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ANTEPRIMA MULTIMEDIALI

tipologia: Analitici; Id: 1472444


Area del titolo e responsabilità
Tipologia Periodico
Titolo Elemire Zolla, Antropologia negativa [Il borghese progenitore dell'uomo di massa, L'uomo massa come Prospero, La memoria dell'uomo massa è eccezionale,Il gusto dell'uomo massa è sicuro, L'uomo massa sa di essere tale,L'uomo massa pensa intensamente, L'uomo massa è poetico, L'uomo massa moltiplica il linguaggio. L'uomo massa è diabolico, Ciò che annoia diverte e viceversa,Ciò che è comico ha dignità e viceversa, Ciò che si pensa seriamente si finge scherzoso e viceversa, Chiama gioioso ciò che è torturante e viceversa, L'uomo massa è schiavo, L'uomo massa sa differenziarsi, L'uomo massa non si sa difendere, Un'ipotesi sulla nascita dell'uomo massa che potrebbe aiutarne a provocare la morte]
Responsabilità
Zolla, Elémire+++
  • ente ; ente
  autore+++    
Area della trascrizione e della traduzione metatestuale
Trascrizioni
Trascrizione Non markup - automatica:
ANTROPOLOGIA NEGATIVA

II borghese progenitore dell’uomo massa

Hegel affermava che «il borghese non gode del godimento, bensì delFimmaginare di fronte a se stesso ch’egli possiede questo godimento» (Jenens. Realphil. II, p. 256). La proprietà delle proprie sensazioni, l’averle e non esserle, fu il carattere essenziale del borghese, che immaginava di godere come di entusiasmarsi o di accasciarsi, senza mai trovarsi in un rapporto immediato con la sua esperienza. Julien Sorel rappresenta il momento in cui il borghese che affronti coraggiosamente la sua verità si scopre alienato dalla vita, e sente tale condizione come una nobile duplicità, scopre di non poter esser altro che spettacolo per se stesso e quindi di aver bisogno di un 'energia pura per agire. Il borghese è così interiormente lacerato in virtù delle leggi stesse del suo mondo, dove la sua esistenza dipende da un comportamento ispirato alla durezza del tornaconto; commerciando, amministrando, vendendo i suoi servizi, il borghese doveva considerare merce ogni cosa con cui venisse in contatto, e perfino se stesso egli doveva convertire in macchina da far funzionare e rendere. Ma che cosa

lo educava a un tale inflessibile rigore? La necessità di essere educato da qualcosa al suo continuo esercizio di crudeltà costrinse il borghese ad ammettere nel suo sistema le istituzioni sopravissute dai mondi precedenti, i loro residui, i brandelli degli antichi corpi mistici. Il borghese, proprio a causa del calcolo delle partite doppie che aveva sostituito lo sgranarsi dei rosari, doveva obbligare se stesso e gli altri a riverire i valori feudali superstiti, cavando da essi anche la consolazione narcotica che gli placasse la coscienza delle ferite che a sé ed agli altri infliggeva. Così era utile che perdurasse la famiglia e fossero mantenuti in vita gli102

ELEMIRE ZOLLA

affetti in essa covati e l’autorità paterna, affinché il futuro venditore del proprio lavoro così come il futuro giovine borghese si adattassero alle leggi del mercato o della carriera.

Altrettanto utile, come avevano scoperto i teorici dell’assolutismo, era la religione, ed il borghese, se personalmente non si sentiva immerso nell’antica fede, pure favoriva il mantenimento dei vincoli religiosi negli altri, ed a tal fine « dava il buon esempio». Utile poi sommamente, ancor più della religione, era l’amor di patria, poiché la civiltà borghese aveva superato quasi dappertutto il mercenario, per socializzarlo e levargli il soprassoldo, e le guerre dettate dagl’interessi mercantili dovevano pur essere combattute. Utile mantenere i brandelli delPamor di patria, poiché di fatto la civiltà borghese aveva distrutto le comunità naturali o almeno le aveva corrose, sostituendole con un’amministrazione meccanica dinanzi alla quale l’uomo non stava con il prossimo suo, ma isolato; il nome poi di patria, che bene designava una comunità a misura d’uomo, fu applicato allo Stato nazionale ovvero al complesso della sua burocrazia, ereditata dalPassolutismo e rafforzata. Tutto ciò è noto. Ma meno si pone attenzione alla conseguenza psicologica: se oggettivamente gli antichi corpi mistici divennero strumenti in mano alla società, si può davvero pensare che soggettivamente il borghese potesse trovarsi immerso in essi in buona fede? Prendiamo a esempio Julien Sorel: la sua lucidità dovrebbe garantire la buona fede (che di certo non può riposare sulla confusione che si lasci trarre in inganno), ebbene, si veda come il suo sentimento civile napoleonistico non è che una manovra psicologica: egli abbisogna di energia pura, visto che i sentimenti non gli sono concessi che con la mediazione d’uno sdoppiamento, e tenta di farla scaturire daH’ammirazione per il despota, aiutandosi con la riflessione che in una società napoleonica potrebbe dischiudersi una più facile carriera. Ecco un tipico atteggiamento borghese. Non a caso Hegel dovette coniare l’espressione di falsa coscienza. Essa è forse meglio adatta che non malafede per designare loANTROPOLOGIA NEGATIVA

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stato d’animo del borghese che si abbandoni ai suoi entusiasmi, che non sia intento a calcolare.

L’assenza di buona fede è denunciata dal borghese stesso quando emette uno dei suoi più disgustosi luoghi comuni: « chiunque parteggi in buona fede è da rispettare ». È questa una interiorizzazione del criterio etico che lo distrugge, perché la buona fede diventa a tal punto l’inaccertabile scriminante di ogni sorta di delitti. Buona fede si può dare soltanto dove la coscienza soggettiva sia adeguata alla realtà oggettiva. Un contadino dell’antica Roma repubblicana, lottando contro i popoli vicini, non aveva bisogno di credere di difendere il campo seminato, la casa e l’aratro foggiato dai padri che ancora confusa-mente aleggiavano attorno al focolare, poiché di fatto egli difendeva queste cose ben tangibili, insieme ai propri vicini, al suo prossimo; la sua scelta non era fra credere come gli veniva detto di credere o ribellarsi interiormente in nome di una mancanza di evidenza sensibile, ma piuttosto fra difendere la sua libertà ed i suoi beni insieme agli altri parimenti interessati a difendersi, oppure servirsi del suo prossimo evitando di prendere il proprio posto nei ranghi. Un borghese non poteva toccare né poteva vedere le cose per le quali doveva mettere a repentaglio la sua esistenza, e marciava a fianco di sconosciuti stretto in ranghi fisicamente compatti e spiritualmente dispersi, poiché il nemico sul quale doveva puntare il fucile poteva essere in verità suo prossimo, per sensibilità ed educazione, mentre il compagno d’arme poteva essere l’incarnazione del Nemico. Egli doveva sacrificarsi per una società che escludeva l’idea del sacrificio fra persone, mantenendo soltanto quella del sacrificio delle persone.

Lo stesso valga per il borghese che recitasse la parte del buon padre di famiglia o dell’uomo devoto (con misura). Talvolta egli appariva raggiante di entusiasmo: per disperazione dinanzi all’opacità della sua situazione. Lo dimostrava, senza equivoci, la sua incapacità di esprimersi altro che per redolenti stereotipi.

La storia non avviene invano, non si scorda, tutt’al più si104

ELÉMIRE ZOLLA

reprime. Furono accesi i lumi, e non solo ad opera dei philoso-phes ma anche degl’inventori di nuove macchine. Da allora non si può ammettere che un uomo sia immerso in una tradizione, poiché di fatto egli è posto oggettivamente nella posizione di chi può scegliere fra una tradizione ed un’altra e nessuna; comunque scelga non può invocare la scriminante dell’ingenuità, della cecità di chi è calato e fuso in una tradizione. Se resta attaccato alla sua religione avita, è perché l’ha scelta, e come borghese la sceglie perché è vantaggiosa all’ordine borghese od al suo interesse economico o psichico (gli dà conforto o pace o tranquillità o altro bene, il ché è segno di calcolo e non certo di spontanea vita religiosa). Allo stesso modo sceglie di aderire alla sua nazione così come è retta, tanto che, se dissente, va in esilio; infatti il commercio internazionale fonde i popoli e la vita cosmopolita dei ceti più ricchi o degli artisti oggettivamente abolisce le antiche barriere, che la lucida mente del borghese doveva essere comunque tratta a criticare. Eppure in guerra il borghese fingeva di ignorare che i lumi erano stati accesi, recitava la parte del barbaro incontaminato dalla ragione. Magari, per dimostrarci la sua buona fede, nella valle di Giosafat si difenderà citando i sacrifici sofferti per bene interpretare la parte. Dovremo prestargli ascolto? Nella stessa misura in cui prestiamo ascolto alle isteriche sterili, quando simulano i dolori del parto, capaci di sudare, lacrimare, torcersi e svenire.

