Brano: IL CONGO BELGA NEL NAZIONALISMO AFRICANO
Dal punto di vista dell'osservazione politica vi sono due Africa: un'Africa vista nel complesso, come continente, con problemi comuni ad ogni sua parte, ed é l'Africa più conosciuta, che viene in genere identificata col mondo coloniale, che presenta le zone mondiali culturalmente ed economicamente più depresse, che polarizza sempre più la rivalità politicoeconomica delle potenze attratte dalla sua posizione geografica e dalle sue crescenti possibilità di produttrice di materie prime e di mercato di assorbimento; e un'altra Africa, meno unitaria e più caratterizzata nelle parti. con infiniti problemi d'ordine territoriale umano sociale politico, con acute contraddizioni in ogni campo di vita, con linee di sviluppo, nei diversi settori, non comprensibili che per se stesse, senza che le si possa spiegare guardandoci intorno, in esperienze già compiute o prossime al compimento.
Il fatto nuovo di questi ultimi anni, in tema africano, é che, sia sui problemi generali dell'Africa come area continentale sia su quelli particolari di settore, sono stati gli stessi africani a portare il maggior contributo di esame di studio di discussione. Si tratta di uno sforzo assai serio, che dà la misura del rigoglio di uomini moderni e di élites preparate e dello sviluppo politico e culturale delle diverse società africane, che impegna governi partiti movimenti associazioni, e che si snoda in una fitta catena di incontri convegni e congressi. Non tutto — [...]
[...]iniziative e nel calore, non sempre disciplinato, dei contatti, c'è costante il segno di una sicura vitalità, e il preannuncio di una feconda maturazione di 'propositi, di direttive d'azione.
Se il tema dell'emancipazione dalla dipendenza coloniale, con lo scambio delle esperienze di lotta e con la ricerca dei mezzi per coordinare i singoli sforzi e dare concretezza di espressione alla
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reciproca solidarietà, sta il più spesso al centro di tali contatti, non meno viva si rivela la preoccupazione di non risolvere tutto il problema africano nel dato dell'indipendenza, ma di affrontare i problemi organizzativi del continente africano dal punto di vista sia della struttura interna dei nuovi organismi statali sia dei limiti e delle premesse ideologiche d'una unità africana. L'impegno in questa seconda direzione tende ad accentuarsi a misura che si prospetta più chiaramente lo sbocco positivo della lotta nazionale africana, come é dimostrato dal fatto che a porlo in primo piano sono soprattutto i paesi — Ghana, Guinea, Nigeria — che hannoraggiunto o sono prossimi a raggiungere il primo e fondamentale obiettivo dell'indipendenza.
Naturalmente, l'armonia di posizioni tra i diversi nazionalismi. africani, da facile e pronta qual é sul terreno della lotta anticoloniale, si inceppa non poco allorché si passa all'esame del coordinamento strutturale tra i nuovi stati, dei lineamenti territoriali o culturali o umani del nazionalismo africano, dei mezzi per [...]
[...]ismi. africani, da facile e pronta qual é sul terreno della lotta anticoloniale, si inceppa non poco allorché si passa all'esame del coordinamento strutturale tra i nuovi stati, dei lineamenti territoriali o culturali o umani del nazionalismo africano, dei mezzi per individuare e tutelare le singole nazionalità. Come suole accadere, sulla varietà di prese di posizione incidono interessi locali e tribali, talune cristallizzazioni di esperienze compiute durante il regime coloniale, particolari valutazioni degli interessi collettivi connessi alla. origine sociale dei gruppi politici impegnati nella discussione, certa differenziata impostazione dei problemi derivante dalla situa zione economica e dal grado di sviluppo culturale di ciascuna popolazione.
Sotto gli aspetti culturale sociale politico, non è possibile immaginare area più frazionata e caotica di quella africana. Ciò può dare l'illusione che ci si possa muovere con maggiore libertà di iniziative, come un urbanista che non trovi al giuoco della sua fantasia ostacoli di valori storici da rispettare, ma toglie d'altra parte ogni punto di riferimento sicuro per il successo politico delle iniziative da prendere, rende problematico l'innesto di idee moder, ne sulla vecchia organizzazione di vita, minaccia continui trabocchetti a costruzioni statali o nazionali che pur rispondono a premesse e impulsi di genuina validità. La realtà é che, a differenza del continente as[...]
[...]i i quali, anche se eccellenti culturalmente, non hanno mai posseduto la tecnica di trattare grandi spazi, di unificare e amministrare grandi concentrazioni umane. Soltanto oggi, per la prima volta, gli africani si pongono il problema della organizzazione unitaria di vaste aree africane; ma se lo pongono in uno stato d'anima emotivo concitato quale può derivare dal ritrovarsi dopo una latta assai aspra contro la potenza coloniale — talvolta resa più aspra dalla resistenza psicologica e sociale di parte dello stesso gruppo nazionale — con problemi politici economici di estrema complessità e persino col problema di definirsi nazionalmente.
A tre dei molti congressi riunitisi di recente conviene accennare, come a quelli che meglio hanno puntualizzato i due aspetti dell'attuale evoluzione africana, la rottura cioè del vincolo di dipendenza coloniale e la organizzazione politica dell'Africa divenuta arbitra della sua vita.
Il primo si è svolto a Accra capitale del Ghana dall'8 al 13 dicembre 1958 sotto la presidenza d'una forte personalità[...]
[...]loniale, ha mirato cioè a preparare, secondo l'espressione del suo promotore, il primo ministro ghanese Kwame Nkrumah, « l'assalto finale all'imperialismo e al colonialismo ». La dichiarazione conclusiva della conferenza è perentoria nell'atto di accusa contra il regime coloniale: « La conferenza condanna e addita al disprezzo il sistema del colonialismo e dell'imperialismo nei territori coloniali britannici e francesi, che ha raggiunto le forme più acute e disumane in Algeria, Camerun, Africa centrale, Kenya, Sudafrica, nei territori portoghesi di Angola, Mozambico, isole Principe e San Tommaso, dove la popolazione indigena vive sotto un regime di fascismo coloniale; denuncia lo sfruttamento delle risorse nazionali e della manodopera di questi territori; denuncia la violazione dei diritti umani e democratici proclamati
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dalla Carta delle Nazioni Unite; denuncia la segregazione razziale, il sistema delle riserve e delle altre forme di discriminazione razziale e la barriera del colore; denuncia il lavoro schiavis[...]
