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ANTEPRIMA MULTIMEDIALI

tipologia: Analitici; Id: 1472533


Area del titolo e responsabilità
Tipologia Periodico
Titolo Pier Paolo Pasolini, Saggio per una antologia con poesie di Francesco Leonetti, Pier Paolo Pasolini, Elio Pagliarani, Roberto Roversi
Responsabilità
Pasolini, Pier Paolo+++
  • ente ; ente
  autore+++    
Area della rappresentazione (voci citate di personaggi,luoghi,fonti,epoche e fatti storici,correnti di pensiero,extra)
Nome da authority file (CPF e personaggi)
Leonetti, Francesco+++   Corpo del testo:ampio brano trascritto di+++   
Pagliarini, Elio+++   Corpo del testo:ampio brano trascritto di+++   
Roversi, Roberto+++   Corpo del testo:ampio brano trascritto di+++   
Area della trascrizione e della traduzione metatestuale
Trascrizioni
Trascrizione Non markup - automatica:
SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
Cari direttori, mandandovi questo « saggio per un'antologia» ritengo necessario accludere un biglietto accompagnatorio. Per spiegare alcune cose: anzitutto: stavolta antologia è difficilmente traducibile con florilegio, scelta di fiori. Si tratta infatti non delle migliori poesie del gruppetto di autori qui presentato, ma delle ultime, semplicemente: prodotti ancora freschi, forse addirittura crudi. Prodotti freschi, crudi, ma non irriconoscibili. Non c'è conversione rispetto al lavoro precedente. I caratteri principali restano tutti, in tutti e quattro gli autori qui presenti.
E giusto che sia così? Ho seguito, con sufficiente attenzione, queste ultime due o tre annate di poesia. La generale tendenza è verso una riscoperta della poesia dell'« anima bella» traumatizzata da esperienze sociali molto ristrette, familiari, direi: da cui far nascere, non senza compiacimento, una visione del mondo che sia tutta tipica della poesia: ossia deformata, spiritualizzata, esasperata, linguisticamente o eletta fino al classicismo o negletta fino agli espressionismi più arditi (e innocui).
Prodotti particolarmente notevoli non se ne sono visti, di nuovi. La media (le edizioni Rebellato, le edizioni Schwarz, ecc., è questa): per una statistica, non si potrebbe non concludere che si tratta di un processo di regresso e di imborghesimento, che ai deboli, giovani poeti ripropone come modello una sorta di provinciale neo-ermetismo.
A un livello più alto, lavorano con molta vitalità, gli sperimentali della rivista «V erri »: sotto il segno di Pound. Ma la loro espressività, sebbene assai più selezionata, cosciente, diabolica, resta anch'essa — a mio parere — sostanzialmente innocua. La loro specializzazione linguistica, le loro scelte verbali, la loro meditata introversione scandalistica e respingente dei mezzi di comunicazione, restano un fenomeno marginale: ben riconoscibile, sotto le sue forme clamorosamente nuove. È come la pittura astratta dei giovani, rispetto a Braque, a Klee, a Mondrian... Evidentemente tutti i torti non ce li hanno: col neo-capitalismo, dovrà per forza coincidere un neo-sperimentalismo, o neo-decadentismo, chiamatelo come volete... E inutile rimproverare loro di essere quello
38 SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
che sono e di operare in un mondo che è quello che è: un mondo, a mio parere, senza alcuna prospettiva, se non metafisica... Ma non tutti, ripeto, sono obbligati a sentire la necessità di una prospettiva, il bisogno di una modifica...
I quattro poeti qui presenti, invece, pur operando manifestamente dentro un ambito linguistico e stilistico analogo, cercano di sfondare il limite deterministicamente storico, verso una visione storica che includa una modifica di quel mondo.
Una posizione scomoda e dolorosa: e ci si arrabbiano, si angosciano, si mordono le dita, qualche volta, battono la testa contro il muro, gli vien voglia di tornare indietro, di starsene pacificamente a fare dello stilismo puro... Ma non possono più ormai: la loro ideologia è irreversibile. Tutto intorno a loro tende a normalizzarsi, a riassestarsi sulle fondamenta del vecchio mondo borghese e clericale, a diventare totale: e quindi a espungerli come corpi estranei (si legga l'« Osservatore della Domenica»...). Ed è quindi umano che essi in qualche momento tremino. O rimpiangano gli ozi del poeta italiano. Ed è quindi anche naturale che essi rischino di restare indietro, superati da una vile realtà nuova, ma non ignorabile, sul punto di soverchiarli.
PIER PAOLO PASOLINI
FRANCESCO LEONETTI
« L'ESTRO INTELLETT UALE »
QUERELA MONDIALE
O venti di primavera, influssi
leggeri sui prati, non così,
non così; invece
aridi, crudi, urlanti, venite,
come d'inverno
che si calca il berretto
SAGGIO PER. UNA, ANTOLOGIA 39
sugli orecchi gelati. Scagliatevi
oh venti di primavera
nelle strade, non fate
finta di niente, aiutateci
con dure apparenze,
non si può correre là,
e stiamo più male che ai banchi di scuola,
anche quella ci manca che allora sembrava
la libertà.