Una volta capito il suo principio fondamentale, che egli, tranne quando calcoli, recita senza posa, ecco che il borghese ci appare limpido, da torbidamente enigmatico che sembrava: ecco perché non credendo alla virtù stroncava i fiori del male, non credendo all’amore lo dichiarava con enfasi senza precedenti, non sapendo nutrire sentimenti rigurgitava e ingurgitava sentimentalismi, stava al calcolo più efferato ed al cinismo più smascheratore in bottega e poi piangeva lacrime (uretrali, avverte Freud) al suono d’una canzoncina languorosa o d’una marcia militare, non si abbandonava mai completamente ed il calcolo affiorava in ogni suo gesto eppure conservava i ricordi di tuttiantropologia negativa

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gli avvenimenti debitamente commoventi della sua abietta esistenza (per il borghese persero il loro carattere assurdo proposizioni come: «dover ricordare» o «dover amare»).

Il vero eroe nel mondo borghese era Ter site che osava denunciare la falsità generale con scetticismo tonico e rinfrescante dopo l’orgia di languori e di eroismi. Tale parte era interpretata o dal « povero » e « sovversivo » o dall’artista. Questi, rappresentando esseri chiusi in sé e nel circolo magico della fantasticheria, mostrava ai borghesi uno specchio nel quale non sempre accettarono di riconoscersi, e che tuttavia era la verità su di loro (che dovevano recitare essendo la recitazione l’unico modo con cui potevano agire pur senza vivere).

Ma il borghese è una figura di transizione, ed una figura insidiata dal confronto con il non borghese: il «povero», che non ponga in cima ai suoi pensieri la propria metamorfosi in borghese e l’artista che non venda al borghese, con i prodotti, l’ispirazione. La data in cui il borghese si uccise è per lo più fissata al 1914; con lui crollarono le due speranze che avevano animato l’uomo sotto il dominio borghese: quella nel proletariato erede della filosofia e quella nelle liberamente circolanti élites borghesi.

Il proletariato, specie tedesco, si prestò alla strage che era assai più crudele di quelle celebrate dagli Atzechi, i quali vivevano in un mondo dove il sole voleva tributi, mentre nel 1914 nessuno credeva seriamente che Dio volesse benedire le insegne. Le élites si mostrarono incapaci di reggere le fila del loro stesso destino, nonostante fossero bene state avvertite che la nuova guerra non poteva recare vantaggio a nessuno dei partecipanti; cioè anche la ragione della forza denunciava la loro incapacità e inutilità. L’avatar del borghese è l’uomo massa, che è senza antagonisti, ed assai più raffinato del suo progenitore. L’uomo massa si divide in ceti, ma non conosce altro da sé in tutto il mondo. Per la prima volta la classe è superata; il direttore d’azienda ed il fattorino guardano gli stessi spettacoli, pensano le stesse cose.106

ELÉMIRE ZOLLA

L’uomo massa come Prospero

L’uomo massa è l’uomo sbarcato dai secoli oscuri in un’isola che egli domina appieno. Lo si è scambiato per un Calibano indurito nell’idiozia, incapace di seguire le sollecitazioni della bellezza o di godere della verità, incapace di spontaneità ancor più del suo progenitore borghese. Ma l’uomo massa non è un Calibano; se lo fosse sarebbe lecita la speranza di modificarlo, di insegnargli, con paziente abnegazione, ad apprezzare i valori ai quali preferisce i suoi lugubri trastulli. L’uomo massa è dotato di un discernimento sottile: è un Prospero che impiega i suoi poteri per abbrutirsi. Il borghese sotto la maschera sentimentale era uno scettico smascheratore, un cinico senza pudori, era l’autentico selvaggio hobbesiano non appena riuscisse a liberarsi dal-l’incubo della polizia, non conosceva nulla di sacro capace di resistere al principio del profitto e, tuttavia, per rendersi efficiente ed entrare nella lizza quotidiana, doveva infliggersi delle ferite, che restavano su di lui i segni di speranza della libertà. La rinuncia al sogno di un universo di solidarietà doveva essere conquistata a prezzo di sofferenze, il ricordo della madre gratuitamente affettuosa poteva sorgergli davanti come uno spettro ad ogni passo della sua carriera. Il borghese aveva momenti di vita, pur nelle torture della coscienza infelice, anche se egli chiamava malattia il sorgere della vita. L’uomo massa è di là di tali tormenti, perché si è convertito in mera efficienza, ha imparato a schivare i pericoli del sentimento. L’uomo massa ha ripartito la sua vita in settori separati, il lavoro e il tempo libero, li ha affidati a potenze oggettive, che lo controllano togliendogli il peso della decisione e della scelta (tutt’al più l’uomo massa dovrà optare, votare per questa o quella alternativa preformata dalle potenze industriali alle quali si è consegnato come un cadavere). Per parte sua egli affronta tanto il lavoro come il tempo libero con lo stesso spirito: sportivo, scherzoso e repressivo. Per giungere a tanto si esige la mente di un Prospero, che sola può mantenere in codesto limbo di convulsa frenesia e, nel contempo, diANTROPOLOGIA NEGATIVA

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silenzio e di assenza. L’affermazione sembra paradossale, ma se si esaminano le facoltà dell’uomo massa, ci si avvedrà che sono sviluppate in modo eccezionale.

La memoria dell’uomo massa e eccezionale

L’uomo massa ricorda con pedantesca efficienza tutto quanto sia umanamente inutile, la sua testa è un cestino di carta straccia. Egli rammenta le regole complesse dei suoi giochi di carte (essi gli consentono di vedersi con persone senza stabilire alcun rapporto con loro, sostituendo i motivi di incontro con l’astrazione pura delle regole stesse), dei suoi sports (sovente, come nel caso del base ball esse sono ardue quanto le sintassi dalle quali egli aborre, ma gli consentono di sentire in astratto, senza motivi e senza causa), delle danze imposte via via dal-* l’industria dei dischi. Inoltre fa scorta dei nomi di persone superflue nonché dei dati del loro cursus honorum: direttori di bande musicali, giocatori di sports, caratteristi del cinematografo, annunciatori della televisione. Non solo, ma l’uomo massa ricorda le canzonette in voga a mano a mano che gliele impone l’industria dei dischi, anzi è suo vizio caratteristico fischiarle o canticchiarle come a segnalare «mi sono sottomesso agli ordini dell’industria dei dischi » ; egli ricorda altresì le trasmissioni radiofoniche o televisive, i conteggi dei punti delle squadre sportive, i caratteri distintivi dei vari tipi di automobili nonché d’altre macchine.

Perché? Invano cercheremo nella lista dei vizi e delle virtù l’incentivo che spinge a stipare nella memoria tanta immondizia. Per capire bisogna rifarsi ai metodi di allenamento dell’esercito tedesco. Uno dei «mezzi per piegare la volontà», anzi, fra quelli il più efficace, era il martirio degli «ordini insensati». Così: obbligare i soldati a destarsi nel cuor della notte e correre a svuotare in breve l’acqua d’una cisterna onde riversarla in un’altra usando di gavette o tazze; meglio ancora: destarli nel108

ELÉMIRE ZOLLA

cuor della notte e ordinare di arrampicarsi sugli armadi e ridiscendere in meno di quattro minuti. Questo accorgimento militaresco l’uomo massa applica volontariamente a se stesso: a furia di compiere operazioni mentali inutili, stipando la mente di notizie superflue, eccolo garantito dall’affiorare di domande pericolose, di pericolosi sentimenti.

Il soldato tedesco poteva domandarsi: — perché mi danno ordini gli ufficiali, con quale diritto umano? Il metodo serviva a dimostrargli che gli ordini erano di fatto antiumani, e che quindi era inutile porsi la domanda. Così l’uomo massa a furia di inzeppare notizie inutili nella sua mente evita di prendere sul serio la domanda: — perché debbo fare come vuole l’industria? Se impara a riverire un annunciatore della televisione o una cantante di canzonette o un giocatore di calcio, sarà talmente allenato ad accettare tutto senza mai domandarsi quid jurisì, che eviterà domande come: — perché mi vogliono far credere che l’azienda dove lavoro è una famiglia o una squadra sportiva dove tutti si vogliono bene, quando è evidente che è un’azienda e basta? Perché debbo credere agli esperti che sbagliano nel calcolare gli effetti dei vaccini, nel predire gli effetti delle esplosioni atomiche, che mutano di anno in anno le loro opinioni su ciò che giova e ciò che danneggia? Perché in particolare debbo adattarmi lietamente ad essere sottoposto a superiori evidentemente idioti? Perché devo fare come suggeriscono gli agenti pubblicitari e i giornalisti? Perché debbo tenere un’automobile dell'ultimo tipo, rassegnandomi alla servitù delle rate?

Nell’Inghilterra borghese, durante la prima rivoluzione industriale, i fanciulli erano sottoposti ad ogni sorta di sevizie al fine di cavarne un reddito secondo l’impiego più razionale: quali costretti a scopare i camini, essendo più economico sacrificare taluno di loro nella cappa che rifare gli impianti, quali altri indotti ad ingoiare grosse dosi di alcool per fermare la crescita, sicché restassero bassi quanto bastasse per insinuarsi nei cunicoli delle miniere.antropologia negativa

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L’orrore che proviamo non era condiviso dai gentiluomini cristiani del tempo, che lo ritenevano insulsa delicatezza dinnanzi a comuni, ovvie necessità dell’ordine sociale ideale.