[...]derazione costiera dal Senegal al Camerun; una federazione raggruppante la Mauritania, il Sudan francese, l'Alto Volta, il Niger e il Ciad; una federazione comprendente il Sudan meridionale, l'Etiopia e la Somalia; una federazione tra Kenya, Uganda, Tanganika e eventualmente il Niassa; una federazione costituita dall'Ubanghi Sciari e dal Medio Congo. Ma anche in Europa certo unitarismo odierno é puramente velleitario, basato sul « dover essere » piuttosto che sul « poter essere », senza nemmeno l'attenuante dell'ancora ingenuo e giovanile pensiero politico!
Meno impegnato in senso politico ma maggiormente diretto a chiarire questioni di rilevante incidenza sul futuro dell'Africa é il congresso o meglio la riunione di studio che ha luogo dal 16 al 23 marzo 1959 a Ibadan, capitale della Nigeria occidentale e sede della più attrezzata università dell'ovest africano, sotto l'egida del Congresso per la libertà della cultura. Il tema di studio della riunione, « Governo rappresentativo e progresso nazionale », consente di esaminare, tra gli altri, i problemi della tribù, della nazione e della federazione. Universitari e uomini politici, partendo dalla
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constatazione che i nuovi stati africani sorgono da una geografia politica arbitraria artificiosa, dettata in gran parte dal giuoco di spartizione e di equilibrio di potenza dei governi coloniali nel sec. XIX, si sforzano [...]
[...]stiche e culturali al raggruppamento dei nuovi organismi nazionali. Lo studio del problema porta al tentativo di definire la « personalità africana », al confronto tra la teoria del panafricanismo di Giorgio Padmore, la teoria della negrità di Leopoldo Senghor e del gruppo che fa capo alla rivista Présence africaine, e le posizioni di Nkrumah e altri gruppi intellettuali di lingua francese o inglese. Nella riunione resta ribadita la tendenza dei più giovani pensatori africani a rivendicare alla cultura negra uguaglianza di nobiltà con le principali civiltà storiche e sinanche il privilegio di contenere nel suo seno il nucleo più valido delle altre; é ribadita anche l'avversione profonda verso l'Europa espansionista del sec. XIX, accompagnata dal ripudio dell'Africa tradizionale. Come ricorda G. Balandier in « Afrique ambigue », « devant sa chapelle, Nganga Emmanuel, fondateur de l'une des "églises noires" du Congo, brûle les derniers fétiches témoins des vielles fidélités africaines, mais il exorte aussi ses adeptes à croire en un messie qui n'est plus solidaire du monde blanc réprouvé ». Si tratta in sostanza d'un combattimento su due fronti, quale é stato realizzato in pratica nell'azione politica del Convention Pe[...]
[...]ori del regime coloniale. Perciò, nella costruzione della società dei paesi liberati dal colonialismo, l'intellettuale deve rifarsi alla cultura del popolo, alla vita reale; perciò la decolonizzazione deve avere contenuto rivoluzionario, senza indipendenza « per gradi » e senza « tappe verso l'indipendenza ».
Osservando che il congresso é « un congresso di ladri di lingue », il poeta malgascio J. Rabemananjara mette in rilievo il dato obiettivo più importante per spiegare la difficoltà degli scrittori
e degli uomini di cultura negri ad avere una visione unitaria dei. problemi della loro civiltà. Al termine dell'incontro però essi riescono a trarre fuori taluni elementi positivi d'azione suggeriti dall'urto stesso di tendenze e di valutazioni che ha dominato le discussioni. La risoluzione finale suggerisce di: ristudiare scientificamente la storia dell'Africa; formare gruppi di storici; istituire archivi e biblioteche; riprendere in esame i sistemi associativi di base e soprattutto la democrazia comunitaria per elaborare forme nuove di [...]
[...]onalità originale, la sua capacità di universalizzarsi, di portare un contributo autonomo alla soluzione dei grandi problemi dell'umanità.
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Dibattiti e discussioni e polemiche sui problemi relativi al proprio sviluppo nazionale, ad opera dei circoli politici e culturali del continente nero, si svolgono nel vivo di un processo di trasformazione del mondo africano del quale sono oggi individuabili alcune caratteristiche fondamentali.
Ciò che più salta agli occhi é l'impetuosità del movimento verso l'autonomia delle popolazioni sottoposte a regime coloniale. Non vi é dubbio che il mondo coloniale africano, ch'era il più compatto e vasto alla fine della seconda guerra mondiale, tende a disgregarsi ogni giorno più facendo posto a stati autonomi o allentando i suoi vincoli in misura tale da rendere inevitabili ulteriori concessioni, a breve scadenza, all'impulso di autonomia delle popolazioni indigene. Risveglio economico e culturale e quindi politico degli indigeni, indebolimento della capacità espansiva delle potenze coloniali, preponderanza nello scacchiere internazionale di stati anticoloniali quali l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti, attiva solidarietà di governi affrancatisi di recente dalla amministrazione coloniale, presenza sollecitatrice dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, convergono ve[...]
[...]amente, in misura tale da presentare netti lineamenti di individualità statale autonoma.
Altro dato caratterizzatore dell'evoluzione politica africana é la tendenza al raggruppamento, o su basi federali o per annessione di territori nazionalmente affini o geograficamente complementari, che si afferma presso gli stati già consolidati. Nel primo caso si tratta di fenomeno che si collega a remote esperienze storiche o rispecchia talune esigenze di più agevole amministrazione coloniale
o ubbidisce a una realistica valuta ione delle necessità economiche finanziarie difensive di un moderno organismo statale. Dall'uno
o dall'altro di tali motivi o anche da due o più motivi simultanei sono sorti l'Unione Sudafricana, lo sforzo egiziano per ora infruttuoso d'incorporazione del Sudan, certo orientamento federalistico nel Nordafrica francese (Maghreb unito), la Federazione della Rhodesia e del Niassa, il progetto britannico di federazione dell'Africa orientale (Kenya Tanganika e Uganda) avviato dalla creazione dell'East Africa High Commission che coordina ventotto rami amministrativi dei tre territori tra cui i trasporti aerei le dogane la difesa le poste i servizi radiofonici le ferrovie le comunicazioni fluviali la statistica e l'istruzione superiore, la F[...]
[...]te i servizi radiofonici le ferrovie le comunicazioni fluviali la statistica e l'istruzione superiore, la Federa
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zione etiopoeritrea, l'integrazione del Togo britannico nel Ghana, l'annessione del territorio di mandato dell'Africa sudoccidentale extedesca da parte del Sudafrica, la richiesta sudafricana d'incorporazione dei Protettorati britannici di Basutoland Bechuanaland
e Swaziland; e, in data più vicina, il progetto di federazione tra Ghana e Repubblica di Guinea «come nucleo della creazione degli Stati Uniti dell'Africa occidentale », la Federazione del Mali tra Senegal e Sudan e i progetti di Unione Benin (Dahomey Niger
e Togo) e di Stati Uniti dell'Africa latina (Africa equatoriale francese, Congo belga e colonie portoghesi). « Col vostro voto », afferma il presidente dell'assemblea costituente a Dakar Modibo Keita il 17 gennaio 1959 all'atto della proclamazione della Federazione del Mali, « voi avete gettato le fondamenta dell'unità africana. Voi siete gli architetti della Federa[...]
