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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 397

Brano: [...]rgoLorena, salì al trono il 9.1.1878 assumendo (sembra su consiglio dell’allora ministro deH’Interno Francesco Crispi) il nome di Umberto I, non conforme alla progressione dinastica, proprio per rimarcare la funzione nazionale della monarchia.

Il suo regno segnò un’epoca importante per l’Italia (v.), caratterizzata

dall’avvento al potere della Sinistra, daH’allargamento della base dello Stato, dal “trasformismo” di Agostino Depretis e dall’autoritarismo di Crispi, dai primi passi del colonialismo (v.) italiano, dall’avanzata del socialismo e del movimento operaio per concludersi con la reazione antipopolare e antidemocratica del 1898, cui seguì l’attentato di Monza.

Alla ricerca di popolarità

« Cresciuto tra monsignori e soldati era entrato nella vita pubblica senza entusiasmo e senza genialità, senza nemmeno quelle turbolenze che avevano reso popolare il padre. S’era comportato bene nella terza guerra d’indipendenza, ma a corte erano unanimi nel dire che il principe “era purtroppo ignorante” e che non mostrava alcuna attitudine regale[...]

[...] fattori misero sempre più in luce le tendenze autoritarie e militariste di Umberto: la sua ostilità contro il rafforzamento del movimento operaio che si accingeva a superare l'utopia anarchica e la palingenesi rivoluzionaria per diventare soqgetto attivo della lotta politica; l’ammirazione per la forte personalità dell’imperatore di Germania Guglielmo II e per le sue idee antidemocratiche e antiparlamentari; l'influenza su di lui esercitata daH’autoritarismo di Crispi e dalla

397



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 66

Brano: [...]anno poi da veri e propri « sostituti » del popolo (mandato non imperativo, indipendenza del deputato dagli elettori).

Dalla liberaldemocrazia al fascismo

Già da queste poche indicazioni risultano evidenti alcune caratteristiche della liberaldemocrazia che alludono chiaramente a tendenze politiche le quali troveranno precisamente nel fascismo il loro coerente sviluppo e perfezionamento: subordinazione della società allo Stato [statalismo), autoritarismo, elitarismo gerarchico, culto della individualità dell'uomo politico come capo illuminato. Lo sviluppo e il perfezionamento di tali tendenze maturano nella misura in cui si aggrava e diviene cronica la crisi del regime parlamentare, vale a dire il contrasto fra le aspettative della maggioranza (popolare) degli elettori e il sostanziale immobilismo sociale del parlamentarismo. Inserendosi appunto in questa crisi di fiducia tra elettori ed eletti, il fascismo attacca, con il regime parlamentare, l’intera vita politica, vale a dire ogni collegamento fra la vita statale e la volontà popolare, e a[...]

[...]tadine, degli scioperi ecc.), guadagnando consensi anche fra strati popolari sfiduciati e stremati. Quando invece, come in questo secondo dopoguerra, la vita politica vede una ripresa della partecipazione popolare, i movimenti fascisti, impossibilitati a mettere a nudo l’intero arco della loro rozza ideologia, si presentano come forze che sottolineano nella tradizione liberaldemo

cratica le caratteristiche già indicate dello statalismo e dell’autoritarismo, lasciando all’avvenire di dipanare tutte le implicazioni.

Una conferma di questa tesi possiamo trovarla risalendo alle fonti del pensiero liberale che ha tenuto per lungo tempo a distinguersi dal pensiero democratico. Già Kant, per esempio, teneva a distinguere il suo Stato « repubblicano » dalla democrazia, mentre Constant (il primo grande teorico del costituzionalismo liberale) debuttò proprio attaccando Rousseau, padre della democrazia moderna, e il « dogma » della sovranità popolare. Notevole, infine, è il richiamo teorico di molti filosofi fascisti alla dottrina di Hegel, primo teori[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 662

Brano: [...]ialmente agiografico, esaltava la linearità di uno sviluppo, la coerente realizzazione di un progetto che non conosce rotture dal 1917 in poi) venivano in tal modo accettati acriticamente, tanto che angloamericani e sovietici, pur muovendo da presupposti del tutto contrastanti, finivano con il convergere sulla tesi se

condo cui, in definitiva, lo staiinismo non sarebbe mai esistito.

Secondo Thomas T. Hammond, Adam B. Ulam e Merle Fainsod l’autoritarismo e i caratteri totalitari della società sovietica non trovavano tanto la loro origine nella politica perseguita da Stalin, quanto nelle posizioni sostenute da Lenin già a partire dalla fine del XIX secolo: l’« oligarchia monopartitica », la concezione leniniana del partito e dei suoi rapporti interni, il ruolo attribuito allo stato nelle impostazioni teoriche del fondatore dell’U.R.S.S. contenevano già tutti gli elementi che dimostrerebbero come lo stalinismo non avesse fatto altro che attuare un’impostazione viziata in partenza come totalitaria.

