOCIETÀ, POLITICA ECC. 165
r11111.111.1..."''Le risposte dei negri coll'occidente.
Ho finora accennato ad alcuni problemi che si pongono allo storico di fronte ai sincretismi e messianismi africani. Ma i movimenti sincretisti e messianici rappresentano soltanto un tipo di risposta, benché importante, data dalle culture indigene all'urto coi bianchi, ed un altro tipo di risposta già esaminato è dato dai movimenti asincretisti.
C'é da considerare, a questo punto, un terzo tipo di risposta, l'azione politica insurrezionale. Certo, l'azione politica irredentista e insurrezionale s'intreccia intimamente con i movimenti religiosi, e si presenta spesso come un aspetto particolare d'un unico fenomeno storico, ad un tempo politico-sociale-religioso, anche se la forma e la dinamica dei rapporti tra l'aspetto religioso e politico sono varie caso per caso. E' da notare in proposito che la risposta africana agli sforzi missionari non poteva essere una risposta puramente religiosa, poiché la stessa azione missionaria si caricava di complessi significati e aspetti di natura politica (45). E' acquisito, specialmente dopo i lavori del Balandier (46), che la resistenza religiosa, e specialmente quella del nativismo nelle prime fasi, é un surrogato della protesta politica quando questa si dimostra impossibile. Tuttavia, se si considerano i movimenti religiosi nel loro sviluppo, i rapporti fra religione e protesta politica appaiono assai sfumati. V'é sovente, fra i due, integrazione piú che reciproca esclusione.
L'azione insurrezionale autonoma può essere lo sbocco finale d'un lungo processo di preparazione che si svolge su terreno religioso-sociale. Cosi il Kimbangismo alimenta e prepara i moti insurrezionali congolesi, mentre la setta Mau Mau scatena la rivolta sulla base d'una solidarietá social-religiosa. L'azione politica insurrezionale può accompagnare ed essere parallela al fermento social-religioso (47); infine essa può dar luogo ad un'ulteriore fase di fermento religioso. Bisogna vedere caso per caso
(45) WELBOURN 1961, 477.
(46) BALANDIER 1955, 477-478, 485.
(47) CoHN 1962, 39.
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le interrelazioni dialettiche fra un aspetto e l'altro, il loro variabile procedere in relazione alle condizioni sociali, ai fattori personali (profeti), alle differenti fasi di rapporti fra indigeni e bianchi. In senso assoluto, fra insurrezione e religione non c'é opposizione, ma interdipendenza. Alcuni dei movimenti insurrezionali più organizzati sono preparati da movimenti religiosi fra
i più elaborati e imponenti.
In concreto, la fase profetica e nativista dei movimenti precede, accompagna e alimenta l'azione irredentista. La fase ecclesiastica autonomista viene dopo la fase insurrezionale e comunque é aliena da atteggiamenti di rivolta, avviando un crescente processo d'integrazione. Ma di ciascuna azione insurrezionale bisogna considerare sia i presupposti sia le ripercussioni nel campo religioso. Considerandola solo in se stessa si finirebbe per falsarne il significato reale.
Quali sono i rapporti tra i movimenti religiosi e lo sviluppo socio-culturale? E' questo un problema particolarmente attuale che non possiamo qui analizzare. Certo l'impulso al rinnovamento economico e sociale diminuisce quando un movimento religioso s'istituzionalizza e il processo di decolonizzazione avanza: o meglio, quell'impulso generalmente prende una via autonoma, non più legata alla religione. « Il messianismo passa dalla rivoluzione alla conservazione », ha ben scritto Roger Bastide (48). Comunque, conviene esaminare ciascuna nuova re- ligione in rapporto a tutti gli aspetti della cultura e delle trasformazioni culturali, e — come dice lo stesso Bastide — «in funzione della congiuntura storica » (49).
Del resto, perfino l'indipendenza politica, là dove essa é raggiunta, non esaurisce affatto quel conflitto interculturale del quale sincretismi e messianismi sono, dapprincipio, una delle principali espressioni. Vogliamo riferirci nuovamente al Bastide. «Dobbiamo osservare — egli dice — che il passaggio dal colo- nialismo all'indipendenza non muta i dati del problema che ci
(48) BASTIDE 1961, 12.
(49) SEGUY 1962; DESROCHE 1961; BASTIDE 1961.
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preoccupa: infatti l'indipendenza è diretta, come la colonizzazione, da un'élite minoritaria del tutto occidentalizzata, e il cui ideale di sviluppo economico e sociale non è se non l'interiorizzazione dei valori europei... Costoro (dell'élite) sono acculturati, e non pensano più la loro tradizione con mentalità d'africani, ma con mentalità occidentale» (50). Resta dunque, per dopo l'indipendenza, il problema di scegliere la giusta via dell'integrazione culturale. Lo sviluppo attuale delle numerose chiese indipendenti e sette sincretiste nei paesi di recente indipendenza (Ghana, Nigeria, Costa d'Avorio, Congo, ecc.) indica che notevoli problemi religiosi accompagnano l'esistenza delle popolazioni africane e — come diremo — gravi problemi sociali trovano nuovamente un'espressione religiosa, anche dopo risolto il problema politico. Tali chiese e sette indicano, ancora una volta, qual'è la via scelta — almeno nel campo religioso — per l'integrazione: la via è quella di altrettante creazioni spontanee e autonome, di altrettante sintesi nuove fondate sulla tradizione e sul rinnovamento. In tal senso le nuove religioni indicano una scelta che vale sul piano dell'intera cultura. Tradizione e rinnovamento sono i poli su cui si reggerà ogni cultura africana: poiché tradizione è storia nel suo senso retrospettivo, rinnovamento é storia nel suo senso prospettico: e la storia passata non può essere rinnegata neppure nei momenti di massimo impegno rinnovatore (51).
Quanto alle nuove religioni in rapporto all'indipendenza politica, giova in conclusione ripetere — per ben porre il problema su cui torneremo — quel che osserva il BaStide, cioè che «le nuove éliteS non fanno altro che sostituire un colonialismo a un altro, il colonialismo culturale — quello delle idee occidentali — al colonialismo amministrativo... La vera funzione delle religioni sincretiste è di salvare le vecchie strutture etniche minacciate dalle nuove forme politiche» (52). Dunque le religioni
(50) BASTIDE 1959, 435-436.
(51) HERSKOVITS 1962, 451-478.
(52) BASTIDE 1959, 440.
