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Il segmento testuale U.S.A. è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 207Analitici , di cui in selezione 9 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Voce enciclopedica di G.Pr [Giovanni Primavera], Siria in Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S)

Brano: [...]ti si ebbero nel 1939, in seguito alla cessione della zona di Alessandretta alla Turchia.
Dopo l'inizio della Seconda guerra mondiale truppe britanniche e della Francia Libera occuparono di comune accordo Siria e Libano. Per assicurarsi l'appoggio dei nazionalisti allo sforzo bellico, nel settembre 1941 il generale francese Catroux proclamò l'indipendenza formale della Siria, comprendente tutti i quattro Stati (Aleppo, Damasco, zone alauita e drusa), rinviando però l'attuazione pratica del provvedimento alla fine della guerra. Nel marzo 1943 venne ripristinata la costituzione e, nelle elezioni del luglio, il Blocco nazionale conquistò la maggioranza, eleggendo alla presidenza della repubblica Shukri Al Quwali. Le truppe francesi abbandonarono il paese nel 1946.
Secondo dopoguerra
La sconfitta dei paesi arabi nella guerra araboisraeliana del 1948 (v. Israele), cui la Siria aveva partecipato a fianco dell'Egitto, della Transgiordania, dell'Iraq e del Libano, aggravò la già difficile situazione economica e sociale del paese. Oltre alla e[...]

[...]raio 1954).
Intanto, dal 1949 al 1954, era cresciuta l'influenza del Ba'th e del Partito comunista siriano che, fondato nel 1924 e guidato (dal 1935) dal curdo Khaled Begdash, si era battuto fin dal 1944 per una politica di liberazione nazionale e per una rivoluzione nazionaldemocratica, da realizzarsi sulla base di un ampio schieramento politico.
L'intrusione americana
Quegli stessi anni Cinquanta videro la massiccia entrata in scena de
gli U.S.A. nel Medio Oriente. II programma enunciato nel 1949 dal presidente degli Stati Uniti Harry Truman, da una parte con il riconoscimento dello Stato di Israele e dall'altra con gli "aiuti economici" erogati ai governi arabi aveva definito le linee di penetrazione americana nella regione, con il risultato di favorire un progressivo avvicinamento delle opposizioni siriane all'U.R. S.S.. II ruolo e il peso della sinistra furono confermati nelle elezioni del settembre 1954, quando il leader comunista Begdash e 22 deputati del Ba'th vennero eletti al Parlamento. 1 ripetuti tentativi statunitensi di po[...]

[...]i come leader del movimento di unità panarabo. Grazie alla mediazione egiziana la Siria poté quindi ottenere una prima fornitura di armi dai paesi dell'Est europeo. Nel 1956, durante la crisi di Suez (v. Egitto), Ouwatli si recò a Mosca per stabilire diretti rapporti con i sovietici, mentre un commando siriano sabotava l'oleodotto irakeno che attraversava la Siria. Per rovesciare un governo che ormai potevano considerare nemico i servizi segreti U.S.A. ordirono in Siria un nuovo complotto, ma la congiura fu tempestivamente scoperta e neutralizzata: il Ba'th lanciò a questo punto la proposta di governare il paese attraverso un Fronte popolare e, presentandosi unita alle elezioni del 1957, la sinistra siriana ottenne un successo quasi plebiscitario.
Per non rinchiudersi in una pericolosa strettoia internazionale, il nuovo governo tentò di riavvicinarsi all'Occidente cercando un aiuto economico che consentisse di mantenere l'indipendenza del paese fra i due blocchi delle superpotenze, ma la persistente politica aggressiva statunitense spinse [...]

[...]iscitario.
Per non rinchiudersi in una pericolosa strettoia internazionale, il nuovo governo tentò di riavvicinarsi all'Occidente cercando un aiuto economico che consentisse di mantenere l'indipendenza del paese fra i due blocchi delle superpotenze, ma la persistente politica aggressiva statunitense spinse sempre più Damasco verso Mosca e, il 6.8.1957, la Siria concluse un accordo di assistenza economica, tecnica e militare con l'U.R.S.S..
Gli U.S.A., proseguendo anche nel Medio Oriente la loro politica di "guerra fredda", continuavano a non capire che, per le masse arabe, neutralismo non significava tanto propensione verso il comunismo, quanto volontà di opporsi all'imperialismo delle potenze occidentali. La politica del nuovo presidente americano Eisenhower contribuì ad allargare il fossato, facendo crescere nell'area la tensione bellica, tanto che a un certo momento il governo siriano decretò la mobilitazione: il 17.10.1957 truppe egiziane sbarcarono a Latakia in appoggio al governo siriano e l'U.R.S.S. inviò due navi da guerra a prote[...]

[...]lcuna intenzione di perdere la propria egemonia a favore dei comunisti e, dal momento che anche i militari premevano fortemente per costituire una federazione con l'Egitto, il governo siriano indisse un referendum popolare che vide il 91,75% dei votanti favorevoli a fondare la R.A.U.. II relativo patto di fusione tra Egitto e Siria venne siglato 1'1.2.1958 al Cairo. Pochi giorni dopo, analogamente a quanto era accaduto in Egitto, i comunisti (accusati di essersi opposti alla fusione) vennero messi fuori legge e Begdash dovette lasciare il paese.
Se l'obiettivo del Ba'th era di mantenere l'egemonia in Siria, ben diverse erano le intenzioni di Nasser, secondo il quale l'esercito siriano non avrebbe più dovuto occuparsi di politica e tutti i partiti si sarebbero dovuti sciogliere per far convergere i loro iscritti nell'Unione nazionale, partito unico di modello egiziano. In realtà Nasser mirava a fare della Siria un polo di attrazione per le popolazioni arabe con essa confinanti, quindi l'unione tra i due paesi si dimostrò subito assai più[...]

[...]iderare l'intervento del 1976 ire Libano (cioè, in giugno, l'occupazione militare della valle della Beqaa e, nell'ottobre, il riconoscimento del protettorato siriano in Libano da parte degli altri paesi arabi), i tentativi di controllare sempre più da vicino l'O.L.P. (v.) , i relativamente buoni rapporti con libanesi e iraniani.
Pur mantenendo strette relazioni con l'U.R.S.S., il governo di Damasco ha riallacciato i rapporti diplomatici con gli U.S.A. (1974) e ha adottato un approccio estremamente cauto nei confronti del problema israeliano, aspirando a ricoprire quel ruolo che l'Egitto ha dovuto abbandonare dopo l'accordo stipulato dal premier Sadat a Camp David, ripudiato come un vero e proprio tradimento dai paesi arabi. Dal 1986, la posizione internazionale della Siria si è tuttavia aggravata in seguito alle accuse rivolte dagli U.S.A. e dall'Inghilterra al governo di Damasco di organizzare e sostenere attività terroristiche a livello internazionale (accuse che i dirigenti siriani hanno fermamente respinto).
G. Pr.



da Voce Enciclopedica redazionale, Turchia in Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice)

Brano: [...]o inoltre circa 370.000 arabi, residenti nella provincia già siriana di Hatay, acquisita dalla Turchia nel 1939 in seguito ad accordi con la Francia, all'epoca potenza mandataria sulla Siria. Oltre il 99% della popolazione è di religione islamica, compresi un 10% circa di sciiti, concentrati nella Turchia sudorientale. Quest'area ha acquistato una particolare importanza dopo la rivoluzione iraniana del 1979, per cui lo Stato turco, aiutato dagli U.S.A., ha qui dato impulso alla costruzione di infrastrutture militari.
La Turchia è membro della N.A.T.O. dal 18.2.1952 ed è anche membro associato della Comunità economica europea. Le sue istituzioni, formalmente democratiche, sono di fatto dominate da una fortissima casta militare, legata alla N.A.T.O. e in particolar modo agli U.S.A. che vedono in questo paese il più agguerrito bastione contro l'espansionismo sovietico e per il controllo dei bacini petroliferi del Medio Oriente.

Dall'Impero ottomano ai Giovani Turchi
Centro del grande impero che, a partire dal secolo XIII, in circa 200 anni era divenuto il più potente Stato islamico, esteso dall'Ungheria alla Crimea e dal Marocco al Golfo Persico, comprendendo da una parte i paesi balcanici, dall'altra il Nordafrica e il Medio Oriente, verso la metà del secolo XIX la Turchia era già stata alquanto ridimensionata dai ripetuti attacchi dell'Austria e della Russia. All'indo[...]

[...] alleati occidentali; inoltre il prestigio di cui la Turchia godeva in tutto il mondo arabo creò problemi nelle colonie francesi e britanniche. Nondimeno, nel maggio 1915 le truppe zariste irruppero nell'Anatolia orientale per un centinaio di chilometri fino al lago Van, ma con la pace di BrestLitovsk (marzo 1918) le provincie orientali torneranno sotto sovranità dei turchi (che coglieranno l'occasione per dare il colpo di grazia agli armeni, accusati di connivenza con il nemico).
Nel 1916, ispirata e sostenuta dall'Inghilterra, ebbe inizio sul fronte meridionale la guerriglia araba contro i turchi (la famosa "rivolta del deserto" capeggiata dall'agente britannico Thomas Edward Lawrence). Nel 1917 gli inglesi occuparono la Palestina e la Mesopotamia; nell'ottobre 1918 formazioni arabe e truppe britanniche entrarono a Damasco.
Con la definitiva sconfitta militare degli Imperi centrali i turchi persero ogni speranza di riscossa. II triumvirato fuggì all'estero e Mehmed VI (succeduto al fratello morto nel luglio) il 30.10.1918 sottoscrisse [...]