E' la natura infinta, coperta,
é circuire l'amore,
è la vittoria professionale
una cancelleresca sapienza...
per il mondo diverso
(se ancora non sorridiamo del sogno)
solo un'utopia ci resta.
Ma le più esatte
previsioni conoscono
che nei tempi varrà,
soffiatrice di pochi potenti
dell'industria moderna,
in ogni prato la pubblicità:
la convenienza persuasa,
la generale condotta,
la critica simulata;
essa piuttosto varrà,
d'influssi immani,
passatempi misti,
e imponendo il più ponzio sapone
per lavarsi le mani,
alle ragioni dei cristi.
40 SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA NELLA BOTTEGA DELL'ANTIQUARIO
Come mi piace questo
oriuolo vecchio... che è nato nel secolo
dove si passa dal cembalo
al pianoforte profondo. Non solo,
non solo é un orologio: il che sarebbe
infine, poco. Ma teneramente
parla a ogni cuor...
Io fanciullino allora me ne stavo
sui ginocchi del nonno,
mi stupiva col suono
più regolare e più
solido d'ogni cuor... e più
solido d'ogni cuor...
Alla sua morte,
e mori di vecchiezza, anch'io vivessi
come il mio nonno!
sul comodino mio padre lo tenne,
oh da fanciulli misterioso male,
oh morte che si fa
un saluto nel caos: un troncamento,
dell'opera il finale, che s'impara
che tutto il senso
dell'opera sarà.
Come mi piace
l'antico oriuolo,
vorrei solenne averlo con onore
al mio panciotto se il panciotto ancora
fosse di moda,
senza eccentricità;
vi giuocherà mia figlia... ovvero, un giorno,
che cosa dico? ormai
vi giuocherà suo figlio. Che darà
SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA 41
dopo autentici amori, al suo bisnonno
il conforto del ritmo
di una famiglia vera... e più
piú regolare e piú
solida d'ogni cuor...
Eh no, non va, perché
all'orecchio lo porta, ma lei sogna,
signore, cosa crede? E che pretende?
non si cammina sempre.
(Il solito cliente:
o petulante o strambo).
Ognuno creperà.
Oh, certamente; crepi l'astrologo.
E costa quanta?
Evviva l'astronauta.
La vita che sarà.
Come è poi già.
Come sarà.
E chi lo sa?
Io non lo so, però... restituendo
le istituzioni in noi...
permette ? io sono...
io, della scienza a fianco,
lavoro ad un congegno,
il cuore umano,
piú giusto e meno stanco...
Non si spaventi, oh via;
e se lo tenga,
il pendolo, lei si accontenta...
per forza! è come il suo. Ah, ah.
Buonasera.
42 SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
LE VACCHE DEL CIELO
In una musichetta, ta-
ta-ta, zum-bum,
la Povertà e la Ricchezza fanno
la passerella, i beni dondolando
che dicono di prenderli, o provarci.
Io di solitudine ubriaco,
con il mio nuovo spleen, di tempo andato,
perso, mancato,
sognavo. Dunque.
La diva gonfia e circe,
il fiore spampanato,
la cornucopia, lei
che rappresenta la ricchezza tenga
con parole corpose
il prologo che ho scritto, che in visibilio
si fa sublime.
L'altra che é nuda
poi l'aggredisce, strappa
ogni velame, in terra si trascinano...
come in feste pagane, in cui Catone
il palco abbandonava,
agli assenti sia lode, e per il prologo
d'aspro sapore a due donne d'amore
sia data la scrittura.
(Poi messa in scena sia
da tutta la compagnia
con storiche persone
e la pura Ragione
la commedia rivoluzionaria).
— Amici, ministri e compari
dei più importanti consigli,
belle signore, che con occhi vivi
SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA 43
ed attenzione
solamente strappate i sopraccigli;
miserabile pubblico
dello stipato loggione
e del giornale illustrato,
contratto, rattrappito nelle voglie
che nei piaceri.
non riescono a dissolversi... riflesso
il mondo é qui. Vi spiego,
ecco, più o meno,
siamo nel cielo greco di Platone;
ed io sono l'idea... che c'è da ridere?
io sono la ricchezza: e forse questa
per voi, laggiù,
non é una pura idea?
Ma non pensate l'altra, la compagna,
sia quella sul serio
di cui si narra:
così virtuosa donna che uno sposo
la insegui per tre notti per la camera,
tirandosi i cuscini... ah! mi diverte
questa pudica favola.
Un tempo aveva, forse, nome e lagrime;
e silenzio, onesti, fiele, preghiere;
e il gas. Ora mi segue
a denudarmi pronta
se un attimo mi astraggo. Ed approfitta
della mia smania, che m'impaccia tanto,
di comparire come fussi uguale
a un'intellettuale.
Crede la proprietà, che mi è intestata,
e fino dal Decalogo è la madre
della cultura, della civiltà,
sia cosa sua.
Povera e nuda vai... È meglio, é meglio,
chè usare per la pelle non occorrono
44 sAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
le cure d'ogni dama: obbligo
della beltá che attornia, con inviti,
la mia cara caverna.
Dio me l'ha data, e io me la conservo.