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-sincretiste sono l'estremo rifugio di società che rischiano di perdere, nel processo d'europeizzazione, la propria identità culturale (53), la loro «personalità ».
A questo proposito ricordo che, oltre alle religioni nuove ed alla rivolta attiva, c'é un'altra possibile risposta delle culture native alla civiltà occidentale, la quarta risposta (54). Alludo ai movimenti d'imitazione indiscriminata della civiltà occidentale da parte indigena, con ripulsa della propria. Questa reazione, la più precaria di tutte, é anche la più perniciosa. Sekou Touré ha parlato, a questo proposito, di una « mentalità da colonizzati (esprit colonisé) e di perdita della personalità (55).
Il caso degli Anang della Nigeria sudorientale, studiato dal Messenger (56), é eloquente. Fra gli Anang (prov. di Calabar) si diffuse nel 1930 il movimento degli Spiritualisti, i quali, ispirati dallo (( Spirito Santo», entravano in convulsione, si rotolavano in terra, parlavano lingue. Lo Spirito Santo derivante dal cristianesimo era reinterpretato magicamente come potenza capace di guarire i malati, di assicurare benessere, longevità e ogni altro bene a chi ne fosse posseduto. E' il medesimo fenomeno che s'é prodotto nella setta Arathé dei Kikuyu, in quella dei «Tremolanti » congolesi (Mpeve-ya-longo), nelle sette spirituali del Ghana. Ma la storia del movimento « spiritualista » degli Anang presenta vari momenti. Dopoché numerose calamità si abbatterono sugli Anang nel 1936-37, il nuovo culto fu abbandonato e il gruppo si divise in due tendenze opposte. Gli anziani tornarono alla tradizione integrale, convinti che averla parzialmente abbandonata fosse la causa dei malanni e della collera di Ata Abassi (l'Essere supremo). Le giovani generazioni all'opposto, per influenza missionaria e per reazione al fallimento del culto spiritualista, si volgevano con slancio frenetico al cristianesimo.
(53) BASTIDE 1962, 40-41.
(54) Lasciamo da parte i casi rari e transitori di « rigidità culturale», come quello dei Masai, dei Pakot e altri gruppi nilotici, che sono rimasti inerti di fronte alla civiltà occidentale, ligi alle loro forme di vita tradizionali (HERsxovrrs 1962, 477).
(55) S. TouRÉ 1959.
56) MESSENGER 1959; 1960.
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Imitavano fanaticamente la cultura occidentale, considerata co-. me forma unica di civiltà; denigravano la tradizione nativa. Ora, se ben si guarda alle conseguenze di questo atteggiamento, il fanatismo filo-occidentale fu l'inizio di una crisi fra le piú gravi e compromettenti. Infatti da allora fra i giovani crollò la morale tradizionale, mentre nessun elemento dell'etica cristiana sostituiva in realtà i valori respinti. La corruzione dei costumi, l'incremento dello scetticismo e della delinquenza completano il quadro di questa crisi. In particolare, l'idea introdotta dai missionari di un «Dio che perdona» ha mal sostituito l'idea tradizionale di un Essere supremo castigatore dei trasgressori. Infatti, convinti di crearsi l'impunità per ogni sorta di azioni immorali e di vincere qualsiasi potenza avversa, molti individui si mettono indosso una croce ed altri pregano o sacrificano allo Spirito Santo, certi tosi di ottenere il perdono.
Come si vede, l'introduzione di un'idea o dogma sia pure elevato come quello della grazia divina, originariamente estraneo alla cultura ricevente, dà luogo a reinterpretazioni del tutto eterodosse e ingenue; inoltre essa può essere controproducente al punto da ingenerare o incrementare il collasso etico-,sociale. In questo caso la società, per le condizioni generali dell'ambiente e della cultura, non è evidentemente matura a ricevere quell'idea o quel dogma senza falsarlo e senza farne perfino strumento di suicidio sociale (57).
Dunque la cieca ripulsa della cultura tradizionale e la incondizionata imitazione, puramente esteriore, di una cultura superiore, è una reazione possibile e reale delle culture negre africane al contatto europeo: ma è una reazione distruttiva ed effimera, perché in essa non v'é creazione « endogena » di nuovi valori. Oggi gli Anang aderiscono con uno spirito autonomo al cristianesimo dei missionari ed hanno le loro chiese autonomiste,
(57) Altri casi di disintegrazione socio-culturale conseguente all'imitazione indiscriminata della cultura occidentale da parte di società o gruppi indigeni sono stati da me raccolti nella comunicazione presentata al VII Congresso Internazionale di Scienze antropologiche ed etnologiche, Mosca, Ago. 1964, col titolo: Crise et désintégration culturelle dans le processus d'acculturation.
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principale la Christ Army Church. Essa é fondata sul culto di guarigione dei malati, sull'antistregonismo, sull'attesa millenarista del trionfo finale di Dio su Satana (Ata Abassi degradato), con liberazione dalla paura e dalla magia.
Si é visto fin qui qual'é il posto che i sincretismi occupano fra le risposte che le culture negre dell'Africa danno alla civiltà occidentale. In conclusione, gli asincretismi hanno un ruolo culturale conservatore ed effimero; i movimenti d'imitazione occidentale con disprezzo verso la tradizione un ruolo falsamente progressivo, ed anzi distruttivo. Solamente dai sincretismi prende avvio un reale rinnovamento della cultura in tutti i suoi aspetti: rinnovamento che assume anche aspetti insurrezionali.
I sincretismi insomma sono, nel senso adottato da Talcott Parsons e Sundkler (58), delle «adaptive structureS », ed hanno valore positivo perché esprimono una presa di coscienza religiosa e culturale di gruppi vissuti per l'innanzi nella condizione di « paria ».
Quanto ai fattori determinanti che sono alla base dei movimenti profetici, alcuni autori come Baeta (59) hanno sottolineato il carattere perenne del profetismo africano (estensibile, secondo noi, a tutti i popoli arretrati), e le origini soggettive nella vocazione profetica. Altri come la Mead hanno sottolineato la perenne capacità delle folle, o di una porzione di qualsiasi società, di farsi convertire e convincere da un leader religioso dalla forte personalità (60). In questo concetto però non si considera sufficientemente l'influenza della società sulla formazione e Sull'efficacia del leader, e si rischia di riavvicinarsi ad un determinismo psicologico generico. Tutto ciò non esclude che praticamente i movimenti profetici africani ed extra-africani che noi conosciamo sono in relazione con fasi di malessere particolare, di mutamenti profondi della cultura. Del resto la natura fortemente emotiva delle loro manifestazioni, con franse,
(58) SUNDKLBR 1961, 302.
