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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 175

Brano: [...]sui vagoni. Quindi venivano immediatamente sottoposti al controllo di due medici S.S. che, con rapido giudizio, decidevano la sorte di ognuno: il campo o il gas. Al campo potevano giungere soltanto i pochi riconosciuti fisicamente idonei al lavoro. Tutti i bambini in tenera età, le donne con piccini a carico, i vecchi, gli invalidi e i malati venivano incolonnati. verso le camere a gas, già approntate a riceverli. Per tranquillizzare le vittime, le S.S. facevano credere che stavano per sottoporsi a una disinfestazione collettiva.

L’evacuazione dei campo

Nell’estate 1944 l’offensiva sovietica indusse i tedeschi a evacuare Auschwitz. Nel mese di agosto numerosi convogli furono pertanto trasferiti in località al centro della Germania. La travolgente avanzata dei sovietici nell’inverno successi

vo li obbligò a liquidare definitivamente il campo.

Come risulta dal verbale dell’ultimo appello del 17.1.1945, in quel momento si avevano ad Auschwitz e nei sottocampi dipendenti 66.020 presenze. Tra il 18 e il 19 gennaio il comandante Baer [...]

[...]o a Hoess da circa 14 mesi) dette l’ordine di immediata partenza per tutti i deportati. A costui risale la principale responsabilità della tragica « marcia della morte » in direzione ovest. Sprovvisti di indumenti e di calzature atti a fronteggiare i rigori del clima invernale, affamati, i prigionieri dovettero mettersi in cammino, salvo alcune migliaia di essi giudicati « inamovibili » e destinati a essere soppressi sul posto. Durante la marcia le S.S. uccidevano sistematicamente tutti coloro che, per qualsiasi motivo, si fossero fermati o si fossero dimostrati incapaci di segdire il passo della colonna. Secondo testimonianze rese al processo di Francoforte, il sergente Boger, da solo, giunse a ucciderne fino a 200 al giorno. I corpi di tutte queste vittime furono poi trovati in 15 grandi fosse comuni distribuite lungo il percorso.

Le avanguardie dell’esercito sovietico giunsero ad Auschwitz il 27.1.

1945 e poterono liberare il campo prima che le S.S. trucidassero gli ultimi superstiti. Furono così liberati, a Birkenau e a Monowitz, [...]

[...]si motivo, si fossero fermati o si fossero dimostrati incapaci di segdire il passo della colonna. Secondo testimonianze rese al processo di Francoforte, il sergente Boger, da solo, giunse a ucciderne fino a 200 al giorno. I corpi di tutte queste vittime furono poi trovati in 15 grandi fosse comuni distribuite lungo il percorso.

Le avanguardie dell’esercito sovietico giunsero ad Auschwitz il 27.1.

1945 e poterono liberare il campo prima che le S.S. trucidassero gli ultimi superstiti. Furono così liberati, a Birkenau e a Monowitz, 7.600 detenuti, ma purtroppo le condizioni fisiche di molti di essi erano ormai tali da non farli sopravvivere, nonostante le pronte cure, che pochi giorni. Tra i sopravvissuti, i ministri polacchi Cyrankiewcz e Rusinek, l'avvocato triestino Bruno Piazza e

lo scrittore torinese, di professione chimico, Primo Levi.

Le S.S. cercarono di far sparire le prove materiali dei loro delitti, distruggendo ogni documento del campo, facendo saltare crematori e camere a gas, incendiando i depositi che ancora contenevano gli indumenti degli uccisi. La commissione incaricata di raccogliere le prove dei crimini potè tuttavia trovare, nei depositi del campo, 7.000 kg di capigliature recise; e dopo l’estinzione degli incendi si poterono contare 348.820 abiti maschili, 836 mila 525 abiti femminili, 5.255 paia di calzature da uomo e 38.000 da donna, oltre a enormi quantità di altri indumenti e oggetti vari, compresi i giocattoli[...]

[...] morte; organizzò e realizzò evasioni; condusse nel campo un’azione educativa; preparò la rivolta armata. Il 7.10.

