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Il segmento testuale Montefusco è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
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da Angelo Muscetta, Memorie del cavaliere Angelo Muscetta in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69

Brano: [...]i e Frigerio a S. Giovanni a Teduccio, e dalla ditta Cappadonna di Partici, scartando quelli di vetro corrente, e negli acquisti che facevamo, ero diventato cosí provetto che, appena facevo un'esposizione, le migliori famiglie facevano a gara per acquistarli. Avevamo acquistato la fiducia dei suddetti fornitori, tanto che essi largheggiavano a farci credito di mille lire e piú, somma favolosissima per quei tempi.
Si faceva la fiera a S. Egidio (Montefusco), [un] convento, dove
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affluivano tutti i paesi viciniori, a fare la provvista per un anno di tutti gli articoli, e segnatamente i nostri. Avevo saputo che a questa fiera faceva un'esposizione una ditta barese residente a Benevento. Si era al luglio del 1895. Passando per il convento, fittammo per otto giorni tutto il cortile interno, con due stalle pulite per il ricovero nostro, andai a Napoli per fare delle spese, ed oltre il contanti ottenemmo lire 2.500 di credito, firmando 5 cambiali da lire 500 cadauna a breve scadenza.
La fiera incominciava il 29 agosto di ogni ann[...]

[...]nare l'idea a mio zio Sabino, marito di zia Angelarosa, sorella di papà, di mettersi in socio con noi; società, se cosí vogliamo chiamarla, che mio padre non potette rifiu. tarsi, perché i primi soccorsi l'avevamo avuto da lui. Il guaio lo passai io, perché questo zio era anche analfabeta, e non del mestiere, essendo lui proprietario e gestore di trattoria e di una piccola camera per uso di albergo. Ci preparammo per l'altra fiera di S. Egidio a Montefusco, lavorando come un cane per la contabilità, perché anche questo barese, era analfabeta. Insomma io che avevo frequentato la seconda classe elementare e due mesi della terza, ero un padreterno. Ma solamente alla divisione dei lucri e della merce, incominciarono a sorgere delle dificoltà, ed allora mi convinsi che nessuna società potevamo fare.
Occorre tornare qualche anno indietro, e precisamente nel settembre del 1890.
Frà i moltissimi clienti di mio zio Sabino, vi era il Capotreno Recine di Montefusco, che poi doveva diventare prima cognato e poi suocero mio, ed un giorno raccontò a mio zi[...]

[...]é anche questo barese, era analfabeta. Insomma io che avevo frequentato la seconda classe elementare e due mesi della terza, ero un padreterno. Ma solamente alla divisione dei lucri e della merce, incominciarono a sorgere delle dificoltà, ed allora mi convinsi che nessuna società potevamo fare.
Occorre tornare qualche anno indietro, e precisamente nel settembre del 1890.
Frà i moltissimi clienti di mio zio Sabino, vi era il Capotreno Recine di Montefusco, che poi doveva diventare prima cognato e poi suocero mio, ed un giorno raccontò a mio zio che la moglie a Napoli si era partorito di una bellissima ragazza, ed aveva bisogno di una nutrice urgentemente. Mio zio voleva un gran bene a questo Capotreno; e perché assiduo suo cliente, e perché della nostra provincia, gli promise il suo interessamento. Lo zio Sabino aveva una sorella che si chiamava Lena, moglie di un operario di Sarno, Luciano Pappacena, che lavorava a Pianodardine, dove vi era una fabrica inglese di filati,
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il di cui proprietario si chiamava Turner. Questa z[...]

[...]attamento, il padre ritirò questa bambina, con gran dispiacere di mia zia, vuoi per la morte della figlia, vuoi perché gli aveva dato latte, tanto si era affezionata.
I rapporti tra il Capotreno Recine e mio zio Sabino non solo rimasero cordiali, ma si cementarono fraternamente. Si era alla fine di giugno del 1896. Mio zio Sabino, malgrado i miei diciannove anni, voleva che io sposassi, sapendo che questo Capotreno aveva una sorella signorina a Montefusco, e lo sapeva perché la trattoria di mio zio era il punto d'appoggio di lettere e pacchi, sia da Napoli per Montefusco che da Montefusco a Napoli. Un giorno mio zio abbordò questo Capotreno che era in vena, e gli disse queste testuali parole: — Don Carlo, mi è venuta un'Idea. Perché non facciamo sposare Angelino con vostra sorella? — Il Capotreno su due piedi non sapeva che cosa rispondere, e disse: — Poi vedremo.
Stavano così le cose. Io senza approfondire troppo a questa proposta, seguitavo a lavorare con passione. E si avvicinava l'epoca della fiera di S. Egidio e siccome avevo ricevuto da questa fiera delle belle soddisfazioni e incoraggiamenti, aumentavo con maggiore esperienza, e l'esposizione diventava sempre interessa[...]