(59) BABTA 1961, 4, 6-7.
(60) MBAs 1959, 326-327.
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convulsioni, profezie, visioni, riti di possessione, glossolalia, é l'indice di un violento conflitto fra bisogni e realtà. Non si reclama salvezza se uno non si sente perduto. D'altra parte non si può pensare che delle crisi collettive di natura puramente « spirituale » nel senso moderno-cristiano, senza fondamento obiettivo, sorgano entro religioni cosí fortemente ancorate ai bisogni esistenziali più immediati.
Ora, fra i vari motivi di conflitto che entro le società illetterate abbiano generato nuove religioni, quelli dovuti all'occupazione dei bianchi, allo stato d'asservimento o al dislivello culturale di fronte alla supremazia occidentale, sono i più noti e diffusi. E' giusto chiedersi, a questo punto, quali siano i caratteri propri dei nuovi movimenti religiosi dell'Africa Nera, in relazione ai movimenti di livello etnologico in genere.
Attenendomi ai risultati del mio lavoro (61) nonché della abbondante letteratura apparsa in questi ultimi anni, ecco le principali tendenze. In primo luogo, un complesso religioso tradizionale o pre-cristiano, che comprende: la figura d'un Essere supremo identificato col dio giudiaco-cristiano; il tema del ritorno dei morti e il culto funerario, reinterpretati nel contesto di un rinnovamento escatologico e cosmico definitivo; il principio di guarigione magica; le pratiche taumaturgiche e di pos- sessione che improntano sia l'azione dei profeti sia i servizi religiosi; inoltre vari elementi mitici particolari: il tutto riportato a fondamento d'una reinterpretazione più o meno «paga-nizzata » del cristianesimo. In secondo luogo, un complesso anti-stregonista e antifeticista che da un lato rompe la precedente tradizione, d'altro lato é legato ai culti neo-tradizionali paralleli o antecedenti, col medesimo scopo d'assicurare la salvezza dei proseliti contra ogni solta di mali e calamità. In terzo luogo, una tendenza autonomista che s'esprime, secondo i casi e le differenti fasi, in modo polemico e violento, o pacificamente, fino alla nascita d'un vero movimento pan-africano che urta tutta-
(61) LANTERNARI, Movimenti religiosi, ecc., 61-66.
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via contro delle opposte tendenze nazionali o tribali. In quarto luogo, v'è la tendenza a formare delle organizzazioni ecclesiastiche, come reazione alla segregazione subita, in sostituzione degli antichi aggruppamenti sociali sradicati, e come prodotto dell'autonomismo e insieme dell'istituzionalizzazione dei movimenti. Infine c'è i1 complesso giudaica-cristiano, che viene ogni volta selezionato e reinterpretato in modo nativista o auto nomista. Fra le stesse componenti del cristianesimo missionario viene operata una selezione ed una reinterpretazione secondo una tendenza « giudaizzante»: il popolo negro s'identifica col popolo ebraico, sulla base d'una comune origine mitizzata e di analoghe persecuzioni subite. Ecco perché numerosi sono i movimenti « sionisti», «israeliti » presso le società dell'Africa nera (62).
Ora, se si guardano nel loro insieme le risposte dei negri africani ai richiami cristiani trasmessi dall'occidente, si deve tener conto anche di altri fatti: in particolare dell'entusiastica adesione di gruppi di negri a certi movimenti religiosi e para-religiosi per così dire eterodossi o non-conformisti, venuti tra loro dall'occidente, come i Testimoni di Geova (Watch Tower, Kitawala, Russelli-smo) (63), e l'Esercito della Salvezza (64). Si tratta di movimenti che predicano il ritorno alla morale cristiana fuori dalle sovrastrutture ecclesiastiche o (Russel'lismo) contro le chiese stesse e lo stato, intesi come istituzioni « sataniche». Nel medesimo quadro delle. risposte indigene ai richiami cristiani rientrano i movimenti nati-visti, sincretisti, autonomisti di cui s'è parlato. All'infuori delle conversioni di élites inurbate e occidentalizzate e di altri casi individuali, il quadro dei comportamenti dei negri, e specialmente delle masse rurali di fronte al cristianesimo, deve completarsi considerando il ruolo dell'islamismo come religione autonomista e anti-occidentale. Si pile. citare, al riguardo, il caso sconcertante e signi- ficativo riferito da Père Gravrand, missionario cattolico al Senegal.
(62) SUNDKLER 1961, 323-330, 350-353; HUNTER 1961, 563-65; LANTERNART, op. cit., 37-48.
(63) DAUEECFUES 1961; TAYLOR-LEHMANN 1961, 227-247; KAUFMANN 1964, 69-101.
(64) LANTERNARI, Op. Lit., 27-28.
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Il padre Gravrand c'informa che la predicazione cristiana, iniziata nel Senegal nel 1950, produceva l'effetto imprevedibile di far convertire via via all'islamismo tutti gli uomini maturi, mentre solamente i giovani aderivano al cattolicesimo. Perciò si produceva una preoccu- pante frattura tra padri e figli. Rispondendo al missionario cristiano, un indigeno si esprimeva casi : «'Noi abbiamo ascoltato le tue prediche ed ora siamo persuasi che occorre avere una religione. Non si può morire senza religione. La via del cattolicesimo sarebbe la migliore, ma bisogna essere giovani per intraprenderla. Noi andremo a Dio per la via dell'Islam o (65). E' questo un modo particolare con il quale si esprime l'autonomismo indigeno — più forte presso gli anziani, detentori della tradizione — di fronte alla chiesa occidentale. La facilità d'adesione dei negri all'islamismo risponde a tnotivi ben noti, che riguardano la natura stessa dell'islamismo (66). Ma essa può a volte avere anche il valore di protesta autonomista. Tutti conoscono, dopo i lavori di K. Schlosser e Herskovits, i numerosi movimenti profetici e separatisti islamici dei negri africani (67).