1944, per iniziativa di un Sonderkommando (distaccamento speciale formato da deportati, che i nazisti adibivano alTincenerimento dei cadaveri), al crematorio n. 3 esplose una violenta ribellione contro gli aguzzini, che coinvolse numerosi gruppi di prigionieri delle baracche circostanti. NeH’impari combattimento che ne seguì, tra le S.S. armate e una folla di uomini quasi inermi ma decisi a tutto, a quanto testimonia l’ex deportato N. Nyiszli, caddero 853 prigionieri e 70 dei loro aguzzini, tra i quali un ufficiale e 17 sottufficiali. Il crematorio n. 3 fu. interamente distrutto e il crematorio n. 4 fu reso praticamente inservibile.

Tra i compiti della Resistenza nel campo vi fu anche quello di raccogliere e conservare le documentazioni sui crimini che venivano di giorno in giorno commessi. Si deve anche a questa attività se, nel 1947, l’ex comandante del campo Rudolf Hoess potè essere inchiodato alle proprie responsabili[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 138

Brano: [...]rivilegio finché durava il loro “lavoro”, tra l’altro con abbondanti distribuzioni di alcool, in media dopo tre mesi venivano tutti eliminati e sostituiti da altri).

Nell’ottobre 1944, appunto nell'imminenza di una di queste eliminazioni, gli addetti di quattro Sonderkommando di Auschwitz decisero di insorgere. Forse per una delazione il piano fallì e la rivolta si ebbe solo nei crematori III e I. Gli insorti uccisero quattro sottufficiali delle S.S., ne ferirono numerosi altri, fecero saltare il crematorio III, recisero il filo spinato e si diedero alla fuga. Le S.S. si mobilitarono e organizzarono la caccia all’uomo. Pare che nessuno dei fuggiaschi sia riuscito a salvarsi e per 455 di essi fu comunque accertata la morte. Inoltre furono impiccate quattro donne ebree che avevano procurato ai rivoltosi piccoli quantitativi di esplosivo, sottraendoli da una fabbrica. Il Comitato di lotta di Auschwitz si diede molto da fare per organizzare il sabotaggio (attività che costò molte vittime) in tutti gli stabilimenti dove lavoravano i deportati, specialmente a\YUnion Werke e alla IGFarben industrie (v.).

Dopo la liquidazione del lager di Maidanek e nell’immin[...]

[...]pontanei che non si erano mai avvicinati al Gruppo di lotta.

Le armi erano poche perché, diceva Cyrankiewicz, « è meglio non averne, purché si sappia dove andarle a prendere ». Infatti il comitato disponeva di uomini sicuri nei pressi del l'armeria ed era sicuro di potervi entrare.

Per concordare un attacco simultaneo dei partigiani della zona, fu progettata la fuga di cinque membri del Gruppo di lotta con la collaborazione di un milite delle S.S. che era stato pagato a tale scopo, ma si trattava di un provocatore che denunciò l’intero gruppo. I cinque che dovevano fuggire cercarono di

suicidarsi con il veleno, ma soltanto due ci riuscirono: gli altri furono sottoposti a lavanda gastrica, chiusi nel bunker e orribilmente torturati, infine impiccati. Tra loro era Burger, uno dei primi capi del Gruppo di lotta.

I! lager di Auschwitz fu evacuato a scaglioni nel gennaio 1945 e diversi membri della Resistenza si trovarono così trasferiti in altri campi, meno vicini al fronte, dove molti di loro continuarono la lotta. Cyrankiewicz e D[...]

[...]osse comuni o, come accadde negli ultimi tempi, le bruciavano su grandi roghi.

I convogli di deportati arrivavano quotidianamente tra le otto e le nove del mattino, portando al campo circa cinquemila persone al giorno. Nel pomeriggio l’operazione era conclusa: i cadaveri erano stati tolti di mezzo, i bagagli e tutto quanto era appartenuto alle vittime, compresi i capelli, venivano immagazzinati, le camere a gas erano pronte per l’indomani.

Le S.S. responsabili dell’organizzazione facevano svolgere gran parte del lavoro a prigionieri ucraini che, in cambio di questo servizio, godevano di uno status di relativo privilegio: erano gli ucraini che spingevano nel “tubo” le vittime, facevano funzionare le camere a gas, sovraintendevano alle “graticole” per l’incenerimento dei cadaveri. Tutto il restante lavoro, dalla costruzione del campo alla cucina, alla lavanderia, alla raccolta dei bagagli e successivamente alla cernita dei vestiti, del denaro, degli oggetti preziosi ecc., fino alla fusione dell’oro, era compito di ebrei scelti dai trasp[...]

[...]sporti in base alla loro prestanza fisica o preparazione tecnica.

