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tipologia: Analitici; Id: 1472278


Area del titolo e responsabilità
Tipologia Periodico
Titolo Franco Cagnetta, Inchiesta su Orgosolo. Parte seconda: Orgosolo e lo stato
Responsabilità
Cagnetta, Franco+++
  autore+++    
Area della trascrizione e della traduzione metatestuale
Trascrizioni
Trascrizione Non markup - automatica:
IL
ORGOSOLO E LO STATO
Il paese di Orgosolo, in tutta la sua storia, non é mai stato, e tanto meno oggi, un mondo veramente isolato: é un errore pensarlo chiuso soltanto in sé, non compromesso con il mondo che lo circonda. Sin dai primordi Orgosolo é stato in continuo rapporto con uomini e popoli, con società ed organizzazioni più complesse: con lo Stato. E questo rapporto condiziona la sua fisionomia dalle più profonde radici. La storia di Orgosolo é un capitolo della nostra civiltà. È un capitolo della storia di una regione, la Barbagia, di cui conserva, quasi caso limite, tutte le contraddizioni, i contrasti, l'oppressione, la schiavitù della conquista subita da parte di civiltà da lei diverse, di Stati. E la storia della Barbagia, che quasi nessun italiano conosce, é, per questo aspetto, una storia di grandissima importanza, direi quasi esemplare, per comprendere la più profonda e tragica formazione della nostra società contemporanea.
Il paese di Orgosolo ha un destino singolare, unico, probabilmente, tra tutti i paesi d'Europa: da tremila anni è in stato permanente di assedio militare e poliziesco. Cartaginesi, Romani, Bizantini, Spagnoli, Piemontesi, Italiani, di fronte alla sua radicale interna turbolenza, non sono riusciti mai a conquistarlo stabilmente, a penetrarlo: si sono limitati dapprima ad attaccarlo, costretti a tenerlo a bada circondato con truppe; a contenerlo poi, una volta occupato, con un continuo regime di polizia. Da secoli i rapporti tra Orgosolo e lo Stato sono fondamentalmente gli stessi: conflitti, guerre, tensione, ostilità.
Questo assedio militare e poliziesco ha un'importanza decisiva per la storia del paese: da un lato ne assicura, ne conserva la vita antichissima come in un paradossale museo; dall'altro ne rende permanente, ne stabilizza la turbolenza.
Se la turbolenza di Orgosolo ha radici nella struttura economica e sociale odierna comune a tutto il mondo dei pastori di Barbagia e si manifesta in forme proprie e gravi per la sopravvivenza di residui di
146 FRANCO CAGNETTA
una struttura economica e sociale più antica, di un mondo di « cacciatori », proprio l'assedio militare e poliziesco — questo anello che impe-
disce apertura, scambio, trasformazione è il fattore decisivo che
consente quella sopravvivenza e fa si che il paese rimanga oggi una eccezione rispetto a quelli consimili e vicini che, finito un analogo assedio, si vanno trasformando.
Il lungo assedio militare e poliziesco contro Orgosolo, ancor oggi presente, non è un problema secondario, soltanto politico, ma di primo piano, di civiltà: coinvolge la persistenza di tutta la sua singolare economia e cultura.
Se cerchiamo le notizie che riguardano i rapporti di Orgosolo con lo Stato, dall'origine sino ad oggi, non troviamo altro che cenni di guerra, di polizia. E un insieme di sistemi e di meodi di guerra, di polizia è il solo quadro della storia «statale» del paese.
Per l'epoca antica si tratta di vere e proprie guerre contro tutta la regione che lo circonda, tentativi di conquista. Le più antiche notizie, per il periodo cartaginese (VI-IV sec. a. C.) ce le forniscono Pausania e Diodoro. Scrive Pausania che di fronte ai cartaginesi molti sardi: « si salvarono tra i monti dell'isola rifugiandosi in montagne, difesi da spelonche e da crepacci » (1). i< Rifugiatisi tra le montagne e nascosti in dimore sotterranee — aggiunge Diodoro —, spesso attaccati, essi restarono liberi per difficoltà ed intrichi di caverne sotterranee » (2).
Per il periodo romano (378 a. C. - V sec. d. C.) scrive Zonara che nel 231 a. C. « Manio Pomponio, il quale inseguiva i sardi, poiché non riusciva a perseguire molti di essi nascosti tra i monti pieni di spelonche, aveva fatto venire dall'Italia cani poliziotti e, per mezzo loro battendo i nascondigli degli uomini e delle bestie, molti era riuscito a catturarne » (3). Una importante campagna militare e di polizia fu condotta dal 181 al 175 a. C. — secondo Tito Livio — con metodi tremendi. Pinario Rusca, Tito Manlio Torquato, Tito Ebulo, e Manlio Sempronio Gracco avevano incendiato interi boschi per snidare gli abitanti, sequestrate intere greggi, deportati piccoli abitati; si erano poi
(1) Bibliotheca scriptorum Graecorum et Romanorum Teubneriana. Pausaniae Grae-ciae descriptio a cura di Friedrich Spiro. Vol. III, 1903, Lipsia, Teubner. X, 17, p. 145.
(2). ib. Diodori bibliotheca historica a cura di Ludwig Dindorf e C. Th. Fischer. vol. II, 1890, Lipsia, Teubner, V, 15, p. 23.
(3) ib. Joannis Zonarae Epitome Historiarum a cura di Ludwig Dindorf. Vol. II, /889, Lipsia, Teubner, VIII, 17, p. 226-27.
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ritirati, certo sconfitti, di fronte alla difficoltà della repressione (4). Stra- bone, per il 60-20 a. C., scrive: «-I comandanti di polizia che sono loro opposti in parte provvedono ed in parte negligono anche perché non si può tenere a lungo le truppe in si infette terre. Resta la stagione calda per condurre le spedizioni. Aspettano allora quando i barbari, come é loro costume, si riuniscono in banchetti, ed assalitili con questo stratagemma, molti ne conducono in cattività » (5). Una successiva spedizione militare e di polizia é indicata da Tacito nel 19 d. C. quando parla di 4000 Ebrei deportati in Barbagia per distruggere « briganti s> (6). Giustiniano, il 435, tra le sue leggi, stabilisce che il territorio sia circondato da una cintura militare permanente (7).
Per il periodo bizantino (V-VI sec. d. C.) il papa Gregorio I Magno ci informa che una campagna militare e di polizia fu quivi condotta dal generale Zabarda dal 594 al 599 d. C. (8).
Si tratta, sino a qui, di azioni contro tutto un territorio, contro popoli stranieri.
Per il periodo dell'autonomia sarda o del regno dei Giudici di Sardegna (IV sec. 1410) sappiamo che in questo periodo Orgosolo entra a far parte per la prima volta di un vero e proprio Stato, il Giudicato di Arborea (ma non sappiamo come), ed é allora certamente che per la prima volta si costituiscono veri e propri rapporti, codificati, tra il paese e lo Stato. E da questo periodo non abbiamo che notizie di polizia.
Confrontando l'Atto di pace del 1388 tra Eleonora Giudichessa di Arborea e don Giovanni di Aragona (in cui si nomina per la prima volta esplicitamente Orgosolo) (9) con il contemporaneo codice legislativo della « Carta de Logu » (10), sappiamo che esisteva nel paese, formalmente, un posto di polizia con un « Majore de villa » e cinque
(4) ib. Titi Livi ab Urbe condita a cura di Wilhelm Weissenhorn. Vol. V, 1899, Lipsia, Teubner, XL, 34, p. 82; XLI, 6, 8, 9, 17, pp. 108, 110, 117.
(5) ib. C. Suetoni Tranquilli quae superstunt omnia a cura di Karl Ludwig Roth. Vol. III, 1902, Lipsia, Teubner; Tiberius III; 36, pp. 101-102.
(6) Scriptorum classicorum bibliotheca oxoniensis Cornelii Taciti Annalium ab excessu Divi Angusti libri a cura di C. D. Fischer, vol. II, 1939, Oxford, Milford; II, 28, s. p.
(7) Codex Justinianus a cura di Paul Krueger, Berlino, Weidmann, 1877, I, 27, 2, pp. 77-79.
(8) Monumenta Germaniae historia ecc. Graegori 1 Papae Registrum Epistolarum a cura di Paul Ewald, Berlino, Weidmann 1887, Liber I, p. 260-261.
(9) cfr. p. 83.
(10) cfr. p. 52, n. 8.
148 FRANCO CAGNETTA •
« Juratos » che lo aiutavano. Sappiamo, sempre dalla « Carta de Logu » quali fossero i compiti specifici di questo corpo: perseguitare, catturare e condannare omicidi, grassatori, uccisori e danneggiatori di bestiame, ladri di campagna e di abitazioni, incendiari; perquisire come misura preventiva contro i furti tutte le case, una volta al mese quelle di semplici cittadini, due volte al mese quelle di sospetti; ed, infine, assicurare qualche riscossione di tributi. La situazione della criminalità locale, molto grave, può desumersi, indirettamente, dalla gravità delle pene corn-minate dalla « Carta de Logu »: per l'omicidio la decapitazione; per le ferite taglione e pene pecuniarie; per la grassazione la forca; per il furto pene pecuniarie, l'estrazione di un occhio, l'accecamento, la forca; per i danneggiamenti di bestiame e di campagna taglione e pene pecuniarie; per gli incendi taglio della mano, rogo, pene pecuniarie ecc.
I paragrafi 6 e 7 della « Carta de Logu » ci fanno intendere come, in quel momento, altrettanto, il rapporto tra lo Stato ed il paese si configura per la prima volta come problema del «banditismo ».• Il banditismo, infatti, non é un fenomeno che si generi immediatamente, direttamente dalla struttura economica e sociale locale in sé isolata come la « vendetta » e la «bardana », ma è solo un prodotto dell'incontro, dell'attrito tra l'antica struttura economica e sociale indigena e quella nuova ed estranea dello Stato.
In quei paragrafi per la prima volta compare la definizione giuridica statale di bandito (« isbandidu »). Era tenuto per tale ogni accusato di reato che si sottraesse a giudizio o, catturato, evadesse. Si imponeva a tutto il paese, insieme al corpo di polizia, l'obbligo di catturare il
bandito entro un mese, pena, altrimenti, una multa di 100 lire sarde per la collettività, 10 per il Majore e 5 per ogni Juratu. I beni del ban-
dito venivano confiscati. Ogni favoreggiatore, eccetto la moglie ed i figli,
era punito con multa di 100 lire sarde o, non potendo pagare, con la prigione a discrezione del Giudice. Non conosciamo il numero dei ban-
diti di Orgosolo ma, tenute presenti le notizie di altri paesi di Sardegna, si deve ritenere altissimo e, in certi momenti, quasi vicino alla totalità del paese.
Ma é nel periodo di dominio spagnolo (1410-1721) che i rapporti tra Orgosolo e lo Stato si configurano in linee che, fortemente, esistono. tutt'oggi.