[...]U.R.S.S.), all'indomani della Seconda guerra mondiale la Turchia dovette fare i conti con il potente vicino sovietico che rivendicava la revisione del Trattato sugli Stretti e alcune cessioni territoriali sul Caucaso; ma, saldamente fiancheggiata dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna e dalla Francia che miravano a inglobare l'Anatolia nel sistema militare dell'Occidente, poté sottrarsi alle richieste russe.
Nel luglio 1947 Inonu firmerà con gli U.S.A. il primo accordo per la fornitura di aiuti, accettando poi un'ingerenza economica e militare sempre più diretta degli U.S.A. nella vita del paese.
Nel 1945 cominciò a essere riveduta, anche per adattarne il testo alla nuova forma linguistica, la Costituzione varata da Ataturk nel 1924 (poi aggiornata nel 1928 in senso laicista e nel 1937 in senso totalitario kemalista). Ferma restando la rigorosa messa al bando del Partito comunista (mai accettato in Turchia) , fu consentita la nascita di qualche formazione politica, ponendo fine al sistema di "partito unico" kemalista: nacque così, alla fine del 1945, la prima forza di opposizione costituzionale, rappresentata dal Partito democratico diretto da Celal Bayar e Adman[...]

[...]i paesi capitalistici queste risorse appartengono alle rispettive holding private. Per tale motivo gli ufficiali turchi (diversamente da quanto accade con frequenza in certe dittature militari del Sudamerica) potevano presentarsi come una forza operante "al di sopra" e "al di fuori" del quadro politico chiamato formalmente ad amministrare lo Stato. Seguendo l'esempio dei potentati economici dei paesi capitalistici più avanzati, i militari turchi usavano le istituzioni e i governi come "comitati d'affari" necessari per l'amministrazione pubblica e per il funzionamento dell'economia nazionale, avendo però come obiettivo primario non certo il soddisfacimento delle esigenze della popolazione, bensì quello delle strutture militari ed economiche cui erano più direttamente interessati. Da qui le pesanti storture dello sviluppo in senso economico generale della Turchia e, nello stesso tempo, la saldezza del regime militare, s'intende a spese dei lavoratori turchi. Questo fenomeno, nato con le prime nazionalizzazioni kemaliste, aveva avuto ulteri[...]

[...]one del sistema di potere militare, si poteva aggiungere la chiesa islamica che, pur espropriata di poteri reali dal kemalismo, mai aveva rinunciato di riproporsi, anche per le sollecitazioni provenienti dal mondo arabo e proprie dell'integralismo islamico, come rappresentante degli interessi della grande proprietà latifondista storicamente ed economicamente emarginata dal sistema.
All'inizio del 1971, dopo il rapimento di 4 militari di una base U.S.A. e scontri fra polizia e dimostranti nelle università, che provocarono numerosi morti e feriti, seguiti da una ondata di scioperi rivendicativi, i militari decisero di riportarsi sulla scena in prima persona: il 12.3.1971 occuparono la capitale, deposero il governo, modificarono la Costituzione introducendovi altre norme che aumentavano ulteriormente il loro potere.
Dopo circa un anno e mezzo di governo militare, nell'ottobre 1973 furono indette nuove elezioni "semidemocratiche" che videro la vittoria del sempre presente Partito repubblicano del popolo fondato da Ataturk, ma ora diretto dal "s[...]

[...] e il Partito repubblicano del popolo passati all'opposizione, fu ben presto bloccata l'attività legislativa e governativa per il sabotaggio opposto dagli islamici; furono congelate le riforme che pure erano state promesse dallo stesso Ecevit e fu impossibile perfino trovare un accordo per la designazione del nuovo presidente della repubblica. Mentre le faide interne dilaniavano il governo (fra l'altro, venne dimesso il ministro degli Esteri, accusato dagli islamici di essere filooccidentale e filoisraeliano), continuarono le violenze di piazza.
Nel settembre 1980, in quella che ormai era diventata una vera e propria guerra civile, i morti erano saliti a 2.500. A questo punto i militari ritennero giunto il momento di riprendere (secondo il diritto loro conferito dalla Costituzione) il controllo della situazione. Dapprima imposero il coprifuoco; poi, all'indomani di una giornata particolarmente cruenta, nella quale erano state uccise per la strada 35 persone, il Comitato nazionale di sicurezza rappresentata dal generale Kenan Evren (capo [...]



da Roberto Magni, Dalla civiltà precolombiana alle lotte attuali. La Colombia in KBD-Periodici: Calendario del Popolo 1968 - numero 290 - dicembre

Brano: [...]
ECONOMIA E POPOLAZIONE
La Colombia conta 15.434.000 milioni di abitanti, con una densità di 13,5 abitanti per Kmq. Il tasso di accrescimento annuo della popolazione è del 2,2%, ma la popolazione indigena si sta lentamente estinguendo. Degli 850.000 indios che vivevano nel territorio colombiano ne sopravvivono meno di un terzo. All'inizio dell'anno sono stati arrestati numerosi proprietari terrieri della zona di san Fernando di Arupe sotto l'accusa di aver organizzato in conseguenze di alcuni furti di bestiame vere e proprie cacce all'indio che si erano concluse con decine di vittime indigene, in generale ragazzi, i cui corpi venivano bruciati nella « pampa ».
La popolazione attiva rappresenta il 33% della popolazione totale (poco più di 5 milioni di unità nel 1963). 2.760.000 lavoratori sono impiegati nell'agricoltura; 504.000 nell'industria e 65.000 nelle miniere.
Il 32% della popolazione è analfabeta e il governo da anni non dedica più del 12% del suo bilancio all'educazione.
L'economia colombiana si basa essenzialmente sull'agr[...]

[...]one bananiera, cui spetta il secondo posto, è dominata dalla « United Fruit Co. ». Altri prodotti dell'agricoltura sono il cotone, il tabacco e il mais. Vale la pena menzionare anche l'allevamento del bestiame quasi tutto però nelle mani delle industrie alimentari nordamericane che conta su 20 milioni di bovini e 3 di suini.
I più importanti prodotti dell'industria estrattiva sono il petrolio (60 milioni di barili l'anno), il ferro e l'oro. Gli U.S.A. hanno investito, nel solo 1963, nell'industria petrolifera colombiana 246 milioni di dollari. Nell'industria di trasformazione (cemento, acciaio grezzo e l'elettricità ma soprattutto chimica e petrolchimica) i monopoli nordamericani hanno investito, sempre nel 1963, 120 milioni di dollari.
Cionostante la Colombia resta un paese essenzialmente agricolo. La partecipazione dei vari settori di produzione alla formazione del prodotto nazionale lordo è così ripartita: 30 per cento all'agricoltura; 21% all'industria; 15% al commercio e 6% ai trasporti.
Sebbene il prodotto nazionale lordo sia aumen[...]

[...]otto nazionale lordo sia aumentato nel 1965 rispetto
all'anno precedente del 3,2% l'indebitamento verso l'estero è aumentato di oltre 15 milioni di dollari. D'altro canto, l'indice del costo della vita è passato dai 100 del 195455 a 282,2 per gli impiegati e 291,3 per i lavoratori dell'industria. Per quanto si riferisce ai prezzi, questi sono aumentati nel 1965, anno preso in esame dall'ICE, del 7,3%.
Nell'ambito del commercio con l'estero gli U.S.A. assorbono ií'57% delle esportazioni e importano per il 52,4%. Seguono la Germania Federale e l'Inghilterra'.
L'Italia è al nono posto: importa bovini, caffè e frutta tropicale; esporta soprattutto macchine da scrivere, macchine utensili, motocicli e tràttori. Capitali italiani sono investiti nella industria leggera (Olivetti colombiana S.A., S.A.F.E., Ave L.T. D.A., CEAT, Necchi), nella siderurgia (Siderurgica del Pacifico S.A., dalla quale dipende la « Aceros Tuberias de Bogota S.A.), nella industria enologica (Cinzano e Martini & Rossi), nella farmaceutica («Carlo Erba de Colombia »). Fort[...]

[...]mia del paese ». E questa la vera fine della Gran Colombia, sognata da Bolivar per opporsi a quella che stava per diventare la più grande potenza imperialista del mondo. In questo stesso anno venne fondato in Colombia il Partito Comunista; nato attorno alle prime fabbriche di Bogotà, il P.C.C. si è sempre caratterizzato, da allora, come un partito essenzialmente operaio.
Sotto la presidenza di Eduardo Santos (19381942) la Colombia si alleò agli U.S.A. durante la seconda guerra mondiale. Terminata la guerra, cominciò in Colombia un periodo di indicibile violenza che provocò le dimissioni del presidente liberale Alfonso López e l'ascesa al potere del conservatore Mariano Ospina Pérez. Era l'anno 1946: al presidente e alla sua fazione si opposero non solo i liberali, ma tutti i settori popolari fino ai comunisti. Nel 1948, la violenza raggiunse il suo culmine con l'assassinio del leader liberalrivoluzionario Jorge Eliacer Gaitán. In seguito a questo delitto, i contadini cominciarono ad armarsi ed a creare quelle « zone di autodifesa » che avr[...]



da Luciano Bianciardi e Carlo Cassola, I minatori maremmani (con tre documenti) [documenti: Lettera del Sindacato Minatori aderente alla CGIL, al Distretto Minerario di Grosseto del 7-8-1953 in cui si prospettano i pericoli derivanti dai metodi di conduzione della miniera, e in particolare dal cosiddetto metodo dei franamenti del tetto, firmata in calce «per la segreteria» Betti Duilio; Lettera di risposta del Distretto Minerario di Grosseto del 29 Ottobre 1953 firma in calce «L'ingegnere capo» Tullio Segu... in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]l'Ombrone, con le due vette del Poggio di Montieri (m. 1052) e della Cornata di Gerfalco (m. 1060). L'importanza mineraria di questa zona era conosciuta sin dal tempo degli Etru
hi, che vi han lasciato i resti di vecchie fonderie. Lo stesso nome di uno dei paesi della zona, Montieri, allude esplicitamente (« mons aeris ») ad una origine mineraria.
Oggi il principale prodotto minerario della Maremma é la pirite, un bisolfuro di ferro, che viene usato, con il processo delle camere di piombo, per la fabbricazione dell'acido solforico, elemento fondamentale per la produzione di esplosivi e di concimi chimici. Nel 1953 in provincia di Grosseto sono state estratte 956 mila tonnellate di pirite, e cioè l'80 per cento della pirite nazionale. A sua volta la pirite italiana rappresenta quasi il 10 per cento della produzione mondiale, per cui si può dire che la pirite maremmana costituisce quasi l'8 per cento della produzione mondiale.
Al secondo posto della produzione mineraria maremmana troviamo la lignite (189 mila tonnellate estratte nel 195[...]

