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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 233

Brano: Roma

Un aspetto della Capitale nei giorni dell'occupazione squadrista dell'ottobre 1922 (dalla Illustrazione Italiana del 23.10.

1932)

sti (4.912 voti contro 3.664). Il Primo Maggio 1924 fu ancora celebrato all’insegna della lotta, con l’appello agli edili di lasciare i cantieri. I! delitto Matteotti del 10.6.1924 provocò una forte protesta operaia. Dal 10 al 20 giugno scioperarono edili, fornaciai, falegnami, metallurgici, lavoratori del mattatoio. Si dibattè se estendere la protesta a livello nazionale e i comunisti, distanziandosi dai socialisti e dalla Confederazione generale del lavoro ormai incapaci di r[...]

[...]a del 23.10.

1932)

sti (4.912 voti contro 3.664). Il Primo Maggio 1924 fu ancora celebrato all’insegna della lotta, con l’appello agli edili di lasciare i cantieri. I! delitto Matteotti del 10.6.1924 provocò una forte protesta operaia. Dal 10 al 20 giugno scioperarono edili, fornaciai, falegnami, metallurgici, lavoratori del mattatoio. Si dibattè se estendere la protesta a livello nazionale e i comunisti, distanziandosi dai socialisti e dalla Confederazione generale del lavoro ormai incapaci di reagire, proclamarono un primo, consistente sciopero generale il 23 giugno, rinnovato poi il 27. La C.G.L. decise, dal canto suo, una sosta simbolica di 10 minuti nel trigesimo dell’assassinio del deputato socialista.

Alla protesta romana aderirono anche gli studenti cattolici e si tentò di ricostituire la cattolica Unione del lavoro, sciolta dai suoi stessi dirigenti il 7.11.1923. L’opposizione parlamentare si consumava intanto nel rifiuto morale dell’Aventino (v.), in attesa delle decisioni di un establishment che da un pezzo aveva optato per il fascismo. Invano comunisti, repubblicani e settori liberaldemocratici chiesero il ricorso, rifiutato a più riprese, a una mobilitazione popolare.

Il 6.7.1924 rinacque a Roma la Camera del lavoro unitaria che, negli anni successivi, opererà nei limiti dazione consentiti per la difesa dei salari, sull’unica linea di minima resistenza praticabile. All’avanguardia della protesta furono ancora gli edili che difesero la rappresentatività deH’Unione emancipatrice, le passate conquiste d’orario, di assistenza e di formazione di categoria. All’inizio del 1925 i lavoratori del legno lottarono con esito positivo, mentre i fornaciai, che protrassero la loro agitazione fino a ottobre, furono sconfitti. I ferrovieri precari e stabili rivendicarono l’indennità di

carovita, insiem[...]

[...]ri precari e stabili rivendicarono l’indennità di

carovita, insieme alle operaie della Snia Viscosa che si opposero al contratto stilato dai sindacati fascisti, ma erano gli ultimi fuochi del movimento organizzato. Con le leggi liberticide del novembre 1926 ogni spazio di manovra fu cancellato. Resterà la propaganda nascosta, la lotta clandestina, nella quale il Partito comunista opererà dal 1927 con la ricostituzione di una sezione romana della Confederazione generale del lavoro.

Gli anni della dittatura

I! bilancio dell’antifascismo romano durante la dittatura deve partire da un dato innegabile: l’imperante consenso al fascismo (Roma fu peraltro la città che, nel Plebiscito del 24.3.1929, rispose con 2.833 NO) e la labile presenza antifascista. L’opposizione passò attraverso le categorie del dissenso, del rifiuto morale, della reazione umorale; fu una vicenda di piccole tracce, di varia sopravvivenza, di presenza in circostanze aggreganti. Nell’agosto 1927, ai funerali dellanarchico Spartaco Stagnetti cera il popolo di Roma, così come fu presente a quelli di Costantino Lazzari alla fine di dicembre dello stesso anno. L’organizzazione comunista riuscì, fino agli arresti che la scompaginarono nel 1929, a ricostruire una minima trama di rapp[...]

[...]umorale; fu una vicenda di piccole tracce, di varia sopravvivenza, di presenza in circostanze aggreganti. Nell’agosto 1927, ai funerali dellanarchico Spartaco Stagnetti cera il popolo di Roma, così come fu presente a quelli di Costantino Lazzari alla fine di dicembre dello stesso anno. L’organizzazione comunista riuscì, fino agli arresti che la scompaginarono nel 1929, a ricostruire una minima trama di rapporti. Il popolo, dal canto suo, reagì alla crisi economica: nel giugno 1929 si ebbero manifestazioni di disoccupati a San Lorenzo; nel novembre 1931, alla Garbateli, si ripeterono assalti ai forni e invasioni di negozi.

Roma, luogo deputato ai riti trionfalisti, divenuta “salotto buono” del regime e ripensata anche urbanisticamente (v. Piacentini, Marcello) con l’emarginazione del potenziale popolare nelle borgate, fu la scena dove acquistò la massima pubblicizzazione la strategia degli attentati (v.) a Mussolini, da quello dell’anarchico Gino Lucetti I'11.9.1927 a Porta Pia, a quelli non giunti neppure a realizzazione dell'anarchico[...]

[...]ubblicizzazione la strategia degli attentati (v.) a Mussolini, da quello dell’anarchico Gino Lucetti I'11.9.1927 a Porta Pia, a quelli non giunti neppure a realizzazione dell'anarchico Michele Schirru, arrestato il 3.2.1931 e fucilato il 29 maggio, e di Angelo Sbardellotto, arrestato il 4.6.1932 e fucilato il 17 giugno. Roma fu anche l'obiettivo del clamoroso volo di Lauro De Bosis (v.) che, la sera del 3.10.1931, dall'aereo lanciò sul centro della città migliaia di manifestini reclamanti l'azione del re contro il dittatore fascista.

L’opposizione romana può essere sommariamente distinta in due forme: quella popolare, che sopravvis

se nelle tradizionali categorie di lavoratori da sempre all’avanguardia; e quella colta, degli intellettuali, dei politici. La città divenne una specie di frigorifero di questa opposizione “surgelata” che sopravvisse in certi ambienti (Senato, università, scuole, circoli, salotti) dove permasero gli antichi riti liberali e fu possibile coltivare deboli fiammelle di antifascismo. Così, mentre la classe operaia diventava luogo di verifica dell’organizzazione comunista, altrove si coniugarono le vecchie parole del liberalismo, di cui furono testimoni YAlleanza nazionale (v.) di Mario Vinciguerra nel 1930 e il nuovo verbo di Giustizia e Libertà (v.).

L'antifascismo giovanile romano passò attraverso varie strade: si sviluppò grazie al magistero di saggi e ciotti maestri come Guido De Ruggiero (v.), attraverso le lezioni di professori antifascisti come il comunista Gesmundo (v.) e Pilo Albertelli (v.), grazie anche all’incontro di intellettuali con operai comunisti: il gruppo di 42 arres[...]

[...]ò laboratorio dottrinale, dove si avevano le contaminazioni più varie tra cattolicesimo, comuniSmo e altri valori sociali, ma terra di stentata organizzazione, anche per la posizione geografica che le rendeva difficile mantenere legami e rapporti con i fuorusciti di “Concentrazione antifascista” in Francia, mentre le grandi città del Nord o prossime al confine erano facilitate, tanto da essere quasi appendici della voce antifascista dell'estero. La Capitale, come altri luoghi deH'antifascismo, visse le ricuciture organizzative in funzione esterna, sentì solo di riflesso il patto d'unità d’azione fra socialisti e comunisti, reagì alla svolta rappresentata dalla guerra di Spagna (che divenne occasione, per i tranvieri romani, di manifestare entusiasmo o esecrazione per le vicende, fauste o infauste, del Fronte popolare). Dal 1926 al 1943 circa

1.500 furono comunque le assegnazioni al confino, quasi un numero

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 534

Brano: Sindacato

Stato si compì con le Leggi eccezionali fasciste (v.) del novembre

1926 che comportavano l'immediato e obbligatorio scioglimento di tutti i partiti e sodalizi non fascisti (quindi anche dei sindacati), la soppressione della stampa di opposizione, l’istituzione del Tribunale speciale, e l’inasprimento di tutte le misure di polizia. La C.G.L. non aspettò di essere sciolta d’autorità e fu il suo stesso Consiglio direttivo (ancora dominato dall’ex segretario D’Aragona) che il 4.1.1927 decise lo scioglimento dell’organizzazione e di mettersi a disposizione del governo fascista. Mussolini, per rendere ancora più evidente la fine della C.G.L., concesse agli ex dirigenti riformisti della C.G.L., capeggiati da Rinaldo Rigola (v.), di costituire un 'Associazione nazionale studio (v.) che, con programma chiaramente collaborazionista, pubblicherà fino al giugno 1940 il periodico I problemi del lavoro (v.).