[...]l'esazione fatta, con una nota di morosi, che non dovevano piú mangiare, a meno che non avessero pagato per contanti. La cosa non era di gradimento a mio zio, ma poco per volta con le buone maniere fini per convincersi, e la baracca incominciò, con altre direttive piú o meno caotiche.
Per l'esazione a Napoli continuai ad essere io delegato per i mesi di aprile, maggio, giugno sempre dell'anno 1897. Si era in luglio, e si approssimava la fiera a Montefusco, e dovetti darmi da fare per l'approvviggionamento e fare, come sempre, piú buona figura. La solita affluenza di clienti; però la prima sera e cioè il 29 agosto 1897 vedemmo entrare in una cameretta del convento, adibita da noi a sala da pranzo e camera da letto, due formose contadine con delle grosse ceste piene di ogni bene di Dio, dicendo a mia madre che venivano da parte di Don Ciccio Bocchino, e che erano sue colone. Le ceste contenevano gnocchi, carne di vitello, polli arrosto, pane, vino e frutta in abbondanza. Ave
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vano fatto questo atto di cortesi[...]

[...]ppiú, perché ignoravo se il Capotreno ne avesse fatto qualche .accenno alla sorella.
Finí la fiera, sempre con ottimi risultati, e tornammo ad Avellino ed a mio zio raccontai il piccolo episodio, dicendogli che ne avevo ricevuto buona impressione. Pregai mio zio Sabino di parlarne di nuovo al fratello Capotreno perché a sua volta ne avesse parlato a Don Ciccio Bocchino suo tutore, alla zio Canonico e a zio Francischiello, e poi saremmo andati a Montefusco, a parlare di ogni cosa. Passarono due mesi dalla fiera, ed il fratello Capotreno Carlo Recine era stato a Montefusco e ne aveva parlato alla sorella, ed agli zii, e cosí id 15 novembre 1897 nolleggiammo una carrozza chiusa e partimmo alla volta di Montefusco, io, lo zio Sabino, e il compare Fusco — ed eravamo diretti alla casa dello zio Don Ciccio Bocchino. Però il compare Ciro propose di andare prima alla casa della sposa, e cosí facemmo. Per quanto preavvisati della nostra visita, la futura sposa rimase sorpresa, e dopo di averci lo stesso ricevuti ci disse gentilmente che la richiesta doveva essere fatta in casa dello zio Bocchino, giusto come si era rimasto stabilito, si parlò del piú e del ;meno, e bastò questo perché i nostri cuori incominciassero a battere all'unisono, e bastò fra noi due .un furtivo sguardo (che è il primo linguaggio dell[...]

[...]ello e al fratello Capotreno di residenza a Napoli. Quindi lo zio Bocchino si riservò dare una risposta entro quindiciventi giorni. Ci offrirono del vino perché s'era fatto tardi, per quanto il compare Fusco ripetute volte fece comprendere che eravamo digiuni, e su questo fecero orecchie da mercanti, e per questo fatto rimase un detto, fino alla morte del povero compare Fusco, il quale diceva: — Alla richiesta della mano della signorina Recine a Montefusco, bevetti a digiuno tre bichieri di vino.
Rimasti cosí d'accordo ci salutammo, e verso la fine del paese comprai del pane, prosciutto e vino, e facemmo ritorno a casa, ove i famigliari domandarono l'impressione ricevuta della sposa e dei parenti. E cosí si doveva aspettare la risposta.
Io intanto impaziente per l'attesa di una risposta, e facendomi forte della buona impressione suscitata sulla sposa, a cui l'occhio mio indagatore non era sfuggito, scrissi a lei, ringraziando, per la gentile accoglienza ricevuta, e della buona impressione ricevuta di lei, augurandomi che presto avrei ricevuto[...]

[...]risposta affermativa, che mi avrebbe consentito di frequentare la sua casa, non come timido collegiale, ma in veste di fidanzato ufficiale. Per risposta ebbi da lei che aveva ricevuto di me buona impressione: poche riservate parole, e che mi davano adito ad una buona speranza.
Dopo circa un mese, e dopo tutte le informazioni sul mio conto, che in sostanza erano ottime, tranne naturalmente quelle finanziarie, lo zio Bocchino ci invitò di nuovo a Montefusco per vedere eventualmente superare qualche difficoltà incontrata nel consiglio di famiglia. Un giorno che non ricordo, partimmo con la stessa carrozza chiusa, però munita di un cesto con polli salame formaggio e vino (tutta questa roba rimase nella carrozza, e che avremmo dovuto mangiare dopo). Ci recammo in casa dello zio Bocchino, il quale ci riferí del consiglio di famiglia da lui
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presieduto, in qualità di tutore, e che tutti erano rimasti soddisfatti per le buone informazioni morali sui mio conto, ma non si trovavano d'ac
dordo per la posizione finanz[...]

[...]000 ciascuno alla rispettiva loro morte, e ,il contante della sposa veniva ipotecata su una loro casa, e quindi .garentita; lo zio Sabino s'impegnava fare tutte le spese del matrimonio, mobilio, vestiti per me e per la sposa, quel poco di oro, ecct. ecct.
I zii della sposa quasi non volevano aderire a questo matrimonio, perché non avevano voluto accettare due .matrimoni, uno di un ricco orefice di Gesualdo, e un altro in quell'epoca esattore di Montefusco, tutti e due ricchi, di buona famiglia, ma di pessimi precedenti giovanili. Lo zio Bocchino si alzò, e disse ai famigliari tutti: — Io per conto mio e ne assumo piena responsabilità, son del parere di dare in sposa mia nipote Vincenzina ad Angelo Muscetta, povero, come voi volete, ma ricco di esperienza, e sopratutto onesto lavoratore. — E credetemi (disse a loro) la nostra Vincenzina, non gli mancherà mai nulla —. A queste parole, tutti si pronunziarono consenzienti, e fu superata ogni cosa.
Lo zio Bocchino volle festeggiare il fidanzamento ufficiale, con un banchetto (che il compare Fusco [...]