[...]i minaccia anche di far chiudere la piccola miniera di Ritorto, vicino a Niccioleta, di proprietà della STIMA, che occupa un centinaio di operai. Anche la Marchi, proprietaria della miniera di Ravi, lavora in certo qual modo sotto il controllo della maggiore consorella; quanto alla Ferromin, pro prietaria del giacimento dell'Argentario (20 milioni di tonnellate di pirite già localizzate) ha sospeso di recente i lavori di allestimento, sempre a causa della concorrenza della Montecatini. Lo stesso prezzo commerciale della pirite, fissato a 7 mila lire la tonnellata, pub sembrar basso, se si considera che la Montecatini lavora praticamente in situazione di monopolio; ma si ha ragione di credere che il prezzo sia tenuto basso appositamente, per soffocare le piccole società concorrenti, oltre che per far apparire i profitti assai minori di quanto in realtà non siano. I profitti veri si realizzano grazie al monopolio degli stabilimenti di trasformazione, detenuto dalla Montecatini.
La produzione della pirite non si trova oggi in Italia di fro[...]

[...]o sulla piastra, cioè sugli strati silicei che separano i filoni del minerale. Sotto l'azione dei perforatori si leva una gran polvere di silicio che, respirata, attacca i polmoni dei minatori provocando traumi, e preparando il terreno alla tbc. Una percentuale del 25 per cento, fra i ricoverati nel sanatorio di Grosseto, é costituita da minatori.
Anche a Ribolla gli incidenti vanno aumentando, ed il medico della società li attribuisce ad una causa più psicologica che tecnica. In realtà i rapporti delle C. I. e delle organizzazioni sindacali han spesso denunciato come pericoloso il metodo di coltivazione a franamento e la insufficiente ventilazione delle gallerie. L'attuale direttore della miniera, che è un dirigente palesemente politico (fra l'altro la sua specializzazione é ' l'elettrotecnica, non la mineraria) é inavvicinabile. Gli Impiegati a lui sottoposti evitano di parlare, dicono che non son tenuti a dare alcuna informazione, si guardano l'un l'altro con la faccia lunga.
I MINATORI MAREMMANI 17
La notizia che son venuti dei fo[...]

[...]rrivati nel mese di dicembre 1951, le maestranze erano ridotte ad un numero di 2.020 unità. Durante gli anni 1952, applicando un nuovo metodo di coltivazione non adeguato alla caratteristica tecnica della miniera, si venne ad eliminare i seguenti cantieri, con lo sperpero di un'enorme quantità di materiale e attrezzi di lavoro, e l'imprigionamento di migliaia di tonnellate di carbone.
Al divelló 125, pozzo Costantino, la compagnia n. 8 stata chiusa con un tappo, imprigionando diverse tonnellate di carbone e tutto l'armamento in ferro.,
Compagnia 74, chiusa con tappi e vi é rimasto, dati tecnici, il carbone che poteva dare lavoro per 5 mesi a 12 operai, un vagoncino, una cavala, un motore per tavella a scossa, tutti gli arnesi di lavoro, le rotaie di ferro, tutto l'armamento in ferro, ed un urgano Pomrini.
Compagnia 75, imprigionando un vagoncino, le rotaie ove scorre i'l vagoncino, tutti gli arnesi di lavoro e tutto l'armalmento im ferro.
Al divello 154125
Compagnia 2.1 chiusa con tappi dove da calcoli di tecnici competenti, vi é la possibilità .di lavoro per 126 operai per un periodo di circa 6 mesi. Pozzo n. 2 livello 110
Compagnia n. 4 chiusa con tappo ove vi sono rimasti chiusi centinaia di tonnellate, di carbone, e tutto l'armamento .im ferro.
Questi sono i cantieri chiusi di maggior rilievo, senza contare l'e altre decine chiusi per esaurimento nell'anno 1952.
Conseguentemente, attraverso piani ben prestabiliti si licenzia altre centinaia di lavoratori, arrivando nel dicembre 1952 con soli 1.700 unità lavorative nella miniera.
Evidentemente quest'azione continua nel susseguirsi del 1953, dove per l'assoluta incapacità tecnica della Direzione locale, spesso in contrasto con i subordinati tecnici che operano nella miniera, si [...]

[...]0 6260
1949 322 845 711 1047 1180 2870 6430
1950 342 960 779 1426 1210 2830 6770
1951 314 1043 858 1420 1230 2970 7040
1952 441 1037 906 — 1210 — —
24 LUCIANO BIANCIARDI CARLO CASSOLA
Risulta che dei paesi stranieri citati nella tabella stessa solo nelle mi. niere di combustibili francesi si ha un rendimento inferiore ai 1000 Kg./uomo/giorno per arrivare sino alla gigantesca cifra di oltre 7000 Kg./uomo/ giorno nelle miniere di lignite U.S.A.
Di fronte a questa situazione, al principio del 1952 la produzione di Ribolla era di circa 300 Kg./uomo/giorno, vale a dire che su una tonnellata gravava l'Importo di 3,3 giornate di manodopera, ossia una sornima già da sola superiore ad prezzo idi vendita della (lignite.
La Soc. Montecatini prospettò allo scrivente all'inizio del 1952 la situazione e chiese di essere autorizzata ad esperimentare un nuovo metodo di coltivazione che avrebbe dovuto permettere di aumentare i'l rendimento e di diminuire le spese in modo di raggiungere per lo meno l'obbiettivo di una minore perdita dell'esercizi[...]

[...]niere ma anche a quello delle analoghe del Distretto) pero ha permesso da continuazione del lavoro. Lo sforzo fisico del singolo operaio è rimasto lo stesso.
È stato scritto che il nuovo metodo di coltivazione è contrario alla legge perché a fondo cieco ed irrazionale in una miniera di carbone ,perché a franamento.
La difficoltà del fondo cieco è facilmente superata con una sufficiente ventilazione forzata; quanto ad franamento non solo esso é usato in altre
I MINATORI MAREMMANI 25
miniere di carbone italiano (si cita ad esempio il Valdarno) ma ha larga diffusione all'estero.
Un dato in proposito è quello relativo alle miniere di combustibili fossili francesi per il 1951 (dato più recente disponibile) nelle quali viene estratto 11 30,1 % dol carbone con metodi a ripiena completa, il 9,7 % con metodi a ripiena parziale, il 52,6 % con franamento del tetto e il 7,6 % per pilastri
abbandonati ecc.
Ventilazione. — Si é accusato in più occasioni la direzione della miniera di avere alcuni cantieri a ventilazione non indipendente e si è [...]

[...]
miniere di carbone italiano (si cita ad esempio il Valdarno) ma ha larga diffusione all'estero.
Un dato in proposito è quello relativo alle miniere di combustibili fossili francesi per il 1951 (dato più recente disponibile) nelle quali viene estratto 11 30,1 % dol carbone con metodi a ripiena completa, il 9,7 % con metodi a ripiena parziale, il 52,6 % con franamento del tetto e il 7,6 % per pilastri
abbandonati ecc.
Ventilazione. — Si é accusato in più occasioni la direzione della miniera di avere alcuni cantieri a ventilazione non indipendente e si è scritto che in tal modo si contravviene falPart. 28 del regolamento di Polizia mineraria 1907, n. 152. Neo riprodurre l'articolo che suona: «Nel'le miniere con sviluppo di gas infiammabile od esplodente ed in quelle ove il minerale è soggetto ad incendiarsi, debbono adottarsi tutte k disposizioni necessarie a rendere, per quanto è possibile, indipendente la ventilazione di ogni singolo cantiere », anche nei giornali è stato omesso l'inciso « per quanto è possibile » con ,ii quale la p[...]

[...]la stessa Società. Per questo le maestranze di Ribolla hanno raggiunto i1 massimo di circa 3500 unità nel 1947. Già nel '48 pero comincio la flessione del personale sia per il ritorno di molte unità alide miniere di provenienza sia per necessario adeguamento alle minori possibilità di vendita della lignite, entrata in crisi nel 1948, sempre meno richiesta per la concorrenza del carbone estero e per la trasformazione a nafta di molti impianti che usavano lignite.
La sicurezza nelle miniere della Maremma. — L'industria mineraria è quella che in tutto .il mondo presenta 'gli indici di frequenza e di gravità fra i più alti di tutte le industrie. È quindi facile prevedere che vi saranno infortuni ed altrettanto facile è atteggiarsi a censori dopo che un infortunio è avvenuto, dicendo che do si era previsto e segnalato alle autorità competenti. +I1 persistere degli infortuni nelle miniere di tutto il mondo malgrado gli sforzi per combatterli, sta a dimostrare la ineluttabilità del fenomeno e di questo fanno fede gli indici riportati nella tab[...]

[...]aumento del personale ai fronti di abbattimento.
È da osservare infine che il vostro riferimento del rendimento della miniera di Ribolla a quello di miniere estere, non ha nessun fondamento logico perché non tiene 'conto nè degli elementi esposti, né di altri, quali le caratteristiche .del giaciinento, da quantità e la qualità di meccanizzazione e di attrezzatura. Si consideri ad esempio che rendimenti di 7.000 Kg. uomogiorno si ottengono negli USA nelle miniere a cielo aperto dove la estrazione si effettua con draghe.
Ventilazione. — Si asserisce nel documento che, se a Ribolla esistono cantieri a fondo cieco, questa difficoltà è facilmente superata da una sufficiente ventilazione forzata, mentre non solamente in diversi cantieri, una
I MINATORI MAREMMANI 31
sola ventola deve fornire aria a più compagnie, ma ill fatto più grave è che queste ventole nella quasi totalità risucchiano il riflusso di altri cantieri come avviene ,per esempio al livello 225 del pozzo Raffo, diramato in due gallerie dove una di queste si alimenta di aria na[...]