La C.G.L. all’estero e quella clandestina

Bruno Buozzi, che nei giorni dello scioglimento si trovava all’estero, non accettò la vergognosa capitolazione e, prima della fine del gennaio 1927, quando ormai quasi tutto l’Esecutivo della C.G.L. era emigrato a Parigi, decise di continuare all’estero l’attività della Confederazione, costituendo nella capitale francese un Segretariato.

Ma intanto in Italia la C.G.L. risorgeva dalle proprie ceneri: il 20.1.

1927, in una piccola fabbrica di Milano [Yllva], alcuni organizzatori sindacali e operai, in prevalenza comunisti, ma anche di altri partiti, si riunirono per ricostituire clandestinamente la Confederazione sindacale. Pochi giorni dopo questa riunione, il nuovo segretario Paolo Ravazzoli (v.) inviò ad Amsterdam, alla Federazione sindacale internazionale o F.S.I., dominata dai socialdemocratici (v. Amsterdam, Internazionale di), un ricorso affinché l’autoscioglimento della C.G.L. venisse ufficialmente annullato e la C.G.L. clandestinamente ricostituitasi in Italia venisse riconosciuta al posto del segretariato sorto a Parigi. Da parte sua, Buozzi si dichiarò disposto a riconoscere l’organizzazione clandestina sorta in Italia, a condizione però che la guida del movimento restasse nelle sue mani, ma i sindacalisti rimasti clandestinamente attivi in Italia respinsero tale proposta, proclamando che la Direzione doveva essere quella ricostituitasi aH’interno del

Paese e in Italia operante.

Il 1927 fu un anno di gravi difficoltà economiche: la disoccupazione aumentò e i salari subirono pesanti decurtazioni[...]

[...]calisti rimasti clandestinamente attivi in Italia respinsero tale proposta, proclamando che la Direzione doveva essere quella ricostituitasi aH’interno del

Paese e in Italia operante.

Il 1927 fu un anno di gravi difficoltà economiche: la disoccupazione aumentò e i salari subirono pesanti decurtazioni. Per fronteggiare questa situazione il regime fascista estese la propria azione demagogica e il 21.4.1927 il Gran Consiglio del fascismo varò la Carta del lavoro (v.) come base di una nuova legislazione fondata sui principi corporativi. Nondimeno la resistenza proletaria continuò a farsi sentire: nel giugno, guidato dai sindacalisti comunisti, ebbe inizio un grande scioperò di mondine (v.) nel Novarese contro una riduzione di salario del 14%. L’agitazione si concluse con un successo, la decurtazione salariale fu minore di quella inizialmente ventilata e i fascisti non osarono portare le scioperanti davanti al Tribunale speciale per non amplificare la risonanza del fatto. Malgrado questa e altre tangibili prove di vitalità la C.G.L. clan[...]

[...] farsi sentire: nel giugno, guidato dai sindacalisti comunisti, ebbe inizio un grande scioperò di mondine (v.) nel Novarese contro una riduzione di salario del 14%. L’agitazione si concluse con un successo, la decurtazione salariale fu minore di quella inizialmente ventilata e i fascisti non osarono portare le scioperanti davanti al Tribunale speciale per non amplificare la risonanza del fatto. Malgrado questa e altre tangibili prove di vitalità la C.G.L. clandestina, essendo diretta dai comunisti, non venne riconosciuta dalla Federazione sindacale internazionale di Amsterdam, tanto che in agosto i delegati della C.G.L. giunti dall’Italia non furono neppure ammessi a intervenire ufficialmente al congresso della F.S.I. in corso a Parigi, ma dovettero accontentarsi del ruolo di spettatori senza diritto di parola. La F.S.I. riconobbe invece (e finanziò) il Segretariato parigino di Buozzi che in realtà rappresentava solo se stesso. Tuttavia, per non alienarsi la fiducia dei lavoratori socialisti, i comunisti non ruppero il difficile dialogo con l’Internazionale sindacale socialdemocratica e, per qualche tempo, non aderirono all’Internazionale dei sindacati rossi (il Profintern, diretto da Mosca) quantunque [...]

[...]i comunisti non ruppero il difficile dialogo con l’Internazionale sindacale socialdemocratica e, per qualche tempo, non aderirono all’Internazionale dei sindacati rossi (il Profintern, diretto da Mosca) quantunque questa avesse loro inviato aiuti finanziari.

Nell’autunno 1927 l'Italia fu investita da una nuova ondata di riduzioni salariali, contrastata da scarse agitazioni e da pochi scioperi di protesta. L'intero 1928 fu contraddistinto, per la C.G.L. clandestina (come per il P.C. d’I.) da un susseguirsi di arresti e di condanne davanti al Tribunale speciale, che rallentarono ancor più l’attività sindacale e politica di opposizione. Il rischio di una completa paralisi spinse allora i comunisti a studiare le possibilità di operare daH'interno dei sindacati fascisti, un obiettivo di difficile attuazione, sia per l’occhiuta vigilanza del regime sia per la comprensibile riluttanza dei militanti a entrare nelle organizzazioni nemiche. D’altra parte non era

ancora chiaro se bisognava entrare nei sindacati fascisti per distruggerli daH’interno o per difendere in qualche modo gli interessi dei lavoratori, per cui il problema del cosiddetto “lavoro legale” si trascinerà a lungo prima di essere risolto (v. Attività legale).

La grande crisi economica del 1929 si abbatté sull’Italia con conseguenze catastrofiche: il salario medio era il più basso d’Europa, la disoccupazione elevatissima, il lavoro procedeva a orari ridotti. D’altra parte, le agitaz[...]

[...]soccupazione elevatissima, il lavoro procedeva a orari ridotti. D’altra parte, le agitazioni di protesta erano scarse e poco incisive, quantunque l’attività sindacale clandestina registrasse un certo incremento nell’inverno 193031. In quegli stessi anni, la “svolta” imposta dalla Internazionale Comunista a tutte le proprie organizzazioni portò anche i comunisti italiani, sulla base di una errata valutazione politica (che faceva credere imminente la caduta del fascismo) a forzare il processo storico intensificando l’attività clandestina in Italia anche a costo di sacrificare i militanti rimasti ancora attivi, e per di più a considerare « socialfascisti » (v.) tutti i dirigenti socialisti e socialdemocratici. Sulla base di questa nuova linea politica, alla sua seconda conferenza nazionale tenuta a Marsiglia nell’ottobre 1929, la C.G.L. clandestina decise di rompere definitivamente con l’Internazionale di Amsterdam e di aderire al Profintern. Cambiati i collegamenti internazionali e mutati gli obiettivi (si cominciò a puntare sulla creazione di comitati di lotta per proclamare lo sciopero generale), nella C.G.L. cambiarono anche alcuni dirigenti: nel maggio

1930 lo stesso segretario Ravazzoli, che si era pronunciato contro la “svolta”, venne esautorato e sostituito da Giuseppe Di Vittorio (v.). Anche se le illusioni insurrezionali non durarono a lungo, nel giugno

1931 la C.G.L. clandestina ottenne uno dei più brillanti risultati del suo lavoro illegale: decine di migliaia di mondine scioperarono per due giorni nel Novarese e nel Vercellese, dando vita a quella che forse fu la più grande agitazione sindacale di massa del periodo fascista. Proclamato come nel 1927 dopo un brutale tentativo padronale di ridurre il salario, lo sciopero ebbe questa volta uno svolgimento completamente diverso perché i funzionari sindacali fascisti si videro costretti a schierarsi con le mondine. La vertenza finì davanti alla Magistratura del lavoro e questa dovette attenuare notevolmen

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 654

Brano: Confederazione italiana dei lavoratori

Polesine, nel Ferrarese), sotto la spinta delle masse e degli elementi di sinistra del Partito popolare, il movimento sindacale cattolico assunse un carattere apertamente classista, perfino in polemica con la riformistica C.G.L..