Con l'introduzione del sistema feudale spagnolo e l'inclusione di Orgosolo nei feudi della Curadoria Dore dapprima e del Marchesato d'Ora-
INCHIESTA SU ORGOSOLO 149
ni poi, una profonda trasformazione viene a colpire la vita del paese. I pastori, che sino a quel momento usavano liberamente del pascolo, devono ora, per « diritto », pagare un tanto per capo al signore, oltre ad altri diritti che abbiamo elencato in altro luogo (11). Questo rapporto provoca una crisi di sistema che porta con sé, per secoli, un aggravamento generale della situazione criminale. Per il periodo del feudalesimo spagnolo, come per quasi tutti i paesi di Sardegna, non abbiamo documenti particolari per Orgosolo, e, naturalmente, di polizia, poiché gli spagnoli per prudenza li avevano distrutti o trasportati nella loro terra. Ci possiamo fare però un'idea abbastanza precisa dei vaghi rapporti tra Orgosolo e lo Stato, studiando le leggi criminali spagnole e qualche superstite editto particolare, le « grida ».
Come é noto, il sistema di giustizia spagnolo si preoccupava soprattutto della riscossione di tributi. La giustizia era affidata privatamente ai signori, rappresentati da un delegato locale che la amministrava in Curie private e la faceva eseguire da milizie private. Non c'é bisogno di dire di che specie di giustizia si trattasse. Non dissimile deve essere stata la vita di Orgosolo da quella di tutti i paesi della Sardegna sotto quel tristo potere spagnolo. Il sistema abituale di procedura, si sa, era solo la tortura. Le pene, quelle della « Carta de Logu » che gli spagnoli avevano lasciato in Sardegna non sostituendola con codici reali.
Particolarmente interessante, naturalmente, é la legislazione speciale che riguarda i « banditi ». E per « banditi » si doveva intendere certamente in quel periodo quasi tutti gli uomini di Orgosolo, se si tiene presente lo stato generale di Sardegna.
Era ritenuto per bandito (catalano: bandejat; spagnolo: bandeado) chiunque, senza anche esser dichiarato per tale da uno scritto, si pensava si sottraesse a giudizio o, se condannato, pur non sapendolo si sottraesse, o, se catturato, evadesse. I suoi beni andavano al signore, al Delegato, agli sgherri (Prammatica 26, 1). Tali «banditi », insieme a loro compagni considerati fuoriusciti (« foragits ») imperversavano in tutte le campagne. « Son le terre inquiete e tormentate da uomini facinorosi che vanno in squadriglie uccidendo, rubando senza fine » (Prammatica 26, 2). Il favoreggiamento di « tali banditi » era — come conferma la stessa Prammatica (26, 2) — « da parte di tutta la popolazione ». Era punito con 1000 ducati e 10 anni di galera, con l'esenzione dei soli parenti pros-
(11) cfr. p. 83-84.
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simi (Prammatica 26, 5). Innumerevoli «grida» proibivano di portare armi, di andare a volto coperto, con barbe lunghe. Due istituti parti- colari : la « taglia » ed il « guidatico » sono i più importanti del periodo spagnolo. I « banditi » ritenuti tali erano proposti a pubblica punizione: tutti potevano colpirli impunemente e, portandoli vivi o morti, percepivano una « taglia » di 25 ducati sui loro beni o, in mancanza, sulla cassa del re. Altro premio di cattura era il «guidatico », cioè la facoltà ad un bandito di esser perdonato (purché non fosse un capo squadriglia) se consegnava vivo o morto un altro bandito. « Con questo siste-
ma scrive il Loddo Canepa si tentava di estirpare i banditi aiz-
zandoli l'un contro l'altro; ma, di fatto, si abituavano le popolazioni al tradimento, alla perfidia, all'inganno; si spargeva la diffidenza e lo spionaggio; si dava incentivo alla delinquenza stessa che si nutriva della speranza dell'impunità » (12). Se i signori, i delegati, i bravi, veri e propri criminali, erano impuniti e, anzi, amministravano la giustizia, i popolani ribelli, considerati « banditi », erano, abitualmente, condannati a pena capitale. All'ingresso di Orgosolo, per i 4 secoli di dominio spagnolo, si era levata permanentemente la forca.
I piemontesi successi agli spagnoli nel dominio della Sardegna (17211849) non avevano modificato in nulla il feudo, conservando persino 'i feudatari spagnoli e limitandosi ad introdurne altri piemontesi, né avevano modificato sostanzialmente il sistema locale di giustizia, conservando la « Carta de Zogu », le « Prammatiche », le Curie private e la polizia baronale. L'innovazione fondamentale del periodo piemontese consiste nel fatto che lentamente, al potere dei baroni, come non aveva fatto il re di Spagna, si va sostituendo il potere centrale, del re di Sardegna. E proprio nella lotta « al brigantaggio », divenuto in Sardegna sin dall'ingresso piemontese il problema più grave dell'isola, alle truppe dei baroni si vanno sostituendo, esautorandole, le truppe statali. Il ministro Bogino, uomo di punta della borghesia piemontese presso il re, è il promotore e l'organizzatore di grandi campagne contro « il brigantaggio n. 11 1735-37 il viceré marchese di Rivarolo conduce una vasta repressione, proseguita il 1748-51 dal viceré marchese di Valguarnera e ripresa ancora il 1770 dal viceré marchese di Hayes. In queste campagné contro « il brigantaggio ,; principalmente è da vedersi l'inizio di una
(12) Francesco Loddo-Canepa, Dizionario Archivistico per la Sardegna, voce: Bandito, in Archivio Storico Sardo, vol. XVI, ff. 1-2 (1926), p. 331-34.
INCHIE'STASU ORGOSOLO -151
nuova storia, la storia della borghesia, poiché altro non sono che un 'pretesto per la spogliazione dei vecchi baroni e per un nuovo e più grave sfruttamento di pastori e contadini: un processo, cioè, di « accumulazione primitiva borghese », con i modi propri della spogliazione violenta e sanguinosa, con l'uso non di milizie private ma di una forza statale, quella del re. Un grande numero di greggi, di terre, di beni di baroni, di pastori, di contadini ,viene sottratto e messo nelle mani dei nuovi condottieri, i militari borghesi. Anche Orgosolo subisce il contraccolpo di questa situazione. Non abbiamo notizie sul paese per questo periodo ma la sua situazione ed il suo destino non possono essere diversi da quelli di tutti gli altri paesi di Sardegna. Il nome di Bogino, deformato in « bozzinu » significa ancor oggi in Orgosolo
boia » e « su re » (il re) significa principalmente « esercito ».
Interrotta dallo scoppio della rivoluzione francese (che in Sardegna, come in nessun'altra parte d'Europa, passa ignorata nelle campagne) e, successivamente, dall'ondata feudale della controrivoluzione europea, 'quella « primitiva accumul.ázioné borghese » riprende il 1821-31 solo sotto il regno di Carlo Felice, circondato quasi solo, ormai, da consiglieri borghesi. Poiché le truppe servono ora per la conquista di nuovi mercati in continente, per l'espansione della borghesia piemontese, né si può far conto della «leva » tra sardi, che viene adesso introdotta, la borghesia piemontese si 'serve in quegli anni dei criminali delle proprie prigioni organizzati in « Corpo franco » di polizia, e di funzionari in punizione che vengono inviati, per amministrare. In tutta la Sardegna questo periodo è uno dei più gravi per il paese.
Raggiunta la floridezza ed assicurata nel potere, la borghesia piemontese, protesa alla futura conquista dell'Italia, pensa ora a consolidarsi anche in Sardegna iniziando un'opera di riforme, di leggi eversive del feudalesimo - divenuto solo un intralcio —, il cui scopo principale é la creazione di una « proprietà privata », che deve servire a creare qui le condizioni « legali» per uno sviluppo locale della proprietà piemontese e per la creazione di una sarda. Si tenta con questo, anche, di formare una classe borghese indigena fedele e subordinata a quella piemontese. La legge delle «Chiudende» (1821) che consente la proprietà privata dei territori solo che siano cintati con muro, ' e le leggi di abolizione del feudalesimo (1831-1840) che riconoscono come solo 'diritto quello della proprietà privata, abolendo i vecchi codici ed uniformandoli
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con i codici piemontesi — a differenza di tutti i paesi di Sardegna —sembrano inoperanti in. Orgosolo. Non si può dire neppure che qui si verifichi un particolare incremento della turbolenza criminale, come avviene invece in tutti i paesi vicini, sintomo di una crisi di sistema paragonabile a quella dell'introduzione del feudo. Nessuna « chiudenda » si costruisce in Orgosolo per il collettivo rifiuto dei pastori che si vedono spogliati dell'antichissimo pascolo comune; né può dire che i pastori quasi si accorgano di essere stati liberati dal signore, il marchese di Orani, poiché i diritti che a lui pagavano devono ora pagare ad un altro signore, lo Stato, che li richiede come rimborso delle riforme (legge prediale) e per sue leggi generali.
L'ingresso e l'affermarsi della « proprietà privata », che coincide con l'inclusione della Sardegna nel nuovo Regno d'Italia (1849), e con l'inizio del nuovo periodo del dominio italiano é contrassegnato in tutta la Sardegna da una sempre crescente pressione fiscale, da una continua richiesta di soldati (per le guerre risorgimentali) e, contemporaneamente, da una sistematica spogliazione dei boschi e dallo scorporo di terreni comunali ad opera non piú di soli piemontesi ma di ogni sorta di italiani. Il paese di Orgosolo, come ce lo descrivono per es. l'abate Angius ed il padre Bresciani il 1841 edil 1847 (13) rimane invece chiuso in sé, circondato di lontano da un assedio militare. Negli anni successivi, sino al 1880 circa, di fronte alle crescenti esigenze del nuovo Stato, il «brigantaggio » di Orgosolo diventa intenso, endemico (come ci fanno intendere le notizie generali) ed un assedio permanente rinchiude il paese, che si può dire il solo, o almeno il principale in Sardegna, che si sottragga, in qualche modo, alle tasse, alle leve, alla spogliazione dei boschi e dei terreni comunali, ancora oggi conservati.
La storia dei rapporti tra Orgosolo e lo Stato moderno, lo Stato borghese, — a differenza di tutti i paesi di Sardegna — si può dire che si apra non dal 1849 ma dal 1880 circa, in coincidenza con il passaggio della borghesia italiana nella fase imperialista. Compiuta l'unità italiana, la unificazione dei mercati nazionali, tentata per l'esaurimento di questi l'espansione in quelli coloniali — ma indebolita dalle guerre precedenti ed in ritardo di concorrenza con tutti i paesi europei, dopo la sconfitta in Abissinia — la borghesia italiana, necessitosa di conquistare
(13) cfr. pp. 88-90 e p. 87.
