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tipologia: Analitici; Id: 1472388


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Tipologia Periodico
Titolo (Nove domande sullo stalinismo) Alberto Moravia
Responsabilità
Moravia, Alberto+++
  • ente ; ente
  autore+++    
Area della trascrizione e della traduzione metatestuale
Trascrizioni
Trascrizione Non markup - automatica:
ALBERTO MORAVIA
1. — Significa, secondo me, che con queste critiche crolla definitivamente l'idolatria del demiurgo, dell'uomo della provvidenza, del dittatore, che é stato un fenomeno europeo prim'ancora che russo e ha dominato la storia d'Europa negli ultimi cinquant'anni. Il crollo di questa idolatria a suo tempo voluta e imposta dalle masse meno educate politicamente del nostro continente (Germania, Russia, Italia) può forse anche significare che queste masse hanno finalmente raggiunto una relativa stabilità e maturità politica. Nel caso di Stalin il fenomeno fu tanto più grave in quanto si trattava di un'idolatria innestata sul tronco di un'autentica rivoluzione; ossia di un'abnorme deviazione individuale, di carattere psicologico piuttosto che politico, che tentò e per qualche tempo riuscì ad imporsi come fatto storico. Le critiche al culto della personalità tendono a ricomporre in parte l'accordo della politica con la morale e con la verità che il culto stesso aveva compromesso quasi irreparabilmente. D'altra parte non bisogna dimenticare che le critiche al culto della personalità rappresentano una parziale accettazione di critiche analoghe mosse durante l'ultimo ventennio dall'opinione pubblica occidentale. Niente di tutto ciò si era verificato invece in Asia. Le critiche al culto della personalità potrebbero essere, insomma, almeno per ora, una riconferma dell'interdipendenza e ideale unità della civiltà europea e delle sue tradizioni etiche e politiche.
Quanto ai motivi ce ne saranno certamente molti come é ovvio, trattandosi, nel caso di Stalin, di una personalità che aveva voluto esercitare il suo potere in tutti i campi, ossia di una personalità totalitaria; ma il principale e che li riassume tutti fu certamente il desiderio di spezzare la dura crosta di un mito dogmatico che minacciava di soffocare gli sviluppi della società sovietica. In
altri termini il mito staliniano era ormai un impaccio e per questo é stato spazzato via.
2. — Non è possibile prevedere se le critiche al culto della personalità porteranno a cambiamenti istituzionali o meno. Logicamente, dovrebbero. Nella storia, dopo dittature del genere di quella di Stalin, si ebbero spesso cambiamenti profondi o restaurazioni. Basta pensare a ciò che avvenne in Inghilterra dopo la dittatura di Cromwell, in Francia dopo quella di Robespierre. Se non vi saranno cambiamenti istituzionali, é chiaro che la porta resterà aperta per una nuova dittatura, appena le condizioni interne ed esterne dell' URSS la renderanno possibile. Ma é probabile che i nuovi dirigenti dell'Unione Sovietica cerchino di garantirsi con appositi istituti e leggi contro il ritorno della dittatura.
3. — Penso che effettivamente nessun potere sia legittimo, oggi, se non è fondato sulla volontà popolare. E che la volontà popolare non possa farsi strada se non attraverso la dialettica di governo ed opposizione. Sinora nei paesi occidentali tale dialettica si é espressa nella pluralità dei partiti. Non sembra che l'Unione Sovietica sia avviata a creare una simile dialettica. In realtà, almeno sinora, la legittimità del potere in URSS é stata fondata sopra il corpo dell'ideologia marxista la quale a sua volta é considerata come depositaria, una volta per sempre, della volontà popolare. Si tratterebbe, insomma, di un potere la cui legittimità é filosofica e non elettorale ossia giustificato da un'ideologia e non dal consenso diretto di una maggioranza. Questo é già avvenuto nella storia; tutti i poteri teocratici vantavano una simile legittimità. Ma il fatto nuovo é che esso si verifica nei tempi moderni, in concomitanza con l'avvento della civiltà della produzione in serie e dunque delle masse, in un tempo in cui il crisma dell'infallibilità si è trasferito dalla religione alla scienza. Penso dunque che in simili condizioni é molto difficile se non impossibile che si crei nell' URSS una dialettica di opposizione e governo simile a quella dei paesi occidentali. Tutt'al più tale dialettica sarà sostituita, in maniera però tutta empirica, da quella delle varie correnti interne del partito comunista e della società sovietica.
