Brano: [...]rato da punti di vista diversi : innanzi tutto come « ritorno alla religione », quale che sia la consistenza e il significato di tale ritorno; in secondo luogo come influenza e suggestione immediate dell’arcaico, del simbolico, del mitico — e in genere del variamente irrazionale — sulla sensibilità, sul costume, sulle arti figurative, sulla musica, sulla letteratura e sulla stessa vita politica; in terzo luogo come particolare orientamento delle scienze religiose, soprattutto neirultimo quarantennio; e infine come nuovo modellarsi del mito e delle forme di vita religiosa presso i popoli coloniali o semicoloniali — o da poco usciti dal rapporto coloniale — e presso le minoranze di colore, nel quadro del movimento di emancipazione politica e sociale di questi popoli e di queste minoranze. Per quanto si tratti di manifestazioni disparate vi è fra di loro una connessione non casuale, almeno nella misura in cui pongono in quistione il destino culturale della civiltà occidentale e ne esprimono con varia voce il travaglio in cui versa. Se si pensa [...]
[...]oblema del rapporto fra arte preistorica e arte contemporanea. Ci auguriamo che questo fascicolo, pur nei suoi limiti, svolga una funzione benefica nel progresso umanistico della cultura nazionale e stimoli sia pure di poco la formazione presso di noi di una coscienza storicoreligiosa moderna, fortemente radicata nel presente e nei suoi problemi anche quando volge la sua attenzione all’arcaico, al simbolico, al mitico, al magico, al sacro*MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
Negli ultimi quarantanni, e più precisamente a partire dalla fine della prima guerra mondiale il dominio delle scienze religiose è senza dubbio entrato in una crisi decisiva. Nell’età precedente le scienze religiose — cioè la filosofia, la storia, la etnologia, la tipologia, la sociologia, la psicologia della religione — nella misura in cui si muovevano al di fuori di presupposti teologici e apologetici mostravano uno spiccato orientamento ad accogliere i temi ermeneutici della eredità illuministica, idealistica, materialistica e positivistica: basterebbe ricordare gli schemi dell’evoluzione religiosa dell’umanità dal Comte in poi, le teorie religiose di Fuerbach e del materialismo storico, la scienza del mito e la storia comparate delle religiosi inaugurate da Max Mùller, la etnologia religios[...]
[...]stici. In ogni caso si faceva strada in modo più o meno esplicito e consapevole la persuasione che la civiltà moderna aveva ormai imboccato la via della saggezza, e si accingeva a dissolvere le proiezioni religiose della sua eredità arcaica, e a vivere la sua vita morale e sociale in piena autonomia, al di fuori degli impacci miticorituali. Lo stesso cattolicesimo fu investito dalla tempesta, e dovette fronteggiare il movimento modernista.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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Negli ultimi quarant anni, invece, si è venuto affermando in occidente un vario movimento di pensiero che tende a rivendicare la autonomia della religione e del mito nel quadro di una tematica esistenzialistica alimentata da un continuo riferimento alla concreta varietà dei fenomeni religiosi della storia umana. È un movimento caratterizzato da mutue influenze fra scienze religiose diverse, e da singolari convergenze di orientamento pur nella varietà di indirizzi, di provenienze culturali, di metodi e di prospettive. Etnologi come Frobenius, Jensen, Malinowski, Leenhardt, storici e fenomenologi della religione come R. Otto, Hauer, van der Leeuw, Eliade, W. Otto, Kerényi, sociologi come LévyBruhl, LéviStrauss e Caillois, filosofi come Cassirer, Bergson, Machelard, Gusdorf, psicologi come Jung e Neumann, hanno inaugurato una valutazione della vita religiosa e del mito che, in netto contrasto con l’età precedente, è orientata verso il riconoscimento di profonde m[...]
[...]one esistenzialistica e antropologica del sacro appare più esplicita: ma è significativo il fatto che l'orientamento complessivo fa sentire la sua influenza anche per entro tradizioni culturali che per la loro origine non erano inizialmente disposte a considerare il mito e il sacro come valori antropologici permanenti e autonomi. Né è da credere che il movimento di rivalutazione esistenziale della vita religiosa e del mito concerna soltanto le « scienze religiose » come tali : a parte gli ovvi riferimenti alla vita artistica e letteraria del mondo moderno in generale (5), e al problema dei rapporti fra mito e letteratura, la stessa propensione del gusto, della sensibilità e del costume hanno palesato una rinnovata familiarità col mitico, col magico, con l’arcaico. Anche la vita politica ne è stata coinvolta, come mostra il caso del neopaganesimo nazista e dei prestigi che assegnò all’arcaico e all’ancestrale: e non è certo una coincidenza fortuita se uno dei rappresentanti più caratterizzati della rivalutazione della irrazionalità del sacro,[...]
[...]ogie primitive, 1935; L'experience mystique et les symboles chez les primitives, 1938; e soprattutto i Carnets pubblicati postumi nel 1949). Per questo sviluppo del pensiero di LévyBruhl si veda ora G. Gusdorf, Mythe et métaphisique, 1953, p. 187 sg.