[...]derazione del Mali, « voi avete gettato le fondamenta dell'unità africana. Voi siete gli architetti della Federazione dell'Africa occidentale. Ora dovete diventare i crociati e gli evangelizzatori dell'unità politica
e accettare ogni sacrificio per la realizzazione dell'unità africana ». Il primo ministro del Niger Hamani Dior così puntualizza a sua volta l'esigenza federalistica: « L'aspirazione all'indipendenza non potrà essere soddisfatta compiutamente che in un quadro federale. Noi intendiamo superare immediatamente la fase dell'indipendenza per raggiungere uno sviluppo nuovo corrispondente al sorgere nel mondo dei grandi raggruppamenti ».
L'Africa, che ha realizzato in passato soltanto parziali esperienze statali ed ha conosciuto invece come preponderante organizzazione politica quella tribale, consente, come ho detto, più d'ogni altro continente, mobilità ed elasticità di suddivisioni territoriali; esiste cioè un largo margine entro il quale sia possibile attuare concentramenti territoriali senza turbare l'equilibrio nazionale delle parti componenti, ma accrescendone anzi l'attitudine ad evolvere verso forme moderne di vita. Il difficile sta nel trovare la formula costitutiva adatta a far coesistere in uno stesso organismo popolazioni con tradizioni evoluzioni interessi spesso in nessun modo comparabili. Il regime federale è in ogni senso il più adatto a coordinare la vita di territori con disuguale maturazion[...]
[...]iste cioè un largo margine entro il quale sia possibile attuare concentramenti territoriali senza turbare l'equilibrio nazionale delle parti componenti, ma accrescendone anzi l'attitudine ad evolvere verso forme moderne di vita. Il difficile sta nel trovare la formula costitutiva adatta a far coesistere in uno stesso organismo popolazioni con tradizioni evoluzioni interessi spesso in nessun modo comparabili. Il regime federale è in ogni senso il più adatto a coordinare la vita di territori con disuguale maturazione politica economica sociale, adattandolo nelle infinite gradazioni in cui può realizzarsi a ciascuna situazione; ma anche un raggruppa
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mento federativo, per essere vitale, non deve avère carattere arbitrario, bensì essere sollecitato da un concreto vantaggio delle parti interessate. La parola d'ordine del « raggruppamento », dominante oggi in Africa, non si presenta dunque di facile attuazione e, laddove l'entusiasmo momentaneo lo crea, non sono improbabili movimenti inversi volti al frazionamento.
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[...]he un raggruppa
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mento federativo, per essere vitale, non deve avère carattere arbitrario, bensì essere sollecitato da un concreto vantaggio delle parti interessate. La parola d'ordine del « raggruppamento », dominante oggi in Africa, non si presenta dunque di facile attuazione e, laddove l'entusiasmo momentaneo lo crea, non sono improbabili movimenti inversi volti al frazionamento.
Quest'ultima previsione appare molto più fondata in quei casi di federazione che sono determinati da un evidente sottofondo coloniale. La si vede già attuarsi per la Federazione della Rhodesia e del Niassa, imposta dalla minoranza bianca ed ora scossa — sanguinosi incidenti del marzo 1959 nel Niassa e nella Rhodesia settentrionale — dalla avversione delle popolazioni indigene che la considerano appunto uno strumento di perpetuazione del vincolo coloniale. È probabile che la stessa sorte abbia la Comunità francoafricana, forse in atmosfera meno violenta per la clausola che Parigi ha opportunamente inserito nella costituzione, relativ[...]
[...]sì dire « primarie », sorte cioè come tali e non costituitesi in fase posteriore all'indipendenza. Fenomeno opposto al raggruppamento è infatti, in alcuni settori africani, quello della secessione, dovuto in gran parte alla innaturale divisione territoriale del continente africano al momento della sua spartizione nel sec. XIX, eseguita con la sola preoccupazone dell'equilibrio di potenza tra gli stati che vi parteciparono. Sintomi di secessione, più o meno intensi, sono constatabili in Libia e in Etiopia, nel Sudan e nel Ghana, in Mauritania e nel Sudafrica. Si tratta di un processo normale di assestamento, facente perno talvolta non su impulsi nazionali ma su preoccupazioni tribali o su interessi settoriali sia economici sia personali. Spesso il movimento centrifugo si sviluppa in vista di altri e più connaturali raggruppamenti: è il caso delle popolazioni somale dell'Etiopia, che parteciperebbero volentieri a quella Confederazione della grande Somalia che dovrebbe raggruppare, secondo progetti attribuiti al presidente egiziano Nasser,
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le tre Somalia (francese, britannica e in amministrazione fiduciaria italiana), l'Eritrea, l'Ogaden e parte del Kenya.
Un terzo elemento determinante della evoluzione dell'Africa è il problema dei rapporti interrazziali. Tale problema si presenta con caratteristiche diverse in Algeria, nel Sudafrica, nell'Afric[...]
[...]i amministrazione. In Algeria, il riconoscimento dell'individualità nazionale araba è negato in nome dell'apporto dato alla « individualità algerina » dal gruppo, indubbiamente numeroso e attivo, dei coloni francesi, in nome della contrapposizione d'un interesse nazionale francese a un interesse nazionale arabo. Per meglio caratterizzarsi, tale interesse « nazionale » strettamente algerino dei coloni francesi si é venuto negli ultimi anni sempre più distinguendo dagli interessi di stretto ordine coloniale della Francia, e alla fine ha preteso — ed ottenuto —, con la rivolta del 13 maggio 1958, la assoluta identificazione dei due interessi, sul piano dei coloni: « l'Algerie c'est la France ». Tanto più agevole è stata l'identificazione per il fatto che la ricchezza mineraria del sottosuolo sudalgerino, ognora più ampia di promesse positive, ha dato solidi puntelli al patriottismo algerino. Ciò però interessa la formulazione d'una politica della Francia per l'Algeria, indica il sopravvento preso in Francia dalle correnti più avverse al nazionalismo arabo, ma non imposta una soluzione valida anche per l'altra parte, o meglio, prospetta una soluzione opposta agli obiettivi degli algerini arabi, lasciando quindi alla prova di forza la decisione del problema. « C'est que l'Europe », osservava J. Amrouche durante l'assemblea della Società europea di cultura a Parigi nel settembre 1953, « hors d'Europe est l'antiEurope; elle est contre l'Europe, renie l'Europe ».