Il panorama delle reazioni religiose dei negri alle grandi religioni portate dall'occidente varia seriamente se si considerano le città o i villaggi. In realtà — come diremo — si 'delinea una tensione sociale oltre e più che religiosa, fra ambienti urbani e ambienti rurali. Nelle città il panorama comprende; una ripresa di antiche tradizioni religiose rinvigorite in senso supertribale; una spinta alle grandi religioni, cioè il giudeo-cristianesimo, l'islami-mismo, l'induismo; la nascita di vere religioni di stato; il permanere d'una religiosità generica depauperata dei vecchi contenuti; la spinta alla secolarizzazione con declino della vita religiosa. Nei villaggi si va dai sincretismi ai neo-tradizionalismi, alla spinta verso le grandi religioni moderne, sia in senso ortodosso
(65) GRAVRAND 1961, 102.
(66) PARKINDER 1959, 136-141; FROELICH 1962, 101-121; RoucH 1960, 13-17; vedi anche HODGSON 1961, 177-197 (quest'ultimo autore si riferisce a una caratterizzazione fenome-nologica e strutturale dell'islamismo, tuttavia utile).
(67) SCHLOSSER, Propheten in Afrika, Braunschweig 1948; HERS%OVITS 1962, 177-97, 417-421.
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sia in senso eterodosso o separatista (sincretismi) (68). Se si confronta un panorama con l'altro, é chiaro che mentre la vita urbana verte alla caduta della religione in genere, e di quella tradizionale in ispecie, in ossequio alla crescente tendenza europeizzante, nei villaggi v'è la tendenza a conservare, in forme autentiche o rimodernate, le vecchie tradizioni. Ciò in ottemperanza ad uno spirito conservatore e misoneista proprio dei ceti rurali in quanto poco o nulla inseriti nel processo di trasformazione economico-sociale, anzi lasciati ai margini d'essa (vedi oltre). Il riflesso nel campo religioso d'una tale situazione è che perdurano le tendenze già maturate in clima coloniale, caratterizzate da due fondamenti comuni: un bisogno religioso, anzi un « bisogno della Bibbia » originato dallo shock subito al confronto dei bianchi e dallo stato d'inferiorità conseguente, e — in una direzione opposta — una resistenza parte consapevole parte inconscia alle istituzioni religiose ufficiali portate dall'occidente. Tale resistenza ha le sue radici nelle precise esperienze che i negri hanno avuto dei portatori del cristianesimo, cioè nelle «contraddizioni fra il comportamento abituale dei cittadini bianchi e i principi cristiani predicati dai missionari; il blocco della colonizzazione con l'evangelizzazione,... il fatto che l'acculturazione della chiesa tende (o tendeva) a ottundere il senso dei valori autonomi » (69).
Ora, se ben si guarda, i motivi originari a cui s'ispirano molte sette moderne auro-americane (incluse quelle dei secc. XIX e XX, fra cui la Watch Tower) sono perfettamenti paragonabili a quelli dei movimenti religiosi africani, e cioè: superare le contraddizioni fra comportamento e principi, sgomberare la religione dagli interessi istituzionali, riguadagnare il senso di religiosità autonoma dell'individuo: tutto ciò mediante un «ritorno alle origini» variamente interpretato caso per caso.
C'è dunque, nella nascita dei movimenti indigenisti e delle sette moderne occidentali, un parallelismo di condizioni storiche. Sarebbe interessante estendere l'esame di questi paralleli-
(68) SEIEPPERSON 1963, 150.
(69) CTIENu 1962, 534.
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smi anche ai movimenti profetici del mondo antico. Come vari autori hanno osservato, il cristianesimo stesso, ai suoi inizi si pre-
senta come un movimento profetico e millenarista profondamente
legato alle speranze d'un miglioramento immediato delle condizioni della popolazione. «Dopo tutto — scrive il Koebben — il
cristianesimo cominciò come movimento profetico» (70). E Norman Cohn aggiunge: «Per numerosi suoi primi seguaci, il cristianesimo era un movimento millenarista. Qualunque fosse il significato che Gesù poteva dare quando parlava di ' Regno di Dio', certo molti cristiani nei primi quattro secoli, compresi certi padri della Chiesa come Papia, Irene°, Lattanzi°, aspettavano una profusione di beni per cui la terra senza coltivarla avrebbe prodotto vino e grano e latte in una misura mai prima udita, e in cui gli infedeli sarebbero caduti in schiavitù dei fedeli» (71). D'altra parte a un osservatore attento appare che le grandi religioni moderne sorsero precisamente come movimenti prof etici di rinnovamento. In particolare il cristianesimo si fonda, alle origini, sulla protesta contro due principali istituzioni ufficiali, lo statismo romano e il sacerdotalismo giudaico, a nome dell'individualismo e dei bisogni religiosi popolari. E' una protesta che trova una corrispondenza precisa nelle sette millenariste come il Gioa-chimismo, la Watch Tower, gli Shakers (72), gli Avventisti del VII giorno (73) e nei profetismi indigeni rivolti contra gli stati colonialisti e le missioni nel loro aspetto deculturatore e opprimente (74).
Tuttavia al di lá dei parallelismi non vanno ignorate le dif-
(70) KOEBBEN 1960, 161.
(71) CoHN 1962, 33. Per il millenarismo popolare dei primi secoli cristiani, secondo l'interpretazione immanentista e materialista del «millennio» annunciato dall'Apocalisse„ cfr. KAUFMANN 1964, 12-13.
(72) DESROCHE 1960, 313-21.
(73) SHEPPERSON 1958, 134-135.
(74) L'identificazione e la confusione del ruolo delle missioni con quello delle amministrazioni coloniali proviene dai negri stessi, a causa della natura solidale e organica delle esperienze storiche, da loro subite, dell'u uomo bianco ». Ciò non esclude che per molti altri rispetti i missionari assunsero la protezione dei negri contro il colonialismo, e i negri mostrarono più volte di riconoscere nelle missioni un ruolo distinto da quello degli amministratori coloniali. Per il problema della politica missionaria e delle sue trasformazioni, cfr. LANTERNARI, 4 Ulisse r 1962.
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ferenze. Soprattutto, all'origine dei profetismi indigeni si trova una tensione culturale d'origine esterna; al contrario all'origine degli altri profetismi si ha una tensione d'origine interna fra società e istituzioni oppressive. A queste differenze d'origine corrisponde una grande differenza di tendenze. I profetismi indigeni hanno tendenza tribale, nazionale, mentre al contrario le sette e i movimenti moderni occidentali — come le grandi religioni — hanno tutti un contenuto universale e sovrannazionale: un contenuto che deriva dal cristianesimo, il quale lo ereditava a sua volta dal mondo greco-romano e dal giudaismo postesilico, già largamente ellenizzato.