Questi ebrei formavano la popolazione permanente che viveva nel Campo 1 e si potevano considerare fortunati, quantunque le loro condizioni di esistenza fossero estremamente precarie, essendo passibili di fustigazioni, torture ed esecuzioni sommarie nel caso commettessero la minima irregolarità o un semplice errore. Gli elementi professionalmente più capaci venivano impiegati dalle S.S. per costruire mobili, dipingere insegne, fare vestiti o stivali, confezionare gioielli con l’oro ricuperato dai cadaveri. Finché le S.S. se ne servivano con soddisfazione, questi ebrei avevano qualche sicurezza di rimanere in vita, potendo anche nutrirsi con le provviste che trovavano nei bagagli dei deportati. Inoltre potevano entrare in possesso di denaro e preziosi nascosti tra gli indumenti delle vittime e farne sparire una parte, da usare poi per corrompere gli ucraini e prepararsi una ‘fuga.

II Campo 2, vero e proprio regno della morte nel quale i deportati arrivavano attraverso il “tubo” per essere gassati e cremati, aveva anch’esso una piccola popolazione permanente di ebrei addetti alle pulizie della camera a gas,[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 136

Brano: Resistenza nei lager

Per di più, il kapò si trovava di fronte a un grave problema morale: per sottrarre un politico a un trasporto o a un lavoro particolarmente pericoloso, doveva inviare al suo posto un altro deportato, delinquente comune o sconosciuto che fosse. Quale diritto aveva il kapò “Triangolo rosso” di decidere così della vita e della morte di altri deportati? Non si rendeva con ciò egli stesso complice delle S.S.? Questo angoscioso quesito fu a lungo dibattuto, specialmente dopo la Liberazione e soprattutto da coloro che nei campi non erano mai stati. Di fronte a tale problema, i politici si attennero sempre al principio che la condanna a morte non era da imputarsi ai kapò “Triangoli rossi”, bensì alle S.S. che avevano deciso il trasporto mortale o organizzato il lavoro più pericoloso; e se un deportato era da salvare, anche a costo di perderne un altro, bisognava salvarlo quando si trattava di un politico il quale avrebbe poi rischiato la propria vita per continuare la lotta contro il regime del lager.

Per non perdere la fiducia delle

S,S., i kapò politici dovevano sempre fingere di assecondarne gli ordini (salvo cercare poi di sabotarne le iniziative), ma c'erano disposizioni alle quali il politico non poteva in alcun modo obbedire.

Basti l’esempio di un episodio avvenuto a Dora: nel[...]

[...]va di un politico il quale avrebbe poi rischiato la propria vita per continuare la lotta contro il regime del lager.

Per non perdere la fiducia delle

S,S., i kapò politici dovevano sempre fingere di assecondarne gli ordini (salvo cercare poi di sabotarne le iniziative), ma c'erano disposizioni alle quali il politico non poteva in alcun modo obbedire.

Basti l’esempio di un episodio avvenuto a Dora: nel febbraio 1944 due evasi, ripresi dalle S.S., dovevano essere impiccati davanti a tutti i deportati sulla piazza dell’appello. Le S.S. ordinarono al capobaracca dell‘infermeria di procedere all'esecuzione. Questi, che era un politico, decise di parlarne con il comitato clandestino del lager. Fu una drammatica riunione che si concluse con la decisione che nessun politico poteva prestarsi a fare il boia.

Alla sera, sulla piazza dell’appello il capobaracca dell’infermeria fu chiamato al triste compito ed egli si rifiutò. Le S.S., allarmate, convocarono allora il capocampo, un altro “Triangolo rosso”, che a sua volta si rifiutò. Poiché anche il vice capocampo dichiarò di non poter obbedire a quell’ordine, i tre vennero rinchiusi nel bunker e torturati fino alla morte. I loro incarichi passarono a criminali.

In tal modo il comitato illegale di Dora perdette tre posti chiave nel campo, ma grande fu l’impressione destata da questo fatto fra i deportati e il sacrificio dei tre kapò “Triangoli rossi” risultò più efficace, per la Resistenza, di tante discussioni politiche.

Un altro compito del comitato clandestino er[...]

[...]rossi” risultò più efficace, per la Resistenza, di tante discussioni politiche.