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4. — È vero, non c'é comunità di linguaggio tra occidente e oriente. E questo si è potuto vedere anche recentemente in occasione del crollo del mito di Stalin. La formula « critiche al culta della personalità » è un eufemismo bello e buono o, se si preferisce, un esempio di più della riluttanza estrema dei capi sovietici ad adottare il linguaggio tradizionale, anche quando, come è il caso, la sostanza della formula non sia in contraddizione con il pensiero politico occidentale. Ma che cosa sta ad indicare questo divario di linguaggio? Secondo me, esso denota che la rivoluzione in URSS è ancora in corso o per lo meno non ha ancora trovato la sua forma definitiva. Tutte le rivoluzioni e le religioni aspirano a creare un linguaggio nuovo, loro proprio, originale. Quest'aspirazione é naturale: il cambiamento del linguaggio è la controprova di un cambiamento della realtà; un linguaggio immutato pa trebbe far pensare che anche la realtà sia rimasta immutata.
5. -- Indubbiamente, come è stato già detto, Stalin é stato. il più «russo» dei capi della rivoluzione comunista. Per molti aspetti, la sua figura e la sua opera rassomigliano alla figura e all'opera del primo innovatore della Russia, Pietro il Grande. Diremo per questo che lo stalinismo non rappresenta alcuna novità nella storia della Russia che esso non è che il logico sviluppo di certe tradizioni storiche e politiche ? No, diremo piuttosto che le tradizioni storiche e politiche della Russia spiegano gli aspetti nazionali dello stalinismo e ne costituiscono al tempo stesso il limite insuperabile. La formula staliniana fu quella della rivoluzione socialista in un paese solo; che lo stalinismo sia stato quello che è stato, dimostra soprattutto che le tradizioni storiche e politiche della Russia non potevano fornire alla rivoluzione socialista che determinate componenti e non altre.
6. — Le misure coercitive adottate da Stalin per affermare e mantenere la sua dittatura non erano probabilmente necessarie che in piccola parte. In altri termini la dittatura poteva benissimo poggiare sul consenso popolare e su un minimo di misure di sicurezza. Nelle misure coercitive adottate da Stalin c'è un «eccesso» e un' «originalità» che non si possono spiegare.né con l'opposizione dei vecchi comunisti, né con la situazione interna della Russia, né
con la volontà di portare a termine i piani quinquennali. Esse derivano dal carattere individuale di Stalin, dalla sua personalità fortemente determinata da fattori ancestrali e locali. Tutte le dittature adottano misure coercitive; ma, tanto per non citare che gli episodi oggi deplorati dalla nuova direzione collegiale, l'affare dei medici, la confessione di Raik, la scomunica a Tito, sono affatto caratteristici della mentalità staliniana. Per questo penso che questo particolare terrore sia cessato con la morte di Stalin, pur non essendo del tutto scomparsi i mezzi di cui egli si servi per alimentarlo e mantenerlo.
