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tipologia: Analitici; Id: 1472441


Area del titolo e responsabilità
Tipologia Periodico
Titolo Mario Devena, Una giornata laboriosa [dedicato a Vasco Pratolini]
Responsabilità
Devena, Mario+++
  • ente ; ente
  autore+++    
Area della rappresentazione (voci citate di personaggi,luoghi,fonti,epoche e fatti storici,correnti di pensiero,extra)
Nome da authority file (CPF e personaggi)
Pratolini, Vasco+++   Epigrafe:dedicato a+++   
Area della trascrizione e della traduzione metatestuale
Trascrizioni
Trascrizione Non markup - automatica:
UNA GIORNATA LABORIOSA
A Vasco Pratolini
Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza
DANTE
I
Il barlume della luna penetrava a tratti le nubi, che irrequiete correvano il cielo, mentre gli uccelli dormivano a coppie nella notte d'autunno. E, sugli alberi scarsi di foglie, la rugiada cresceva uguale alla nebbia che orlava i lampioni delle strade. La luce delle lampade, nelle vie disegnate come lettere maiuscole dell'alfabeto, gettava ombre che un venticello pigro rendeva misteriose quanto i passi che risonavano incerti nel silenzio della notte. Le nubi si movevano nel cielo con un suono come il mare, e i passi si ripetevano sul marciapiede accanto ad un edificio ornato di statue e di ombre. Infatti, un uomo, distinto d'aspetto, trattenendo nella mano la punta di un bastone, si adoperava alla maniera di un beone di raggiungere, pur tenendo il braccio teso, la parte superiore del bastone stesso; si che, per ottenere il suo scopo, ora con cautela ora con aggressività, dava luogo al suo incerto camminare.
In vero, il vino bevuto dall'uomo, che aveva nome Michele Tempo e l'età di sessantaquattro anni, lo ingannava non solo con quel giuoco insensato, ma anche col suggerirgli come ridurre il cammino fino a casa: perché con tanto pretesto lo riconduceva più e piú volte dinanzi all'edificio ornato di statue.
La via, infatti, sotto un cielo di nubi si distendeva simile ad una a e » maiuscola; i cui bracci, quando non percorsi interamente, consentivano un facile errore. Si che l'uomo, mentre un venticello a stento moveva le cime dei platani, spendendo il suo tempo col senno di quegli che seminava sale sulla riva del mare, ritornava ai suoi giri tra l'edificio e i silenziosi palazzi dirimpetto alle statue.
Distinto di aspetto, vestito di cappotto e cappello, era di statura
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superiore alla media. La espressione del suo volto era caratterizzata da grandi occhi che, sotto la fronte cui si attaccavano i capelli brizzolati, potevano dare col soccorso delle spesse labbra un tono di ottusa pensosità o di sommessa pieta. Tuttavia, in quella notte buia di stelle, la consueta espressione, cedendo anche all'atteggiamento particolare dovuto al vino, si era trasformata in maniera da rappresentare la paura per quello stato di tumulto e di sconforto in cui si trovava la anima di lui.
Michele Tempo era stato, fino a qualche tempo prima, un funzionario dello Stato che, avendo superato i limiti di eta nel prestare servizio, si era dovuto adattare alla condizione imposta dall'ozio del congedo. Prima, però, che andassero molti giorni della nuova vita, i colleghi, che molto lo amavano e stimavano, avevano desiderato di solennizzare quel distacco, con il riunirsi intorno ad una tavola riccamente imbandita. E, ricordi lontani legando alcuni impiegati ad un locale, si pensò di raggiungere quel luogo che, da un vicolo nei pressi della stazione, mandava con la luce di una lanterna un forte odore di cibo. La riunione, svoltasi in una atmosfera di cordialità resa più valida dal vino, non era mancata del suo discorso, nel quale un impiegato dalla testa calva e dalle maniere da imbonitore aveva esaltato le qualita dell'amico funzionario. Che, intanto, ripetutamente applaudito, mentre il vino sempre meglio gli riscaldava il cuore e la mente, era stato impressionato da queste due osservazioni; anzi queste tre osservazioni si erano scolpite dentro di lui: la sala troppo stretta pregna di fumo raccolto nei fasci della luce, un telefono di forma disusata sotto una lampada spenta che era un braccio nel muro e la conclusione del discorso, secondo la quale si sosteneva che lui, il funzionario, aveva vissuto parte di una bella vita, « senza gettare margherite o perle dinanzi ai porci '.
Di ritorno dunque dalla serata in suo onore, Michele si era ritrovato in una natte d'autunno a percorrere le vie che si distendevano simili alle lettere maiuscole dell'alfabeto. E si intestardiva nel suo giuoco insensato, mentre le statue dell'edificio lo meravigliavano per la terza volta con la loro mole, perché in lui vi era un contrasto di dolorosi sentimenti inteso a turbare la sua abituale condizione. Infatti, se con la frase che concludeva il discorso dell'amico, gli veniva fatto di subire come una scossa morale, che gia di per sé lo precipitava in uno stato di tumulto e di sconforto; ad un tempo, subiva un doloroso contrasto tra la natura sobria e dignitosa e la imposizione dovuta al vino, che
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gli suggeriva con quel giuoco un comportamento non conforme alla propria natura. E ciò non solo perché il vino facilmente aveva avuto ragione della volontà di lui; .bensì anche perché suole accadere che un cuore, colpito ad un tratto e profondamente, piuttosto che rivolgersi ad alleviare il proprio dolore, si ritrova in azioni capaci soltanto di esasperarlo. E' una conseguenza, questa, che suole stare anzitutto in coloro che non sono abituati ai dolori morali oppure in chi, troppo uso alle sofferenze, per un nuovo sconforto perde l'equilibrio interiore. In Michele, tuttavia, trovava maniera di esprimersi anche perché l'avvilimento che gli nasceva dall'inseguire la parte superiore del bastone, sminuiva per così dire il proporsi dello sconforto e del tumulto del suo animo.
Occupato da tale atteggiamento spirituale, pur volendo persistere nello scopo che dava luogo al suo camminare, ne fu distratto da un passo strascicato che si continuava verso di lui. E come l'animale ad un suono corre al riparo, e dalla tana, il corpo nascosto, sporge il capo per scrutare; ugualmente il funzionario si nascose dietro il tronco di un platano; mentre l'ombra del corpo, proiettata dalla luce di un lampione, si allungava in concerto con la testa sporta per scoprire. E, gli occhi verdi come fuori delle orbite, forzando lo sguardo, vide avanzarsi un uomo che, alto di statura, poveramente vestito, con la guida di un bastone pestava il marciapiede con un monotono ritmo. Fattosi, poi, più attento per la vicinanza dell'uomo, scorse ai piedi di lui grossi scarponi militari e sul volto, scarno e colmo di dolore, la cecità degli occhi sotto le palpebre scoperte.
Impressionato per tale apparizione allora che il cieco gli fu accanto, particolarmente per il soccorso del vino deliberò' di aggirare il platano e, inseguito dalla propria ombra, di allontanarsi silenziosamente. Ma, mentre barcollando si adoperava nel suo intento, fu richiamato da una voce che, strascicata come un passo, supplicava:
— Per carità, il cancello verde.
La via infatti, disegnata come una « e » maiuscola, era occupata in uno dei suoi bracci da un cancello verde che, circondando un palaz-zetto di fronte all'edificio ornato di statue, formava un angolo retto. Ora, standovi la possibilità di incorrere nell'errore di seguire un altro braccio della strada, il cieco, traendo profitto dalla presenza di un passante aveva parlato per domandare. Riempito così di stupore il funzionario, che aveva fatto paragone tra la cecità e la sensibilità
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che a colui lo aveva rivelato, l'uomo aveva ottenuto di attraversare la strada accompagnato, e di continuare senza errore il cammino.
Mentre intanto la luna filtrava tra le nubi e il ritmo del bastone del cieco, alternato al passo strascicato, si disperdeva nella notte come un volo nell'aria, il signor Tempo, atteggiando il volto ad una espressione di ottusa pensosità, si ritrovava per il soccorso del caso sulla via che per davvero gli riduceva l'incerto camminare fino a casa. In vero, i passi ora andavano ripetendosi meno incerti, e Michele, dopo essersi trascinato in una strada buia accanto a certe case che non aveva mai vedute, mentre ad un tratto e rumorosamente soffiava il vento dello stomaco attraverso la bocca, aveva preso a sentire come una stretta dolorosa al cuore, senza tuttavia volerne, e per tanto saperne spiegare la causa. Perché lo angosciava una idea che, per l'essere stata ridotta come un ricordo perduto nel fondo torbido della memoria, si agitava dolorosamente in lui, e senza rivelarsi in alcun modo. Si che i pensieri che lo occupavano con chiarezza erano considerati con la fatica di condannati ai ferri; e, non mai soddisfacendo per il peso che, simile all'idea nascosta, li trascinava e li avviliva, davano luogo ad una situazione morale colma di turbamento e di angoscia.
Veniva così a stabilirsi un atteggiamento che modificava per così dire, la condizione precedente all'incontro con il cieco. Se prima esisteva un sentimento che, segnata con evidenza la scossa morale seguita all'ultima frase del discorso dell'amico, gli faceva nascere la paura per il tumulto del suo cuore; ora invece gli si rivelava un dolore, di cui apparentemente ignorava l'origine e la forma, ma che, per l'essere una manifestazione dello spirito, esisteva certo come il buio di quella notte d'autunno.
