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tipologia: Analitici; Id: 1464886


Area del titolo e responsabilità
Tipologia Periodico
Titolo Stefano Pivato, Il mondo cattolico e lo sport: Gino Bartali
Riferimento diretto ad opera
Giorgio Casadio e Luigi Manconi (a cura di), Un uomo solo. Vita e opere di Fausto Coppi, Milano, Più libri, 1979 {Un uomo solo : Vita e opere di Fausto Coppi / a cura di Giorgio Casadio e Luigi Manconi}+++   critica+++   
Responsabilità
Pivato, Stefano+++
  autore+++    
Area della rappresentazione (voci citate di personaggi,luoghi,fonti,epoche e fatti storici,correnti di pensiero,extra)
Nome da authority file (CPF e personaggi)
Bartali, Gino+++   Titolo:oggetto+++   
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Trascrizione Non markup - automatica:
NOTERELLE E SCHERMAGLIE 227
IL MONDO CATTOLICO E LO SPORT: GINO BARTALI
La recente edizione di un testo miscellaneo dedicato a Fausto Coppi I conferma come da qualche tempo anche lo sport venga assunto, almeno da parte di alcuni storici, a paradigma di fenomeni la cui correlazione in riferimento al piú ampio contesto politico, sociale ed economico appare evidente. Il mito del `campionissimo' e della sua rivalità con Gino Bartali, tramandatosi attraverso una specie di storia sussurrata e proiezione di modelli etici è, probabilmente, uno di quei temi che, vuoi per l'appartenenza al fenomeno sportivo cosí esposto alla deformazione mitologica, vuoi per le implicanze — presunte o reali ma comunque fortemente presenti nell'immaginario popolare — di carattere politico e sociale, non possono essere obiettivamente sottovalutati.
Nel testo in questione i motivi della rivalità frA coppisti e bartaliani vengono ricondotti da Luigi Manconi e Nicola Gallerano, che si preoccupano di ridurre entro eque proporzioni affrettate equazioni bartaliani/democristiani e coppisti/ comunisti, piú che a motivazioni direttamente politiche anche a quella che definiscono la « fisionomia [...] psicologica e caratteriale dei due personaggi simbolo: quella di Coppi, propria di una personalità complessa intelligente tormentata, alludeva in qualche modo a un'idea di modernità e di progresso, perfino di anticonformismo; quella di Bartali, perbenista sempliciotta domenicale, suggeriva piuttosto sentimenti moderati e tranquillizzanti, anche passatisti ». A parte la problematicità di una siffatta contrapposizione si può quindi dire che fin dall'origine tale rivalità non sia derivata da motivi esclusivamente sportivi ma — come ancora suggeriscono i due autori — in un clima politico e culturale dominato dalla guerra fredda, dalle « contrapposizioni manichee e irriducibili tra americani e sovietici (e tra filoamericani e filosovietici), occidentali e orientali, democristiani e comunisti, Truman e Stalin, De Gasperi e Togliatti » 2, la dichiarata professione di fede cattolica, e poi democristiana, di Bartali certamente entrava nel conto.
1. In effetti la lettura della stampa cattolica del periodo suggerisce quanto martellante dovesse essere, non solo sulla stampa ma nei circoli, negli oratori, in parrocchia, quella sorta di ammirazione che crebbe attorno alla figura di Bartali il quale, già nel 1937, confessava come « in tutte le strade e perfino nei solitari passi arrampicati per i poggi piú impervi, c'è sempre l'immancabile gruppo di giovani cattolici capitanati dall'assistente che mi grida a squarciagola il suo incoraggiamento » (Confidenze di Bartali, « L'Avvenire d'Italia », 18 maggio 1937).
La popolarità del « magnifico atleta cristiano », precedente a quella di Coppi, non è tuttavia disgiungibile da un clima politico e da quelle motivazioni che pervadono il mondo cattolico fra gli anni '30 e '40 e, piú in particolare, dal significato
t G. CASADIO e L. MANCONI (a cura di), Un uomo solo. Vita e opere di Fausto Coppi. Scritti e interventi di Andrea Carrea, Franco di Ciolo, Nicola Gallerano, Antonio Ghirelli, Enrico Ghezzi, Lucio Lombardo Radice, Francesco Moser, Anna Maria Rodari, Carmelo Sa-monà, Sergio Turone, un alto prelato; con una poesia inedita di Roberto Roversi, Milano, Piú libri, 1979.
