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tipologia: Analitici; Id: 1465203


Area del titolo e responsabilità
Tipologia Periodico
Titolo Vitilio Masiello, Noterelle e schermaglie. Pius Julius (ossia dall'uomo del Guicciardini all'uomo della D.C.)
Responsabilità
Masiello, Vitilio+++
  autore+++    
Area della rappresentazione (voci citate di personaggi,luoghi,fonti,epoche e fatti storici,correnti di pensiero,extra)
Nome da authority file (CPF e personaggi)
Pius Julius {Andreotti, Giulio}+++   Titolo:oggetto+++   
Area della trascrizione e della traduzione metatestuale
Trascrizioni
Trascrizione Non markup - automatica:
720 NOTERELLE E SCHERMAGLIE
impegna il filologo in un'operazione di integrazione congetturale destinata, almeno nel secondo caso, a rimanere senza esito.
Devo comunque ringraziare le collaboratrici del gruppo radicale della Camera che hanno mostrato una grande disponibilità nel procurarmi i resoconti. Un ringraziamento particolare va poi a Gianluigi Melega, deputato radicale, che mi ha utilmente indirizzato tanto al gruppo parlamentare quanto alla Radio radicale. Per quel che riguarda il Parlamento europeo ho potuto casualmente utilizzare i resoconti provvisori, che contengono il testo stenografico degli interventi, non ancora rivisti dagli oratori, nella lingua in cui sono stati pronunciati. Come mi ha cortesemente ma fermamente precisato L. Lockefeer, Capo della divisione dell'edizione, della distribuzione e della diffusione del Parlamento europeo, tali resoconti (preziosi tra l'altro per studiare l'interazione linguistica all'interno dell'aula parlamentare, perché danno conto del plurilinguismo in essa operante) « non sono oggetto di una distribuzione esterna ». Da tutto questo si ricava non solo l'inattendibilità filologica degli strumenti che abbiamo a disposizione per ricostruire l'andamento dei dibattiti parlamentari (tanto a Roma quanto a Strasburgo), ma anche l'impossibilità per ogni elettore di venire mai a conoscenza di quello che i suoi rappresentanti hanno veramente detto nelle aule parlamentari.
PIUS JULIUS
(ossia dall'uomo del Guicciardini all'uomo della D.C.)
C'è un'immagine vulgata di Giulio Andreotti: quella di un Talleyrand « nazionale », ministro di tutti i governi e politico di tutte le politiche — di centro destra, di centro, di centro sinistra, di unità nazionale — perché scettico e sornione celebrante di un'esclusiva religione mondana, quella del potere per il potere. Un incrocio, insomma, tra l'uomo del Machiavelli riciclato dalla Controriforma e l'uomo del Guicciardini di desanctisiana memoria. A voler condensare in una formula il cliché vulgato, si potrebbe dire di lui, con qualche lieve ritocco del giudizio desanctisiano, che il nostro uomo non è « uno stoico né un epicureo; anzi è piuttosto un amabile cinico ».
E c'è, a riscontro, un'immagine prevenuta e faziosa della politica democristiana in questo trentennio soprattutto per ciò che concerne i rapporti tra Stato e Chiesa. Un'immagine di subalternità devota, di cedimenti e di indebite interferenze, messa in campo da frammassoni, vecchi radicali (quelli D.O.C., naturalmente, i « visi pallidi » del Mondo, sopravvissuti a se stessi), azionisti allo stato brado, anticlericali d'ogni risma: i relitti storici, insomma, del laicismo e del giacobinismo italiano. Ed è un'immagine che resiste persino ai grandi incontri — « storici » e liberatori — di questo fausto trentennio, alle politiche di centrosinistra prima, di unità nazionale poi, che della D.C. hanno collaudato la laica disponibilità al « confronto » e al dialogo con gli infedeli, e dei partiti della
sinistra storica la salutare liberazione dagli antichi integralismi ideologici e classistici.
Ebbene, di queste due immagini strumentali e in certo senso complementari dell'uomo e del sistema, fa ora giustizia l'ultimo libro di Andreotti, A ogni morte
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di Papa: una « cronaca », come dice opportunamente il risvolto di copertina, « di interesse eccezionale perché eccezionale è il `cronista' e altrettanto eccezionale è la posizione da cui ha potuto osservare gli avvenimenti ».