Intanto, tra i pensieri che si trascinavano alla superficie della coscienza, Michele, mentre passava accanto ad un palazzo in costruzione, si adoperava di rimuginare più che gli altri quello che presumeva spiegare il suo stato. E al vino bevuto dava colpa del suo turbamento, soccorso dalla spiegazione secondo la quale per il vino si era comportato in modo del tutto riprovevole; e, ora che il capo gli doleva fortemente in concerto con la scomparsa dell'ebbrezza, soffriva per l'atteggiamento di prima, che contrastava con la sua natura come l'ozio con la operosità.
Chiaritasi per tanto la causa dell'angoscia, mentre nel cielo le nubi correvano con un suono come un mare agitato ove la luna pareva sprofondata, distinto di aspetto, il bastone intorno al braccio,
i
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procedeva leggermente barcollando nelle vie deserte. Ma pure, nel camminare, sebbene avesse spiegato il motivo che gli faceva dolere il cuore, continuava a sentire una stretta intorno alla parte più segreta dello spirito. Si che, gli occhi verdi come fuori delle orbite, mentre l'ombra del corpo si ripeteva alla luce dei lampioni orlad di nebbia, il volto rugoso rappresentava una espressione tra la paura e una dolorosa pieta, che le spesse labbra concorrevano a sottolineare. E, allora che il vento pigro a stento agitava le cime nere degli alberi, ora platani ora tigli antichi, lui pur imponendosi un andamento serio e quasi solenne, lasciava involontariamente trasparire un che di trepidante e indifeso, che non chiedeva, bensì implorava aiuto. E, mentre le strade, silenziose come le botteghe che le rasentavano, andavano rincorrendosi in folla dietro i suoi passi, unico sollievo gli veniva da quell'idea che, sebbene avesse ridotta come un ricordo perduto al fondo torbido della memoria, pure, attraverso le tante opposizioni dell'essere, riusciva brevemente ad imporsi nella sua coscienza. Infatti, ogni qualvolta si proponeva in lui la frase che terminava il discorso dell'amico impiegato, con la quale veniva detto della sua bella vita col paragone delle margherite e delle perle, il funzionario sentiva come un mutamento interiore, rivolto ad allentare la stretta data al suo cuore. Non gia che la pace, per così dire, in quegli istanti gli colmasse l'animo; ma solo v'era che al disordinato movimento della sua coscienza si sovrapponeva un ordine quasi materiale che, pur rifacendosi ad un dolore, portava sollievo; e in quanto che l'individuare il motivo di una sofferenza concedere all'uomo di distruggere uno dei due aspetti del suo soffrire, che sono l'ignoranza del dolore e il dolore medesimo.
Intanto, sebbene soggiogato da quel comportamento morale che alternava alla verita dell'angoscia un groviglio di pensieri, mentre la citta dormiva di un sonno profondo, poneva ormai attenzione al suo cammino; e, leggendo il nome delle strade per evitare errori, infine si ritrovò nella via a forma di esse maiuscola, su cui si apriva la sua casa. E si era appena avanzato lungo il marciapiede, oltre una piccola automobile dei pompieri, quando fu trattenuto dall'andare innanzi da un singolare suono; che improvvisamente, allora che le nubi del cielo si erano fatte minacciose di pioggia, aveva preso a ripetersi quasi in risposta al pestare dei suoi passi. Ma pure, dopo una breve pausa usando molta prudenza riprese a camminare; e, forzata la vista alla luce dei lampioni, era andato fissando i grandi occhi colmi
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di stupore verso un corpo che, giusto all'altezza del portone di casa, con rumor di ferrame si moveva in una corsa circolare. A mano a mano, però, che meglio scopriva la natura di quel suono, restituiva dignità al suo aspetto; e, pur tenendo prudentemente come arma il bastone, s'avvedeva che il rumor di ferrame era dovuto ad una scatola di latta che, legata alla coda di un cane, veniva vorticosamente girata dal timore della bestia inseguita da così strano suono.
Riconosciuto, intanto, nell'animale il bastardo di proprietà di un bambino che viveva in casa con lui, mentre soffiava il vento dello stomaco attraverso la bocca, si avvicinò con amore . al cane; e, vinto il capogiro che la testa dolorante favoriva, riuscì nell'intento di con- quistarlo. Infatti, allora che la bestia si acquattava nell'angolo della bottega di un cappellaio, il funzionario, con un atteggiamento che a parer suo ispirava fiducia potette avvicinare l'animale dal pelo bianco pezzato marrone, e con le carezze liberare tanto della scatola di latta quanto del tremito, da cui la bestia era posseduta. Seguito quindi dal cane ancora timoroso e supplice, dimenticato il bastone contro la bottega del cappellaio, raggiunse il portone di casa, che simile al portale di una chiesa si apriva sulla via tra la bottega di un antiquario e l'altra indicata da un cartello rugginoso come fabbrica di bambole. Superato l'androne, che fortemente illuminato si divideva in due scale accanto ad un muro, ove alcuni cactus di già avevano assunto il colore della sabbia, si portò lentamente fino alla porta di casa; e qui, meravigliato dalla presenza della sorella Amelia e del bambino che viveva con loro, ancora la mano alla ringhiera, prese a rimproverare:
« Ti avevo pur detto », si rivolse alla sorella, mentre il capogiro lo costringeva ad una pausa, « di non attendermi. E poi fino a quest'ora tarda », era per continuare con la sua voce dura e chiara, quando ne fu interrotto da Amelia che sommessamente, mentre Enzo, il bambino, vestito di pigiama rientrava col cane, gli faceva osservare:
« Eravamo ad attendere Fiocco, non te. Lo avevano così malridotto; e, ogni qualvolta si era tentato, di avvicinarlo, era fuggito guaendo. Povera bestia », infine commentava, nel momento in cui il fratello, distratto ormai dal suo groviglio di pensieri, ancora vestito di cappotto e cappello, si accingeva a raggiungere indispettito la propria stanza.
Michele Tempo, da quando la moglie ed il figlio morirono per una medesima disgrazia, di cui in famiglia si preferiva tacere, aveva ottenuto che la sorella Amelia, di lui maggiore e zittella, prendesse
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a vivere, sotto il suo stesso tetto. Riempendo una vita modesta, e senza avvedersi del tempo che ora imbiancava i loro capelli, ora dava qualche acciacco o poneva una misura al colore vivace degli abiti di Amelia, i due fratelli avevano speso tanti e tanti anni in comune. Il loro accordo, che si era continuato come una lampada votiva, aveva subito una sola interruzione per via di Enzo: il bambino che, dianzi sugli scalini illuminati, preso tra le braccia il cane, gli occhi di bimbo colmi di lacrime, era sgattaiolato nella casa.
Enzo era il figlio naturale di una cameriera che, morendo di parto nel mettere al mondo una creatura, aveva affidato il suo bambino di cinque anni alla signora Amelia. Questo bimbo, sporco lacero e brutto, la sorella del funzionario prese ad amare con una devozione ed un affetto esemplari, fin dal momento che, venendole affidato, potette considerarlo come una cosa propria. Si che a nulla valsero i ragionamenti, le minacce e le abili parole di Michele rivolte ad allontanare il ragazzo dalla casa e, anzitutto, dalla vita di Amelia. Essa infatti dimostrò tanta fermezza di carattere, che il non cedere non solo avrebbe privato il funzionario della cura e dell'affetto di lei; ma anche dell'amministrazione di quei pochi beni che, dovendo Amelia
vivere da sola con il bambino, era costretta a domandare. •
L'episodio di Enzo se aveva interrotto l'accordo dei fratelli Tempo, fino ad allora continuatosi .come una lampada votiva, tuttavia, non aveva dato luogo a rivolgimento di sarta nella loro famiglia; perché il funzionario, costretto a cedere, pur guardando con malevolenza il bambino, si era adoperato in modo che quella situazione, stata da sempre tra lui ed Amelia, fosse di nuovo la benefica realtà di prima. E, sottomettendosi ora a che Enzo frequentasse la scuola, ora a che gli portasse in casa un bastardo pezzato marrone o a curarlo durante qualche malattia nei due anni di convivenza, era riuscito a guadagnare affetto devozione e cura non mai ottenute.
Il bambino era di statura bassa, con un volto cui si attaccavano disordinati capelli chiari sopra una fronte di già larga. La espressione del viso, alla quale contribuivano orecchi a ventola, un naso lungo e dritto e, sulle guance sciupate, gli occhi castanei, era sincera e buona, quantunque di consueta un poco smarrita. Il carattere era remissivo, ma riusciva ad attuarsi in tutta pienezza soltanto alla presenza di Amelia; che aveva stabilito con lui rapporti di amicizia, uguaglianza e responsabilità reciproca. In tutti i minuti di due anni, essa si era prodigata per il bambino in modo assoluto e, donandogli moralmente
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e materialmente tutto quanto era nelle sue possibilità, ne aveva fatto L:n fanciullo attento e buono, che pareva avere ormai dimenticato del tutto la sua prima educazione, tanto nel sentire quanto nell'esprimersi.