2 Postfazione di Nicola Gallerano e Luigi Manconi a Un uomo solo... cit., p. 155.
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che lo sport ha rivestito per i cattolici. Se sul piano organizzativo la nascita dell'associazionismo cattolico diviene, all'inizio del secolo, una di quelle manifestazioni del « clericalismo allo stato diffuso » — secondo un'efficace espressione di Antonio Labriola — sul piano pedagogico esprime un modo di porsi antitra-dizionale. Un modo di porsi che non tende piú a presentare il cattolico secondo quei caratteri « domestici e infermicci » che, secondo Nietzsche, informavano la pratica quotidiana del cristiano e che la cultura anticlericale di inizio secolo iden-
tificava con l'immagine del cattolico pio, servile e codino. Lo sport offriva ai cattolici la opportunità di riscattare quelle immagini e di presentarsi alle masse popolari come campioni di vitalità, di agonismo e capaci di esprimere una corag-
giosa competitività. Le capacità fisiche e atletiche di Bartali, la sua audacia e le sue vittorie bene si prestavano ad alimentare un mito collettivo attraverso il quale si esprimeva, in un certo senso, quella filosofia del coraggio cristiano che avrebbe dovuto, proprio attraverso la diffusione della pratica sportiva, « rompere quella brutta tradizione la quale ci fa considerare come degli uomini paurosi e
sprezza il cristianesimo quasi fosse la religione dei fiacchi e dei deboli » (Echi, « L'Avvenire d'Italia », 25 giugno 1904).
In questo quadro il mito bartaliano diviene un veicolo di modelli di comportamento non solo religiosi ma anche politici e sociali. E il campione toscano assolve un ruolo non dissimile da quello degli `eroi positivi' dei fervorini e delle filotee sui quali il pubblico dei fedeli era invitato ad esemplare l'azione quotidiana.
Cosi Bartali diviene, nell'arco di oltre un decennio di attività, un modello non solo sportivo ma, soprattutto, umano in cui si sommano tutte le qualità
positive del buon cattolico e dell'onesto cittadino. Il campione devoto è presentato come il simbolo della morigeratezza attraverso l'astinenza dagli alcolici, vec-
chio e caro motivo dell'etica cattolica: « Tutti sanno [...] che è terziario francescano e particolarmente devoto a Santa Teresa di Lisieux, beve solo acqua... » (G.U., Un grande atleta, « Pro familia », 7 agosto 1938, p. 480).
Piú spesso attraverso il campione toscano si celebra il senso dell'unità familiare:
Ha voluto far le feste a casa, con la moglie e i bambini. È un uomo Bartali che ama onorare i doveri che impongono all'uomo il rispetto della famiglia [ ...1 si è dato da fare per abbellire l'Albero di Natale dei suoi ragazzi, ha personalmente provveduto ad acquistare per essi i doni per la festa piú attesa dai piccoli: la Befana. È diventato, Bartali, un uomo qualsiasi, un papà affettuoso e straordinariamente dolce e sentimentale. Lui, aspro dominatore delle altissime vette (N. Giorgetti, Bartali 1949, « Stadium », aprile 1949, p. 24).
Fra i ruoli esercitati dal « magnifico atleta cristiano », Bartali è anche il sim-
bolo della ruralità (Abele secondo la tradizione biblica) contrapposto a quello della città (Caino):
Il segreto della `continuità' è anche, e soprattutto, nella purezza patriarcale della sua vita: marito, padre esemplare, le tentazioni, i trionfi, i denari della grande città non l'hanno né allettato né mutato: egli è rimasto l'artigiano, il contadino, il lavoratore toscano, attaccato alla sua gente, alla sua terra, alla sua casa [...] (L. Ferretti, Gino Bartali, « Stadium », aprile 1949, p. 6).
NOTERELLE E SCHERMAGLIE 229
Va tuttavia detto come, accanto al mito domestico e familiare del pio Bartali
emerge, nella stampa cattolica quello del Bartali pugnace, combattivo, affatto remissivo e simbolo della riscossa del mondo cattolico; un Bartali nel quale si
sostituisce — secondo una felice definizione — alla « figura mansueta del francescano quella del pugnace domenicano » (C. Trabucco, Intervista con Bartali, « L'Avvenire d'Italia », 28 luglio 1948). E, sotto la pugnace veste del domenicano, Gino Bartali è colui che con le sue vittorie consacrate alla Madonna di Lourdes o a Santa Teresa di Lisieux offre alle masse popolari italiane « il senso della virtú della loro stirpe » (Idem); è colui che Pio xii, nel 1947, additava alle schiere degli uomini di Azione Cattolica invitandoli alla mobilitazione contro il pericolo comunista:
[ ... ] è l'ora dell'azione [ ... ] è l'ora della prova. La dura gara di cui parla San Paolo è in corso; è l'ora dello sforzo intenso. Anche 'pochi istanti possono decidere la vittoria. Guardate il vostro Gino Bartali, membro dell'Azione Cattolica: egli ha piú volte guadagnato l'ambita `maglia'. Correte anche voi in questo campionato ideale, in modo da conquistare una ben piú nobile palma: Sic currite ut comprehendetis (I Cor. 9, 24) (Discorso di S.S. Pio XII agli uomini di Azione Cattolica, « La Civiltà Cattolica », III, 1947, p. 553).