Oggi gli stessi orrori vengono perpetrati non sul corpo ma sì sull’intelligenza e sulla sensibilità dei ragazzi, e appaiono altrettanto innocui. Si tollera meglio, si costringe i ragazzi a guardare la televisione, il cinematografo, a leggere i fumetti, ad ascoltare le canzonette o seguire gli sports. Le uniche proteste che si odano sono quelle disgustose e filistee dei moralisti che vorrebbero fumetti, spettacoli «morali», come nell’Inghilterra ottocentesca chi avesse suggerito di far pulire le cappe o strisciare per i cunicoli con l’assistenza di macine per preghiere.

Così istupiditi i ragazzi vengono poi costretti a studiare quel che studiavano i loro progenitori, sicché gemono di fatica; forse presto li si libererà, non dal gravame dell’immondizia, ma dall’eccessivo peso dello studio. Appunto, come i giovani minatori inglesi venivano liberati non già dall’infame lavoro, ma dalla scomoda crescita del loro corpo.

L’uomo massa fa a se stesso ciò che erano un tempo i riranni a fare ai loro sudditi. Egli reprime sitematicamente nella sua memoria così ampia e tenace il ricordo di tutto ciò che possa avere un umano interesse. Un uomo massa giunge a punti di altissima raffinatezza nell’eseguire l’operazione: egli ricorda la lista d’attori d’un film, ma non c’è verso che ricordi il nome del regista. Perché non è visibile? No, tanto che egli ricorda il nome della casa produttrice. E’ chiaro che egli intuisce il pericolo di poter interrompere, grazie all’associazione dei caratteri personali della regìa di varii film, la serie dei film che egli vede, di far apparire un’opera umana, imprevedibile, nella serie dei prodotti intercambiabili.

La memoria dell’uomo massa seleziona, ma per respingere tutto quanto possa parlargli dell’uomo e dei suoi sentimenti e dei suoi pensieri.110

ELEMIKE ZOLLA

Il gusto dell’uomo massa è sicuro

Nel secolo andato i popolani leggevano a caso tutte le opere narrative che capitassero fra le loro mani, purché colorite e avventurose e a basso prezzo, sicché una volta educati si poteva sperare che giungessero a sciogliere l’oro dalla ganga. Così i villici analfabeti imparavano tanto il Calloandro fedele come il Bovo d’Antona, tanto il Guerrin Meschino come la Gerusalemme Liberata. Educati, avrebbero saputo scegliere.

Tutt’altro l’uomo massa, che appare perfettamente educato, sapendo discernere e scartare. Mai darà la palma di best-seller ad un’opera d’arte, anzi mai concederà la sua presenza ad uno spettacolo sospetto di espressività artistica, ancorché avvincente. Mai vedrete stipato di clienti il caffè fornito di televisione quando si trasmetta un dramma non filisteo; in Italia perfino un’opera lirica non attrae più.

Vi è mai capitato di trovarvi su una corriera sciaguratamente fornita di una radio di bordo ? Noterete come un mero bigliettaio

o guidatore cali la sua mano rapida e sicura sul bottone di comando a stroncare fin dalle prime note una musica che non sia irrimediabilmente volgare, segno che sa discernere il grano dal loglio. All’uomo massa è tuttavia offerta un’amplissima scelta; egli può frequentare teatri, se li preferisce agli stadi, può comprar libri, se li preferisce ai rotocalchi, può frequentare concerti invece di azionare macchinette-giradischi, ma di fatto la sua scelta obbedisce alla legge di Gresham, opta per la moneta falsa. Ciò significa che sa distinguere al suono la falsa dalla buona. Per un’intuizione di natura animalesca, o non piuttosto perché la sua intelligenza ne fa un Prospero lucido e saggio? Valga un esempio.

Capitò a chi scrive di soffermarsi in una locanda e di avvicinare alcuni uomini massa i quali, dopo aver spostato sul quadrante della radio il bottone di comando, si fermarono udendo una certa musica consistente di sette note non accompagnate da veruna armonia, a distanze e rapporti pressoché invariati per cinANTROPOLOGIA NEGATIVA

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que minuti primi, con un ritmo uguale, inflessibile come il battito di un orologio. Questa preferivano ad altra, costruita bellamente eppur semplice. Vinto dalla curiosità domandai, pur rendendomi conto del non lieve pericolo, perché mai preferissero la prima alla seconda. Caso volle che fossero bene disposti, e dopo varia mia insistenza e vario scambiarsi occhiate di pazientante sufficienza fra loro, risposero: «la sua musica fa tristezza». Che la loro facesse altro era ben difficile credere, né d’altra parte la musica che io suggerivo aveva a motivo la tristezza, era anzi leggiadramente serena. Volevano dire: — La musica che lei suggerisce la conosciamo bene, è di quelle perigliose che ci ricordano la gioia e la tristezza, ci ricordano che possiamo contrastar questa e vagheggiar quella con deboli mezzi umani soltanto. Di fatto essendo noi tristissimi essa ci porterebbe a riconoscerlo; la nostra musica invece ci garantisce che tutto è triste, e dove tutto è triste nulla lo è più, ci si abbandona all’ebetudine di chi ha scoperto che nulla di nuovo accade e può accadere. Dal patire la nostra vita ci scampi Dio, ovvero l’industria, nella specie, dei dischi.

Resta una conclusione: l’uomo massa sa discernere l’armonia, quando diventi complessa e quando resti elementare, il ritmo, quando si modelli su sentimenti autentici e quando obbedisca ad uno schema astratto di sincopi obbligatorie, sa distinguere melodia e mero motivo, sa tutto ciò e opta per il peggio. Egli vuole che il motivo (e nel suo linguaggio opportunamente lo degrada ancor più, bamboleggiando, chiamandolo motivetto) sia la cosa più importante e insieme la più trascurabile, corvéable à merci, serva dello schema ritmico. Così vi si riflette la sua personalità di uomo massa: sconfinatamente presuntuoso e modesto fino all’autoan-nientamento, tutt’insieme (egli dice, se vuole colpire un’opera senza pietà: — non ci capisco niente —, ed è la sua formula di condanna più severa: se manca la sua comprensione, come può osare qualcuno affermare che l’opera è comprensibile? Ed aggiunge,

— non me ne intendo, però —).

Il motivo dev’essere singhiozzante, deve proclamare: — tutto è ridotto a singhiozzo, quindi non c’è da prendere sul serio il sin112

ELEMIRE ZOLLA

ghiozzo e soprattutto si può star sicuri che un’improvvisa varietà spontanea non ci renderà avvisati dei nostro chinare il capo costante e rassegnato —. L’uomo massa è indispettito non solo da tracce di composizione seria ma anche da accenni di serio tirocinio nell’esecuzione. Ritornano qui la sua albagìa sconfinata, che rifiuta di dover rispettare in un altro essere un segno di nobiltà, qual è conferito da un’educazione, nella specie, musicale, e insieme la sua modestia autoannientatrice, onde adora a occhi sgranati il suo idolo o stella o come altrimenti designi l’esecutore infantilmente impreparato di monotoni motivi. La vera massima segreta dell’uomo di massa risulta: Io so di essere un verme, ma debbono esserlo tutti; sono disposto ad adorare un altro verme purché si riconosca tale e purché si presenti sotto gli auspici di ciò che trascende il mondo dei vari vermi, del Creatore del mondo dei vermi, dell’industria.

Avete mai visto un pianista educato che tenti di suonare un motivo sincopato? È fra gli spettacoli più martoriami, simile è quegli all’uomo adulto e adusato ad un nobile portamento il quale s’industri a muoversi con la goffaggine dei fanciulli radunati in un cortile d’asilo o dei dementi a spasso per il cortile d’una clinica. Talvolta vi riesce, gli occhi allora ci si chiudono e le mani ci corrono alle orecchie.

L’uomo massa sa di essere tale

Parrebbe di primo acchito, che di tutte le proprietà dell’uomo una manchi all’uomo massa, l’autocoscienza. Ma, come l’avo borghese recitava le varie parti di buon padre di famiglia, di amante appassionato, di pattriota fervente, restando scettico come esigeva il mercato (che era il suo sagrato e la sua chiesa), e perciò abusando dei mezzi scenici, così l’uomo massa sa bene che cosa è e che cosa fa a sé stesso, ma invece di fingere recitando di non saperlo, assai più raffinatamente, svaluta la coscienza stessa. Il borghese pretendeva di essere buon patriota e a chi avesse osato ricordargliantropologia negativa

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che proprio i più ferventi pattrioti preferivano lo straniero al proprio popolo (così al tempo della Commune), nei casi più plateali gli avesse mostrato i suoi dividenti d’azioni di fabbriche d’armi, o, nei casi più squisitamente spirituali, avesse esibito la cartella clinica della simulazione coatta, a costui il borghese lanciava addosso le sue contumelie-luoghi comuni : sovversivo-disfattista-senza-patria-cinico e via dicendo. L’uomo massa è assai più avveduto, non si cura affatto della coscienza smascheratrice e quando gli si dica: « poiché fai quel che fai sei un verme », sorride e risponde « ebbene ? ».