Perché Andreotti è non solo il versatile uomo di stato che tutti conoscono, ma anche intimo di papi e cardinali, fra i quali si muove con disinvolta familiarità e dai quali raccoglie confidenze riservatissime (di quelle che promanano direttamente dallo Spirito Santo) e indiscrezioni delicate. Un solo esempio, a titolo di credenziale e a garanzia dell'attendibilità del teste: Roncalli gli confida, durante il conclave del '58, la sua imminente elezione a pontefice (com'è noto un tale evento, che i profani attribuiscono a laboriosi compromessi curiali, è di stretta competenza dello Spirito Santo). E Andreotti, depositario in anteprima della notizia, può fare « una splendida figura sia all'ambasciata di Spagna... sia con l'editore della sua `Concretezza' » cui invia per la copertina del numero imminente la sola fotografia del Roncalli. Con scorno dei giornali « laici » come Paese Sera, che non avendo confidenza col Sovrannaturale e non sapendo dove sbattere la testa « teneva pronti trentasette clichés »!
La sua duplice natura e funzione di uomo di Stato e — per cosí dire — di uomo di curia gli consente cosí di osservare gli avvenimenti da una visuale che domina entrambi i versanti della vicenda storica: quello caduco e terrestre e mondano che si consuma al di qua del Tevere, e quello divino e sovrannaturale che si celebra al di là; la Gerusalemme terrena e la Gerusalemme celeste.
Osservati da queste altezze vertiginose, i fatti politici (le vicende di questo trentennio, i rapporti tra le due sponde del Tevere) si colorano di luce nuova, acquistano un piú profondo e spirituale significato, si depurano della contingenza che li fa sospetti o volgari.
Si veda la questione delle interferenze vaticane nella politica italiana, su cui tanto scandalo si è montato. La verità è invece che la presenza vaticana nella vita civile italiana si è sempre ispirata ad una misura estrema di tatto, di delicatezza, di rispetto dell'autonomia del temporale. E quando c'è stata — cauta, riservata, impercettibile — è stata motivata dalla difesa delle ragioni di Dio, non di quelle di Cesare.
Valgano i fatti. Pio xi' è angustia 3 dal problema dei comunisti. Appena incontra Andreotti, astro nascente della politica nazionale, la prima cosa che gli domanda « con accenti di preoccupazione » è « che cosa facciano i comunisti ». E come non preoccuparsi, con gli anticristo alle porte! Nel '52, per le elezioni amministrative romane « da piú parti si andava ripetendo... che il Campidoglio sarebbe caduto nelle mani del fronte socialista e comunista e questo sarebbe suonato come un grave vulnus nella diocesi del Papa » (evento esecrabile, poi, purtroppo verificatosi! Ma in peggio precipitano i tempi, e mal s'affida a putridi nepoti l'onor d'egregie menti!).
Pio xi', giustamente, non si fida di De Gasperi che, pur essendo stato confinato in Vaticano durante il fascismo, è, nel segreto dell'animo, un filo-comunista. Che fa allora il Papa: lo scomunica? gli manda una reprimenda? Manco per niente. Si limita, per il settantesimo compleanno dello statista, a non mandargli
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gli auguri, che invece « gli erano giunti persino da Stalin » (c'era da aspettarselo!). E De Gasperi che fa: corre in Vaticano a prosternarsi ai piedi del Papa e a chiedere perdono? Manco per niente. Con la risentita fierezza di un novello Arrigo
manda Andreotti a dire a monsignor Montini che dica a Sua Santità (già, perché a differenza di quel che credono i maligni « i governanti di parte D.C. non si incontrano che molto di rado con il Papa ») che lui, De Gasperi, « era disposto a presentarsi capolista nelle elezioni amministrative per significare tutto l'impegno che vi poneva ». Cioè per scongiurare il famigerato vulnus. Naturalmente Papa consentendo. Ma il Papa, che non era incline a interferenze, lo sconsiglia: non avesse a perdere, De Gasperi, le elezioni e con esse « anche il prestigio ». « Il Papa aveva apprezzato tuttavia la disponibilità di De Gasperi ed era stato lieto che l'avesse fatta conoscere a lui ». Beh! salvo l'Inghilterra, che è un paese di senza Dio, di anglicani e protestanti, non si fa comunemente cosí nei paesi cattolici? Almeno dal tempo della lotta delle investiture.