Nel 1920 la C.I.L. sabotò il movimento dei Consigli di fabbrica, al pari della C.G.L., proponendo alla Presidenza del Consiglio dei ministri un progetto di legge tendente a stroncare l’occupazione delle fabbriche (v.) e, facendo appello ai motivi riformistici dell’azionariato popolare, diede di. quel grandioso movimento politico un’interpretazione economica delle più limitate. Nel 1922 si mantenne estranea all’Alleanza del lavoro (v.) e solo quando il fascismo accomunò nella sua opera di repressione tutte le organizzazioni sindacali, di fronte all’impressionante calo nel numero dei propri iscritti (1922: 1.250.000; 1923: 450.000 1924: 414,000; 1925: 180.000) cercò l’allea[...]

[...] nel Ferrarese, dove don Giovanni Minzoni (v.) era stato assassinato dai fascisti. Quando il 9.12.1922, all’indomani della marcia su Roma, si riunì a Milano un Comitato per la « Costituente sindacale italiana » (tra gli altri, vi parteciparono Rinaldo Rigola, Alceste De Ambris, A.O. Olivetti, alcuni sindacalisti della U.I.L.ie dannunziani), come estremo tentativo di realizzare un’unità antifascista su basi sindacali, il 5° Consiglio nazionale della C.I.L. (Torino, 2223. 12.1922) ammise come possibile una « eventuale dignitosa trattativa » con le altre maggiori organizzazioni confederali. In effetti, contro le sopraffazioni fasciste, le violenze a danno dei lavoratori cattolici e la distruzione delle loro or ganizzazioni la C.I.L. fece ben poco, a parte l’invio di un memoriale di protesta, il 12.1.1923, a! presidente del Consiglio Benito Mussolini. Nel giugno 1924, all’epoca dell’assassinio Matteotti, non appoggiò nessuna proposta di sciopero generale antifascista.

L’atteggiamento della C.I.L., del resto, non faceva altro che rispecchiare la politica dell’ala destra del Partito popolare, al quale l’organizzazione sindacale era legata da un patto firmato nel 1921 (il medesimo patto vincolava al P.P. la Confederazione cooperativa italiana, di ispirazione cattolica). Allorché, nel

1922, Io stesso segretario della C.I.L. Giovanni Gronchi (v.) succeduto a G.B. Vaiente, abbandonò la carica sindacale per entrare nel ministero fascista, venne sostituito da Achille Grandi. Questi, insieme a Valente, cercò di difendere l’autonomia dell’organizzazione sottraendosi all’influenza della destra filofascista del Partito popolare, ma intanto l’Azione cattolica (v.) grà cominciava a favorire quell’opera di totale liquidazione dei sindacati che l’avrebbe indotta, dopo il patto di Palazzo Vidoni (v.) e poco prima della legge 3.4.1926 che aboliva il libero sindacalismo, a dichiararsi pronta a un « leale esperimento del nuovo corporativismo legalmente riconosciuto, avviando ad esso le for[...]

[...](v.) grà cominciava a favorire quell’opera di totale liquidazione dei sindacati che l’avrebbe indotta, dopo il patto di Palazzo Vidoni (v.) e poco prima della legge 3.4.1926 che aboliva il libero sindacalismo, a dichiararsi pronta a un « leale esperimento del nuovo corporativismo legalmente riconosciuto, avviando ad esso le forze operaie cattoliche ».

Al convegno di Milano (12.2.1926), presenti per l'Azione cattolica Colombo e Balduzzi, e per la C.I.L. Grandi e G. Noseda, i sindacalisti si batterono inutilmente per tenere in piedi la confederazione e contra, stare ogni illusione dei dirigenti di Azione cattolica riguardo all’apoliticità dei sindacati fascisti. Il successivo Consiglio nazionale della C.I.L., molti funzionari della quale erano ormai già passati ai sindacati fascisti e alle sezioni professionali dell'Azione cattolica, ne deliberò la fine. Un « triumvirato » bianco antifascista, formato da Grandi, Gronchi e G. Rapelli cercò di resistere, riuscendo a sopravvivere ancora per qualche tempo.

Bibliografia: G.D. Rossi, Il primo anno di vita del P.P.I., Roma, 1920; E. Rossi, Il Manganello e l'aspersorio, Milano, 1958.

Confederazione generale dell’industria italiana

Confindustria. Organizzazione sindacale dei datori di lavoro del settore industriale. La C. fu fondata a Milano[...]

[...]ttolica, ne deliberò la fine. Un « triumvirato » bianco antifascista, formato da Grandi, Gronchi e G. Rapelli cercò di resistere, riuscendo a sopravvivere ancora per qualche tempo.

Bibliografia: G.D. Rossi, Il primo anno di vita del P.P.I., Roma, 1920; E. Rossi, Il Manganello e l'aspersorio, Milano, 1958.

Confederazione generale dell’industria italiana

Confindustria. Organizzazione sindacale dei datori di lavoro del settore industriale. La C. fu fondata a Milano il 7.3.1920 principalmente per fronteggiare la crescente influenza del movimento operaio nelle fabbriche. Tra i primi promotori della sua costituzione è da annoverarsi il presidente della FIAT Giovanni Agnelli (v.). L’organizzazione si proponeva, come dice la risoluzione approvata, di attingere « in se stessa, nella convinzione della utilità della sua fùnzione e nella forza della sua organizzazione, il mezzo per una energica azione contro deviazionismi e illusioni... ». Gli obbiettivi fissati si accompagnarono subito con la richiesta al governo di « abbandonare i vecchi metodi, le vecchie debolezze e le vecchie tolleranze, per portare alla di

rezione dello Stato la forza di uomini e metodi nuovi ». Tra i compiti fondamentali della Confindustria fu subito consacrato, quindi, quello di controllare le leve della direzione della cosa pubblica, non più soltanto sul terreno finanziario, bensì nel campo ideologico e programmatico. L’organizzazione si articolò su una federazione nazionale, su federazioni regionali e unioni locali. Ogni ditta associata si impegnò a versare un contributo proporzionale al numero dei lavoratori occupati.

Confindustria e fascismo

L’orientamento della nuova organizzazione si precisò ben presto con le indicazioni date all’« uomo nuovo » prescelto (cioè a Mussolini) di abbandonare ogni equivoco atteggiamento populista e soprattutto di far naufragare i propositi dell'ultimo ministero Giolitti[...]

[...]agare il conto della guerra ai ricchi ». Di fatto Mussolini assunse un atteggiamento a determinare il quale, si scrisse eufemisticamente, « non erano rimaste estranee le suggestioni dell’ambiente industriale e agrario lombardo ».

Il 28.10.1922 i principali industriali furono, a Milano, a fianco di Mussolini: diverse conversazioni ebbero luogo, nei giorni della marcia su Roma, tra lui e gli onorevoli Stefano Benni e Gino Olivetti, esponenti della Confindustria. « I dirigenti dell’Associazione Bancaria — ha scritto Angelo Tasca — avevano versato 20 milioni per finanziare la marcia su Roma, quelli della Confindustria e della Confagricoltura telefonarono a Roma per avvisare Salandra che non c’era altro sbocco che un governo Mussolini ».

La soluzione della crisi politica con l’avvento di Mussolini al potere fu del resto rivendicata come un merito dalla Confederazione degli industriali. In un comunicato diramato attraverso l’agenzia Volta l’1.11. 1922, si può leggere: « La Confederazione generale dell’industria, che pur essendo un’organizzazione economica e sindacale non potrebbe, nei momenti più gravi della vita del paese, non assolvere a funzioni squisitamente politiche, ha preso parte attiva allo sviluppo della crisi nazionale e ha esercitato un’influenza diretta e pressante a favore della soluzione Mussolini ».