[...]one ricco di materie volatili e con presenza di pirite sotto forma di sottile placcatura. Teniamo innanzi tutto ad osservare che nella miniera di Ribolla, mai si sono avuti incendi come nel momento attuale, e che proprio per la natura deil carbone, non pub essere adeguato il metodo di coltivazione a franamento, in quanto questo determina dei vuoti, che se pur piccoli, contribuiscono ad alimentare i fuochi.
Infatti, il franamento potrebbe essere usabile in determinati lavori, come negli spurgamenti, camere a letto ecc., ma non nelle coltivazioni entro banco, dove finita quella spianata, si deve tornare sotto con la coltivazione ed allora è comprensibile che passando sotto i vuoti rimasti sopra, già combustionati, prendono aria e si incendiano.
Il confronto con le miniere estere, anche in questo caso, non ha alcun fondamento logico, perché ad esempio, nelle miniere belghe, il carbone in
gran parteè situato a filare. e non a banco, pertanto il franamento è più
attuabile; in secondo luogo, il sistema di coltivazione pub essere determinat[...]

[...]bile come da parte di Codesto Ufficio, si possa affermare che nella miniera di Ribolla un solo cantiere è stato chiuso, imprigionando solamente 1.200 tonn. di lignite, mentre basta riferirsi all'annata 5253 per rendersi conto delle decine di cantieri chiusi e non riaperti, imprigionando migliaia di tonnellate di carbone, armamento in ferro, arnesi di lavoro ecc... Alcune dimostrazioni al pozzo Costantino, livello 125 la compagnia n. 8 é stata chiusa con tappo, vi sono rimaste svariate tonnellate di lignite e tutto lo armamento in ferro; la colmpagnia 74 chiusa con tappo, rimanendovi carbone per 5 mesi circa di lavoro per 12 operai e inoltre un musco, canale e motori per tavola a scossa, tutti gli arnesi da lavoro, rotaie e armamento in ferro; la compagnia 75 chiusa con tappo lasciandoci carbone, rotaie, arnesi da lavoro e tutto l'armamento in ferro; al livello 154 sono state chiuse e non riaperte a tutt'oggi le compagnie 6165216364; al livello 110 chiusa la compagnia n. 4; al pozzo n. 2, livello 100 chiuse de compagnie 84 e 85; al pozzo Raffo livello 225, chiuse e non riaperte le compagnie 59 e 60; al livello 260 la compagnia 51 e l'elenco potrebbe seguire ancora. In tutti questi cantieri chiusi vi è stato imprigionato carbone, armamento in ferro, arnesi da lavoro ecc...
I MINATORI MAREMMANI 33
Questi sono dati incontestabili che possono essere accertati. Pertanto, in base a quanta sopra, l'affermazione fatta nel documento di codesto distretto circa la non veridicità della denunciata chiusura dei cantieri nella miniera di Ribolla é priva di[...]



da Franco Fortini, Cronache della vita breve in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]li dissolti tacendo? Fra solitudine e partecipazione, fra io e noi, c'è ancora un margine. Carocci e Moravia mi aprono queste cronache; sono un ospite riconoscente, ma non necessariamente l'unico; il diario a più voci è la vera giustificazione di un a solo iniziale. Nuovi Argamenti pub essere il luogo, oltre che di articoli e saggi, di un discorso più veloce e più rotto.
Incontro in tram G. M., intellettuale e scrittore. È stato per tre mesi in U.S.A., a spese del governo federale, ha visto questo e quello. « Siamo pieni di pregiudizi sugli americani. Non sono quello che la Ioro stampa, da loro politica, il cinema fan credere: sono infinitamente migliori. « Certo — rispondo l'ho sempre pensato, mi basta supporre che cosa deve immaginarsi uno straniero dalla nostra stampa, dalla nostra politica e persino dal nostro cinema ». « Hanno soppresse le differenze di classe». «Forse è per questo che non ci intendiamo ».
Ma cosa sarà mai, mi chiedo, questo noumeno americano, o sovietico, che sta sotto gli ingannevoli, variabili fenomeni? In fin de[...]

[...]isguido poiché, affidata spesso la scelta delle traduzioni degli articoli scientifici a redattori incompetenti in materia, questi hanno scelto proprio quelli piú sensazionali, ma meno documentati) ».
Molière non avrebbe detto meglio. «Ah!! pour être dévot, je n'en suis pas moins homme... ». Le teorie di Lysenko paiono essere, oggi, assai criticate, in URSS; la sua posizione personale pare abbastanza scossa, se, sulla Pravda, uno studioso può accusarlo da far valere la propria autorità a sostegno di suoi protetti, indegni, sembra, per poca serietà scientifica, di tale protezione. Ebbene, quando, sul finire dal 1948, vi furono le famose deliberazioni sovietiche sulla genetica, che tanto scalpore suscitarono fra gli scienziati, si ebbero, in Francia e da noi, numerosi scritti sugli organi della stampa e della pubblicistica di sinistra che, se talvolta riflettevano qualche dubbio (cfr. Arnaudi, in «Terzo Stato»), nondimeno esaltavano generalmente come una sconfitta della pseudo scienza borghese e come un trionfo di quella sovietica il trion[...]

[...] che le riserve ignorarono o tacquero? Non hanno costoro qualche responsabilità nel ridicolo che gli Moisi fanno oggi ricadere su gli intellettuali di sinistra? ». E quel colui non può fermarsi qui: e pensa, ormai tranquillamente, che il difetto sia nel manico, ossia nel sistema. Che non è solo quello, per lunghissimi anni protratto, di prendere come oro di cappella quanto si faccia in Unione Sovietica; che è volgare, seppur non sempre falsa, accusa degli anticomunisti; ma di non aver apprestato, nel corso di tutti questi anni, nulla che valesse ad evitare il rischio del ridicolo. Di non essersi posta, (dirò ora con quanta serietà è possibile) la domanda di quali debbano essere gli strumenti politici atti a garantire uno scambio fra la cultura sovietica e quella nostra o francese. Ché non mancano certo, in Francia e in Italia, insigni biologi comunisti i quali avrebbero pur potuto intervenire nel dibattito sovietico; non è vero?
E oggi si tenta, con povera abilità, di dirci che tutto ciò fu appena un disguido; che, non essendoci da noi [...]

[...]munista, del disguido furon semmai responsabili i singoli. «I disguidi del possibile », come dice un nostro poeta, sono però innumerevoli. Quid juris, se domani si dovesse sapere che fu disguido la guerra batteriologica? E il proletariato italiano, che non aveva proprio bisogno di avere a propri difensori i padri della Compagnia di Gesù (i quali alla faccenda Lysenko dedicarono, adora, due dotti studi), portò le conseguenze di quel disguido, a causa del discredito che certi metodi fecero cadere su taluni degli intellettuali che erano, o si credevano, sue guide.
Per dieci anni, disguidi di questo genere, oltre al resto, ci hanno avvelenato il sangue; e abbiamo consunto (io, dico, e non pochi amici miei) un tempo, che poteva meglio esser speso, a trovar l'umiltà di non fare il giuoco degli avversari. Oggi, dopo averci fatto gravare la boriosa insipienza dei loro giornalisti, non vogliano, gli studiosi comunisti, caricarci anche del peso della loro generosità. E quando, levando il dito ammonitore, raccomandano il rispetto della scienza e l[...]

[...]ordinarie pubblicità di fabbriche d'amni. La Fabrique Nationale d'Anmes de Guerre di Herstal, Belgio, pub fornirvi munizioni per calibro di 9,45,57 mm. ecc. Millions of sportsmen enjoy the famous hunting guns, ecc.... e for the defense of Democracy millions of soldiers use weapons and motors manufactured by the same plant. Incidentalmente, a pag. 16, si può imparare che il reddito medio annuo pro
152 FRANCO FORTINI
carpite è di dollari 2318 in USA, in 888 in Gran Bretagna, di 853 in Francia e di 365 in Italia. Ma non mancate l'ultima pagina tutta dedicata alla pubblicità del Martin Matador, il bombardiere senza pilota B61. La copy si chiude con queste parole: America's great new Matador Pilotless Bomber Squadron offers one of the most eflective arguments in the world today for peaceful negotiations! You will hear more about Martin! Certo.
Bobbio, con la consueta chiarezza, ha disegnata la situazione, anzi le situazioni possibili, degli intellettuali italiani di fronte alla politica. Ma al suo discorso mi pare manchi una parte importan[...]

[...] notti orgiastiche di una coppia di nobili »; « Un operaio si avvelena nella sala di aspetto di Asti »; « Il cadavere di Wilma Montesi non fu trascinato dalle correnti »; «Assedio della polizia intorno a Orgosolo »; «Mosca può mobilitare 900 divisioni in un mese »; « Da 150 giorni nel fango di Dien Ben Phu ».
L'accostamento di titoli di giornali è un espediente letterario che risale, credo, a Doeblin e a Dos Passos e che il cinema ha ripreso, abusandone. Quello che bisogna mettere in evidenza è la totale disperazione di un qualsiasi quotidiano dei nostri giorni. Questa disperazione è molto più evidente in un giornale ben fatto e con uno sfondo « equilibrato » e « umanistica che non in un concitato fogliaccio della sera. L'orrore del precipizio si avverte più spesso nell'idealistica unzione del Terzo Programma che non nell'ebete bleblabla delle canzonette del Secondo.
L'orrore del precipizio: parole grosse! Diciamo: quello che ci giudicherà.
CRONACHE DELLA VITA BREVE 157
Lo scandalo Montesi sul Mulino: una paginetta evasiva (Roma è qu[...]

[...] i misteri del presente ci bisogna faticar su quei testi. Quel che la cultura del colonialismo, Kipling o Tagore, non è riuscita a fare con i grandi testi dell'oriente, lo faranno gli «uomini vestiti di biù », indirettamente, costringendoci a conoscere i loro padri per poter capire i nipoti.