[...] recammo in casa dello zio Canonico e zio Franceschiello, per salutarli e ringraziarli per il loro autorevole consenso, — e partimmo alla volta di Avellino, riportando indietro il cesto con tutta la roba, dopo di aver fatto mangiare al vetturino Miniello, padre del vetturino attuale Angelo Venezia. A casa con i nostri alla sera finimmo di festeggiare tale evento.
Ebbe inizio il nostro fidanzamento ufficiale, e fu stabilito di andare ogni mese a Montefusco, e trattenermi tre giorni per ogni mese. Il primo viaggio fu da me effettuato il 6 gennaio del 1898, con una sgangherata carrozza postale che partiva tutti i giorni alle quattordici, e arrivava a Montefusco alle ore diciassette. La prima sera cenai dalla fidanzata, e a dormire andiedi dalla zia Teresa, sorella di zia Cristina, però all'indomani andammo a salutare un altro zio in secondo grado, Giacomino Recine, ammogliato senza figli, ed abbastanza ricco, e costui volle assolutamente che fossi andato a dormire da lui tutte le sere che mi trattenevo a Montefusco, per tutto il periodo di fidanzamento, e per quest'altro zio,
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diventai piú di un figlio. E quindi la seconda sera fui suo ospite: la sua abitazione era poco lontana dalla casa della fidanzata, e dal balcone della mia camera da letto alla finestra della camera da letto della fidanzata ci divideva un piccolo vicolo stretto. Io dormivo in un letto grande insieme a questo zio, letto con quattro materassi di lana, che io non ne avevo la massima idea: di una sofficità che, per me, quei tre o quattro giorni di permanenza a Montefusco rappresentavano un paradiso, perché ad Avelli[...]

[...]iú di un figlio. E quindi la seconda sera fui suo ospite: la sua abitazione era poco lontana dalla casa della fidanzata, e dal balcone della mia camera da letto alla finestra della camera da letto della fidanzata ci divideva un piccolo vicolo stretto. Io dormivo in un letto grande insieme a questo zio, letto con quattro materassi di lana, che io non ne avevo la massima idea: di una sofficità che, per me, quei tre o quattro giorni di permanenza a Montefusco rappresentavano un paradiso, perché ad Avellino id mio letto era un piccolo materasso su un tavolo da pranzo, e il riposo era solo di trequattro ore. A questo proposito, voglio raccontarvi un piccolo episodio. Una sera faceva un freddo terribile, per l'abbondante neve caduta, e quando mi ritirai all'ora solita, le ventuno circa, mi aspettavano raccolti lo zio Giacomino e la zia vicino ad un grande camino ben acceso, con delle frittelle calde e del vino speciale, e malgrado da poco avessi cenato, non potetti esimermi a fare loro compagnia. Dopo mi disse la zia: — Angelo, si vede che hai sonno,[...]

[...]ono, che quello era uno scaldaletto di legno piú lungo di una sedia, con dentro due recipienti che contenevano il fuoco, e questo apparecchio lo chiamavano il monaco.
Al. mattino vicino al caffè, vi era un pacchetto di sigarette: insomma io non spendevo nulla. Ricardo a questa proposito, che questo mio fidanzamento aveva destato invidia a molti del rione, tanto che parecchi erano andati ad insinuare a zio Sabino che io rubavo a lui, e portavo a Montefusco tutto dalla fidanzata. Un giorno mi ero già vestito, la carrozza mi aspettava vicino alla porta, salutai a tutti, e salii in carrozza. Stavamo per partire, e mio zio mi chiamò, e mi pregò di scendere un minuto, entrammo in una camera, e mi disse che cosa tenevo in quella picocla valigetta, che feci scendere, e gli dissi: — Qualche fazzoletto, e qualche camicia da notte (a quell'epoca non si usava il pigiama). Mi domandò che denaro avevo, allora incominciai a comprendere, che qualcuno lo aveva insinuato. Mi spogliai nudo, rivoltando tutte le tasche, e non uscirono che lire: 1,15, — dico ventit[...]

[...]catola di cerini. Io rimasi male, ma piú male e umiliato rimase mio zio Sabino, il quale mi disse queste testuali parole: —Dapo il tuo fidanzamento, ti sei circondato di invidia e gelosia, però questo risultato negativo non ha fatto altro che cementare il mio bene e la mia fiducia, per quanto quest'ultima, mai perduta —. Voleva darmi
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del danaro, ma rifiutai energicamente, dicendogli: — Non mi serve, perché a Montefusco non mi fanno mancare neanche le sigarette. — Mi vestii in fretta, presi la mia piccola valigetta, presi pasto nella carrozza, facendo le mie scuse ai miei compagni di viaggio, chè per un contrattempo li avevo fatti attendere venti minuti, e partimmo.
Posso assicurarvi che furono tre ore di tortura per me, avrei voluto ritornare in Francia perché ero sempre in corrispondenza col mio antico principale Sassone Battista, odiavo mio zio Sabina, odiavo il mio vicinato e volevo andar via lontano da quella gente malvagia. Erano due le cose che m2 trattenevano, i miei genitori (e debbo confessarlo, p[...]