Ora, a voler ridire
ciò che disse un poeta, é presto detto:
questa, o signori, che é una vecchia pelle,
é stabilito
o prima o poi
per un tamburo serve. --
PARTITA A SCOPONE
— Beh, ti decidi, o che fai?
— Toh.
— E allora
io metto la scopa.
— La donna ce l'hai?
La vedo adesso.
Se c'era prima, fesso,
e ti si offriva, allora
perché non l'hai presa?
tu, con gli errori...
— E se indugiavo perché
si disponesse per me?
E così, asso. Amare
vuole così,
e veramente bene
é da maiale allora
che a lei non pare tale.
Cosa dice il compare,
che ha il mazzo? si sa
come l'ho sano
SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA 45
io, quando voglio, il pazzo.
— Bravo, ti dico; basta.
— Incassa, piglia
tacitamente.
Silenzio si sente.
— E credo siam fuori,
o colle carte o gli ori.
— Lo vuoi stuzzicare?
non vedi che stizza?
a casa sta zitto...
— Ma in faccia agli imbrogli,
mi arrendo, andate,
andate all'inferno,
il giuoco scompiglio!
— Che imbrogli? che cosa...
— Che cosa farfugli?
— È isterico, oh dio...
boia di un papa.
Scocciatore.
— Eh già, con tutti i suoi;
la casa bianca avrà;
che vada là.
Almeno, ad Avignone.
Non pare a voi?
— Io ci vedo!
— Io ti meno!
— Carogne!
— Coglione!
— I segni vi fate;
perché dondolate?
— Avanti, lasciatelo.
E poi gli passerà.
Lo dice anche il medico...
— Un pugno é la cura,
se io glielo dessi, buffone.
46 SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
Così lo curerei;
ma non mi metto
con un malato, è per questo.
— T'ho detto, una scena invece che a casa, la fa...
— Ma si dispiace dello scatto, io ci scommetto...
e tu finisci il bicchiere.
Pere. non devi bere.
E il fatto é...
la verità, mi pare... indovinando, appunto, oh che bel rutto infine m'è venuto, quelle del tuo compare...
ma m'addoloro sulla,
sulla nostra sconfitta...
La storia é finita...
e la rabbia? arrabbiamoci;
magari; tenere, tenere,
è da cani;
arrabbiamoci, domani;
oh boia d'un —
Ti accompagniamo noi —
dove tu vuoi — e poi
ja, poi ci accompagni tu;
a uno a uno. E ciao.
LA GRANDE IDEA
Una città grandiosa come Roma
e come Londra
e lurida e gioconda
e con la noia... inafferrabile,
47
SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
vuota, rimescolandosi...
ebbene, c'è una strada come un'altra
e nella strada c'è
una semplice casa,
ove é disposta
la tromba delle scale, che si trova
a mezza via
che a una scaletta porta:
essa spalanca
discosta appena
una veranda, che nel mondo mira.
In questa, in questa
un tavolo soltanto,
e col tavolo sta
un uomo meditando.
Fuori del male,
del labirinto vitale,
fuori del puro
esistere, ma in esso
é aderente, é ostinato,
e non assiste, fa.
L'uomo pensante.
E come tale, ognuno.
Lo chiameremo Peirce,
lo chiameremo Schlick ?
il nome come squillo, ancora, Marx
s'impone al nostro simbolo.
Egli si leva a un tratto
con tale convinzione
che nello scatto
dei soliti principi
la tavola rovescia.
La tavola che é invasa
dalla ragione stessa
travolge la veranda,
48 SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
che spinge la scaletta...
é questa ecco la bomba
(la vita vita intera,
la cosa intesa vera)
che scoppia nella tromba
delle pulite scale,
dell'ordine che sale
fino al divino inteso
mistero tutelare...
Divino invece vale
fra le cose e il pensiero
un profondo legame.
È questa ecco la pietra
che lo studente afferra,
che l'operaio prende:
dopo che sta
al banco o al tornio
fuori del vero se,
ed analizza il mondo
fra sensazioni e idee
nell'ora che fumando
solo la via rifà...
non é per niente esatto
che egli non pensi:
va accanto a quello
che giusto ascolta, in quanto
poi pensa meglio.
E nel tumulto adempie
al razionale moto
con sacro fuoco,
contro al Potere che s'insedia forte;
restituisce e forma,
progetta e prefigura
quello che il mondo é in fondo,
natura e norma.
SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA 49
PIER PAOLO PASOLINI
LA REAZIONE STILISTICA
Tutti si giurano puri:
puri nella lingua... naturalmente:
segno che l'anima è sporca.
E stato sempre
così. Per mentire non bisogna essere oscuri.
Si illudono, mostri, che la morte
uguagli! Non sanno che è proprio la morte
(loro alibi di cattolici servi)
che disgrega, corrode, torce, distingue:
anche la lingua.
La morte non è ordine, superbi
monopolisti della morte,
il suo silenzio è una lingua troppo diversa
perché voi possiate farvene forti:
proprio intorno ad essa vortica
la vita! E voi avete paura
della vostra santa morte, del caos che implica:
il vostro unilinguismo è una difesa.
