Brano: [...]igidezze e astrattismi ideologici e quanto a influenze finanziarie. Certo, i due elementi dovettero intrecciarsi, e il secondo non dovette mancare. Si disse insistentemente, allora, che gli americani avessero particolari mire sul porto di Fiume come elemento di una più vasta penetrazione nell'Europa centrale, che essi attendessero dagli jugoslavi un'arrendevolezza che non avrebbero trovato negli italiani (7); più tardi, nel periodo di vita dello Stato libero creato dal Trattato di Rapallo, gli americani progettarono l'acquisto di una parte importante del porto fiumano, su cui avrebbe dovuto esercitare la sua giurisdizione la « Standard Oil Company » (8), e in ciò si vide una specie di dimostrazione a posteriori dei motivi che avevano reso la diplomazia wilsoniana così dura, rigida, intransigente. Per contro, il banchiere americano Guggenheim, intervistato da un giornale italiano (9), dichiarò che gli Stati Uniti avrebbero dovuto preferire una soluzione italiana del problema di Fiume, perché gli jugoslavi ne avrebbero dato il,controllo agli ingles[...]
[...]di sopra della maggior parte degli uomini politici e dei militari del suo tempo e del suo ambiente, ma, con ciò stesso, gli faceva talvolta smarrire il senso delle necessarie cautele da prendere con essi.
Anche nella laboriosa ricerca di una soluzione del problema fiumano, nella scelta tra i vari progetti che furono avanzati durante quei mesi, quasi accavallandosi, Nitti dimostrò talvolta qualche oscillazione (per esempio, sulla creazione dello Stato libero, che egli di volta in volta considerò vantaggioso perché sgradito a Belgrado in quanto sottraeva alla diretta sovranità serba un largo territorio a popolazione slava, e svantaggioso proprio perché essendo abitato prevalentemente da slavi rischiava di soffocare l'italianità della città di Fiume). In verità, a Nitti premeva soprattutto di chiudere la vertenza adriatica: egli non si sentiva di sostenere a spada tratta questa o quella soluzione, ad una o all'altra subor
(23) « Mi sembrò, e mi sembra tuttora — scrisse ancora C. SFORZA, O. cit., p. 84 — che Nitti fu soprattutto attaccato per quant[...]
[...]unì la Costituente eletta il 24 aprile, nella quale gli autonomisti di Zanellà erano in grande maggioranza, sicché il 3 marzo 1922 gli estremisti ricorsero a un nuovo colpo di forza, alla rivolta armata: il palazzo del Governatore, ove risiedeva Zanella, fu preso d'assalto mentre un mas comandato da Giunta sparava su di esso 31 colpi di cannone. Zanella dovette capitolare nelle mani di Attilio Prodam e abbandonare Fiume; ma, se da quel giorno lo Stato libero fu virtualmente soppresso, la città continuò ad essere teatro di lotte tra gruppi di fascisti e di legionari in concorrenza tra loro (33).
Nel quadro generale della storia politica d'Italia e d'Europa nel dopoguerra, la vicenda di Fiume ha un'incidenza che trascende di molto i suoi propri termini, modesti se strettamente considerati: ed é perciò che abbiamo creduto, utilizzando una vasta documentazione inedita, di dedicare a quella vicenda un lavoro d'una certa ampiezza. « Alla Conferenza della Pace — leggiamo nell'AlbrechtCarrié (34) — la lotta per Fiume, tema di contestazione in se stesso[...]