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Il segmento testuale Nel P è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 10Entità Multimediali , di cui in selezione 6 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Entità Multimediali)


da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 287

Brano: [...]erchia di quei movimenti eticopolitici, come il liberalsocialismo o il Partito socialista rivoluzionario di Ruggero Zangrandi, che si formarono e tentarono di operare e di distinguersi programmaticamente dalle altre formazioni antifasciste nella crisi del regime mussoliniano; se ne differenziò tuttavia per la sua base tipicamente regionale e per una struttura associativa che, pur essendo piuttosto esigua, risultò abbastanza compatta e attiva.

Nel P.I.L. confluirono due movimenti precedenti: la romagnola Unione dei lavoratori italiani (U.L.I.), organismo interpartitico sorto già alla vigilia della guerra e abbastanza influente nel Forlivese e nel Ravennate fino al 25.7.1943, su una base repubblicana e con adesioni

socialiste; e il movimento Popolo e Libertà, promosso da un gruppo di giovani, per la maggior parte reduci dalla campagna d’Albania, che nell’autunno del 1941 e nell’estate del 1942 avevano scritto e diffuso due manifesti (Agli Italiani e Ai migliori degli italiani]. Quando, con la definitiva ripresa dell’organizzazione dei [...]

[...]oni: distinzione dai partiti di provenienza liberale come da quelli di provenienza marxista; pregiudiziale (o quasi) repubblicana; rivoluzione ugualitaria, ma rifiuto della società comunista per una « società di uomini liberi »; e, più in generale, incrocio e intreccio del tradizionale repubblicanesimo romagnolo e di un socialismo libertario e democratizzante. Quelle erano del resto le posizioni già espresse dalla stampa dei due gruppi confluiti nel P.I.L.: gli opuscoli Movimento «Popolose Libertà» (ne uscirono 8 numeri in 6 fascicoli dal giugnoluglio 1943 al luglioagosto

1944); e i giornali La voce del Popolo (21 numeri, dall’1.5.1943 al

31.3.1945) e la Voce dei giovani (giugno e luglio 1944).

Attività politica

Movimento di élite e di transizione, il P.I.L. si impegnò soprattutto su un programma di formazione sociale e civile che però lo tenne lontano, specialmente in alcune fasi, dalla lotta aperta e armata, nel tentativo di raggiungere così più direttamente e radicalmente l’obiettivo repubblicano di non compromettersi al fia[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 366

Brano: [...]tà dell’anima riformistica e democratizzante del socialismo, quale si stava trapiantando dai pionieri e maestri (i Turati, Treves, Modigliani), alla generazione del dopoguerra, aperta a nuovi fermenti.

Saragat percorse in seno alle organizzazioni socialiste italiane un lungo e per molti aspetti lucido cammino: venne emergendo sulla arena antifascista nei primi anni Venti (Filippo Turati lo notò al convegno nazionale del P.S.U. del marzo 1925, nel periodo in cui era collaboratore de “La Giustizia”); acquisì fondamentali esperienze prima in Austria, dove fu influenzato da quella socialdemocrazia e dall’austromarxismo, poi in Francia, dove dalle sponde del P.S.U.L.I. (Partito socialista

unitario dei lavoratori italiani) fu protagonista non secondario dell’opera di unificazione con la frazione del P.S.I., guidata da Pietro Nenni (v.). Nel P.S.I. (sezione italiana dell’I.O.S., Internazionale operaia e socialista), alleato del P.C.I. nel Patto di unità d’azione (v.) stabilito nel

1934 in funzione antifascista, Saragat rappresentò ai congressi specialmente, in modo dialettico, una riserva e un contrappeso all'egemonia acquisita da Nenni, fino alla rottura, peraltro non definitiva, del 1939 e fino alla drammatica scissione di Palazzo Barberini, all’inizio del 1947 (v. Socialista italiano, Partito).

