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Il segmento testuale liberalsocialismo è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 353

Brano: [...]alista» Movimento

Movimento antifascista attivo in Italia soprattutto dal 1940 al 1943. Sorto da uno spontaneo moto di erosione e di alternativa al fascismo, fra il 1936 e il 1937, dal seno delle giovani generazioni intellettuali, con epicentro nella Toscana e nell’Umbria, ma poi diramatosi in buona parte del paese, teorizzato sul terreno eticopolitico e filosofico in forme diverse, prima da Aldo Capitini (v.) e poi da Guido Calogero (v.), il liberalsocialismo costituì un dato peculiare, una matrice caratteristica della embrionale resistenza e graduale radicalizzazione dei ceti intermedi italiani, nel loro settore più avanzato, alla vigilia e aH’inizio della Seconda guerra mondiale, pur distinguendosi da Giustizia e Libertà (v.), con cui ebbe qualche punto di contatto e di collegamento, ne tenne in Italia il posto conservando sempre un carattere autonomo non collegato o scarsamente collegato ai fuorusciti, in una frase in cui le file dei giellisti erano decimate dalla repressione; e anzi contribuì in qualche modo, con un processo di osmosi, a riali[...]

[...]to e di collegamento, ne tenne in Italia il posto conservando sempre un carattere autonomo non collegato o scarsamente collegato ai fuorusciti, in una frase in cui le file dei giellisti erano decimate dalla repressione; e anzi contribuì in qualche modo, con un processo di osmosi, a rialimentare quella formazione politica, favorendone poi

il trapasso nel successivo Partito d’Azione (v.).

Di un vero e proprio movimento politico, nel caso del liberalsocialismo non si può tuttavia parlare almeno fino all’estate del 1940 (un decisivo passo avanti in questo senso si era avuto già con l'incontro tenuto a Pratica di Mare, presso Roma, il

21 aprile dello stesso anno), cioè fino alla stesura, per opera di Guido Calogero, di un primo Manifesto programmatico che venne così a coincidere con l’intervento italiano nella guerra.

Tale documento si apriva con l’affermazione che « a fondamento del liberalsocialismo sta il concetto della sostanziale unità e identità della ragione ideale, che sorregge e giustifica tanto il socialismo nella sua esigenza di giustizia quanto il liberalismo nella sua esigenza di libertà », e si concludeva con l’appello alla « formazione di un Fronte della Libertà ».

Un secondo manifesto, più politicizzato e in qualche modo più definito del primo, fu redatto all’inizio del 1941.

Il Manifestoprogramma Nel secondo Manifesto si affermava: « li liberalsocialismo è in primo luogo un movimento che mira al ristabilimento della libertà politica per sé come per ogni altro movimen[...]

[...]ella sostanziale unità e identità della ragione ideale, che sorregge e giustifica tanto il socialismo nella sua esigenza di giustizia quanto il liberalismo nella sua esigenza di libertà », e si concludeva con l’appello alla « formazione di un Fronte della Libertà ».

Un secondo manifesto, più politicizzato e in qualche modo più definito del primo, fu redatto all’inizio del 1941.

Il Manifestoprogramma Nel secondo Manifesto si affermava: « li liberalsocialismo è in primo luogo un movimento che mira al ristabilimento della libertà politica per sé come per ogni altro movimento o partito rispettoso della libertà. In secondo luogo è un partito che oggi diffonde le sue idee e raccoglie le sue forze, per l’opera che più ampiamente svolgerà domani, quando potrà godere esso stesso di quelle libertà.

Nel primo senso, il liberalsocialismo lavora per il comune Fronte della Libertà, e invita a parteciparvi tutti coloro che, qualunque sia il loro specifico orientamento di partito, consentono in quei principi fondamentali della convivenza politica che il liberalsocialismo ritiene debbano essere pregiudizialmente accettati da ogni partito degno del suo diritto di libertà. Essi sono i seguenti:

1) Ogni norma di legge, ogni autorità di governo trae il suo diritto solo dal consenso della maggioranza. Quando tale consenso può liberamente formarsi ed esprimersi, nessuna norma o autorità deve valere, che non derivi da esso.