Negli stessi termini, sostanzialmente, il gruppo etnico bianco del Sudafrica pone il problema della minoranza bianca in una so
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[...]azziale o di altra natura, con un altro popolo ». Cioè « indépendence d'abord ».
Al problema della formazione di stati interrazziali si collega l'ultimo degli elementi che condizionano l'attuale evoluzione politica del continente africano: la posizione delle potenze occiden tali, oscillante tra la volontà di non perdere le residue posizioni di governo coloniale, sia pure adattandole alle nuove situazioni di fatto, e la esigenza, alla quale sono più sensibili i governi come lo statunitense che non hanno in Africa posizioni coloniali da difendere, di non compromettere i futuri rapporti di collaborazione
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con la comunità di stati africani, e di non lasciare che si convoglino vieppiù verso i governi comunisti interessi e simpatie del nazionalismo africano già fortemente influenzato dall'aperta solidarietà comunista alle sue aspirazioni e dalla dottrina marxista circa la lotta nazionale dei popoli oppressi dall'imperialismo. Della volontà conservatrice, adattata alla mutata situazione dell'equilibrio delle forze, sono manifestazioni, oltre all'impegno di riforme delle singole potenze coloniali — che ha negli accennati programmi federativi e nella recente creazione della Comunità francoafricana esempi di rilievo — gli sforzi per affrontare con piani concordati i problemi di[...]
[...]i territori africani a sud del Sahara sulla falsariga di altri patti regionali (NATO, OAS, SEATO, patto di Baghdad). In campo economicosociale, fanno spicco la creazione, nel gennaio 1954, di una Commissione per la collaborazione tecnica nell'Africa a sud del Sahara tra Belgio Francia Gran Bretagna Portogallo Federazione dell'Africa Centrale e Unione Sudafricana, la costruzione di varie centrali elettriche fornitrici di energia alle industrie di più territori vicini e, ultimamente, la decisione di inserire i territori d'oltremare nel Mercato comune europeo (MEC).
Molto problematica é invece l'esistenza o anche la semplice chiara impostazione d'una politica occidentale che esprima la preoccupazione di comprendere l'ampiezza del travaglio delle forze nazionali africane e di assecondare la soluzione dei loro problemi, di legare i propri interessi ai loro interessi in divenire, di stabilire un rapporto, possibilmente una conciliazione, tra le loro esigenze e i propri interessi politicoeconomici, di precisare in definitiva la propria linea d[...]
[...]ale, nel. loro complesso, si siano posti, per risolverlo, il problema d'una concreta politica africana, nei numerosi rivoli in cui questa si scinde e va coordinata. A cominciare dagli stati che mantengono controlli sovrani su settori dell'Africa — se si esclude in parte la Gran Bretagna che segue da vicino e senza apriorismi le varie situazioni del continente —, la cui politica africana sembra ridursi a un puntiglioso tentativo di contrastare il più possibile i mutamenti dello status quo, a una tenace negazione di quanto è ritenuto in contrasto col proprio interesse. Essi sono fermi su una. valutazione polemica dell'Africa che, sia pur lentamente, si affaccia al mondo moderno, e se sono disposti a concessioni di principio, si mostrano riluttanti a convertire in politica concreta le generiche ammissioni. Oppongono cioè a una politica africana teorica una politica africana reale, del tutto diversa. Le poche iniziative opportune che sono attuate hanno per lo più carattere marginale, e il loro benefico effetto psicologico . è compromesso dal[...]
[...]quanto è ritenuto in contrasto col proprio interesse. Essi sono fermi su una. valutazione polemica dell'Africa che, sia pur lentamente, si affaccia al mondo moderno, e se sono disposti a concessioni di principio, si mostrano riluttanti a convertire in politica concreta le generiche ammissioni. Oppongono cioè a una politica africana teorica una politica africana reale, del tutto diversa. Le poche iniziative opportune che sono attuate hanno per lo più carattere marginale, e il loro benefico effetto psicologico . è compromesso dal non essere frutto di un orientamento tempestivo ma tardivo adattamento a situazioni non altrimenti controllabili. D'altra parte, ad aggravare la frattura politica tra negri e bianchi, anche il gros so dell'opinione pubblica dell'Europa occidentale continua ad essere ancorata a formule africaniste assai pericolose per gli interessi africani dell'Europa, non è aliena da posizioni mentali e da impulsi politici che in qualche modo ricordano gli obiettivi di supremazia che giuocavano fino a ieri. Ciò non serve sicurame[...]
[...]i aiuti militari e sul rigido allineamento politico.
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I vari problemi or ora accennati, la cui reciproca interferenza e la cui soluzione contribuiranno a determinare il nuovo assetto politico dell'Africa, sono quasi tutti presenti nel Congo Belga. È come se su questo immenso territorio, posto nel cuore del continente nero, si riflettesse l'immagine vera genuina del mondo africano, consentendo di raccogliere in una visione unitaria, e quindi più fedele, aspetti diversi dispersi qua e là; é come un lago in cui svariati fiumi e torrenti immettono le loro acque mescolandosi e placandosi in una limpida superficie che l'occhio pus?) scrutare in modo riposato e sicuro. Impulsi d'indipendenza, polverizzazione tribale che cerca di cementarsi in una unità nazionale, ricerca di collegamento con popolazioni affini per la formazione di en= tità federali, problemi di coesistenza razziale con i coloni europei, perplessità politiche e psicologiche dello stato colonizzatore nel passare da una politica di puro governo coloniale a un riconoscimento de[...]
[...]di coesistenza razziale con i coloni europei, perplessità politiche e psicologiche dello stato colonizzatore nel passare da una politica di puro governo coloniale a un riconoscimento degli interessi preminenti indigeni, sono oggi individuabili nel Congo belga nella fase di avvio, di prima maturazione. La problematica di questi aspetti di vita è meno vivace e perentoria che in altri territori africani, ma per ciò stesso può essere colta nella sua più umana e logica radice.
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Forse in nessun altro territorio africano, quanto nel Congo, il regime coloniale ha trovato un ambiente più comodo e adatto per insediarsi e svilupparsi. Il Congo appariva davvero come un vastissimo « territorium nullius », isolato dall'esterno coi suoi appena sessanta chilometri di costa rispetto agli oltre novemila chilometri di frontiere terrestri, frazionato politicamente con la sua serie di tribù sparse in grandi spazi e divise da migliaia di chilometri di fitta foresta equatoriale e, se a contatto, ostili l'una a l'altra per ancestrali rivalità. I circa cinquecento trattati, che l'esploratore Stanley stipulo in cinque anni dal 1879 al 1884, con i capi locali a nome della Associazione internaz[...]