(5) Come giustamente osserva il Gehlen, Urmensch und Spat^ultur, Bonn 1958, p. 292, « Gauguin a Tahiti e Nolde a Raboul hanno cercato qualchecosa di più che dei semplici motivi artistici ».MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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poi la consistenza e il significato di questo «ritorno» nei diversi ambienti culturali (6).
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L’analisi completa e la corrispondente valutazione critica di un movimento così vasto e complesso richiederebbero molto più di un semplice articolo. Ci soffermeremo pertanto solo su alcuni punti nodali relativi al movimento di rivalutazione esistenziale della vita religiosa e del mito nel quadro delle scienze religiose. Si tratta in sostanza di rintracciare nel dominio di queste scienze e per quel che si riferisce al movimento in questione una serie di aspetti salienti, e un ordine di connessioni, fra ciò che, a prima vista, si presenta come coesistenza di motivi indipendenti o casualmente affini. Ne risulterà in tal modo una elaborazione dei dati secondo una particolare prospettiva atta a facilitare alcune osservazioni critiche conclusive.
Se prescindiamo dagli antecedenti e dai prodromi (6bls) il vero e proprio inizio del movimento di rivalutazione esistenziale della religione e del mito si ricollega ad alcuni episodi culturali che ebbero luogo verso la fine della prima[...]
[...]della Università di Marburgo pubblicò un piccolo libro cui doveva toccare una straordinaria fortuna, e che esercitò una
(6) Sul « ritorno alla religione » si veda più avanti a p. 44 sg.
(6bis) Fra questi antecedenti ha p. es. un suo proprio rilievo culturale la teoria del mito elaborata da Giorgio Sorel.8
ERNESTO DE MARTINO
notevole influenza non soltanto sulla metodologia storicoreligiosa e sulla rivalutazione del Sacro, ma sulle coscienze e sulla sensibilità culturale in generale: il teologo e storico delle religioni era Rudolf Otto, e il piccolo libro portava il titolo II Sacra, col significativo sottotitolo programmatico: L'irrazionale nell’idea del divino e il suo rapporto col razionale (7). L’opera di R. Otto apre in un certo senso in Germania quella epoca culturale che è caratterizzata dalla crisi dello storicismo, dal passaggio dal protestantesimo liberale alla teologia della crisi e all’affiorare di una tematica esistenzialistica: nel 1918 appare infatti il primo volume di Der Untergang des Abenlandes dello Spengler, me[...]
[...] noto, fu curata da Ernesto Buonaiuti (Bologna 1926).
(8) R. Otto, Das Heilige, 30a ed., p. 31. Thateron e anyad sono vocaboli che rispettivamente in greco e in sanscrito corrispondono alPagostiniana aliud valde e al ‘tutt’altro’ nel senso di R. Otto. Cfr. R. Otto, Das Gefiihl des Vberweltlichen, 1931, cap. Vili {Das Ganzandere in ausserchristlicher und in christlicher Spe\ulation und Theologie), e p. 229 {Das Aliud valde bei Augustin).MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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Ma il numinoso come alterità radicale che atterrisce, cioè come tremendum, è sperimentato al tempo stesso come alcunché di polarizzante, di cattivante, di fascinante, che invita perentoriamente al rapporto (9). Questo « radicalmente altro » e « ambivalente » costituisce il momento irrazionale della complessa categoria del sacro, nella quale i momenti razionali (morali, estetici, conoscitivi) sono senza dubbio argomento di perfezione e di elevatezza, ma non esauriscono mai la fondamentale irrazionalità della esperienza religiosa:
Una religione potrà salva[...]
[...] Alla interpretazione freudiana della religione si poteva obiettare che la religione non è riducibile a maschera della sessualità per la stessa ragione che il Duomo di Colonia, ancorché sia fatto di pietre, non può essere valutato con i criteri della mineralogia (11): ma nei ri
(11) C. G. Jung, Wcmdlungen und Symbóle der Libido, in.Jahrbuch fùr Psychoanalytische un psychopatologische Forschung, III (1911), p. 126. Allo stesso modo il mitoMITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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guardi di R. Otto sussisteva la obiezione che la esperienza irrazionale del numinoso poteva per l’uomo di scienza riguadagnare coerenza e razionalità se si fossero tenute presenti le « ragioni dell’inconscio ».
D’altra parte nel periodo successivo alla prima guerra mondiale si produssero proprio nel movimento psicanalitico alcuni nuovi orientamenti che in parte dovevano contribuire indirettamente alla rivalutazione esistenziale del sacro, e in parte finirono col ricongiungersi in modo diretto con i risultati della indagine di R. Otto; ricongiungimento c[...]