Dal 1947 Saragat sarà il capo pressoché indiscusso della socialdemocrazia italiana nelle sue varie denominazioni (P.S.L.I., P.S.D.I., ecc.) e nel 1964, dopo essere stato fautore dei governi di centrosinistra aperti a! P.S.I., una[...]

[...]piti come un agente e uno strumento rivoluzionario per compiere in Italia la rivoluzione democratica. Arruolatosi volontario, partecipò come soldato semplice e poi come ufficiale di artiglieria alla Prima guerra mondiale. Dopo aver conseguito la laurea in Scienze economiche e commerciali a Torino, entrò nelI’Ufficio studi della Banca commerciale italiana. Nel 1922 si iscrisse al Partito socialista unitario.

Per un giovane entrato direttamente nel P.S.U., che non aveva conosciuto se non indirettamente e con distacco l’esperienza delle lotte di classe prebelliche e postbelliche (che al contrario tanto influenzaro

no la personalità di molti massimalisti e dei comunisti), questi sbocchi erano entro certi limiti consigliati sia dall’opzione politica iniziale, sia delle nuove condizioni del paese.

Il rapporto di Saragat con la classe operaia, del resto, fu sempre mediato dalla priorità affidata alle scelte ideali e dalla provenienza da un ceto medio qualificato per inclinazioni intellettuali e ruoli direttivi. La sua formazione politico[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 209

Brano: [...] parlamentare, conducendo battaglie contro la vessatoria imposta sul vino che colpiva i contadini piccoli proprietari delle Langhe, e contro la propaganda politica esercitata dal clero nell’esercizio delle funzioni religiose. Costante fu il suo interessamento per migliorare le condizioni miserevoli dei “servitori dello Stato”, in particolare quelle degli insegnanti.

Nel 1921, al Congresso socialista di Livorno, aderì alla scissione comunista. Nel P.C. d’I. collaborò alla stampa di partito e soprattutto a “L’Ordine Nuovo”. Nel 1922, con Umberto Terracini, partecipò alla riunione del Primo Esecutivo allargato della Terza Internazionale.

Svoltasi a Mosca nel febbraio del 1922, la riunione discusse la tattica detta del Fronte unico. In tale occasione Roberto « si fe

ce risolutamente interprete delle riserve e delle resistenze che la nuova impostazione suscitava nel P.C.d’I. » (A. Agosti).

Dopo l’avvento del fascismo e quantunque avesse abbandonato la vita politica attiva, Roberto dovette subire un periodo di persecuzioni: arresti arbitrari, perquisizioni e infine la radiazione dall’Ordine degli avvocati, nel quale fu rientegrato dopo

2 anni. Pur essendo stato in epoca precedente grande amico di Benito Mussolini, rifiutò ogni compromesso con il fascismo. Dopo l’8.9.1943 rappresentò il P.C.I. aH’interno del C.L.N. di Alba (v.).

Dopo la Liberazione fu nominato vicesindaco della città, rimanendo poi consigliere comunale del P.C.I. fino al 1956.

P.[...]

[...]A.I. il comando militare della Piazza, incarico che ricoprì dall’1.10.1943 al 25.5.1944, quando venne arrestato in città, insieme al generale Bortolo Zambon e altri, nel quadro della cosiddetta “operazione dei generali”. In giugno fu tradotto dal carcere di San Vittore nel campo di concentramento di Fossoli (v.).

All’alba del 12 luglio, dopo essersi congedato da chi rimaneva (« Caro, cosa vuoi, la Patria mi vuole»), venne portato dai tedeschi nel poligono di tiro situato nella frazione di Cibeno (Carpi) e qui trucidato insieme ad altri 61 patrioti. L’eccidio avvenne per rappresaglia in seguito ad azioni gappiste compiute a Genova contro i tedeschi, presumibilmente per l’attentato avvenuto nel bar Olanda in via del Campo

(25.6.1944) che era costato la vita a 6 militari tedeschi.

A.Pa.

Robotti, Paolo

N. a Solero (Alessandria) il 25.10.

1901, m. a Roma il 5.8.1982; operaio.