2) Tutte le volte, invece, che tale possibilità della libera formazione e manifestazione del consenso non sussiste, non si può attendere il voto della maggioranza per prendere i provvedimenti che debbono appunto renderlo possibile. Qui, e so[...]

[...]zionale, dalla vivente forza di coloro che si impegnano per la sua realizzazione. In un secondo tempo questa forza costituente, diventata forza legale, designerà in se medesima gli organi e gli individui per la speciale tutela ed esplicazione dei suoi principi; e riserverà a se stessa l’uso della forza armata ».

Il Manifesto continuava chiedendo il consenso e la collaborazione di ogni altro partito e formulando i due principi fondamentali del liberalsocialismo che erano alla base dei 6 punti: « Assicurare la libertà nel suo funzionamento effettivo, costruire il socialismo attraverso questa libertà ». Riguardo alla politica internazionale, i liberalsocialisti precisavano di essere contrari a ogni nazionalismo, al razzismo e all’imperialismo. Il Manifesto concludeva con un appello rivolto alle diverse correnti antifasciste. Ai liberali: « Voi siete stati, in altri tempi, i protagonisti della lotta per la libertà, i primi alfieri della sua bandiera. Ma siete stati anche angosciati dall’incertezza circa il limite a cui vi fosse concesso di giungere nel[...]

[...]one è la vostra aspirazione, la nostra verità è la vostra verità, quando essa sia liberata dai miti del materialismo storico e del socialismo scientifico [...]. Non dimenticate che Marx scrisse il ’’ Manifesto ” e il ” Capitale ’’ a Londra, all’ombra delle libertà inglesi. Cercate che lo stato di domani non tolga a un nuovo Marx la possibilità di sorgere ».

Infine « ai cattolici, ai cristiani, a tutti gli uomini di religione »: « L’ideale del liberalsocialismo non è che l’eterno ideale del Vangelo. Esso non è che una forma di cristianesimo pratico, di servizio di Dio calato nella realtà. Chi ama il suo prossimo come se stesso, non può non lavorare per la giustizia e per la libertà ».

Il Manifesto non conteneva una sola parola di incitamento alla lotta né indicazioni sull’attività da svolgere, sui mezzi da impiegare, sulle forze da mobilitare per abbattere la dittatura fascista.

Il punto di coagulo e il metodo d’azione dei liberalsocialisti consistette pertanto in dibattiti interni e in convegni che, a partire dal 1937, furono infatti abbastan[...]

[...]dal 1937, furono infatti abbastanza frequenti e numerosi; nel maggio del 1940, ad Assisi, fu inoltre stabilita un’intesa con « Giustizia e Libertà ». Nel 1943 anche il movimento liberalsocialista confluì nel Partito d’Azione, salvo Aldo Capitini che, attestato su posizioni « non violente » (oscillanti tra gandhismo e socialismo), propose allora un’organizzazione extrapartitica imperniata su una pluralità di « centri ».

Fondamenti ideali

Il liberalsocialismo, come « concentrazione di premesse culturali e di impulsi pratici » (Capitini), ebbe origine all'interno della situazione politicomorale dell'Italia. Infatti i suoi poli ideali furono, da un lato, il superamento del pensiero di Giovanni Gentile (v.) (un primo centro di incubazione e irradiazione si era avuto a Pisa, presso la Scuola Normale), e dall’altro i limiti, ma anche gli stimoli, della filosofia politica di Benedetto Croce (v.). Il retroterra più autentico dell’elaborazione liberalsocialista consisteva nella critica ai partiti prefascisti e ai loro postulati ideologici, come nella esig[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 354