[...]mato ugualmente. Certo era i1 primo amore vero, sentito, ed ingoiai quest'altra pillola abbastanza amara. Questi furono i pensieri che in me stesso fantasticai durante le tre ore idi viaggio, avevo una voglia matta di piangere, ero buono di animo, tenero ancora di età, ma vecchio di esperienza, di lavoro, di sagrif2cii, e nei miei venti anni nulla avevo goduto, e fidavo nel destino e nella Provvidenza, in giorni migliori.
Stavamo per arrivare a Montefusco e cercai dominarmi, svegliandomi dal torpore di amarezze in cui ero innocentemente caduto, e mi avviai .alla casa, dove una creatura umana mi aspettava piena di amore e piena di passione, salutai, lei che sulla soglia della porta mi aspettava, salii in fretta quei sei scalini esterni, tenuti da una inferriata, ed entrai salutando e baciando la mano alla zia Filomena, seconda madre di Vincenzina, poiché rimasta orfana lei e il fratello Carlo. Questa zia di anima buona, mezzo devota, fu per lei una vera seconda madre. Con una forza di volontà cercai dominare il mio turbamento, portando i saluti[...]

[...]egro delle altre volte, a cui raccontavo specie alla zia Filomena dente barzellette, che tanto la facevano ridere, e per giustificarmi dicevo di avere un leggiero mal di testa. Ma vi erano delle buone salziccie per cena, e con supremo sforzo feci venire il buon umore.
Passò la serata alquanto allegra, passarono ancora giorni e mesi, l'amore s'ingigantiva sempreppiú, si arrivò al 18 luglio del 1898. Al ritorno dal mio abituale viaggio mensile da Montefusco, trovai a casa una brutta notizia: durante la mia assenza, i miei, cioè mia madre e le mie sorelle Maria e Carolina, che anche loro lavoravano nel buffet (che aveva preso un buon sviluppo) avevano fatto quistione con zio. Sabina, e da due giorni non erano andati nel buffet. Indagai la ragione, e mia madre era solita ingrandire le cose ed era sempre quella che inventava delle cose inutili, a volte gravi, inesistenti, e mi trascinò per qualche giorno anche a me a scioperare. Intanto per due giorni feci lo sciopero
Al
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della fame e piangevo amaramente la mia sorte, pensando [...]

[...]nella preghiera, e di cui non mi sono mai staccato, e nella mia vita ho trovato sempre conforto. Un giorno mia zia Angelarosa, [di] nascosto del marito Sabino, venne a trovarmi e si rammaricò per quello che era successo, e lo stato mio compassionevole e disperato. Mi mandò subito dalla trattoria da mangiare, e venne di nuovo ad assicurarsi, se io avessi mangiato, perché quasi da tre giorni non avevo toccata cibo. Intanto Vincenzina mi scrisse da Montefusco, che aveva saputo che erano sorte delle questioni serie, tra noi e zio Sabino: i soliti amici e invidiosi s'erano preso la briga di scriverle una lettera anonima informandola di tutto, aggiungendo perfino che il matrimonio sarebbe andato a monte. Supplicandomi di scriverle tutta la verità, e conoscendo il mio tipo affettuoso, non mancò d'incoraggiarmi, di avere fede in Dio per il nostro destino. Un giorno, profittando che lo zio Sabina era a Napoli, ed analizzando bene le cose, riconobbi che il torto era da parte dei miei, e incoraggiato dalle buone parole della zia Angelarosa, di cui portavo[...]

[...] sole si vedeva a scacchi. Quella vita durò per circa tre anni, e tutta quell'umidità fu la causa farmi perdere in pochi anni uno per uno tutti í denti. Passarono dei giorni, mi riappaciai (e con me, anche i miei) con zio Sabina. Lettere dalla fidanzata Vicenzina venivano tutti i giorni, chiedendomi spiegazione del dissidio, ed io rispondevo che tutto era finito. Si era arrivato alla fine di luglio ed alla prima domenica di agosto si celebrava a Montefusco la festa di M.M.S.S. del Carmelo. Un giorno chiamai in disparte mia zia Angelarosa, e gli dissi che quello era il momento per far dissipare ogni voce messa in giro, circa il nostro dissidio, e che lei e mia sorella Maria dovevano andare a Montefusco in occasione della festa. La zia Angelarosa, non solo acconsenti di buon grado, e disse che avrebbe convinto anche zio Sabina suo marito, ma che avrebbe portato alla fidanzata un regalo di un bracciale d'oro. Infatti il venerdì
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che precedeva la festa di domenica, zia e mia sorella Maria partirono per Montefusco, senza nessun preavviso. Lascio a voi immaginare la sorpresa e la gioia della mia fidanzata, con la zia, nel vederle arrivare: questa era per loro la conferma di quanto io gli avevo scritto, cioè l'avvenuta pacificazione. Naturalmente la gioia non era completa, perché mancavo io, però la mia mancanza . era giustificata, perché tutti in una volta non potevamo lasciare il buffet.
La mia tortura era quella di vedere la festa da Avellino e non poterci andare. Mi spiego in che modo io vedevo la festa da Avellino. La chiesa del Carmelo a Montefusco era situata al principio del paese e proprio sul [...]