Amelia Tempo, nata con una vita che la vide primogenita e zit-tella, si era ininterrottamente prodigata per gli altri, dimentica di sé, ma sempre persuasa che il rotolare dei giorni avrebbe comportato per lei, non ostante i mesi divenissero sempre più rapidi anni, una sorte benevola. Le pareva che il tempo; svolgendosi alla maniera di un papiro magico, ad un punto le avrebbe fatto saltare fuori un marito, ad un altro un matrimonio, e poi ancora un figlio, una bambina del tutto bionda, una famiglia nuova e più vera. Sorretta da tanta fede, innocente, si era fatta incontro agli anni come una prua che fende le onde, ritrovandosi bianchi i capelli sul capo, e sempre meglio adottando la volontà degli altri.
Alta solo quando il gracile corpo le era riflesso nell'ombra, aveva lunghi capelli bianchi stretti a cercine dietro il capo, un volto illuminato dal roseo pallore caratteristico delle zittelle e da occhi azzurri sopra gli zigomi sporgenti, e infine una espressione di sommessa felicità, che ad ogni età di lei tradiva una fede. Quella fede che poi, mancando per natura di essere sottoposta a riflessione, aveva ugualmente ritrovato come valida espressione e suo soddisfacente oggetto
l'incontro con il bambino. - L'accordo di Amelia e di Enzo, dal tempo in cui quest'ultimo dovette essere solennemente ripulito, fu dapprima interessato, ma più tardi spontaneo e sincero al punto che ciascuno si prefiggeva soltanto l'interesse dell'altro: al dolce carattere e all'amore della donna faceva riscontro nel fanciullo il desiderio di essere buono. Si che la comune comprensione, guidata da Amelia come un cavallino docile, naturalmente li trovò d'accordo anche allora che si doveva attendere per porgere aiuto a Fiocco, il cane dal pelo bianco pezzato marrone.
Nella via a forma di esse maiuscola, un giovane, figlio del proprietario della fabbrica di bambole, usava vivere i suoi ozi in compagnia di una fisarmonica e del garzone del cappellaio. Ora, una tale compagnia non di rado risultava dannosa per gli abitanti della via; in quanta che la compiacenza che il garzone, un ragazzo dai capelli rossi, aveva per l'amico, favorendo un carattere malvagio, rap- presentava senz'altro una incondizionata devozione. Cioè, quel sentimento riprovevole che tra la gente del popolo é generato dall'invidio-
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sa ammirazione per il ricco, appartenente non già alla ricca borghe- sia o a quella agiata, bensì ad una classe sociale di poco superiore alla propria. Standovi dunque un tale sentimento, il giovane volgarmente impomatato, vestito di abiti costosi, e dal nome che riduceva al vezzeggiativo di Giogiò, si serviva del compagno per attuare l'uno o l'altro scherzo malvagio, senza mai dimostrarsene responsabile. E, ancora una volta senza parere, aveva attuato una sua piccola vendetta, per un insulto venutogli dal funzionario, con l'imporre al garzone di legare una scatola di latta alla coda di Fiocco. Il cane scacciato aveva preso a correre, inseguito dal rumore come di ferrame; e ad ogni tentativo di avvicinarlo, guaendo, era fuggito sino all'ora in cui aveva ceduto parte del suo terrore dinanzi all'atteggiamento del funzionario.
Essendo intanto falliti i tentativi di Amelia e di Enzo di portare aiuto a Fiocco, la loro comune comprensione e l'affetto che ugualmente avevano per la bestia li aveva fatti scoprire d'accordo nell'attendere ancora ad un'ora tarda della notte. Sebbene vestiti del solo pigiama, tenendosi caldi con una coperta a scacchi, si erano seduti al buio, dietro i vetri del balcone che dava sulla via, al fine di spiare, almeno, il comportamento del cane. Vedutolo quindi ridotto a ragione nello angolo della bottega del cappellaio, quantunque si fossero proposti di non farsi scoprire in quella attesa, pure, sapendolo di ritorno erano corsi sugli scalini illuminati, non curanti del proponimento e facendo nascere dispetto in Michele; il quale, prima che Amelia raggiungesse la propria camera, si era ritirato ancora vestito di cappotto e cappello.
La camera di Michele era adiacente a quella che la sorella divideva con. Enzo; e una sottile parete consentiva al funzionario di ascoltare i dialoghi detti accanto, pure se detti sommessamente. Mentre la testa gli doleva e la ebbrezza del vino sempre meglio era stata sostituita da un doloroso sentimento, aveva udito la voce di Amelia, che al buio esortava il bambino a non piangere oltre, ora che Fiocco era disteso ai piedi del letto. Ma in vero i ragionamenti della donna, riuscita a suscitare la fiducia il riso e le parole in Enzo, solo involontariamente e brevemente erano state ascoltate da Michele, perché il suo stato fisico e morale, occupandolo del tutto e con intensità, pareva avere stabilito un gran silenzio intorno a lui, di nuovo preda di un groviglio di pensieri. Mentre dalla via, ove gruppi di platani erano alternati ai lampioni orlati di nebbia, la luce filtrava nella stanza per gli scuri socchiusi, il funzionario, nel letto, gli occhi verdi sbarrati contro il buio, sentiva disordinatamente turbinare dentro di
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sé gran numero di sensazioni e tentativi di ragionamenti. E anzitutto un forte dispetto gli procuravano due immagini che si sarebbero dette stare in lui solo per irritarlo ed esasperarlo; cioè, l'immagine della macchina da cucire, che occupava un angolo della camera di Amelia, e l'altra del telefono sotto la lampada spenta, che era un braccio nel muro del locale donde era venuto. Quanto, tuttavia, però, lo sconvolgeva del tutto, mentre la sua sagoma disegnava irrequiete figure contro la coperta del letto e i capelli brizzolati gli si disordinavano sul capo era la conclusione del discorso dell'amico dalle maniere da imbonitore.
Quella frase che, dicendo della sua vita col ricorrere al paragone delle margherite e delle perle, gli aveva dato nel locale una inspiegabile scossa morale e piú tardi, per la strada, come un sollievo alla stretta intorno al cuore, ora invece pareva avvilupparlo in una angoscia senza scampo. E un senso di nausea, quasi qualcosa lo premesse alla gola, tendeva a trasformarsi in atteggiamenti rivolti ad esprimere la nausea stessa. Infatti, soggiogato dall'avvilimento interiore, parendo ritrovarsi nella necessità di dar campo ad immagini che risultassero in quel momento dolorose, si rifaceva ora al telefono o alla macchina da cucire, ora alle ombre dell'edificio ornato di statue o alla figura del cieco dagli scarponi militari. Vivendo come uno spasimo interno, che ormai gli stringeva i pensieri in un nodo inestricabile, aveva preso parallelamente a patire un malessere fisico che, quasi fosse stato possibile, con sollievo, si faceva identificare con la causa di tutto il suo male. E a mano mano, intanto, che in lui il dolore morale si confondeva con l'altro fisico, per il sopravvento momentaneo di quest'ultimo, nel rigirarsi nel letto cadeva in quella sorta di torpore, che anche la giornata laboriosa e il calore dell'ambiente giustificavano.
Sollevato per così dire nel dolore dal nuovo atteggiamento del suo essere, pareva come avere riacquistato, anche se attraverso una nebbia quelle sensazioni che il groviglio di pensieri aveva distrutte, con lo stabilire un gran silenzio intorno a lui. Infatti, non ostante la fatica imposta dal suo sentire, ora riusciva a percepire tanto un suono della camera accanto, come di un bottone che cade, quanto, con lo scricchiolio di un mobile, il calore dell'ambiente. Anzi, questa sensazione, naturalmente favorita dal vino, allora che le palpebre pesanti stringevano gli occhi verdi, lo ingannava con la persuasione di vivere una notte d'estate. E mentre il sonno ormai lo conquistava, come
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un'acqua melmosa che guadagna una sfera pesante, ritrovandosi pres- so un prato alla ricerca di un fiare, la cui vista continuamente gli era impedita da mostro che grugniva senza posa, sentiva intollerabile il calore della stagione. Ma, in vero, il suo sentire non trovava rispondenza nella realtà, perché il cielo d'autunno, fatto sprofondare tra le nubi il barlume della luna, mandava nella notte lampi sino agli alberi dove gli uccelli dormivano a coppie.
II
Dalla parete a fiorami verdi pendeva il busto di un cardinale, dipinto rosso in una cornice nera come gli occhi, il bordo di un cappello e l'anello dell'autorità. L'atteggiamento severo della figura pareva convergere la luce degli occhi verso il letto del funzionario disposto, tra il muro di un balcone e quello della porta, .perpendicolare alla parete dirimpetto al quadro. Questo pendeva al disopra di una tavola che, su un panno di feltro, sosteneva libri e fascicoli tra un lume ed un calamaio dalla figura di asino recalcitrante. Come indicato dalla coda dell'asino, poi, un armadio con specchi interni, occupando subito dopo la porta tutt'un muro, si alzava fino al lampadario, sospeso con la forma di lanterna ad un soffitto segnato di curve e linee che volevano significare un disegno.