2. Occorre tuttavia mettere in luce come il mito bartaliano, pur essendo caratterizzato per tutta la sua durata da una sostanziale continuità di contenuti, ha assunto significati diversi nei differenti contesti politici in cui si è mosso, ossia durante gli ultimi anni del regime fascista prima e nel corso del dopoguerra poi. Non c'è dubbio infatti che il campione toscano abbia rappresentato, fino alla caduta del fascismo, una sorta di contrapposizione ai modelli etici e sociali del regime. E ciò tenuto anche conto delle dichiarazioni di ossequio al fascismo, rilasciate all'indomani di ogni impresa, e che, a mio avviso, scaturivano piú da un formale ossequio per una certa liturgia da parata, doverosa per un personaggio della sua fama, che da un'intima adesione a certi modelli di regime.
Il mito bartaliano nasce nella seconda metà degli anni '30 ossia in un periodo di difficili intese fra il mondo cattolico e il fascismo a cui fa da sfondo, sulla piazza e nella stampa di regime, il ritorno di un greve anticlericalismo. In un clima che, attraverso le polemiche sulle leggi razziali e le limitazioni per l'iscri-
zione ai circoli cattolici mirava a subordinare l'azione del mondo cattolico a quella del regime, anche il mito bartaliano coi suoi connotati specificamente `cattolici',
contribuiva ad affermare l'orgoglio e la presenza di una tradizione autonoma di cui
nonostante i compromessi col fascismo, la chiesa intendeva salvaguardare l'autonomia.
E tali motivazioni si colgono meglio analizzando alcune serializzazioni etiche
di cui si faceva portavoce il « magnifico atleta cristiano » e nelle quali non è forse azzardato cogliere una diffusa antipatia per quelle che la stampa cattolica definiva
le « esagerazioni del materialismo sportivo » criticando alcuni stereotipi proposti dallo sport di regime e predominati dalle masse muscolari come quello, ad esem-
pio, di Primo Camera.
Simbiosi ideale di spirito e di corpo Bartali, anche nel comportamento verso
i suoi avversari sembra non obbedire al cliché dello sportivo fascista, ma piut-
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tosto, tradurre alcuni principi dell'etica cattolica. Cosí infatti, secondo un cronista sportivo che commentò le sue gesta al Tour del 1938, trattenne i suoi gregari che
volevano `dare una lezione' al belga Vervaecke reo di aver fatto cadere in un burrone il campione toscano: « Lasciatelo, Dio lo punirà » (G.U., Un grande atleta, cit.).
Ma soprattutto come modello umano Bartali si discostava alquanto da quei connotati che, secondo l'ideologia di regime, avrebbero dovuto contraddistinguere l'uomo del fascismo attraverso l'ostentazione di quella `maschilità' che era accompagnata spesso da un largo contorno di atteggiamenti di un `sano virilismo sessuale'. Bartali, contrariamente a quei modelli: «È casto per convinzione morale
e igienica, ma non è misogino, egli si sposerà un giorno [...] ma non tiene a distinguersi per essere un porcellino scatenato » (A. Cojazzi, Bravo Bartali, « Rivista dei giovani », xviii, 1937, n. 6, pp. 277-78).
E fino a che punto Bartali interpretasse quella ideale simbiosi fra forza fisica
e spirituale su cui la stampa cattolica insisteva ci è dato di coglierlo, nel dopo-
guerra, anche attraverso le polemiche che accompagnavano la rivalità con Fausto Coppi. La critica sportiva cattolica non lesinava encomi anche a Fausto Coppi, tuttavia la simpatia per il `campionissimo' era di natura prevalentemente biotipica, di ammirazione per le capacità atletiche, per la sua straordinaria forza muscolare. Infatti, nell'agosto del 1949 all'indomani della vittoria di Coppi al Tour nel quale Bartali si era classificato secondo, l'organo dell'associazionismo sportivo cattolico, riconoscendo che Coppi era ormai « il piú forte, il piú `fenomenale' » lamentava come mancasse « a coronamento di questa inimitabile macchina sportiva fatta di muscoli e di stile, l'alone di umanità che circonfonde ed esalta l'atletica e nobile figura di Gino [...] questo cristiano che non chiude la sua fede in un eremo ma la
professa per tutte le vie del mondo » (L. Ferretti, Gino Bartali, « Stadium », agosto 1949, pp. 5-6).