Un altro compito del comitato clandestino era quello di tenersi al corrente di quanto avveniva in Germania e nel mondo. All’inizio le notizie entravano nel campo con i nuovi arrivati o erano captate da deportati

Apparecchio radio clandestino realizzato dai resistenti di Buchenwald

che, di tanto in tanto, potevano ascoltare le trasmissioni radio nei locali delle S.S. o nell'officina, dove veniva a volte mandato qualche apparecchio radiofonico da aggiustare. In seguito, nel corso della guerra, furono segretamente costruiti in molti campi apparecchi a onde corte, con i quali venivano captate Radio Londra e Radio Mosca. Così i deportati resistenti potevano chiarire la situazione reale ai compagni per non lasciarli preda di notizie esageratamente ottimiste o catastrofiche che via via si diffondevano nel campo. Naturalmente anche questa diffusione di notizie comportava rischi mortali, perché tutti i campi pullulavano di spie.

I delatori erano direttamente [...]

[...]molti campi apparecchi a onde corte, con i quali venivano captate Radio Londra e Radio Mosca. Così i deportati resistenti potevano chiarire la situazione reale ai compagni per non lasciarli preda di notizie esageratamente ottimiste o catastrofiche che via via si diffondevano nel campo. Naturalmente anche questa diffusione di notizie comportava rischi mortali, perché tutti i campi pullulavano di spie.

I delatori erano direttamente reclutati dalle S.S., ma a volte si tratttava anche di “volontari”, cioè di individui che riferivano alle S.S. quanto veniva casualmente a loro conoscenza, nella speranza di farsene un merito. A Sachsenhausen vennero addirittura istruite dalle S.S. spie che dovevano infiltrarsi fra i comunisti e partecipare alle loro discussioni. Anche la lotta contro le spie fu quindi condotta dai politici con estrema durezza, tanto che non pochi delatori furono trovati uccisi, ma la morte nel lager era un fatto così abituale, che raramente furono fatte inchieste su casi del genere.

Quasi nulli erano invece i contatti con l’esterno, specialmente nei lager situati in territorio tedesco, dove la popolazione era nazista convinta o comunque terrorizzata dai nazisti. Perciò si sa solo di qualche raro contatto tra comunisti di Sachsenhausen e i loro comp[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 629

Brano: [...]ame. I forni crematori, pur funzionando a pieno ritmo, non facevano in tempo a bruciare le salme, sicché Ziereis organizzò squadre di seppellitori che scavarono enormi fosse comuni. Intanto nella vicina Gusen furono minati gli ingressi di due grandi gallerie, con l’intenzione di seppellirvi vivi tutti i deportati superstiti di

quel kommando e di Mauthausen. Ma il massacro finale non potè essere condotto a termine secondo i piani prestabiliti. Le S.S. si sbandarono. Molte andarono a combattere sui fronti ormai vicini e altre disertarono, financo travestendosi con gli abiti a strisce dei deportati. Altre ancora risparmiarono qualche vita, sperando così di salvare la propria. Ma ciò che impedì il massacro fu anche l’attiva resistenza dei deportati.

Italiani a Mauthausen

Degli oltre 7.000 italiani deportati nel lager, ne sopravvissero soltanto 1.400, per la maggior parte grazie al fatto di esservi arrivati negli ultimi tre o quattro mesi prima della liberazione.

Gli italiani dovettero d’altra parte subire pene morali e materiali di [...]

[...]zione disperata, in quel vero frantoio di uomini fiorì la Resistenza. I deportati politicamente più qualificati ed esperti promossero un’organizzazione collettiva per meglio resistere al sistema e sabotarlo. Si unirono, nonostante vedessero ben poche probabilità di sopravvivere per testimoniare al mondo l’infame genocidio.

Per i deportati politici i nemici più pericolosi erano i « triangoli verdi », gli ergastolani soprattutto. Debitori verso le S.S. della loro situazione di privilegio, questi autentici criminali dimostravano il loro servilismo collaborando incondizionatamente al sistema di oppressione. Vivendo a stretto contatto con i politici, si servivano dell’esperienza maturata nei penitenziari per captare qualsiasi sintomo di ribellione e ne informavano il Comando. Nei primi anni, quando i « triangoli ver

630



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 624

Brano: [...]nzata. Passò i suoi ultimi mesi in una clinica di Tours. Prima di morire chiese e ottenne di tornare in seno alla Chiesa cattolica.

D.Per.

Mauthausen

Villaggio della valle del Danubio, a 27 km a est di Linz (Austria), già durante la guerra 19151918 Mauthausen ospitava un campo di prigionia dove numerosi italiani morirono di fame.