La Lingua è oscura
non limpida e la Ragione é limpida,
non oscura! Il vostro Stato, la vostra Chiesa,
vogliono il contrario, con la vostra intesa.
Sono infiniti i linguaggi, i gerghi,
le pronunce, perché è infinita
la forma della vita:
non bisogna tacerli, bisogna possederli:
ma voi non li volete
perché non volete la storia, superbi
monopolisti della morte: i poeti
parlano come preti e profetiche
50
SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
urlano vittoria, intorno,
le Cassandre: è passato il tempo delle speranze!
Avevano ragione loro, nascoste
dentro le parrocchie.
Adesso riescono alla luce del giorno,
cornacchie delle privilegiate angosce,
delle libere speranze imposte
dalla forza del capitale che non si estingue.
Gadda! Tu che sei lingua oscura
e ragione oscura,
rifiuta le loro interessate lusinghe,
nel tuo limpido raziocinio!
Moravia, tu che sei limpida lingua
e limpida ragione, respingi il maligno loro adoprarti, nell'oscuro puntiglio
dei tuoi nervi... Sono solo,
siete soli. In questa lotta che è la lotta
suprema, perché riassume ogni altra,
nessuno ci ascolta.
Vorrebbero ridurre l'uomo alla purezza, loro
che sono il caos! Ah, si apra
sotto i loro piedi la terra, e parlino
il loro esperanto all'inferno.
Eppure, anche chi stimo e amo,
con cui ho comune l'anima
per tanta parte, sa, della lingua, l'esterno
valore di storia, come_
se la storia portasse all'uno: a un superno
punto che livelli ogni passione,
e il suo fine fosse l'omologazione
delle anime! No, la storia
che sarà non è come quella che è stata. Non consente giudizi, non consente ordini, è realtà irrealizzata.
5]
SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
E la lingua, s'è frutto dei secoli contraddittori,
contraddittoria — s'è frutto dei primordi
tenebrosi — s'integra, nessuno lo scordi,
con quello che sarà, e che ancora non è.
E questo suo essere libero mistero, ricchezza
infinita, ne spezza,
ora, ogni raggiunto limite, ogni forma lecita.
Bruciare le istituzioni,
— stupenda speranza per chi ora geme —
è una speranza che le reali passioni
che nasceranno non può prevedere, né i suoni
nuovi delle loro parole.
Non gridino i cattolici alla grandezza
del passato, ricattatori: alla Disperazione.
Ma i comunisti non avvezzino
alla rinuncia e alla riduzione i cuori,
con la Speranza: con la grandezza della rivoluzione.
Nella lingua si rispecchia la reazione.
E la lingua delle loro parole é la lingua
dei padroni e delle loro folle di servi.
Sia pur vivace e fervida
nel giudicare, nell'accusare, arringa,
saggio: ma se è il frutto
dell'uomo borghese — che si spinge
alle nuove conquiste, vecchio e brutto
nel cuore — non può esprimere che tutto
l'uomo, nella sua storica miseria.
Non c'è via di scampo, anche chi si oppone
è quell'uomo: miserabile, empio,
stupido, freddo, ironico,
che rende faziosa ogni sua più seria
passione, che non crede all'altrui passione...
E in questo accomunano i giorni della distensione
nemici e amici: ricomincia la guerra vile
52
SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
del discredito, della malizia, della
cecità di cellula
o sacrestia: e ritorna lo stile
di un tempo, nei cuori
come nei versi: ed é meglio morire.
(Aprile 1960)
LA RABBIA
Vado sulla porta del giardino, un piccolo
infossato cunicolo di pietra al piano
terra, contro il suburbano
orto, rimasto li dai giorni di Mameli,
coi suoi pini, le sue rose, i suoi radicchi.
Intorno, dietro questo paradiso di paesana
tranquillità, compaiono
le facciate gialle dei grattacieli
fascisti, degli ultimi cantieri:
e sotto, oltre spessi lastroni di vetro, c'é una rimessa, sepolcrale. Sonnecchia al bel sole, un po' freddo, il grande orto con la casetta, in mezzo, ottocentesca, candida, dove Mameli é morto,
e un merlo cantando, trama la sua tresca.
Questo mio povero giardino, tutto
di pietra... Ma ho comprato un oleandro
— nuovo orgoglio di mia madre —
e molti vasi di ogni specie di fiori,
e anche un fraticello di legno, un putto obbediente e roseo, un po' malandro, trovato a Porta Portese, andando a cercare mobili per la nuova casa. Colori,
53
SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
pochi, la stagione é così acerba: ori
leggeri di luce, e verdi, tutti i verdi...
Solo un po' di rosso, torvo e splendido,
seminascosto, amaro, senza gioia:
una rosa. Pende umile
sul ramo adolescente, come a una feritoia,
timido avanzo d'un paradiso in frantumi...
Da vicino, é ancora più dimessa, pare
una povera cosa indifesa e nuda,
una pura attitudine
della natura, che si trova all'aria, al sole,
viva, ma di una vita che la illude,
e la umilia, che la fa quasi vergognare
d'essere così rude
nella sua estrema tenerezza di fiore.
Mi avvicino più ancora, ne sento l'odore...