INCHIESTA SU ORGOSOLO 153
nuovi mercati, non trova altra via che quella di riversarsi nei proprio territorio in paesi o mercati « vergini » ancora ricchi o, meglio, non ancora troppo sfruttati, che può trovare ancora e solo nel Mezzogiorno e nelle isole. Orgosolo si presenta in quel momento come un paese o mercato « vergine », ricco, non troppo sfruttato. Il problema di conquistarlo si pone, innanzitutto, come problema di eliminare la turbolenza ed il brigantaggio secolare che ne impediscano l'ingresso e lo sfruttamento eventuale. E in questo momento che la borghesia italiana, tramite lo Stato che controlla, inizia nei riguardi di Orgosolo una politica continua di guerra, di guerra coloniale — o, se si vuole, sub-coloniale — che é quella, esattamente, che costituisce la storia « italiana » del paese dal 1880 circa sino ai nostri giorni. L'intensificarsi di questa guerra coincide sempre con i periodi di impoverimento nazionale, con i periodi di « ritorno in sé » dopo crisi economiche, guerre, ecc.: presenta cioè un carattere di periodicità che coincide, esattamente, con le crisi discontinue ma permanenti del sistema interno della borghesia imperialista. La intensità di questa guerra è costituita dal fatto che si può dire anche direttamente proporzionale, con il sentimento nazionale: infatti, piú che in ogni altro sito d'Italia, il divario, tra classi ricche e classi povere, tra paesi e regioni ricche e paesi poveri — prodotto della formazione infelice dell'Unità d'Italia a vantaggio di una classe, la borghesia, e di un insieme territoriale, l'Italia settentrionale e centrale, — si presenta qui non come un contrasto di sole classi, di territori, ma, addirittura come un contrasto di vere e proprie civiltà, e un contrasto da sanare. Una civiltà allo stato primitivo si contrappone ad una civiltà evoluta nell'ultima fase borghese.
Si può trovare una legge fissa delle crisi; ne elenco qui le principali: In coincidenza con la crisi economica dal 1880, dopo la guerra di Etiopia, sino al 1900, assistiamo ad una guerra dello Stato contro 200 bande di orgolesi e barbaricini che da tutta la regione si concentrano, come estrema roccaforte, nel territorio di Orgosolo. Tutti i sistemi della guerra coloniale vengono impiegati dallo Stato. Si usa l'esercito e la polizia con battaglie campali come quella svoltasi nella foresta orgosolese di Murgugliai il 1899 tra 200 soldati, poliziotti e carabinieri contro la banda dei briganti Serra-Sanna di Nuoro e Giuseppe Lovicu di Orgosolo. Negli scontri, durati per vent'anni tra lo Stato ed i pastori muoiono oltre 100 carabinieri ed un numero imprecisato, di certo maggiore, di pastori.
1
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Interi paesi nel 1899 vengono rastrellati e deportati, ed in una sola volta sono presi nella regione e nel paese di Orgosolo 800 uomini, donne e bambini, di cui 790 sono poi rilasciati. I tribunali, che condannano indiscriminatamente, siedono in permanenza. Enormi distruzioni di patrimoni (di greggi, di campagne, di case) impoveriscono paurosamente il territorio. In coincidenza con questa guerra, ideologi borghesi, in particolare il Niceforo ed il Ferri, i1.1900, analizzando 100 crani di orgolesi e di barbaricini, promulgano la teoria razzista della « zona criminale ».
Posseggo i dati per una completa ricostruzione di questa crisi ma mi riprometto la esposizione completa in un volume scritto per Giulio Einaudi.
In coincidenza con la crisi economica del 1905 e con quella successiva alla guerra 1915-18 si sviluppa in Orgosolo la vendetta di sangue tra i Cossu e i Corraine, vera e propria guerra durata vent'anni tra il paese di Orgosolo e lo Stato, che ho ricostruito nel mio cit. studio « La disamistade di Orgosolo ».
In coincidenza con l'ultima guerra e con la crisi successiva, da qualche anno una vera e propria situazione di guerra esiste nuovamente tra Orgosolo e lo Stato. Da qualche anno la stampa italiana e straniera, di tanto in tanto, torna ad occuparsi di Orgosolo e si agita su piano nazionale un dibattito solo in casi estremi, in occasione di fatti irrimediabili, ultimo, per es., il sequestro e la morte dell'ing. Davide Capra.
Quale é la situazione presente del paese?
Ho cercato, nelle pagine che seguono, di ricostruirne l'ambiente attraverso alcuni dati, considerazioni e, soprattutto, attraverso testimonianze dirette di orgolesi, di cui posseggo il testo scritto o che mi sono state dettate e trascritte parola per parola. Sino ad oggi si é parlato in Italia degli orgolesi ma mai, se non nei tribunali o su qualche giornale sardo, hanno parlato gli orgolesi.
La situazione — come giudicherà il lettore é molto grave. I metodi di guerra coloniale usati dal nostro Stato contro il paese di Orgosolo ripugnano alla coscienza di ogni uomo civile. Dopo aver visto e constatato .direttamente nel corso della mia inchiesta non posso più sottrarmi con un silenzio che sarebbe un reato.
INCHIE'STA SU oRCOSbLo 155 '
ELENCO DEGLI OMICIDI AVVENUTI IN ORGOSOLO
NEGLI ULTIMI QUATTRO ANNI (1950-54)
1950
1) Floris Antonio Maria, pastore, 1' 18 aprile 1950.
2) Massola Giovanni, contadino, t maggio 1950.
3) Pichireddu Maria Antonia, casalinga, t 1 luglio 1950.
4) Biscu Alfonso, pastore.
5) Soro Maddalena, casalinga, t 26 luglio 1950.
6) Cucchedda Francesco, ex carabiniere, t 4 agosto 1950.
7) Taras Nicola, barbiere, t 14 settembre 1950.
8) Taras Giovanni, pastore, t novembre 1950.
1951
9) Mesina Francesco, pastore, t 11 aprile 1951.
10) Taras Antonio, contadino, t 20 luglio 1951.
11) Patteri Antonio Pasquale, pastore, t 17 agosto 1951.
1952
12) Soro Pasquale, segretario comunale, t 25 gennaio 1952.
13) Manca Francesco Antonio, capraio, t 15 ottobre 1952.
1953
14) Tanteddu Pietro, pastore, latitante, t 1 aprile 1953.
15) Secci Giuseppe, guardia forestale, t 1953.
16) Giovoni Santino, guardia forestale, t 1953.
17) Capra Davide, ingegnere, t 26 novembre 1953.
18) Succu Emiliano, pastore, t 26 novembre 1953.
19) Moro Nicola, contadino, t 22 dicembre 1953.
1954
20) Grissantu Andrea, pastore, 1 1954.
21) Vuscarino Domenico, industriale, t 26 febbraio 1954.
22) Tessoni Antonio Luigi, guardia comunale, t 3 aprile 1954.
23) Tolu Antonia, casalinga, t 17 giugno 1954.
24) Puligheddu Antonio, esattore, t 9 agosto 1954.
25) Branchidda Antonio, pastore, 1- 25 agosto 1954.
26) Garippa Giuseppe, pastore, 1' 27 agosto 1954.
27) Catgiu Francesco, pastore, t 30 agosto 1954.
A questi si possono aggiungere per i due anni precedenti, di cui non ho i dati completi :
28) Corrias Giacobbe, pastore.
29) Soro Vincenzo, pastore.
156 FRANCo CAGNETTA
30) Corraine Nicolò, pastore.
31) Sales Giovanni, pastore.
32) Grissantu Giovanni, pastore.
33) Podda Luigi, contadino.
34) Podda Egidio, pastore.
35) Corrias Pasquale, pastore.
• 36) Corrias Maddalena, casalinga.
F.i.FNCO DEI REATI PIÙ GRAVI ATTRIBUITI
AD ORGOLESI NEGLI ULTIMI QUATTRO ANNI (1950-54)
Un elenco dei reati gravi, esclusi i sopraindicati omicidi, e che comprendono ferimenti, rapina a mano armata, grassazione, sequestro di persona, uccisioni e danneggiamenti di bestiame, distruzione e danneggiamento di campagne, incendi di boschi, furti, abigeati ecc. ecc., corn-porterebbe un elenco chilometrico e, ben intesi, limitato ai reati denunciati.
I più gravi, attribuiti a torto o a ragione ad orgolesì sono, restrittivamente, i seguenti:
1) Il 13 agosto 1949 in loc. Monte Maore (Villagrande) viene fermata ed aggredita da fuori-legge un'auto dell'Ente per la lotta contro la malaria in Sardegna (Erlas) e svaligiata di 2 sacchi di banconote per 9 milioni, che costituivano le buste-paga degli operai. Sopravvenuto un autocarro con 10 carabinieri ed ingaggiato conflitto rimanevano uccisi i carabinieri:
I) Celestino Lanfisio
2) Salvatore di Pietro
3) Giovanni Gallittu
ed acciecato il carabiniere:
Giuseppe del Proposto.
Restavano feriti, altresì, gli altri carabinieri ed altri uomini di scorta per un totale di 28.
2) II 25 settembre 1949 viene sequestrato in Orotelli il proprietario Gavino Congiu, con ricatto per 2 milioni, e viene ritrovato ucciso, successivamente nell'ottobre 1949.
3) Il 9 settembre 1950 in loc. «Sa verula (Nuoro) viene fermato ed aggredito da fuori legge un autocarro dell'Erlas ancora e svaligiato di 2 milioni che costituivano le buste-paga degli operai. Sopravvenuta una geep con 4 carabinieri ed ingaggiato conflitto rimanevano uccisi i carabinieri:
1) Salvatore Tilocca
2) Giovanni Manunta
3) Francesco Gennaro.
Rimaneva ferito anche l'autista.
4) II 9 maggio 1951 in loc. « Gianna 'e pelta » (Urzulei) viene fermata ed aggredita da fuori-legge una corriera della ditta Selas e svaligiati i 20 passeggeri. Sopravvenuta una geeps con 6 carabinieri ed ingaggiato conflitto rimangono uccisi i carabinieri:
INCHIESTA.. su oatcosoto 157
1) Antonio Sanna
2) Bruno Caielli
e ferito:
Vittorio Guida.
5) Il 28 gennaio 1953 in loc. « Docana » (Orgosolo) viene ucciso il carabiniere Efisio Lorigas.
6) I1 6 novembre 1953 in loc. « Sos furores » (Dorgali) viene fermato ed aggredito un autocarro della ditta Davide Capra con 20 operai ed il titolare viene sequestrato. Il 6 novembre 1953 in loc. «Meninfili» (Orgosolo), i carabinieri, ingaggiato conflitto con fuorilegge durante una battuta, ritrovano il cadavere. del Capra unitamente a quello del sequestratario Emiliano Succu.