Lavorante in un'officina torinese a 15 anni, entrò a far parte del Circo*

lo socialista di Borgo San Paolo, dove conobbe Elena Montagnana (sorella [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 391

Brano: [...] si avvicinò alle idee socialiste. Nel 1944 si iscrisse al P.S.I.U.P. collaborando con lo stesso F. Lombardi al « Centro di Studi Sociali ».

Studioso e dirigente politico

Fin dalla tesi di laurea del 1945, dedicata all’utopia rivoluzionaria nel Settecento e al « Codice della Natura » di MoreIJy, si manifestò nettamente l’interesse di Panzieri per il momento della prefigurazione teorica e per la tradizione, rivoluzionaria del socialismo.

Nel P.S.I.U.P. egli si avvicinò alle posizioni di Rodolfo Morandi che, nel 1946, lo chiamò alla segreteria della rivista. « Socialismo » e alla direzione della sezione economica dell’istituto di studi socialisti.

Qui ebbe un ruolo decisivo nel dibattito sul « piano socialista ». Alla I Conferenza economica socialista (1947), dove Morandi elaborò la proposta del piano come strategia di transizione, Panzieri affermò che « un piano valido non può essere realizzabile se non in una prospettiva socialista e quindi introducendo in esso, ab origine, elementi e forze che fatalmente porteranno al superame[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 252

Brano: [...]scendo quindi all’opposizione politica interna il diritto di organizzarsi e di farsi ufficialmente rappresentare, i partiti terzinternazionalisti si sono costituiti secondo le regole dette del centralismo democratico che prevedono la univocità nella attuazione della linea politica e non consentono all’opposizione interna (eventualmente manifestatasi nel corso del dibattito politico) di organizzare in forma rappresentativa il proprio dissenso.

Nel P.S.I. e nei P.C.I.

Questo diverso costituirsi di procedure politiche interne ha continuato a caratterizzare, per esempio, i due principali partiti politici del movimento operaio italiano (il Partito socialista e il Partito comunista) nonostante il venir meno della vecchia distinzione fra « partito d’organizzazione » e « partito di mobilitazione e di quadri » (tanto che, per ciò che riguarda l’attività esterna, lo schema organizzativo centrale e periferico, la partecipazione alla vita pubblica ecc. non si registrano oggi fra i due partiti sostanziali differenze, salvo s'intende la diversa in[...]

[...]
Opposizione operaia

Gruppo formatosi in seno al Partito comunista bolscevico e attivo in U.R.S.S. dal 1919 al 1928.

I dirigenti della Opposizione operaia, provenienti in gran parte dall'apparato sindacale, avevano un seguito considerevole tra la classe operaia del sudest della Russia europea e a Mosca, soprattutto tra i metallurgici. L'esponente più noto era Alexandr Schliapnikov (18831943?) che fu anche commissario del popolo del Lavoro nel primo governo sovietico. A lui si affiancarono S. Medvedev, A.S, KiseJev e Celisev, membri della Commissione centrale di controllo del partito. Tutti erano di origine operaia. Negli anni 191920 il gruppo si limitò a difendere l’autonomia dei sindacati, sostenendo tale posizione nelle discussioni di partito, ma all’inizio del 1921, quando entrò a far parte del gruppo Aleksandra Kollontai (v.), l’Opposizione operaia acquistò più peso, organizzandosi di fatto come una vera e propria corrente interna. La Kollontai, che aveva un grande prestigio personale, stese la mozione programmatica deH’Opposizi[...]

[...]ismi socialmente ambigui, rimettendo il potere alla autogestione degli operai che vi lavoravano. Gli organismi che meglio potevano esprimere i veri interessi del proletariato erano, secondo i presentatori della mozione, i sindacati, anzi più precisamente i sindacati dei lavoratori industriali, ai quali bisognava per ciò conferire il compito di creare la società comunista. Gli esponenti dell'Opposizione operaia spiegavano l’opportunismo dilagante nel partito con il fatto che, in questo, erano entrati a far parte sempre più membri di origine non proletaria. Per portare il partito sulla

via rivoluzionaria occorreva quindi un’epurazione operaista contro i membri non operai. Se il partito fosse stato composto in misura schiacciante da « puri » proletari dalle mani callose, tutto sarebbe andato bene.