L’uomo massa « deflaziona » l’intelligenza e la critica, anzi, sì poco le teme che ne accoglie senz’altro la diagnosi. Così le adora-trici di certo jazz si denominano jitterbugs o insetti fremebondi, gli sciagurati che impiegano il breve tempo che li separa dalla morte a stiparsi la mente di notizie sugli sports si denominano fans o janatics. I tifosi già hanno provveduto a classificarsi come malati. Che cosa si può fare per costoro? La ragione resta impotente, non perché essi siano pronti a perseguitarla, come ancora i loro avi borghesi che almeno così, nella loro indignazione, mostravano almeno di prenderla sul serio, ma, molto più disperatamente, perché ne condividono la diagnosi.

L’uomo massa pensa intensamente

La facoltà di connettere è tutt’altro che minorata nell’uomo massa, anzi la sua occupazione preferita è la rapida classificazione di oggetti irrilevanti secondo categorie inutili.

Uno dei diletti maggiori degli uomini massa bersagliati da bombardieri era un ebete classificare gli apparecchi in volo su di loro a seconda della sagoma e del rumore, che consentivano di identificare la ditta costruttrice. Gli antichi popoli sottoposti a dure prove esclamavano: « così vuole l’Altissimo» per dire la loro rassegnazione, oggi l’uomo massa si mormora, « stiamo tranquilli, sono tutti prodotti di industrie che conosco ».114

ELÈMIRE ZOLLA

Uno fra i tratti più irritanti e disgustosi dell’uomo massa è la sua pretesa di ricevere un cenno di assenso allorché comunica la marca di fabbrica e la designazione commerciale di automobili o aeroplani in transito. Così pure, alla menzione di un film, informa subito della protagonista nonché dell’occasione in cui onorò

lo spettacolo della sua presenza. Così se oda un ronzìo di canzonetta per l’aria dirà immantinenti il nome della banda che l’esegue, il titolo e poi perseguiterà fischiando o mormorando. Così vuol dirci: «Vedete che funziono perfettamente, ho riflessi pronti che non servono a niente. Di me potete fidarvi, non mi occupo di cose che abbiano un senso, ma mi occupo intensamente ».

L’uomo massa è poetico

Kafka descrisse l’invasione dei nomadi del nord nella novella Ein altes Blatt :

Qualcosa dev’essere stato trascurato nella difesa della nostra patria.... con i barbari non si può parlare, non conoscono la nostra lingua e non ne hanno una loro... il nostro modo di vivere e le nostre abitudini sono loro tanto incomprensibili quanto indifferenti... non si può dire che adoperino la violenza, ma di fronte alle loro usurpazioni ci si trae in disparte e si abbandona ogni cosa... tutto poggia su un equivoco e grazie ad esso andiamo in rovina.

In Die Sorge des Hausvaters Kafka descrisse un essere inaudito: Odradek, nome d’etimo sfuggente, che indica un congegno mobile. Forse Odradek ebbe in passato uno scopo? No: IL TUTTO È SENZA SENSO MA NELLA SUA NATURA COMPIUTO. Odradek si può anche interpellare, gli si può domandare

— come ti chiami? — ed egli o esso risponderà : — Odradek.

Può esso morire? Ma tutto ciò che muore ha avuto dapprima una sorta di scopo, una specie di attività, e questo l’ha consumato; ciò non vale per Odradek... Non danneggia nessuno scopertamente, ma l’idea che mi debba sopravvivere, mi è quasi dolorosa.ANTROPOLOGIA NEGATIVA

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Favole? Basta uscir di casa per incontrare i nomadi del nord apparentemente inoffensivi e gli Odradek apparentemente innocui. Sostiamo dinanzi a questo bar: ecco uomini massa con facce corrugate intenti attorno ad un bigliardino a provocare l’accensione di lampadine elettriche girando una manovella; è un gioco puro, senza infingimenti di interessi, perché non si può ricavare alcun guadagno facendolo, un gioco del tutto idiota, e infatti uomini massa stanno con faccia accigliata ad osservare. Vedine altri attorno ad una tabella che reca risultati sportivi, con pari animalesca serietà intenti a mandarli a mente quasi si trattasse d’un poema soavissimo. Nello stanzino riservato vedine altri che fissano lo schermo della televisione: paiono assopiti, cullati dalla dolce certezza che qualcuno parla e guarda in vece loro.

Dapprima in questi accampamenti dei nomadi ci si inoltra sicuri, ma poco alla volta ci si accorge che il terreno è pericoloso. Impercettibilmente il nostro sguardo devia, per disattenzione, verso lo schermo, e avvinto senza che se ne avveda, si posa su di esso, non perché vi sia qualcosa da osservare che non sia un’immagine quando non degradata superflua e filistea della realtà, ma perché si è indotti a rivolgere a Odradek-televisione la stolida domanda:

— chi sei? —, per ottenere la stolida risposta: — Odradek, quasi fosse un canto di sirena. Così si viene irretiti da un banco di sirene che al contrario delle antiche, minacciose perché tutto rammentavano della guerra di Troia, tutto fanno scordare: lobotomizzano; poi altro banco ancora di tali creature sollecita muto il nostro sguardo: in mano ad altri uomini massa scorgiamo rotocalchi cosparsi di figure che, a furia di ricomparire esigono imperiosamente un cenno di riconoscimento, e seppure paiopo persone (attori, calciatori, annunciatori), non sono in verità che nuove apparizioni di Odradek. O ancora vedi, uscendo da codesto antro di tentazioni del non tentante, di allettamenti del non attirante, per la strada gruppi d’uomini massa contemplanti, fermi attorno ad una automobile.

Osservi la forma di blatta della carrozzeria, odi il rumore sgradevole che getta, ti domandi perché abbiano a guardarlo e,116

ELEMIRE ZOLLA

sapendoli sforniti di linguaggio e incuranti d’imparare il tuo, figgi lo sguardo nell’oggetto stesso e, disperato, lo domandi ad esso, e ti risponderà: — Odradek.

L’uomo massa moltiplica il linguaggio

Forse si obietterà all’idealizzazione poetica dell’uomo massa che Kafka ha torto dicendo che esso non ha un linguaggio. Di fatto esso talvolta parla, ma è il suo un linguaggio o non una pluralità di linguaggi che esclude la comunicazione?

Il borghese corrompeva il linguaggio con la rettorica. L’uomo massa non ha bisogno di servirsene male, lo fa proliferare come un cancro perché muoia e non possa dare più fastidio.

Anzitutto l’uomo massa crea per ogni attività un linguaggio cifrato a parte del tutto superfluo ai fini della comunicazione, ma sommamente utile nel dividere il mondo del lavoro dal mondo umano generale. Un tempo un medico si esprimeva nella lingua italiana o francese o inglese o latina, ora ha un gergo di parole gratuitamente formate per ravvolgere d’una nebbia il discorso scientifico. Una sentenza di cent’anni fa poteva essere prontamente compresa dalla massima parte dei buoni parlanti, oggi i giudici si industriano di scriverla in modo che appaia indecifrabile a chi non abbia il cifrario, d’altronde assai semplice, del loro gergo. Così un commentatore sportivo esibisce una tale serqua di parole straniere e termini italiani distorti, che venirne a capo significa dover pazientare di nuovo attorno ad un cifrario, d’altra parte anch’esso grottescamente semplice. Si tratta di maschere che si indossano per lavorare, dove le improprietà d’italiano si mescolano a neologismi superflui e a conii greco-latini, e tali maschere sono soltanto d’impaccio.

Invece della lingua unica ne sorgono tante quanti sono i rami di specializzazione degli studi. Ma quando l’uomo massa non lavora, quale lingua usa? Come sul lavoro parla una lingua grottesca, comicissima con volto serissimo, così nel tempo libero parlaANTROPOLOGIA NEGATIVA

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una lingua mortalmente triste con volto sempre scherzoso. Il suo linguaggio quotidiano è triste perché non è né scelto né ereditato, ma raccattato, subito per disattenzione e conformismo; esso si compone di termini « lanciati » dall’industria dei giornali, dai programmi di varietà e di canzonette. Esiste una formazione costante di termini nuovi superflui, a parte i neologismi necessari per nuove realtà. L’utilità dei nuovi termini sta nell’essere adeguati alla mentalità di massa, ovvero indeterminati e tuttavia perentori. Sono come segnali di traffico, frecce indicative, sono involucri senza un contenuto metaforico vivo. Possono anche essere termini del linguaggio tradizionale, che l’uomo massa manipola in modo che appaiano sciolti da ogni connotazione sensibile-razionale, e sempre hanno in sé il momento della svalutazione del sentimento espresso, la sua riduzione a banalità vuota.

Questo slang proviene spesso dall’esercito ed ha tono sessuale, se invece proviene dalle famiglie ha tono bamboleggiante. Col tempo il tono sessuale, che forse resta vivo nel subconscio, diventa inavvertito alla superficie della conversazione così come il bamboleggiare cessa di sostituire la tenerezza mancante.