Robert V. Daniels, ad esempio, ha sostenuto [...]

[...] stalinismo ».

Gli anni dal 1928 al 1933 sono considerati da molti studiosi come determinanti per la formazione dello stalinismo: la collettivizzazione forzata, i piani quinquennali e l'assassinio di Kirov (v.) costituirono tutti momenti specifici che caratterizzarono una “rivoluzione dall'alto” imposta in prima persona da Stalin per attuare la modernizzazione del paese e che contennero (secondo tali orientamenti) i germi della violenza e delTautoritarismo esplosi nel corso degli anni Trenta. Molti studiosi angloamericani (fra i quali si possono qui ricordare Robert C. Tucker, Stephen Cohen, Moshe Lewin, Alexander Erlich) hanno dunque contestato le tesi “continuiste”, non solo spostando dal punto di vista cronologico l’insorgere dei tratti autoritari dominanti della società sovietica, ma anche insistendo sulle svolte impresse alla storia sovietica dalle lotte politiche maturate nel corso degli anni Venti all’interno del Partito bolscevico: le possibili “alternative” a Stalin, in particolare quella rappresentata dalle tesi di Bucharin (v.), sono[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 666

Brano: [...]v il quale, pur sottolineando il perdurare dello stalinismo nel suo paese, ammonisce gli occidentali a non sottovalutare mutamenti quali la concessione dei passaporti interni come misura di profonda riforma sociale, per l’impatto che essa avrebbe registrato nella società sovietica. In Italia, infine, un esperto di storia dell’U.R.S.S. come Giuseppe Boffa ha descritto lo stalinismo come un fenomeno non solo russo, ma certo carico di nazionalismo, autoritarismo e saldamente legato ai problemi dello sviluppo, e sul quale ha inciso, forse in modo decisivo per la sua formazione, la guerra civile.

Resta comunque ancora scarsamente affrontato lo studio della base sociale dello stalinismo, del grande consenso di massa che, al di là e nonostante le coercizioni e le re

pressioni attuate, esso ha riscosso. Proprio per questa sua ancora aperta problematicità lo stalinismo si presenta, agli occhi degli studiosi, come uno di quei grandi fenomeni storici che hanno segnato, nel bene e nel male, la storia dell'umanità. Un fenomeno intorno al quale polemiche [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 334

Brano: [...]andidatura alla Camera offertagli dal P.S.I. per un collegio di Torino, ma tenne in questa città due grandi comizi a favore dei candidati socialisti.

Nel 1915, nelle polemiche riguardanti l’intervento dell’Italia nella Prima guerra mondiale, si schierò con i cosiddetti “interventisti democratici” (o di sinistra), portati a considerare l’attacco agli Imperi centrali come la necessaria conclusione del Risorgimento e l’occasione per far cadere l’autoritarismo asburgico, liberando le nazionalità oppresse di quello Stato multinazionale. Coerente con la sua scelta, si arruolò volontario e combattè sul Carso, ma data la fragilità del suo fisico fu presto restituito alla vita civile. Colpito, nel sia pur breve periodo di permanenza al fronte, dalla cattiva organizzazione militare e dalla scarsa funzionalità dei Comandi, ne fece denuncia al ministro Martini. Al termine del conflitto, fu tra i propugnatori di una pace che garantisse il rispetto delle nazionalità soprattutto verso i popoli balcanici e giungesse a un assetto democratico dei rapporti intern[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 297

Brano: [...]azionalismo, nel dannunzianesimo e nella guerra 191518; ma la sua origine lontana egli fa risalire « al 1545, l’anno in cui si aprì il Concilio di Trento. La cosiddetta “età della Controriforma” elaborò precisamente dei moduli per una concezione gerarchica ed esteriore della «/ita confessionale e quindi anche politica, la quale si è stratificata nel costume italiano, e non soltanto italiano »: « gerarchismo confessionale », con l’aggiunta dell'« autoritarismo della monarchia assoluta del Seicento ».

Laicista, antifascista e storicista militante, Russo denunciò nella storia deH’Italia moderna e contemporanea il contrasto fra due movimenti storicopoi Itici, l'uno di conservazione e l’altro di progresso, manifestantisi nei momenti di crisi, in cui l’uno tende a sopraffare l'altro. Tale contrasto, oltre che intorno agli anni Venti, si ripresentava nell'immediato secondo dopoguerra e la lotta che Russo, da parte sua, diresse con “Belfagor”, fu appunto contro il tentativo di una prevalenza conservatrice e di una involuzione clericale, cioè di ritorno[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 691

Brano: [...]anco, Norberto Bobbio, Carlo Levi, Massimo Mila, Franco Antonicelli, Alessandro e Carlo Galante Garrone, Franco Venturi.