E come del pericolo comunista e del comportamento dei capi n.c., il Papa è giustamente preoccupato della decadenza dei costumi nel cattolicissimo paese a causa delle « licenziosità nella stampa », della « assenza di produzioni cinematografiche bene ispirate », dei « films negativi », dello « scarso rispetto della verità in alcune rubriche della Radio »; e se ne sfoga, accoratamente, con Andreotti sottosegretario. Ma « da sacerdote », intendiamoci, mica da papa: non avesse qualcuno a fraintendere. Senonché, che cosa può fare un povero sottosegretario (che pure ha sotto la sua giurisdizione questi settori) con i tempi che corrono, con le mani legate da tanti vincoli della democrazia, stretto tra « la diffidenza » di alcuni « nel timore, benché infondato, che si volessero mettere bavagli alla stampa » e « la scarsa collaborazione dei giudici anche per applicare la legislazione speciale di cui nel 1948 avevamo con tanta fatica ottenuto l'approvazione ». Di interventi formali, purtroppo, neanche a parlarne!
Ma qualcosa, sí, può fare Andreotti sottosegretario per « dare al Papa una consolazione ». « Se nell'ambito dell'Azione Cattolica o altro simile si fosse costituita una società cinematografica » per la produzione di films « buoni », lui, Andreotti, come sottosegretario, era « in grado di procurare tutti i capitali necessari chiedendoli agli americani », notoriamente interessati alla tutela dei costumi in Italia. Detto fatto (potenza dei sottosegretari!). « Fu data vita alla `Costellazione Film' affidata a tre `intelligenze' cattoliche ». Ma il male, Machiavelli lo diceva, non si estirpa con l'acqua benedetta. Perciò, nonostante la fiducia degli americani, la cinematografia cattolica non decollò. E c'è di peggio! Pensate che « nessuno dei films prodotti da questa società "buona" fu giudicato dal Centro Cattolico Cinematografico come visibile per tutti ». O tempora o mores!
Ma la misura del rapporto tra enti e sfere di competenze diverse, e la delicatezza estrema, riservata e schiva, di quel rapporto, che finisce per sublimarsi in termini di celestiale edificazione, si coglie per intero nell'episodio di madre Paschalina, segretaria di Pio xii. Intanto mai, durante il suo lungo impegno governativo e nelle numerose occasioni di incontri e di rapporti, Andreotti ebbe da lei « una qualunque richiesta che invadesse in modo diretto o indiretto il
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campo politico o comunque sfere di responsabilità non competenti ». Se ne vuole una prova? Un giorno Andreotti, ministro delle Finanze, riceve una pressante preghiera di « ricevere un momento madre Paschalina ». Qui nel racconto an-dreottiano c'è una qualche confusione di modi verbali, probabilmente imputabile ad un refuso, che ha trasformato in attivo un verbo passivo. La richiesta doveva suonare « essere ricevuto », perché è lui, il ministro, che, doverosamente ottemperando, si reca immediatamente al « magazzino privato del Santo Padre » dove trova madre Paschalina « in preda ad una vera agitazione ». Che era accaduto? « Erano comparsi per le vie i manifesti di un film avente come protagonista la Magnani e questa indossava l'abito delle Francescane missionarie ». Si poteva tollerare una simile empietà? Possibile che nessun influente uomo politico intervenisse? Perciò madre Paschalina, trattandosi di cose che non invadevano « sfere di responsabilità non competenti », si rivolge al ministro della Repubblica (che « competenza » ha infatti un ministro della Repubblica per intervenire?) pregandolo di « trovare una soluzione ». E dovette dire, madre Paschalina, cose cosí angeliche e toccanti per persuadere l'estasiato ministro, che egli respirò « in quella mezz'ora veramente aria di soprannaturale ». Si poteva dunque « dinanzi ad una domanda diretta cosí patetica e toccante » non trovare una soluzione? No che non si poteva. Cosí come non si può non pensare, noi laici, insieme al pio ministro, al « bonum di ff usivum sui » (che sarebbe, tradotto per i profani, l'epidemia della bontà).