Un esempio: il termine pignolo. Esso offre il vantaggio dell’indeterminatezza, potendo significare: pedante, esigente, formalista, meticoloso, indifferentemente; esso soddisfa un bisogno di aggressione a contenuto irrazionale e incerto e insieme il bisogno di non prendere sul serio la propria irritazione. E’ un vocabolo senza forza, eppure all’uomo massa appare assai più incisivo dei suoi sinonimi della lingua italiana. Ancora, un termine tradizionale, come vigliacco, ha perduto nell’uso dell’uomo massa il significato di codardo o vile, mancante di coraggio in frangenti che lo esigano, per diventare indicazione generica di persona sgradevole. L’uomo massa, pur conoscendo il linguaggio tradizionale articolato, preferisce questo dove i suoi sentimenti sono ridotti ad istinti generici, svalutati e non impegnativi. A lui basta dire:

— sono per —■ o — sono contro —, oltre codesto voto generico non vuole procedere, poiché di là minaccia di imporsi il giudizio sul reale.118

ELEMIRE ZOLLA

Ecco talune espressioni di avversione: bastardo, che ha perduto ogni rapporto effettivo con i natali oscuri, cornuto, che non ha più rapporto con l’adulterio, lavativo, che non si sa di preciso che cosa significhi, ed ha perduto il significato di clistere, fesso o fottuto, che indicano il disprezzo per l’omosessuale passivo ma non si riferiscono affatto a un atto preciso (d’altra parte l’uomo massa è ossessionato dall’omosessuale così come il borghese lo era dalla prostituta; questa era simbolo della riduzione a merce dell’umano, quello è simbolo della passività masochistica).

Così, schifoso, boiata e via elencando.

Si tratta di ingiurie sine materia, segnali che dicono: — non voto per te.

La simpatia è sempre espressa senza calore, con termini come in gamba, deciso, dritto, cannone, macchina; dove si ha una regressione verso l’infantile ammirazione per chi riesce a mantenersi in equilibrio o il paragone ritenuto elogiativo a strumenti meccanici.

Il dileggio non ha bisogno di designare un fatto condanna-bile: nel linguaggio politico il fascista dei comunisti o il comunista dei fascisti non hanno alcun rapporto con l’ideologia di chi viene colpito, ma indicano semplicemente — non è dei nostri.

Quanto al fondo sessuale dello slang corrente, esso è per lo più associato all’idea che tutto ciò che riceve approvazione è simile a chi ha la parte virile nel coito e viceversa tutto lo spregevole è simile a chi ha la parte femminile. Non è più il turpiloquio antico, che Freud a ragione attribuiva al desiderio di provocare la classe superiore o ad una coalizione dei maschi per scalfire il pudore femminile. Si tratta solo di un modo di svalutare la realtà designata in termini d’origine sessuale: una fregatoria è meno seria, più scherzosa di una sconfitta o uno smacco o un torto o ima frode subita, che possono tutti confluire nel grigiore anonimo che

li confonde. L’invito coperto a pensare al sesso, quale può celarsi nel semicosciente di chi usa tale gergo sessuomane è tipico dell’uomo massa: è un invito e non lo è, non impegna e comunque non è personale ma anonimo, è il gergo, non la persona parlante,ANTROPOLOGIA NEGATIVA

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che rivolge l’invito. Inoltre i termini che provengono dall’esercito, dalla scuola, dalla burocrazia, dalle officine, hanno attorno a loro l’alone redentore dei prodotti di convivenze forzate, di agglomerati di massa. La lingua tradizionale decade, stretta d’assedio fra gerghi professionali e questo linguaggio dal tono anonimo e sportivamente sessuale. Quel che ne resta si avvilisce sempre più, perde continuamente gli elementi di differenziazione e precisione, che vengono considerati dall’uomo massa con sospetto. Così il soggiuntivo, l’uso di aggettivi non cliché, i pronomi personali vanno livellandosi, quello scomparendo, quelli vergognandosi di esistere, questi perdendo il genere e la declinabilità.

Per l’uomo massa l’imprecisione è un reagente che lo fa sentire più vivo, e per rimediare alla crescente imprecisione ricorre alla moltiplicazione di gerghi spurii e convenzionali.

L’uomo massa è diabolico

L’uomo massa non vuole dunque comunicare, e infatti evita la conversazione, e quando mai debba affrontarla la ridurrà a notiziario deH’industria culturale ed a luoghi comuni. Egli è estrema-mente discreto perché non potrebbe mai vedere in altri qualcosa che non sia la « simpaticità » o « l’antipaticità », alla stregua degli idioti. Tutto poggia su un equivoco, affermava Kafka. Ma l’equivoco è voluto dall’uomo massa, il quale ha stabilito le seguenti inversioni.

Ciò che annoia diverte e viceversa

Sarà dunque divertente un romanzo poliziesco, la sosta micidiale sotto il sole in una pubblica spiaggia, un film triviale, un programma televisivo di domande, una partita sportita, e via enumerando, mentre un poema, una conversazione saranno tediosi, (o barbosi) termine slang di origine forse scolastica con cui l’uomo massa vuole mostrare di non prendere sul serio la sua reazione e che dovrebbe svalutare e quindi bloccare l’inchiesta che si tenti di istituire.120

ELJiMIRE ZOLLA

Ciò che ha dignità è comico e viceversa.

L’automatismo comico con cui l’uomo massa abbrustolisce le sue membra, la sua perdita del pudore una volta entrato nel recinto balneare ed il pronto riacquisto appena fuori di esso, l’automatismo con cui compra fingendo di trarne spunto di facezia ciò che l’annunciatore della radio gli raccomanda di comprare, gli sempra naturale. Al contrario egli trova comico un linguaggio articolato e ritmato o il gesto della tragedia classica.

Ciò che si pensa seriamente si finge scherzoso e viceversa

Quando mai si prendono sul serio i film imperniati sulle attricette o le vicende delle attricette ? Si osservano ironicamente e se ne parla facetamente, fino al punto che non si riesce più a vedere senza delusione le donne di carne alle quali si sovrappongono di continuo quelle ingrandite, «reclamizzate», lustre sullo schermo e sulle riviste.

Quando mai si fa il tifo seriamente? A furia di scherzare, magari con il tono dell’esperto, lo stesso atteggiamento impuntato, gratuito quanto eccitato, sarà adottato verso la lotta politica, che ne verrà svalutata.

Quando mai si seguono seriamente i fumetti? Ma a furia di parlarne facetamente, si otterrà che i giornali perpetuino i contratti con i fumettisti. Così, chi piglia sul serio l’idiozia organizzata, come le parole incrociate o la raccolta di francobolli ? Eppure ne nasce un costume e se ne impadronisce con mortale serietà il commercio.

Quando mai si piglia sul serio la rubrica astrologica? Ma poco alla volta si faranno certi atti dettati da quella, si obbligheranno, a furia di enunciare il proprio oroscopo scherzosamente,

i giornali a rinnovare i contratti con i fornitori internazionali di rubriche.

Quando mai si crede che un talismano eviti gli scontri automobilistici? Ma a furia di scherzare sui pericoli scampati grazie a qualche ripugnante giocattolo, esso diventa assolutamente indispenANTROPOLOGIA NEGATIVA

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sabile. Analoga è l’impuntatura isterica dell’uomo massa italiano sulla jettatura.

Quando mai una persona decente ha creduto alla congiura ebraica ? Ma a furia di scherzare sugli ebrei (l’antisemitismo è sempre scherzoso, salvo per pochissimi psicopatici) non si prese neanche sul serio ciò che veniva fatto agli ebrei. Si sa benissimo che la pubblicità non garantisce la genuinità del prodotto, e si scherza citando le frasi pubblicitarie, eppure si compra di fatto il prodotto meglio appoggiato dalla pubblicità.

Chiama gioioso ciò che è torturante e viceversa.

Vedi gli uomini massa, reputatamele stanchi del lavoro quotidiano, stiparsi la domenica in corriere onde recarsi a sciare per orridi monti. Vedili sottoporsi lietamente alle torture che li faranno somigliare a macchine ben funzionanti: idea lacrimevole per un uomo, sottoporsi a controlli sanitari simili a verifiche di macchinari (overhaulings o chec\-ups), o considerare il cibo non più benedizione celeste ma lubrificante e carburante da correggere con additivi, ritenere la propria persona non già immagine di Dio ma sagoma (il gergo italiano ha sostituito a persona sagoma) da dimensionare o colorire a seconda dei precetti dei fabbricanti di dimagranti o abbronzanti o ringiovanenti.

Sono queste alcune delle distorsioni dell’uomo massa. Perché è indotto a operarle? A cagione delle sue infermità. Eccole:

L’uomo massa è sordo. Infatti non percepisce la distinzione fra suono e rumore e aborre dal silenzio. Domandai un giorno ad un cameriere costretto a stare l’intero giorno in una sala dove suonava un apparecchio-giradischi: — come fa a sopportarlo? —. Mi rispose — Non lo sento neanche.