[...]ta, con la zia, nel vederle arrivare: questa era per loro la conferma di quanto io gli avevo scritto, cioè l'avvenuta pacificazione. Naturalmente la gioia non era completa, perché mancavo io, però la mia mancanza . era giustificata, perché tutti in una volta non potevamo lasciare il buffet.
La mia tortura era quella di vedere la festa da Avellino e non poterci andare. Mi spiego in che modo io vedevo la festa da Avellino. La chiesa del Carmelo a Montefusco era situata al principio del paese e proprio sul fronte del paese verso Avellino, .e su una piazzetta vicino alla chiesa venivano addobbate delle bellissime luminarie, che erano ben visibile dalla nostra stazione ferroviaria di Avellino, quindi il sabato, vigila della festa, fu per me una tortura, vedere da lontano quella festa, e non poterci andare. Non riposai tutta la notte e né anche la domenica fino alla sera, e senza pensarci due volte, dissi a mio zio Sabina, se mi permetteva alle undici di andare a Montefusco, con l'impegno di trovarmi il lunedì mattina alle sette per aprire (anche co[...]

[...]ese verso Avellino, .e su una piazzetta vicino alla chiesa venivano addobbate delle bellissime luminarie, che erano ben visibile dalla nostra stazione ferroviaria di Avellino, quindi il sabato, vigila della festa, fu per me una tortura, vedere da lontano quella festa, e non poterci andare. Non riposai tutta la notte e né anche la domenica fino alla sera, e senza pensarci due volte, dissi a mio zio Sabina, se mi permetteva alle undici di andare a Montefusco, con l'impegno di trovarmi il lunedì mattina alle sette per aprire (anche con qualche ora di ritardo) il buffet. Mio zio in un primo momento non era consenziente, dicendo che avrei dovuto fare setteotto chilometri a piedi in salita, di notte, e altrettanto al mattino; ma poi fini per accontentarmi.
Alle ventitrè vi era l'ultimo treno che, proveniente da Napoli, passava per Avellino, e proseguiva per Benevento. Feci in cinque minuti succintemente la mia toiletta, presi il treno fino alla prima stazione di PrataPratola e, casa strana, arrivai in perfetto orario e cioè alle ventitré e dodici al[...]

[...] che dopo pochi minuti arrivò i!1 primo treno da Benevento, e giunsi puntualmente alle sette del mattino, giusto come avevo promesso a mio zio. Ero felice, ogni frainteso era scomparso, lavoravo notte e giorno, e vedevo avvicinare il giorno tanto da me sperato e coronato dopo sacrificii, il mio sogno.
Il 21 novembre 1898 partimmo da Avellino in carrozza, io, lo zio Sabino, il compare Fusco, il Notar Capriolo, e il suo segretario, e ci recammo a Montefusco in casa di Don Cuccio Bocchino zio della sposa, e tutore, nonno del Dort. Francesco Bocchino, per redarre i capitoli matrimoniali, con un cerimoniale molto lussuoso, e irto di malte difficoltà per la sistemazione ipotecaria della dote: ché in quell'epoca lire 6.000 era una dote fastosa. Come Dio voile, fu appianato ogni cosa per il meglio, e per la prima vdlta, debbo confessarlo, ebbi l'onore di sedere a mensa in un banchetto di lusso e signorilità, che mi pareva di sognare qualche pagina del libro di Mille e una notte. Non debbo nascondere la mia emozione, quando in quella stessa casa entrav[...]

[...]oddisfazioni, che mi sono state di sprono a tutte le difficoltà che nel sentiero della mia vita ho sopportato con francescana rassegnazione.
Con la speranza che il giorno tanto desiato presto si avverasse, si era arrivato al 10 gennaio del 1899, giorno che si fissò la data del matrimonio per .i'1 9 febbraio 1899. Infatti tale giorno, di giovedì, S. Sabino, partimmo da Avellino con quattro. carrozze di gala, alle ore sei del mattino, e andammo a Montefusco, ed in casa sempre di
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Don Ciccio Bocchino alle ore 10 ebbe luogo il matrimonio civile officiato personalmente dal Sindaco, e quello religioso officiato dallo zio della sposa, Canonico Recine. Cerimonia austera, bellissima, signorile, a cui intervennero le piú spiccate personalità del paese. Furono distribuiti dolci confetti e liquori, e gli onori di casa furono fatti impeccabilmente dalla signora Donna Mariannina Bocchino, nuora di Don Ciccio Bocchino e madre del Dottor Bocchino. Il cerimoniale sarebbe riuscito superiore ad ogni aspettativa, se non fosse [...]

[...]i Avellino, accompagnati da quasi tutti i parenti intimi e fioccava la neve piacevolmente. Ad Avellino nella casa dove abita adesso Siani Vincenzo, ci aspettava un lauto banchetto. A questo proposito debbo precisare una cosa. Mio zio Sabino aveva i suoi gravi difetti, ma aveva anche i suoi meriti, e cioè ci teneva a fare bella figura, un poco perché aveva assistito a due lauti e lussuosi banchetti, un poco anche per riguardo ai parenti venuti da Montefusco, tutti parenti 'rispettabili e perché no? dei veri signori.
Noi avevamo un cuoco abruzzese al 'buffet, che era qualche cosa di speciale, ed a lui lo zio Sabina affidò l'incarico di un menù speciale, dall'antipasto alla lasagna imibottita (perché era carnevale) alla galantina di pollo, al gattò di mariaggio ed ogni ben di Dio. Per non esagerare, il cuoco e un aiutante, altre le donne di famiglia, lavorarono tre giorni. Fu un elogio di tutti i commensali, e segnatamente della zia Carmela che dimenticavo dirvi intervenne allo sposalizio con zio Sabatino vestito in lungo con redingote, e lei con[...]