La situazione post-coloniale.
I sincretismi, profetismi, messianismi rappresentano, a uno sguardo d'assieme, una importante risposta delle culture africane all'introduzione della civiltà occidentale nel periodo estremo e più acuto del colonialismo europeo. La raggiunta indipendenza risolve certo alcune delle urgenti istanze che si espressero nei movimenti religiosi preparatori del processo d'emancipazione. Tuttavia altre pressanti esigenze, altri fattori di crisi socio-culturale gravano sulle società indipendenti. Numerosi sono i riflessi religiosi di una situazione sociale e culturale tutt'altro che equilibrata.
I sincretismi nati in periodo coloniale continuano e si sviluppano, senza rinunziare agli aspetti religiosi tradizionali più radicati. Anche i profetismi talora continuano ad avere vigore, e mutano indirizzo: da innovatori e progressisti, quali erano nelle fasi iniziali e rivoluzionarie, diventano conservatori e misoneisti. Il dualismo religioso, nelle combinazioni più varie, sussiste e si sviluppa (75): gli individui e i gruppi «cristianizzati» non hanno difficoltà di ricorrere, quando é necessario, al « fétisheur » o «medicine man» per curare le malattie. Anche in clima cristiano sono salvaguardati vari tratti tradizionali. Per di più in genere si
(75) Per esempio, nel movimento Jamaa del Katanga (Ttrauws 1960).
RELIGIONE, SOCIETÀ, POLITICA ECC. 177
tratta d'un cristianesimo più apparente che reale, per ciò che riguarda specialmente le masse rurali.
In questo quadro di generico tradizionalismo ci pare bene esaminare alcuni episodi di natura social-religiosa, che sembrano particolarmente significativi del clima post-coloniale. La chiesa mat-suista di Kinzonzi nel Congo ex-francese continua, contro il governo indipendente indigeno del paese, la stessa politica di scioperi già adottata contro il governo coloniale francese, come se l'indipendenza non fosse reale. I fedeli della setta rifiutano di aderire al censimento, di pagare le imposte, di accedere agli ospedali. Il governo congolese si é visto costretto a prendere contro i « ribelli » le stesse misure (arresti, carcere) che già il governo coloniale francese prendeva contro i matsuisti (76).
E' una forma di resistenza social-culturale contro il processo di occidentalizzazione promosso dai dirigenti indigeni, a loro volta «occidentalizzati ».
La resistenza diventa rivolta violenta nell'episodio di cui é stata protagonista la setta Lumpa di Alice Lenshina, in questi ultimi mesi, nella Rhodesia settentrionale. Identica é l'ispirazione settaria e religiosa del movimento. Della setta Lumpa, André Retif nel 1959 affermava (77) ch'era in netto regresso, dopo una vita di 5 anni. Ma nel 1961 R. Rotberg v'intravvedeva una seria minaccia per i governi locali e per l'amministrazione centrale. Egli la definiva una potente centrale d'attrazione dei nativi contro il proselitismo missionario, ed una forte organizzazione religiosa.
Alice Lenshina Mulenga, della tribù Bemba, moglie d'un funzionario della missione presbiteriana, abbandonò la missione nel 1953 allorché, in seguito a una malattia, cadde in transe e ricevette la visione di Dio e degli angeli. Ella annunciò di essere morta e rinata. Iniziò poco dopo, come emissaria e interprete di Dio, la predicazione della nuova religione, e cominciò a «bat-
(76) BASTIDE 1961, 8.
(77) RETIF 1959, 191. Il nome Lumpa può significare « che va lontano n, « l'eccellente a che salva * (TAYLOR-LEHMANN 1961, 253).
178 VITTORIO LANTERNARI
tezzare» le folle che venivano a lei dai territori vicini e lontani, in sacro pellegrinaggio, facendo del villaggio di Kasomo (distretto di Chinsali) la (( nuova Sion », il centro della setta. Fondò, con il marito Petro, una forte organizzazione, formata di discepoli, di diaconi, e di un clero devoto. Il movimento si estese fino al Tanganyka e al Nyasaland. Ella predicava il rinnovamento della religione tradizionale, l'abolizione degli amuleti, dei feticci
e degli oggetti magici; la loro sostituzione mediante il battesimo
e la confessione; il divieto morale di commettere adulterio, di rubare, di mentire, di odiare. Nelle prediche Si riferiva a episodi
e brani di una Bibbia che le era stata direttamente rivelata da Dio in visione, e che si distingue dalla Bibbia dei bianchi, la quale per la religione di Alice non ha valore. Derivano da influsso occidentale, oltre le pratiche del battesimo e della confessione, il titolo di « cristiana » dato alla setta, l'abolizione della poligamia, la lotta contra il fumo e l'alcool, l'abolizione di danze primitive nei riti nuziali, l'appello alla preghiera. Tali precetti sono raccolti come (( leggi » ufficiali, prescritte da Alice ai fedeli «cristiani ». Il rituale dá larga importanza al canto corale di inni creati da Alice su forme tradizionali: essi sono cantati durante il servizio religioso nelle apposite « cappelle » e nel corso delle processioni. Oltri i tratti d'influsso cristiano vi sono tratti di derivazione tradizionale e di significato autonomista. Deriva dalla tradizione l'elemento centrâle della nuova religione, cioè l'esperienza visionaria e liberatrice della profetessa; hanno sapore nativista l'esclusione della Bibbia dei bianchi e l'atteggiamento autonomista verso le missioni. In realtà, nonostante lo spirito moderato e per nulla anti-europeo di Alice e delle «leggi» da lei imposte ai fedeli, il movimento diventa ben presto fortemente antimissionario, xenofobo, emancipazionista; i proseliti attendono la liberazione dal giogo coloniale. Le missioni protestanti e cattoliche vedono passare alla setta la maggioranza dei negri già fedeli ad esse. E' una setta sincretista (78), volta con-
(78) Anche nei nomi presceltisi Alice esprime il programma sincretista. Lenshina èla pronuncia indigena del latino < Regina» e allude alla cristiana « Regina Celeste»; Mulenga designa
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tro la discriminazione razziale e ricca di elementi di rinnovamento (antifeticismo, antistregonismo) improntati a chiaro mille-narismo. I proseliti di Alice, con il u battesimo» e la confessione, si salveranno da ogni male e disgrazia. Essi attendono imminente il giorno del giudizio. Notevole il fatto che — diversamente da molte religioni nuove di altri ambienti africani — la profetessa non pretende guarire i malati mediante riti magici. Alla sua presenza i fedeli attuano e preparano per sé la stessa (( rigenerazione » che la profetessa ha sperimentato su di sé all'origine (79).