Brano: Liberalsocialista, Movimento

Adolfo Capitini nel dopoguerra

tori e primi aderenti del movimento, e comunque poco influente su di essi. In definitiva il liberalsocialismo fu più dibattito che azione politica diretta e immediata, e l'accento cadde più su un’istanza di rinnovamento morale e istituzionale che sull’organizzazione e sull’agitazione. Sua premessa negativa, sul terreno ideologico, fu il fallimento del ventilato e abortito corporativismo di sinistra; positivo il concetto di « prepartito » che Benedetto Croce venne elaborando e preparando verso la fine degli anni Trenta. Ma le ragioni politiche furono altre, più sostanziose e pregnanti, sebbene indirette e non apertamente dichiarate: con l’aggressione all'Etiopia e con l’intervento liberticida nella gu[...]

[...]ce venne elaborando e preparando verso la fine degli anni Trenta. Ma le ragioni politiche furono altre, più sostanziose e pregnanti, sebbene indirette e non apertamente dichiarate: con l’aggressione all'Etiopia e con l’intervento liberticida nella guerra civile spagnola, il fascismo rivelava a una nuova generazione il suo vero volto imperialista, reazionario e razzista. Tuttavia, quando l’inclinazione a sinistra dei giovani teorici e seguaci del liberalsocialismo si venne chiarendo, sopraggiunse nel 194041 la critica di Benedetto Croce che ne mise sotto accusa, dal punto di vista dell’idea liberale, le confusioni e gli ibridismi e se ne distaccò e li respinse.

In effetti, come si vide poi, in seguito alla confluenza nel Partito d’Azione e al processo dissolutivo dei presupposti ideologici del movimento (precipitato rapidamente fra

il 1945 e il 1947), si era trattato di un tentativo di aprire e sperimentare in sede politica una « terza via » fra marxismo e liberalismo classico (cioè economicamente agnostico). Anche considerandolo sul suo terreno [...]

[...]dismi e se ne distaccò e li respinse.

In effetti, come si vide poi, in seguito alla confluenza nel Partito d’Azione e al processo dissolutivo dei presupposti ideologici del movimento (precipitato rapidamente fra

il 1945 e il 1947), si era trattato di un tentativo di aprire e sperimentare in sede politica una « terza via » fra marxismo e liberalismo classico (cioè economicamente agnostico). Anche considerandolo sul suo terreno specifico, il liberalsocialismo fu insomma assai più ideologico che fondatamente teorico, e

il tentativo di Calogero di rilanciare (nel novembre del 1944 a Roma) le formule felicemente escogitate da lui e da Capitini negli anni precedenti (per esempio: « partito d'azio

ne per la repubblica liberalsocialista » o anche « internazionale liberalsocialista degli individui ») non poteva venir meno, una volta usciti fuori da una cospirazione tutta intellettuale e posti di fronte a una lotta politica resa effettuale dalla discesa in campo nella società nazionale, delle contrapposte spinte di classe.

Del resto, fra il 1943 [...]

[...] di un progressivo assorbimento delle migliori intenzioni di emarginare il liberalismo, di dare vita a una nuova democrazia a contenuto sociale (da qui una disputa anche terminologica sulle varie « locuzioni binarie », per dirla con Calogero) in una conciliazione o transizione pratica coincidente con l'obiettivo, consapevole

o inconsapevole, di una leadership intellettuale e di ceto medio.

In realtà, anche dal punto di vista ideologico, il liberalsocialismo fu il riflesso della crisi delle scuole idealistiche, iniziatasi per più vie negli anni tra il 1937 e il 1939, tanto sul terreno filosofico che su quello politico. Non si può tuttavia negare, ed anzi si deve ammettere e riconoscere sul terreno storico, che nel successivo periodo della Costituente (v.), quando lo stesso Partito d’Azione aveva ormai svelato l’esiguità del suo seguito, talune motivazioni etiche e giuridiche del liberalsocialismo ebbero una incidenza e lasciarono una traccia notevole nella vita pubblica italiana, lavorando a dirimere le antitesi fra libertà e giustizia, fra « religione della libertà » e « libertà dal bisogno »: da qui la concezione di un’economia mista, a due settori, di un rapporto fra le autonomie e il piano, di un organamento delle garanzie democratiche in una società animata dallo spirito del socialismo.