Il futuro é già cominciato. — A chi, come me, ha bisogno di apere di divulgazione, quel che scrive lo Junkg basta a dare i brividi. Questa immagine degli U.S.A. 1953 è davvero difficilmente sopportabile. Notare
160 FRANCO FORTINI
che la pritna reazione di fronte alle inverasiimiii storie dei liedetectors, dei palli su misura, delle città atámiche e delle decisioni politiche prese dopo consulto dei cervelli elettronici, è, spontaneamente, luddista o cenobitica:
« tutti », ovvero: «.andare a vivere in clima a un monte ». La seconda reazione, invece, è di meditato attihusmo: il presente degli altri non è, necessariamente, 11 nostro futuro. I nostri contadini, che a sera già si raccolgono nell'osteria intorno alla televisione, trasformano fin d'ora la[...]

[...] FRANCO FORTINI
cupazione, da noi (vedi l'importante scritto di Giolitti in Società), e, a conti fatti, situazione più aperta, paradossalmente. I due terzi della Francia accerchiano dunque l'ultimo terzo, il proletariato industriale, grazie alla funzione della piccola industria, sostenuta, come l'impiccato dalla corda (e con la minaccia di aprir la botola) dalla grande; nuova accezione del termine di feudalesimo, diversa da quella correntemente usata dai nostri polemisti quando parlano dei monopoli.
Da notare: la presenza di certe sfumature lessicali che paiono venire a Sartre dal recente libro di Mascolo (Le communisme) che egli ha difeso, or non è molto, dagli attacchi di Kanapa; e, mai citata, ma presente, la Weil de La condizione Operaia. La Weil concludeva male ma vedeva bene: lo sfaldamento sindacale come conseguenza del taylorismo, il significato dell'occupazione delle fabbriche nel 1936, l'invecchiamento dell'attrezzatura industriale, l'incoscienza del ceto impiegatizio dei gradi inferiori, ecc.
s s s
«Perché non scrivere que[...]



da Renato Mieli, La constrata evoluzione della sicilia in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...]lo due dati statistici: quello sull'occupazione e quello sul reddito. In base all'indagine effettuata dall'Istat nell'ottobre 1958 il numero degli occupati si elevava a 1.501.000 persone su una popolazione complessiva di 4.748.000 abitanti: cioè, in media, 3 occupati per ogni 10 persone economicamente inattive. Secondo le stesse rilevazioni, il reddito medio per abitante veniva stimato a L. 143.633 all'anno, equivalenti a poco più di 200 dollari U.S.A. che è il termine di riferimento adottato dall'O.N.U. per classificare precisamente i paesi. e sottosviluppati ». Se si volesse, poi, osservare più attentamente come è ripartito tra i vari rami di attività il reddito prodotto dai siciliani equale è il livello dei consumi della popolazione dell'isola, il grado di depressione da essa raggiunta non potrebbe che apparire più grave (1).
(1) Secondo uno studio del prof. Guglielmo Tagliacarne (« Moneta e credito », IV trimestre 1959) la percentuale del reddito prodotto in Sicilia, durante il 1958, nei vari rami economici, prendendo come termine di r[...]

[...]ne di questi anni contiene delle indicazioni che non si possono ignorare. Che vi sia un esodo dalla campagna siciliana verso i centri più produttivi e che, in misura diversa, affluiscano verso le attività industriali e terziarie non solo le nuove leve, ma anche aliquote di persone che avevano perduto il lavoro o che non l'avevano mai avuto, sono fatti sui quali si deve riflettere. Anzitutto c'é da osservare che essi rispecchiano una tendenza diffusa in tutto il paese. In Sicilia il fenomeno é forse più accentuato che altrove; ma ha la stessa origine. Lo sviluppo delle tecnologie produttive moderne spinge il potenziale umano a dirigersi verso le zone più sviluppate dove si vanno maggiormente concentrando gli investimenti. Così, istintivamente, per cercare di salvarsi dalla marea della miseria, i meridionali tendono a emigrare al Nord e i contadini poveri ad abbandonare l'agricoltura per l'industria. Contro questa tendenza la passività non è certo un rimedio. Occorre avere una politica che operi in modo da ristabilire l'equilibrio, favoren[...]

[...]della produzione agricola; soltanto allora sarà possibile procedere a una riconversione dalla coltura cerealicola estentiva, ormai insostenibile, ad una coltura più redditizia, che alimenti una sana attività industriale.
Il suo predecessore, La Loggia, dice che si deve procedere a una trasformazione radicale dell'economia agraria dell'isola, condannata inesorabilmente a decadere se si continua cosi. La trasformazione alla quale pensa non va confusa con la riforma fondiaria : si tratta di cosa ben diversa. Che certe modifiche della struttura sociale nella campagna siciliana, possano essere utili e perfino necessarie non lo mette in dubbio. Ma una ridistribuzione della proprietà terriera si risolverebbe in una rovina per gli assegnatari se non fosse inquadrata in un piano organico di rinnovamento della agricoltura isolana. Quello che occorre, in primo luogo, è una chiara idea di ciò che si può e si vuol fare. Bisogna studiare anzitutto quali siano le colture più adatte alla Sicilia e più convenienti in termini di sviluppo economico; poi e[...]

[...]DELLA SICILIA 131
Sta di fatto, però, che tale programma è ancora nel limbo. Né i democristiani né i socialisti, né i comunisti hanno dimostrato finora di essere pronti a formulare uno schema di sviluppo agricolo moderno, che sia qualcosa di più che un catalogo di rivendicazioni e di aspirazioni. Insensibilità? Incompetenza? Forse anche questi motivi possono aver influito. Per:, dietro questa apparenza di inerzia si nasconde una convinzione diffusa anche se inconfessata: la convinzione che per liberare la Sicilia dalla sua arretratezza economica convenga concentrare l'attenzione e lo sforzo principale in un'altra direzione. Questa è la verità.
Studiosi e uomini politici sono ormai tutti concordi nel ritenere che l'agricoltura non basti a risolvere da sola il problema della massima occupazione in un'area sottosviluppata. Sono soprattutto le attività industriali e terziarie che contribuiscono a risolverlo. Queste ultime, tuttavia, se non s'innestano su un'economia caratterizzata da un forte sviluppo dell'agricoltura e dell'industria, pos[...]

[...]esterne che ostacola lo sviluppo di nuove attività produttive in Sicilia. E per far questo occorre un'azione pubblica di ampio respiro, non più ristretta nell'ambito tradizionale delle opere indispensabili in una società civile (e purtroppo ancora scarse nell'isola), ma atta a creare certe premesse, in mancanza delle quali l'iniziativa privata non avrebbe alcuna convenienza a manifestarsi. Questa fase di preindustrializzazione non può dirsi conclusa; molto resta ancora da fare.
Molto, si; perché non basta vedere quello che manca oggi e prevedere quello che occorre per creare le condizioni necessarie al sorgere di nuove imprese domani. Man mano che si va avanti, si manifestano nuove esigenze, che non potevano essere preventivate prima. Né c'è motivo di scandalo se i grandi complessi che sono stati impiantati di recente incominciano a chiedere che si faccia qualcosa per agevolarne l'attività e lo sviluppo. A parte ogni considerazione su chi debba pagarne le spese, é naturale che si avvertano, oggi, necessità che ieri non si avvertivano. L[...]

[...]o questo il fatto che sta all'origine della polemica in corso.
Si dice a questo proposito che la vera colpa dei « monopoli » consista nell'aver impedito all'iniziativa pubblica di funzionare come avrebbe dovuto in Sicilia. Siamo indubbiamente su un terreno minato; e bisogna stare attenti a dove si mettono i piedi. Per quanto imparziali si voglia essere, è difficile evitare gli errori su un argomento come questo. Gli elementi su cui si basa l'accusa mossa alla SGES, considerata quale incarnazione del « monopolio » elettrico nell'isola, sarebbero in sostanza questi: di aver bloccato e deviato a proprio profitto, con la complicità del governo nazionale, i finanziamenti che avrebbero dovuto
(12) Quest'esame, per essere utile, non va fatto partendo da pregiudiziali di carattere ideologico. Intanto si deve osservare che, secondo le conclusioni a cui sono giunti gli esperti che hanno studiato il problema, le risorse idroelettriche economicamente sfruttabili in Sicilia sarebbero valutabili a circa 888 milioni di kWh. Però, si deve subito aggiu[...]

[...] il combustibile nel caso di impianti termici), è praticamente uguale in tutto il paese. Anzi, è piuttosto inferiore che superiore in Sicilia rispetto al Nord. Il secondo, che comprende anche le spese di trasporto, con relative perdite di linea dovute alle distanze dal luogo di produzione al luogo di consegna, in Sicilia, dove le utenze sono più diluite nello spazio, data la bassa densità di distribuzione, e data la irregolarità di prelievo, a causa di una maggiore concentrazione dei consumi nelle ore di massimo carico, è certamente più elevato che nelle regioni settentrionali. Ne consegue che, indipendentemente dal carattere pubblico o privato delle aziende, l'elettricità costa più cara nelle zone sottosviluppate, come la Sicilia, appunto per il minor consumo procapite e per la minor densità di utenze.
LA CONTRASTATA EVOLUZIONE DELLA SICILIA 139
essere destinati all'Ente pubblico, ossia all'E.S.E. Che ciò sia realmente accaduto resta ancora da dimostrare con prove circostanziate. Però non lo si può escludere. Da fonte competente, si r[...]

[...]ttere pubblico o privato delle aziende, l'elettricità costa più cara nelle zone sottosviluppate, come la Sicilia, appunto per il minor consumo procapite e per la minor densità di utenze.
LA CONTRASTATA EVOLUZIONE DELLA SICILIA 139
essere destinati all'Ente pubblico, ossia all'E.S.E. Che ciò sia realmente accaduto resta ancora da dimostrare con prove circostanziate. Però non lo si può escludere. Da fonte competente, si risponde con una controaccusa; non è vero che son mancati i finanziamenti, ci sono già stati nella misura dei due terzi della spesa d'impianto ed erano disponibili anche per il rimanente terzo. È mancata invece la capacità dei dirigenti dell'E.S.E. i quali non hanno saputo utilizzare le possibilità esistenti. Se alla testa di quell'Ente ci fosse stato un uomo come Mattei si dice — a quest'ora la centrale dell'E.S.E. sarebbe già entrata in funzione da un pezzo. Bastava che non si respingesse l'offerta di credito di un'impresa appaltatrice (offerta che sarebbe stata integrata e garantita dai fondi della Regione), per il ti[...]