[...] di capitali. Anche per quanto riguarda la sicurezza esterna, tutto fu risolto rapidamente, prima ancora che una apposita conferenza internazionale riunita a Berlino consa crasse (23 febbraio 1885) la nascita dello Stato indipendente del Congo, attraverso una serie di accordi di confine con la Francia (14 aprile 1884), con la Gran Bretagna (15 maggio 1884), con la Germania (8 novembre 1884) e col Portogallo (durante la conferenza di Berlino). In più, la clausola della porta aperta, stabilita alla conferenza di Berlino e ribadita dalla successiva conferenza di Bruxelles (Atto generale del 2 luglio 1890), neutralizzò in gran parte l'interesse di terze potenze a provocare occasioni che inde bolissero la posizione coloniale belga.
Allorché il 18 agosto 1908 si apre a suo favore la successione stabilita da re Leopoldo col testamento del 2 agosto 1889, il Belgio entra in possesso di un patrimonio di tutto riposo e attivo sotto ogni angolo visuale.
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Le direttive di politica indigena che il Belgio subito attua, e che r[...]
[...]assa di risparmio. Al privato non è consentito legalmente di prestargli denaro o anticipargli prodotti. Il suo riposo é garantito dal coprifuoco nei quartieri in cui vive e dove la presenza dell'europeo non è permessa nelle ore notturne. La formula per la sua felicità é studiata da uomini di scienza e applicata da esperti uomini d'affari che si ingegnano di evitargli errori di condotta. Sino ad ora é poco, gli era proibito di avere in casa, e .a più forte ragione di consumare vino o alcool. I film che é autorizzato a vedere sono prima sottoposti a una commissione apposita di censura; nelle campagne il loro contenuto é religioso o educativo. I giornali, le riviste, i libri destinati a lui sono anch'essi di carattere edificante e sono editi quasi esclusivamente dal governo e dalle missioni. Egli non può spostarsi da una regione all'altra senza permesso dell'autorità né senza aver presentato un certificato medico. Se desidera oltrepassare le frontiere, deve ottenere il nullaosta del governatore generale e versare una cauzione che serva per [...]
[...]é giudicato da tribunali speciali che emettono per lui pene speciali. Per definizione é insolvibile: secondo la consuetudine, non può essere citato in giudizio da un europeo per un'azione di carattere civile. Gli spetta un prezzo ridotto negli spettacoli sportivi e nelle manifestazioni artistiche alle quali sia stato autorizzato di assistere. Pochi sono gli svaghi che gli sono consentiti di condividere con europei e il
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più spesso organizzati dal suo imprenditore o su iniziativa del governo o delle missioni. Nell'ambito riservato alla sua attività economica — salariato, impieghi d'ordine, piccolo commercio, artigianato —, l'autorità lo protegge dalla concorrenza degli europei. L'immigrazione bianca é stata sistematicamente scoraggiata. Fino a cinque anni or sono il negro del Congo belga non aveva accesso all'insegnamento universitario. Al di fuori dei seminari non poteva frequentare che le scuole professionali o scuole secondarie con programma ridotto rispetto alle scuole per i ragazzi europei. Tale situazione s[...]
[...]inque anni or sono il negro del Congo belga non aveva accesso all'insegnamento universitario. Al di fuori dei seminari non poteva frequentare che le scuole professionali o scuole secondarie con programma ridotto rispetto alle scuole per i ragazzi europei. Tale situazione sussiste ancora per la grande maggioranza. Prima di essere ammesso a frequentare una scuola per ragazzi europei, il ragazzo negro é sottoposto a una speciale visita medica, é compiuta un'inchiesta sulle condizioni della sua famiglia, sul suo tenore di vita, sulle sue risorse finanziarie. Non é facile l'iscrizione alle università straniere. Il governo ha preferito organizza' re sul posto delle facoltà, partendo dal principio che il negro ha tutto da avvantaggiarsi dall'essere educato nel suo ambiente, tra i suoi fratelli di razza, mantenendo in tal modo il contatto con la tribù e rendendosi conto dell'arretratezza della massa. Si evita così che lo studente sia corrotto da dottrine sovversive e turbi poi con la sua condotta il cauto sviluppo del piano fissato. Quanto all'e[...]
[...]NU, durante la sessione del 1952, di raccomandare al Comitato per le informazioni sui territori non autonomi — creato nel 1949 col compito di esaminare i dati forniti dalle potenze amministratrici sulle condizioni economiche sociali e culturali dei territori loro sottoposti — di raccogliere anche indicazioni dettagliate sul modo in cui le popolazioni indigene godono del diritto all'autodecisione. Il Belgio, punto sul vivo, dichiara di non volere più partecipare ai lavori del Comitato. Emancipazione, autodecisione: due parole che sono come bestemmie, come esplosivi, capaci di sovvertire il lavoro di un cinquantennio. Nulla é da respingere con più puntigliosa fermezza quanto un qualsiasi tentativo di inserire i negri in un giuoco politico. All'ONU l'autorità belga potrebbe non indicare la tappa in cui é giunto il regime coloniale belga nella corsa verso il proprio tramonto, ma assicurare che, nell'atmosfera tutta sussulti di rivolta di ribellione del continente africano, il Congo mantiene il suo ritmo di vita placido operoso, fatto di conciliazione tra gli interessi dei colonizzatori e degli indigeni.
A chi chiede informazioni sul progresso « politico » del Congo, il Belgio risponde con informazioni sul progresso « economico » ; a chi[...]
[...]ale, lo sforzo ombroso di neutralizzare qualsiasi evoluzione politica dei congolesi farebbe posto a una maggiore flessibilità di vedute politiche. La preoccupazione politica di salvaguardare il patrimonio economio, inoltre, suggerisce l'accettazione, nel 1944, di un accordo con gli Stati Uniti — accordo rinnovato alla sua scadenza, dopo dodici anni — che trasferisce a questi ultimi l'intera disponibilità della produzione di uranio :del Congo, la più alta del mondo. Conviene infatti potere avere, in una fase di sempre più vivace anticolonialismo, la solidarietà di una potenza, come Washington, assai incline ad assecondare lo sfaldamento della costruzione coloniale europea, in Africa come in Asia.