Dopo che il mattino era salito nel cielo, fuggite le nubi con un suono come il mare, nella camera era piovuta una luce discreta come il tepore dell'ambiente; e, attraverso gli scuri del balcone appena socchiusi, un fascia di solicello autunnale, cadendo, aveva segnato forte un rettangolo del pavimento e i piedi di una poltrona presso il letto del funzionario. Questi, vestito di un completo grigio, nella stanza già posta in bell'ordine, il dorso alla coperta a scacchi del letto, era intento a scrivere in uno dei fascicoli sul panno di feltro della tavola. Sebbene fosse stato costretto dai limiti di età ad interrompere la sua attività di ufficio, pure ugualmente aveva da lavorare; perché il direttore di un tempo, col corrispondergli personali compensi, si serviva dell'esperienza di lui per sviluppare rapporti o relazioni importanti. E, essendogli imposto dal direttore, che l'ironia degli impiegati chiamava Cuorcontento per una espressione sempre irata e triste, di fare uso nel lavorare della penna comune, Michele si serviva del calamaio dalla figura di asino recalcitrante.
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Seduto sull'unica sedia della stanza, ora consultando un libro ora un fascicolo, andava sviluppando un rapporto con un entusiasmo ininterrottamente avvilito da un sentimento nascosto, che gli faceva riandare i momenti usati dal tempo per fargli una vita. Sebbene infatti svolgesse con consapevolezza il lavoro, pure dentro di lui pareva parallelamente svolgersi un sentimento di disagio, che trovava la sua manifestazione nell'imporgli ricordi degli anni passati. E, mentre un sorriso lieve gli increspava gli angoli cadenti della bocca, si era riveduto bambino, quando, riuscito ad entrare nel campanile di una chiesa, aveva preso a sonare una delle campane, così mettendo a soqquadro la parrocchia del quartiere.
Era un giorno d'estate, quello, e botte ne ebbe non solo da un monaco, bensì anche dal padre cui era stato accusato da Amelia in quel tempo vestita di grembiulini quadrettati e pettinata con trec-cine corte. Allora Amelia, al dire dei parenti era somigliante alla madre... Oh, suo padre! Chissà cosa avrebbe mormorato nel saperlo funzionario dai capelli brizzolati e non professore di lingue. Quanta bontà era in lui: nell'aspetto scarno, bonario, poco alto e ridanciano e negli atteggiamenti morali. Il lavoro, continuato in casa come lezioni private,. era la sua verità, e gli occupava l'intero giorno, quante tunque non gli impedisse di preoccuparsi intensamente dei due figlioli. Forse, se non era ingiusto un simile pensiero, maggiore cura usava per Amelia...
Oh! aveva scritto autorizzazione con quattro zeta. Ma Amelia... come mai non si affancendava per le camere?
« No, non si vede: è cassato bene. Auto-rizzazione », aveva detto a voce alta, mentre dalla via il suono di una fisarmonica gli giungeva quasi fosse sonato nella camera accanto. In vero, però, nella stanza divisa da Enzo e da Amelia questa era tutt'altro che intenta a sonare: dopo avere accompagnato a scuola il suo protetto e fatto ordine usando il silenzio in modo da non turbare il fratello, sedutasi pressa il balcone colmo di piante, aveva preso a cucire un costume per Enzo. Perché questi, avendo dato prova di possedere talento nel recitare poesie e raccontini era stato scelto con altri alunni per una recita in costume.
Il suono della fisarmonica, intanto, facendosi udire particolarmente, anche perché espresso da mano inesperta, aveva preso ad aumentare il senso di disagio del funzionario; il quale sentiva che il turbamento del sentimento nascosto di pocanzi ora lo aggrediva con una forza
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dolorosa. E, adoperandosi di attribuire la stretta intorno al cuore al fastidio che gli procurava il suono sgraziato, mentre intingeva la penna nell'asino recalcitrante del calamaio, come per difesa e sollievo si era dato ad individuare il sonatore e il luogo del concerto; percorrendo col pensiero la via che si distendeva con un manto di pece disuguale. Né lunga né corta, né stretta né larga essa si ripeteva, sull'esempio di antiche costruzioni, in una sorta di esse maiuscola, sulla quale oltre i marciapiedi, interrotti da platani e lampioni, si aprivano alcune bottegucce. Accanto a quella che si iniziava con una vetrina, dietro cui un pinolo di legno sosteneva una bombetta, che sola si spaziava in un campo di polvere, il garzone dai capelli rossi, sotto la guida dell'amico, si esercitava sulla fisarmonica, giusto secondo quanto aveva immaginato Michele. Questi, infatti, abituato ai tumori della via, aveva intuito la posizione del sonatore; e con disprezzo era riandato ai segni della calce dinanzi a quella bottega che, con le altre dell'antiquario, della fabbrica di bambole e di un emporio, completava la parte commerciale della via.
Il disprezzo di Michele, intanto, dovuto al ricordo della calce contro il manto di pece, continuava in lui quella difesa che, avendolo distratto con la necessità di riandare il luogo e la causa del suono, ancora lo liberava dall'analizzare il suo sentimento doloroso. Ma, ciò non ostante, come in precedenza gli si svolgeva in cuore un sentimento che trovava la sua manifestazione nell'imporgli ricordi; ugualmente ora, pure parendo distratto in maniera da respingere l'analisi del turbamento, nell'animo era costretto a riguardare quella parte delle circostanze esterne che gli imponeva contro volontà di seguire il passato come un discorso interiore e senza interruzioni. E intanto il raschiare delle unghie di Fiocco contro la porta della camera di Amelia e le parole imprecise della donna mormorate al cane forse come rimprovero, soccorsero la esigenza dello spirito di lui. Che, infatti, per tanto mormorio, pure essendo nuovamente rivolto a completare il rapporto di ufficio, era stato richiamato dal ricordo delle lezioni paterne agli alunni Come un tempo seduto ad una scrivania « protetta » dall'immagine di un santo l'adolescente Michele veniva distratto dalle parole straniere dette accanto; ugualmente in quel momento era stato occupato dal ricordo dovuto al mormorare di Amelia. E si era ritrovato nei pomeriggi d'inverno a studiare, mentre la luce cadeva obliqua sulla scrivania per la disposizione della parete dirimpetto alla finestra. La finestra della sua camera! Chiudeva male, lo rammentava e sul marmo
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incrinato sosteneva un barattolo, che conservava intatto il corpo di una rana. In quel tempo...
« Avrebbe dovuto consegnarlo il giorno seguente, quel rapporto! Ma si, il mercoledì. E si era affannato per portarlo a termine.
Ma che ragazzacci! Perdigiorno! Ripetono quella canzone oscena. Indubbiamente é il figlio del proprietario della fabbrica a sonare, si confermava con dispetto Michele; mentre il ricordo del vezzeggiativo Giogiò, cui il sonatore aveva ridotto il proprio nome, lo induceva, anche per l'esigenza del cuore, a quel paragone i cui termini erano rappresentati dai giovani moderni e quelli delle generazioni passate. E un tale paragone nel momento in cui si liberava dell'uma-re secreto dai suoi occhi di anziano, lo riportò, attraverso brandelli di pensieri, ad atti di eroismo nei quali si erano distinti loro, giovani del ventiduesimo battaglione. Perché lui, Michele Tempo, aveva combattuto nella guerra del... Erano stati lodati, quelli del ventiduesimo battaglione. E quale accoglienza subirono nel fare ritorno . in patria. Fu una festa. La grande festa che precedette l'altra ancora più memorabile che lo vide, vestito in tutt'altro modo, sposo e marito felic4.
Quanta musica! gli rammentava il motivo osceno della fisarmonica e senza turbarlo, perché del tutto occupato in quel momento a rivedere i ricordi della sua memoria. Finanche il lavoro aveva smesso e, mentre tormentava con la mano la copertina di un fascicolo, con commozione andava dipingendo la sua donna.
Aveva voluto preferirla, anche per la dote di cui ancora godeva con l'abitare lá casa sulla via ad esse; ma, non ostante l'avesse preposta al suo primo amore, non mancava nei momenti di esasperazione di incolparla di una modesta condizione sociale. Di rado, però, il suo atteggiamento portava dolore alla giovane sposa o al figliuolo; il quale poi già a tre anni, con un difetto della mano appena visibile, dimostrava qualità e doti non comuni. In vero siffatta persuasione non sempre accompagnava il genitore che, considerando le buone condizioni di vita per un adulto, era caduto nel convincimento che infine per il figlio vi fossero « sempre aperte due vie ».
« Ne fare) un prete », considerava, « se dimostrerà furberia e intelligenza; un militare qualora apparisse ottuso e prepotente ». E non intendeva il funzionario che a questo modo veniva a dare prova di scarsissima considerazione verso le due classi sociali che, pure, in cuor suo non disprezzava per niente. Come é possibile infatti che superstizione e religione si accompagnino nell'animo dell'uomo, senza che
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l'una diminuisca l'altra; ugualmente si dà caso che contrastanti opinioni, non escludendosi reciprocamente, abbiano un medesimo e grave peso. Tuttavia, però, le convinzioni del funzionario non ebbero modo di realizzarsi, perché da solo fu costretto a contare giorni dopo che la moglie ed il figliuolo, per una medesima disgrazia di cui in famiglia si preferiva tacere, presero a riposare il riposo eterno.