3. Non è facile, a causa anche di un'enfatica mitizzazione tramandatasi nella
fantasia popolare, dare il giusto peso ad uno dei punti piú controversi della vicenda bartaliana ossia al ruolo taumaturgico della sua vittoria, al Tour de France
nel 1948 in coincidenza con le calde giornate seguite all'attentato a Togliatti. Sul problema, sfiorato di recente anche da Massimo Caprara, la stampa cattolica non sembrò, in quei momenti, nutrire il minimo dubbio sulla capacità che quella
vittoria ebbe come deterrente contro la rabbia popolare in seguito all'attentato al leader comunista.
Il 25 luglio 1948 Raimondo Manzini, allora direttore de « L'Avvenire d'Italia », nell'articolo di fondo del quotidiano bolognese, intessendo le lodi dello
« sportivo cristiano, dell'atleta perfetto [...] dal calmo viso velato d'ombre » e attribuendogli capacità che solo poteva nutrire chi era cresciuto « alla scuola morale di un'educazione [...] dalla quale sono partiti per utili traguardi [...] i Fanfani, i La Pira, i Malvestiti » cosí concludeva:
Una volta tanto, nelle città, intorno agli altoparlanti, i capannelli non sono all'ascolto di irose concioni o di notizie terrorizzanti: non si discute sull'ultimo agente della Celere sbucciato dalla ferina bestialità del civilizzato cannibalismo delle demo-
NOTERELLE E SCHERMAGLIE 231
crazie; e non si maledice a Scelba o viceversa. Si litiga cordialmente, tra gli sportivi o no, per l'impiego dei rapporti da usarsi su strada o lungo le rampe [...]. Le sanguigne facce dei contendenti non sono disumane come quelle riprodotte sui giornali dopo gli incidenti dello sciopero [...] Ognuno va a casa sudato ma soddisfatto [...] cosa non comune in questi tempi ipocondriaci. Si dimentica persino che, tra poco, va in vigore il nuovo prezzo del pane. Siamo grati a Bartali. Nella tetraggine di uno dei piú disperati periodi della Patria egli rappresenta una piccola luce [...] È una nota di Fede quella che egli reca: una parentesi di ottimismo (r[aimondo] m[anzini], Su Bartali tutti concordi, « L'Avvenire d'Italia », 25 luglio 1948).
STEFANO PIVATO
ENCICLOPEDIE PER RAGAZZI
E un piacere registrare una novità positiva nel panorama sconfortante delle enciclopedie per ragazzi: la pubblicazione de Il mondo dei bambini, realizzato dalle Emme edizioni di Milano, sotto la direzione di Pinin Carpi (già noto come autore di fiabe e libri per bambini) e pubblicato e distribuito dalla UTET di Torino.
Non sto a ripetere (vedi « Belfagor » xxxi, 1976, pp. 581-94) che la qualità media delle enciclopedie per ragazzi, che si prendono una grossa fetta del mercato della vendita rateale in Italia, è e rimane — anche dopo gli sforzi recenti di grossi
e prestigiosi editori come Mondadori e De Agostini — paurosamente bassa e caratterizzata da: passiva dipendenza delle grandi enciclopedie per adulti; meccanica adesione agli originali stranieri da cui molto materiale viene tradotto (con il risultato di proporre ai piccoli lettori aspetti del mondo e costumi in cui non si possono riconoscere), linguaggio incerto fra il tono didattico che fa cascare le nozioni dall'alto e il bamboleggiamento sdolcinato, totale mancanza di spirito critico e forte condizionamento ideologico, sciocchezzario (ecco una tipica perla:
« La lingua francese è molto precisa e duttile; per lungo tempo è stata considerata la piú adatta in materia diplomatica e amorosa. I francesi tengono infatti in gran considerazione le belle maniere »: da Ricerche su La Francia, di D. Lifshitz, edizione inglese Mc Donald, edizione italiana Mondadori, Milano 1974, p. 11).
Né sto a ripetere le tristi considerazioni sull'evidente squilibrio fra da una parte la buona qualità e la scarsa diffusione del materiale scolastico ed educat;.vo prodotto, per l'insegnamento elementare (libri di appoggio, guide, schedari, strumentario, matematiche 80, collane specializzate come « La ricerca », ecc.) e dall'altra parte la cattiva qualità e l'alta diffusione del materiale destinato a ragazzi
e famiglie, come sono i libri di testo (ancora molto brutti, ancora deturpati, i sussidiari, dall'assurda e obbligatoria parte iniziale sulla religione, approvata dal vescovo e offerta gratuitamente dallo Stato, catechismo dogmatico che fa a pugni
 
Trascrizione secondaria non visualizzabile dall'utente 


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in: Catalogo KBD Periodici; Id: 31350+++
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Area unica
Testata/Serie/Edizione Belfagor | Serie unica | Edizione unica
Riferimento ISBD Belfagor : rassegna di varia umanità [rivista, 1946-2012]+++
Data pubblicazione Anno: 1980 Mese: 3 Giorno: 31
Numero 2
Titolo KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2


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