Nascita del lager

Quando, nel marzo 1938, Hitler incorporò l’Austria nel Reich, il Comando generale delle S.S. cercò un luogo adatto per un lager. L’esistenza in loco di alcune cave di granito fece preferire Mauthausen. Per insediarvi il campo fu scelta la cima della collina più alta in prossimità della cava principale. Per costruire la loro prigione, i deportati avrebbero dovuto estrarre le pietre, squadrarle e, a spalla, portarle lassù salendo 186 ripidi gradini scavati in una parete della cava, poi lungo un sentiero che costeggiava per un tratto l'orlo del dirupo. Il lager fu definito dalle stesse

S.S. Knochenmuhle (macinaossa). Più tardi i deportati soprannominarono la scalinata « scala della [...]

[...]un fitto sistema di bunker e garitte tutto intorno alla collina garantiva il controllo della zona circostante.

Il quarto lato della fortezza (privo di muraglione perché i tedeschi non fecero in tempo a costruirlo) era protetto da un fittissimo reticolato percorso da corrente ad alta tensione. Su quei fili centinaia di deportati posero fine volontariamente alla loro insopportabile prigionia e molti altri furono costretti a morire per ordine delle S.S. e dei kapò.

Dal tramonto all’alba la fortezza era illuminata da un sistema di riflettori che non lasciavano alcun angolo buio.

AH’interno la fortezza era divisa in 3 campi.

Campo 1: entrando dal grande portale d’ingresso vi era l’ampia Appellplatz (piazzale dell’appello), delimitata a destra dai fabbricati adibiti ai servizi e a sinistra da 20 baracche di legno allineate in quattro file di cinque.

Nella prima baracca, adibita alla amministrazione del lager, vi era lo schedario generale dei deportati presenti, aggiornato con gli arrivi, le partenze e le morti. Attraverso tale sche[...]

[...]bbricati adibiti ai servizi e a sinistra da 20 baracche di legno allineate in quattro file di cinque.

Nella prima baracca, adibita alla amministrazione del lager, vi era lo schedario generale dei deportati presenti, aggiornato con gli arrivi, le partenze e le morti. Attraverso tale schedario venivano organizzate le squadre par i lavori alla cava e i trasferimenti nei kommandos dipendenti. Nella stessa baracca vi era il postribolo, riservato alle S.S. e ai kapò (questi ultimi venivano ammessi con un buonopremio).

Nelle baracche dalla seconda alla diciottesima alloggiavano i deportati utilizzati per i servizi del lager e per i kommandos di lavoro alla cava e negli immediati dintorni.

Le ultime due baracche del campo 1, contrassegnate dai numeri 19 e 20, erano isolate da un muro. Nei primi anni esse costituivano il reparto quarantena; poi, nel 1944, vi vennero rinchiusi gruppi di deportati condannati a morire d’inedia nel giro di 1015 giorni.

Durante il 1944 la baracca n. 19 venne anche adibita dai tedeschi a tipografia per la fabb[...]

[...]esantematico.

Nel dopoguerra il campo 2 fu trasformato in cimitero delle salme riesumate dalle fosse comuni.

Nel campo 1 i servizi erano così divisi:

Nel fabbricato A, denominato Cascherei (lavanderia), dove avveniva la spoliazione dei nuovi arrivati, si avevano le docce, il taglio dei capelli e la rasatura completa del corpo. Nello stesso fabbricato, al piano superiore, vi erano la sartoria, la lavanderia e la stireria, funzionanti per le S.S., i kapò e i Prominenten.

Il fabbricato B, denominato Kuche (cucina), costituiva la grande speranza di ogni deportato. Tutti aspiravano a esservi adibiti come sguatteri fissi o almeno a essere destinati anche una sola volta alla squadra che sbucciava le patate. I posti migliori erano occupati da deportati con il triangolo verde (tedeschi o austriaci pregiudicati per reati comuni), mentre i lavori più servili erano destinati a deportati politici austriaci e tedeschi, a qualche spagnolo e a qualche cecoslovacco.

Il fabbricato C, denominato Krematorium o Bunker, era costruito a due piani c[...]

[...]hi, a qualche spagnolo e a qualche cecoslovacco.