PROCFSSI E CONDANNE INFLITTE
AD ORGOLESI NEGLI ULTIMI QUATTRO ANNI (1950-54)
I processi relativi a quasi tutti i sopracitati reati comporterebbero, altrettanto, un elenco chilometrico e, complessivamente, molti secoli di condanne al carcere.
Il più famoso é quello svoltosi per le due cit. stragi di Monte Mao-re « Villagrande » e « Sa verula » (Nuoro), svoltasi dal 10 marzo al 2 luglio 1953 alla Corte di Assisi di Cagliari e conclusosi con 13 ergastoli, 2 condanne a 30 anni, 1 a 19, 1 a 4. Con 11 ergastoli risultano colpiti gli orgolesi che sono i primi del seguente
EI.F.NCO DEI CONDANNATI ALL'ERGASTOLO DI ORGOSOLO
1) Tanteddu Pasquale, pastore, latitante, 2 ergastoli.
2) Tanteddu Giovanni, pastore.
3) Sanna Antonio Nicolò, pastore, 2 ergastoli.
4) Bassu Antonio, pastore.
5) Podda Luigi, contadino.
6) Sini Francesco, pastore.
7) Muscau Antonio Fedele, pastore.
8) Bataccone Luigi, pastore.
9) Liandru Giovanni Battista, pastore.
10) Dettori Giuseppe, pastore.
11) Mesina Francesco, pastore.
12) Sio Antonio, pastore.
13) Satgia Antioco, pastore.
14) Valurta Giovanni, pastore.
15) Moro Domenico, contadino.
ELENCO DEI CONDANNATI DI ORGOSOLO A PENE GRAVI
1) Rama Pasquale, pastore, ad anni 30.
2) Dettori Giuseppe, pastore, ad anni 30.
158 FRANCO CAGNETTA
3) Piras Antonio, contadino, ad anni 17.
4) Catgiu Salvatore, bracciante, ad anni 19.
5) Lereu Giovanni Andrea, pastore, ad anni 20.
6) Moro Pasquale, pastore, ad anni 26.
E altri.
ET.FNCO DEI LATITANTI DI ORGOSOLO NEGLI ULTIMI QUATTRO ANNI
(1950-54)
Gli orgolesi alla macchia, di volta in volta, devono considerarsi quasi tutti gli uomini di Orgosolo o come dogau (latitanti per timore di essere perseguiti) o come latitanti veri e propri. Pertanto un catalogo esatto e stabile si rende impossibile.
Tra i latitanti veri e propri hanno avuto fama negli ultimi anni :
1) Liandru Giovanni Battista, pastore, arrestato.
2) Dettori Giuseppe detto Liandreddu, pastore, arrestato.
3) Floris Antonio Maria, pastore.
4) Floris Raffaele, pastore.
5) Tanteddu Pietro, pastore, deceduto.
6) Tanteddu Pasquale, pastore.
Attualmente sono latitanti ed hanno fama :
I) Tanteddu Pasquale.
2) Floris Raffaele, dogau.
Per « favoreggiamento » di banditi si possono considerare, di volta in volta, colpiti da arresto, confino o ammonizione, quasi tutti gli uomini di Orgosolo e alcune donne. Ecco, per es., lo :
ELENCO DEI CONFINATI DI ORGOSOLO
1) Tanteddu Antonia, di anni 20, condannata ad 1 anno a Terraferma.
2) Tanteddu Antonio, di anni 65, pastore, 3 anni a ...
3) Tanteddu Francesco, di anni 24, pastore, 2 anni ad Ustica.
4) Devaddis Francesco, fidanzato di Ant. Tanteddu, di anni 34, contadino, 2 anni ad Ustica.
5) De Muru Francesco, di anni 30, pastore, 4 anni ad Ustica.
6) Filindeu Giovanni, di anni 24, bracciante, 8 anni ad Ustica.
7) Sorighe Giovanni, di anni 28, pastore, 5 anni ad Ustica.
8) Rubanu Francesco, di anni 24, pastore, 3 anni ad Ustica.
9) Menneas Giuseppe, di anni 27, pastore, 3 anni ad Ustica.
10) Menneas Domenico, di anni 25, pastore, 1 anno a Terraferma.
11) Bataccone Marco, di anni 34, pastore, 1 anno ad Ustica.
12) Sini Bachisio, di anni 34, disoccupato, 2 anni ad Ustica.
13) Succu Luigi, di anni 21, pastore, 3 anni ad Ustica.
INCHIESTA SU ORGOSOLO 159
14) Musina Giuseppe, di anni 27, pastore, 2 anni ad Ustica.
15) Murgia Francesco, di anni 50, bracciante, 8 anni ad Ustica.
16) Monni Salvatore, di anni 23, pastore, 1 anno ad Ustica.
17) Menneas Egidio, di anni 34, pastore, 1 anno ad Ustica.
18) Succu Carlo, di anni 34, pastore, 1 anno ad Ustica.
19) Succu Carmine, di anni 28, contadino, 3 anni ad Ustica.
20) Rubanu Pasquale, di anni 64, pastore, 3 anni ad Ustica.
21) Sorighe Raimondo, di anni 24, pastore, 1 anno ad Ustica.
22) Mesina Vincenzo, di anni 26, pastore, 1 anno a ...
23) Grissantu Carlo, di anni 24, pastore, 2 anni ad Ustica.
24) Muscau Antonio Fedele, di anni 25, pastore, 3 anni a ...
25) Sorighe Antonio, di anni 31, pastore, 1 anno ad Ustica.
26) Mereu Giuseppe, di anni 50, guardia campestre, 3 anni a ...
27) Marotto Giuseppe, di anni 29, pastore, 1 anno a ...
28) Floris Leonardo, di anni 60, pastore, 3 anni a ...
29) Muscau Giuseppe, di anni , pastore, 4 anni a ...
30) Mesina Antonio, di anni , pastore, 3 anni a ...
31) Mele Giuseppe, di anni , pastore 2 anni a ...
32) Nolis Luigi, di anni , pastore, 1 anno a ...
Un'altra diecina di orgolesi è in attesa di assegnazione di confino : Mereu Luigi pastore, Floris Gonario contadino, Rana Francesco Maria pastore, Rubano Antonio bracciante, Mattu Santino pastore, Currias Egidio bracciante, Cucureddu Giovanni Antonio pastore, ecc.
ELENCO DEGLI AMMONITI DI ORGOSOLO
Di volta in volta si possono considerare per ammoniti quasi tutti gli uomini del paese. Il numero attuale si aggira, probabilmente, sul centinaio.
ELENCO DELLE CASERME DEI CARABINIERI E DI P. S. NEL PAESE E NEL TERRITORIO DI ORGOSOLO
Nell'abitato:
Caserme di Carabinieri 2
Caserme di P. S. (1 Commissariato) 2
4
Nel territorio :
5) loc. Jannas sa Cantonera (Carabinieri).
6) loc. Sorasi (Carabinieri).
7) loc. Olai (Carabinieri).
8) loc. Sant'Antiocu (Carabinieri).
9) loc. Deluisco (Carabinieri).
10) loc. S. Leonardo (Carabinieri)
11) loc. Adeth (Carabinieri).
160 FRANCO CAGNETTA
12) loc. Orulu (Carabinieri).
13) loc. Visti (Carabinieri).
14) loc. Locoe (Carabinieri).
15) loc. Funtana bona (P. S.).
I1 totale numerico delle forze di polizia (carabinieri e p. s.) in Orgosolo non mi é stato possibile accertare. Si consideri in rapporto al numero delle caserme, e si tenga presente che, abitualmente, e specie in situazioni di contingenza, assai frequenti, fanno servizio tutte le forze di polizia (carabinieri e p. s.) del Comando di Nuoro, che si aggira sugli 800. Proporzionalmente al territorio è il più alto di tutt'Italia.
* * *
Le autorità del Governo italiano preposte alla p. s. in provincia di Nuoro pare abbiano sulla popolazione di Orgosolo le stesse opinioni che ieri avevano probabilmente sulle popolazioni dei nostri ex territori africani: opinioni discendenti da teorie razziste e coloniali, quali ogni borghesia nello stadio imperialista ha sulle popolazioni cosidette di colore. Dopo l'omicidio dell'ing. Capra, il Prefetto di Nuoro, dott. Goffredo Volpes, dichiarava che l'orgolese é una razza animale feroce — il falco che non pile, trasformarsi in una razza animale pacifica — la pernice — (Messaggero, 1° dic. 1953); il Questore di Nuoro, dott. Cassiano Scriba-no, dichiarava che nell'orgolese il crimine é « normale » tendenza (Stampa sera, 29 novembre 1953); il giornale sardo più vicino al Governo, ïl Quotidiano sardo, dichiarava che in Orgosolo «il delitto e l'odio si succhiano al latte materno » (27 novembre 1953). Queste opinioni razziste trovavano sviluppo nella richiesta dell'applicazione di sistemi coloniali : il Prefetto di Nuoro, dott. Goffredo Volpes, dichiarava che, riprendendo i metodi di Mussolini, si poteva ottenere la pace impiccando i banditi sulle piazze e deportando gli orgolesi in continente (Messaggero, 1 dicembre 1953); il Questore di Nuoro, dott. Cassiano Scribano, dichiarava che bisognava aggravare le misure di polizia ed usare, come qualcuno gli scriveva, i lanciafiamme (Messaggero, 29 dicembre 1953); il giornale governativo Il Messaggero, con articolo di fondo, richiedeva una spedizione punitiva contro Orgosolo del tipo di quelle condotte nel Gebel dal « maresciallo » Graziani (1 dicembre 1953); ed il Quotidiano sardo, con articolo di fondo, proponeva : « Spazziamo Orgosolo! Facciamola scomparire come entità geografica » (27 novembre 1953).
INCHIESTA SU ORGOSOLO 161
Non c'è da stupirsi perciò se troppo spesso si sentono da alcuni carabinieri, poliziotti e funzionari mandati in Orgosolo giudizi su quella popolazione come, ad es.: « razza criminale », « sangue assassino », « delinquenti nati », « belve umane », ecc.
Da 50 anni é questo il principale clima ideologico e la quasi sola preparazione culturale di quanti lo Stato italiano invia a rappresentarlo, a combattere i crimini, a tutelare la legge.
I metodi di prevenzione e di repressione dei frequenti delitti di Orgosolo trovano troppo spesso giustificazione in teorie razziste e la loro pratica è coloniale.
Durante il corso della mia inchiesta ho raccolto molte testimonianze di orgolesi che qui pubblico in n. di 25 e che, più di ogni spiegazione, provano che non si tratta di metodi usati da gran parte della polizia per casi isolati e contro efferati delinquenti, ma per tutto, un paese e contro pacifici cittadini. Si tratta quasi di un sistema. Queste dichiarazioni raccolte da ogni parte — da uomini e donne di ogni eta e di ogni ceto sociale — erano più numerose ma non posso pubblicarle tutte poiché alcuni temono, con la pubblicita, rappresaglie. Rendo onore a questi orgolesi che, in una situazione di terrore, hanno voluto parlare e li indico come esempio di alto sentire civile e di grande coraggio.