A parte il tentativo di superare o conciliare ogni distinzione fra le scuole solo parzialmente coincidenti del liberalismo e del socialismo, molti altri punti più propriamente politici dei prog[...]

[...]ondendo i programmi di cui si è fatto cenno. La sua rilevanza storica più cospicua emerse pertanto, al di là della più immediata incidenza nel campo proprio di « Giustizia e Libertà » e del futuro Partito d’Azione (del resto, diversi fra i primi aderenti confluirono abbastanza presto anche in formazioni marxiste, comuniste o, in qualche caso, socialiste), neH’impegno politico e sociale di un notevole numero di quadri intellettuali. Attraverso il liberalsocialismo passarono Pietro Ingrao, Mario Alicata, Paolo Bufai ini, Ranuccio Bianchi Ban

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 355

Brano: [...]o giovanile organizzato) che, del resto, avevano dato un’adesione effimera, rimane un momento significativo anche per la successiva caratterizzazione e il successivo sviluppo del movimento che poi, più liberamente, andrà specificandosi come sintesi laicorepubblicana (animata però sempre da una forte vena di religiosità sociale, etica e modernista), come il « primo movimento dell’antifascismo postfascista » (Calogero).

Da notare inoltre che il liberalsocialismo, nel suo nucleo fondamentale, per ragioni cospirative ma in parte anche per motivi ideologici, evitò collegamenti all’estero, con gli ambienti dei partiti con cui non ravvisava, specialmente nei primi anni, particolari elementi di affinità. Leo Valiani ha messo in rilievo taluni nessi con la tradizione salveminianacrociana dell’antifascismo meridionale e anche la confluenza di un notevole manipolo di valdesi. Poste queste diverse componenti, specialmente per talune personalità più rilevate e mature — come Guido Dorso (v.) — il lavorio di organizzazione interna e di proselitismo prevalentement[...]

[...]tito d’Azione confluirono poi, durante la Guerra di liberazione, quasi senza soluzione di continuità nella sinistra dei C.L.N..

E. Sa.

I centri del movimento

Nel novembre 1941 la rivista fiorentina Argomenti, edita da Parenti e diretta da Raffaello Ramat, pubblicò un articolo intitolato « Terra e contadini », in cui Ranuccio Bianchi Bandinelli, con lo pseudonimo di Filippo M. Paparoni, trovava modo di esporre pubblicamente le teorie del liberalsocialismo, sotto la finzione di una recensione letteraria. L’attività del movimento aveva allargato i contatti e i collegamenti con gli intellettuali antifascisti. Erano sorti numerosi comitati. A Firenze, a Tristano Codignola si erano uniti Luigi Russo, Piero Calamandrei, Ernesto Codignola, Enzo Enriques Agnoletti, Carlo Fumo, Luigi de Sar

10, Margherita Fasolo, Alberto Carrocci e Pietro Fossi. A Roma, attorno a Guido Calogero si raggrupparono numerosi giovani, tra cui Pilo Albertelli, Ugo Baglivo, Giorgio Candeloro, Vittorio Gabrieli, Carlo Muscetta, Paolo Alatri, Paolo Solari, Bastianina Musu, Gi[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 187

Brano: [...]ria (P.S.i.U.P.), il giornale si presenta con una tiratura di 3.600 copie, di cui 2.000 diffuse in Svizzera. La direzione del foglio viene affidata a Nenni e a Pali ante Rugginenti.

Nel periodo della sua permanenza a Zurigo, fino al 1933, la posizione di ideologo del giornale viene assunta da Giuseppe Saragat, « aperto agli influssi dell'austromarxismo di Otto Bauer » (Arfé). La polemica è condotta sui due fronti: verso i comunisti e verso il liberalsocialismo di Rosselli.