Ah, gridare é poco, ed é poco tacere:
niente può esprimere una esistenza intera!
Rinuncio a ogni atto... So soltanto
che in questa rosa resto a respirare,
in un solo misero istante,
l'odore della mia vita: l'odore di mia madre...
Perché non reagisco, perché non tremo
di gioia, o godo di qualche pura angoscia?
Perché non riesco a riconoscere
questo antico nodo della mia esistenza?
Lo so: perché in me è ormai chiuso il demone
della rabbia. Un piccolo, sordo, fosco
sentimento che m'intossica:
esaurimento, dicono, febbrile impazienza
dei nervi: ma non ne è libera più la coscienza.
Il dolore che da me a poco a poco mi aliena,
se io mi abbandono appena,
si stacca da me, vortica per conto suo,
54
SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
mi pulsa disordinato alle tempie,
mi riempie il cuore di pus,
non sono piú padrone del mio tempo...
Niente avrebbe potuto, una volta, vincermi.
Ero chiuso nella mia vita come nel ventre
materno, in quest'ardente
odore di umile rosa bagnata.
Ma lottavo per uscirne, là nella provincia
campestre, ventenne poeta, sempre
a soffrire disperatamente,
disperatamente a gioire... La lotta è terminata
con la vittoria. La mia esistenza privata
non è più racchiusa tra i petali d'una rosa,
— una casa, una madre, una passione affannosa.
È pubblica. Ma anche il mondo che m'era ignoto
mi si è accostato, familiare,
si è fatto conoscere, e, a poco a poco,
mi si è imposto, necessario, brutale.
Non posso ora fingere di non saperlo:
o di non sapere come esso. mi vuole.
Che specie di amore
conti in questo rapporto, che intese infami.
Non brucia una fiamma in questo inferno
di aridità, e questo arido furore
che impedisce al mio cuore
di reagire a un profumo, è un rottame
della passione... A quasi quarant'anni,
io mi trovo alla rabbia, come un giovane
che di sé non sa altro che è nuovo,
e si accanisce contro i.l vecchio mondo;
E, come un giovane, senza pietà
o pudore, io non nascondo
questo mio stato: non avrò pace, mai.
Dolce, per te, è restare inespressa,
SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA 55
rosa che sei la stessa ormai riapparsa
tante primavere! È arsa
in te tanta mia vita, nata
ogni volta con te. Ora, tu rinasci,
e io, che per capirti ti ho straziata,
non so che cosa aspetto, non so che cosa lascio.
(Aprile 1960)
ELIO PAGLIARANI
CONFERENZA DIBATTITO SULLA QUESTIONE MERIDIONALE (*)
a Guido Mazzali
— Primo: non hanno voglia di lavorare
— Ma tu tua figlia a un cafone calabrese
(Dov'è Shylock, mercante di Venezia,
una libbra di sangue se valse un'arancia
— morte per acqua —
a Mussomeli?)
La civiltà si è trasferita al Nord
al seguito dell'industria
industria alle origini
volle dire ferro e carbone
delle miniere
del passo di Calais, Belgio, Ruhr, Slesia, Svezia, Galles
ferro e carbone. Industria pesante
per molti, e ai fini del nostro discorso in termini economici va detto
che per ferro e carbone i costi di trasporto
(*) Gli interventi che appaiono in questa conferenza-dibattito sono di un compare, cioè previamente concordati in modo da far bella figura. Di altri eventuali interventi si terrà conto in una successiva conferenza-dibattito.
56 SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
incidono in maniera decisiva: costa più a Torino
o a Enna il ferro di Francia?
— Fatalità, destino, siamo senza
materie prime: vedremo col petrolio.
Sorta nel Nord l'industria per le leggi
economiche, per le leggi economiche si accentua
la concentrazione industriale. La divisione del lavoro
la produzione in serie, i cicli e le catene
di lavorazione comportano strutture
monopolistiche, vale a dire il prodotto industriale
ha minor costo di quello artigianale: Ha ragione il monopolio!
se non facciamo confusione
fra costi e prezzi — ma di ciò altra volta. Nasce la FIAT coi suoi
settantamila
operai, può chiudere la FIAT? Si può buttare
sul lastrico operai settantamila? Non si può piú. Teniamocela la
FIAT.
E se c'é la Volkswagen che fa concorrenza
mettiamo le dogane alte.
(Il MEC condurrà l'acciaio all'allineamento
mille lire il prezzochilo?)
— Sei fuori strada, resta nel tema, il Sud che cosa c'entra?
C'entra perché
chi compra un'auto
al Nord o al Sud
paga di più
trecentomila lire,
trecentomila lire
gli son rubati.
Con questa differenza:
al Nord quei soldi
in parte tornano
sotto la voce
- SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA 57
salari operai
che i bravi operai
fan circolare.
Al Sud invece
niente ritorna
perdita secca
ecco perché é legittimo
dire che il Sud
al Nord si sfrutta.
(E non c'é colpa
o abilità,
se non nelle strutture
per legge irresponsabili) (1).
Un accenno ai prezzo politico del grano: nei nostri porti
cost insurance freight senza dogane il grano costerebbe
la metà, se costa il doppio il guadagno è di chi ha grano
da vendere, la rimessa è di chi ha pane
da comprare.