[...] allora ad affrettare comunque la conclusione dell'opera incompiuta, sostenendo che si sarebbe alleggerito in tal modo una grave passività.
Ma il contrasto tra iniziativa pubblica e privata in tema di energia elettrica, non può dirsi, con ciò, esaurito. Nel corso dello stesso dibat
140 RENATO MIELI
tito é infatti riemerso in forma piuttosto acuta. Questa volta, però, le parti erano invertite. Erano i sostenitori dell'iniziativa privata che accusavano l'E.S.E. di aver ostacolato con pretesti capziosi il decreto di autorizzazione della centrale di Termini alla Tifeo. Dunque, l'ostruzionismo a danno dell'incremento produttivo nel settore elettrico, andrebbe ora addebitato all'Ente pubblico. II colmo é che quest'accusa veniva candidamente — diciamo così — ribadita dall'Assessore delegato dell'Industria, Barone, il quale ammetteva che vi era stato da parte dell'E.S.E. un tentativo per indurre il governo a revocare quel decreto di autorizzazione (revoca che venne deliberata in seguito). Messo in grave imbarazzo da questa ammissione, il Presidente Milazzo ritenne allora di non dovere né approvare né sconfessare il suo, forse ingenuo, collaboratore. Ma la K gaffe » rimase; e con essa il dubbio che la politica di intervento pubblico per lo sviluppo dell'energia elettrica in. Sicilia fosse in mano di uomini che n[...]

[...]na terza osservazione viene fatta meno di frequente, sebbene offiirebbe maggiori spunti per una critica convincente. È un fatto: che
142 RENATO MIELI
attorno ai grandi complessi sorti in Sicilia non si sia verificato quello sviluppo di attività indotte che sembrava dovesse manifestarsi spontaneamente. Su questo avremo occasione di soffermarci in seguito; ma non si può forse pensare che i grandi complessi abbiano una parte di responsabilità a causa della loro istintiva tendenza a provvedere direttamente alla creazione delle attività 'sussidiarie, quando sono economicamente fruttuose, e a non farlo, quando sono poco convenienti? Se si vuole insomma che gli utili ricavati dalle attività industriali sorte in Sicilia vengano, almeno in parte, investiti in altre attività produttive a beneficio dell'isola, sarebbe opportuno studiare meglio quali meccanismi o quali incentivi dovrebbero essere messi in opera per raggiungere questo scopo, che, fino a prova contraria, è il vero scopo da proporsi.
A conti fatti, si deve comunque riconoscere che n[...]

[...] 500.000 tonnellate all'anno di fertilizzanti azotati e 3) una centrale termoelettrica capace di produrre annualmente un miliardo di kWh di cui il 20% dovrebbe essere immesso al consumo. Complessivamente l'investimento previsto arriverebbe alla cifra considerevole di ben 120 miliardi. Impianto veramente imponente, dunque, nel quadro dell'economia isolana. Ma stiamo attenti a non esagerare con le cifre, suscitando un'attesa che potrebbe essere delusa. Il costo elevato del progetto non si traduce automaticamente in un aumento enorme degli introiti della Regione e dell'occupazione. Purtroppo il greggio di Gela é ad elevata densità e richiede per l'estrazione processi tecnici molto costosi. Come l'ing. Mattei ha avuto occasione di precisare, perché lo sfruttamento dei giacimenti di Gela sia economico, due condizioni sono necessarie: c che si realizzi un complesso industriale integrato verticalmente e che le royalties da corrispondere sulle quantità estratte siano adeguate alla qualità e ai costi di produzione ». La prima di queste due condiz[...]

[...] è verificata una certa atrofia dell'organismo economico isolano. A che cosa si deve imputare questo mancato sviluppo?
Il quesito ci riconduce all'esame di quel processo di induzione che avrebbe dovuto esplicarsi attorno alle industrie di base con una germi
146 RENATO MIELI
nazione di attività sussidiarie. In quale misura si è avuta tale induzione? O, piuttosto, perché é così esiguo il numero delle industrie indotte?
Si prenda ad esempio Ragusa, la città del petrolio. Ebbene dal 1953, ossia da quando sono stati scoperti i giacimenti tuttora sfruttati dalla « Gulf », quali attività sono sorte? In un primo tempo vi é stato un gran fiorire di esercizi che alla stregua del livello di vita cittadino potrebbero senz'altro definirsi di lusso : alberghi, ristoranti, cinema, negozi... Poi, passata l'euforia, il boom si è arrestato. Oggi, a parecchi anni di distanza, a Ragusa manca ancora la luce e l'acqua, che vengono erogate in misura assolutamente insufficiente. Non parliamo poi di attività industriali; solo in questi ultimi tempi è entrato in funzione l'impianto della ABCD (società del gruppo Bomprini Parodi Delfino) per la produzione di politene. È il primo esempio di utilizzazione del petrolio estratto a Ragusa; ma è, purtroppo, anche l'unico. Quel petrolio che da anni sgorga abbondantemente, va attraverso l'oleodotto costruito dalla « Gulf » direttamente alla raffineria Rasiom di Augusta, senza lasciare dietro di sé, nella città, se non un cumulo di speranze deluse.
Bisogna riconoscere — e i ragusani l'hanno imparato a loro spese — che il vero punto di accumulazione di ricchezze non è il centro dove si estrae il petrolio, ma semmai, quello dove avviene la raffinazione di esso. Logico quindi che le prospettive per lo sviluppo di attività industriali indotte dalla produzione petrolifera dovessero polarizzarsi attorno ad Augusta piuttosto che a Ragusa. Ma neanche questa previsione ha trovato l'attesa conferma. Vicino ad Augusta sono sorti, infatti, i grandi complessi della Sincat a Priolo. Pere) Siracusa, che come capoluogo aspirava a diventare un centro industriale é rimasta quella che era: una stupenda città museo. Tranne il cementificio del Barone Pupillo — uno dei rarissimi esemplari di imprenditore siciliano — e lo stabilimento dell'« Eternit Siciliana », più qualche fabbrica minore, non si è visto sorgere null'altro di nuovo in questi anni. Nemmeno il progetto di creazione di una « zona industriale », dopo tante discussioni e opposizioni, si è riusciti a varare. Non si pile, dunque dire che, almeno fino a questo momento, Siracusa abbia saputo ricavare tutti i vantaggi che il sorgere dei[...]

[...] una stupenda città museo. Tranne il cementificio del Barone Pupillo — uno dei rarissimi esemplari di imprenditore siciliano — e lo stabilimento dell'« Eternit Siciliana », più qualche fabbrica minore, non si è visto sorgere null'altro di nuovo in questi anni. Nemmeno il progetto di creazione di una « zona industriale », dopo tante discussioni e opposizioni, si è riusciti a varare. Non si pile, dunque dire che, almeno fino a questo momento, Siracusa abbia saputo ricavare tutti i vantaggi che il sorgere dei grandi complessi industriali sembrava dischiudere.
Per ragioni che si spiegano in parte, tenendo conto della favorevole ubicazione, la città che ha più risentito o utilizzato la benefica vicinanza di Augusta, è stata invece Catania. Il maggiore dinamismo dei suoi abitanti e soprattutto la costituzione di una ben attrezzata « zona industriale » hanno certamente contribuito ad imprimere quell'impulso che
LA CONTRASTATA EVOLUZIONE DELLA SICILIA 147
è mancato altrove. Si è avuto cosi uno sviluppo nel settore della media e piccola indust[...]

[...]le regioni più avanzate: a cominciare dalle fonti di energia (scarse le risorse idriche, data la irregolarità delle precipitazioni stagionali e la natura del terreno, e notevole la dispersione degli utenti) per finire con le materie prime e i semilavorati che dovrebbero essere importati (14). La insufficienza delle infrastrutture crea, in partenza, condizioni di inferiorità per un industriale siciliano nei confronti di
(14) È opinione molto diffusa che lo sviluppo industriale sarebbe stato ritardato nel nostro paese dall'alto costo dell'energia elettrica. In realtà, l'incidenza della spesa per l'energia elettrica sul valore del prodotto è in media del 2%. Se si considera, ad esempio, che l'incidenza del costo del lavoro è invece dell'ordine del 50% si deve riconoscere che le spese per l'energia elettrica non influiscono in misura determinante sui costi industriali. Ciononostante è innegabile che una riduzione del costo dell'energia elettrica avrebbe un effetto benefico sullo sviluppo industriale in zone come la Sicilia. Una politica tar[...]

[...] A questo prezzo rinuncerebbero a qualsiasi ricchezza, pur di non vergognarsi di se stessi. Non si deve quindi interpretare l'insufficiente sviluppo industriale della Sicilia come un segno di
154 RENATO MIELI
inferiorità congenita dei siciliani. Chi giudica così sbaglia, e non contribuisce certo a promuovere quello sviluppo della Regione che é nell'interesse anche della nazione.
Ma La Cavera, come si diceva, non si nasconde che, anche a voler usare il metodo più appropriato, l'opera di riforma della mentalità isolana é molto ardua e di lungo respiro. E se non riuscisse? Se nonostante tutto l'impegno appassionato e i mezzi impiegati non si riuscisse a formare una classe imprenditoriale siciliana, quale situazione si verrebbe a creare? È inutile nasconderselo: se l'iniziativa privata siciliana non sarà capace di affermarsi, dovrà cedere il posto o a quella « settentrionale » o a quella pubblica, regionale e statale. Non vi é alternativa, fuori di questa.
Qui non si é più nell'ambito del certo, bensì in quello dell'opinabile. La scelta [...]

