Brano: [...]persuaso deM’imminente grave pericolo, gli ripugnava l’idea di dover « scappare ».

All’alba del 13.2.1944 la sede delComando a Megolo (v.) venne improvvisamente attaccata da soverchienti forze fasciste e tedesche,

guidate da quello stesso Simon col quale aveva avuto luogo il colloquio. Nel corso del combattimento seguitone, Beltrami cadde. Insieme a lui caddero, a uno a uno, i suoi dodici compagni, tra cui Gianni Citterio, Antonio Di Dio e Gaspare Paletta che, a fianco del comandante, spararono fino alla fine.

Giuliana Gadola Beltrami, anch’essa coraggiosa patriota, ha lasciato, in un libro scritto con semplicità e amore, il racconto fedele delle traversie superate e delle lotte condotte accanto al marito nei primi giorni della Guerra di liberazione. Su La Stampa del 29.12.1943 il giornalista repubblichino Concetto Pettinato, in un articolo intitolato « I cavalieri della macchia » (che suscitò viva impressione nell’Italia occupata essendo la prima, importante ammissione pubblica dell'impotenza dei fascisti di fronte al movimento partigiano)[...]

Brano: [...]on le mani in mano e di aprire, all’uopo, tre centri di reclutamento. Fu inoltre deciso di mandare, senza perder tempo, una diecina di noi all'uscita degli operai del mezzogiorno, a parlare davanti alle fabbriche. [...] ,

M'era toccato il settore di S. Agabio, il più fortemente industriale di Novara. M'era compagno il più giovane dei due comunisti, un ragazzo di diciott'anni appena, biondo, esile, dalla dolce espressione femminea. Si chiamava Gaspare Paletta. Era parente di Giancarlo? Sì, era fratello. Morì pochi mesi più tardi, a Mecjolo, a lato e insieme con Filippo Beltrami (v.), il 13 febbraio [...]. Non so come, ci procurammo un tavolino e ci mettemmo aavanti alla Montecatini; la giornata era buona, soleggiata; piccole nubi bianche vagavano neghittosamente nel cielo. Quando gli operai, chi In bicicletta, chi a piedi, incominciarono a uscire come la prima acqua di una chiusa che stia per cedere, salimmo in piedi sul tavolino. Gli operai ci guardavano: qualcuno si fermava, un po’ più lontano.

I quarantacinque giorni badogliani erano stati, [...]

Brano: [...]ta per il cottimo nel reparto elettrodi derurgi co; alla Metallurgica Ossolana, alla Elettrochimica del Toce, alla Ceretti di Villadossola e in alcune altre fabbriche novaresi.

Il 26 luglio, issata sulla Cupola antonelliana di Novara la bandiera tricolore, si attuarono fermate nelle fabbriche. Un comizio venne disperso dalla truppa in Piazza Cavour, mentre un altro aveva luogo davanti alla fonderia Dell’Erra, improvvisato da Giuseppe Giarda e Gaspare Paletta, intanto il socialista Camillo Pasquali parlava da casa Garelli, cento metri più in là. A Omegna la folla invase la casa del fascio e la sede dei sindacati e, più tardi, la popolazione impose alla forza pubblica il rilascio degli arrestati per quegli episodi.

A Villadossola, durante la dimostrazione operaia, venne fatta baciare la vecchia bandiera della Società Operaia che i vecchi compagni

avevano conservato a turno durante gli anni della clandestinità; inoltre fu subito ricostituita la C.d.L., con segretari Giuseppe Reai ini (P.C.I.), Plinio P ir azzi Maffiola (socialista) e Vidal (D.[...]