Il fabbricato C, denominato Krematorium o Bunker, era costruito a due piani con le pietre della cava. Nel piano inferiore avvenivano l’uccisione e la cremazione dei deportati destinati a soppressione immediata. Esso era attrezzato con una camera a gas camuffata da sala docce, sicché i nuovi arrivati, entrandovi, non sospettavano il destino che li aspettava. La morte avveniva in 15 minuti circa. Le S.S. e i kapò potevano controllare la loro opera attraverso uno spioncino di spesso cristallo inserito nella porta. Quando qualche personalità visitava il lager, il Comando offriva agli ospiti il tragico spettacolo, a conferma che nel lager tutto funzionava secondo le regole.

Squadre di cosiddetti seppellitori estraevano ogni giorno le salme dei morti dalle varie baracche e dal Revier, per accatastarle all’esterno di questo fabbricato, nel lato verso

l'Appellplatz. Da qui, lungo uno scivolo, le salme scendevano in uno stanzone chiamato Leichenhalle (camera mortuaria), in attesa di essere es[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 292

Brano: [...]omandati dal professor Mariano Buratti (v.) attaccò lungo la via Cassia un’autocolonna tedesca. Messi in allarme da quell’azione, i nazisti riuscirono a individuare l’accampamento partigiano nei boschi del Cimino, in provincia di Viterbo, e con rapida manovra di accerchiamento lo colsero di sorpresa. Ai partigiani non rimase che impegnare una disperata difesa, ma soverchiati dalla preponderanza nemica ebbero gravi perdite e la banda si disperse. Le S.S., per rappresaglia, incendiarono le case del piccolo comune di San Giovanni di Bieda (oggi Villa San Giovanni in Tuscia) e fucilarono nella piazza 14 contadini.

Si impose ai patrioti lo studio di nuove forme di lotta. Il 2.11.1943 si riunì a Roma la giunta militare del Comitato centrale di liberazione nazionale: nello studio del professor Gaetano Russo, in via Torino, si incontrarono Giorgio Amendola, Riccardo Bauer, Carlo Andreoni, Lorenzo D’Agostini, Alfio Marchini, Pompilio Molinari, Severino Spaccatrosi, il colonnello Vincenzo Toschi (comandante la « Banda dei Sette Comuni ») e i respo[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 663

Brano: Gries

Gries

A Gries, sobborgo della periferia di Bolzano (v.), durante la Guerra di liberazione fu creato dai tedeschi un campo di concentramento. Il lager venne organizzato verso l’agosto 1944, dagli stessi ufficiali di polizia delle S.S. che avevano poco prima liquidato, col massacro di 66 internati, il campo di Fossoli (v.)f e dalla sua denominazione ufficiale (Polizeiliches Durchgangslager BozenGries) risulta che avrebbe dovuto essere un semplice campo di transito. Ma le crescenti difficoltà dei trasferimenti in massa, dovute ai massicci bombardamenti alleati che rendevano spesso inservibile la linea ferroviaria del Brennero, determinarono negli ultimi mesi di guerra un ristagno delle operazioni e un aumento delle presenze nel campo, in cui il disagio era reso ancora più acuto dalla fame e dalla crudeltà degli aguzzini.
[...]

[...]mpo, in cui il disagio era reso ancora più acuto dalla fame e dalla crudeltà degli aguzzini.

Organizzazione del campo

I capannoni erano suddivisi in blocchi contrassegnati da lettere dell’alfabeto. Nel fondo, ai di là del piazzale dell 'appello, si ergeva il cupo edificio delle celle di rigore, nelle quali venivano relegati quei prigionieri che avessero richiesto un « trattamento speciale ». Essi erano sorvegliati da due guardie ucraine delle S.S., nelle cui mani alcuni torturati trovarono la morte. Gli altri prigionieri erano invece sottoposti al controllo delle guardie trentine, meno crudeli degli ucraini. Gli internati erano contrassegnati da triangoli e distintivi di vari colori, nonché da un numero di matricola. Si distinguevano in: politici, rastrellati, ostaggi, internati stranieri, ebrei, colpevoli di reati comuni, lavoratori e condannati a morte.

II Comando tedesco controllava dall’alto, con un certo distacco, il funzionamento dei diversi organismi del campo.

Fin dai primi tempi era stata ammessa dal Comando una commiss[...]

[...]in: politici, rastrellati, ostaggi, internati stranieri, ebrei, colpevoli di reati comuni, lavoratori e condannati a morte.

II Comando tedesco controllava dall’alto, con un certo distacco, il funzionamento dei diversi organismi del campo.