Il 9.11.1922 il Giornale d’Italia annunciò che i grandi industriali, dopo aver preso atto « con vivo compiacimento » delle direttive economiche e finanziarie enunciate dal nuovo governo, assicuravano la loro completa collaborazione e chiede



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 12

Brano: [...]e e i Consigli di fabbrica. Le agitazioni culminarono, sebbene già si notassero segni di stanchezza, nello sciopero dei metallurgici per il rinnovo del contratto di lavoro* sciopero che a Torino e a Milano sfociò nell'occupazione delle fabbriche, poi estesa a numerosi altri centri industriali.

La suddetta agitazione (31 agosto15 settembre) terminò con un compromesso abilmente suggerito dal capo del governo Giovanni Giolitti e in base al quale la classe operaia usciva vincitrice formalmente dallo scontro, ma di fatto sconfitta, dato che i lavoratori avevano occupato le fabbriche con la palese intenzione di conquistare ben altro che un favorevole contratto salariale. La stessa iniziativa di lotta per il controllo aziendale ne venne svuotata, in quanto l’accordo si concludeva con la promessa di un progetto di legge sul controllo operaio. Le titubanze e la mancanza di un’effettiva e coerente strategia sindacale da parte della C.G.L. (a direzione riformista) avevano contribuito ad annullare lo sforzo delle masse lavoratrici e a vanificare g[...]

[...]formalmente dallo scontro, ma di fatto sconfitta, dato che i lavoratori avevano occupato le fabbriche con la palese intenzione di conquistare ben altro che un favorevole contratto salariale. La stessa iniziativa di lotta per il controllo aziendale ne venne svuotata, in quanto l’accordo si concludeva con la promessa di un progetto di legge sul controllo operaio. Le titubanze e la mancanza di un’effettiva e coerente strategia sindacale da parte della C.G.L. (a direzione riformista) avevano contribuito ad annullare lo sforzo delle masse lavoratrici e a vanificare gli obiettivi più avanzati delle loro azioni.

Da quel momento il fascismo, profittando della delusione provocata dalla sconfitta del movimento che aveva portato all’occupazione delle fabbriche, avanzò rapidamente. La controffensiva degli industriali e degli agrari, che nel 191920 eran

venuti creandosi le proprie organizzazioni di lotta (Confindustria, Confida), era pronta a entrare in azione.

La crisi economica del 1921

Già nel primo trimestre del 1921 cominciò a registrarsi una graduale diminuzione nel numero, nell’ampiezza e nella compattezza delle agitazioni sindacali. L’ondata di crisi economica mondiale iniziatasi alla metà del 1920, si abbatté sull’Italia verso la fine di quello stesso anno e all’inizio del 1921, rendendo estremamente grave una situazione già pesante per le conseguenze della guerra. Si accrebbero ulteriormente la già inflazionata circolazione fiduciaria (coperta dalla riserva metallica appena per la centesima parte) e l’enorme squilibrio tra importazioni ed esportazioni, risultato dalle necessità di ricostituire i depositi esauriti dal lungo conflitto armato.

Il 31.12.1921 la circolazione monetaria raggiunse il volume, senza precedenti, di 19.208 milioni di lire; i debiti interni salirono a 80 miliardi e quelli verso l’estero a circa 100 miliardi. La crisi colpiva tutte le industrie, ma in modo particolare l'industria siderurgica, la metallurgica, la tessile e, in genere, quelle che si erano più espanse nel corso della guerra.

La disoccupazione in rapido aumento, i 102.566 disoccupati del 31.12. 1920 diventarono 400.000 a luglio e

520.000 a dicembre del 1921. Seguendo la loro tradizionale politica economica, industriali e agrari non

Comizio in una fabbrica torinese durante l’occupazione del settembre 1920

trovarono di meglio, per difendere i propri profitti, che ridurre i salari e imporre orari di lavoro più prolungati. Per spez[...]

[...]imporre orari di lavoro più prolungati. Per spezzare le legittime resistenze dei lavoratori, cominciarono così a scendere in campo le squadracce fasciste, sotto la protezione delle autorità e degli organi di pubblica sicurezza. Le conquiste sindacali realizzate dai lavoratori furono rinnegate dal padronato e, soprattutto nelle zone agrarie, la brutalità fascista spalleggiò i proprietari che si rifiutavano di riconoscere gli accordi sottoscritti. La C.G.L. propose infine di sospendere le agitazioni e di esaminare in una Commissione paritetica le condizioni dell'industria; e se da un lato essa ottenne risultati pratici molto modesti, dall’altra rivelò in tal modo agli industriali la propria debolezza.

Agitazioni sotto il fascismo

Saliti al potere, nell’intento di ricattare il padronato (procurandosi al tempo stesso una copertura presso le masse) tra il 1924 e il 1925 i fascisti stessi si fecero promotori di agitazioni che toccarono alcune punte nell’Italia centrosetterìtrionale (scioperi dei minatori del Valdarno e sciopero generale a[...]

[...]tra il 1924 e il 1925 i fascisti stessi si fecero promotori di agitazioni che toccarono alcune punte nell’Italia centrosetterìtrionale (scioperi dei minatori del Valdarno e sciopero generale a Carrara nell’ottobre 1924; sciopero degli edili a Busto Arsizio nel febbraio 1925), sfociando infine in una lotta dei metallurgici lombardi. Poiché, a un certo momento, le organizzazioni fasciste tentarono di strumentalizzare questa agitazione, imponendone la chiusura dopo aver stipulato con la controparte un accordo di comodo, nel quale si accoglievano alcune delle rivendicazioni avanzate, la Federazione Italiana Caperai Metallurgici (FIOM) ordinò l’ulteriore prosecuzione dell’agitazione, avanzando maggiori richieste, e protrasse la lotta per altri tre giorni, allargandola a Torino e a Trieste.

L’inattesa prova di forza decise il regime a porre fine a ogni residua attività sindacale. Il 2.10.1925 fu stipulato a Roma (Palazzo Vidoni), tra la Confederazione dell’industria e quella delle Corporazioni fasciste, un patto che riservava ai due suddetti organismi l’esclusiva e legittima r[...]

[...]parte un accordo di comodo, nel quale si accoglievano alcune delle rivendicazioni avanzate, la Federazione Italiana Caperai Metallurgici (FIOM) ordinò l’ulteriore prosecuzione dell’agitazione, avanzando maggiori richieste, e protrasse la lotta per altri tre giorni, allargandola a Torino e a Trieste.

L’inattesa prova di forza decise il regime a porre fine a ogni residua attività sindacale. Il 2.10.1925 fu stipulato a Roma (Palazzo Vidoni), tra la Confederazione dell’industria e quella delle Corporazioni fasciste, un patto che riservava ai due suddetti organismi l’esclusiva e legittima rappresentanza, rispettivamente dei datori di lavoro e dei lavoratori. Il 3.4.1926, una legge del ministro Alfredo Rocco istituiva l’organizzazione pubblica del mercato del lavoro e sopprimeva ogni iniziativa delle parti nel regolamento dei rapporti di lavoro: in sostanza, venne decretata la fine del sindacalismo libero (v. Corporativismo fascista).

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 649

Brano: [...]sa, i fasciti avevano subito le maggiori perdite a causa delle armi pesanti che battevano l’edificio. Per coltro essi, praticamente barricati aH’interno in attesa dell'assalto dei partigiani, non avevano potuto colpire efficacemente gli assedianti. Dopo il grave smacco, il Comando della Brigata nera proclamò a Concordia lo stato d’assedio, obbligando la popolazione a non uscire di casa per tre giorni mentre le autoambulanze facevano la spola tra la caserma, l’ospedale e i cimiteri.

I tedeschi bruciarono per rappresaglia sei case in località San Giovanni.

AI momento dell’attacco, erano detenuti nella scuola 9 partigiani e alcuni altri cittadini. I partigiani Gigliorino Fratti e Realino Silvestri furono fucilati il giorno dopo (25 febbraio) davanti al cimitero di

Concordia; Antichiaro Martini e Osvaldo Morselli furono trasferiti a Modena per esservi fucilati il 19 marzo; Maria e Gina Borellini (v.), Edmondo Malagoli, Giancarlo Roversì ed Elmore Cavazza furono invece rilasciati in periodi successivi.

I partigiani e i patrioti di [...]