È la Valle Padana, il Nord ancora
sono gli agrari di Bologna che fanno la parte
del leone: in Sicilia non c'é grano da vendere a prezzo doppio
a doppio prezzo in Sicilia c'è solo pane da comprare (2).
I terroni sono invadenti, ipocriti, ruffiani.
La sogliola ha il colore della sabbia
per sfuggire ai pescicani.
Amo le lodi, specie quelle false indice di potenza.
(1) E' implicito nel componimento, ma qui aggiungiamo esplicitamente che la FIAT — nell'attuale situazione della nostra società uno degli organismi meno parassitari — è citata come un esempio tra i più evidenti, e facili, di un processo economico che ha voluto dire: necessaria tendenza al monopolio, iaccentuazione dello squilibrio fra Nord e Sud d'Italia.
(2) La distribuzione geografica delle coltivazioni di frumento in Italia è in questi ultimi anni in parte mutata (e non c'è Stato, si dice, che non rabbia agricoltura protetta): ma anche qui è bene ripetere che per giudicare abbiamo fatto riferimento al dato eminente, al risultato globale, e non soltanto all'ultimo, di cento anni di storia, tanti cioè quanti ne hanno sia l'unità d'Italia che la questione meridionale.
58 SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
ROBERTO ROVERSI
LE LUPE DORATE
[I. Le campane esplodono - II. Paga di soldato - III. Un sodoma geniale - IV. Ragazzine in rosso - V. Tuona oscure sibille - VI. Le belle - VII. Camera d'albergo - VIII. Inventario - IX. Foglia di calendario - X. Week-end a Vignola - XI. Thé alle cinque - XII. Il predicatore in salotto].
Le campane del nostro mezzogiorno
così rosse nel cielo bolognese,
fresche, caute, lievi, renitenti,
esplodono nella piazza
dov'è l'ombra di calde penitenti.
I maestri dell'arte,
dalle vetrate, accecano in fulgore
i piccioni decrepiti.
Oltre, c'è tutto un verde
verso il bosco sacro e la chiesa:
quando declina il sole,
e in mar sprofonda e muore,
sull'erba di quella distesa
è stupendo fare all'amore;
mentre la città respira
le luci del cielo hanno le ali socchiuse,
odora la terra d'antica pace e di scorza
sui capelli della ragazza che baci.
Taci, ascoltando i giovani anni tornare
e Orfeo con la lira
abbandoni l'inferno per sempre.
Nota. « Le lupe dorate » è la prima parte di un'opera: La provincia italiana, che ne comprenderà intanto, e almeno, altre due: Lo Stato della Chiesa e La morte.
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SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
Pellegrino che vieni da Roma
questa città di provincia
non si consuma di noia
ma invecchia ogni giorno
insieme alla bionda donna di vita
dalla cera gioconda e dalle crepe
(con la sottana a scacchi, sfiorita)
sul viso, in attesa dei serali contadini:
al sabato, anche se c'è tramontana,
approdano dai pelaghi deserti
a mille luci; con ingiurie feroci,
e ridono piangendo,
baciano stringendo, a volte uccidono.
Sono ricchi e disperati come
le rane di un pantano.
Dicono che bellissime signore
giovani e donzelle quindicenni,
dal fiore ancora in boccio e dal sorriso
leggero, in luride pensioni
si vendono ai mercanti della fiera
e ai tristi pellegrini della festa. Gemono di furore non d'amore le belle donne nude sotto il peso di questa terra fradicia
e la lingua affonda
come una lama fredda che le svena.
Il sodoma geniale, a mezzogiorno, trascina un'ombra di festa con sé
e indugia con la voce, sulla spalla degli amici, quasi
una croce di rose lo stancasse. Ha l'occhio appassito di una viola ma le dita magrissime arrossate dalla gazzella fulva, la Ferrari,
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SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
che, criniera di cavallo, stola
di visone, volo
di rapida beccaccia in brughiera,
fugge, rompe, sguilla con un tuono
oltre le arcate,
dove nei tramonti clandestini
bruciano le altane di cotto
sulle beate strade della città
e gli sposi impotenti
aspettano agili fianchi adolescenti.
Costa sei milioni una Ferrari...
Steso nel canapè, coi piedi
sulla spalliera, a casa, il padre,
il vecchio padre aspetta che la cameriera
passi e felicemente
dimentichi di gridare.
Tre ragazzine tutte vestite di rosso,
gambe lunghe, enormi piedi magri,
il corpo verde presto fiorirà.
Perfida, astuta, bella gioventù
gioca col tempo
sparpagliando la sabbia della vita
fra le dita sottili,
le ilari, vane, tristissime voglie
sciupano in parole,
smuovono i capelli dalla fronte
guardandosi nei vetri del negozio
e dentro una scaglia di sole
s'aggiustano le maglie
mentre il tempo si spezza
negli ambulacri dei vicoli.
