Brano: Porto Marghera
ebbero fra il 1940 e il 1942, per esempio nel locale stabilimento delVHva (v.)F dove un manifesto del 1941 che paragonava l’assalto nazista airU.R.S.S. alla repressione fascista contro la classe operaia italiana ebbe larga diffusione. Seguirono 7 arresti e l’operaio Umberto De Bei fu condannato a 8 anni di reclusione.
Anche in altre aziende furono prese iniziative di propaganda antifascista clandestina, orale e scritta, la cui efficacia si dimostrerà poi nelle agitazioni e negli scioperi del marzo
1943, specie nelle fabbriche della Vetrocoke, della Breda, degli Azotati e dell’I.R.O.M., dove maggiore era la presenza di operai qualificati e politicamente preparati. Questi scioperi venivano indubbiamente dalla scia di quelli attuati con successo in Lombardia e in Piemonte, ma tuttavia non mancarono di una certa autonoma spontaneità, come sembra dimostrato dal fatto che scoppiarono il 14 marzo, mentre gli organizzatori nazionali ne avevano previsto l’estensione al Veneto solo nella seconda m[...]
[...]maggiore era la presenza di operai qualificati e politicamente preparati. Questi scioperi venivano indubbiamente dalla scia di quelli attuati con successo in Lombardia e in Piemonte, ma tuttavia non mancarono di una certa autonoma spontaneità, come sembra dimostrato dal fatto che scoppiarono il 14 marzo, mentre gli organizzatori nazionali ne avevano previsto l’estensione al Veneto solo nella seconda metà del mese. Questa « colleganza senza subordinazione » si sarebbe manifestata anche nelle agitazioni successive, insieme con altre caratteristiche che vale la pena di notare fin d’ora: rivendicazioni economiche reali, ma intese anche a coprire scopi politici; contrasto senza pos^ sibilità d’intesa con le organizzazioni fasciste; mediazione delle autorità tedesche, alle quali premeva evitare ogni interruzione del lavoro assai più che assecondare il regime fascista.
Il solo aspetto che poi si modificò fu l’opposizione delle direzioni aziendali centrali alle rivendicazioni economiche dei lavoratori, opposizione che in quest’occasione cadde[...]
[...]ti, subito dopo l’8 settembre si ebbero agitazioni e scioperi senza collegamenti esterni e senza molta risonanza, ma che molti dei partecipanti ricordano bene: lotte
in certi casi coperte da motivazioni tecniche (come l’arretratezza delle fabbriche), ma in altri con carattere esplicito di protesta politica contro la fuga del re e del governo.
Queste agitazioni furono accompagnate da iniziative tese a salvare dalla deportazione soldati e marinai rastrellati dai tedeschi nelle località fra Porto Marghera e la stazione di Mestre, vicino alle linee ferroviarie e stradali che più direttamente portavano al Nord. In alcune fabbriche, in particolare all 'Industria nazionale alluminio (I.N.A.), che si trovavano vicinissime ai centri di raccolta e smistamento, i militari vennero fatti entrare negli stabilimenti, dai quali uscivano poi vestiti da operai e provvisti di viveri, o venivano nascosti in vagoni ferroviari dai quali era poi più facile eclissarsi durante le soste del viaggio verso la Germania, o i carri venivano nascostamente spiombati per dare ai prigionieri viveri e attrezzi utili allo stesso intento. Se in molte altre località italiane si registrò qualcosa del genere, qui centinaia di marinai e soldati furono salvati grazie a un’azione improvvisamente organizzata, mossa [...]
[...]e smistamento, i militari vennero fatti entrare negli stabilimenti, dai quali uscivano poi vestiti da operai e provvisti di viveri, o venivano nascosti in vagoni ferroviari dai quali era poi più facile eclissarsi durante le soste del viaggio verso la Germania, o i carri venivano nascostamente spiombati per dare ai prigionieri viveri e attrezzi utili allo stesso intento. Se in molte altre località italiane si registrò qualcosa del genere, qui centinaia di marinai e soldati furono salvati grazie a un’azione improvvisamente organizzata, mossa da solidarietà umana e patriottica, un'esperienza che per Marghera fu un vero e proprio avvio della lotta di liberazione.
