Brano: [...]La repressione belga si abbatté implacabile. Tutti i dirigenti nazionalisti congolesi, anche i più moderati, vennero arrestati o inviati in esilio. Lumumba fu dappertutto, animatore del movimento della Resistenza, organizzatore di riunioni, manifestazioni, comizi, agitazioni di solidarietà con gli arrestati e di lotta contro i programmi « riformatori » dei belgi. E fu presente anche con una linea politica precisa: l’indipendenza va data subito e il Congo indipendente deve superare ogni divisione tribale per costituire uno Stato unito e indivisibile. Il 31.10.1959 anche Lumumba venne infine arrestato.
Nel frattempo i belgi, vista l’impossibilità di fermare le agitazioni (nonostante avessero instaurato la legge marziale), decisero di convocare a Bruxelles un incontro di leader nazionalisti per tentare un accordo. Poiché Lumumba non era stato invitato, gli altri leader si rifiutarono di partecipare alla « tavola rotonda»; e così il 26 gennaio, ancora ammanettato, Lumumba fu trasportato dai colonialisti stessi a Bruxelles.
In quell’incontro[...]
[...]udevano di dare al Congo un’indipendenza addomesticata e formale, ma Lumumba li disilluse rapidamente. Pronunciando uno dei più bei discorsi della sua breve ma intensa vita politica, egli denunciò la crudeltà del lungo regime coloniale e pose con forza il problema di una indipendenza effettiva, senza più interferenze coloniali dirette o indirette.
La sfida apparve ai colonialisti troppo arrogante e, il 7 luglio, i paracadutisti belgi invasero il Congo, scatenando quello che venne poi chiamato « il dramma congolese ». Lumumba condusse una battaglia generosa e disperata. Con i belgi in casa, e poi con le truppe dell’O.N.U. alleate dei colonialisti; con i gruppi tribali in rivolta e con un movimento politico ancora giovane e inesperto, egli fronteggiò le grandi potenze (U.S.A., Inghilterra, Francia, Belgio) con una chiara visione dellavvenire del suo paese e del suo destino personale.
« Il Congo mi ha fatto, io faccio e continuo il Congo », egli soleva ripetere; e aggiungeva: « Dal popolo ho ricavato tutto quello che penso. Ho sofferto la fame, ho vissuto nella miseria, sono stato testimone e partecipe del dolore della mia gente ».
Sapeva che l'indipendenza doveva significare la fine di tutto questo, della fame, della miseria e dello sfruttamento e che l’unica via era quella della indipendenza totale. « Il colonialismo — disse il 25.8.1960 — non ha potuto continuare nel Congo la sua politica di mistificazione. Di conseguenza la lotta del Congo non è più soltanto la lotta del movimento nazionalista congolese contro gli impe[...]