7. — I comunisti di tutto il mondo hanno creduto o hanno finto di credere alle versioni staliniane dei processi e delle cospirazioni. In ambedue i casi ci troviamo di fronte alla posizione psicologica fideistica che è propria alla mentalità di massa e che é un prodotto storico dell'avvento appunto delle masse sulla scena politica del mondo, da cinquant'anni in qua. Indubbiamente la critica e l'autocritica che nelle intenzioni dei partiti comunisti dovrebbero evitare simili «errori », in questi casi non hanno funzionato affatto; ma questo non é il punto più importante. Secondo me, il punto più importante é il fatto che l'atteggiamento fideistico dei comunisti di tutto il mondo di fronte alle versioni staliniane dei processi e delle cospirazioni, rivela un divario tra i valori del senso comune e quelli del comunismo. Per coloro che credettero alle versioni staliniane, e sono il maggior numero, il processo di tra-smutazione dei valori é già avvenuto: non c'é verità né bene all'infuori del comunismo; per gli altri che finsero di credere, interviene l'operazione mentale ben nota della colpa oggettiva. Ossia Raik e i medici erano oggettivamente colpevoli di tradimento in quanto deviazionisti e in quanto la loro condanna giovava oggettivamente alla causa in quel determinato momento. Tutto questo, naturalmente, potrebbe essere detto e spiegato in termini psicologici e politici tradizionali (come, infatti, si é fatto da parte dei commentatori occidentali): Stalin non si fidava di alcuni gruppi di cornu- nisti in Russia e fuori, e volle dare un giro di vite; il comunismo, nonostante la sua apparente unità, non é esente da lotte interne di correnti; etc. etc. Ma, come ho già osservato, tradurre il linguag-
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gio comunista in quello tradizionale non serve a gran ché, dal momento che la rivoluzione è tuttora in corso e la diversità di linguaggio sta a indicare la volontà persistente di creare una realtà diversa. A riprova; la condanna di Stalin è stata contenuta nei limiti del linguaggio comunista: Stalin ha commesso degli « errori » non ha dedicato sufficiente « attenzione » ai problemi dell'agricoltura o della guerra; ha mancato di «modestia ». E evidente che questa terminologia eufemistica, tra le altre cose, serve ad alleviare il disagio di tutti coloro che avevano creduto o voluto credere alle versioni staliniane dei processi e delle cospirazioni. Es- sa permette infatti di scartare ogni sospetto di credulità o di malafede; di gettare un ponte tra le condanne di ieri e le riabilitazioni di oggi; di dare a tutta la storia degli anni recenti il carattere di uno sviluppo necessario, naturale e coerente.
8. — Credo che lo stalinismo sia morto, benché la critica al culto della personalità sia stata formulata dall'alto, senza previa consultazione popolare. Lo stalinismo è morto perché era una dittatura personale, un'interpretazione personale del potere. Ma la dittatura del proletariato continua. In altri termini il fatto che la critica al culto della personalità sia stata pronunziata dall'alto dimostra ancora una volta che la legittimità del potere in URSS deriva dall'ideologia. Il culto della personalità, infatti, è stato condannato in base all'ideologia di cui esso sarebbe stato una deviazione e un'infrazione.
9. — E troppo presto per dire quali cambiamenti la critica del culto della personalità porterà nei rapporti dell' URSS con le de-
mocrazie popolari, i partiti comunisti di tutto il mondo e il movimento operaio internazionale. Si può per) affermare che se lo stalinismo stava ad indicare una ferrea concentrazione, subordinazione e unità, la critica al culto della personalità potrà dar luogo ad una maggiore fluidità, autonomia, e indipendenza.
ALBERTO Molt vrA
 
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in: Catalogo KBD Periodici; Id: 32280+++
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Testata/Serie/Edizione Nuovi Argomenti | Prima serie diretta da Alberto Moravia e Alberto Carocci | Edizione unica
Riferimento ISBD Nuovi argomenti : Rivista bimestrale. - N.1 (1953)-. - Roma [distribuzione Torino] : [s.n., distribuzione Einaudi], 1953-. - v. ; 23 cm (( La periodicità è variata più volte: la prima serie esce con periodicità irregolare, dal 1976 trimestrale. La prima serie si conclude con il n.69/71 (Luglio-Dicembre 1964 ma pubblicato nel marzo 1965), nel 1966 inizia la nuova serie che termina con il n.67 68 (1980), nel 1982 la terza serie che termina con il n.50 (apr. giu. 1994) ed inizia la quarta serie con il n.1 ... {Nuovi argomenti [rivista, 1953-]}+++
Data pubblicazione Anno: 1956 Mese: 5 Giorno: 1
Numero 20
Titolo KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20


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