Il triste dibattito che sono costretto a riaprire (e che nel passato e nel presente troppe volte si é dovuto riaprire in Italia) chiama in causa i fondamenti stessi della nostra civilta, del nostro Stato: il rispetto della personalità, della liberta individuale, dell'integrita fisica dell'individuo. Chi li minaccia non sono soltanto i banditi e i criminali ma troppo spesso, purtroppo, anche molti carabinieri, poliziotti, coloro cioè che dovrebbero invece difenderli e tutelarli.
Per quanto quei diritti, conquistati in altro tempo dalla borghesia, siano oggi da tutti riconosciuti in Italia e risultino codificati nella Costituzione, tutti sanno in Italia — anche se non ci pensano o se lo vogliono nascondere — che si agisce in pratica violandoli troppo spesso. Si torna a principi e metodi non riconosciuti, illegali, che trovano vita e tacito consenso nella nostra tradizione peggiore, la tradizione feudale, la quale si fa sempre più profonda nella pratica di dominio della nostra borghesia. È la discriminazione contro i poveri, le classi sociali cosiddette inferiori, contro i paesi poveri e regioni cosiddette inferiori. Tali ceti e territori ben intesi, tali a volte da millenni, sono così rimasti anche perché il processo di formazione della nostra borghesia è avve-
162 FRANCO CAGNETTA
nuto a loro danno, con ulteriore loro spogliazione. Ma questo processo nella fase imperialista odierna della borghesia che difende e consolida un potere già acquisito, comincia ora a farsi piú acuto, a imputridirsi: fa dimenticare e rinnegare ad essa le sue maggiori conquiste.
Una delle forme più gravi di questa « dimenticanza » progressiva consiste nel fatto che ora, e dall'inizio, or é 50 anni, di questo processo, si comincia ad abbandonare, nell'ambito del territorio nazionale, il principio borghese e moderno che « la responsabilità penale é individuale » per ricadere nel principio barbarico e incivile che la responsabilità é collettiva : di un intero paese.
E, secondo il metodo proprio della borghesia, si opera in generale, anche con una parvenza di legalità nell'ambito della nostra stessa legislazione, col richiamo ad articoli (per altre ragioni formulati) che si definiscono u di urgenza », « di eccezione ».
Ma vediamo le manifestazioni piú evidenti di questa progressiva dimenticanza » nell'ambito della pratica usata contro Orgosolo: il quadro che ne risulta non é meno grave della pratica peggiore usata già da noi contro la Libia, l'Abissinia ecc.
La situazione criminale di Orgosolo per le ragioni più profonde e cioè, come abbiamo visto, per ragioni di struttura economica e sociale, è indublmente, molto grave: i delitti sono continui. Trascurando il problema dell'origine della criminalità, del suo nascere dalla struttura economica e sociale, lo Stato italiano si preoccupa invece e soltanto del locale « banditismo », dei « banditi » che esistono in Orgosolo: del fenomeno piú appariscente della situazione cioè, e del piú apparentemente comprensibile, poiché si verifica anche in altre regioni, ma che, certamente, è, al tempo stesso, l'aspetto derivato, secondario, « superficiale ». Trascurando il problema dell'origine della criminalità, del suo nascere dalla struttura economica e sociale, lo Stato italiano si propone soltanto il problema piú immediato — ed, in certo senso, il piú comodo —: catturare i latitanti. Trascurando, con profonda ignoranza, di conoscere la particolare situazione locale, esso impiega metodi e sistemi giudiziari — piú esattamente, direi, militari — che possono valere (se pure), in altre regioni d'Italia, per es. in Sicilia, contro un banditismo che è di delinquenti abituali, di bande.
Sorprenderà molti sapere, invece, che in Orgosolo di banditi veri e propri, di banditi «legali », attualmente ve ne è uno solo — Pasquale Tanteddu —, latitante già condannato a due ergastoli. Volendo, si pos-
INCHIESTA Su ORGOSOLO 163
sono contare in piú, di volta in volta, altri occasionali (una diecina, forse, in tutta la provincia di Nuoro), imputati per lo più di reati di poco conto. Questi banditi, nei delitti che vengono loro attribuiti, non sono legati, abitualmente, tra di loro; non costituiscono banda (e non ne é mai esistita una vera e propria in Orgosolo); sono spesso rivali, divisi tra di loro, nemici.
Per lo Stato questi banditi costituiscono un solo problema veramente grave: essi non sono odiati dalla popolazione ma, direi, amati: ricevono protezione, aiuto, quasi da tutti. E questo, certamente, il solo problema veramente grave per lo Stato.
Il suo compito principale che consiste (o dovrebbe consistere) nell'isolare dalle popolazioni quei banditi, nel conquistare l'appoggio della popolazione contro i banditi, si cerca oggi di ottenere — come già ieri nell'Africa italiana — con i seguenti sistemi:
Stato d'assedio periodico e rastrellamenti generali
E misura che, di tanto in tanto, è presa in Orgosolo in occasione di delitti che colpiscono i « bianchi », cioè continentali, rappresentanti di forze di polizia, o, secondariamente, amici dei «bianchi »; confidenti di polizia. L'elencazione di questa misura dal 1880 ad oggi comprenderebbe troppe pagine. Mi limito qui ad indicare gli esempi ultimi e più gravi:
1) I1 20 dicembre 1949, in occasione di un omicidio di un proprietario di Orotelli, 150 carabinieri armati di mitra e di fucili in piena notte circondano il paese. 50 o 60 case vengono perquisite. La metà degli uomini presenti nel paese vengono condotti in piazza a mani in alto sotto la minaccia delle armi, e i rimanenti e le donne lasciati nelle case sotto la minaccia delle armi. Dopo una inquisizione personale e sommaria durata 5 ore 100 uomini, ammucchiati in 5 camion, vengono condotti alle carceri di Nuoro. Lasciati qui alcuni per giorni, altri per mesi, vengono poi rilasciati.
2) 11 17 settembre 1950, in occasione dell'omicidio di un barbiere che si diceva confidente di polizia, 250 carabinieri armati di mitra moschetti e mitragliatrici circondano all'alba il paese. Tutte le case vengono perquisite. Tutti gli uomini del paese vengono condotti in piazza sotto la minaccia delle armi, e le donne chiuse in casa sotto la minaccia delle armi. Dirige le operazioni il magg. Onofrio Casano del Comando di Nuoro. Dopo un sommario controllo di tutti i fermati attraverso liste anagra-
FRANCO CAGNETTA
fiche stampate oltre 200 orgolesi vengono caricati su 15 camions, 20 camionette e qualche automobile e condotti nelle carceri di Nuoro. « Un arresto in massa che ingorgò le carceri — scrive il giornale l' Unione sarda —. Il registro di matricola carceraria era illeggibile per la fretta con la quale si era dovuto compilarlo per il fermo di quasi tutto il paese ». Dopo giorni o mesi di carcere 200 uomini venivano rilasciati e
12 inviati a confino, senza avere commesso il fatto, come poi risultò da sentenza della Corte di Assisi di Sassari.
3) 1 gennaio 1954. 500 carabinieri ed agenti di polizia, in occasione dell'omicidio dell'ing. Capra, armati di mitra e fucili, circondano il paese di notte. Sono perquisite tutte le case, compresa quella del sindaco. Centinaia di uomini, condotti a mano in alto sotto la minaccia delle armi vengono stipati nel caseggiato scolastico. Gravissimi maltrattamenti avvengono durante il rastrellamento, come dalle accluse testimonianze nn. 16-24.
Le donne sono tenute in casa sotto la minaccia delle armi. Dopo controlli sommari sono fermati, si vedrà, un 14enne, un deficiente ecc. Il racconto di questo avvenimento si ricostruisce dalle testimonianze da me raccolte.
Battute periodiche e perquisizioni in campagna
Le battute e le perquisizioni in campagna sono all'o.d.g.: a scopo « preventivo » o « repressivo ». Quello che può avvenire é, per es., dichiarato nelle testimonianze n. 16-24. Si svolgono con una periodicità di 15-20 giorni. È tale la situazione che gli uomini, per paura, per lunghi giorni non vanno in campagna. E la disoccupazione forzosa che ne consegue, come si può pensare, è forte spinta ai crimini.
Altre misure generali sono:
Rilievo di foto, impronte digitali e cartellini segnaletici di tutta la popolazione
Dal 3 marzo c. a. in tutta la provincia di Nuoro la polizia costringe cittadini incensurati e pregiudicati a farsi fotografare negli uffici di p. s. con un cartellino numerato attaccato al collo, dopo di che si procede a rilievo di impronte digitali e dati di identificazione. Queste misure di guerra, perfettamente inutili in una zona in cui manca una polizia « scientifica » ed i cui reati più frequenti sono omicidi di lontano e
INCHIESTA SU ORGOSOLO 165
furti di pecore, hanno sollevato fortissima indignazione tra la popolazione. Lo ha denunciato per es. alla Camera dei Deputati l'on. Ignazio Pirastu il 9 marzo 1954.
Cani poliziotti
Da qualche anno in Orgosolo la polizia é stata dotata di cani poliziotti per snidare a banditi ». Abbiamo visto come Manio Pomponio li avesse usati con poco risultato il 231 a. C. In una situazione in cui il delinquente muta continuamente, sono inutili. Di contrapposto, e con migliori risultati, gli orgolesi hanno, per es., addestrato cani che, in paese
o in campagna, abbaiano solo alla vista di una divisa. Un cane poliziotto costa allo Stato, per mantenimento, L. 400 giornaliere : il salario di un bracciante in Orgosolo é di L. 400. Attualmente i cani sono 10
o 15: potrebbero con quella spesa vivere 10 o 15 disoccupati. E si eviterebbe uno spettacolo che ricorda inoltre, le SS. di macabra memoria. come ha avuto a denunciare al Senato l'on. Emilio Lussu il 16 dicembre 1953.
Sistemi di inquisizione della polizia. Fermi, arresti, maltrattamenti, tortura, perquisizioni domiciliari
La grave situazione, comune in tutt'Italia, determinata dal fatto che la polizia troppo frequentemente si sostituisce alla magistratura, assumendosi le attribuzioni che a questa spettano nelle limitazioni del fermo, arresto ecc., nella istruttoria delle testimonianze, confronti ecc. si riproduce, dilatata, in Orgosolo. Questo può spiegare, in piccola parte, come nel corso delle inquisizioni sommarie possa giungersi a casi di maltrattamento, di tortura, di sevizie come comprovano le testimonianze da me raccolte. Casi di abusi sono documentati, di tanto in tanto, nei tribunali sardi.