[...]socialista; fino al luglio 1944 si chiamò Confederazione generale del lavoro [C.G.L.).

Le origini

Sorta nel 1906, quando il movimento operaio italiano organizzato contava ormai decenni di vita (« leghe di mestiere » o « di resistenza » e numerose Camere del lavoro già si erano riunite in un loro congresso nazionale nel 1902, a Milano, e avevano dato vita a una « Segreteria centrale della resistenza » che si può considerare anticipatrice della C.G.L.), ebbe il suo congresso costitutivo a Milano (29.91.10.1906) per iniziativa della Federazione italiana operai metallurgici (FI.O.M.) che l’aveva proposto fin dal febbraio di quell’anno.

La C.G.L. ebbe sede inizialmente a Torino. Nel 1911 fu trasferita a Milano, dove sarebbe rimasta fino al

1927, anno del suo «autoscioglimento ». A dirigerla come segretario generale fu eletto il socialista riformista Rinaldo Rigola (v.), che avrebbe mantenuto ininterrottamente la carica fino all’1.10.1918, quando si dimise per critiche mossegli dal suo partito (avendo egli aderito, in contrasto con la linea ufficiale del P.S.I., a commissioni governative di studio sui problemi del dopoguerra).

A comporre la direzione risultarono in maggioranza i riformisti, e ciò nonostante il prevalente estremismo della base. Tale contraddizione provocò fin dall’inizio un insanabile contrasto aH’interno della C.G.L., minandone la capacità di lotta: già nel congresso costitutivo, sindacalisti rivoluzionari, anarchici e repubblicani respinsero il principio che le deliberazioni della direzione confederale fossero impegnative per le organizzazioni aderenti e

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 651

Brano: Confederazione generale italiana del lavoro

Gruppo di delegati al V Congresso della C.G.L. (Livorno, 1921)

cali, si accentuò la lotta interna nella C.G.L.: mentre la corrente di sinistra (capeggiata dai comunisti, che a Livorno avevano ottenuto quasi

500.000 voti) spingeva la C.G.L. a un’azione energica, unitaria e di massa contro il fascismo, i dirigenti confederati riformisti, nel timore di perdere il controllo del movimento, preferivano dare il proprio benestare al « Patto di pacificazione » (v.) tra socialisti e fascisti (21 agosto 1921). D’altra parte i capi confederali non intendevano compromettersi con una decisa azione di lotta delle masse anche perché speravano (d’accordo con la frazione riformista del Partito socialista) in una collaborazione con il governo durante i ministeri Bonomi e Facta. Dopo che i capi confederali ebbero respinto la richiesta di ades[...]

[...]ferivano dare il proprio benestare al « Patto di pacificazione » (v.) tra socialisti e fascisti (21 agosto 1921). D’altra parte i capi confederali non intendevano compromettersi con una decisa azione di lotta delle masse anche perché speravano (d’accordo con la frazione riformista del Partito socialista) in una collaborazione con il governo durante i ministeri Bonomi e Facta. Dopo che i capi confederali ebbero respinto la richiesta di adesione alla C.G.L. del sindacato ferrovieri sostenuta dai comunisti, per iniziativa dei ferrovieri stessi si giunse alla costituzione dell’Alleanza del Lavoro (v.) fra tutte le organizzazioni sindacali.

Capitolazione e scioglimento

Il 9.11.1922, pochi giorni dopo la marcia su Roma e l’avvento del fascismo al potere, il Consiglio direttivo della C.G.L. respinse una proposta del comitato sindacale comunista di proclamare lo sciopero generale, dando invece mandato a! Comitato esecutivo « di premere sul governo per conoscere entro quali limiti sarà garantita la libertà di movimento alle organizzazioni confederate », e al deputato D’Aragona di presentare — sullo stesso tema — un’interrogazione in Parlamento. Come prima avevano sperato in Bonomi e in Facta, i dirigenti riformisti continuavano a sperare nella benevolenza di Mussolini, piuttosto che nel movimento e nella lotta delle masse lavoratrici.

Alla vigilia delle elezioni politiche [...]

[...]di presentare — sullo stesso tema — un’interrogazione in Parlamento. Come prima avevano sperato in Bonomi e in Facta, i dirigenti riformisti continuavano a sperare nella benevolenza di Mussolini, piuttosto che nel movimento e nella lotta delle masse lavoratrici.

Alla vigilia delle elezioni politiche del 1924, convocate secondo la leggetruffa Acerbo, il direttivo confederale riaffermò la propria « neutralità », dichiarando che « gli iscritti alla C.G.L. potranno votare secondo la loro propria coscienza ». Dopo l’assassinio di Matteotti (v.) approvò i telegrammi inviati alla direzione del Partito socialista e alla vedova, deliberò di « appoggiare la campagna condotta da tutte le correnti dell’opinione pubblica per catturare e colpire i responsabili e i mandanti », ma nello stesso tempo decise « di invitare alla calma le organizzazioni confederate, i dirigenti, la massa lavoratrice, per non compromettere con iniziative particolari inconsulte lo sviluppo degli avvenimenti ». La fase di grave declino della forza e dell’iniziativa della C.G.L. seguita al congresso di Livorno del 1921 era caratterizzata da una vivace lotta interna: ma quanto più l’opposizione comunista e massimalista combatteva l’acquiescenza al fascismo da parte della direzione confederale, tanto più quest’ultima ricorreva a provvedimenti burocratici per mantenersi al potere. La crisi fascista seguita al delitto Matteotti fu così lasciata passare senza che ne venisse tratto alcun profitto.

La più grande organizzazione sindacale italiana giunse al suo VI Congresso (Milano, 1013.12.1924), ultimo prima delle leggi eccezionali fasciste del 1926 che aboliranno ogni libertà sindacale, con un bilancio fallimentare: il numero degli iscritti era sceso al 12 % di quello del 1921.

In apertura dei lavori, i comunisti chiesero la sostituzione di Carlo Azimonti come relatore del 4° punto all’ordine del giorno, dati gli « incontri da lui avuti con i fascisti del settore coopera[...]

[...]ti chiesero la sostituzione di Carlo Azimonti come relatore del 4° punto all’ordine del giorno, dati gli « incontri da lui avuti con i fascisti del settore cooperativistico ». Il segre

tario D’Aragona non negò il fatto, ma sostenne che la questione era di competenza della Lega nazionale delle cooperative e colse l’occasione per esprimere ad Azimonti la sua personale solidarietà.

Comunisti e massimalisti denunciarono diverse irregolarità nella convocazione del congresso: le federazioni non avevano consultato gli iscritti e in qualche caso era mancata perfino la convocazione dei consigli nazionali delle categorie; erano stati esclusi dal congresso tutti coloro che erano entrati nella C.G.L. dopo il delitto Matteotti (spinti alla lotta antifascista appunto da quel l'avvenimento) e. la maggior parte dei delegati erano funzionari, molti in rappresentanza di organismi ormai inesistenti o comunque inefficienti. Le denunce si concludevano con la richiesta di convocare un nuovo congresso, a breve distanza di tempo e seguendo più corretta procedura, ma vennero sbrigativamente respinte da una maggioranza del tutto addomesticata ai capi riformisti.

D’Aragona sostenne nella sua relazione che dopo le scissioni socialiste del 1921 e del 1922 la C.G.L. non avrebbe più potuto intratten[...]

[...] parte dei delegati erano funzionari, molti in rappresentanza di organismi ormai inesistenti o comunque inefficienti. Le denunce si concludevano con la richiesta di convocare un nuovo congresso, a breve distanza di tempo e seguendo più corretta procedura, ma vennero sbrigativamente respinte da una maggioranza del tutto addomesticata ai capi riformisti.

D’Aragona sostenne nella sua relazione che dopo le scissioni socialiste del 1921 e del 1922 la C.G.L. non avrebbe più potuto intrattenere rapporti di alleanza con nessun partito e prospettò tre alternative. La C.G.L. — egli disse — avrebbe potuto farsi rappresentare direttamente in Parlamento attraverso propri candidati, oppure elaborare un programma indipendentemente dall’esistenza di forze politiche disposte a farlo proprio, oppure crearsi gruppi di fiancheggiatori, come faceva la Lega delle cooperative. Lasciando intendere che propendeva per la prima soluzione, il capo riformista chiese al congresso di demandare al nuovo consiglio ogni scelta in questione. Egli riferì anche sugli incontri avuti con Mussolini per una cosiddetta «collaborazione tecnica» col governo e sulla proposta fattagli, ma lasc[...]