L’uomo massa è cieco. Vede soltanto attraverso il diaframma delle fotografie una realtà sterilizzata, e se mai riesce a concepire una visione non fotografica, mortuaria dunque, essa sarà fatta di linee astratte. Manca il rapporto interpretativo fra il suo occhio e la realtà, la fotografia è scesa come una cataratta fra l’uno e l’al122

ELEMIRE ZOLLA

tra. Se l’uomo massa si trova in luoghi geniali, dove la bellezza minacci di irretirlo con la sua singolarità irripetibile, egli farà scattare la sua macchina fotografica, l’arma con la quale uccide la particolarità riproducendola.

L’uomo massa è monco. Egli ha perduto l’uso delle mani, che servono ormai solo più a trasmettere comandi a guisa di leve e non sanno più plasmare; invece ha acquistato, grazie alla guida dell’automobile, la coordinazione scimmiesca fra mani e piedi.

L’uomo massa è schiavo

La schiavitù non fu mai eliminata in sostanza, fu invero socializzata. Il servizio militare colpisce tutti e ad esso non si limita il pericolo di cadere in schiavitù (che dovette ossessionare gli antichi e che l’uomo massa invece di eliminare ha soltanto reso inavvertito anestetizzandosi contro di esso). A parte i totalitarismi che perseguitano con servizi di lavoro, adunate, e altre schiavitù saltuarie (o con la schiavitù dei campi di sterminio, che è la peggiore mai escogitata), in tempi e Stati « normali » c’è il pericolo di cadere ammalato, nel qual caso non ci sarà più Vintérieur borghese ad accogliere, il medico di fiducia ad assistere, la possibilità di recitare una bella morte, stesi sul letto a pronunciare le parole d’addio: l’uomo massa elimina dalla sua casa funzionale la morte e la nascita, che debbono avvenire in particolari carceri, i lazzaretti permanenti, come presso certe tribù primitive si confinavano moribondi e partorienti in capanne speciali per schivarne l’impurità. L’ospedale di massa è appunto un agglomerato di schiavi, tenuti a regole gratuite (come in Italia quella di stare a letto senza necessità veruna) impediti di uscire, conviventi con un loro non-prossimo, e tuttavia incapaci di rendersi conto di essere in quella condizione che pareva intollerabile agli antichi: l’esilio. Le cure sono servizi automatici privi di discernimento nella massima parte dei casi e la tutela delle leggi difficilmente si può far sentire attraverso la fitte maglie della generale connivenza dei padroni degli schiavi e dei loro dipendenti. L’uomo massa sorride anche inANTROPOLOGIA NEGATIVA

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ospedale, poiché ritiene di essere tutelato dal male, di fatto essendo liberato perfino dalla responsabilità indiretta che si assumeva il borghese, scegliendo questo o quel medico e comunque godendo della libertà del suo intérieur. Ma non solo la malattia può far cadere in schiavitù: la vecchiaia che per avventura si trovi a non disporre di rendite, o non sia preceduta da una vita privilegiata, dovrà subire l’onta dell’ospizio seviziante. Nell’esercito, nell’ospedale, nell’ospizio l’uomo adulto è ridotto ad infante (e in taluni paesi costretto all’ossequio verso i riti religiosi se non vuol essere vittima di capillari persecuzioni contro le quali non ha difesa).

Ma questi sono esempi evidenti, insieme all’altro più vasto della fabbrica dove l’uomo è sottoposto al martirio di una monotonia variata dall’ansia. Meno evidente è la schiavitù che l’uomo massa ha internato in se stesso, quella che lo lega all’esperto. L’esperto dell’uomo massa è diverso dall’istrionesco (non necessariamente tale, però) professionista borghese, il quale doveva acquistare la fiducia dei clienti. L’uomo massa per lo più non ha facoltà di determinare quale esperto debba comandarlo, anzi, per lui tutti gli esperti sono livellati, sono mera incarnazione del loro ufficio entro una burocrazia aziendale dalla quale scende sulla persona la consacrazione. L’esperto è uno specialista, ovvero un uomo limitato ad una sfera dove agisce sempre più meccanicamente a furia di restringerla; sul lavoro indossa la maschera stregonesca del gergo che lo apparta dal beneficiario del suo intervento, il quale necessariamente gli si presenta come cosa e non persona (mai come prossimo per lontananza necessaria che lo proibisce): la cartella clinica o la fiche segnaletica sostituiscono il volto umano. L’esperto comanda in quanto per suo tramite comanda l’azienda alla quale appartiene.

L’uomo massa ha bisogno di affidare a enti oggettivi o ad automi-esperti la sua responsabilità, il rischio che può mettere a repentaglio la sua giocosa puerilità, e accoglie con automatica obbedienza esperti di scienze dal fondamento altrettanto sicuro quanto l’autenticità dei riti eleusini ripristinati da Cagliostro: gli esperti di human relations o di marketing o di figurino o di pubblicità,124

ELÉMIXE ZOLLA

i quali riconoscono di non appoggiarsi su nessuna scienza, poiché seguono, per trasmettere la loro conoscenza, il metodo dei casi, ovvero l’assenza di metodo. L’adorazione dell’esperto come unico degno padrone para nell’assurdo quando si tratti di mettere in testa a un’azienda i supremi dirigenti. Ogni decisione è già presa dalla fusione dei risultati forniti dai singoli esperti, o meglio ancora, dalle macchine cibernetiche; il direttore supremo o il Capo è la sembianza d’una testa per creature acefale. L’uomo massa preferisce che tale sia un deficiente con tutti i caratteri dell’uomo massa. Ai supremi posti di comando non è corrispettiva alcuna specialità, questo è uno dei misteri della fede dell’uomo massa.

Eppure nel secolo scorso Hegel nella Filosofia del diritto affermava che «per uomini colti si deve intendere coloro che possono fare ciò che fanno gli altri » e Marx si augurava sparisse la specializzazione, massima jattura per l’uomo, sua riduzione a verme. « Dopo aver sperimentato che sono atto a qualsiasi lavoro, io mi sento meno mollusco e più uomo» diceva in una lettera un operaio immigrato nella California, e Marx lo citava, aggiungendo: «Ne sutor ultra crepidam! Questo nec plus ultra della saggezza del mestiere e della manifattura è diventata demenza e maledizione il giorno che l’orologiaio Watt scopre la macchina a vapore, il barbiere Arkwright il telaio continuo e l’orefice Fulton il battello a vapore».

Gli esempi di Edison e di Pasteur sono ancor più probanti per quanto concerne le potenzialità umane che potrebbero far cadere il tetro dominio degli esperti risuscitando lo spirito che resse la prima storia americana, quando Jefferson si dilettava di architettura e Franklin di fisica. Ma l’uomo massa esperto non riesce nemmeno per analogia a estendere agli esperti di rami diversi dai suoi lo scettico disprezzo che nutre per i suoi colleghi. Il giorno che l’uomo massa dovesse smascherare il sistema degli esperti, cesserebbe d’essere uomo massa, non per ritornare borghese o artigiano ma per rifarsi al momento in cui inizia l’antropologia negativa (non necessariamente negativa, quindi doloroantropologia negativa

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samente tale), al Rinascimento che vide uomini interi come Leonardo o l’Alberti. I tempi sono tanto maturi come impropizi, maturi perché mai come oggi è stata chiara l’usurpazione del potere da parte degli esperti, mai come oggi è stato possibile pensare di estendere a tutti una educazione politecnica e mai come oggi v’è una sete di liberazione che si manifesta nella puerilità del do it yourselves-, impropizi perché mai come oggi l’uomo ha temuto la responsabilità, il rischio personalmente accettati, e deve delegarne l’esercizio all’esperto (arriva al punto di affidare perfino la propria casa alle mani di un esperto, l’arredatore). Subire le conseguenze degli errori altrui gli par più lieve che subire quelle dei propri.

L’uomo massa sa differenziarsi

(Dome può un uomo massa volersi differenziare dagli altri uomini massa? Il borghese che avesse accumulato denaro a sufficienza si atteggiava a gentiluomo per dividersi dai suoi compagni di tribolazione mercantile, imitava gli aristocratici, sposandone le figlie, facendo il mecenate. Poiché gli mancavano tanto una tradizione di gusto come una capacità di scelta (come poteva scegliere, il borghese, visto che i valori per lui erano valori di mercato e quindi già scelti?), si affidava ad un altro borghese, possibilmente incolto come lui, che avesse però fama di possedere la fantomatica esperienza o il misterioso fiuto: il mercante d’arte. Il borghese riusciva tutt’al più ad avvilire quel che potesse sopravvivere di tradizioni nobilesche attribuendo ad esse un valore sul mercato matrimoniale, e a inzeppare la sua casa di bric à brac fino a rendervi la vita precaria. Tale snobismo del borghese sopravvive mutato nell’uomo massa. L’uomo massa non ha più bisogno di imitare gli aristocratici che sopravvivono, i quali anzi sono fra i meglio inquadrati nella massa; l’uomo massa inventa corpi mistici artificiali. Mentre il borghese doveva ricalcare forze ancora vive, l’uomo massa costruisce schemi morti e artificiali e in essi trova conforto e calore, o la simulazione di questi.126

ELÉMIRE ZOLLA

E’ il caso della nobilitazione di massa offerta dalle congreghe criminali fasciste, che riesumano riti primitivi e tribali, chiamano a soccorso sarti di balletti, e forniscono la distinzione di massa all’uomo massa. Gli appartenenti al partito sono più uguali degli altri uguali, essi si distinguono per quello che i fascisti italiani chiamavano «stile», che era poi una serie di trucchi escogitati al modo delle trovate dei guitti di varietà: uniformi stravaganti, stereotipi di linguaggio, di saluto, di posizione del corpo, sommamente ridicoli dunque dignitosi, secondo una delle massime dell’uomo massa. Nei cabarets e nei circhi nascono i movimenti politici di massa; il capo del movimento o i capi avranno la stessa investizione di cui godono i cantanti della radio o gli annunciatori della televisione, ed essere a contatto con loro attraverso la «macchina» del partito renderà distinti gli uomini di massa.