[...] con zio Sabatino vestito in lungo con redingote, e lei con un cappellino eccentrico (che costava pochissime lire per la sua rimontatura). I regali (per quanto in quell'epoca poco si usassero) pur tuttavia i'l piú di valore era il biglietto di lire 25 dello zio Franceschiello. Però il regala di zia Carmela (non lo posso mai dimenticare) fu di un portabiglietto di seta, costruito, forse, con le sue mani.
Dopo il pranzo, ripartirono alla volta di Montefusco, con due carrozze di gala, i parenti della sposa, ed alla sera grande trattenimento in famiglia, con qualche invitato, il Capo Stazione titolare e qualche impiegato, o amici di famiglia, si ballò fino all'una del mattino, con distribuzioni, di dolci, liquori, spumanti, tutto a profusione.
Dopo tre giorni facemmo il nostro viaggio di nozze. Incredibile ma
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vero, con lire 25, dico venticinque in tasca, oltre il biglietto AvellinoNapoliSaviano (paese di mia madre) e ritorno, naturalmente ospite di parenti. Ero tanto felice nella mia miseria.
Tornai a casa, presi il mio post[...]

[...] spianata verso di me, pretendeva una mia firma ad una cambiale, che io non volevo mettere. Per fortuna mio zio fu chiamato dal Capo stazione, ché doveva pagare il canone del buffet scaduto da parecchio tempo. Spaventato presi mia moglie, e mia so rella Mariuccia e scappai in casa, col preciso proposito di non tornare mai più al buffet e piansi amaramente il mio destino. Scrissi allo zio
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Francesco Bocchino a Montefusco mettendolo al corrente, pregandolo che mi facesse un prestito di 500 lire, cosa che fece subito, rilasciandogli una cambiale firmata da me e mia moglie.
Intanto mio zio Sabino, per far fronte ai suoi impegni, precipitò la vendita del residuo di merce cristalli e porcellane, gestione tenuta con capitali suoi, e venduta da mio padre.
Intanto col prestito delle 500 lire fattemi improntare dallo zio Bocchino pensai aprire un negozio sempre di cristalli e porcellane, fiatai quel basso, dove tutt'ora esiste la trattoria di Brigida, di fronte alla ferrovia, e mi decisi andare a Napoli o meglio a S[...]

[...]o, avrei voluto accompagnare mio padre col carretto, ma non volli farlo, non per il lavoro, né per ver
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gogna di farlo, (perché il lavoro onesto, qualunque specie di lavoro, anche umiliante non mi aveva fatto mai impressione); ma per non dare adito alle persone che mi avevano sempre invidiato, dopo il mio matrimonio, perché non potevano rendersene ragione come io ero stato capace di apparentare con una delle prime famiglie di Montefusco. Presi un garzone e lo misi al servizio di mio padre.
Si lavorava benino, e si sbarcava alla men peggio il lunario. Fu venduto primo vagone di merce, molto prima del previsto. I'l mio capitale iniziale, al netto di interessi e delle spese generali, da lire 500 sali a lire 900, le cambiali con la società RichardGinori furono pagate con puntualità, a questo fece seguito il secondo e terzo vagone, i miei due figli Amato e Sabina crescevano un amore, ed eravamo felici e invidiati. Lo zio Bocchino di Montefusco (che Iddio lo abbia in gloria), alle rimostranze e richiami da parte dello zio Canonic[...]

[...].
Si lavorava benino, e si sbarcava alla men peggio il lunario. Fu venduto primo vagone di merce, molto prima del previsto. I'l mio capitale iniziale, al netto di interessi e delle spese generali, da lire 500 sali a lire 900, le cambiali con la società RichardGinori furono pagate con puntualità, a questo fece seguito il secondo e terzo vagone, i miei due figli Amato e Sabina crescevano un amore, ed eravamo felici e invidiati. Lo zio Bocchino di Montefusco (che Iddio lo abbia in gloria), alle rimostranze e richiami da parte dello zio Canonico e di un'altro zio Franceschiello, per questo matrimonio fatto, dopo quanto era successo rispondeva: — Aspettate, e vedrete che quel giovane, (si alludeva a me) per la sua abilità nella vita, farà progresso e non gli mancherà mai nulla. Passarono 7 mesi, e già i preliminari di pace da parte di zio Sabino (segnatamente l'amico suo intimo Compare Fusco) si avvicinarono a me per persuadermi a fare la pace, toccando il mio debole, la moglie di zio Sabino, la buona zia Angelarosa, sorella di mio padre. Ma io non[...]

