Brano: [...]cando alcuni stereotipi proposti dallo sport di regime e predominati dalle masse muscolari come quello, ad esem
pio, di Primo Camera.
Simbiosi ideale di spirito e di corpo Bartali, anche nel comportamento verso
i suoi avversari sembra non obbedire al cliché dello sportivo fascista, ma piut
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tosto, tradurre alcuni principi dell'etica cattolica. Cosí infatti, secondo un cronista sportivo che commentò le sue gesta al Tour del 1938, trattenne i suoi gregari che
volevano `dare una lezione' al belga Vervaecke reo di aver fatto cadere in un burrone il campione toscano: « Lasciatelo, Dio lo punirà » (G.U., Un grande atleta, cit.).
Ma soprattutto come modello umano Bartali si discostava alquanto da quei connotati che, secondo l'ideologia di regime, avrebbero dovuto contraddistinguere l'uomo del fascismo attraverso l'ostentazione di quella `maschilità' che era accompagnata spesso da un largo contorno di atteggiamenti di un `sano virilismo sessuale'. Bartali, contrariamente a quei modelli: «È casto per convinzione m[...]
[...]ttolica insisteva ci è dato di coglierlo, nel dopo
guerra, anche attraverso le polemiche che accompagnavano la rivalità con Fausto Coppi. La critica sportiva cattolica non lesinava encomi anche a Fausto Coppi, tuttavia la simpatia per il `campionissimo' era di natura prevalentemente biotipica, di ammirazione per le capacità atletiche, per la sua straordinaria forza muscolare. Infatti, nell'agosto del 1949 all'indomani della vittoria di Coppi al Tour nel quale Bartali si era classificato secondo, l'organo dell'associazionismo sportivo cattolico, riconoscendo che Coppi era ormai « il piú forte, il piú `fenomenale' » lamentava come mancasse « a coronamento di questa inimitabile macchina sportiva fatta di muscoli e di stile, l'alone di umanità che circonfonde ed esalta l'atletica e nobile figura di Gino [...] questo cristiano che non chiude la sua fede in un eremo ma la
professa per tutte le vie del mondo » (L. Ferretti, Gino Bartali, « Stadium », agosto 1949, pp. 56).
3. Non è facile, a causa anche di un'enfatica mitizzazione tramandatasi[...]
[...]nfonde ed esalta l'atletica e nobile figura di Gino [...] questo cristiano che non chiude la sua fede in un eremo ma la
professa per tutte le vie del mondo » (L. Ferretti, Gino Bartali, « Stadium », agosto 1949, pp. 56).
3. Non è facile, a causa anche di un'enfatica mitizzazione tramandatasi nella
fantasia popolare, dare il giusto peso ad uno dei punti piú controversi della vicenda bartaliana ossia al ruolo taumaturgico della sua vittoria, al Tour de France
nel 1948 in coincidenza con le calde giornate seguite all'attentato a Togliatti. Sul problema, sfiorato di recente anche da Massimo Caprara, la stampa cattolica non sembrò, in quei momenti, nutrire il minimo dubbio sulla capacità che quella
vittoria ebbe come deterrente contro la rabbia popolare in seguito all'attentato al leader comunista.
Il 25 luglio 1948 Raimondo Manzini, allora direttore de « L'Avvenire d'Italia », nell'articolo di fondo del quotidiano bolognese, intessendo le lodi dello
« sportivo cristiano, dell'atleta perfetto [...] dal calmo viso velato d'ombre » e attr[...]