[...] di forze politiche disposte a farlo proprio, oppure crearsi gruppi di fiancheggiatori, come faceva la Lega delle cooperative. Lasciando intendere che propendeva per la prima soluzione, il capo riformista chiese al congresso di demandare al nuovo consiglio ogni scelta in questione. Egli riferì anche sugli incontri avuti con Mussolini per una cosiddetta «collaborazione tecnica» col governo e sulla proposta fattagli, ma lasciata cadere, di fondere la C.G.L. con le Corporazioni.

Se già prima del congresso i dirigenti confederali ricorrevano all’invio di commissari per sostituire dirigenti periferici eletti, quando questi non si mostravano abbastanza ligi all’indirizzo collaborazionista del centro, com’era avvenuto a Torino, il congresso accentuò ulteriormente il carattere autoritario dello statuto. In materia di rapporti internazionali, fu definitivamente sepolta la decisione, presa a Livorno, di aderire all'Internazionale dei Sindacati Rossi e fu confermata l’adesione ad Amsterdam (v.).

Nonostante tutto, importanti lotte

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 149

Brano: [...]l movimento socialista nel Mantovano, ivi fondando leghe contadine e le prime cooperative. Diresse i settimanali socialisti Il Lavoratore Comasco, La Nuova Terra e, nel periodo in cui fu organo deLPartito socialista, anche il quotidiano La provincia di Mantova. Fu assessore comunale e consigliere provinciale di Mantova, poi presidente della Provincia. Per oltre 10 anni fu segretario della Federazione socialista mantovana e

— per altri 15 — della Camera del lavoro, nonché membro dell’Esecutivo nazionale della Lega delle cooperative. Eletto deputato per la prima volta nel 1913, fu rieletto nel

1919 e nel 1921.

Di orientamento riformista, seguì Filippo Turati e Claudio Treves (durante la prima guerra mondiale fu per la « collaborazione », e per la « difesa della patria » quando l’Italia fu invasa), uscendo con loro dal P.S.I. nell’ottobre 1922 per dare vita al Partito socialdemocratico (P.S.U.).

Negli anni della dittatura subì numerosi processi per reati di stampa, ebbe l’abitazione distrutta dai fascisti (1921) e fu poi sorvegli[...]

[...]iera del Garda (Verona) il 24. 8.1960; laureato in Legge e in Economia e commercio, dirigente d’industria.

Dal 1921 nel P.S.I., fu nel movimento Non mollare (v.) e nel 1926 prese parte all’organizzazione della fu

ga di Filippo Turati in Corsica. Negli anni del regime fascista svolse attività clandestina nel Centro interno socialista, mantenendo i collegamenti col Centro" socialista in Francia. ,

Arrestato nel 1942 e tornato in libertà alla caduta del fascismo, dopo I'8.9.1943 prese parte alla Guerra di liberazione. Organizzatore delle Brigate Matteotti (v.) di cui divenne ispettore, fu membro del Comitato regionale lombardo del suo partito. Incaricato di alcune missioni all'estero, svolse con passione compiti di collegamento tra la Resistenza italiana e quella francese, guadagnandosi il titolo di Ufficiale della Legion d’onore.

Deputato alla Costituente e nella I Legislatura repubblicana, venne rieletto nel 1953. È stato membro della direzione del P.S.I. dal XXVII Congresso (1948).

Dulles, Alien

N. nel 1893; diplomatico americano. Fratello di John Foster Dulles (segretario di Stato di F.isenhower) studiò nelle università di Princeton e di Brown. Nel 1916 entrò nel servizio diplomatico e vi rimase fino al 1926. Ricoprì successivamente vari incarichi di secondaria importanza finché, nel 1942, fu nominato direttore della centrale europea delVOffice of Strategie Service (O.S. S.) con sede a Berna, onde curare i servizi d’informaz[...]

[...]blicana, venne rieletto nel 1953. È stato membro della direzione del P.S.I. dal XXVII Congresso (1948).

Dulles, Alien

N. nel 1893; diplomatico americano. Fratello di John Foster Dulles (segretario di Stato di F.isenhower) studiò nelle università di Princeton e di Brown. Nel 1916 entrò nel servizio diplomatico e vi rimase fino al 1926. Ricoprì successivamente vari incarichi di secondaria importanza finché, nel 1942, fu nominato direttore della centrale europea delVOffice of Strategie Service (O.S. S.) con sede a Berna, onde curare i servizi d’informazione contro l'Italia fascista e la Germania hitleriana.

Rapporti con la Resistenza italiana

Da Berna, Alien Dulles dopo l’8.9.

1943 tenne i rapporti con il C.L.N. dell’Alta Italia e con il movimento partigiano italiano, operando (di concerto, almeno in una certa misura, con l’analoga centrale svizzera dello Special Operation Executive britannico diretto da J. McCaffery) per ostacolare la formazione di un vero e proprio esercito di volontari impegnati nella guerra contro i tedesc[...]

[...]della Wehrmacht con la Repubblica di Salò, per avviare trattative segrete di resa delle forze armate naziste dislocate nella pianura padana.

Egli ebbe inoltre una parte di primo piano nell'imporre al Corpo volontari della Libertà il comando del generale Raffaele Cadorna (v.) e nel tentativo di limitare al massimo l’autonomia strategica del movimento di Resistenza soprattutto durante le fasi conclusive della Guerra di liberazione.

A capo della C.I.A.

Nel dopoguerra fu nominato vicedirettore della Central Intelligence Agency (C.I.A.), organizzazione del servizio segreto statunitense; e il 10.2.1953, divenuto presidente degli U.S.A. Eisenhower, gliene fu affidata la direzione.

Fedele esecutore degli orientamenti di politica estera del fratello (teorico della « missione » anticomunista degli U.S.A. nel mondo nel periodo più teso della guerra fredda), in breve tempo Alien Dulles trasformò la C.I.A. in uno strumento dei gruppi imperialistici americani più aggressivi.

La C.I.A. si diede una struttura autonoma ed ebbe a disposizione mezzi di tale portata, da costituire quasi uno « Stato nello Stato ». Essa ha ramificato in ogni paese i propri agenti, svolgendo un'attività apertamente reazionaria, talvolta scavalcando perfino direttive e decisioni del governo americano per intervenire con iniziative proprie dovunque a suo avviso risulti necessario difendere gli interessi dell’imperialismo americano. Ha reclutato decine di migliaia di agenti, si serve di avventurieri di ogni specie e ha scatenato, sull'intero scac

L’ex direttore della C.I.A. Alien W. Dulles ^du[...]

[...] Stato ». Essa ha ramificato in ogni paese i propri agenti, svolgendo un'attività apertamente reazionaria, talvolta scavalcando perfino direttive e decisioni del governo americano per intervenire con iniziative proprie dovunque a suo avviso risulti necessario difendere gli interessi dell’imperialismo americano. Ha reclutato decine di migliaia di agenti, si serve di avventurieri di ogni specie e ha scatenato, sull'intero scac

L’ex direttore della C.I.A. Alien W. Dulles ^durante uno dei suoi ultimi viaggi in Italia (1964)

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 840

Brano: [...] i governi regionali in Sicilia e in Sardegna, nonché le giunte comunali di alcune grandi città dell’Italia centromeridionale, compresa Roma.

Nelle elezioni del 28.4.1963 i missini riguadagnarono parte delle posizioni perdute nel 1958 e risalirono a 1.570.000 voti, ma 5 anni dopo, alle elezioni del 19.5.1968, le ultime affrontate dal partito sotto la direzione di Michelini, il M.S.I. subì una nuova flessione, scendendo a

1.415.000 voti per la Camera e

1.340.000 per il Senato. I neofascisti poterono comunque aggiudicarsi 24 deputati e 2 senatori.