[...]azioni, è inutile descriverlo, eppure ringraziavo sempre la provvidenza. Eravamo arrivati a1 gennaio del 1903 e sembrava che le cose
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si appianavano per il meglio, ma il lato finanziario era sempre ristretto. Il 20 aprile 1903 un'altra tegola mi doveva ancora cadere sul capo. Mia moglie Vincenzina si ammalò di tifo, dibattendosi fra la vita e la morte per tre mesi. Fui costretto far venire sua zia Filomena da Montefusco, colei che per tanti anni gli aveva fatto da madre, e dovetti allontanare i bambini Amato e Sabino, inviandoli a casa di mia madre, perché il medico curante aveva proibito in modo assoluto che fossero rimasti nella medesima casa, anzi proibirono anche a me di coricarmi nel medesimo letto. Ma questo era assurdo, perché non avevo la forza di allontanarmi, anche a costo di morire insieme a lei, tanto più che il suo desiderio era quello di essere fatto ogni cosa da me, iniezioni, disinfezioni, somministrazioni di medicinali ecct., e salivo e scendevo centinaia di volte le scale, sia per attendere[...]

[...]nel più duro dolore a me e i poveri figli in età che avevano ancora bisogno della guida amorosa e materna. La cosa più tragica, che dovemmo nascondere al mio povero padre la grande sventura che mi aveva colpito, perché mio padre voleva piú bene a lei, che a me. Ma al mattino seguente, il 2 luglio, i gridi e i pianti dei poveri figli Amato e Sabino (che io la sera prima avevo fatto allontanare, inviandoli a casa di mia madre) e tutti i parenti di Montefusco, fecero intravedere la realtà della sventura al mio povero padre, che mi volle al suo capezzale, e fondere le mie lacrime alle sue. Mio padre che (secondo il Dottore Aufieri) doveva morire, visse ancora ventotto giorni, e quel santo uomo che sopportò con tanta rassegnazione le sue sofferenze, per non arrecarmi altri Mori, tutte le volte, e dieci minuti prima di morire, alla mia domanda, come si sentisse, rispondeva: — Molto meglio, figlio mio —:
Povero padre, povera moglie! Chi può descrivervi il dolore, che cosa può essere una disgrazia simile? Perdere in ventotto giorni di distanza i due e[...]

[...]si sentisse, rispondeva: — Molto meglio, figlio mio —:
Povero padre, povera moglie! Chi può descrivervi il dolore, che cosa può essere una disgrazia simile? Perdere in ventotto giorni di distanza i due esseri più cari, la moglie di un primo amore a 38 anni, e il padre
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bello, roseo più giovane di me a 63 anni. Che anno, 1910, non l'auguro a nessun mortale nemico!
Cercai allontanare i miei figli inviandoli a Montefusco, ma dopo pochi giorni ritornarono, volevano almeno rinfrancarsi dell'affetto paterno dopo di aver perduto quello materno. Sabino si lasciò convincere andare a Solofra da un nostro compare, che eravamo legati come fratelli, ma dopo pochi giorni si ammalò di scarlattina, dibattendosi fra la vita e la morte, tenendomi nascosto ogni cosa. Una domenica volli andare a trovarlo, e quale fu la mia sorpresa vederlo seguire scalzo, con un cero acceso, ad una processione, perché era una festa e la commare di Solofra gli aveva fatto fare un voto se si sarebbe salvato, e came infatti si salvò.
Così si ch[...]

[...]del buffet e dell'albergo, molte responsabilità si aggravarono su di me. Tirai avanti alla meglio per tredici mesi lavorando con maggior lena, sia materialmente, sia moralmente, ritirandomi a notte alta, cercando riposare due tre ore. Ma era un riposo, senza conforto, senza una persona cara che mi comprendesse, aumentando così il mio morale abbattuto, che non trovava pace. Ed un giorno del mese di agosto di quell'anno venne per quattro giorni da Montefusco zio Franceschiello, il quale voleva molto bene a me ed alla buonanima di Vincenzina sua nipote carnale. E nel trattenersi con me, un giorno mi chiamò in disparte e mi disse: Caro Angiolino, tu sei giovane, dato la tua azienda, con due piccoli figli, difficilmente potrai rimanere solo, e al solo pensiero che un giorno i miei nipoti dovrebbero
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passare sotto la guida di un matrigna, e questa dovesse maltrattarli, io ne morrei di dolore. Tu devi sposare mia nipote Amelia, se lei acconsente, e se il padre Cariuccio non trovasse difficoltà. — Infatti ne parlò a lei ed al padre[...]