[...]re e l’istinto di morte, quali erano stati definiti nella monografia del Freud, sollevarono nelPambito del movimento psicoanalitico una vivace polemica (13): qui però basterà mettere in evidenza come il ritorno del passato acquistava due significati nettamente diversi a se
(13) Per questa polemica si vedano i rinvii bibliografici contenuti in O. Fenichel, Trattato di Psicoanalisi, trad. it. di C. Gastaldi, Roma 1951, pp. 57, 138, 608 sgg.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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conda che si trattasse di ripetizione coatta e cifrata nel sintomo morboso
o di ripetizione attiva e risolvente mediante un simbolismo aperto della rappresentazione e del comportamento, come nel caso del giuoco del rocchetto (14). Ora questo secondo significato della ripetizione accennava in qualche modo al simbolismo miticorituale della vita religiosa. Già nel 1926 il Malinowski, riassumendo i risultati delle sue osservazioni sulla mitologia vivente degli indigeni tobriandesi, sottolineò il fatto che il mito in azione, cioè nella concretezza della espe[...]
[...]tamente, mai pervenuto alla coscienza. La guarigione consiste nel ‘tornare indietro’, rifacendo il cammino in senso inverso, in modo da riattualizzare la crisi, da rivivere il traumatismo psichico e dà integrarlo nella coscienza... L’impresa di Freud era audace: introduceva il tempo e la storia in una categoria di fatti che venivano accostati, prima di lui, dall’esterno, un
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(18) M. Eliade, Le mythe de Véternel retour, 1949, passim.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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po’ come il naturalista considera il suo oggetto. Soprattutto una scoperta di Freud ha avuto conseguenze considerevoli, cioè quella che esiste per l’uomo un’epoca primordiale in cui tutto si decide: la primissima infanzia, e che la storia di questa infanzia è esemplare per il resto della vita » (19).
La tematica di Le mythe de l’éternel retour di M. Eliade ha avuto una singolare fortuna in Francia nell’ultima decennio, ed anche in domini lontani dalle scienze religiose come tali: così p. es. Robert Volmat non ha esitato recentemente ad interpretare i di[...]
[...]il naturalista considera il suo oggetto. Soprattutto una scoperta di Freud ha avuto conseguenze considerevoli, cioè quella che esiste per l’uomo un’epoca primordiale in cui tutto si decide: la primissima infanzia, e che la storia di questa infanzia è esemplare per il resto della vita » (19).
La tematica di Le mythe de l’éternel retour di M. Eliade ha avuto una singolare fortuna in Francia nell’ultima decennio, ed anche in domini lontani dalle scienze religiose come tali: così p. es. Robert Volmat non ha esitato recentemente ad interpretare i disegni di un malato mentale secondo i criteri ermeneutici offerti dalPEliade:
M. Eliade ci mostra come l’uomo delle civiltà tradizionali e arcaiche lotta contro il terrore della storia mediante la ripetizione dell’atto cosmogonico e mediante la rigenerazione periodica del tempo. Con procedimenti diversi esso giunge ad abolire lo spazio e i'I tempo profani. La storia è sentita come peccato dall’uomo anistorico, e questa angoscia è bandita grazie al ritorno agli archetipi e alla ripetizione. Il nost[...]
[...]ria è sentita come peccato dall’uomo anistorico, e questa angoscia è bandita grazie al ritorno agli archetipi e alla ripetizione. Il nostro malato è condotto, se ci collochiamo da un punto di vista psicogenetico, ad abolire ila sua storia personale, ripetendo in maniera delirante l’atto cosmogonico, che lo situa in ilio tempore, abolendo il tempo profano.» (20).
Ma lasciando da parte gli echi meno prossimi e meno diretti, e per attenerci alle scienze religiose, ritroviamo un largo impiego della tematica delFEliade nell’esistenzialismo del Gusdorf, dove però si fa valere una prospettiva del tutto inaccettabile. Il Gusdorf infatti fantastica di un’epoca « precategoriale » in cui l’uomo — ancora unità indivisa di coscienza e mondo — starebbe integralmente immerso in condotte di ripetizione rituale di miti primordiali. A trarlo da questo «paradiso degli archetipi e della ripetizione » e da questo gigantesco « déjà vu » senza fine, sarebbe intervenuta a un dato momento la « rottura del patto mitico», cioè la scissione introdotta dal progresso [...]
[...]iso perduto » o « lo spirito antagonista dell’anima » di Ludwig Klages. Una ricostruzione completa della storia culturale di questo motivo interpretativo romantico sarebbe molto opportuna e istruttiva, e per i molteplici e intricati riferimenti che comporta costituirebbe un capitolo a sé nel quadro dei rapporti fra mondo moderno e mito. È da avvertire che questo motivo non è senza segrete affinità con la teoria della rivelazione primitiva.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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riale, in cui mondo e coscienza stanno ancora indivisi, e la vita culturale si riduce in modo esclusivo alla iterazione di identici miti: un’astrazione che non aiuta certo alla comprensione né l’etnologo né lo storico delle religioni. Ma la tematica della ripetizione ha avuto anche nelle scienze religiose un impiego che si annunzia più promettente di risultati. Così per es. Jean Cazeneuve ha recentemente ripreso il rapporto fra ripetizione coatta della scena traumatica, ripetizione riappropriatrice nel giuoco e ripetizione rituale di un mito primordiale:
Quale può essere la funzione, la virtù, della ripetizione (di un evento numinoso) ? Con tutte le riserve che comporta un paragone del genere, è possibile chiedere alla psicanalisi la risposta a questa domanda, poiché può trattarsi in questo caso di un fenomeno che appartiene al meccanismo più generale dd pensiero simbolico. Freud,[...]