Ma l’uomo massa ha anche un altro mezzo per distinguersi, per sentirsi diversamente di massa, attraverso l’imitazione più pronta di certi stereotipi o attraverso l’adozione di trovate, nella vita o nel vestiario o nei gusti. Così i frequentatori di luoghi turistici particolari, gli esseri contrassegnati dalla personalità artificiosa in serie acquistata grazie al rovesciamento dell’uniformi-tà di massa. Essi hanno un linguaggio simile allo slang prevalente, ma con storpiature di parole o abbreviazioni o nuovi conii

o soltanto con pronunce particolari che essi affettano non perché le ritengano miglioramenti ma perché rispondono allo schema astratto e generico deU’affettazione in se stessa e quindi escludono ogni movente serio, quale poteva esserci nell’antico snobismo, che era un tentativo maldestro di attingere forme di vita più alte. Essi accolgono la musica delle masse, ma prediligendo bande ancora poco note, sofisticate; si occupano di sports facendo ridicole distinzioni fra sports vili e nobili oppure occupandosi appunto dei più diffusi con un tono che insinua — ce ne occupiamo, ma in modo diverso dagli altri — al modo di certe rubriche sportive su periodici di cultura italiani. E’ gente assai più volgare della comune proprio per la sicumera con cui sotterraneamente proclama: — la massa sono gli altri —-, così come piùANTROPOLOGIA NEGATIVA

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volgari degli « uomini col vestito grigio » sono quelli in camiciole non ancora «lanciate» sul mercato e scimmiette o pappagalli appollaiati sulle spalle o iene al guinzaglio, come più volgari dei bruti che urlano sugli spalti dello stadio sono i silenziosi giocatori di golf con la pipa stretta fra le labbra, più desolanti dei lettori comuni di fumetti quegli intellettuali americani che pregiano Al Capp, più irritanti dei soliti patiti di automobili gli snobs per lo più inglesi che cercano automobili di foggia antiquata. Le varianti di codesti cultori della trovata che differenzia accomunando, sono numerose: gli adoratori di prodotti industriali non più utili, che frequentano i musei ferroviari o automobilistici o cinematografici, che fremono al brivido surrealista della macchina invecchiata o che sfruttano il falso pathos delle canzoni fuori moda o dei grammofoni a tromba o di altri gadgets antiquati; i fotografi squisiti che nobilitano il mezzo meccanico con una trovata come l’inquadratura eccentrica o la manipolazione degli acidi; i collezionisti di disegni pubblicitari o altri oggetti d’uso i quali fingono che vi sia campo d’analisi estetica nel-Vindustriai design; i cultori delle arti televisive, radiofoniche, elettroniche musicali, pittoriche astratte i quali fingono di aggirarsi in una sfera ontologicamente pura in grazia della tecnica nuova, la quale postula estetiche nuovissime (e se si leggono i teorici di cotale purezza ci si accorge che forniscono soltanto delle regole di gioco per una routine di esaltazioni a freddo, sportive).

Le due sette di uomini massa con la trovata che li distingue, i politicizzati e gli snob sono per lo più in fiero contrasto. Si riproduce fra politicizzati ed eccentrici la stessa attrazione-repulsione che divideva il santo focolare borghese dal bordello, il mondo rispettabile dalla bohème. Esempi di tale adirata attrazione, di somiglianza nella stessa alienazione di secondo grado sono le invettive programmatiche dei fascisti italiani contro gli adoratori di danze negroidi e gli accentrici in genere dei quartieri alti, o dei gerarchi sovietici contro i stiljaghi jazz fans e cultori di trovate nel vestiario. Per lo più i figli dei padri politi128

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rizzati sono eccentrici. Bisogna porre attenzione ai motivi di condanna: sono falsi. Il jazz non è quasi più negroide, e gli eccentrici non sono necessariamente effemminati. Ma l’accusa di effemminatezza è rivelatrice: il politicizzato è chiaramente femminile nella sua sottomissione isterica al capo od ai capi del partito, la coercizione seviziarne a cui essi lo sottopongono attivizzandolo e che egli accetta con gioia masochistica ha tutti i caratteri di un’omosessualità passiva trasferita su altro piano; accusando di effemminatezza gli eccentrici egli spera di liberarsi della propria. Non a caso il codice penale sovietico infierisce contro gli omosessuali: essi fanno sì che cultori di personalità si vedano in uno specchio simbolico. Nella società americana il rapporto di tensione è lo stesso, salvo che la funzione dei politici è qui assunta dai tough guys, dagli average fine fellows nemici di ogni accenno di sissiness.

Gli eccentrici sono favorevoli all’arte astratta, ai film vecchi, all’arte d’avanguardia in genere, mentre i politicizzati caldeggiano le melensaggini commerciali o pseudoeroiche, stando fedeli al gusto piccolo borghese ottocentesco. Mentre da un verso i prodotti di massa vengono elogiati per la loro sanità, dall’altro si opera un rovesciamento del gusto borghese, la cui volgarità resta intatta. Il borghese non riusciva a guardare la merce

o la macchina nude, e quindi il tuo totem era la decorazione posticcia, l’ornato aggiunto: il liberty è la grande stagione del pudore borghese dinanzi alla macchina nuda così come nel costume fu contrassegnato dal sentimentalismo spurio che indorava la crudezza cinica del borghese. Per l’uomo massa snob la decorazione e l’ornato sono non più totem ma tabù, la macchina deve essere nuda, sia pure essa la macchina per abitare, la casa. Spudoratezza funzionale, essenzialità sono caratteri che non significano superamento del pudore, bensì masochistico godimento della vergogna dinanzi alla nudità (come pensare che non sia goduta l’angoscia di chi vive in un minimum habitabile nudo, essenzializzato, con quadri astratti alle pareti ?). Applicare il criterio della nudità che sveli lo scopo essenziale alle arti signiANTROPOLOGIA NEGATIVA

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fica distruggerle. Mentre i maestri dell’avanguardia laceravano la forma per manifestare la loro disperazione, gli accademici dell’avanguardia ed i loro protettori si compiacciono a vuoto dei brandelli della distruzione ottusamente riprodotti. A vuoto; così come i membri del partito si compiacciono della ripetizione ottundente d’una propaganda prevedibile e monotona. L’uomo massa non può evadere dunque attraverso lo snobismo d’una o d’altra sorta, che gli consente soltanto il tetro divertimento del prigioniero che nella sua cella si spoglia della casacca a strisce per avere un’illusione di libertà.

L’uomo massa non si sa difendere

L’uomo massa non può difendersi, non perché manchi di sofismi ma perché lo pungola internamente un senso di colpa; così Oreste, creatura della civiltà patriarcale era perseguitato dalle Furie, divinità del mondo matriarcale crollante.

Quanto a pretesti, a mezzi di difesa d’ogni sorta, l’uomo massa ne sfodera in copia, confermando ancora di essere non già un Calibano, ma un Prospero. Anzitutto l’uomo massa solleverà un’eccezione alla competenza di chi lo giudica: «Con quale diritto si mescolano psicologia, letteratura, filosofia, sociologia per dare un quadro necessariamente falso della società e dell’uomo che in essa vive ? Si tratta di specialità da lasciare ai singoli esperti, e non è un’analisi sociologica seria quella che interpreta i fatti psicologicamente e non è psicologia seria quella che usa di una dialettica speculativa». Si stagliano in questa difesa l’irrazionale paura della mescolanza delle specialità che ha sostituito per l’uomo massa l’orrore della mescolanza di sangue dei primitivi, e l’idea del valore (scientifico) come dolorosa serietà di mutilato.

Ma, venendo al merito: l’uomo massa si difenderà sfoderando un nominalismo radicale, affermando che uomo massa (o eterodiretto) è un concetto di comodo, una etichetta che l’epistemologia avverte di non scambiare per una realtà. Il che è inu130

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tilmente vero e ovviamente falso, perché anche un tavolo è ùn concetto di comodo per la sottostante realtà di particelle atomiche o subatomiche, e ancora queste sono un concetto di comodo, un’ipotesi senza sostanza. Esaurita tale arma, l’uomo massa ricorrerà alla metafisica che lo difenda dalla storia: «l’uomo resta immutato a dispetto di tutte le vicende, e ciò che par nuovo non è che la veste di una sostanza inalterabile nel tempo». Ma se mai si volesse concedere che l’uomo fondamentalmente non muta, bisognerebbe anche aggiungere che dei suoi fondamenti importa assai poco, perché immutevoli appunto, e ciò che preme di scoprire è la diversa «accidentalità» del presente.