Questo ricordo, intanto, di cui la sua memoria come già per la morte dei genitori mancava di particolari, gli aveva fatto luccicare gli occhi verdi, tanto che era stato costretto ad asciugare una lacrima caduta proprio su quel punto del rapporto dove era la parola autorizzazione. Servitosi quindi di una carta assorbente e considerato vagamente la possibilità di ricopiare la pagina, era stato preso da un sentimento, misto di pietà per sé e di pentimento per il pensiero avuto intorno all'avvenire del figlio. Per tanto, mentre alzatosi si era portato dietro i vetri del balcone e con sguardo assente guardava nella via, si dava forza per evitare di piangere nel considerare quanto poco avesse saputo sperare, fare o prevedere per il suo bambino.
Vinto da questo sentimento buono, allora che sotto i capelli brizzolati il volto mostrava tutta la vecchiezza degli anni, involontariamente era stato richiamato dal paragonare il suo balcone spoglio a quello accanto della sorella, ove facevano bella mostra sotto il solicello autunnale molte piante ancora verdi. E, mentre tanto paragone rafforzando la pietà di sé, ad un tempo, lo liberava dal rime pianto e lo induceva a sedersi ancora al lavoro, aveva nuovamente udito la voce della sorella che nella camera accanto, pur continuando il lavoro di cucito, andava burlandosi del cane pezzato marrone. In verità le parole di Amelia per il nuovo motivo sonato sulla fisarmonica erano del tutto incomprensibili; e come esse raggiungevano imprecise Michele, così lui, quasi che la imprecisione gli allontanasse la verità del momento, continuava a rivedere il passato contro lo sfondo del suo sentimento di pietà. E, mentre sentiva di essere impedito nel lavoro, tanto che già più volte aveva intinto invano la penna nello asino recalcitrante del calamaio, era come caduto in un assopimento morale che, pure favorendo lo svolgersi della memoria, non gli consentiva oltre commento di sorta. E, ore fattesi giorni e giorni fattisi mesi, e mesi divenuti grigi anni, si era sempre veduto vivere una vita... laboriosa come quella della formica.
« Oh, ma da cosa mai mi lascio distrarre? Di che vado almanaccando? Perché?... Anche se posso consegnare il rapporto domani, è
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bene portarlo a termine subito, stando la... Dio mio, abbi pietà. Invecchio davvero e inseguo i fantasmi. E' quasi completa questa relazione. Quanto male mi ha procurato la cena di ieri sera. E' quasi completa questa relazione a, ripeteva sommesso, mentre, riprendendo a lavorare perché sollecitato lall'idea dell'ufficio, gli veniva fatto di decidere e come subcoscientemente che la pagina da ricopiare non l'avrebbe rifatta e, così ad un tratto, che avrebbe comperato un regalo ad Enzo; sebbene questi in quel momento gli apparisse molto brutto per gli orecchi a ventola.
Ritornato al lavoro intanto, e riuscendo a godere del tepore dell'ambiente, aveva preso a sentire contro la sofferenza che non lo abbandonava una sorta di soddisfazione simile al filo del ragno, che ora pare stare ora no nell'ondeggiare alla luce del sole. Infatti, men- tre nella stanza il solicello, superata la poltrona, aveva raggiunto la coperta a scacchi del letto e con la sua luce dava un pugno in volto al cardinale dipinto in rosso, avvedutosi di essere per terminare il rapporto, non aveva mancato di provare anche se debolmente il benessere e la fiducia che segue un lavoro bene compiuto. Anzi, allora che il suo tossire, venuto meno il suono nella via, sottolineava il silenzio dell'ambiente insieme con il raschiare del pennino, che scriveva l'ultimo periodo della relazione d'ufficio, addirittura un sorriso gli andava increspando le guance rugose; perché una necessità, opposta alla esigenza dello spirito e rivolta a non analizzare i motivi di turbamento del cuore, voleva convincerlo di avere argomento di grande soddisfazione. Si che, disposta bellamente ogni cosa insieme con le cartelle del rapporto completo, spostato d'un poco il lume e l'asino che dalle briglie ora faceva pendere la penna, si era risolto ad uscire per il suggerimento di un pensiero che si adoperava nel tentativo di imporgli la voluta soddisfazione. Alzatosi, dopo essersi portato al balcone per curiosare sulla via, si era avvicinato all'armadio; e, apertolo, trattone il cappotto e il cappello, cercatovi invano il bastone, aveva preso a specchiarsi, disponendo involontariamente uno degli specchi del mo- bile in maniera che vi si rifletteva il lampadario con la forma di lanterna. E intanto, proprio la forma del lampadario, che pendeva dal soffitto segnato di curve e linee completava e per così dire realizzava interamente il pensiero che gli procurava piacere: Ad Enzo avrebbe regalato una lanterna magica. Soccorso da tanto suggerimento, dopo la inspiegabile decisione di comperare un regalo al bambino, aveva superato il portone, che si apriva tra la fabbrica di bambole e
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l'altra di un antiquario; si era avviato per la strada, turbato da un sentimento come di chi scoperto in una propria debolezza. Infatti, nel volgere lo sguardo verso la vetrina, dell'antiquario vi aveva scoperto il bastone dimenticato nella via la sera innanzi; e, rammentando di essere stato ubbriaco, gli era parso doversi profondamente vergognare, tanto più che attribuiva alla propria condotta il ridere sguaiato di Giogiò e del garzone dai capelli rossi. Si che, procurando di camminare più lesto del consueto, avendo superato i marciapiedi orlati di platani, come liberato dal timore di una umiliazione immediata, si era ritrovato in uno spiazzo, donde si dipartivano tre strade. Qui, mentre la gente e le automobili si movevano con movimento impressionante e rumoroso, dopo avere considerato come assurdo il pensiero secondo il quale si sarebbe potuto dire che il bastone era appartenuto a lui, decise di andare per la breve salita che riducendogli il cammino lo avrebbe guidato nei pressi di un grande magazzino di giocattoli.
Intanto, però, sebbene si fosse data assicurazione intorno -al suo dubbioso pensiero, pure, mentre risentiva della temperatura della strada diversa da quella tiepida della stanza, superava una edicola o una bottega, una chiesa o un palazzo con un sentimento spiacevole che al fondo del cuore turbandolo si presentava sotto il falso aspetto del suo precedente vergognarsi. E a mano a mano che col ragionamento si allontanava da un tale stato d'animo e dalla improvvisa immagine della lampada che era un braccio nel muro del locale, trascinatovi da una serie di considerazioni aveva preso a riflettere intorno al tempo lontano in cui Amelia fu ammalata di tifo. Anzi, sebbene camminasse tra le vie affollate, gli si era proposta l'immagine di lei, intenta a prendere le medicine che non già il medico, bensì lui le prescriveva — Come la più parte degli uomini anche Michele amava esercitare il mestiere di medico.
Comperato intanto il giocattolo per Enzo, procurando di scoprire col pensiero e con lo sguardo cose e fatti da adoperarsi come difesa contro il turbamento del suo animo, aveva preso ad andare lentamente per le strade, al fine di giungere in orario presso la scuola. E, ora volgendosi ad una vetrina o ad un mendicante, ora ai giornali di un giornalaio o ad un filobus affollato, il pacchetto del giocattolo stretto al petto, si portava intorno tra la gente, imponendosi soddisfatto la considerazione, suggeritagli dalla testata di un giornale, che la politica internazionale non era equilibrata come un tempo.
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Di talune cose lui se ne intendeva. Gli anni vissuti in guerra mettevano gran conto. E che avesse combattuto una guerra, che avesse sofferto più di tanti, — accade che il tempo e la natura di uomini siano propensi a farci ritrovare piuttosto eroi che vili o come nullita.
era un fatto così vero che perfino i molti anni non avevano potuto cancellarlo dalla memoria. Infatti, continuava Michele mentre ora gli pareva addirittura piacevole il venticello pigro, proprio quel mattino aveva rivissuto col ricordo gli episodi di eroismo di battaglie senza tregua. E non solo tanto momento del suo tempo gli si era svolto nella memoria, bensì anche intera, o quasi intera, la sua vita. Anzi...
« Possibile una lunga vita possa riassumersi in pochi minuti e come quella delle formiche risultare operosa e moralmente vuota»? andava infine interrogandosi il funzionario mentre la stretta dolorosa gli attanagliava il cuore, e, senza apparente motivo, riandava la frase dell'amico, che diceva di margherite e perle non gettate dinanzi ai porci.
Richiamato per tanto da vari pensieri, e turbato in tutto il suo animo per la chiara domanda, stava per essere trascinato in un groviglio di considerazioni dolorose, quando ne venne distratto dalla via in cui si era ritrovato. Infatti, dovendo raggiungere la scuola di Enzo, dopo aver camminato a lungo vi si era avvicinato scoprendo di passare accanto a quel cancello verde, presso il quale nella notte precedente aveva accompagnato un cieco. Ed era appena sul punto di svolgere il nuovo sentimento, quando gli si parò dinanzi l'edificio che, ornato di statue, più volte lo aveva veduto ubbriaco in cerca di
una via. •
Liberatosi intanto per le improvvise immagini, per lui dense di significato, d'un turbamento che rapido aveva trovato motivi di accordo nell'animo suo, Michele, nell'avvicinarsi alla scuola aperta su un fianco dell'edificio stesso, subito dopo un cancelletto di legno, era interamente riuscito a fare prevalere nel suo cuore quei sentimenti che parevano interrompere come un discorso interiore. Si che, ostentando indifferenza contro l'ansia di qualche madre in attesa, nel percorrere il marciapiede si era lasciato occupare dalla necessità di porre freno non solo alla sua ansia, ma anche all'emozione dovuta al pensiero di dovere offrire il regalo ad Enzo.