In un Congo visto soltanto come una unica enorme azienda di produzione e di commercio, la popolazione indigena non interessa che come massa di manodopera alla quale assicurare un graduale miglioramento di vita ma non una libertà capace di turbare l'ordinato ritmo produttivo. Tutti sono imbarcati su una stessa nave e tutti hanno il solo dovere di produrre sempre più e sempre meglio. E in effetti gli indici di produzio[...]
[...]econdare lo sfaldamento della costruzione coloniale europea, in Africa come in Asia.
In un Congo visto soltanto come una unica enorme azienda di produzione e di commercio, la popolazione indigena non interessa che come massa di manodopera alla quale assicurare un graduale miglioramento di vita ma non una libertà capace di turbare l'ordinato ritmo produttivo. Tutti sono imbarcati su una stessa nave e tutti hanno il solo dovere di produrre sempre più e sempre meglio. E in effetti gli indici di produzione agricola e industriale del Congo mostrano un progresso costante. Se in agricoltura 14 mila coloni
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coordinano il lavoro di 350 mila negri, con forti produzioni di cotone caffè gomma cacao essenze pregiate, nell'industria la marcia produttiva è più spettacolare: 192 milioni di tonnellate di rame, 14 milioni di tonn. di stagno (la seconda cifra nel mondo), 5 milioni di tonn. di cobalto (il 75% della produzione mondiale), 89 milioni di tonn. di zinco, il 56% della produzione mondiale di diamanti industriali, una forte aliquota di tungsteno, e poi la ricordata maggiore produzione mondiale di uranio, estratto nei giacimenti di Shinkolobwe da un minerale che ne contiene dal 60 all'80% (quello canadese ne contiene dal 30 al 40%). I piani di produzione sono agevolati dal coordinamento delle iniziative, assicurato dalla concentrazione della mag[...]
[...]ngo belge, Société Cotonco). Oltre alla Société générale, operano nel Congo il gruppo Banque de BruxellesBru fina, gruppo Empaine, il gruppo della Cominière, la compagnia Unilever. La sola Compagnia dell'Unione mineraria dell'Alto Katanga fornisce, per imposte, due dei sei miliardi delle entrate del Congo. Malgrado che la partecipazione dei gruppi finanziari statunitensi nelle imprese industriali e minerarie del Congo tenda ad accentuarsi sempre più — acquisto di forti pacchetti di azioni della Société Cotonco, dell'Union Minière, della Tanganyka Concessions Ltd, della Société Symaf, — notevoli sono ancora le posizioni britanniche, rappresentate soprattutto dalla Tanganyka Concessions Ltd (un terzo delle azioni dell'Union Minière e diritto di ricerca e sfruttamento su un'area di 155.400 kmq. fino al 1990) e dalla Lever Brothers Ltd (pacchetto di azioni della Unilever e 750 mila ettari di piantagioni di palme in condominio con la Société générale). Dalla Société générale dipende anche la Compagnia marittima del Congo, mentre in campo agri[...]
[...]territorio minerariamente privilegiato del Katanga ad avvantaggiarsi dell'impegno di spesa straordinaria del Belgio nel Congo sia in autostrade che in ferrovie — linea da Kabalo a Kamina di 444 km. — e in edilizia ospedaliera e scolastica; ma anche i maggiori centri urbani ricevono una notevole spinta a rafforzarsi economicamente con la creazione di complessi industriali e ad attrezzarsi in senso moderno. Leopoldville in dieci anni passa da 96 a piú di 300 mila abitanti, si arricchisce di un sobborgo industriale (Limete), é fornita di uno dei migliori aeroporti africani, con una pista di lancio lunga 4 km.; il porto di Matadi viene ingrandito e adattato ad un traffico intercontinentale; da nuove strade o ferrovie sono valorizzati i centri di Stanleyville, Ponthierville, PortFranqui, Kindu, Costermansville.
Il viaggio di re Baldovino nel maggiogiugno 1955 ha l'obiettivo di consacrare, esaltandolo, questo panorama di operosità e di crescente benessere, che ha il suo corrispettivo politico nella stabilità sociale, nella concordia razziale,[...]
[...]ndersi conto che occorre assicurare a tutti lavoro e dare graduali soddisfazioni alla esigenza di miglioramento materiale e spirituale degli indigeni.
Concentrazione di operai nei grossi centri abitati, in conseguenza dell'industrializzazione, contatto di questi operai con i colleghi bianchi, formazione di una piccola borghesia commerciale e impiegatizia, vicinanza di territori politicamente in fermento, concorrono tuttavia a trasformare sempre più l'ambiente congolese, costituiscono le consuete premesse al passaggio del regime coloniale in una fase di crisi. Per quanto impegno vi ponga, l'autorità coloniale belga non riesce a conservare del tutto il Congo come un vaso chiuso rispetto al mondo circostante e a impedire che le trasformazioni di vita all'interno del paese abbiano effetti diversi che altrove. La delusione é sempre al varco per coloro che riducono il problema politico a un problema di educazione, specialmente se fondano l'educazione su un precetto morale che si identifica soltanto col proprio tornaconto.
All'interno del Con[...]
[...]dal 1946 —, come in seno all'Unione Katangaise nel Katanga e all'Unicol nella Provincia orientale con capoluogo Stanleyville, entrambe imperniate sulla lotta contro il centralismo amministrativo di Leopoldville, sia che si tratti di primo urto di interessi tra bianchi e negri nelle piantagioni e coltivazioni della provincia di Kivu, appare chiaro che lo status quo sociale e politico presenta le prime incrinature.
Né l'isolamento dall'esterno ha più ampie probabilità di durare, una volta che nelle regioni confinanti si verifichino, come già avviene, decisi movimenti di opinione pubblica in senso nazionale. L'osmosi di idee di impulsi tra le popolazioni congolesi e quelle vicine, soprattutto con quelle sotto amministrazione francese — la capitale dell'Africa equatoriale francese Brazzaville e Leopoldville sono sulle due sponde del fiume Congo separate da soli 4 km. — ha precedenti sintomatici: l'unica rivolta di una certa proporzione
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scoppiata nel Congo prima della seconda guerra mondiale, quella del 19[...]
[...]ellettuali Bangala di residenza a Kinshasa, in cui si rivendica l'esistenza di una nazione congolese; ma, il fatto che esso fissi in tappe lungo un trentennio il processo evolutivo verso la completa emancipazione, fa comprendere che si tratta di manovra diversiva organizzata dalla missione di Scheut e utilizzante l'avversione tradizionale della popolazione Bangala contro la popolazione Bakongo. Questi scendono in campo, infatti, con un programma più radicale, che prevede l'indipendenza immediata e la partenza dei bianchi. Due gruppi politici si fanno portavoce di questo programma: il Movimento nazionale congolese fondato da Patrizio Lumumba, e, più autorevolmente, l'Associazione dei Bakongo per l'unificazione, la conservazione e l'espansione della lingua Kikongo, che si trasforma poco più tardi in Associazione degli originari del Basso Congo (Abako).