Ecco, è in queste occasioni che emerge dall'entomata in difetto — come diceva l'antico poeta — l'angelica farfalla: dalla scorza del politico machiavellico, l'uomo di fede e di religione, astralmente lontano dalla mondana nequizia. Perché il libro di Andreotti è poi nella sua sostanza piú vera un libro di alta edificazione: come le agiografie, i fioretti e vite di santi che ne costituiscono l'archetipo ideale. È un tripudio di buoni sentimenti. E i limiti dell'umano ne escono travolti. Pensate: muore Paolo VI e il cardinal Confalonieri, ultraottantenne, decano del sacro collegio, è delegato a celebrare il rito funebre e a tenere il discorso di circostanza. Che cosa accade normalmente in tali circostanze, nell'iniquo mondo umano? Che l'oratore ufficiale coglie l'occasione per sfogare contro il morto risentimenti e rancori. E invece, celestiale potenza del bene!, fra la sorpresa universale, il cardinal Confalonieri tiene, sí, il discorso di circostanza, ma non fa « nessun accenno al decreto di Paolo VI che lo ha escluso dal conclave insieme a tutti i cardinali ottantenni ». Incomparable finesse!
Ma il vertice della edificazione lo si raggiur ,_ altrove. E qui, veramente, si toccano corde struggenti per l'anima italiana, si respirano estasi celestiali. In questa società materialista e atea, anime insensibili credono forse che l'elezione di un papa sia, per l'eletto, occasione di tripudio e di esaltazione. Oh no! E lo sapeva bene don Mazzolari, che pubblicava nel '39 un librettino (per l'elezione di Pio XII) col quale Andreotti totalmente consente. « Don Primo immaginava le prime ore del nuovo Papa e lo compiangeva perché gli mancava sicuramente il sorriso della mamma (!), l'unica possibilità per poter prendere tranquillamente sonno dopo le emozioni della giornata e la "reclusione" nell'appartamento papale ».
Ilr

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gli auguri, che invece « gli erano giunti persino da Stalin » (c'era da aspettarselo!). E De Gasperi che fa: corre in Vaticano a prosternarsi ai piedi del Papa e a chiedere perdono? Manco per niente. Con la risentita fierezza di un novello Arrigo Iv, manda Andreotti a dire a monsignor Montini che dica a Sua Santità (già, perché a differenza di quel che credono i maligni « i governanti di parte D.C. non si incontrano che molto di rado con il Papa ») che lui, De Gasperi, « era disposto a presentarsi capolista nelle elezioni amministrative per significare tutto l'impegno che vi poneva ». Cioè per scongiurare il famigerato vulnus. Naturalmente Papa consentendo. Ma il Papa, che non era incline a interferenze, lo sconsiglia: non avesse a perdere, De Gasperi, le elezioni e con esse « anche il prestigio ». « Il Papa aveva apprezzato tuttavia la disponibilità di De Gasperi ed era stato lieto che l'avesse fatta conoscere a lui ». Beh! salvo l'Inghilterra, che è un paese di senza Dio, di anglicani e protestanti, non si fa comunemente cosí nei paesi cattolici? Almeno dal tempo della lotta delle investiture.
E come del pericolo comunista e del comportamento dei capi D.C., il Papa è giustamente preoccupato della decadenza dei costumi nel cattolicissimo paese a causa delle « licenziosità nella stampa », della « assenza di produzioni cinematografiche bene ispirate », dei « films negativi », dello « scarso rispetto della verità in alcune rubriche della Radio »; e se ne sfoga, accoratamente, con Andreotti sottosegretario. Ma « da sacerdote », intendiamoci, mica da papa: non avesse qualcuno a fraintendere. Senonché, che cosa può fare un povero sottosegretario (che pure ha sotto la sua giurisdizione questi settori) con i tempi che corrono, con le mani legate da tanti vincoli della democrazia, stretto tra « la diffidenza » di alcuni « nel timore, benché infondato, che si volessero mettere bavagli alla stampa » e « la scarsa collaborazione dei giudici anche per applicare la legislazione speciale di cui nel 1948 avevamo con tanta fatica ottenuto l'approvazione ». Di interventi formali, purtroppo, neanche a parlarne!
Ma qualcosa, si, può fare Andreotti sottosegretario per « dare al Papa una consolazione ». « Se nell'ambito dell'Azione Cattolica o altro simile si fosse costituita una società cinematografica » per la produzione di films « buoni », lui, Andreotti, come sottosegretario, era « in grado di procurare tutti i capitali necessari chiedendoli agli americani », notoriamente interessati alla tutela dei costumi in Italia. Detto fatto (potenza dei sottosegretari!). « Fu data vita alla 'Costellazione Film' affidata a tre `intelligenze' cattoliche ». Ma íl male, Machiavelli lo diceva, non si estirpa con l'acqua benedetta. Perciò, nonostante la fiducia degli americani, la cinematografia cattolica non decollò. E c'è di peggio! Pensate che « nessuno dei films prodotti da questa società "buona" fu giudicato dal Centro Cattolico Cinematografico come visibile per tutti ». O tempora o mores!