[...]va la vendita a minuta, e mi riuscí, come in seguito vi descriverò.
Dopo 18 mesi circa di vedovanza e precisamente il 11 [corr.: 131 novembre del 1911 passai in seconde nozze, iniziando una vita molto piú lavorativa, ma piú ordinata. Feci il mio secondo viaggio di nozze con piú agiatezza del primo, fermandomi due giorni a Napoli sette giorni a Roma. ove in quel periodo vi era una Esposizione Coloniale, ottenni, tramite il sarto Pietro Bonito di Montefusco, residente a Roma, una. camera (via Lucrezic Caro, 47), per lire 3.30 al giorno: camera da letto, salottino e caffè latte al mattino. Si usciva alle 8 del mattino e ci ritirammo alle 16. Si andava a pranzo alla « Rosetta », ai « Tre Re », dove si era servito con lusso, e i vermicelli o tagliolini in brodo costavano cent. 25 la porzione. Quello che ci faceva da guida era il povero Luigino Spagnuolo. Dimenticavo dire che dopo sposati, partimmo da Avellino diretti a Napoli, in una automobile di lusso appartenente al Duca d'Aosta padre, e che per amicizia di un parente di Amelia avevamo avuto reg[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Montefusco, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Acone <---Acquistò <---Ad Avellino <---Aix <---Albergo Wachinton <---Amedeo Fontana di Brescia <---Angelo Muscetta <---Angelo Venezia <---Angiolillo <---Antonio Spaccamon <---Arturo Petracca <---Aspettate <---Atripalda <---Autonomo <---Avellino-Napoli-Saviano <---Ballo Escelsior <---Ballo Excielsior <---Barbaria Tedesca <---Basta <---Battista Sassone <---Beneventana <---Bocchino di Montefusco <---Bon <---Bonne Mère <---Boulevard St <---Caiazzo <---Canonico Recine <---Capitano <---Capo <---Capo Stazione <---Caporetto <---Caposelle <---Capotreno <---Capotreno Carlo Recine <---Capotreno Recine <---Capotreno Recine di Montefusco <---Cappadonna di Partici <---Cariuccio <---Caro Angiolino <---Cartocci <---Casamicciola <---Caserta <---Cercasi <---Certificat <---Chaimin <---Chianti <---Chiesi <---Ciaburri <---Ciaburri di Napoli <---Cioffi Gaetano <---Ciro Alvino <---Ciro Fusco <---Codogno <---Come Dio <---Compagnia Fraissinet <---Compare Fusco <---Console <---Così <---Credetemi <---Credito Irpino <---Cuccio Bocchino <---Cuomo <---Da Avellino <---Descrivervi <---Direzione di Milano <---Diritto <---Doctor Luis <---Don Carlo <---Don Ciccio Bocchino <---Don Cuccio <---Donna Mariannina Bocchino <---Dottor Bocchino <---Dottor Francesco Bocchino <---Dottore Alvino <---Dottore Alvino di Atripalda <---Dottore Aufieri <---Dottore Festa <---Egidio a Mon <---Elena Pappacena <---Elixir Coca <---Epinal <---Erricuccio <---Esposizione Coloniale <---Espérandieu <---F.F. <---Festa di Avellino <---Filomena da Montefusco <---Fiumara Pietro <---Foggia <---Forza del Destino <---Franceschiello <---Francesco Bocchino a Montefusco <---Francese di Napoli <---Francia <---Francischiello <---Frà <---Fuori <---Gavino Martinetti di Iglesias <---Giacomino Recine <---Ginori <---Giovanni a Teduccio <---Giugliano <---Gragnano <---Gran Chai <---Grottaglie <---Iandiorio <---Iglesias <---Iil <---Il Capotreno <---Il lavoro <---Jusqu <---Jusqua <---La Forza <---La Provvidenza <---La casa <---La notte <---La sera <---Labruna <---Lanzara <---Lascio <---Laurea Universitaria <---Lauretta Marengo <---Livret No <---Luciano Pappacena <---Lucrezic Caro <---Luigino Spagnuolo <---Luis Lecouvré <---Luisella Recine Bocchino <---Lìveri <---M.M.S.S. <---Ma mi <---Made Englis <---Maioli <---Malepasso <---Marco Minghetti <---Maria a Parete <---Marseille <---Marsiglia <---Masullo <---Medicina <---Melella Giordano <---Mille <---Mirabella Eclano <---Modena <---Monteforte Irpino <---Montefredane <---Montella <---Nev Jorch <---Nicola Magliaro <---Nocera Inferiore <---Nolleggiammo <---Non voglio <---Notaio Titoman <---Notar Capriolo <---Pappacena di Sarno <---Parlato <---Passò <---Perché <---Però <---Pianodardine <---Piazza Francese <---Piazza Pantagone <---Piccola Velocità <---Piedimonte <---Pietro Bonito di Montefusco <---Pirone <---Platani <---Porta Rufina <---Posta Vecchia <---Povera <---Prata <---Prata-Pratola <---Pratica <---Pratola <---Pregandolo <---Quale <---Raffaele Petrillo <---Recine a Montefusco <---Richard-Ginori <---Riehard <---Ringraziò <---Rittardo <---Rue Canebière <---Rue Pherafins <---Sabatino <---Sabino Tammasetta <---Sabino Tom <---Sabino Venezia <---Sabino da Napoli <---Sahino <---Salerno <---Sannio <---Santomauro <---Sassone Battista <---Scuola Enologica <---Secchia <---Sepral <---Serino <---Siani Vincenzo <---Solofra <---Spaccamon <---Spaccamonte <---Spesse <---Storia <---Supplicandomi <---Svizzera <---Teduccio da Richard <---Tirreni <---Tornati <---Trattoria <---Traverse <---Tre Re <---Umberto Avagliano <---Vamero di Napoli <---Velocità di Avellino <---Via Umberto <---Vico Carrozzieri <---Vinoenzina <---Voghera <---Volturara <---Zia Angelarosa <---Zio Sabino <---apprendista <---autista <---brasiliani <---canzonettista <---centesimi <---d'Aix <---d'Alife <---d'Aosta <---d'Italiani <---dell'Italia <---dell'Opera <---eroismo <---fascista <---fuochista <---grossista <---guardiano <---indiana <---italiane <---italiano <---luculliani <---nell'America <---propagandista <---siciliano <---telegrafista <---tesimi <---viano <---zoologico