Da quel momento la linea moderata andò perdendo sempre più terreno aH'interno del M.S.I. e nel luglio

1969, quando Michelini morì, Giorgio Almirante potè ereditare incontrastato la segreteria. Seguendo la sua antica vocazione squadristica ma al tempo stesso facendo proprie alcune delle posizioni « pantofolaie » che tanto aveva criticato in Michelini, Almirante impresse al neofascismo italiano una direzione del tutto nuova.

Gestione Aimirante

Nel clima burrascoso instauratosi n[...]

[...]in provincia di Roma passò dal 9,3% del 1966 al 15,6%. In quella tornata elettorale parziale, il M.S.I. riuscì a piazzarsi al terzo posto dopo la Democrazia Cristiana e il P.C.I., raggiungendo addirittura il primo posto a Catania dove, nel giro di un solo anno, vide triplicare i propri voti.

Nelle elezioni politiche del maggio 1972 i missini, presentatisi insieme ai monarchici, progredirono ulteriormente, ottenendo quasi 3 milioni di voti per la Camera e

2.764.000 per il Senato (56 deputati e 23 senatori). Questo risultato permetteva al M.S.I. di esercitare un notevole condizionamento sulla Democrazia Cristiana, tanto che il voto missino fu determinante nel gennaio 1972 per portare alla presidenza della Repubblica Giovanni Leone (v.). Sempre nel 1972 il governo Andreotti potè sorgere e prendere una serie di iniziative

antipopolari solo grazie all’appoggio assicuratogli dai neofascisti.

Le organizzazioni ufficiali

Alla fine del 1972 Almirante si vantava di avere 400.000 iscritti, ma in occasione del congresso del gennaio del[...]

[...]olta da un centinaio tra riviste e bollettini di provincia, nei quali l’esaltazione del fascismo, del razzismo e della violenza fisica viene fatta con il linguaggio più esplicito.

Intorno al M.S.I.Destra Nazionale, direttamente gestite, guidate e finanziate dal partito, agiscono numerose altre organizzazioni, da quelle sindacali alle paramilitari, alcune ufficiali, altre semiclandestine e altre ancora del tutto illegali.

Dal M.S.I. dipende la Confederazione italiana sindacati nazionali dei lavoratori (C.I.S.Na.L.), particolarmente sviluppata nel Mezzogiorno e in taluni settori della burocrazia statale. A questa organizzazione, che oltre a essere un sindacato scissionista funziona da « ufficio di collocamento » per i padroni più reazionari, reclutando al Sud mano d’opera politicamente selezionata per le fabbriche del Nord, il Ministero dèi lavoro attribuiva poco meno di un milione di aderenti. La C.I.S.Na.L. viene usata nelle fabbriche soprattutto per l’organizzazione del crumiraggio e per azioni provocatorie nei confronti dei sindac[...]

[...]zione italiana sindacati nazionali dei lavoratori (C.I.S.Na.L.), particolarmente sviluppata nel Mezzogiorno e in taluni settori della burocrazia statale. A questa organizzazione, che oltre a essere un sindacato scissionista funziona da « ufficio di collocamento » per i padroni più reazionari, reclutando al Sud mano d’opera politicamente selezionata per le fabbriche del Nord, il Ministero dèi lavoro attribuiva poco meno di un milione di aderenti. La C.I.S.Na.L. viene usata nelle fabbriche soprattutto per l’organizzazione del crumiraggio e per azioni provocatorie nei confronti dei sindacati democratici.

Dipendono dal M.S.I. anche i cosiddetti Comitati Tricolore, costituiti in tutti quei paesi esteri che ospitano una consistente immigrazione italiana. Compito di tali Comitati è di dare un orientamento neofascista e ultranazionalistico ai gruppi di emigrati che riescono a raggiungere.

Tra le altre più importanti organizzazioni missine è da ricordare il

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 412

Brano: [...]ficare e organizzare le Società di mutuo soccorso, e di federare le cooperative di lavoro della provincia, il risultato dell’iniziativa nei confronti delle Società di mutuo soccorso fu tuttavia insoddisfacente (solo agli inizi del nuovo secolo si avrà una effettiva collaborazione), mentre nel settore cooperativistico si ottennero maggiori risultati per l'interesse rivolto da Cabrini a questa attività e per la nuova forma organizzativa assunta dalla C.d.L. parmense dopo le leggi eccezionali crispine, secondo cui le sezioni di categoria dovevano essere composte solo da soci di cooperative.

Il movimento cooperativo parmense, pur non potendo commisurarsi con l’espansione di quello della limitrofa Reggio Emilia, ebbe nella Bassa un discreto sviluppo grazie alla particolare configurazione della zona, nonché alle capacità organizzative di Italo Salsi e Giovanni Faraboli. A Parma città il movimento cooperativo fu invece più modesto e, fino al 1911, addirittura quasi inesistente.

In seguito all’agitazione del 1898 per il ribasso del prezzo d[...]

[...]ché alle capacità organizzative di Italo Salsi e Giovanni Faraboli. A Parma città il movimento cooperativo fu invece più modesto e, fino al 1911, addirittura quasi inesistente.

In seguito all’agitazione del 1898 per il ribasso del prezzo del pane, che diede origine a barricate nell'Oltretorrente e a movimenti negli altri centri della provincia, le C.d.L. di Parma e di Borgo San Donnino (fondata nel 1897) furono sciolte dall’autorità militare. La C.d.L. di Parma venne ricostituita nel 1900

per iniziativa della Sezione socialista che, nello stesso anno, fondò anche il settimanale L’Idea.

Riformismo e anarcosindacaJismo

L’organizzazione politica socialista, consistente soprattutto nel circondario di Borgo San Donnino e in misura inferiore a Parma città, rifletteva le differenze nell’organizzazione del lavoro e sociali delle rispettive zone. Al proletariato agricolo omogeneo del circondario di Borgo San Donnino che si aggregava intorno alle leghe, alle cooperative (di produzione, lavoro e consumo), ai Comuni rossi, e inviava al Pa[...]

[...]lavoro e consumo), ai Comuni rossi, e inviava al Parlamento un proprio deputato (Berenini), corrispondeva in città il proletariato e sottoproletariato dei borghi, disperso in diversi e spesso precari mestieri, poco incline a forme organizzative stabili, dalle tradizioni ribellistiche. Questa disomogeneità si rifletteva nel campo sindacale: alla riformistica Camera del lavoro di Borgo San Donnino si contrapponeva il sindacalismo rivoluzionario della Camera del lavoro di Parma (v. Anarchici).

I contrasti tra le due C.d.L., riguardanti forme organizzative e metodi di lotta, si acuirono dopo il 1906, quando la C.d.L. di Parma (dominata dagli anarcosindacalisti) non volle entrare nella appena costituita Confederazione generale del lavoro guidata dai socialisti riformisti, e soprattutto a partire dal 1907, quando Alceste De Ambris

(v.), divenuto in quell’anno segretario della C.d.L. di Parma, dopo aver promosso una serie di scio* peri vittoriosi (da quello delle bustaie allo sciopero agrario), organizzò in polemica con la C.G.d.L. un convegno nazionale nel quale venne eletto un comitato di resistenza, cui aderivano le organizzazioni contrarie alla linea della Confederazione, con lo scopo di sconfiggere l’influenza riformista sul movimento operaio. In quella stessa sede venne decisa la fondazione del giornale del movimento sindacalista (l’Internazionale, 19071923) che, dopo una breve vita a Bologna, divenne l’organo della C.d.L. di Parma. Da allora, la C.d.L. di Parma e quella di Borgo San Donnino non solo rappresentarono due zone distinte, ma espressero due linee opposte, a tal punto che lavoratori della Bassa si iscrivevano a Parma, mentre lavoratori di Parma preferivano iscriversi a Borgo San Donnino. Nel 1917 la C.d.L. di Borgo San Donnino aprì una propria sede in città, in Borgo Tommasini, mentre la C.d.L. di Parma aveva la sua nell’Oltretorrente, in Borgo delle Grazie.

Lo sciopero generale agricolo del 1908 fece di Parma il simbolo nazionale del sindacalismo rivoluzionario. Proclamato per la mancata applicazione dei patti del 1907 e per l’atteggiamento intransigente degli agrari, che dopo gli scioperi del 1907 si erano dati una struttura più solida, lo sciopero del 1908 continuò per due mesi, fu di estrema durezza e coinvolse anche la città. Oltre a organizzare treni di crumiri, gli agrari formarono vere squadre armate, mentre la forza pubblica attaccava gli scioperanti. Lo sciopero si concluse, dopo scontri in città, con l’occupazione della C.d.L. di Parma da parte della forza pubblica, per cui Alceste De Ambris dovette rifugiarsi all’estero.