[...], a medicinesong jrom thè Cunas of Panama, Goteborg 1947. I Cuna furono diligentemente studiati dal Nordenskiòld, il quale ebbe modo di formare fra gli indigeni preziosi collaboratori: uno di essi, il vecchio Guillermo Haya, fece pervenire al successore di Nòrdenskiòld, Henry Wasser, il testo in quistione, redatto in lingua originale e accompagnato da una traduzione spagnuola, sottoposta poi ad una accurata revisione da parte dello Holmer.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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mostra un complesso simbolismo, orientato in parte verso la ripresa di una situazione iniziale, e in parte verso il rivivere in termini risolutivi i conflitti e i processi somatici del partorire. L’incantesimo si apre con una lunga e minuziosa descrizione degli antecedenti: narra, come in un film al rallentatore, l’inizio della crisi, lo smarrimento della levatrice, la sua visita allo sciamano, la partenza di quest’ultimo per la capanna della partoriente, il suo arrivo. In altri termini la « cura » comincia con un «passo indietro» che riprende gli eventi d[...]
[...]senza sufficiente base documentaria questi tentativi di stabilire un rapporto fra il « passo indietro » connesso alla iterazione rituale di un mito e il « passo indietro » che conduce alla abreazione nel senso psicoanalitico del termine : e del resto anche l’etnologo e lo storico delle religioni possono dal loro proprio punto di vista avanzare a questo proposito al
(28) Op. cit.f p. 218.
(29) Op. cit.j p. 219.
(30) Op. citp. 218 sg.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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cune riserve. Tuttavia non c’è dubbio che tale rapporto fra nesso miticorituale e terapia psicoanalitica costituisce uno dei temi più fecondi e promettenti affiorati nel più recente corso del movimento di rivalutazione esistenziale della vita religiosa e del mito. Non si tratta più di applicare semplicemente il metodo psicoanalitico di interpretazione alla religione — con tutti i limiti e i pericoli che tale applicazione comporta —, ma di istituire in modo sistematico un paragone fra le condizioni di funzionamento e di successo della terapia psicoanalitica[...]
[...]o miticorituale delle religioni dell’ecumene vi è infatti un nesso troppo evidente per passare inosservato. Senza dubbio non vi è identità fra i tre fenomeni: ma che essi stiano in rapporto, e possano illuminarsi a vicenda, par fuori di dubbio. È quindi comprensibile che nel seno stesso del movimento psicoanalitico maturasse, soprattutto dopo la prima guerra mondiale, una crisi che doveva esercitare una notevole influenza diretta nel campo delle scienze religiose. Noi possiamo considerare tale crisi, che si ricollega all’indirizzo di Jung e della sua scuola, da diversi punti di vista. Ma da quello che qui ci interessa l’junghismo appare, in primo luogo, un nuovo apprezzamento del significato e della funzione del simbolo: il quale non è più interpretato, come nel freudismo ortodosso, una semplice maschera del passato ritornante in modo irriconoscibile e irrisolvente, ma si configura come un ponte per un verso rivolto al passato che rischia di tornare nella estraneità e nella servitù del sintomo nevrotico, e per l’altro verso orientato verso l[...]
[...]ra già per queste ragioni è evidente il rapporto col simbolismo miticorituale della vita religiosa, poiché nei miti e nelle cerimonie, e in genere nella religione considerata nel suo dinamismo e nella sua concretezza, si compie continuamente questa vicenda di ripetizione e ripresa, di catabasi e di anabasi, di fondazione e di apertura, di origine e di prospettiva (32). Purtroppo a complicare, e in parte a oscurare, questo tema ermeneutico per le scienze religiose innegabilmente fecondo, è intervenuta la teoria junghiana degli archetipi. Nella sua pratica terapeutica lo Jung fu sorpreso di ritrovare nei simboli onirici — come nelle fantasie e nei deliri di nevrotici e di psicotici — alcuni frammenti di temi mitici che facevano parte organica di sistemi religiosi scomparsi o comunque lontanissimi dalla coscienza culturale del paziente: e tale concordanza si presentava in dati casi in modo da escludere ogni forma di criptomnesia o di consapevole utilizzazione di nozioni occasionalmente apprese. D’altra parte sussistono — ed ogni storico delle r[...]
[...]31) Per la concezione junghiana del simbolo si veda R. Hostie, C. G. Jung und die Religion, Monaco 1957, pp. 44 sgg. (L’originale in olandese dell’opera dello Hostie porta il titolo Analytische Psychologie en Godsdienst, UtrechtAntewerpen 1955).
(32) In Morte e pianto rituale nel mondo antico, Torino 1958, ho cercato appunto di esplorare, in un concreto esempio storico, il rapporto fra crisi, simbolismo miticorituale e mondo dei valori.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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essere spiegate mediante la trasmissione culturale da un punto alPaltro dello spazio, e da un’epoca ad un’altra. Jung credette di poter spiegare queste imbarazzanti concordanze mediante l’ipotesi di un inconscio collettivo, come deposito di tracce, o disposizioni, o pieghe psichiche, le quali avrebbero determinato certi binari definiti del rappresentare e certe tendenze al parallelismo delle immagini, indipendentemente dalla tradizione cosciente, come anche dai contenuti rimossi dei singoli individui. Questi archetipi, nel loro insieme, assolvevano la funz[...]