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La vivacità delle manifestazioni politiche di questi gruppi e l'ampiezza di adesioni che essi raccolgono nell'ambiente indigeno cancella subito l'oleografica e falsa immagine di un Congo estraniato dall'irrequietudine nazionalista africana. Non resta al governo belga che dare una prova, sia della sua volontà non di escludere una evoluzione politica del Congo ma soltanto di graduarla sulla base di una educazione amministrativa della popolazione, sia del fatto che nell'attuale malco[...]
[...]nte indigeno cancella subito l'oleografica e falsa immagine di un Congo estraniato dall'irrequietudine nazionalista africana. Non resta al governo belga che dare una prova, sia della sua volontà non di escludere una evoluzione politica del Congo ma soltanto di graduarla sulla base di una educazione amministrativa della popolazione, sia del fatto che nell'attuale malcontento per lo status quo non sono implicati che sparuti gruppi di persone mossi più da spirito di rivalità tribale che da avversione al regime coloniale. Annuncia perciò, il 26 marzo 1957, la concessione dello statuto municipale alle principali città congolesi, dando per altro ad esso un contenuto assai complicato, tale da lasciare poco margine di responsabilità agli indigeni eletti. Tra l'altro, le città sono divise in parecchi « comuni » (in 11 Leopoldville, in 5 Elisabthville e in 3 Jadotville), ciascun comune avrà un sindaco o borgomastro non eletto ma nominato dal governatore, e sopra i vari borgomastri d'ogni città starà un primo borgomastro, di nazionalità europea. Pi[...]
[...]le principali città congolesi, dando per altro ad esso un contenuto assai complicato, tale da lasciare poco margine di responsabilità agli indigeni eletti. Tra l'altro, le città sono divise in parecchi « comuni » (in 11 Leopoldville, in 5 Elisabthville e in 3 Jadotville), ciascun comune avrà un sindaco o borgomastro non eletto ma nominato dal governatore, e sopra i vari borgomastri d'ogni città starà un primo borgomastro, di nazionalità europea. Più minuziosa ancora è la procedura di preparazione delle liste elettorali, allo scopo di sfoltirle al massimo. La fase preparatoria durerebbe tuttavia a lungo se una serie di incidenti — gravi quelli allo stadio Baldovino nel giugno — non forzassero la mano alle perplessità che sussistono in parte dei circoli ufficiali della colonia circa la con venienza a tentare l'esperimento « democratico ».
A chiusura delle giornate di voto, rispettivamente l'8 dicembre a Leopoldville e il 22 dello stesso mese a Elisabethville e Jadotville, il corpo elettorale indigeno, accorso compatto alle urne (85%), riv[...]
[...]5%), riversando il 77% dei suoi suffragi sui candidati bakongo, dà ragione a chi ha manifestato perplessità anche dopo che sono state messe in atto tutte le precauzioni per spoliticizzare l'avvenimento. Sorprende e allarma, in particolare, il fatto che l'alta maggioranza riversatasi sui candidati bakongo non provenga soltanto dalla popolazione dei Bakongo, che rappresenta la metà delle liste elettorali; con ciò infatti viene meno il luogo comune più diffuso negli ambienti colonialistici, che non vi possa essere nel Congo schieramento politico su base diversa di quella tribale. Le elezioni indicano
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che c'è un fattore di avvicinamento tra gli africani capace di far superare lo spirito tribale, ed è la solidarietà di interessi nazionali. Finiscono per riconoscerlo anche i Bangala che, per sperare di contrapporsi in futuro con successo ai rivali Bakongo, si decidono a scendere con maggiore impegno sul terreno delle rivendicazioni nazionali e cambiano subito tono in tal senso.
Ma sono soprattutto i Bakongo a sfrutt[...]
[...]vicinamento tra gli africani capace di far superare lo spirito tribale, ed è la solidarietà di interessi nazionali. Finiscono per riconoscerlo anche i Bangala che, per sperare di contrapporsi in futuro con successo ai rivali Bakongo, si decidono a scendere con maggiore impegno sul terreno delle rivendicazioni nazionali e cambiano subito tono in tal senso.
Ma sono soprattutto i Bakongo a sfruttare la piattaforma della vittoria elettorale per una più intensa attività propagandistica e organizzativa. La loro associazione Abako utilizza al massimo la forza che deriva dal poter parlare a nome d'una opinione pubblica « nazionale », e si fa esigente contro il disorientamento degli ambienti belgi. Sei degli otto comuni di Leopoldville hanno alla testa dirigenti dell'Abako, e poco importa che la legge assegni ad essi una ridotta responsabilità amministrativa, se consente di continuare íl dialogo politico con l'autorità belga. Il presidente dell'associazione, Kasavubu, non lascia dubbi, nel discorso di insediamento come borgomastro del quartiere [...]
[...]se consente di continuare íl dialogo politico con l'autorità belga. Il presidente dell'associazione, Kasavubu, non lascia dubbi, nel discorso di insediamento come borgomastro del quartiere di Dendale (Leopoldville), sull'uso che intende fare della sua carica. Il governatore generale Pétillon gli invia una nota di biasimo, ma la vita congolese non cessa di svolgersi in un'atmosfera di eccitazione, politica che ha quale protagonista l'Abako. Tanto più che l'amministrazione coloniale può contare meno sull'atout suo più forte, la « politique du ventre plein », ora che l'economia congolese è in fase di recessione nel settore minerario, la disoccupazione africana tende a ingrossarsi (50 mila nella sola capitale congolese, nel dicembre 1958), il bilancio congolese per la prima volta è in deficit e si manifesta la tendenza a minori investimenti di capitali e persino al rimpatrio di capitali verso il Belgio. D'altra parte, come suole accadere, il campanello d'allarme del risultato elettorale non spinge il governo belga ad abbandonare la politica dello struzzo e a valutare obiettivamente la realtà al di fuori dei [...]
[...]a prima volta è in deficit e si manifesta la tendenza a minori investimenti di capitali e persino al rimpatrio di capitali verso il Belgio. D'altra parte, come suole accadere, il campanello d'allarme del risultato elettorale non spinge il governo belga ad abbandonare la politica dello struzzo e a valutare obiettivamente la realtà al di fuori dei luoghi comuni di comodo e della naturale pigrizia conservatrice, ma accresce perplessità e suggerisce piuttosto propositi di più ferma resistenza, non bene mascherati dagli accenni ai necessari adattamenti della politica indigena (dichiarazione governativa del 18 novembre 1958 e costituzione
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d'un gruppo di lavoro per lo studio dei problemi politici nel Congo Belga).