Procedendo affiancati, essi rappresentarono per un decennio circa un punto d’aggregazione di tutti coloro che non si riconoscevano nella polarità radicale indotta in Italia dallo scontro tra le due grandi potenze, e manifestarono ogni mese, sulle pagine del « Ponte », la protesta di una borghesia laica e illuminata contro l’autoritarismo e l’immoralità del prepotere democristiano. La loro opposizione culminò nella battaglia intrapresa per sventare nel 1953 il successo della «leggetruffa», la cui applicazione non scattò solo grazie al dissociarsi di « Unità popolare » (raggruppamento promosso da Calamandrei e Parri) dalla maggioranza guidata dalla Democrazia cristiana.

Notevole fu, in quegli anni, Io sforzo di sprovincializzazione della cultura italiana compiuto dagli uomini del « Ponte », attraverso una lunga serie di numeri speciali dedicati a paesi europei ed extraeuropei, e ricorrente il confronto con le scelte delle cl[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 618

Brano: [...]B. Pirelli venne nominato presidente della Confederazione generale dell’industria dalla sua fondazione: in

tale collocazione egli assecondò gli indirizzi del governo, mantenendo da un lato rapporti con il moderatismo lombardo, dall’altro con il socialismo riformista.

Nel 1898 gli stabilimenti Pirelli erano stati uno dei centri dei tumulti e della repressione militare diretta a Milano dal generale Bava Beccaris. All’interno della fabbrica l’autoritarismo si alleava con il paternalismo: G.B. Pirelli amava definirsi « papà dei Pirelliani », ma non evitava di tenere collegamenti con il sindacalismo socialista e con quello cattolico. Sebbene costituisse uno dei maggiori gruppi industriali milanesi, nel corso del primo decennio del secolo Se relazioni industriali, a parte alcune dure vertenze, si mantennero a un livel

lo ritenuto dalle parti soddisfacente. Nel 1911 lo scoppio della guerra di Libia provocò tuttavia in fabbrica notevoli tensioni, per la spinta da un Iato dell'imperialismo italiano e, dall’altro, deila radicalizzazione delle masse[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 506

Brano: [...]ia. Egli tuttavia riterrà anche in seguito di potervi restare fedele conferendo a Mussolini — data la sua eccezionalità storica — una preminenza quasi mistica nei confronti del « sistema ».

Pur nella debolezza di siffatto quadro dottrinario, Camillo Pellizzi condusse (con il gruppo de II Selvaggio e su altre testate) interessanti battaglie. Analizzò criticamente il fallimento dell'attività educativa ai fini di creare una coscienza fascista, l'autoritarismo gerarchico e il processo di burocratizzazione crescente che toglievano al P.N.F. la possibilità di formare una classe dirigente nuova e preparata ai compiti politici che solo il partito unico poteva elaborare e indicare. Era contro la « corporazione proprietaria » che avrebbe ridotto la rappresentanza statale a una dimensione puramente professionale. Era attento al fenomeno della separazione tra funzioni del padronato e quelle manageriali.

Chi voglia studiare il fascismo « storico » trova negli scritti di Pellizzi la lucida consapevolezza di molti dei mali del regime, contraddittoriamente [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 391

Brano: [...]cavalieri del libero capitalismo » secondo l’espressione di Filippo Turati, non si stancarono, con in

calzante riesumazione di tutto il bagaglio liberistico, di battere e ribattere il chiodo della necessaria « riscossa » della borghesia nazionale, e al raggiungimento del fine non stimarono disdicevole (durante l’ultimo decennio del secolo) la temporanea alleanza tattica con gli avversari di sempre, i socialisti, impegnati nella lotta contro l’autoritarismo crispino e le tentazioni rea^ zionarie.

Deputato radicale

Citato in tribunale a Milano e minacciato di processo di fronte al Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, preferì lasciare l’Italia, accettando nel 1897 di insegnare economia a Ginevra, dove si trattenne fin quando i radicali maceratesi lo presentarono candidato alle elezioni del marzo 1900.

In Parlamento, l’accordo di Pantaleoni con i partiti deN’Estrema durò quattro anni soltanto, fondato com’era sulla semplice comune opposizione alle manovre restauratrici di fine secolo. Chiamato alla cattedra romana di Economia pol[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine autoritarismo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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