Nel gennaio 1934 il giornale si trasferisce a Parigi, a colmare il vuoto lasciato da La Libertà concentrazionista, cessata con la morte di Treves (10.6.1933). Il ricorso dei massimalisti alla magistratura francese porta — questa volta — al mutamento della precedente testata in quella di Nuovo Avanti, mentre la direzione si conferma nelle mani di Nenni. Si ha un notevole miglioramento editoriale e, anche se la periodicità continua a essere settimanale, ì\ formato, la stampa e rimpaginazione diventano quelli di un quotidiano. A Saragat e a Nenni si affianca Angelo Tasca. Mentre [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 281

Brano: [...]le, dal tedesco) le letterature straniere in un periodo in cui la cultura italiana sarà dominata dall’autarchia.

Nella Resistenza

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale sentì l’impulso d’un impegno più determinato e fu tra coloro che si dedicarono a preparare o almeno a discutere i nuovi indirizzi politici da attuare nel vuoto che avrebbe lasciato il regime fascista dopo la sua probabile e poi certa caduta. Gli piacque il programma del liberalsocialismo (v.), di cui lo interessavano sia la rivendicazione della libertà sia l’accentuazione sociale; negli ultimi anni del fascismo fece parte del gruppo veneziano che lo seguiva e, con questo, aderì poi al Partito d’Azione. Alcune riunioni clandestine si svolsero anche nel suo appartamento in Fondamenta dei Cereri.

La caduta del governo fascista (25. 7.1943) lo portò ad accettare l'impeqno di diriqere due giornali locali: Il Gazzettino e La Gazzetta di Venezia (quotidiano della sera). Il 28 luqlio i redattori nominarono un Comitato direttivo provvisorio formato da Enzo Duse, Daniele Gavagnin, E[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 453

Brano: [...] Barbera, Rinnovamento della scuola nella libertà, in “Civiltà cattolica”, 10 febbraio 1945; R. Battaglia, Scuola e Resistenza, in “La scuola democratica”, Atti del Congresso Nazionale della scuola. Roma, ASDN, 1954; D. Bertoni Jovine, La scuola italiana dal 1870 ai nostri giorni, Roma 1970, p. 396 sgg.; G. Bocca, Una repubblica partigiana, Milano 1964; A. Bravo, La repubblica partigiana dell'Alto Monferrato, Torino 1965; G. Calogero, Difesa del liberalsocialismo, Roma 1945, appendice I; G. Canestri G. Ricuperati, La scuola italiana dalla Legge Casati ad oggi, Parte III, Torino 1976; Q. Casadio, Gli ideali pedagogici della Resistenza, Bologna, 1967; F. Catalano, I movimenti studenteschi e la scuola in Italia, Milano 1969; Italia Libera — Organo del Partito d’Azione, 20 febbraio 1944; M. Legnani, Politica e amministrazione nelle repubbliche partigiane, Istituto Nazionale per la storia del movimento di Liberazione in Italia, quaderno n° 2, s.d.; C.B. Lazagna, Ponte rotto, Genova 1975; A. Omodeo, Libertà e storia. Scritti e discorsi politici, Torino 196[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 234

Brano: [...] cellula di vecchi socialisti (Olindo Vernocchi, Luigi Canevari, Nicola Per

rotti, Oreste Lizzadri) cui si aggiungeranno, agli inizi del 1943, giovani maturati attraverso propri percorsi (Achille Corona, Tullio Vecchietti, Giuliano Vassalli, Mario Zagari). La combinazione dei gruppi intellettuali e di ceti medi, propria del movimento di “Giustizia e Libertà” e rappresentata qui da Stefano Siglienti e Federico Comandini, aperti al discorso del liberalsocialismo (v.) di Guido Calogero, che da Pisa giunse anche a Roma, sfocierà invece nel Partito d'Azione. Nel 1942 rinacque anche un raggruppamento misto, che gli ideatori Alcide De Gasperi, Ivanoe Bonomi e Meuccio Ruini denominarono Fronte delle democrazie unite, il quale convogliava tendenze non ancora mature di autonoma rinascita della Democrazia cristiana (v.) e di vecchi esponenti del mondo prefascista. All’estrema sinistra, antifascisti come Raffaele De Luca, Antonino Poce, Filiberto Sbardella ed Enzio Malatesta si collegheranno per dare vita dopo I'8.9.1943 al movimento di Bandiera Rossa (v.), er[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 345