Essendo infatti i loro rapporti come di due estranei, di cui l'uno
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ha timore per l'altro e l'altro sente indifferenza o fastidio per l'uno, doveva del tutto giustificarsi umanamente e moralmente l'atteggiamento di Michele; il quale, sebbene occupato dai nuovi sentimenti, pure sentiva imporsi la figura di un cieco che, dirimpetto alla scuola, con voce roca e pietosa pregava ed elemosinava. Riconosciuto nell'uomo il cieco della notte innanzi, aveva meglio riveduto, alla luce del solicello che riscaldava, lui seduto su un mattone, e, con i grossi scarponi militari, quel volto scarno sotto gli occhi ciechi scoperti dalle palpebre. Commosso da tanto spettacolo di dolore, attraversata la via sparsa cli foglie dorate pel venticello, stava per avvicinarsi all'uomo, quando alla maniera di un bimbo che sente di essere scoperto in un segreto, per avere scorto Amelia e Fiocco avanzarsi verso la scuola, si era adoperato per fuggire inosservato dalla via. Riuscito nell'intento, allora che Amelia vestita di cappotto si fermava insieme col cane accanto al cieco, aveva preso ad essere soggiogato da un turbamento che, col pretesto di quella situazione, si era palesato con la violenza di una verità rivelata da fortuite circostanze. E tutti quei motivi dolorosi, che più volte propostisi nell'animo più volte ne erano stati scacciati, ora affollandosi si realizzavano dentro di lui con una forza che non lasciava prevedere eventuali distrazioni. E la ragione che lo aveva indotto a volere comperare un regalo ad Enzo, e il pensiero che gli aveva dato una stretta al cuore, quando si era interrogato sulla possibilità di riassumere una vita in pochi momenti, parevano avere ripreso un discorso, iniziatosi in lui allora che la scossa morale per la conclusione del discorso dell'amico lo aveva veduto sussultare. Realizzandosi in quel momento la sua coscienza o anima, come una creatura che improvvisamente balza e si rivela nel ventre della madre, era caduto in quello stato morale che, soverchiando la persona- lità fisica e attuando le esigenze dello spirito, intuiva nei momenti dolorosi le diverse facce di un medesimo oggetto.
Caduta infatti una delle sovrastrutture imposte dall'ipocrisia, dalle circostanze e da volontari convincimenti, Michele, nel portarsi rapidamente verso casa aveva quasi con chiarezza scoperto una verità, rivelatasi come conseguenza di quella stessa caduta. V'era stato che, come il filo del gomitolo, tirato, lo svolge interamente e con facilità; ugualmente, l'avvedersi della improprietà della situazione presso la scuola, aveva rivelato il bandolo di un errore. Infatti, accortosi il funzionario di avere male considerato la eventualità, secondo la quale
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sarebbe stato prima a vedere Enzo, si era riconosciuto incapace di avvicinare il bambino alla presenza di Amelia. Riconosciutosi incapace di tanto, si era ritrovato addirittura impossibilitato sentimentalmente di fare un regalo al ragazzo; mentre la rivelazione di una tale insufficienza gli chiariva come il motivo del regalo altro non volesse essere se non un ingenuo riscatto generato dall'idea di quanto poco avesse saputo prevedere per il proprio figliuolo. E intanto quella considerazione che vedeva il figlio prete o militare, gli aveva richiamato a mente il pensiero della vita e della possibilità di riassumerla in brevi momenti; allora che al fondo del cuore gli baluginava l'idea propostasi alla fine del discorso dell'amico: Forse, quegli, aveva errato nel dichiarare che la sua vita era stata spesa...
Inteso dunque come i motivi che gli attanagliavano il cuore in una stretta dolorosa fossero le diverse facce di un medesimo oggetto, la vita, Michele, mentre il suo cuore si attuava con verità, si era rapidamente portato, il giocattolo stretto al petto, nella via ad esse; perché aveva preso a sentire come insopportabile lo stare lontano dalla sua camera.
Raggiunto per tanto la via alberata di platani, ergendosi nel busto come per difesa nel passare tra la vetrina dell'antiquario e l'au- tomobile dei pompieri, dopo essersi fatto forza per non guardare verso Giogió e il garzone intenti in un giuoco, con sollievo aveva superato il portone simile al portale di una chiesa. E rinchiusosi nella camera dal parato a fiorami verdi, vinto invano dalla curiosità di scoprire dal balcone il giuoco dei due giovani, si era lasciato cadere sulla poltrona, ormai non piú direttamente illuminata dal solicello d'autunno. Infatti, ora nella camera pioveva solo quella luce riflessa, che per altro non falsava la espressione del cardinale, dipinto rosso in una cornice nera come gli occhi, il bordo del cappello e l'anello dell'autorità.
III
La spiegazione del sogno, vissuto durante la notte in cui i lampi giungevano fino agli alberi dove gli uccelli dormivano a coppie, si era proposta a Michele con la limpidezza di una virtù. Mentre la luna era sprofondata tra le nubi, in tanto aveva sognato di trovarsi
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presso un prato alla vana ricerca di un fiore, in quanto che aveva subito una scossa interiore, dovuta al paragone delle margherite e delle perle, che proponeva la ipotesi del vuoto morale dei suoi giorni. Era evidente che, sentendo al fondo dell'animo la verità di tanto proporre, si adoperava moralmente di vivere per davvero seconda il senso del discorso dell'impiegato, ma ne era impedito dalla realtà di una situazione, rappresentatasi in immagini durante il sonno.
Presentatasi intanto una tale spiegazione Michele aveva preso a sentire una angoscia, che andava crescendo per una circostanza as- solutamente superiore a tutto il suo essere; si che il cuore soffriva un tale turbamento da dargli quasi un malessero fisico. Seduto sulla poltrona, che col colore richiamava il parato a fiorami verdi, gli occhi in una fissità pensosa, mentre una sofferenza sconfinata e una sconfinata pietà erano impresse sul suo volto, era soggiogato da pensieri che si svolgevano sotto forma di quelle domande, da identificare con la circostanza superiore a tutto il suo essere. Dalla profondità del cuore, durante l'attuarsi dello spirito, era insorto un sentimento che, tuttavia, fattosi pensiero e interrogazione, aveva perduto molta parte della sua profondità. Infatti, suole accadere che qualunque sentimento o pensiero, fino a quando rimane nel segreto della coscienza, ha una indicibile e indiscutibile profondità; mentre, quando viene espresso, non é reso pienamente, per il fatto che il nostro intimo porta impresso assai più di quanta riesca ad esprimere.
Vivendo dunque una tale situazione, Michele era tormentato dall'idea, propostasi come domanda, che la sua vita fosse soltanto nei brevi ricordi, ripassati nella memoria in quel mattino, e che tali ricordi erano di tanta povertà, da non lasciargli dubbio intorno alla qualità della spesa di quei valori morali largiti, insieme con gli altri materiali, perché un uomo sia. Nella storia delle cose quotidiane scopriva il suo tempo sminuzzato in una quantità di occupazioni che, piuttosto che richiamargli a mente un uomo ragionevole, gli apparivano simili all'attività della formica nel formicaio. Come la formica, infatti, si dibatte laboriosa senza un progredire morale, e al fine di portare a termine la vita affidatagli dalla Natura; ugualmente lui si era dibattuto, consentendo che i giorni lo avvicinassero ad una méta attraverso un mare di ozio morale.
Quale era stata la sua evoluzione dal tempo della fanciullezza
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all'altro della vecchiaia? In che era consistito il suo camminare? Quali pensieri aveva avuto? Quanto e quale vuoto morale scopriva nei giorni che il tempo non avrebbe mai ripetuto?
Avvedutosi del come solo futili motivi gli avessero creato quella apparenza di realtà, capace di assorbire una persona al punto da indirizzarne l'attività, aveva scorto tutti quei punti del suo orizzonte spirituale, nei quali don si era mai preoccupato di penetrare. E, a mano a mano che meglio individuava la propria insufficienza, mentre sotto una diversa luce ormai riandava il passato, sentiva crescergli l'angoscia, a misura che le molte giustificazioni dettesi cadevano come i birilli del giuoco. E ritrovava che il motivo second° il quale poteva dirsi di avere vissuto realisticamente possedeva la forza di un cede, vole giunco; perché una intuizione era venuta a spiegargli la stragrande differenza esistente tra la realtà e la parvenza delle cose quotidiane, cui usa erroneamente, attribuirsi tanto nome. Se fino a quel momento aveva dato luogo a confusione tra la realtà, che solenne si attua con la lentezza dei secoli, e l'aspetto degli accidenti quotidiani, di cui la realtà stessa é ignorante come un mondo delle scorie perdute nella rotazione; ora sentiva come i fatti quotidiani altro non fossero se non un vuoto morale, quando a sé stanti e lontani dalla realtà medesima. Quest'ultima verità, infatti, essendo il provvisorio e l'eterno, il materiale e il morale impresso nel nostro animo in maniera cosí dolorosa e profonda, che la loro essenza viva dentro di noi invisibile e come un tutt'uno, smentiva quella convinzione che, rendendola unilaterale, le attribuiva soltanto il provvisorio.