I cruenti episodi del luglio-agosto di quest'anno, con l'uccisione da parte dei Lumpisti di numerosi bianchi, rappresentanti dell'autorità locale, e di negri, fino all'arresto della profetessa per opera della polizia (80), possono far pensare che il programma millenarista e di salvezza promosso dalla fondatrice come risposta alla situazione coloniale di allora, sia stato reinterpretato e adattato, dai seguaci, in questi ultimi tempi e in regime di pre-indipendenza (81), contro le forze e i gruppi dell'interno che rappresentano la tendenza occidentalizzante e « depersonalizzan-te » (82). Il sincretismo di questo movimento pare si sia caricato di un significato neo-tradizionalista e, sia pure nei modi di un fanatismo settario, si sia volto a salvare alcuni valori originali della società e della cultura. E' il processo di trasformazione d'un movimento già anticolonialista e innovatore, passato a un ruolo di rivolta conservatrice e di classe. Certo lo spirito conservatore é caratteristico dei movimenti profetici e messianici nella loro fase estrema e organizzata, di fronte a una società che sta già sulla via di
uno degli spiriti (ngulu) più potenti della religione tradizionale Bemba. I due nomi raccolgono i simboli della vecchia e della nuova religione (TAYLOR-LEHMANN, 1961, 267). Secondo dicerie di missionari, che Taylor-Lehmann ritengono denigratrici (RÉTIF 1959, 190; OGER 1962, 130), Alice compirebbe anche pratiche divinatorie suonando un flauto e interpretando dal suono la voce di Dio (TAYLOR-LEHMANN 1961, 251).
(79) RETIE 1959; CHÉRY 1959; ROTBERG 1961; OGER 1962; TAYLOR-LEHMANN 1961, 248-68.
(80) Il Resto del Carlino, 4 Ago. 1964; II Messaggero, 13 Ago. 1964; s Le Missioni Cattoliche » 8-9 1964, 354-55.
(81) La Rhodesia sett. sancirà la sua indipendenza nell'ottobre 1964.
(82) S. TouEt 1961, 117-119. Si noti che la chiesa Lumpa é riconosciuta dal governo (OGEE 1962, 131).
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trasformare le sue strutture. Ma lo spirito conservatore di questo e di altri movimenti del genere trova un terreno favorevole nella situazione di «vuoto» sociale e culturale creatosi fra la massa rurale dei villaggi — rimasta praticamente fuori del processo di ammodernamento e insieme avviata, dal contatto occidentale, a uscire dalla tradizione — e l'élite dirigente del paese: un vuoto che significa distanza e tensione di classi. Contra l'élite dirigente «colonizzata » e « colonizzatrice » la massa rurale esprime il suo insoddisfacimento nei modi conformi alla tradizione, attraverso una polemica che si attua sul piano sociale e insieme religioso: a tal punto l'interpenetrazione dei bisogni sociali e deligiosi é radicata nelle culture dell'Africa Nera.
Si va dunque profilando una tensione fra masse rurali e città, fra cultura tradizionale ed élites europeizzate. Jean Rouch ha ben mostrato in casi dettagliati come le culture tradizionali reinterpretano a modo loro fatti, istituzioni, persone proprie della civiltà secolarizzata ed europeizzante delle città. I Songhay del Niger hanno dal 1926 aggiunto al pantheon tradizionale dei loro spiriti, o geni, o divinità, la categoria degli Hauka, che rappresentano la ((forza » della civiltà occidentale. Essi includono personaggi come Gamma: (( le gouverneur », «le générale Malia », «le roi des juges », « le guerrier », «le commandant mauvais», ((le caporal de garde », ecc. Questo processo di mitizzazione delle autorità e dei personaggi di tipo occidentale corrisponde a una tendenza diffusa in Africa. Gli Hauka dei Songhay sono giunti ad imporsi fino alla Gold Coast (83). Fra i Songhay il processo di mitizzazione culminava nel 1948, con l'adozione, fra gli Hauka, del ((Prazidan di la Republik ». Gli Hauka forniscono ai Songhay un modello nuovo di «potenza », individualizzata e mitizzata; la loro funzione é di presiedere le (( feste» o danze nel corso delle quali alcuni partecipanti entrano in stato di possessione, e vengono « cavalcati » spiritualmente da un Hauka che in seguito si rivela col suo name.
Lo stesso Rauch ha ricordato, ai colloqui di Bouaké, che nella
(83) Rouca 1960, 74-77; ID., 1958.
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nuova religione del profeta Atcho, nella Costa d'Avorio meridionale, il Presidente della repubblica locale, Houphouet Boigny, appare nel mito di fondazione del movimento profetico, come uno dei tre personaggi prescelti da Dio per la salvezza del popolo: lui é stato scelto per la cura delle cose politiche, il primo ministro per le cose amministrative, il profeta per la guarigione dei malati.
La tensione social-religiosa che si va manifestando fra la «brousse » e la città, fra tradizione e europeizzazione, si esprime dunque in due tendenze distinte e contrapposte. Da un lato si ha un processo di «ruralizzazione» (cioè d'integrazione su un piano puramente mitologico e religioso) della civiltà urbana con i suoi esponenti più lontani e « distaccati ». D'altra parte, molti personaggi e gruppi politici dirigenti tendono a operare lo sfruttamento politico della religiosità della ` brousse » a sostegno del roprio potere. Nascono in tal modo delle vere «religioni di stato », formate da elementi delle religioni tradizionali mescolate con altri delle religioni superiori, intorno a figure individuali (presidente della repubblica, capi-partito), oligarchie o partiti che hanno interesse a mobilitare le masse rurali e urbane valendosi anche di motivi religiosi (84). Giova ricordare che Patrice Lumumba nel 1959 lamentava di non avere un movimento messianico sul quale appoggiare la sua azione politica (85). Ma recentemente il Lumumbismo, aggregatosi alla setta religiosa Kitawala già diffusa dall'epoca coloniale, è diventato una religione messianica e antioccidentale. Il fondatore di questo movimento neo-nativista e violentemente xenofobo è Grenfell, ex-presidente della provincia dell'Alto Congo. Costui rinnegò il protestantesimo cui aderiva, dopoché ebbe una visione nella quale gli apparve Patrice Lumumba. Le visioni si ripeterono, ed egli ebbe l'incarico — dallo spirito di Lumumba — di scatenare la guerra santa contro le chiese protestanti e cattoliche, contro i bianchi tutti e gli Americani e Belgi in ispecie, nonché contro tutti i loro portati. Lumumba è divenuto una specie di profeta-messia, per gli adepti. Il movimento politico-religioso Kitawalo-lumumbista oc-
(84) SHEPPERSON 1963, 150.