Fin dai primi tempi era stata ammessa dal Comando una commissione di prigionieri che aveva ufficialmente il compito di reperire i fondi per migliorare il vitto e assistere i più bisognosi. All’insaputa delle S.S., la commissione assunse la struttura di un Comitato di liberazione, con elementi che rappresentavano le diverse correnti politiche. Questo organismo semiclandestino, al quale si sostituì più tardi un vero e proprio C.L.N. di campo, riuscì a stabilire contatti cospirativi con organizzazioni della Resistenza di talune città italiane, in particolare col C.L.N. di Bolzano

che fu di grande aiuto agli internati, e con formazioni partigiane locali. Un dettagliato rapporto sulle strutture del campo, sulle condizioni di vita, sugli orientamenti politici e sulle esigenze dei prigionieri, coi nomi d[...]

[...]rse unica eliminazione in massa perpetrata a Gries risale al periodo iniziale, quando più di 20 giovani italoamericani che si erano fatti paracadutare al di qua del fronte per raggiungere le formazioni partigiane, furono catturati dai tedeschi e condannati a morte. Essi rimasero per qualche tempo in uno dei blocchi del campo non ancora definitivamente sistemato, nutrendo forse la speranza di salvarsi, ma una notte furono bruscamente svegliati dalle S.S., portati fuori del lager e uccisi.

Le esecuzioni — complessivamente circa 300 — non ebbero più in seguito carattere di strage collettiva. Le S.S. punivano però con la morte anche semplici infrazioni alle norme del campo e specialmente i

Piazzale del campo di Gries (1945)

tentativi di fuga. Molti prigionieri morirono per malattie e per la mancanza di cure e medicinali.

Sulla morte crudele di una ragazza ebrea e di un giovane friulano, di nome Pissuti, ha riferito Egidio Meneghetti (v.), che fu prigioniero nel carcere del. campo, nel suo poemetto in vernacolo veronese che si intitola Bortolo e l’ebreeta. E sul sadismo di un’aguzzina delle S.S. ha scritto, in un suo breve resoconto, Laura Conti che fu internata nel blocco delle [...]

[...]le norme del campo e specialmente i

Piazzale del campo di Gries (1945)

tentativi di fuga. Molti prigionieri morirono per malattie e per la mancanza di cure e medicinali.

Sulla morte crudele di una ragazza ebrea e di un giovane friulano, di nome Pissuti, ha riferito Egidio Meneghetti (v.), che fu prigioniero nel carcere del. campo, nel suo poemetto in vernacolo veronese che si intitola Bortolo e l’ebreeta. E sul sadismo di un’aguzzina delle S.S. ha scritto, in un suo breve resoconto, Laura Conti che fu internata nel blocco delle donne.

Sia Meneghetti che la Conti si preoccupano, dopo aver denunciato le mostruose efferatezze degli aguzzini, di capire che cosa potesse essere accaduto nello spirito di costoro, per farli giungere a tale punto di aberrazione. E mentre il primo rivede quasi l’immagine prebellica e prehitleriana dei due ucraini (« piante scaessade dala gran bufera: [...] la v’à brincà la guera, buteleti, la guera che straolse e che invelena »), la seconda rievoca un momento di debolezza « umana » della carceriera* conse[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 387

Brano: [...]ccompagnava alle formazioni partigiane due renitenti.

Suo marito è in montagna. Le spiace di non averlo rivisto, anche perché lui non sapeva che da quattro mesi lei aspettava un figlio.

I tedeschi hanno portato un inglese ad assistere all’esecuzione. Si chiama Pitt ed è stato catturato con noi. Era fuggito da un campo di prigionia.

Poco dopo Fondotoce vediamo una fontana.

II nostro disperato drappello viene fermato per cinque minuti. Le S.S. sorseggiano l’acqua con studiata lentezza e ci guardano e ci sbeffeggiano. Avanti. Tagliamo in mezzo a un grande prato e poi scendiamo lungo una scarpata, al fondo della quale scorre l'acqua che congiunge il Lago di Mergozzo con il Lago Maggiore.