Identificato intanto i suoi giorni con un vuoto morale, attraverso quel processo del cuore iniziatosi con la conclusione di un discorso esterno e compiutosi con il riconoscimento di una verità interiore, Michele, mentre soffriva fortemente e fino allo spasimo, venne apparentemente distratto dai suoi sentimenti da un bussare contro la sua porta. Datosi immediatamente un atteggiamento falso, dopo avere permesso ad Amelia, ancora vestita del cappotto, di entrare per porgergli il giornale, con tentativi dovuti alla difesa dell'individuo contro un dolore intenso, si adoperava di non riprendere il suo discorso interiore. Tuttavia, però, pure volendo orientarsi verso quanta poteva dargli distrazione, solo senza intensità prese a portare critica al soffitto della camera segnato di curve e linee, e mentre rigirava disattento il
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giornale, ad ascoltare la voce di Enzo che nella stanza accanto, strette le zampe anteriori di Fiocco, ballava e andava cantilenando:
« Accidenti a tutti i diavoli
quant'è buona pasta e cavoli ».
Infatti, più che le distrazioni esterne, potevano occuparlo soltanto motivi che traessero spunto dal profondo del suo essere; perché la sua anima in quel momento era colma di preoccupazioni e sensazioni forti, da non potere ammettere la propria partecipazione ad inconsistenti esteriorità. Si che solo quando un sentimento di invidia contro la sorella e il benessere di lei lo aggredì, potette anche se brevemente deviare il discorso del cuore e, sorretto da momentanee considerazioni, rifarsi con dispetto al paragone tra le piante del balcone di Amelia e le altre in generale. Provando invidia contro la sorella, gli parve con irritazione che quest'ultima fosse come una prediletta della sorte; la quale, ad esempio, sebbene l'autunno fosse mite, mentre colorava con il primo freddo col colore della sabbia i cactus disposti contro il muro nell'androne, consentiva ad un tempo che le piante del balcone restassero ancora verdi. Anzi, — e per dimostrarlo a se stesso Michele volle guardare i platani e le foglie della via in quel momento appena sospinte da un venticello pigro — dovunque v'era il segno dell'autunno, ma non nel balcone accanto. E non solo a quel modo si riversava tanta predilezione della sorte, bensì anche diversamente, sul fisico di Amelia; che, sebbene piú avanti di lui negli anni, pure conservava un aspetto migliore.
« Che forse non s'accorgeva come fossero più rugose le proprie mani »? andava interrogandosi Michele, mentre, riconosciuto un nuovo motivo di ingiustizia nella mucillaggine degli occhi, poggiato il giornale sulla coperta del letto, come meccanicamente si avicinava all'armadio per trarne una medicina. Come la più parte degli uomini il funzionario amava esercitare su sé e sugli altri il mestiere di medico; e a testimoniarlo v'era un cassetto del mobile colmo delle più varie medicine.
Bevuto intanto una sorta di sciroppo, dopo avere scorto nell'armadio il pacchetto del giocattolo, ritornò alla poltrona dirimpetto al quadro del cardinale; e qui, seduto in modo da non sciupare il completo grigio che lo vestiva, piuttosto che essere immediatamente soggiogato dal discorso interiore, credette sentire forza per controbattere con nuove argomentazioni il motivo della sua angoscia. Si che, come una circonferenza che ritorna ai suoi giri, era ritornato alla più
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valida preoccupazione, per lo svolgimento di un processo che, distrattolo dall'invidia col sentimento pauroso della vecchiezza, gli aveva suggerito il nome di una medicina; e, dandogli quella sensazione di benessere a volte frutto solo di suggestione, lo illudeva con la nuova forza attraverso una giustificazione capace di vincere la insufficienza riconosciuta.
Tuttavia, sulla poltrona che col colore richiamava il parato a fiorami verdi, lo sguardo contro una delle antiche costruzioni della via, era seduto in un atteggiamento che, non ostante il conforto della medicina, esprimeva un tormento superiore a tutto il suo essere. Sotto la fronte gli occhi verdi, con il soccorso delle spesse labbra sottolineate da pieghe agli angoli della bocca, non riuscivano a fare baluginare il benché minimo sollievo — della cui causa pure si accingeva a parlare — contro lo stando doloroso delle pupille come lucenti di pianto. Ma ciò non ostante, cioè malgrado la pienezza dell'angoscia e l'immagine improvvisa della lampada che era un braccio nel muro del locale pregno di fumo, non fu impedito nel dare luogo a quella considera- zione, da identificare con la giustificazione contra la insufficienza riconosciuta. Ed ancora una volta il suo giustificarsi si proponeva sotto forma di una domanda che, rivolta a non negare uguaglianza tra lui e gran parte dell'umanità, affermava che il mondo infine era fatto di uomini come lui. Parendogli di potersi sentire come un rappresentante della più parte dell'umanità, — Un po' più di fortuna, si era detto, e sarei stato un direttore, un po' meno e mi avrebbero qualificato usciere o bidello; qualche attitudine e mi sarei ritrovato ingegnere o medico, notaio o operaio, qualche altra ed eccomi ciabattino o fioraio, arrotino o professore — gli era parso conseguentemente un errare l'ammettere il vuoto dei suoi giorni; perché altrimenti a tutti era da attribuire una tale mancanza.
Intanto, però, il dolore del cuore, che soverchiava tanto la giustificazione quanto la conseguente speranza di un sollievo, per l'attuarsi dello spirito non a lungo gli concesse di trastullarsi come un bimbo che giuochi al seguito di un funerale; e ben presto e facilmente gli chiari che, anche se fosse stato un rappresentante eletto del genere umano, il vuoto del suo animo non veniva a mancare. Soggiogato dunque nuovamente e del tutto dal suo discorso interiore, send l'angoscia stringergli il cuore quasi come una forza fisica; e in quanto che il dolore morale aveva per così dire conquistato il suo fisico in quella maniera che fa sentire le braccia, le gambe e tutto il corpo come un
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peso che non si sa dove riporre. E ad un tratto gli sembrò che, oltre il proprio dolore, non esisteva più nulla se non gli scuri del balcone, l'automobile dei pompieri presso la bottega dell'antiquario e il calamio sopra il panno di feltro della tavola. Tuttavia, pure soffrendo una tale situazione, mentre il solicello si rivolgeva di già a battere solo contro le case più alte, fu rapidamente conquistato da altre idee del tutto estranee alla sua condizione. Se accade che durante il tempo in cui l'anima é occupata dai sentimenti, solo un forte sentimento può portare distrazione, e non già motivi superficiali; si dà caso che pensieri fatui pur non influenzando uno stato doloroso, vaghino nella mente come mosche nell'aria; di cui ci si può accorgere, sebbene si sia occupati in un lavoro. Solitamente un tale stato si ritrova quando il dolore fisico e morale ha raggiunto il suo acme, e i pensieri, che ne sono causa ed oggetto, stabiliscono una sorta di groviglio sul cui sfondo si muove tutto quanta può definirsi estraneo al groviglio medesimo. Contro un tale schermo, dunque, si era dapprima debolmente imposta la considerazione che tanto nella via quanto nella camera di Amelia il silenzio pareva risonare; e ciò .perché la sorella ed Enzo, dopo averlo invitato a pranzo, alle risposte negative di lui avevano preso a fare colazione da soli e in altra stanza della caca. Poi mentre l'angoscia alla maniera di una malattia contagiosa ricadeva sul suo secondo pensiero, gli parve come doloroso il paragone tra il lampadario della camera e i lampioni della via : la forma di lanterna dell'uno simile a quella, come capovolta, degli altri era divenuta motivo di umiliazione; si che con minore sofferenza si svolgeva in lui soltanto il ricordo venutogli (talk cantilena:
a Accidenti a tutti i diavoli
quant'è buona pasta e cavoli ».
Infatti, rientrato nella camera accanto insieme con Amelia, Enzo, mentre tirava per giuoco la coda del cane, casi facendolo mugolare, aveva ripreso quella cantilena che, proclamando la gioia di fanciullo, richiamava in Michele un uguale sentimento. Si che questi dopo avere riflettuto quanto lontano fosse il tempo della sua fanciullezza, era involontariamente caduto in un ricordo. E aveva pensato con commozione a quando d'inverno il vento soffiava in una singolare maniera, e lui, un bambino, sentiva l'odore del caffè-latte; allora che, mentre per la strada la pioggia sferzava i muri delle case e gli alberi quasi
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spogli, l'impermeabile a cappuccio, si dirigeva verso la scuola, smovendo ogni pozzetta d'acqua con gli stivali di gamma.