[...]ra di R. Otto, che — come abbiamo visto — inaugura idealmente l’epoca culturale che stiamo analizzando. Jung
(35) Aion, p. 107.
(36) P. Zacharias, Die Bedeutung der Psychologie C. G. Jungs jiir die christliche Theologie, in Zeitschrift fùr Religionund Geistesgeschichte, V, 1953, pp. 13 sgg.
(37) R. Hostie, op. cit., p. 201, nota 98.
(38) Lettera di Jung al domenicano P. V. White, in White, God and thè unconscious, 1944, p. 260.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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potè infatti stabilire una sorprendente concordanza fra l’esperienza del « vivente rapporto con gli archetipi », quali gli veniva suggeriti dalla sua pratica di psicoterapeuta, e i momenti del numinoso così come R. Otto li aveva indicati nella sua ricerca fenomenologica sul Sacro. Il sentimento di dipendenza, il maestoso, l’efficace per eccellenza, il mistero tremendo e fascinante, il tutt’altro che chiama perentoriamente al rapporto, potevano essere agevolmente tradotti nel linguaggio della psicologia analitica come segno del rapporto con realtà psichiche[...]
[...]esi sin troppo ingegnose, in cui par quasi che gli antichi miti si vengano inestricabilmente mescolando con le affabulazioni dei loro interpreti moderni (42).
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Il contributo anglosassone al movimento di rivalutazione esistenziale della religione e del mito è rappresentato in modo eminente dalla cosiddetta scuola miticorituale (MythRitual School). Già in Frazer, in Robertson Smith, nel Murray e nella Harrison prese rilievo la persua
e scienze religiose può avvalersi delle poche traduzioni comprese nella collana etnologica della casa editrice Boringhieri e della collana Psiche e Coscienza della casa editrice Astrolabio, nonché della recente traduzione del volume di J. Campbell, The Hero with a thousand faces pubblicata nel 1958 dalla casa editrice Feltrinelli.
(41) R. Caillois, L’homme et le sacre, 19502, p. 39 sg.
(42) JungKerényi, Prolegomeni dio studio scientifico della mitologia, trad. ital. Torino 1948, p. 33 sg.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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sione che il mito, nella concretezza della vita religiosa,[...]
[...] comprese nella collana etnologica della casa editrice Boringhieri e della collana Psiche e Coscienza della casa editrice Astrolabio, nonché della recente traduzione del volume di J. Campbell, The Hero with a thousand faces pubblicata nel 1958 dalla casa editrice Feltrinelli.
(41) R. Caillois, L’homme et le sacre, 19502, p. 39 sg.
(42) JungKerényi, Prolegomeni dio studio scientifico della mitologia, trad. ital. Torino 1948, p. 33 sg.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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sione che il mito, nella concretezza della vita religiosa, affonda le sue radici nel rito e nel culto, e che fuori di questo rapporto il mito non è più tale, ma diventa arte, dramma, letteratura, filosofia, scienza, cioè — in generale — opera umana avviata alla consapevolezza della sua umanità e mondanità (43). Ma il vero e proprio atto di nascita di questo indirizzo è segnato da due symposia editi da S. Hooke, nei quali un gruppo di studiosi sottoponevano ad analisi il rapporto fra mito e rito nel vicino Oriente. Poteva sembrare una disputa fra dotti tend[...]
[...]abile dal rito e dal culto o almeno dalla prospettiva di un possibile riviverlo, in date e luoghi stabiliti, in una definita vicenda liturgica : i « miti » che operano nella letteratura, nella filosofia, nella scienza senza alcun riferimento a un culto attuale o possibile sono propriamente letteratura, filosofia o scienza, ma non miti vivi, ancorché ne riecheggiano il tema. Noi cercheremmo del resto inutilmente in questo indirizzo generale delle scienze religiose formulazioni teoriche molto rigorose, tali da assùrgere a un vero e proprio impegno sistematico. Forse la formulazione teorica più impegnata è quella tentata da Clyde Kluckhohn in una monografia apparsa in The Harward Theological Review (48). L’autore polemizza con la tendenza prevalente nel secolo decimonono di considerare i miti indipendentemente dai rituali corrispondenti e dai loro concreti nessi esistenziali, e al tempo stesso rimprovera le interpretazioni psicoanalitiche della prima maniera (Abraham, Rank, Reik, lo stesso Freud) di non aver dato rilievo alla funzione sociale d[...]
[...]in civilization » (Proceedings of thè 7th Congress for thè History of Religions, Amsterdam 1951). Sia qui detto incidentalmente che il punto di vista rituale del mito ha dato notevole incremento a ricerche speciali sulle strutture miticorituali operanti nel dramma, nell’epica, nelle fiabe, nello stesso romanzo moderno, etc.