L'indifferenza di una parte della magistratura, che qualche volta, purtroppo, abdica ai suoi diritti e alle sue competenze, è causa, altrettanto, della gravità della situazione.
Far() qui, ad es., il caso speciale delle perquisizioni domiciliari, ad una delle quali ho personalmente assistito in Orgosolo : per quanto si tratti di azioni formalmente legali é presto evidente che nella smodata pratica che se ne fa risultano contrarie allo spirito di giustizia.
Le perquisizioni nelle case di Orgosolo sono assai frequenti. Esse
166 FRANCO CAGNETTA
avvengono quasi tutte non in base agli art. 322-336 C.P.P. (delle perquisizioni), che richiedono un ordine del giudice che ne limita tempo e luogo, ma in base all'art. 224 C.P.P. (« di polizia giudiziaria ») che definendole « eccezionali » le consente senza ordine del giudice né limiti di luògo (e di tempo), ove le autorità di polizia abbiano motivo « di ritenere che l'indiziato o l'evaso si sia rifugiato o che si trovino cose da sottoporre a sequestro o tracce che possano essere cancellate o disperse », e cioè in Orgosolo, fin che vi sia un solo latitante, sempre.
Alle 3 del mattino i carabinieri a colpi di calcio di mitra cominciano a bussare e quasi abbattono la porta. «Chi è? Chi è? ». «Aprite o vi arrestiamo tutti! ». Entrano: Qui c'è il latitante! Vi mandiamo in galera tutti ». « Questo solo sapete dire agli orgolesi ». Cominciano a perquisire e trovano una borraccia: « Questa è la prova della presenza del latitante ». « Ma una borraccia può averla chiunque! ». I carabinieri stessi ridono. Gli orgolesi restano freddi, impenetrabili, come inglesi. « Signorina, vi abbiamo disturbato presto questa mattina. Stavate facendo bei sogni? ». «Stavo sognando che mandavano i carabinieri di Orgosolo all'ergastolo ». I carabinieri smettono di ridere. Entrano anche nella stanza dove dormo. E c'era un « pistola » di macchina cinematografica. « È un mitra! Correte! È un mitra! ». E' un pezzo di macchina cinematografica ». Se ne vanno senza salutare. Perquisiscono ora le case vicine. Bussa a calcio di mitra, ribussa. « State zitti, per carità. Ci sono due bambine ammalate ». « E noi entriamo lo stesso. Per questo non muoiono... ». Continuano il giro. E, appena escono: nelle case grida isteriche, bestemmie, parole di fuoco. È un passaggio di truppe nemiche?
Sistemi di inquisizione giudiziaria
1) Tribunali speciali (Commissione provinciale per l'Ammonizione ed il Confino).
La polizia sostituisce in gran parte la magistratura in Orgosolo (ed in tutta la provincia di Nuoro) nella sua naturale e piú delicata funzione : il processo. Probabilmente pochi sanno in Italia che in Orgosolo (ed in tutta la provincia di Nuoro) è ancora in vita un tribunale speciale che commina pene speciali: la Commissione Provinciale per l'Ammonizione ed il Confino. In profonda contraddizione con la Costituzione, non previsto dal Codice Penale ma consentito ancora da due paragrafi del testo unico delle leggi di p. s. e da una sentenza della Corte di Cassazione, questo tribunale « politico » si tristemente famoso nel
INCHIESTA SU ORGOSOLO 167
periodo del fascismo che lo introdusse in Italia, con singolare interpretazione di legge viene ora usato nella lotta « contro il banditismo ».
L'importanza che ha questo Tribunale è indicata, innanzitutto, dalle pene che esso puó comminare: 1) L'Ammonizione, cioè una libertà vigilata per la durata di due anni, con l'obbligo di presentarsi agli uffici di polizia ad ore fisse; con numerosi divieti tra cui, per es., quello di uscire di casa la mattina e la sera prima e dopo ore fissate; di frequentare bettole, osterie ecc.; di prender parte a pubbliche riu-' nioni, feste ecc. 2) Il Confino, cioè la deportazione con lavoro forzato, per la durata da 1 a 5 anni, in una colonia penale speciale dello Stato (Ustica ecc.) o in un comune diverso da quello di residenza.
Questi provvedimenti non colpiscono coloro che sono autori di un reato, ma coloro che sono sospettati di esser autori di reati, o che potrebbero diventarlo. La larghezza di reati contemplati da questo Tribunale speciale è, altrettanto, un indice del suo grande potere. Per l'ammonizione (secondo l'art. 165), si contemplano reati come omicidio, grassazione, furto, resistenza all'autorità ecc.; per il confino gli stessi (secondo l'art. 165), oltre la trasgressione all'Ammonizione (art. 181,1) e un reato chiaramente politico che consiste nel: « proposito di svolgere una attività rivolta a sovvertire violentemente gli ordinamenti politici, economici o sociali costituiti dallo Stato o a contrastare o a ostacolare l'azione dei poteri dello Stato », (art. 182,3). Oggi si interpreta questo ultimo passo come « favoreggiamento di banditismo », benché, tra i numerosissimi reati citati nel testo non ve ne sia mai la menzione; e, per la elasticità della formula, come scrive Mario Berlinguer, «qualunque irriverenza, qualunque molestia anche verso il più umile tra i pubblici ufficiali dovrebbe portare nientemeno che il confino di polizia » (14).
Ma vediamo, ora, le mostruosità giuridiche di questo Tribunale:
Innanzitutto esso non è composto da giudici naturali, magistrati, ma da membri della polizia: il, Questore, il Comandante dei Carabinieri, il Prefetto; un privato cittadino; cui si aggiungono due magistrati. Su denuncia del Questore — che diviene cosí insieme accusatore, inquisitore e giudice — l'imputato viene chiamato in questura per l'Am-
(14) Mario Berlinguer, Giustizia e Rinascita per la Sardegna. (Discorsi pronunciati alla Camera dei Deputati nelle sedute del 20 maggio e del 3 giugno 1954). Tip. della Camera dei Deputati, pp. 12-13.
168 FRANCO CAGNETTA
monizione; e per il Confino tradotto in stato d'arresto davanti alla Commissione.
La maggior mostruosità giuridica di questo Tribunale consiste nel fatto che per una condanna non si richiede la prova di reato ma (incredibile a dirsi) il solo sospetto di reato. Dice infatti testualmente la legge che con l'Ammonizione ed il Confino possono essere colpite « le persone designate dalla voce pubblica come socialmente pericolose » o «diffamate » (art. 164). Per « voce pubblica », di cui si rispetta sempre l'anonimato, devono intendersi abitualmente e quasi solo, nemici personali, confidenti di polizia. Devono essere molti — si giustificano i fautori: ma ci vuole poco a concertare molte di simili denunzie. In base a queste si umilia, si arresta un cittadino: e dando fede a una denuncia anonima, ad un nemico, a un confidente di polizia!
Non vi è bisogno di mettere in evidenza la mostruosità e la illegalità di questo principio che é un'aperta violazione di tutti i principi della attuale Costituzione. Esso é in perfetto contrasto, per es. con l'art. 13 che sancisce che nessun cittadino può essere privato della libertà senza un atto motivato della autorità giudiziaria; ed é in perfetto contrasto con l'art. 25 che sancisce che nessun cittadino può essere sottratto al giudizio naturale. Lo stesso Presidente del Tribunale di Nuoro, dott. Luigi Pintor con una sentenza 5 giugno 1950 ne metteva in evidenza la incostituzionalità.
Ma vediamo quali altre mostruosità giuridiche ci presenta questo Tribunale nel simulacro di processo penale che conduce. Lascio qui la parola alla grande esperienza giuridica di Mario Berlinguer che piú volte con i sen. Pietro Mastino, Spano e gli on. Lussu, Laconi, Pirastu ecc. si sono battuti e si battono in Parlamento per l'abolizione: « Come può difendersi un innocente? Non si procede ad istruttoria. Il cittadino, spesso incensurato, vien tratto in arresto e, per il confino, tradotto davanti alla Commissione Provinciale. Il prefetto, il questore, il comandante dei carabinieri son coloro che lo hanno denunciato o che hanno impartito le istruzioni per la denuncia e diventano giudici. Testimoni? Prove a discolpa? Non conosco casi in cui un confinando abbia potuto presentarne in quel singolare giudizio. E come si svolge tale giudizio? Ah, si, vi è un difensore talvolta che di solito non conosce gli atti; egli può parlare, ecco tutto; ma poi viene allontanato dalla sala e si chiama il maresciallo dei carabinieri che ha presentato la denuncia, lo si consulta a porte chiuse, in assenza del difensore; e la commissione irroga
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il confino. È vero, esiste l'Appello. Il confinato fa appello alla Commissione centrale ed è proprio a questo punto che accade l'incredibile: il Prefetto, cioè colui che ha pronunziato la condanna trasmette gli atti alla commissione centrale con un suo parere motivato sulla oppor-tunitá che la commissione centrale confermi o meno il provvedimento. Immaginatevi voi un presidente di tribunale il quale scriva, ufficialmente, al presidente della corte che deve giudicare in secondo grado su una causa da lui decisa, consigliando la corte come deve regolarsi? Siamo nel caos del diritto processuale, nell'anarchia delle competenze, nel regno dell'arbitrio. Ma il culmine non è ancora raggiunto : si va ancora oltre poiché il prefetto, oltre a formulare il parere in favore di se stesso, non esita ad inserire nel suo rapporto alla commissione centrale nuove circostanze che non sono state vagliate dalla commissione di primo grado, senza naturalmente indicarne le fonti e spesso in contrasto con gli stessi accertamenti della polizia e dei carabinieri » (15). Istituto cioè tipicamente fascista. Non per niente il solo difensore di esso alla Camera e con aperta motivazione fascista è stato, appunto, il fascista on. Angioy del M. S. I. Con esso si può considerare imputato chi si vuole per « favoreggiamento di banditismo ». E, si noti, fa osservare ancora Mario Berlinguer che: « se taluno è chiamato in giudizio per rispondere di favoreggiamento non come sospetto ma sulla base di prove precise, lo si condanna a pochi mesi; la legge penale autoriz-berebbe un giudice inesorabile a giungere fino al limite massimo della pena : 4 anni. (art. 378 C. P.). Se invece è soltanto investito da un sospetto di favoreggiamento gli si irrogano 5 anni di confino » (16).
L'uso, anzi l'abuso smoderato che dell'Ammonizione e del Confino si fanno per il paese di Orgosolo è testimoniato ampiamente dagli elenchi premessi dei confinati ed ammoniti (17) e dalle accluse testimonianze n.1-8, 14, per es. che denunciano le gravi conseguenze nel paese. È la rovina economica per il pastore di Orgosolo che per presentarsi agli uffici di p.s. in paese, come prescritto, se è ammonito deve abbandonare il lavoro in campagna : il mestiere; e, ancora piú, se confinato deve abbandonare per anni le sue pecore, e senza sapere a volte, neppure a chi: intere famiglie risultano infatti confinate in Orgosolo!