La commozione sincera, intanto, dovuta ad un lontano passato, lo aveva reso come una sorta di spettatore riguardo tutto quanto acca- deva nella camera accanto; perché aveva sperato che la sua attenzione, così come era stata per la cantilena, gli apportasse sollievo e benessere. E, gli occhi verdi quasi lucenti, una sconfinata sofferenza sul volto rugoso ascoltava con l'atteggiamento di un bimbo povero che pressa un banco di giocattoli spera gliene tocchi almeno uno, il dialogo che sommesso gli giungeva attraverso la parete.
a Non lo credo », aveva continuato Amelia, mentre, mettendo a punto i capelli bianchi sulla tempia e fissando con sguardo benevolo gli orecchi a ventola di Enzo, sollecitava nuove spiegazioni. Si che quegli, allontanatosi da Fiocco, riprendeva a dire che a scuola aveva imparato come le giornate, d'inverno, tendessero ad allungarsi e, di estate, al contrario ad accorciarsi.
a Devi crederlo »; aveva insistito, c perché la mia maestra lo ha detto per davvero».
a E che? Perché lo ha detto la maestra non vi può essere errore? ». « È buona ».
a Allora le persone buone non sbagliano mai ».
a Si... sbagliano pure, ma non dicono bugie. Tu nemmeno dici bugie ».
a Allora sono buona, io »? interrogava sorridente Amelia, mentre alla risposta affermativa del bambino, fattasi baciare sulla guancia, continuava ad ascoltare nuove domande:
« Ma tu hai i baffi? Io li vedo. Perché? ».
« Sono vecchiarella, io. Non ti burlerai di me? ».
a Ma perché gli uomini hanno la barba e i baffi, e le donne hanno soltanto i baffi come li hai tu? ».
a Questo... in verità lo ignoro ».
« Gli uomini quando danno un bacio, però, pungono. Lui pure un giorno mi dette un bacio e mi punse; e piangeva. Che paura »!
a Pst! Non a voce alta. Si ode tutto».
a Piangeva, quel giorno », aveva ripreso Enzo con un tono di voce che, volendo essere sommesso, pareva scandire le parole. a Perché? Tu lo sai? ».
a Forse, rammentava che un tempo aveva un bimbo come te ».
a No. Deve avere avuto un grande dolore », contraddiceva Enzo,
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avendo attribuito alla espressione un significato particolare; quel significato, cioè, che tentò di spiegare ad Amelia, facendo ricorso alla favola che con i compagni avrebbe dovuto rappresentare.
Gli uomini grandi piangono solo quando hanno un forte dolore, perché hanno commesso qualche cattiveria: anche questo ha spiegato la maestra. Nella recita che dobbiamo fare... ».
« Avevi detto di non poterne raccontare », interrompeva Amelia che, come sollecitata riprendeva il lavoro di cucito.
« Si, si, é vero. Non posso, non posso proprio », aveva concluso Enzo, mentre i suoi occhi castanei si colmavano di un felice disappunto; allora che Michele, seduto sulla poltrona dirimpetto al quadro del cardinale, rimuginava tra sé la frase, secondo la quale il pianto degli uomini è conseguenza di malvagità. E, mentre il bambino in un impeto di gioia, al pensiero della recita e del suo segreto, riprendeva a tormentare il cane, il funzionario, per l'atmosfera che gli era intorno, credette di scoprire nella frase medesima la verità della propria condizione. Si che, come una parentesi racchiude pensieri e motivi in maniera che non interrompano un discorso; ugualmente l'avere ascoltato il dialogo dalla camera accanto non aveva impedito un ritorno a quel discorso interiore che partoriva non poco dolore.
Ritornato dunque alla tristezza che gli rodeva il cuore, e sentendo quale sofferenza era calata senza speranza di luce sul suo tardo cammino, Michele era stato vinto da una agitazione, che pareva annullare quel groviglio di pensieri impostosi col soccorso dell'angoscia. Ora infatti, mentre alla luce del solicello ne era subentrata un'altra meno nebulosa, ma anche meno lucente, perché la notte della stagione ama precipitare dal cielo, avevano preso a proporsi in lui quelle domande che lo agitavano fortemente in concerto con il motivo osceno della fisarmonica, ripetutosi involontariamente nella sua memoria. E, allora che ritrovava come solo futili motivi gli avessero creato quella apparenza di realtà capace di assorbire una persona al punto da indirizzarne l'attività, gli occhi in una ottusa espressione, andò interrogandosi intorno ai giorni che il tempo gli aveva raggruppato in passato. E confermando nuovamente il vuoto morale dei suoi anni, in un atteggiamento che domandava pieta e soccorso, nel momento in cui lo armadio scricchiolava si rivolse ad indagare cosa mai avrebbe desiderato il suo cuore per alleviargli la pena. Ma era appena occupato da simili riflessioni e dal pensiero di potere visitare l'amico del discorso, quando con uno spasimo interno gli venne fatto di pensare che, se
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a qualunque colpa ci era rimedio con un pentimento o riscatto, alla propria insufficienza non poteva adattarsi perdono di sorta. Se la carità e l'amore, infatti, possono trapiantare i monti, riempire le valli con gli oceani e ridurre gli oceani a fertili valli, il pecrato contro la pienezza del tempo, non rientrando nel merito dell'umano, rimarrà sempre un tormento senza scampo.
c Come avrebbe potuto rivedere il proprio passato? In quale maniera avrebbe dato un senso alla vita andata? Qu21e suggerimento poteva darsi, perché venisse colmato il vuoto morale dei giorni, che il tempo non avrebbe mai ripetuto? Come imporre... stava per continuare, quando, proprio nel momento in cui il cieco aiutato dal bastone passava per la via ad esse, gli si insinuò nella mente una domanda.
Non sono forse queste... cose, questo interrogarsi, cose... da li- bri? da narratori? » era andato chiedendosi con sincerità di cuore, mentre all'interrogazione che poneva come un freno all'andare del dolore, corrispondeva nella mente una pausa, simile pero ad una tregua su un campo di battaglia. Si che lo scorrere incessante del pensiero apparentemente ruppe il rapporto che esisteva col dolore del suo animo, e lo fece vagare con la mente, non ostante lo spirito si attuasse in lui senza interruzione, intorno ad immagini estranee alla sua condizione.
Seduto sulla poltrona accanto al letto, gli occhi come lucenti rivolti al giornale poggiato sulla coperta a scacchi, aveva preso a vedere una chiesa parata per un matrimonio — cosi come gli era apparsa passeggiando quel mattino — e la via che, 'mentre rientrava, aveva scoperto leggermente in salita. Anzi, il cadere per la prima volta in una simile osservazione lo spinse a vagare, come attraverso una nebbia, per la strada, facendolo imbattere nei lampioni alternati ai platani, nella macchia di calce presso la bottega del cappellaio, nel cartello rugginoso che indicava la fabbrica di bambole e nell'automobile dei pompieri riflessa nella vetrina dell'antiquario. E stava per proporglisi ancora l'immagine del garzone, che, all'altezza dell'emporio, era sul punto di colpire con una pietra un gatto nera, quando, perché il suo animo si attuava senza interruzione, gli venne fatto di mormorare:
« E che, sono cose da libri il chiedere conto di una vita? la scoprire il vuoto dei giorni? il cercare invano la evoluzione morale dal tempo della fanciullezza all'altro della vecchiaia? Sono forse fantasie che non mettono conto l'indagare il significato...) era. per continuare, allora che ne fu interrotto dalla voce di LEnzo, che nella camera accanto aveva interrogato Amelia sul significato di un verbo.
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Interrotto per tanto solo il suo mormorio e brevemente, riprese quelle domande che dicevano della insufficienza di una vita, Michele si era ritrovato in un atteggiamento che ripeteva sul volto la sconfinata sofferenza del suo cuore. E sotto la fronte, cui si attaccavano i capelli brizzolati, gli occhi verdi, con il soccorso delle labbra sottolineate da pieghe agli angoli della bocca, parevano rivolti a domandare pietà, particolarmente ora che si mostravano lucenti come non mai. Ma pure, non ostente la loro lucentezza, una sola lacrima, scorsa rapida tra le rughe della guancia sul completo grigio avevano saputo piangere; mentre lui si rifaceva all'altra scorsa quel mattino sulla parola autorizzazione del rapporto. E gli era venuto di pensare brevemente alla relazione d'ufficio in quel momento in cui, crescendo la luna contra l'ultima luce del cielo, gli uccelli di già si preparavano per dormire a coppie nella notte d'autunno.
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in: Catalogo KBD Periodici; Id: 32287+++
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Testata/Serie/Edizione Nuovi Argomenti | Prima serie diretta da Alberto Moravia e Alberto Carocci | Edizione unica
Riferimento ISBD Nuovi argomenti : Rivista bimestrale. - N.1 (1953)-. - Roma [distribuzione Torino] : [s.n., distribuzione Einaudi], 1953-. - v. ; 23 cm (( La periodicità è variata più volte: la prima serie esce con periodicità irregolare, dal 1976 trimestrale. La prima serie si conclude con il n.69/71 (Luglio-Dicembre 1964 ma pubblicato nel marzo 1965), nel 1966 inizia la nuova serie che termina con il n.67 68 (1980), nel 1982 la terza serie che termina con il n.50 (apr. giu. 1994) ed inizia la quarta serie con il n.1 ... {Nuovi argomenti [rivista, 1953-]}+++
Data pubblicazione Anno: 1958 Mese: 1 Giorno: 1
Numero 30
Titolo KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30


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