(48) K. Kluckhohn, Myths and Rituals: a generai therry, in « The Harward Teologica! Review », 35 (1942), pp. 4579.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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porto a nuovi miti. Vi sono miti che sono intimamente connessi col rituale, e che ne sono la minuta descrizione giustificativa, mentre altri miti non presentano una connessione così stretta col rito, nel senso che il rito racchiude tratti simbolici che non trovano espressione equivalente sul piano mitico, o che il mito si estende in particolari che non hanno riscontro nel comportamento cerimoniale. Vi sono infine miti secolarizzati, che svolgono una funzione prossima alla nostra « letteratura». Il mito è un sistema di parole simboliche, mentre il rituale è[...]
[...]ifestarsi una differenza strutturale decisiva fra simbolo cristiano e altri simboli miticorituali. Già lo Hòlscher non aveva mancato di notare come il pensiero escatologico del giudaismo si contrapponesse in modo radicale alla concezione ciclica del divenire che fu propria del mondo
(50) G. van der Leeuw, Urzeit und Endzeit, in « Eranos Jahrbuch », XVII (1949), p. 25.
(51) G. van der Leeuw, Phànomenologie der Religion, 19562, p. 438.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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greco (52); e il Lommel, in una prospettiva diversa, aveva sottolineato che i popoli arii mancavano del senso della cronologia, mentre alcune civiltà religiose del vicino Oriente, come l’Egitto, la Persia, Israele, cominciarono ad aprirsi alla coscienza della storia nella forma rudimentalissima di coscienza cronologica delle geneaologie e delle successioni di regni. Il Lommel osservava inoltre che questa nuova sensibilità del tempo germinata nell’Oriente vicino ricevette nella tradizione giudaicocristiana un incremento così decisivo da rendere familiare pe[...]
[...]ento stesso. Il primo tema è la rivendicazione di una specifica esperienza del sacro, cioè di una realtà radicalmente diversa dal «mondo» e non risolvibile interamente in termini razionali, per quanto ogni forma di vita religiosa racchiuda un processo di razionalizzazione del suo nucleo irriducibilmente irrazionale. Da quando R. Otto teorizzò il «tuttaltro ambivalente» questo tema è diventato in certo senso d’obbligo nei domini più diversi delle scienze religiose: e l’accordo che si è realizzato su questo punto è, nell’interno del movimento, totale. La opposizione fra sacro e profano si configura in tal guisa come « un vero e proprio dato immediato della coscienza » : si può descriverla, decomporla nei suoi elementi, darne la teoria, ma non mai risolverla in altro (57). Un punto di vista del genere non è certo in contrasto, com’è chiaro, col punto di vista del credente: e pertanto il tema del « numinoso », inaugurato da R. Otto, ha finito col diventare un punto di accordo non soltanto nel dominio delle scienze
(56) Op. cit., p. 48 sg.: cf[...]
[...]ne fra sacro e profano si configura in tal guisa come « un vero e proprio dato immediato della coscienza » : si può descriverla, decomporla nei suoi elementi, darne la teoria, ma non mai risolverla in altro (57). Un punto di vista del genere non è certo in contrasto, com’è chiaro, col punto di vista del credente: e pertanto il tema del « numinoso », inaugurato da R. Otto, ha finito col diventare un punto di accordo non soltanto nel dominio delle scienze
(56) Op. cit., p. 48 sg.: cfr. H. Ch. Puech, Temps, histoire et mythe dans le Christianisme des premiers siècles, in « Proceedings of thè 7th Congress far History of Religions », 1950, pp. 33 sgg. Per il problema dei rapporti fra Cristianesimo e Storia si veda, in particolart, E. C. Rust, The Christian Under standing of History, London 1947; R. Niebuhr, Faith and History, London 1949; H. Butterfield H., Christianity and History, London 1949; K. Lowith, Meaning in History, Chicago 1949; G. van der Leuuw, Urzeit und Endzeit, in « Eranos Jahrbuch », XVII (1949), pp. 11 sgg.; T. Preiss, The vi[...]
[...]l’addensarsi di opere e monografie relative a questa problematica negli anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale, periodo nel quale cade anche la produzione di Mircea Eliade (Le mythe de l’éternel retour è del 1949).
(57) Si veda p. es. Caillois, L’homme et le sacre, 19502 (19391), p. 17 sg. Analoga impostazione sta alla base della fenomenologia del van der Leeuw e di Mircea Eliade, come della teoria del mito del Gusdorf.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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religiose ma anche fra scienze religiose e punti di vista confessionali. Il gesuita Daniélou può su questa importante questione manifestare il suo pieno consenso con R. Otto e con Mircea Eliade:
Già Rudolf Otto ha acutamente osservato che certi simboli, come l’immensità del deserto o la profondità della notte, risvegliano risonanze specificamente sacrali, il « numinoso », e non possono essere ridotte ad altre categorie di conoscenza: motivo ripreso magistralmente da Mircea Eliade, per il quale le realtà del mondo visibile sono ierofanie, manifestazioni del sacro, attraverso le quali si manifestano certi aspetti della re[...]