Ma la misura del rapporto tra enti e sfere di competenze diverse, e la delicatezza estrema, riservata e schiva, di quel rapporto, che finisce per sublimarsi in termini di celestiale edificazione, si coglie per intero nell'episodio di madre Paschalina, segretaria di Pio xir. Intanto mai, durante il suo lungo impegno governativo e nelle numerose occasioni di incontri e di rapporti, Andreotti ebbe da lei « una qualunque richiesta che invadesse in modo diretto o indiretto il
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campo politico o comunque sfere di responsabilità non competenti ». Se ne vuole una prova? Un giorno Andreotti, ministro delle Finanze, riceve una pressante preghiera di « ricevere un momento madre Paschalina ». Qui nel racconto an-dreottiano c'è una qualche confusione di modi verbali, probabilmente imputabile ad un refuso, che ha trasformato in attivo un verbo passivo. La richiesta doveva suonare « essere ricevuto », perché è lui, il ministro, che, doverosamente ottemperando, si reca immediatamente al « magazzino privato del Santo Padre » dove trova madre Paschalina « in preda ad una vera agitazione ». Che era accaduto? « Erano comparsi per le vie i manifesti di un film avente come protagonista la Magnani e questa indossava l'abito delle Francescane missionarie ». Si poteva tollerare una simile empietà? Possibile che nessun influente uomo politico intervenisse? Perciò madre Paschalina, trattandosi di cose che non invadevano « sfere di responsabilità non competenti », si rivolge al ministro della Repubblica (che « competenza » ha infatti un ministro della Repubblica per intervenire?) pregandolo di « trovare una soluzione ». E dovette dire, madre Paschalina, cose cosí angeliche e toccanti per persuadere l'estasiato ministro, che egli respirò « in quella mezz'ora veramente aria di soprannaturale ». Si poteva dunque « dinanzi ad una domanda diretta cosí patetica e toccante » non trovare una soluzione? No che non si poteva. Cosí come non si può non pensare, noi laici, insieme al pio ministro, al « bonum di ff usivum sui » (che sarebbe, tradotto per i profani, l'epidemia della bontà).
Ecco, è in queste occasioni che emerge dall'entomata in difetto — come diceva l'antico poeta — l'angelica farfalla: dalla scorza del politico machiavellico, l'uomo di fede e di religione, astralmente lontano dalla mondana nequizia. Perché il libro di Andreotti è poi nella sua sostanza piú vera un libro di alta edificazione: come le agiografie, i fioretti e vite di santi che ne costituiscono l'archetipo ideale. È un tripudio di buoni sentimenti. E i limiti dell'umano ne escono travolti. Pensate: muore Paolo VI e il cardinal Confalonieri, ultraottantenne, decano del sacro collegio, è delegato a celebrare il rito funebre e a tenere il discorso di circostanza. Che cosa accade normalmente in tali circostanze, nell'iniquo mondo umano? Che l'oratore ufficiale coglie l'occasione per sfogare contro il morto risentimenti e rancori. E invece, celestiale potenza del bene!, fra la sorpresa universale, il cardinal Confalonieri tiene, sí, il discorso di circostanza, ma non fa « nessun accenno al decreto di Paolo VI che lo ha escluso dal conclave insieme a tutti i cardinali ottantenni ». Incomparable finesse!
Ma il vertice della edificazione lo si raggiunge altrove. E qui, veramente, si toccano corde struggenti per l'anima italiana, si respirano estasi celestiali. In questa società materialista e atea, anime insensibili credono forse che l'elezione di un papa sia, per l'eletto, occasione di tripudio e di esaltazione. Oh no! E lo sapeva bene don Mazzolari, che pubblicava nel '39 un librettino (per l'elezione di Pio xi') col quale Andreotti totalmente consente. « Don Primo immaginava le prime ore del nuovo Papa e lo compiangeva perché gli mancava sicuramente il sorriso della mamma (!), l'unica possibilità per poter prendere tranquillamente sonno dopo le emozioni della giornata e la "reclusione" nell'appartamento papale ».