Brano: [...]i limiti del liberalismo e del liberismo, che aveva condotto ad una distinzione metodologica dell'uno dall’altro. Ma era ancora poca cosa per trarne un fondamento programmatico di rinnovata iniziativa politica.

Il Movimento liberale (194245)

Sorse così, sotto lo stimolo della crisi imminente del fascismo e della sua politica di guerra a fianco della Germania nazista e nel confronto con i risorgenti gruppi e partiti antifascisti (fra cui il liberalsocialismo (v.) e il Partito d’Azione, socialmente contigui anche se di indirizzo radicaleggiante), quel Movimento liberale che — fra il 1942 e il 1943 — attese prevalentemente a omogeneizzare un certo numero di quadri e di indirizzi pragmatici. Ma la fisionomia di questa prima ricostituzione del « movimento » rimase quella di un « prepartito », di impianto tutto sommato al di là della politica; preparatorio forse, secondo l’ambizioso disegno di Croce, del risorgimento e rinnovamento dello Stato liberale di un tempo.

Di questa ultima evoluzione e del suo impatto con la realtà nazionale e sociale del [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 287

Brano: [...]cembre il quotidiano riprese le pubblicazioni. Venne in seguito frequentemente sequestrato, finché fu definitivamente soppresso dalle autorità del regime (agosto 1923).

Lavoro, Partito italiano del

P.I.L. Formazione politica operante in Romagna dall’autunno del 1943 alla primavera del 1945, per iniziativa preminente di Giusto Tolloy (v.).

Il P.I.L. può essere parzialmente ricompreso nella cerchia di quei movimenti eticopolitici, come il liberalsocialismo o il Partito socialista rivoluzionario di Ruggero Zangrandi, che si formarono e tentarono di operare e di distinguersi programmaticamente dalle altre formazioni antifasciste nella crisi del regime mussoliniano; se ne differenziò tuttavia per la sua base tipicamente regionale e per una struttura associativa che, pur essendo piuttosto esigua, risultò abbastanza compatta e attiva.

Nel P.I.L. confluirono due movimenti precedenti: la romagnola Unione dei lavoratori italiani (U.L.I.), organismo interpartitico sorto già alla vigilia della guerra e abbastanza influente nel Forlivese e nel Ravennat[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 426

Brano: [...]iustizia. Si è poi più intensamente dedicato al magistero, in forma che costituisce un arricchì, mento ed una proiezione delle sue specifiche convinzioni e che si condensa nella filosofia del dialogo, secondo il principio che « né la libertà può essere un futuro rispetto alla giustizia, né la giustizia un futuro rispetto alla libertà. Entrambe debbono essere presenti ed operanti, a garantirsi e a promuoversi a vicenda ».

Nel volume Difesa del liberalsocialismo (Roma, 1945) ha raccolto II frutto della sua esperienza di lotta antifascista e i principali documenti del movimento liberalsocialista.

B.An.

Calosso, Umberto

N. a Belveglio d’Asti il 23.9.1895, m. a Roma il 10.8.1959. Si iscrisse alla facoltà di lettere dell’università di Torino e, in quegli anni, conobbe Gramsci, Passoni, Martorelli, Tasca, Togliatti. Nel 1918 aderì al Partito socialista.

Laureatosi nel 1920, si diede all’insegnamento e contemporaneamente, con il pseudonimo di Mario Sarmati, collaborò alla terza pagina dell’« Ordine Nuovo » (1921), sostituendo alla critica teatr[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine liberalsocialismo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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