[...] passato che torna in modo cifrato e irrelativo al presente che nella decisione responsabile determina il passato e il futuro, dal sintomo chiuso, isolante, e passivamente subito all’apertura verso il mondo dei valori culturali. Tuttavia nel corso della travagliata vicenda del pensiero dello Jung si riscontra, rispetto alla vita religiosa, un graduale mutarsi delle prospettive di partenza: onde la esperienza religiosa finì col configurarsiMITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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come vivente rapporto con gli archetipi, e col ricongiungersi per questa via al «numinoso» di Rudolf Otto, determinando in tal modo anche nell’ambito del movimento psicoanalitico una singolare convergenza verso le posizioni della fede religiosa in atto e verso le interpretazioni della teologia.
Un quarto tema del movimento di rivalutazione esistenziale della vita religiosa e del mito negli ultimi cinquantanni concerne la sfera di efficacia dei simboli miticorituali. Infatti tali simboli, nel loro effettivo funzionamento per entro determinate civiltà rel[...]
[...]llo stesso ordine somatico e fisico ordinariamente precluso alla decisione consapevole. In questo caso il simbolo miticorituale non si limita alla ripresa del «passato psichico perduto», ma fa da ponte tra lo psichico e il somatico, tra lo psichico e il fisico, instaurando efficacie di cui l’incantesimo Cuna precedentemente ricordato offre un esempio. La parapsicologia e la medicina psicosomatica hanno probabilmente favorito il diffondersi nelle scienze religiose di un più cauto apprezzamento circa l’efficacia possibile dei simboli miticorituali: ma è certo che il rinato interesse per un problematico del genere è in rapporto con l’orientamento generale dell’epoca che stiamo esaminando.
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Una valutazione critica del movimento di rivalutazione deve partire, per quel che ci sembra, dalla esperienza del numinoso. Nella teorizzazione che ne ha dato R. Otto, si tratta — come si è detto — di una « ultima Thule » esistenziale, o, se più piace, di una sorta di « tetto del mondo » oltre il quale non è dato salire più in alto. È questa esperi[...]
[...]e trovano un orizzonte di arresto e di ripresa, di controllo e di risoluzione,
i momenti critici connessi al ritmo stagionale della vegetazione, all’invecchiare e al morire del re e alle crisi della successione, ai lutti familiari e al rischioso ritorno dei morti, e infine a episodi traumatizzanti che ricorrono nell’infanzia e nelPadolescenza di ciascun individuo. In altri termini la vita storica dell’uomo in società comporta necessariaMITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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mente un continua « distaccarsi » da situazioni, un continuo dover oltrepassare le situazioni che passano : in ciò è però anche incluso il rischio di non poter effettuare il distacco, e di morire con ciò che muore, e di condurre una esistenza inautentica, dominata dal ritorno irrelato e servile del passato che non fu deciso. Il simbolo miticorituale si atteggia come strumento tecnico che, in date condizioni culturali, funziona da dispositivo per segnalare il rischio, per dare un orizzonte figurativo alle alienazioni ricorrenti e per trasformare il ritorno [...]
[...]lle sue parole e nelle sue manipolazioni di oggetti sacri, tende a riprodurre con la maggiore fedeltà possibile una vicenda rituale di fondazione, inaugurata per la prima volta in ilio tempore. Ora già soltanto questo suo carattere internamente iterativo, cicli
(58 bis) Cfr. il mio studio Angoscia territmiale e reintegrazione culturale nel mito Achilpa delle origini, che può leggersi in appendice alla 2a ed. del Mondo Magico, Torino 1958.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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co, prevedibile nel decorso come l’orbita di un pianeta, instaura negli operatori e nei partecipanti un abbassamento della coscienza di veglia, e una condizione favorevole al rapporto con l’inconscio. Questo aspetto di attiva destorificazione della presenza individuale si fa valere nel rito a tal punto che spesso le tecniche riduttive della coscienza stanno per sé, senza avere necessariamente corrispondenti mitici: fissazioni di un punto, brillante e abbacinante, monotona iterazione di parole o di sillabe, rullio di un tamburo, e quant’altro forma l’appara[...]
[...]amento soltanto nel recitare e nel contemplare, perché se non procurate di acquistare la virtù e non ne fate l’esercizio, rimarrete sempre delle nane. E piaccia a Dio che vi limitiate soltanto a non crescere, poiché su questa via, come sapete anche voi, chi non va innanzi torna indietro. Tengo per impossibile, infatti, che l’amore, quando vi sia, si contenti di rimanere sempre nello stesso stato... (59).
(59) Castello, V Mans., Cap. IV.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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E altrove:
Benché vi siano moltissimi indizi per conoscere se amiamo Dio, tuttavia non possiamo mai esserne sicuri, mentre lo possiamo quanto all’amore del prossimo... Quando vedo delle anime tutte intente a rendersi conto deliberazione che fanno e così concentrate quando sono in essa da far pensare che non abbiano ardire di fare il più piccolo movimento né di divergere il pensiero per paura di perdere quel po’ di gusto e di devozione che sentono, mi persuado che non conoscono il cammino dellunione. Pensano che consista tutto nel fare così. No, sorelle [...]