(In anni a venire
si perderanno rauche e taceranno
queste vergini voci fatte adulte
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SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
dalla rabbia, dal fuoco, dai pericoli
che il tempo accresce;
allora, insieme, potranno anche affondare
le nostre barche:
relegati in una lama di sole
contra un intonaco bianco, screpolato,
vecchi pietosi, inutili solchi di lava,
ci sovrasta un tramonto spietato).
Adesso, se le sfioro camminando,
adoro la novità dei capelli,
foglia d'orto, fragole di vita,
mentre coi denti mordono la luce
e una felicità infinita
di andare, di restare.
Poi un sussurro amico conduce,
fra le agili ombre, il loro cuore.
Il monaco sapiente
predica nella chiesa fragorosa
e sembra il nume indigeno
d'una religione arcaica, sacra.
Tuona oscure sibille,
le scintille dell'ira
si disperdono fra le luci
delle candele mentre la chiesa delira
in un brusio di penombre e suoni
dell'organo straziante.
Giovani stupendamente stolti
si stringono le mani.
Alto nella persona,
fu maestro di venti e al suo bel tempo
navigò con le vele verso il Congo
sui liguri vascelli.
All'improvviso declinò la sorte,
fu invaso dalla bufera della morte,
62 SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
buttò la pipa ai venti,
perso alla vita, nero frate al mondo.
Rovescia i peccati sui capelli
degli adolescenti milionari
freddi pozzi intaccati dall'arsura;
dura la voce fiumana di fuoco,
infine tutto si quieta
e le farfalle sciamano dorate
per la piazza, inebriate
dal sole di primavera,
profumate, con una fresca cera
che la brina piovuta dall'occhio di dio
ha sfiorato appena,
e hanno del vento sulle spalle.
Una pace tragica, da urlare,
quando con le nuvole arrampanti
si rovescia il tramonto su Bologna.
Bruciano le ahane
mentre sui fianchi delle vecchie case
scende la lava;
soavemente oscure, per le piazze,
le adultere felici
(nell'età delle foglie appese ai rami)
s'allontanano lente, appena incerte
se riguardare il cielo e offrirgli un collo
senza rughe, pieno, da braciere
o fingere indifferenza ai richiami
dei satiri che frugano e deridono.
Poiché fra qualche anno ancora
sarà solo un'ombra la bellezza
che oggi le sfiora,
voglio lodarle
calme, mature, tenere, fragranti,
fremito vivo che riscalda il sangue.
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SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
Fasciate in tweed che palpita soave-
mente, piove per la nuca
il balenio dei riccioli castani;
festa di cuori, e voglie,
caldi furori esprimono
le forme di queste dee
deliziosamente perfide
mentre la notte ormai le copre e bagna.
Sopra i palazzi c'è una luna grande
e calma, respira intorno la campagna.
Per Bologna, gobba maliziosa città,
è una fola la lucida omertà —
solo ha un civile governo, oneste pietre
e tombe dure che coprono il sonno
dei glossatori,
ma al tempo degli amori
uscir fuori bisogna, volare
sopra i dossi magri d'Appennino,
sulla riva dei fiumi,
fuggire a Ravenna, a Ferrara,
a Parma coperta di tigli, celarsi
furtivi nel lume di una stanza
giovani e paurosi come poveri sposi
(tra il fieno, nelle sere emiliane,
col sereno che divaga sui monti,
dalla finestra aperta ascolti cicale cantare
e il legno del piancito scricchiolare
al passo scalzo della donna).
Trova un'ora di pesca fortunata
anche lo straziato carrettiere,
il deluso usignolo, al fine della giornata.
L'albergo gelato, disadorno,
perfido di tristezza, ha le insegne
che battono sui vetri in una nebbia
64 SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
d'acqua marcia; rotola nei muri
la strada di collina
fra il verde che dirada.
Poi giunge beata ilare nel vento,
non turbata da alcun trasalimento,
lei tutta bagnata di umori;
ha le scaglie iridate, un dirompente
riso giovane, perverso,
getta la veste, sottoveste,
e ogni pena si scioglie sul cuscino
di dura canapa, fino al mattino
quando si sveglia (é appena l'alba)
bruciata da un raggio che la sfiora
e ancora sorride
con parole che l'acqua discioglie.
Riscattata da una dolce moneta
raduna le sue foglie e lieta
s'invola, ancor più giovane nell'età
che ha poche ansie, smemorata, lieve,
con il corso del fiume avanti a sé,
tutto nuovo il cammino
non nn breve momento
non un frammento spento,
roso dai topi come il mio.
Azure gloom of an Italian night
é povero il suo inglese:
pomeriggi vissuti ad ascoltare
i dischi, le voci alterne
dell'uomo e della donna B. B. C.,
il fruscio che debilita,
la punta " sottile nel grammofono,
un progredire monotono
d'anima spenta in acque salse e nere,
immaginare cosa sarà la vita
(la propria vita) nei prossimi trent'anni.
Pensa: oramai sono alle corde,
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SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
resta poca al mio osso (palpitare
d'animale ferito), tra noi l'amore
sarà presto finito, come é
finito presto ogni altro mio amore.