L’uomo massa ricorrerà poi al pragmatismo, ribattendo che, una volta individuati i mali della società, affermato che la vita di massa è degradante, se questa verità non serve a nulla è una non verità, poiché la verità è uno strumento per modificare il mondo. Se non si ha una terapia per massa, inutile fare diagnosi. La terapia invece è pronta: basta che ci si persuada di non poter uscire dalla caverna platonica a tre per tre ma solo a uno a uno, o, al massimo, come Lara Fédornovna ed il dottor Zivago, a due a due.

Esaurite le prime frecce, l’uomo massa altre saprà scovare. Anzitutto invocherà l’interiorità pura, l’impossibilità di giudicare ciò che avviene nel foro interno: « sapete voi con quale spirito io guardo il programma televisivo? Oh, non già quello comune, io non sono vittima, ma padrone; ho scelto di guardare la televisione, per fini che vi sfuggono». E’ una difesa sofisticata che si trova soltanto presso certi intellettuali americani, e rientra nello snobismo di massa. Sarebbe come sostenere che l’uomo massa può anche amare, per quel che ne possiamo sapere noi, che possano in lui sobbollire sublimi amori benché il suo linguaggio inevitabilmente o oggettiva e neutralizza l’amore con il gergo medico, scientifico oppure lo vilipende con lo slang quotidiano di derivazione turpiloqua e di tono sportivo oppure lo immiserisce con il baby tal\. Che esista una divisione fra linguaggio e sentimento è credenza veramente indegna di confuANTROPOLOGIA NEGATIVA

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tazione. L’uomo massa non ha ancora esaurito le sue difese: invocherà forza di precedenti a lui favorevoli.

«Non sono cose nuove queste, di cui si discorre, in tutti i tempi ci sono stati gli analfabeti e le epoche esaltate come esempio di perfetta integrazione nascondono orrori ben peggiori dei nostri, siano essi thè age of thè Antonines cantata da Melville,

o il medioevo posto sotto il suo segno di Vergine, o l’Atene peri-elea o la Cina confuciana ».

Ma invero non si accusa la civiltà di massa d’essere più crudele, ma sì più smorta e squallida, meno viva e perciò, quando crudele, sconfinatamente e tecnicamente tale. Ancor meno si tenta di fomentare nostalgia per tempi andati: se mai si ricorda che in Atene le menti non erano ipnotizzate dai cocchi, ciò serve a chiaroscurare il quadro del momento attuale, non è assurdo invito a marciare a ritroso nella storia; è all’idea del bene quale è pur concepibile nelle attuali condizioni che si vuole semmai indirizzare. « Ma perché occuparsi di simili banalità ? » è l’intervento adesivo che tenterà il letterato d’antico stampo o il filosofo accademico, che desiderano tenersi nel limbo della vuotezza e quindi disarmati dinanzi alla realtà come è.

Se invano avrà tentato di rassicurarsi contro la sua colpa con codesti argomenti alti, l’uomo massa si difenderà con una fuga nella nevrosi, recitando una scena isterica: chiederà l’assoluzione per incapacità d’intendere. Per coazione alla succubanza: «Ma

lo fa anche Tizio», e il nome invocato sarà cinto di prestigio sociale (l’uomo massa è del tutto incapace di giudicare senza ricorrere all’argomento d’autorità). Per narcisismo: così capita che criticando una certa istituzione di massa, il foot ball o i bi-gliardini o le canzonette, si sia aggrediti da un «Ma lo faccio anch’io! », con la variente civettuola: « io guardo la televisione, m’interesso di sport e tuttavia non potete dire che questo mi impedisca di gustare l’arte o di amare o di cogliere la singolarità d’ogni momento ddl’esistenza » dove si vuole ignorare che l’usura del Kitsch è lenta e se ci è voluto del tempo perché i popolani italiani devoti all’opera lirica nazionale diventassero degli uomini132

ELÉMIRE ZOLLA

massa fischiettanti canzonette sincopate o giulebbose, sull’individuo l’usura potrà essere quasi inavvertibile (ma facendo attenzione non sarà difficile reperire i segni clinici della degenerazione, così come l’occhio esercitato scorge nel bevitore che si vanta ancora della sua capacità di resistere senza danno, i primi segni dell’alcolismo).

« Ma che male vi fa ? » è l’ultima folle sortita dell’uomo massa: gli si risponderà: «il male che ti fai».

Un’ipotesi sulla nascita dell’uomo massa che potrebbe aiutare a

provocarne la morte

In fondo tutte le manifestazioni interiori della civiltà di massa sono fenomeni secondari, prodotti dell’industria che controlla il tempo libero. Perché mai però l’uomo massa sottopone il suo tempo libero alla preformazione del Kitsch ? Prospetto una ipotesi sull’origine pedagogica del Kitsch.

L’uomo massa ricorda un tempo in cui la sua memoria e la sua attenzione erano calamitate spontaneamente da cose singolari e non da clichés: l’infanzia. La terapia proustiana contro la noia borghese stava appunto nel far scaturire il senso della verginale scoperta delle cose mediante un contatto per associazioni di sensazioni con quel tempo, con il paradiso perduto della percezione incorrotta. Ma quel paradiso perduto sta sotto il segno di una particolare aggressione da parte degli adulti, che percuotono non con schiaffi ma con smancerie e sdilinquimenti obbligatori, con il baby tal\ (non necessario al bambino e nemmeno gradito, poiché il bambino deve ancora imparare a conoscere ciò che gli aggrada a parte la soddisfazione della fame e del bisogno di affettuosa attenzione). Tali smancerie sono necessarie all’adulto, che così simula l’amore e si finge infante e finge che il bambino sia l’essere demente cui egli cupamente vorrebbe ridurlo.

Il bambino deforma per incapacità, gli adulti lo imitano per desiderio di somigliargli, ed essere come lui esentati dalle fatiche e dalle responsabilità, il bambino allora li imita a sua volta, imANTROPOLOGIA NEGATIVA

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parando il vezzo e l’ipocrisia: ottiene i primi successi come conformista con il pappo e il dindi di secondo grado. Mozart che gioca con il pianoforte e Montaigne che apprende non il babil e neanche il perigordino, ma un classico latino appaiono possibilità nonché remote, mostruose all’uomo massa, al quale sembra invece naturale deformare con il terrorismo della melensaggine (in sostanza ingiungendo — Non crescerai! —) sotto specie di diminutivi, vezzeggiativi simulacri della tenerezza. Questo indottrinamento avviene al tempo in cui il bambino percepisce ancora oggetti numinosi, sacri, singolari: egli sarà portato ad associare inconsciamente le due esperienze.

Quel che potrebbe essere res severa, verum gaudium coincide invece con la coercizione impersonale della scuola anonima, miscuglio di promiscuità e fredda solitudine, lizza per una libera concorrenza nei voti. La prima esperienza del mondo reale come dura palestra e della separazione del pubblico dal privato introduce allo studio. Il Kitsch è associato alla protezione familiare e umana e insieme al giulebboso terrorismo, mentre lo studio e la serietà sono associati all’impersonalità ed alla noia. Così forse si spiega perché il Kitsch viene cercato pur non avendo esso nulla da offrire, per un riflesso condizionato simile a quello per cui un gatto ci corre incontro quando con le labbra imitiamo un pigolìo d’uccelli, ricordo di fieri assalti al suo tempo di libertà. Ma come il pigolìo simulato è ormai il segnale della servitù dei gatti, così il Kitsch è l’emblema della noia quotidiana (sul New Yor\er apparve una vignetta di due persone intente a guardare la televisione, l’una reagisce alla faccia annoiata dell’altra esclamando: programs are always thè same, but then what isn’t?).

Elemire Zolla
 


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in: Catalogo KBD Periodici; Id: 32287+++
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Area unica
Testata/Serie/Edizione Nuovi Argomenti | Prima serie diretta da Alberto Moravia e Alberto Carocci | Edizione unica
Riferimento ISBD Nuovi argomenti : Rivista bimestrale. - N.1 (1953)-. - Roma [distribuzione Torino] : [s.n., distribuzione Einaudi], 1953-. - v. ; 23 cm (( La periodicità è variata più volte: la prima serie esce con periodicità irregolare, dal 1976 trimestrale. La prima serie si conclude con il n.69/71 (Luglio-Dicembre 1964 ma pubblicato nel marzo 1965), nel 1966 inizia la nuova serie che termina con il n.67 68 (1980), nel 1982 la terza serie che termina con il n.50 (apr. giu. 1994) ed inizia la quarta serie con il n.1 ... {Nuovi argomenti [rivista, 1953-]}+++
Data pubblicazione Anno: 1958 Mese: 1 Giorno: 1
Numero 30
Titolo KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30


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