Si consideri, ancora, che i maggiori latitanti, per es. Pasquale Tan-
(15) ib. pp. 9-10.
(16) ib. p. 11.
(17) cfr. pp.
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teddu, sono diventati tali proprio per sottrarsi a questa imposizione. E se la delinquenza non trova incentivo in questo modo, lo trova altrettanto con il rancore che un innocente prova verso la polizia, lo Stato che lo colpisce ingiustamente; lo trova nella permanenza al confino, vera e propria colonia e scuola di delinquenza.
Questo infamante Tribunale è una delle più gravi cause di perturbazione nel paese. Adesso si è arrivati a colpire — e per la prima volta nella storia sarda — persino delle donne! Il suo odioso carattere di Tribunale coloniale fa arrossire ogni italiano civile.
2) Tribunali ordinari.
Ma anche nel regolare processo di fronte alla magistratura si profila qui un carattere speciale. L'autorità di polizia, avocando a sé generalmente l'indagine, delimita l'ambiente nel quale poi si muove la stessa magistratura. Non sempre, su queste basi, l'autorità giudiziaria ha potuto dare buone prove di sé in Sardegna. Così fu per es. il 1905 in un famoso processo ad Oristano che ingenerò la « disamistade » di Orgosolo e nel quale si assolse l'assassino; e così é stato nel 1953 nel famoso processo di Cagliari per «Monte Maore » (Villagrande) e per « Sa ve-rula », imbastito solo su basi indiziarie, e nel quale, solo in base ad un riconoscimento fotografico di un pregiudicato, Sebastiano Mereu, furono condannati all'ergastolo ben 11 orgolesi. Certamente molti di essi, come tutti sanno in Sardegna, sono innocenti: auguriamo che l'Appello saprà riparare a questi torti. Questo ha denunziato anche l'on. Velio Spano al Senato il 13 dicembre 1953.
Ostaggi
Da qualche tempo la polizia in Orgosolo ha iniziato una misura gravissima. I famigliari di un latitante, genitori, coniugi, figli (e senza distinzione di sesso e di età) vengono arrestati e deportati col. confino per « favoreggiamento ». Neppure nel medioevo la legislazione normale prevedeva per i famigliari prossimi un simile « reato », e tanto meno lo prevede il nostro Codice penale. La estensione di questa misura é testimoniata ad es. dalle dichiarazioni accluse nn. 1-3 ecc.
La famiglia del latitante Tanteddu é stata così integralmente colpita. E un latitante, perdendo la famiglia, non ha veramente piú niente
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da perdere e nulla lo arresta nel delitto. Lo si irrita, lo si vuole un « cinghiale ».
La grave situazione ed il pericolo grave di questa pericolosa misura é stata denunciata largamente alla Camera dagli on. Lussu, Berlinguer, Laconi, Pirastu ecc.
Confidenti di polizia
Poiché i metodi di violenza diretta non servono, in Orgosolo si ricorre al più antico sistema usato quando lo Stato non é forte ma impotente, e quando si trova in territorio nemico, specialmente nelle colonie: i confidenti prezzolati dalla polizia. È un metodo che nei secoli scorsi in Orgosolo ha sempre dato pessimi risultati e gravi conseguenze: si pensi al « guidatico » spagnolo e piemontese.
I confidenti in Orgosolo é possibile trovarli solo tra pregiudicati che sono mossi dalla speranza di impunità o tra uomini moralmente miserabili che sono mossi da cupidigia di denaro. E questo genere di confidenti è oggi una delle più gravi cause, se non la più grave, dei delitti e del banditismo di Orgosolo.
Negli ultimi anni si è assistito nei tribunali (e per es. nel grande processo di Cagliari del '53) a gravi rivelazioni di carabinieri, di poliziotti, secondo le quali alcuni confidenti organizzavano rapine, istigando e attirando qualche orgolese, per poi poterne trarre guadagno col denunciarlo e farlo cogliere in flagrante. Per denuncie di confidenti, íl più delle volte dovute solo a calunnia, molti orgolesi, innocenti, sono condannati al confino o alla galera; molti, innocenti, si sono dati alla macchia per sfuggirvi, aumentando così il banditismo e la criminalità. Per di più tra gli stessi confidenti sono frequenti molti delitti per eliminare concorrenti, per spartizione di guadagni e di taglie, per vendette successive.
Oltre a queste cause di incremento del delitto dirette ed indirette
i confidenti odiati quanto nessun altro in Orgosolo, considerati quasi
spie dello straniero, Giuda del proprio sangue e del paese — sono il principale motivo degli omicidi. Negli ultimi 4 anni, sui 27 omicidi avvenuti in Orgosolo almeno 20 con certezza possono essere considerati esecuzioni di confidenti. E la loro morte é accolta quasi con soddisfazione, come l'esecuzione di una spia nemica in periodo di guerra.
Il parere degli orgolesi sui confidenti — ed il termine più ingiu-
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rioso nel paese é appunto « s'ispia » — é qui espresso nella sua forma più abituale dalla acclusa testimonianza n. 9.
Oggi lo Stato per mantenere confidenti in Orgosolo spende forse la somma più alta che si impieghi per il paese: questo denaro, che potrebbe servire a migliorare la situazione di miseria, non si riduce ad altro che ad un involontario finanziamento di nuovi delitti.
Taglie sui banditi
Oltre ai confidenti non vi é probabilmente sistema più pericoloso, nella particolare situazione di Orgosolo, che le taglie sui banditi. Già usate dagli spagnoli, dai piemontesi, esse, se pur hanno per effetto la cattura di un bandito, quasi sempre danno luogo a 1,5,10 omicidi per la loro spartizione, per vendetta ecc.; e ne vengono fuori, ancora, 1,5,10 nuovi banditi. Se pur hanno il risultato della cattura di qualche bandito senza sanguinose conseguenze, esse si risolvono in una grave beffa allo Stato che le paga, poiché la cattura — o meglio consegna — del bandito avviene quasi sempre con il suo accordo, ed è lui, la famiglia, gli amici che intascano le taglie : si riducono cosí ad un invito alla latitanza.
« Fraternizzazione con gli indigeni»
Uno dei problemi che si é sempre posto per Orgosolo da parte di autorità e di giornali é quello se i carabinieri e i poliziotti devono o non devono « fraternizzare con gli indigeni », e, specialmente, con le donne. Il Pais-Serra nella sua inchiesta per conto del Governo protestava che : « difetto grave sono le relazioni, il contatto con il popolo » e che carabinieri e poliziotti possono avere « momenti di abbandono che li spingono ad incontrare relazioni non dicevoli » (18).
Di recente abbiamo avuto proposte a prima vista opposte ma di altrettanto spirito razzista e colonialista. Due o tre giornali, dopo l'omicidio dell'ing. Capra, proponevano di « risolvere » il problema di Orgosolo con l'invio di un battaglione di stalloni, bersaglieri o alpini. Non c'é bisogno di sottolineare il ridicolo ed il cattivo gusto di queste proposte che, oltre tutto, servono a sollecitare il non mai abbastanza de-
(18) op. cit., p. 58 e p. 96.
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precato « gallismo » italiano. Mi è capitato di assistere in paese ad alcuni colloqui tra carabinieri che, probabilmente, pensano allo stesso modo e ragazze orgolesi.. Da questi risulta la composta dignità delle donne ed il calore scomposto di qualche indegno bellimbusto:
Carabinieri: — Venite con noi, che vi portiamo a Nuoro in macchina. Ragazze: — Non siamo abituate a trattare con voi e non ci piace stare con i carabinieri.
Carabinieri: — Ma guardateci, guardateci — e si arricciano i baffetti. Ragazze: — Le ragazze di Orgosolo non se la fanno con i carabinieri. Carabinieri: — Voi ci offendete. Badate come parlate!
Ragazze: — Lasciateci stare e rispettateci.
Carabinieri: — Siete più delinquenti degli uomini. Vi domeremo con lo strumento.
Ragazze: — Ma chi credete di essere, o vanitosi! Pensate a domare voi stessi con la giustizia.
***
Quale é la conseguenza di questa politica razzista, coloniale?
La divisione completa tra il paese e lo Stato, lo stato di vera e propria paura reciproca e continua che esiste tra la popolazione e le forze di polizia, la sfiducia completa degli orgolesi per ciò che é statale e non è orgolese.
E questo l'ambiente che genera essenzialmente il « banditismo ».
Per la minima mancanza o reato commessi, per la minima minaccia o per il solo amichevole avviso che un nemico personale, un confidente, un poliziotto ecc. stanno per denunciarlo all'autorità statale, l'orgolese si dà alla macchia. Lo fa, come qui si dice (e questo denuncia chiaramente la situazione) non per sfuggire alla giústizia ma per « sfuggire all'ingiustizia ».
In Orgosolo esiste una intera categoria di incensurati, neppure a volte colpiti da misure di p.s., che vive in una singolare condizione di semi-latitanza. Impauriti, si nascondono alla polizia e vivono tra il paese e la campagna le loro tristi giornate. La frequenza e l'estensione del fenomeno é cosí vasta che esiste a Orgosolo persino un termine speciale per indicare un semi-latitante: su dogau. E si può dire che, almeno una volta nella vita, ogni orgolese, o quasi, sia passato per questo stato.
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Dal dogau generalmente viene fuori il vero e proprio bandito. Uno sguardo alla storia dei banditi del paese (e, si potrebbe dire, di tutta la Barbagia) ci dimostra che all'origine di un bandito sta un'ingiustizia iniziale ed il dogau.
Così dogau fu per es. in passato Onorato Succu per vendetta, e dogau nel presente fu Pasquale Tanteddu per sfuggire alla commissione di confino. Per quanto la latitanza del dogau non sia reato, e non può essere neppure considerata prova di colpevolezza, una volta alla macchia, al dogau si presentano cento circostanze che lo spingono a farsi bandito.
Una volta alla macchia, la polizia gli imputa spesso ogni sorta di delitti; vi concorrono i paesani : i nemici personali, i confidenti, e i delinquenti minori che vedono così la possibilità di commettere reati, scaricando su un dogau le proprie responsabilità.
Una volta alla macchia la vita per il dogau si fa difficile: disoccupato, egli si preoccupa di non pesare sulla famiglia, di pagare le protezioni che gli occorrono. Molti inviti gli vengono a fare reati, rapine (e soprattutto dai proprietari): il dogau si fa bardaneris oppure ricattatore.
Sono questi i due modi tipici del lavoro del bandito di Orgosolo. Abbiamo visto la rapina (la bardana) : questo é il modo più largo, generale. Ma anche il ricatto é altrettanto largo, generale.