Sul più accentuato dinamismo dell'Abako influisce indubbiamente anche l'ulteriore sviluppo nazionalistico dei vicini territori dell'Africa equatoriale francese, che giunge all'epilogo vittorioso con la nuova costituzione francese dell'ottobre 1958. È proprio alle porte di Leopoldville, a Brazzaville, che il gen. de Gaulle annunzia solennemente la sua politica di rottura radicale con il vecchio colonialismo in Africa. Alla testa dei due territori del Congo e dell'UbanghiSciari, divenuti stati indipendenti — il secondo col nome di Repubblica centroafricana — membri della Comunità francoafricana, vi son[...]
[...]rifuoco, lo stato d'assedio, le carceri colme di rivoltosi, la ripresa del consueto ritmo di vita.
Le sanguinose giornate del gennaio segnano la comparsa sulla scena politica congolese di una volontà indigena distinta e opposta alla volontà dello stato colonizzatore, e capace di porre sul tappeto il problema dell'autonomia del Congo. L'urto violento con l'amministrazione coloniabelga serve anche a consacrare l'Abako come il nucleo organizzativo più efficiente, per il momento, nel tenere vivo e incanalare lo sforzo autonomistico. Il suo prestigio ne esce rafforzato, e più ancora si rafforza per la malaccorta decisione di Bruxelles di ordinarne lo scioglimento e di arrestare i suoi capi J. Kasabuvu, D. Kanza e S. Nzeza (insieme ad un gruppo di altri esponenti politici, tra i quali Diomi e Pinzi). Uomini politici di altri movimenti, come ad esempio il presidente del Movimento nazionale congolese Lumumba, si compromettono, fino ad incorrere nell'arresto (10 marzo), nel promuovere agitazioni in favore della liberazione di Kasabuvu e compagni. L'obiettivo belga di spezzare ogni possibilità di vita dell'Abako viene neutralizzato dall'identificazione che l'opinione p[...]
[...] politici, tra i quali Diomi e Pinzi). Uomini politici di altri movimenti, come ad esempio il presidente del Movimento nazionale congolese Lumumba, si compromettono, fino ad incorrere nell'arresto (10 marzo), nel promuovere agitazioni in favore della liberazione di Kasabuvu e compagni. L'obiettivo belga di spezzare ogni possibilità di vita dell'Abako viene neutralizzato dall'identificazione che l'opinione pubblica indigena del Congo tende sempre più a fare tra Abako e indipendenza congolese. Se ne rende ben conto il ministro per il Congo Van Hemelrijk allorché giunge nella colonia per sondare le reazioni indigene al suo programma di riforme e non trova interlocutori in grado di parlare diversamente che a titolo personale; più esattamente, trova una organizzazione denominata Interfédérale e raggruppante tutte le associazioni etniche congolesi, ma deve poi constatare che i propositi arrendevoli manifestati dai suoi dirigenti, B. Tumba e J. Iveki, non sono che i propositi d'una organizzazione la cui esistenza é sconosciuta alle associazioni etniche che in teoria ne fanno parte.
Al fermento congolese, che trae spinta dall'arresto dei capi dell'Abako per accentuare i motivi di lotta nazionale, il 18 gennaio offre piena solidarietà una dichiarazione del Consiglio afroasiatico del Cairo, che si sforza di allargare inter[...]
[...]e questioni concernenti l'indipendenza del Congo, sull'abolizione completa e definitiva della dominazione belga in questo paese ».
All'irrigidimento nazionalista indigeno, provocato dall'urto del gennaio, corrisponde uno stato d'animo di allarme prima, e poi di reazione antinegra, tra la minoranza bianca stanziata nel Congo. Il panico altera le proporzioni della minaccia alle sue posizioni economiche e sociali, spingendo ad atteggiamenti capaci piuttosto di approfondire il solco razziale che di smussare i motivi di contrasto, facendo vedere la salvezza soltanto in una politica di forza, in una dura repressione di qualsiasi gesto autonomistico degli africani. Non manca, tra coloni e funzionari coloniali, chi non
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condivide l'orientamento basato su impulsi di vendetta, ma é sommerso dalla prevalente tendenza a puntare i piedi, a considerare lo spirito di moderazione come una debolezza foriera di distruzione degli interessi bianchi. Una mozione dell'Association des colons, subito dopo gli incid[...]
[...]se far diventare comunista il Congo, quegli rispose: « One hundred thousand white Europeans settlers ». La scarsa entità del gruppo bianco é si una condizione favorevole perché sia meno aspro il processo di sganciamento del Congo dal regime coloniale, ma non é pertinente, nella affermazione riferita dal Bowles, l'idea implicita che, mantenendosi basso il ritmo di immigrazione, possa rimanere bloccato il problema di indipendenza. La realtà é che, più numerosa immigrazione bianca o meno, comunismo o meno, il Congo é entrato ormai nel gran movimento di decolonizzazione che domina l'Africa. Il movimento indigeno congolese può essere valutato in modi diversi, come forza politica, può apparire più o meno privo di centro di gravità organizzativo, caotico nei suoi interessi tribali, confuso nei suoi obiettivi nazionali, ma ha raggiunto in modo netto il momento di
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frattura psicologica col regime coloniale. Per incerti che possano essere i modi di convergenza concreti dei suoi impulsi, é certo che si tratta di solidi impulsi di emancipazione. Saranno le circostanze di lotta a esprimere le forze politiche più valide nazionalmente e gli uomini più adatti a esserne guida. E interesse del Belgio con siderare il passaggio da un ordine di cose [...]
[...]di centro di gravità organizzativo, caotico nei suoi interessi tribali, confuso nei suoi obiettivi nazionali, ma ha raggiunto in modo netto il momento di
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frattura psicologica col regime coloniale. Per incerti che possano essere i modi di convergenza concreti dei suoi impulsi, é certo che si tratta di solidi impulsi di emancipazione. Saranno le circostanze di lotta a esprimere le forze politiche più valide nazionalmente e gli uomini più adatti a esserne guida. E interesse del Belgio con siderare il passaggio da un ordine di cose all'altro non come un tracollo delle sue fortune ma come una evoluzione, per nulla arbitraria, che può consentire l'ulteriore sua presenza, vantaggiosa per i suoi interessi, ove sia posta in atto una politica intelligente e flessibile, chiara e senza doppi giuochi.
FRANCESCO CATALUCCIO