La lotta all I.N.A.
Le varie fasi di questa lotta, dal settembre 1943 all’aprile 1945, possono essere ricostruite seguendo un filo conduttore di un lucido resoconto delle vicende dell'IjN.A., steso subito dopo la Liberazione da un tecnico dell’azienda, Umberto Sannicole). Per Marghera è l’unico documento del genere e, quantunque limitato a una sola azienda, rispecchia aspetti assunti dalla Resistenza in tutto il complesso.
L’I.N.A. aveva una produzione di particolare interesse bellico: sorta negli anni Trenta, aveva maestranze giovani, quindi politicamente meno preparate. L’avvio all’azione fu dovuto a un piccolo gruppo di tecnici e dirigenti che aderivano ai tre partiti di sinistra, e a operai comunisti ex confinati.
Un documento rinvenuto dopo la liberazione presso il Commissariato di P.S. di Marghera richiamava appunto l’attenzione su quei tecnici e dirigenti dell’I.N.A. e su un folto gruppo di operai della Montecatini, che era invece una delle fabbriche di più lontana istituzione.
La Resistenza a Marghera si estrinsecò fondamentalmente: in agitazioni e scioperi fin al marzo 1944; nel
sabotaggio della produzione e nella sottrazione di attrezzi e materiali di maggior pregio per metterli al sicuro, dall'inverno 1944 in poi; nella preparazione insurrezionale e della difesa armata delle fabbriche nei primi mesi del 1945.
Il fascismo repubblicano cercò di accattivarsi l’adesione degli operai proponendo la costituzione di commissioni di fabbrica, protestan[...]
[...]ore, giornale comunista clandestino del Veneto nel numero del 15.11.1943 riferisce che fischi e proteste accolsero i propagandisti repubblichini alla Vetrocoke, all'Azotati e in altre fabbriche.
Nella prima metà del dicembre 1943 si ebbero numerosi scioperi che facevano seguito a quelli avvenuti a fine novembre a Torino e a Milano, con carattere economico e politico insieme: il 4 dicembre alla Azotati, il 7 airi Iva, il 9 alla Breda, l’11 all I.N.A. e poi ancora alla S.A.V.A. e altrove. Alle rivendicazioni generali, in alcune fabbriche si aggiunsero le proteste contro i tentativi di fermare gli operai all'uscita per indurli a trasferirsi in Germania e richieste di carattere particolare.
I fascisti risposero arrestando all’Azotati alcuni operai, il che provocò un prolungamento dello sciopero fino al gorno 6 per ottenere la liberazione degli arrestati.
All’l.N.A., il nuovo federale fascista (Pio Leoni) ricorrendo a pesanti intimidazioni pretese che i dirigenti facessero i nomi dei promotori dello sciopero, al che il condirettore Pier[...]
[...]uni operai, il che provocò un prolungamento dello sciopero fino al gorno 6 per ottenere la liberazione degli arrestati.
All’l.N.A., il nuovo federale fascista (Pio Leoni) ricorrendo a pesanti intimidazioni pretese che i dirigenti facessero i nomi dei promotori dello sciopero, al che il condirettore Piero Lecis rispose dicendo che i nomi li sapeva benissimo o credeva di saperli e sfidò il fascista a prendere, se ne avesse avuto il coraggio, i minacciati provvedimenti sotto la sua diretta responsabilità: una risposta che smontò il federale repubblichino.
La riuscita dello sciopero incoraggiò la discussione ed estese la propaganda politica nelle fabbriche, favorendo il sabotaggio della produzione; inoltre suggerì di dar vita a « comitati di fabbrica » che regolassero la propaganda, fino a quel momento lasciata praticamente ai partiti, e organizzassero il sabotaggio. Tali comitati furono costituiti
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