(85) RAYMAEKERS, in: LANTERNARI, 1963, 223.
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cupa l'intera città di Stanleyville, ma la centrale da cui provengono le direttive sembra sia Léopoldville, e i proseliti sono diffusi tanto più nelle regioni più remote dell'Alto Congo. Il mito secondo cui Lumumba non è morto, ma sta per tornare come punitore dei colpevoli della nazione, si diffonde, ed é alimentato con l'aiuto di trucchi e di tecniche moderne, come registratori abilmente camuffati, disposti nella foresta. Si fa credere alle masse che la voce che parla sia quella di Lumumba, venuto ad apostrofare la popolazione (85).
Sono questi alcuni elementi di un tema — quello dei rapporti fra politica e religione — che andrebbe analizzato a sé (86).
Alle manifestazioni religiose suddette improntate a significati di protesta sociale-politica abbastanza evidenti di per sé, si debbono aggiungere, nel quadro della situazione post- coloniale, le molteplici manifestazioni di autentico neo-tradizionalismo religioso.
Nel Camerun meridionale padre René Bureau ha fatto una analisi della situazione religiosa, allarmante d'al punto di vista teologico e missionario, per lo sfrenato rigurgito di religiosità tradizionale che s'accompagna con il rifiuto o il declino del cristianesimo precedentemente accettato dalla popolazione locale. Dopo una prima fase d'incontro infruttuoso col cristianesimo missionario fra il 1890 e la I Guerra Mondiale, la popolazione sud-camerunese cominciò dopo la I Guerra Mondiale ad essere attratta ad esso non tanto — come osserva il Bureau — per effetto di proselitismo religioso, quanto per accedere all'istruzione impartita nelle scuole missionarie. Infatti l'istruzione era diventata una fonte nuova di prestigio nel villaggio, e apriva, nella speranza dei giovani, la possibilità di nuovi sbocchi e impieghi in città. L'incremento della cristianizzazione é rapido e giunge, subito dopo la II Guerra Mondiale, al culmine massimo: il 95% della popolazione risulta ufficialmente cattolica, circa 900.000 individui. Il Camerun raggiunge il primato delle conversioni ri-
(85) HABARI 1963.
(86) Ne fa cenno BANTON 1963, 52-54.
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spetto a tutti gli altri paesi africani. A questo punto inizia la crisi. I progressi economico-sociali del paese sono scarsi, gli individui che cercavano nella (( conversione» una fonte di prestigio personale restano frustrati.
«La massa convertita prende coscienza — dice R. Bureau -d'un vuoto culturale. La «potenza» che si aspettava venisse dalla religione dei bianchi non è venuta; d'altronde i mezzi tradizionali per acquistare «potenza» sono dimenticati; la società é stata espropriata di quanto valeva ad assicurare il buon funzionamento degli antichi sistemi sociali e culturali, mentre... non s'é affatto scoperto il segreto dei bianchi» .
Delusione, dunque, da un lato, vuoto culturale dall'altro. «Alcune persone si rendono canto che la forza dei bianchi é nel denaro — continua il Bureau —, e un cristiano ci ha confessato: ' Con i bianchi il denaro é diventato :il nostro dio'. Così, la crisi che segue si traduce in un brutale risveglio, nel quale le realtà che precedettero il sonno tornano bruscamente alla coscienza. Si va alla ricerca delle radici dell'antica cultura, si vuol restaurare l'ordine d'un tempo. Il senso di espropriazione sbocca in una riacquisizione talora aggressiva e febbrile ».
Ecco dunque esplodere fra i giovani, e contro gli anziani cristianizzati, il movimento di (( ritorno alla tradizione », di « ritorno alle origini ». Le pratiche antiche, i riti, i culti, i valori tradizionali sono ripresi disordinatamente, e intanto ((Si evitano i missionari, si ricorre al medicine-man, si verifica una netta flessione della partecipazione dei giovani alla pratica cristiana ». Questo é il quadro della situazione denunciato dal missionario René Bureau: il quale nel tentativo di spiegare questo rigurgito di « paganesimo», questo neo-tradizionalismo inquietante, conclude col dire che «forse la massa era stata convertita, ma non la coscienza coma-ne» (87).
Piú che ricorrere a distinzioni di quest'ultimo genere, é opportuno, per spiegare un fenomeno così caratteristico, riferirsi
(87) BUREAU 1964, 107-112; BUREAU, in: LANTERNARI 1963, 225-226.
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all'esperienza di vuoto creatosi nel dopoguerra e cresciuto dopo raggiunta l'indipendenza, fra le comunità dei villaggi — già integrate nel loro sistema socio-culturale e religioso — e una classe dirigente europeizzata, da poco formata, e disintegrata nel dominio sociale oltreché culturale dalla società da cui originariamente proviene.
Altre società africane contemporanee riaffermano un ritorno alla tradizione e rifiutano il cristianesimo precedentemente accettato. Nel 1936-37 il Ruanda ebbe un movimento di conversioni così esteso come in pochi altri casi si ritrova nella storia delle missioni. Ma oggi i missionari stessi ammettono che erano conversioni fittizie, dettate da fini interessati. Sia i Tutsi che gli Hutu del Ruanda s'aspettavano dall'adesione al cristianesimo un incremento di prestigio, di potenza e di sicurezza personale nel campo sociale. Oggi il cristianesimo é in piena crisi a causa del processo di secolarizzazione, specie negli ambienti intellettuali e inurbati, a causa delle lotte fra gruppi, a causa del ritorno alle feste e ai riti tradizionali, mentre si estromettono le influenze occidentali (88).