Ci fanno sdraiare pancia a terra su una lingua di sabbia umida. Qualcuno che non capisce viene steso con violenti strattoni. Si schierano, dodici in piedi e dodici in ginocchio. Hanno dei Mauser, quelli che fanno tapum. Fanno alzare i primi tre. Li discostano un poco. Tra di essi vi è la donna, che è la prima a morire. Prima degli spari la sento [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 173

Brano: [...] ivi convergere un considerevole contingente di mezzi aerei essenziali al successo delle nostre forze ora impiegate altrove in operazioni decisive, e darebbe comunque un rendimento così incompleto da non compensare l'uso delle nostre risorse ».

La rivolta di Auschwitz

Così, Tunica azione diretta contro Auschwitz fu quella compiuta dagli stessi deportati. Il 7.10.1944 i membri del Sonderkommando addetti agli impianti della morte aggredirono le S.S., ne uccisero alcune e fecero saltare il crematorio n. 3 con esplosivi forniti da ragazze ebree che lavoravano nella « Uoion », una fabbrica di munizioni della Krupp. Questa azione, che avrebbe dovuto dare il via a un’insurrezione generale nel campo, fu improvvisamente anticipata quando

il Sonderkommando venne a conoscenza che stava per essere da un momento all’altro « liquidato ». Nel corso della rivolta fuggirono dal campo 600 uomini, ma di questi solo pochissimi riuscirono poi a mettersi in salvo. In seguito all'inchiesta vennero scoperte e arrestate l’ebrea Rosa Robota, responsabile di[...]

[...] guardie prima di raggiungere la foresta. Se ne salvarono alcune decine, tra cui Aleksandr Pechersky, l'ufficiale delTArmata Rossa che aveva progettato l'azione.

Pechersky era arrivato a Sobibór il 23 settembre e, in meno di 3 settimane, dopo essersi collegato alla organizzazione clandestina del campo, era riuscito a dare un indirizzo reale ai diversi progetti di fuga già meditati dai detenuti. Il suo piano venne eseguito in ogni particolare: le S.S. di guardia furono attirate a una a una nelle stanze del sarto e del calzolaio del campo e

ivi uccise con le piccole accette appositamente preparate dal fabbro; quindi furono tagliati i fili del telefono. Solo il previsto attacco all’arsenale fallì, ma 10 S.S. vennero uccise, insieme a 38 guardie ucraine; altre 40 di queste si diedero alla fuga. Il 16 ottobre, due giorni dopo la rivolta, Himmler ordinò la definitiva distruzione del campo.

Europa occidentale (Germania)

Anche in Europa occidentale gli ebrei dovettero lottare contro straordinarie difficoltà per organizzare una resistenz[...]

[...] ruppero una finestra della baracca dove erano stati rinchiusi con i loro compagni e corsero verso la piazza, scansando a pugni le guardie che cercavamo di fermarli e gridando: « Sparate pure, cani vigliacchi! ».

Di fronte alla massa degli altri prigionieri, il comandante del campo chiese ai giovani una spiegazione di quel gesto e poi negò che fosse stata ordinata la loro soppressione. Ai 18 giovani tu concesso di tornare tra i loro compagni. Le S.S. si ritirarono dal campo, consegnando

lo aH’amministrazione civile. Agli ebrei vennero restituiti gli effetti personali. Poche ore dopo essi dovettero lasciare il campo, diretti allo sterminio, ma erano consci di aver riportato una importante vittoria morale sui loro carnefici.

Al campo femminile di RavensbrucK

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 147

Brano: [...]dere il lavoro, dapprima con le blandizie e le promesse paternalistiche, poi ricorrendo alle minacce. Gli scioperanti cominciarono a gridare: « Basta con la guerra! Abbiamo fame! Non vogliamo deportazioni in Germania! ».

A una delegazione del Comitato di agita. zione clandestino i padroni comunicarono che la direzione dello stabilimento era passata nelle mani dei tedeschi, ma i lavoratori si rifiutarono recisamente di trattare con l’invasore. Le S.S., la polizia e i militi fascisti irruppero nei reparti intimando la ripresa del lavoro, ma tutto fu inutile. I tedeschi, aiutati da fascisti e con le armi spiegate, procedettero allora all'arresto di

Lavoratori della Ducati con l’eroe della Resistenza greca Nicos Beloyannis (ultimo a destra, in piedi) in visita allo stabilimento (1950)

5 operaie e di 9 operai tra i più combattivi. A impedire quegli arresti intervennero apertamente altri lavoratori.

La situazione divenne drammatica: dalla massa dei lavoratori si levarono grida indignate di « Andate a casa vostra! ». Le minacce tedesc[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Le S S, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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