[...]sariamente dall'economia alla politica. Il calcolo di ciò che può essere più utile, qui deve cedere il posto al calcolo di chi può ricavarne un maggior utile. Entrano in giuoco interessi di gruppi, siciliani e non siciliani, che non consentono più di ragionare in astratto per il bene dell'isola. Nella classe dirigente regionale vi é una
156 RENATO MIEL!
divisione di opinioni e convergenza occasionale di interessi, che presenta un'immagine confusa, contraddittoria e quasi incomprensibile di quella società in evoluzione.
Cercare di spiegarsi che cosa sia il c milazzismo », non è semplice. Come fenomeno politico si può pensare che all'origine del movimento ci sia stato l'impulso a formare un secondo partito cattolico, piú sensibile alle esigenze locali e capace di sostituirsi, a breve scadenza, a quei partiti di destra, instabili e incoerenti come il loro elettorato. Un'idea del genere poteva incontrare all'inizio il favore di alcuni settori della gerarchia ecclesiastica, preoccupati del vuoto a destra che esiste nello schieramento poli[...]

[...]ranza dominata dalla D.C. e, di riflesso sul piano nazionale, ha alimentato la crisi della formula Segni. Ma per quanto si riferisce allo sviluppo dell'economia isolana, ed in particolare alla industrializzazione, non si può dire che vi sia mai stata una vera identità di obbiettivi fra le due ali su cui si reggeva il governo Milazzo. Al contrario, vi è sempre stato un inconciliabile contrasto. E ancor oggi, quel contrasto perdura: la partita, chiusa con la fine dell'esperimento Milazzo, rimane aperta all'interno della Sofis. Può darsi che, in tema di utilizzazione di questo strumento di sviluppo industriale, prevalgano le tendenze privatistiche, che avrebbero il loro più forte assertore nel Presidente della Società, Bianco; o quelle pubblicistiche, che farebbero capo al Direttore, La Cavera. Può anche darsi che, neutralizzandosi a vicenda, le due tendenze finiscano per paralizzare la Società Finanziaria siciliana, condannandola a un'azione spicciola, disordinata e inconcludente. E ancora troppo presto per fare previsioni, anche se sono g[...]

[...]ore naturale e insostituibile tra i siciliani e il resto del paese, fa di questa sua inconfessata vocazione una vera e propria professione. Ieri era con Milazzo, perché si vedeva maltrattato e minacciato, nella propria sopravvivenza, dagli industriali del Nord e dai dirigenti dei partiti di Roma. Oggi è in parte contro, perché spera di ottenere qualche segno di riconoscenza, mettendosi a disposizione di coloro che fino a pochi giorni fa aveva accusato di essere i « nemici » dell'isola. Domani, con altrettanta disinvoltura, potrebbe tornare da capo con un nuovo Milazzo. Niente è definitivo : meno che mai in Sicilia. Cambiano i governi, si capovolgona le maggioranze, rna quel ceto cerca di restare sempre a galla, trasformandosi secondo le circostanze. Purtroppo questa è la realtà. Si sta formando nella società isolana una strozzatura che vede nell'autonomia nient'altro che un mezzo per speculare su una evoluzione, matura e necessaria, o per impedirla, se dovesse attuarsi al di fuori del suo controllo.
Gli slogan sono sempre pericolosi per[...]



da Tibor Mende, Riflessioni in margine agli avvenimenti indonesiani in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]uerra»; imponevano le loro tasse, amministravano importanti regioni e riconoscevano l'autorità di Giacarta solo quando conveniva ai loro interessi. L'ambizione personale di questi capi militari locali era in realtà sostenuta dalla possibilità di commerciare le materie prime delle loro regioni direttamente con Singapore, le Filippine e altri porti stranieri, escludendo dal circuito i rappresentanti del Governo centrale.
Al di sopra di questa confusa situazione prevaleva l'autorità di Sukarno, come Presidente della Repubblica, e del Dott. Hatta, come VicePresidente. Come personificazioni della mistica della liberazione, essi continuarono ad essere molto stimati, e perfino i Capi militari ribelli, di solito, ritenevano opportuno manifestare ad essi la loro fedeltà. In realtà i due uomini si completavano mirabilmente a vicenda. Sukarno, un tribuno impetuoso ed eloquente con il dono particolare di saper trascinare le folle, rimase il sim
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bolo dell'elemento « rivoluzionario » nella lotta per la liberazione. La sua lunga e cor[...]

[...]rian ») nella colonna dei possedimenti olandesi d'oltre mare. Questa ha immediatamente provocato una dichiarazione da parte dell'Indonesia che l'atto violava gli accordi della Conferenza della Tavola Ro tonda del 1949. Aggiunsero che essi non avrebbero riconosciuto alcun obbligo contratto dall'Olanda a nome dell'Irian Occidentale.
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Per rendere le cose ancora più drammatiche, gli olandesi accusarono gli indonesiani di avere sbarcato nell'Irian, già nel settembre del 1953, bande di guerriglieri. Dal canto loro, le autorità indonesiane dichiararono immediatamente che la cosa era assolutamente «inventata ». Cosi le cose andavano avanti, punteggiate da periodiche proteste e dibattiti dell' ONU, ma senza alcun progresso per quanto riguardava l'avvenire della metà olandese dell'isola.
Nell'autunno del 1957, ancora una volta la questione tornò all'esame delle Nazioni Unite e, questa volta, gli indonesiani fecero capire che si aspettavano che l'opinione pubblica mondiale prendesse posizione[...]

[...] e proprio dilemma. Il non riuscire ad aiutare il Governo dei ribelli sarebbe stato interpretato come una incoraggiante e rapida crescita del prestigio comunista sia in Indonesia che in quella parte dell'Asia che guarda con simpatia la lotta del Governo Indonesiano, considerandola una manifestazione anticolonialista da parte di un regime neutrale minacciato. Un aperto intervento da parte dell'Occidente, d'altra parte, sarebbe stato considerato causa di ulteriori scissioni tra gli asiatici non comunisti, dividendo ancor più coloro che affidavano la loro sorte all'Occidente dagli altri che pensavano fosse più conveniente assumere un atteggiamento non impegnativo tra l'Occidente e il blocco comunista. Ma due altre considerazioni pesarono sulla bilancia. Un aperto intervento Occidentale in Indonesia sarebbe stato probabilmente impopolare a Malaya — paese che, pur non essendo geograficamente vicino a Sumatra, ha con essa legami culturali, etnici e linguistici — e avrebbe potuto scuotere l'intenzione di collaborare coll'Impero britannico manif[...]

[...]o, l'intervento straniero. E chiaro, comunque, che un grosso cambiamento può venire solo da un aperto e massiccio intervento straniero. Il che, d'altra parte, rappresenta chiaramente per le grandi potenze il pericolo di esser coinvolte e, in ultima analisi, perfino di una guerra termonucleare.
Ì Dove sono stati sbagliati i calcoli ?
Che il governo dei ribelli sia stato formato con l'incoraggiamento dell'Occidente é assolutamente chiaro sia a causa di coloro che lo compongono, sia per gli articoli della stampa occidentale, sia per le dichiarazioni pubbliche. Storicamente esso rientra nella serie dei tentativi fatti sotto la responsabilità occidentale per eliminare i governi asiatici che facevano resistenza ad allinearsi con i paesi filooccidentali, come il Pakistan, il Siam, il Viet Nam del Sud, le Filippine e l'isola di Ciangkaishek. Il più spettacolare e il primo di questa serie di interventi fu l'insurrezione delle truppe cinesi nazionaliste a Burma quando, tra il 1949 e il 1954, il governo socialista del paese cercava di consolidare[...]

[...]sercitare pressioni su nazioni libere si da indurle a cambiare la loro politica estera, é palesemente pericolosa. La cosa é stata tentata (in Media Oriente) e ha prodotto effetti che sono esattamente l'opposto di quelli che si desideravano. È un peccato che alcuni uomini politici occidentali non comprendano neppure la natura dei problemi che sono stati chiamati a risolvere e commettano incredibili errori, che non possono portare che danno alla causa che essi pretendono di patrocinare ».
Benché nel caso dell'Indonesia il pericolo di una conflagrazione internazionale sia stato, forse, evitato all'ultimo minuto, il male é stato già fatto.
Quanto grave esso sia sarà forse palese nel 1960, alle prossime elezioni generali. Potrebbe apparire che esso é maggiore del costo di una sistemazione della Nuova Guinea o anche dell'entità di un
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aiuto economico che avrebbe potuto fortificare il regime legale di Giacarta si da immunizzare il governo neutrale contro la tentazione comunista.
TIBOR MENDE
(Trad. Paola Boccardt)
Pos TILLA [...]

[...]può esser del tutto provvisoria; ma può diventar permanente se, tutto considerato, da questi avvenimenti se ne sapranno trarre le conclusioni necessarie.
L'azione militare del governo legale indonesiano ha sventato la rivolta di Sumatra più rapidamente del previsto. Quando i rivoltosi intrapresero la loro attività nelle Celebes del nord e nelle altre isole orientali, il governo impiegò truppe sufficienti per paralizzarli. in breve tempo. La diffusa convinzione che costoro fossero aiutati da stranieri fece si che il governo di Giakarta riuscisse a indirizzare l'entusiasmo e l'appoggio della nazione perché l'azione militare ne fosse facilitata.
Intanto diveniva assai chiaro che gli insorti ricevevano aiuti. dall'estero. Il governo di Giakarta espose nella capitale una gran quantità di armi catturate, di fattura recente e di provenienza estera_ Le autorità indonesiane hanno prove che per lo meno due stranieri (due bianchi) sono stati paracadutati nella zona di Padang (nel centro di Sumatra) per istruire gli insorti sull'uso di alcune armi[...]

[...]no uccisi quando un appa
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recchio dei ribelli venne abbattuto durante un'incursione sul campo d'aviazione di Mandai. In più, dei bombardieri, di base nelle Celebes del nord, attaccarono le città indonesiane, senza che però appartenessero all'armamento indonesiano. Il governo di Giakarta offre prove che aeroplani e altra fornitura bellica, proveniente da Formosa e dalle Filippine, sono stati usati dagli insorti nella lotta contro il governo legale. Tutte queste informazioni, ed altre ancora non rese di pubblico dominio, sono state consegnate all'ambasciatore americano a Giakarta, accompagnate dalla più ampia documentazione.
Per la fine di maggio, Washington decise di inviare al governo legale indonesiano 37 mila tonnellate di riso ed anche armi leggere prima rifiutate. Il che dimostra che Washington ha cambiato parere. In tal modo, implicitamente, si ammette che « alcuni avventurieri » pure di nazionalità americana — possono aver preso parte all'attività insurrezionale. Per ora il [...]