Vi sono parecchi casi nei quali un precedente sincretismo si sviluppa — come già si é detto -- a rovescio, indietreggiando da una fase ricca di elementi cristiani a un vero neo-tradizionalismo per nulla cristiano. Così i molti movimenti neo-harristi dell'Africa occidentale derivano storicamente dal sincretismo ricco di elementi cristiani fondato da Wade Harris nel 1914; ma oggi l'antico harrismo é ridotto a una serie di culti di guarigione, e ha perduto gli elementi millenaristi, innovatori della fase iniziale. Nella setta dei Water Carriers degli Nzema (Ghana) — come ci indica Ernesta Cerulli — abbiamo l'esempio d'uno di questi culti di guarigione neo-harristi. Si fa uso di acqua battesimale, della croce e della Bibbia, che sono privati d'ogni contenuto cristiano e sono rimodellati in un senso del tutto magico-medico. Gesù non vi ha alcuna importanza; i riti sono basati Su pratiche di posses-
(88) BUSHAYIJA 1961.
RELIGIONE, SOCIETÀ, POLITICA ECC. 185
sione, presiedute da un u profeta » che in realtà non é altro che un guaritore esorcista. Il nome stesso della setta, Water Carriers, sembra derivare dalla corruzione del nome dell'antico fondatore, Wade Harris. Con trasposizione significativa, il nome si riferisce all'uso di portare bacinelle d'acqua sul capo durante il rito, da parte dei praticanti (89). Anche il culto neo-harrista del profeta Albert Atcho nella Costa d'Avorio è un culto di guarigione. Il centro cultuale di Bregbo é un santuario-ospedale al quale si recano folle di pellegrini per ottenere la guarigione delle loro malattie. I tratti harristi sono ridotti a pochi, il simbolo della croce, il manto bianco del profeta e dei sacerdoti, il tempio d'ispirazione sincretista, il richiamo al fondatore Harris. Tuttavia il messaggio di tolleranza e di non violenza, il contenuto etico, l'attesa millenarista di salvezza che erano tratti tipici del messaggio che Harris predicò nel 1914, son in larga misura riassorbiti entro un culto magico mistico di guarigione, che riaccentua e risuscita elementi fondamentali della religione tradizionale (90). Il culto Yakan, di cui ho già parlato, è un altro esempio di culto già ricco di tratti cristiani, millenarista, messianico, nativista, ultimamente ridotto a un'espressione di religiosità magico-medica e neo-tradizionalista.
I vari tradizionalismi e neo-tradizionalismi d'età post-coloniale fin qui accennati vanno posti in un quadro comune con i sincretismi della stessa epoca e con le manifestazioni di rivolta social-religiosa all'interno dei vari paesi contro le autorità indigene. In maniera diretta le rivolte, in maniera indiretta i tradizionalismi e i sincretismi; su un terreno politico-religioso le rivolte e su un terreno religioso-culturale i sincretismi e i neo-tradizionalismi, tutte queste manifestazioni esprimono un comune dissenso contro le forze locali eredi di alcune tendenze già proprie del colonia- lismo occidentale. E' chiaro p. es. che il Kitawalo-lumumbismo svolge la sua latta su due fronti simultaneamente, il neo-colonia-
(89) CERULLI 1963.
(90) Ronal in: LANTBRNARI 1963, 224-225.
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lismo euro-americano e le autorità centrali considerate solidali con esso.
In conclusione, pur nelle differenti situazioni dei vari paesi, l'indipendenza politica, più che determinare un mutamento radicale dell'atteggiamento social-religioso, ha spostato all'interno della società le forze promotrici degli antichi contrasti, e che precedentemente agivano su di essa dall'esterno. Neila maggior parte dei paesi, dal colonialismo social-politico-economico imposto dagli europei si é passati al colonialismo socio-culturale imposto dalle élites dirigenti. In tale quadro sembrano spiegarsi le suaccennate manifestazioni di rivolta social-religiosa, di tradizionalismo e neo-tradizionalismo, di reinterpretazione mitologica del «potere» politico. Esse direttamente o indirettamente denunciano il «vuoto » socio-culturale creatosi nella maggioranza delle nuove nazioni africane fra la classe dirigente che ha fatto proprio il mondo mentale, la secolarizzazione della vita, lo spregiudicato individualismo degli occidentali, e il proletariato rurale o il sottoproletariato urbano, che da un lato sono spinti dal contatto a uscire dall'antica cultura in crisi e d'altra parte rimangono ai margini della cultura nuova, anzi spesso sono strumentalizzati in funzione di interessi particolari di gruppi e persone. C'é un «autocolo-nialismo» africano dunque, alleato del neo-colonialismo euro-americano.
In tale quadro, i villaggi e il sottoproletariato urbano che é l'appendice diretta di quelli, rappresentano « gruppi di pressione» contro la politica deculturatrice e spersonalizzatrice di certe élites dirigenti. Al di là del loro più o meno marcato conservatorismo, i movimenti religiosi poSt-coloniali a tendenza " neo-tradizionalista hanno un significato ammonitore. Sono una risposta all'azione « spersonalizzante» di élites le quali non hanno ancora sufficientemente «decolonizzato» se stesse (91). Sono un richia-
(91) Touan 1959, 114, 116. Per quel che riguarda la tensione fra città ricche e campagna (a brousse») povera, fra il proletariato miserabile dei villaggi e i «politici» arrivati e privilegiati, e anche per quel che riguarda il «paternalismo politico» delle élites, vedi
RELIGIONE, SOCIETA, POLITICA ECC. 187
mo a un bisogno d'integrazione di quei valori che finora la civil-tá occidentale ha «esportato)) nell'Africa Nera senza riuscire a integrarli nel background culturale delle società indigene.
Vrrroiuo LANTERNARI
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Testata/Serie/Edizione Nuovi Argomenti | Prima serie diretta da Alberto Moravia e Alberto Carocci | Edizione unica
Riferimento ISBD Nuovi argomenti : Rivista bimestrale. - N.1 (1953)-. - Roma [distribuzione Torino] : [s.n., distribuzione Einaudi], 1953-. - v. ; 23 cm (( La periodicità è variata più volte: la prima serie esce con periodicità irregolare, dal 1976 trimestrale. La prima serie si conclude con il n.69/71 (Luglio-Dicembre 1964 ma pubblicato nel marzo 1965), nel 1966 inizia la nuova serie che termina con il n.67 68 (1980), nel 1982 la terza serie che termina con il n.50 (apr. giu. 1994) ed inizia la quarta serie con il n.1 ... {Nuovi argomenti [rivista, 1953-]}+++
Data pubblicazione Anno: 1964 Mese: 7 Giorno: 1
Numero 69
Titolo KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69


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