724 NOTERELLE E SCIIERMAGLIE
Dalle mamme ai bambini, in un crescendo di francescana innocenza. Che dire, infatti, di Papa Wojtyla, il cui « trasporto verso i bambini è di una spontaneità meravigliosa. Fin dalle immagini delle prime udienze tutto il mondo ha ammirato il senso di paternità di Papa Wojtyla con le sue carezze ai piú piccoli, il suo prenderli in braccio » e perfino, in un mistico accesso di giocosi abbandoni, « il farsi rincorrere ».
Il fatto è — ed è qui il sugo di tutta la storia, come diceva don Lisander — che di là del Tevere imperano logiche incommensurabili con quelle vigenti al di qua. « Chi non ha capito... che la preoccupazione religiosa è, piú che dominante, esclusiva, rischia di essere irrimediabilmente fuori strada ». Ne è testimone vivente Papa Wojtyla: « Nessun particolarismo sembra condizionarlo; nessun fine terreno lo occupa e lo preoccupa; sono evidenti in lui ii limite e insieme la forza di sentirsi ed essere portatore solo di parole di vita eterna ».
E diciamo la verità: non piove un raggio di tanta grazia anche sugli uomini della D.C., che all'altra sponda del Tevere, alla Gerusalemme celeste, sono cosí spiritualmente vicini? Non è, in fondo, anche per loro, l'esercizio del potere temporale, spirito di servizio, abnegazione, disinteressata dedizione al bene comune?
L'uomo del Guicciardini, di cui De Sanctis, non potendo prevedere i futuri sviluppi della storia italiana, paventava l'endemica incubazione nella coscienza nazionale (« vivit, immo in senatum venit, e lo incontri ad ogni passo ») è morto. Dalle sue ceneri rinasce, ricco di valori civili, spirituali, morali, l'uomo della D.C.
Ora possiamo guardare con maggior fiducia all'avvenire. Si compagni, con questi uomini si può collaborare alla edificazione di una nuova società.
VITILIO MASIELLO
DELLA POESIA, OVVERO IL DISPIACERE PRELIMINARE
« ... mediocribus esse poetis / non homines, non di, non concessere colum-nae », diceva Orazio, ma da allora i tempi sono molto cambiati e l'epoca delle comunicazioni di massa pare abbia esigenze del tutto diverse; si bada poco alla
Tra le molte pubblicazioni dedicate alla poesia d'oggi, mi limito a ricordare qui i titoli a carattere antologico: Il pubblico della poesia, a cura di A. Berardinelli e F. Cordelli, Cosenza, Lerici, 1975; La parola innamorata. I poeti nuovi. 1976-1978, a cura di G. Pontiggia e E. Di Mauro, Milano, Feltrinelli, 1978 (a queste due raccolte fa in particolar modo riferimento il saggio, cui mi richiamo: S. ANTONIELLI, La corporazione della poesia, in Pubblico 1979, a cura di V. Spinazzola, Milano, Il Saggiatore, 1980, pp. 41-59). Dal volume Poesia degli anni Settanta, a cura di A. Porta, Milano, Feltrinelli, 1979, prendo qui spunto come da quello recentemente piú discusso, ma sono ora usciti anche: Nuovi poeti italiani. 1, curatori vari, Torino, Einaudi, 1980; Poesia uno, •a cura di M. Cucchi e G. Raboni, Milano, Guanda, 1980, mentre al momento in cui scrivo non è ancora apparso l'Almanacco dello Specchio per il 1980, in cui Mondadori presenta annualmente un'ampia rassegna poetica. L'antologia curata da Pier Vincenzo Mengaldo che cito nel testo è Poeti italiani del Novecento, Milano, Mondadori, 1978; su di essa si possono confrontare gli interventi di R. Lupe-rini e dello stesso Mengaldo in « Belfagor », 31 marzo e 31 luglio 1979.
 
Trascrizione secondaria non visualizzabile dall'utente 


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in: Catalogo KBD Periodici; Id: 31354+++
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Area unica
Testata/Serie/Edizione Belfagor | Serie unica | Edizione unica
Riferimento ISBD Belfagor : rassegna di varia umanità [rivista, 1946-2012]+++
Data pubblicazione Anno: 1980 Mese: 11 Giorno: 30
Numero 6
Titolo KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6


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