[...]empre più coerente e consapevole di sé. In questa prospettiva doveva necessariamente apparire, come risultato, il limite di attualità del simbolo religioso cristiano. Ciò che, in virtù del simbolo cristiano, progredisce nella storia è in ultima istanza un piano di annientamento della storia, una promessa di cancellazione del divenire. E la incarnazione è, sì, un evento storico avvenuto « una sola volta », ma il suo privilegio è così « deciMITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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sivo » che nulla di veramente nuovo può accadere « dopo » di esso (61). Per questa via il mito di Cristo al centro della storia torna a configurarsi come un mito delle origini, da iterare nella liturgia e da rivivere nella vicenda sacramentale: e se ciò che viene ripetuto e rivissuto non è l’epoca inaugurale del mondo, ma un evento che sta al centro della storia santa, l’estremo previlegio di questo evento è tale da riconvertire paradossalmente il centro in origine, l’origine in annunzio della fine, e l’annunzio della fine nel calendario liturgico dominato[...]
[...]esta mediazione, nel momento stesso in cui distingue il Cristianesimo fra le altre religioni, e ne fonda l’alta funzione pedagogica nella storia culturale dell’occidente, costituisce necessariamente il principio di un’agonia religiosa, anzi il principio dell’agonizzare di tutti i simboli miticorituali e di tutti gli orizzonti numinosi, almeno nella misura in cui resterà operante nell’umanità la memoria della civiltà occidentale. La crisi delle « scienze religiose » nel mondo moderno — e la crisi religiosa che ne è alla base — nascono dalla difficoltà estrema di accettare coraggiosamente questo risultato della storia religiosa dell’occidente, e di viverlo in tutta serietà, assumendosi l’accresciuta responsabilità umana che comporta. Nascono altresì dal rischio di perdere, insieme alla protezione religiosa, i valori su cui si fonda il viver civile, a delPacuirsi del senso di insicurezza e di precarietà di una storia cui la metastoria miticorituale non fa più da orizzonte protettivo. Fermenta così negli animi non già propriamente un « ritorno a[...]
[...]ma 1956, pp. 265 sgg.; F. Bianco, Mito, simbolo, esistenza, nel voi. « Filosofia e simbolismo », Archiv. di Filosofia, 1956, pp. 289 sgg. e Metodo fenomenologico e interpretazione del mito, ibidem, 1957, pp. 199 sgg.; M. Bendi scioli, Interpretazioni razionalistiche del Cristianesimo primitivo, Padova 1952, pp. 68 sgg.; R. Tucci S. Un nuovo allarme fra i teologi protestanti, in « Civiltà Cattolica », quad. 2562, 16 marzo 1957, pp. 580 sgg.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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sere facile spiegare Fattuale interesse per la religione facendo appello alla frustrazione delle speranze che parecchi avevano riposto nella scienza, nell'umanesimo, nei movimenti politici secolari. Avendo sopravalutato il potere della scienza e avendo riposto troppa speranza nei movimenti politici secolari, si ritorna alle vie religiose della salvezza. La grande confusione e ansietà e sofferenza della nostra epoca incoraggia tale orientamento': e la « bomba atomica » — questa terrificante prova del potere autodistruttivo dell’uomo — induce anche il più in[...]
[...]lema del modo col quale la civiltà moderna può affrontare e risolvere la crisi esistenziale con mezzi che siano in armonia con la eredità umanistica della sua storia, il movimento di rivalutazione ha mostrato una spiccata tendenza a teorizzare l’esperienza del sacro come permanente esigenza della natura umana, in tutti i tempi e in tutti i luoghi, e non senza frequenti deplorazioni per la scarsa sensibilità religiosa della civiltà moderna.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA
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Ma un altro e più sottile equivoco si insinua nel movimento di rivalutazione esistenziale della religione e del mito. Il centro della vita religiosa è il simbolo miticorituale in quanto orizzonte della crisi esisten' ziale e mediazione di valori. Ora il movimento di rivalutazione se ha per un verso opportunamente insistito sulla organica unità di mito e rito, di fondamento della origine e ripetizione cerimoniale della fondazione, ha al tempo stesso cercato di assegnare al «mito» come tale la dignità di una permanente esigenza della natura umana, anche se i[...]
[...]alutazione della vita religiosa e del mito negli ultimi quarantanni appare esso stesso coinvolto nella crisi di crescenza che travaglia l’umanesimo occidentale in cammino: una crisi che si configura come conflitto fra le imprescindibili necessità della maggiore età umanistica e la nostalgia di protezioni tradizionali che assolsero la loro alta funzione pedagogica in una infanzia non più autenticamente ripristinabile. Per quel che ci sembra, alle scienze religiose spetta oggi una parte non irrilevante nell’aiutare la civiltà occidentale a prendere coscienza del vero carattere della sua crisi, e nel restituire alla potenza morale dello scegliere un’attualità armonizzata con la storia passata e con la situazione presente, per entro simboli vibranti di senso e di prospettiva che « esprimano» l’età umanistica della storia.
Ernesto De Martino