[...]compagnate dalla più ampia documentazione.
Per la fine di maggio, Washington decise di inviare al governo legale indonesiano 37 mila tonnellate di riso ed anche armi leggere prima rifiutate. Il che dimostra che Washington ha cambiato parere. In tal modo, implicitamente, si ammette che « alcuni avventurieri » pure di nazionalità americana — possono aver preso parte all'attività insurrezionale. Per ora il capitolo é chiuso e le relazioni tra gli U.S.A. e il governo legale d'Indonesia sono « in prova », secando le parole del ministro degli esteri indonesiano.
E possibile trarre una lezione da tutto questa?
In primo luogo che, anche se Washington è ancora esitante tra una politica liberale verso i paesi da poco indipendenti e una valutazione meramente di forza, questa politica, di grave rischio, non é più a lungo sostenibile in quelle regioni dove l'aiuto militare comunista può tramutare simili avventure in aperti conflitti armati tra le stesse grandi potenze. In secondo luogo che, la nuova politica comunista di aiuti materiali su larga sca[...]



da Jacques Howlett, I comunisti e la lotta contro il colonialismo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]WLETT
ne toutcourt, il processo al colonialismo si rinnova ogni giorno. Processo a proposito del quale vogliamo qui ricordare i nomi di coloro che in Francia hanno voluto sostenere con la loro autorità gli sforzi di una rivista come Présence Africaine, destinata precisamente a denunciare gli abusi del colonialismo : A. Gide, J. P. Sartre, E. Mounier, A. Camus, R. Wright, P. Naville, M. Leiris, R. P. Maydieu, P. Rivet. Ma resta il fatto che l'accusatore potente, metodico ed efficace, quello che all'occasione sa anche indignarsi liricamente (5), ma che non cessa mai d'agire, quello per cui «la vergogna del XX secolo )) non é soltanto cattiva coscienza, è il partito comunista. Esso pub servirsi, contro il colonialismo, di una base teorica solida, e i suoi militanti agiscono dappertutto, sia oltremare che nel territorio metropolitano. Nostro argomento, pertanto, saranno innanzitutto le basi teoriche del marxismo per quanto riguarda la questione coloniale; poi studieremo certi aspetti della penetrazione comunista in questo campo; ed esaminer[...]

[...]forme dell'oppressione colonialista in questo campo (17), dobbiamo porre in luce il carattere particolare che assume colà il colonialismo francese. Questo pub certo, all'occasione, assumere delle forme aggressive, ma la sua forma più generale é quella paternalista : forma non meno pericolosa delle altre. Il pregiudizio razziale, per esempio, non ha assunto nell'Africa Nera francese quegli aspetti patologici che ha potuto avere ed ha ancora negli U.S.A. Ma v'è una sufficienza occidentale che non val meglio, in fondo, della psicosi americana. Educato da sempre all'idea della sua incontestabile superiorità (superiorità di diritto divino o superiorità in nome della Ragione, perché la Ragione é bianca e il trascendente ha i colori temperati dell'IledeFrance), il bianco europeo ha per troppo tempo votato il negro al prelogismo, alla mentalità primitiva. Di questo atteggiamento resta ancora qualcosa : l'uomo bianco colto non sa che condiscendere. Quanto all'uomo della strada, esso conosce il negro attraverso una iconografia tramontata ma vivace
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[...] votato il negro al prelogismo, alla mentalità primitiva. Di questo atteggiamento resta ancora qualcosa : l'uomo bianco colto non sa che condiscendere. Quanto all'uomo della strada, esso conosce il negro attraverso una iconografia tramontata ma vivace
(17) V. PAUL VERGES, La question culturelle dans les pays coloniaux, «La Nouvelle critique », marzo 1950.
(18) Stalin, nel 1929, dichiarava che: « la politica di assimilazione é assolutamente esclusa dall'arsenale del marxismoleninismo, in quanto politica antipopolare e controrivoluzionaria, in quanto politica funesta ». Le Marxisme et la question nationale et coloniale, Editions Sociales, 1950, p. 260.
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che fa del Noir l'emblema sognato delle colazioni al cioccolato (« Y a bon Banania! ») o l'archetipo della sentinelladicolorefedelissima (« N'avancez pas, y en a sauvages! »), o ancora il buon figlio sottomesso del missionario barbuto. A questo proposito, basta sfogliare i numerosi « bollettini » (« La Voix du... » , « L'Evangile en... ») editi dalle Missioni. Si veda [...]

[...]a sua maggiore disgrazia, non esiste veramente; come le cose sensibili dell'universo platonico, le quali non esistono che in quanto partecipi delle idee, sole reali, così il negro non ha che un'esistenza relativa alla bianca Idea. Ê un'ombra, e noi siamo il sole. Ne segue che, se il comportamento del negro non s'inquadra nelle categorie del nostro intendimento, non si tratterà d'impotenza nostra, ma di assurdità sua : non saremo noi ad essere accusati d'incomprensione, ma lui ad esser qualificato di « primitivo ». (Bisogna tuttavia osservare che diversi occidentali di mente più aperta hanno superato questo razionalismo dommatico, e lo stesso LevyBruhl, nei suoi Carnets, abbandona onestamente la sua idea circa il carattere prelogico della mentalità primitiva; ma quest'idea s'é ormai molto radicata presso il gran pubblico).
I COMUNISTI E LA LOTTA CONTRO IL COLONIALISMO 73
Date le condizioni di dipendenza dell'africano, si capisce che la teoria ufficiale dell'« assimilazione » venga respinta dai più coscienti, e che i comunisti, dal canto[...]



da Franco Fortini, Che cosa è stato il Politecnico in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]mo, fin dal primo numero, della guerra di Spagna, per il suo grande patetico di rivoluzione tradita dov'era confluito tutto l'antifascismo mondiale. Il romanza di Hemingway sulla guerra di Spagna cominciava ad esser pubblicato a puntate fra le sbarre rosse e nere, come una bandiera di anarchici, del settimanale; però i tagli operati allora nel testo del romanzo, se non valsero a scagionare Vittorini di fronte ai suoi dirigenti di partito dall'accusa di eccessiva amore per quel « decadente » scrittore americano, stanno a dimostrare come non si volesse guardar troppo da vicino a quella guerra di Spagna, che, pur era stata la drammatica prova dell'Intelligenza di sinistra.
Ma subito, al secondo numero, una citazione di Lenin sconsigliava i politici dal distrarre uno specialista culturale con immediati compiti politici; come se il giornale avvertisse subito il pericolo di essere impiegato come bruto strumento di propaganda. La si vide, in redazione, alle proteste violente suscitate da una assai infelice interpretazione classista dell'opera [...]

[...]ione per limitarsi a' ribattere il suo rifiuto di una politica che ricorra alla forza contro la cultura, e di una alienazione «par la politique ». Infatti la rivendicazione di autonomia culturale, la richiesta di poter continuare senza scomuniche un certo lavoro di indagine culturale, era una richiesta politica; equivaleva a chiedere che il Partita Comunista cominciasse a considerare parte necessaria, elemento indispensabile al progresso della causa del socialismo, il lavoro critico dei « compagni di strada» e di tutti coloro che condividendo le finalità rinnovatrici del socialismo pretendevano, negli specifici campi della propria attività culturale, quali che ne fossero i riflessi politici, ad una integra autonomia critica. Era — o meglio avrebbe dovuto essere e non fu — la rivendicazione della pluralità necessaria contro la teoria della pluralitàminor male, destinata a naufragare nella unitàunanimità.
Nella primavera del 1947, dopo la pubblicazione della Lettera a Togliatti (la rivista era uscita, sino allora, in cinque fascicoli), no[...]

[...]tivo di accordare marxismo politico e 'altro', critica alla religione e fede religiosa, cultura e politica, il suo tentativo di parlare politica, senza essere 'politica'. E finalmente perché rappresenta una esigenza di comunisti o diciamo di rivoluzionari che non ha nulla a che fare con la terza forza o altre scempiaggini, ma che non deve accontentarsi della politica culturale del P. C. e nemmeno delle sue semplificazioni propagandistiche su gli U.S.A., l'U.R.S.S., Sartre, il cattolicesimo, Gesù e il Piano Marshall. Io non ti incito alla eresia per l'eresia, come avrei fatto forse un anno fa. Mi domando se siamo più utili .tacendo o parlando, testimoniando e agendo perché le scelte non totnino ad essere sublimi e grottesche come in tempo di guerra; perché sono persuaso che non siamo in fase 'qualitativa' ma assai piattamente 'quantitativa'. Insomma, mi sembra venuto il momento davvero di attenuare la propria flessibilità e di stabilire quale sia il limite di rottura, il limite al quale devi dire che il Partito ha torto oppure non devi dir n[...]

[...]tto a quella francese (dovuta soprattutto al fatto di non aver vissuto direttamente in tutte le sue fasi la grande querelle moderna fra comunismo e pensiero rivoluzionario non stalinista) é forse paradossalmente compensata dall'assenza d'una forte tradizione di democrazia borghese e dalla obiettiva asprezza dei conflitti di classe. Con più urgenza che altrove si pone qui — al limite delle culture e delle propagande in latta e profittando della pausa concessa dalla situazione internazionale — la necessità della elaborazione, della «invenzione », di soluzioni diverse ai conflitti fra libertà e autorità, fra direzione culturale e direzione politica che il socialismo ha incontrati e suscitati sul suo cammino. Qui; vale a dire, non in una astratta geografia occidentale o orientale... La responsabilità internazionale degli intellettuali e politici italiani, la sfida posta loro dalla situazione, sono fre le più rischiose ed onorevoli, quale che sia per essere l'avvenire del nostro movimento operaio.
FRANCO FORTINI
Direttore responsabile: ALBE[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine U.S.A., nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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