Il fallimento dello sciopero, dovuto anche alla frattura tra riformisti e sindacalisti rivoluzionari (la C.d.L. di Borgo San Donnino non vi aveva partecipato), fu seguito da una dura reazione padronale e da una stasi del movimento sindacale, soprattutto della corrente riformista. Nonostante questa sconfitta, il sindacalismo rivoluzionario riprese immediatamente vigore e anzi si rafforzò: nel 1911 si conclusero favorevolmente le lotte di diverse categorie operaie urbane (mentre, nelle campagne, l’introduzione da parte padronale dei rapporti di com

*

Crumiri protetti dalla cavalleria lavorano alla mietitura durante lo sciopero dei braccianti di Torrile San Polo (Parma) nel giugno 1908

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 650

Brano: [...]otto il comando dei generali De Gaulle e Giraud. Nel 1944 fu designato ministro per la Francia d’OItremare, nel governo provvisorio della Repubblica francese, avente sede ad Algeri; e infine nel governo di « unità nazionale », sempre presieduto da De Gaulle, insediatosi nella Parigi liberata a partire dal settembre 1944.

Quale esperto di problemi coloniali, nel febbraio 1944 Pleven era stato incaricato dal C.F.L.N. di organizzare e presiedere la commissione di lavoro nota come Conferenza di Brazzaville (dal nome della capitale congolese che l’ospitava), che doveva gettare le basi della collaborazione tra i territori d’Oltremare e il movimento di liberazione in Francia, prefigurando il futuro assetto amministrativo delle colonie dopo la guerra, in una prospettiva neocolonialista.

Di posizione moderata, fortemente influenzato dall'esperienza gollista della guerra, nel giugno del 1945 fu tra i fondatori della U.D.S.R. (Unione democratica e socialista della Resistenza), composta da gollisti e socialisti indipendenti, tra i quali Francois Mitterrand (v.), e si adoperò per la negoziazione di un'alleanza elettorale con i socialisti della S.F.I.O.. Nel periodo della ricostruzione [...]

[...]bblica, retto da Pflimlin (maggio 1958). Presiedette inoltre due gabinetti: il primo dal luglio 1950 al marzo 1951, il secondo dall'agosto 1951 al gennaio 1952.

Della sua attività di governo vanno ricordati l’impegno sulla legge di ricostruzione economica e industriale, varata nel luglio 1950; ma soprattutto, nel quadro deH’opzione occidentalistica e filoamericana della Francia negli anni della guerra fredda, la proposta dell’ottobre 1950 per la costituzione della Comunità europea di difesa (C.E.D.), nota appunto come Piano Pleven. La C.E.D. avrebbe dovuto impedire la ricostituzione di un esercito autonomo della Germania occidentale, ma di fatto aprì invece la via al riarmo tedesco e, dopo il fallimento della C.E.D., all’inserimento della R.F.T. nell'alleanza atlantica.

P.Do.

Pljevlja

Cittadina del Montenegro, sulla sponda destra del fiume Cetina, occupata dalle truppe italiane nell’aprile del 1941.

Alla fine di novembre dello stesso anno, nei dintorni di Pljevlja si formò il I Distaccamento partigiano montenegrino, forte di 3.900 combattenti strutturati su 9 battaglioni. L’1.12.1941 questa formazione attaccò la città, che era presidiata da

2.000 soldati della Divisione « Pusteria » al comando del generale Giovanni Esposito. In due giorni di combattimenti, i partigiani occuparono gran parte dell’abitato, ma ne furono poi cacciati dall’intenso fuoco delle artiglierie. Nei durissimi scontri, i montenegrini ebbero circa 500 caduti tra morti e feriti, gli italiani 74 morti e 170 feriti. Altri 8 italiani disertarono per unirsi ai partigiani.

Nel settembre 1943 l’intera guarnigione italiana di Pljevlja si unì ai partigiani per continuare la lotta contro i tedeschi. In ottobre, confluirono a Pljevlja an[...]


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Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine La C, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---fascismo <---fascista <---fascisti <---socialista <---socialisti <---C.G.L. <---La C G <---italiana <---riformista <---comunisti <---fasciste <---sindacalisti <---italiano <---riformisti <---antifascista <---collaborazionista <---comunista <---italiani <---sindacalismo <---La C E <---La C I <---P.C. <---P.C.I. <---P.S.I. <---San Giovanni del Dosso <---A.E.F. <---A.O. <---Agraria <---Alceste De Ambris <---Alien Dulles <---Alien W <---Alien W Dulles <---Angiolo Cabrimi <---Bibliografia <---Borgo San Don <---Borgo San Donnino <---Borgofranco sul Po <---C.E.D. <---C.E.D.A. <---C.F.L.N. <---C.G.I.L. <---C.I.A. <---C.I.L. <---C.L.N. <---C.N.F. <---C.N.T. <---Carbonara di Po <---Carta del lavoro <---Celestino Ronconi <---Centro interno <---Charles De Gaul <---Chimica <---Chimica farmaceutica <---Comando Piazza Modena <---Comedia di Madrid <---Comuni rossi <---Conferenza di Brazzaville <---Consiglio Benito Mussolini <---Dal M <---Dal M S <---Difesa Randolfo Pac <---Diritto <---Edmondo Malagoli <---F.S.I. <---FIAT <---FIOM <---Farmaceutica <---Federazione Italiana Caperai Metallurgici <---Filippo Turati in Corsica <---Fisica <---G.A.P. <---G.B. <---G.D. <---G.U.F. <---Giovanni Minzoni <---Giuseppe Di Vittorio <---Guido De Ruggiero <---Il Borghese <---Il Lavoratore <---Il Lavoratore Comasco <---Il Manganello <---Il P <---Il P C <---Il P C E <---Il Secolo <---Il popolo <---Illustrazione Italiana <---Italo Salsi <---J.O.N.S. <---John Foster Dulles <---José Antonio Primo de Rivera <---La F <---La F S <---La Nuova Terra <---La rivolta <---Lauro De Bosis <---Lucetti I <---M.S.I. <---Mario Brandani Mammucari <---Michele Schirru <---Modena Pianura <---Non mollare <---Nuova Terra <---O.S. <---P.C.E. <---P.C.O.E. <---P.D.I.U.M. <---P.O.I. <---P.P. <---P.P.I. <---P.S.O.E. <---P.S.U. <---Partito comunista <---Patto Atlantico <---Pietro Grifone <---Pieve di Co <---Pieve di Coriano <---Pilo Al <---Ponte Pioppa <---Pratica <---Presidenza del Consiglio <---Primo Maggio <---Quirino Visconti <---R.F.T. <---Repubblica Giovanni Leone <---Repubblica di Salò <---Repubblica federale <---Repubblica socialista <---S.A.P. <---S.S. <---San Benedetto Po <---San Giorgio <---Santa Caterina <---Scienze <---Spartaco Stagnetti <---Special Operation Executive <---Stato nello Stato <---Strategie Service <---Torrile San Polo <---U.D.S.R. <---U.S.A. <---Walter Audisio <---anarcosindacalisti <---anticomunista <---antifascismo <---antifascisti <---antimarxista <---artigiani <---autoritarismo <---brigatisti <---capitalismo <---catalanisti <---cattolicesimo <---classista <---classiste <---corporativismo <---dannunziani <---dell'Azione <---democristiani <---deviazionismi <---elettricisti <---estremismo <---estremiste <---franchista <---gappisti <---gollista <---gollisti <---hitleriana <---ideologico <---imperialismo <---italiane <---liberalismo <---lista <---massimalista <---massimalisti <---nazista <---naziste <---nell'Italia <---nell'Oltrepò <---neocolonialista <---neofascismo <---neofascista <---neofascisti <---populista <---razzismo <---regionalista <---riano <---scissionista <---sindacalista <---socialfascisti <---socialismo <---socialiste <---squadrista <---trigesimo <---trionfalisti