Una saponetta nel lavabo
tagliata grossa col coltello,
le porte dell'albergo son6 bianche,
sporche, sottili; contra i muri
duri segni di mani forestiere,
conficcate nel legno le specchiere,
l'impronta di labili presenze
sui tappeti con rose di Venezia,
la desolazione dei cassetti,
dentro i letti un freddo da frontiera;
una luce fioca, prigioniera
gocciola insieme a un russare lento.
Arida catena di giorni
la vita si consuma, scura
e deserta, sul selciato
che svolta per il vicolo e s'inerpica
alla radura. Torri, avanzi
di gloria, bandiere,
tutto s'aggruma e mescola, brutal-
mente ingiusto, falso, inutile,
in sere interminabili.
Patisce il pomeriggio di domenica
la donna protesa alla finestra
mentre le ore cadono dal cuore
e gli anni in arco sopra oscuri abissi
travolgono la festa...
Notte di san Silvestro nel '40,
diciassettenne, i parenti (un fiore)
seduti alla tavola scolpita
da Toniutti, il soff•'itto profondo
66 SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
rosso e oro pioveva luce antica
appena tocca da un'ala di fulgore.
Morti tutti, falciati come il fieno,
ormai perduti al mondo...
Un viaggio in Toscana con il treno,
nel '50, San Gemignano lurida, spazzata
dal vento fra gli ulivi smorti
e in un tanfo straziante, indescrivibile,
la luce del giorno appena incisa
da un diamante di pena...
Un'ora di grande calma e dolcezza
si ferma sulla strada vuota,
a fatica qualche uomo nero
s'affaccia e subito scompare,
non c'é ebbrezza di voci
né ruota di bicicletta né pensiero
che la vicenda muti
per l'ardente immobile reclusa.
Solo uno sprofondare nella notte
e la sorte conclusa.
Negli alberghi di Vignola
dalle ciliegie rosse e polpe accese
calano a far l'amore
— sulle sprint di corallo —
le belle milanesi
dall'accento francese.
Esultanti nel cuore,
per l'autostrada, adesso, in lunga fila
di migratori nella bufera,
s'avventano le donne
ch'hanno il bistro negli occhi e unghie d'oro
a spegnere i furori
dentro stanzucce quiete, fino a sera.
S'abbandonano a un giovane toro
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SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
dimenticando la melma che affatica
la loro carne, l'inutile ricchezza,
la noia cattiva, dolorosa
più d'una ferita,
una impazienza disperata.
Nuotatrici sfinite,
fatte bianche dall'onda,
si stringono fradicie, impaurite
a questi ragazzi di paese
che vivono e aspettano sulla sponda
del fiume Panaro, vicino ai canneti,
dentro i casolari di legno e argilla
in un silenzio ancora sconsolato
e in cruda miseria
da triste animale sconsacrato.
Altrove, fra le mura della città
su cui piove la tenerezza d'aprile,
nei palazzi bruciati, fiera
delle più dolorose vanità,
fra torri storte, merli, aride pietre
e muffe, per i viali scossi da un acuto frastuono disperato
— nei salotti, sedute, con occhi inquieti le sedicenni mostrano i ginocchi
e un'ombria deliziosa che sale ancora. Bianche magre morte cameriere
- nell'ora in cui il sole, alto, contrasta la sua trama a un cielo congelato — divagano per le stanze
e i vassoi ardono nel vetro con un suono gentile da campana. Nascosto in un angolo, un braciere, infuocato papavero, dibatte
nell'intimità scontrosa
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SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
arcobaleni d'ombre su una sposa che gioca con un compagno
e s'abbandona alle mani che la cercano
come un fiore.
L'ossessione d'amore si fa torpida,
cala sugli sguardi e nelle gole;
mentre gli uomini s'avvicinano
la luce s'attenua in un rumore
cauto entro cui la fiamma reclina,
e si spegne inutile e meschina, in un soffio, ogni vampata di pudore.
« Tre parole: occorre avere fede... »,
nella sala settecentesca s'accende
il volo di rosati cherubini
e le patrizie impeccabili
guardano fisso negli occhi
il francescano possente
che conversando anela.
Sedute, le più giovani madame
offrono alle labbra del monaco,
così perverse, una fredda umiltà.
Piegano i morbidi ginocchi,
assorte promettono castità,
si turbano come colombe, poi dileguano
come colombe, in branco,
col peccato prossimo che splende.
 
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Testata/Serie/Edizione Nuovi Argomenti | Prima serie diretta da Alberto Moravia e Alberto Carocci | Edizione unica
Riferimento ISBD Nuovi argomenti : Rivista bimestrale. - N.1 (1953)-. - Roma [distribuzione Torino] : [s.n., distribuzione Einaudi], 1953-. - v. ; 23 cm (( La periodicità è variata più volte: la prima serie esce con periodicità irregolare, dal 1976 trimestrale. La prima serie si conclude con il n.69/71 (Luglio-Dicembre 1964 ma pubblicato nel marzo 1965), nel 1966 inizia la nuova serie che termina con il n.67 68 (1980), nel 1982 la terza serie che termina con il n.50 (apr. giu. 1994) ed inizia la quarta serie con il n.1 ... {Nuovi argomenti [rivista, 1953-]}+++
Data pubblicazione Anno: 1960 Mese: 9 Giorno: 1
Numero 46
Titolo KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46


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