Ai proprietari della zona, piccoli o grandi, viene chiesto direttamente dal bandito o da chi per lui, di tanto in tanto, una somma in denaro, in bestiame ecc. secondo le possibilità. Il ricattato, nella stragrande maggioranza dei casi paga senza fiatare per evitare il sequestro di persona, l'omicidio. Ma, in verità, bisogna dire che come la rapina é ritenuta qui naturale, altrettanto si considera il ricatto in Orgosolo. Nessuno, o quasi mai, ricorre allo Stato.
Di fronte alle persecuzioni, ai mali enormi che vengono dallo Stato, persino il ricatto é considerato un male minore: una sorta di « tassa u che non si paga allo Stato ma si paga al bandito, e più volentieri poiché domani su di lui, si può, eventualmente, contare, mentre sullo Stato non si può contare purtroppo, né per protezione, né per la propria pace.
I rapporti tra la popolazione e il bandito in Orgosolo (e in generale in tutta la Barbagia) sono profondamente diversi da quelli tra la
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popolazione ed il bandito di città. « Voi pensate probabilmente a un bandito della Barbagia nei termini in cui concepite un qualunque delinquente di città », ha detto Renzo Laconi. « Un delinquente in città non é riconosciuto come proprio dalla società che lo circonda, é isolato nella vita di un paese civile; ma per il bandito in Barbagia é un'altra cosa. La società lo riconosce come suo : non lo teme. Qui si parla dell'omertà che vi è intorno ai banditi e si pensa che tra questa società che circonda i banditi e i banditi stessi non vi é rottura morale. Ogni pastore sa che si potrà trovare nella situazione in cui dovrà diventare un bandito, e ogni bandito sa di non essere altro se non un pastore « sfortunato » che ha avuto una disavventura » (19) Ed il bandito nei lineamenti essenziali della tradizione di Orgosolo (e della Barbagia) non é un rinnegato del suo mondo. Diviene latitante per sfuggire solo alla legge dello Stato, ma si sente impegnato a rispettare la legge del paese. Egli si studia di non rendersi colpevole di delitti ingiusti, inumani, che gli taglierebbero la possibilità di conservare i rapporti. Entro questi limiti l'orgolese aiuta il latitante libero e compiange il latitante catturato.
Il latitante catturato, in questa tradizione, é solo uno « sfortunato ». Liberato dal carcere, magari dopo anni di carcere che ha fatto innocente, egli viene accolto festosamente: ognuno gli augura «a chent'an-nos» (fra cent'anni una nuova disgrazia).
La fidanzata lo ha atteso per anni, la moglie gli é stata fedele, gli ha educato i figli, ha mandato avanti la famiglia. Senza moralismi e senza piani di rieducazione la comunità dei pastori riaccoglie il galeotto che, se non ha vendette da compiere, torna pacifico alla sua vita, al suo lavoro. Essere stato latitante, essere latitante non ha significato di rimprovero, non é motivo che ripugna. Al contrario!
Il bandito anzi, in generale, viene persino eroizzato, mitizzato. Egli, se é libero, è una specie di rappresentante del potere esecutivo del paese contro il potere esecutivo dello Stato. È il « Giustiziere », iI « Vendicatore ». E qui, come in ogni società primitiva, conta sempre chi vince, chi è il più forte: e non é, quasi mai, lo Stato. Il bandito orgolese resta alla macchia anche 20, 30 anni. Lo aiuta, certamente, il
(19) Renzo Laconi - Ignazio Pirastu, Il banditismo in Sardegna e le sue cause sociali. (Discorsi pronunciati alla Camera dei Deputati nelle sedute del 20, 25 maggio e del 3 giugno 1954). Tip. della Camera dei Deputati, pp. 54-55.
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territorio; il Supramonte per es. Ma il latitante orgolese, per es., abitualmente non vive in campagna: ma in paese.
Per la enorme parentela che quasi sempre conta, per le amicizie, per il sentimento generale di opposizione alla polizia, tutto il paese lo nasconde, lo nutre, lo difende. Esiste una tradizione centenaria, profondissima, nel coprire il bandito. La casa in cui si trova è circondata da pastori che la sorvegliano con una serie di appostamenti, con una tattica militare. Al minimo indizio dell'avvicinarsi di un uomo sospetto, di un carabiniere, di un poliziotto, bastano cenni di intesa, parole sommesse, gesti impercettibili di mano, per fare si che il bandito, avvisato, esca di casa, si trovi in campagna. In campagna vi va solo, di solito, per ragioni di emergenza.
È singolare studiare per questo aspetto, per es., la architettura del paese: essa denota una tradizione secolare profondissima. Ogni stanza in Orgosolo, per es., ha generalmente, due, tre quattro porte che danno sulle strade; corridoi, tortuosi; meandri; interrati e soffitti; botole ecc., costruiti di proposito. La protezione al bandito é tale, che egli pub, con qualcne precauzione, passeggiare persino per le vie del paese, sotto il naso di carabinieri e di poliziotti. E molto raro che il bandito sia denunziato, e, se questo avviene, avviene per beghe personali, non per timore od amore dello Stato.
Il silenzio di fronte alla polizia é legge generale, rispettata e fatta rispettare, come il « codice locale ». Non esiste probabilmente altro paese in Italia in cui il silenzio popolare — la omertà, per usare un termine statale — é tanto vasto. È il prodotto di una storia secolare, profondissima. « La verità — dichiarava per es. l'anno scorso il comandante dei carabinieri della provincia di Nuoro, magg. Onofrio Casano — é che interrogare gli orgolesi é perfettamente inutile. E tutto tempo perso. Anche messi davanti all'evidenza dei fatti gli orgolesi non parlano se non in un caso su dieci milioni. Essi si lasciano condannare a volte pur di non fare il nome di un bandito accusato. È un fatto: Orgosolo non parla. Questa é la mia esperienza » (20). E di queste dichiarazioni ne potrei citare quante se ne vogliono.
Se non parla di fronte alla polizia l'orgolese non parla neanche di fronte alla magistratura. « È certo che nessuna regione d'Italia — scri-
(20) L'Unione sarda, Cagliari, 9 aprile 1953, p. 5.
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ve Mario Berlinguer — esprime anche attraverso le aule giudiziarie una fisionomia così singolare. Il processo sardo ha lineamenti inconfondibili che mettono alla tortura la perspicacia dei giudici più esperti. Occorre davvero un particolare addestramento dei magistrati e dei difensori per poter comprendere molti dibattimenti sardi in cui non solo le forme di delinquenza sono spesso tipiche, ma rara é la confessione dell'imputato... Confessare mai. È il primo accorgimento; è un dogma : « dae su no no si tinghe papiru » (con i dinieghi non si possono imbrattare carte). Non ricordo che un imputato, anche se stretto dalle più abili contestazioni e dai più tremendi confronti, si sia mai tradito »... « Prodigioso é talvolta il groviglio di espedienti e di accorgimenti con i quali egli tenta di occultare la propria responsabilità. L'opera stessa del difensore é facilitata da una accorta collaborazione dell'imputato che profila al difensore la linea difensiva più avveduta ed appresta da sé, con grande sagacia, le prove della sua innocenza. A noi accade spesso di trovarci in presenza di imputati, anche i più incolti, che « impostano » la propria linea difensiva con tanto accorgimento da rendere quasi superflua l'opera dei difensori. Talvolta essi si recano dall'avvocato dopo esser passati tra le sapienti mani di singolari « organizzatori di cause », adusati a tutte le scaltrezze, temprati a tutti gli espedienti, che sanno prospettare e correggere la trama del processo modificandone con grande avvedutezza i rapporti e le prospettive, senza svisarne la realtà di fatto già precisata dall'istruttoria, ma collocando questa realtà nello scorcio particolare che con nuovi artifizi di prove può guidare alla salvezza del reo » (21).
Gli orgolesi in questo eccellono, probabilmente, su tutti i sardi.
Quasi sempre gli alibi sono preparati sempre prima del delitto. Esistono, generalmente due forme di alibi che consistono nella organizzazione di falsi testimoni (esiste una vera e propria scuola, con istruttori e apprendisti); e nella costruzione di prove false che possono valere a far cadere il sospetto su un terzo, generalmente un nemico. In Orgosolo esiste persino un termine particolare: « su terziere », per indicare il delinquente che commette un delitto intervenendo fra due nemici, in modo che la responsabilità sia attribuita ad uno di essi. Esistono in Orgosolo figure celebri, famose per furberia giudiziaria, per risorse
(21) Mario Berlinguer, In Assise (Ricordi di vita giudiziaria sarda), Mondadori, Roma, 1945, pp. 12-23.
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di dialettica agilissima, di umorismo antistatale, corrosivo. La figura. tipica dell'orgolese processato per atroci delitti, é quella di un uomo lacero, irsuto, con una espressione di idiozia incredibile, che inciampa continuamente, che non capisce, che dice stupidaggini, ma che sotto questa scorza nasconde un abilissimo psicologo, un geniale ragionatore. Un caso ricordato da Mario Berlinguer e sentito da me ripetere in Orgo solo, pub dare, per es., una idea della centenaria « sapienza giudiziaria acquisita nel paese:
Una banda di rapinatori aveva assalito la casa di due vecchi pro-
prietari e aveva uccisi. Dodici giovani imputati erano stati portati in tribunale: tutti avevano un alibi fortissimo, meno uno. Messo a confronto con un teste, un cugino che diceva di odiarlo, riconosciuto, non avendo neppure accennato una risposta, benché non vi fosse nessuna prova contro di lui, questi era stato condannato. L'avvocato difensore, di fronte a quell'insano comportamento, era disperato. Il condannato sta due anni in carcere, poi scrive al Procuratore: ricorda, finalmente, dove si trovava il giorno della rapina : era andato a Macomer in treno, conservava il biglietto ferroviario, anzi era stato multato, aveva un testimone che lo poteva riconoscere, un prete che aveva viaggiato con lui. L'avvocato difensore, sia pur irritato contro lo stesso imputato, fa riaprire il processo: si constata che la multa, intestata al nome dell'imputato, corrisponde al giorno della rapina, il prete lo riconosce e viene assolto. In camera charitatis l'avvocato difensore ora chiede al-l'orgolese : « Come è possibile che tu avevi dimenticato un alibi così formidabile? ». « Eccellenza — risponde l'orgolese — io ho partecipato a quella rapina di cui ero imputato. Mio cugino, quello stesso che mi ha accusato, é partito per conto mio quel giorno in treno a Macomer, si é fatto multare dando il mio nome, si é fatto notare da quel prete. Se parlavo al processo la multa risultava ma il prete non avrebbe riconosciuto me, come ha fatto ora dopo due anni: avrebbe riconosciuto mio cugino che mi somiglia ».
 
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Testata/Serie/Edizione Nuovi Argomenti | Prima serie diretta da Alberto Moravia e Alberto Carocci | Edizione unica
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Data pubblicazione Anno: 1954 Mese: 9 Giorno: 1
Numero 10
Titolo KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 9 - 1 - numero 10


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