L’Opposizione operaia non metteva in discussione la funzione dirigente del partito nella fase di dittatura del proletariato, tanto è vero che quando* divampò la rivolta di Kronstadt (v.), proprio mentre stava svolgendosi a Mosca il X Congresso[...]

[...]l’Opposizione operaia, accusando i suoi dirigenti di subire l’influenza dei piccoloborghesi menscevichi e degli anarcosindacalisti.

La discussione sui sindacati

Il motivo centrale di controversia tra l’opposizione operaia e i massimi dirigenti bolscevichi verteva sulla funzione che i sindacati avrebbero dovuto svolgere nel regime sovietico e, più in generale, sul ruolo spettante alla classe operaia nella fase di dittatura del proletariato. Nel partito erano emerse a tale riguardo tre posizioni: quella di Trotzkij, che sosteneva la necessità di una integrazione totale dei sindacati nello « Stato operaio » con il solo compito di stimolare la produttività del lavoro (Trotzkij pensava addirittura di applicare nelle fabbriche e in campo sociale gli stessi sistemi in uso neH’Armata Rossa, fino a sostenere la « militarizzazione del lavoro »); quella di Lenin che, convinto da parte sua che l’economia russa fosse obiettivamente ancora di tipo capitalista e precapitalista, sosteneva invece che i sindacati avrebbero dovuto agire come organi di [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 773

Brano: [...]onoscessero in loro la vera for

za in grado di concorrere a quell'alternativa « nazionale » in cui doveva trovare sbocco la spinta clericale, liberandosi di alleati quali i socialdemocratici e i liberali. In questa manovra, caldeggiata dalla Azione Cattolica di Luigi Gedda e da circoli assai prossimi al pontefice Pio XII, la frenesia anticomunista riportava a galla tutte le scorie deH'avventurismo affaristico e politico.

Il « laurismo »

Nel P.N.M., accanto a Covelli, salì da quel momento ai fasti della leadership politica l’armatore napoletano Achille Lauro (v.), già espropriato della sua flotta mercantile per collaborazionismo e illeciti profitti di guerra, ma tornato in men che non si dica al vertice della scala armatoriale e di quella del mondo finanziario grazie a complicati e oscuri maneggi. Con Lauro, il Partito monarchico resuscitava le forme del « lazzaronismo » borbonico, buttando sulla bilancia della lotta e del costume politico strumenti di corruzione di massa che facevano leva sulla miseria del sottoproletariato meridi[...]

[...]crupoli e puramente funzionali a interessi speculativi: la città di Napoli, che avrebbe avuto a proprio sindaco il « comandante » Lauro, sarebbe stata il teatro principale e la principale vittima di queste pratiche; che le avrebbero lasciato un fardello immane di dissesti di bilancio comunale e di vandaliche soluzioni urbanistiche.

La guerra fredda e, nell'estate 1950,

10 scoppio della guerra in Corea, intensificando la pressione di destra nel Paese ringalluzzirono anche

11 P.N.M., il quale cominciò ormai a proporsi come fattore di unificazione dell’intera destra nostalgica sotto la tutela del binomio LauroCovelli. In tal caso, il «potere contrattuale » verso la D.C. dominata da spinte clericoreazionarie si sarebbe senza dubbio rafforzato e i dirigenti del P.N.M. avrebbero potuto porre una precisa ipoteca sul governo.

Calcoli analoghi si avevano all'interno del M.S.I., specie nel gruppo dirigente formato da Arturo Michelini e Augusto De Marsanich. Monarchici e missini trattarono perciò un patto di unità d’azione che fu reso pub[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Nel P, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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