→ modalità contenuto
modalità contesto
Modalità in atto filtro S.M.O.G+: CORPUS OGGETTO
ANTEPRIMA MULTIMEDIALI
ALBERO INVENTARIALE

INVENTARICATALOGHIMULTIMEDIALIANALITICITHESAURIMULTI
guida generale
CERCA

Il segmento testuale G.U. è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 8Entità Multimediali , di cui in selezione 4 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Entità Multimediali)


da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 340

Brano: Ovra

bilità di queste spese in appositi registri, nei quali i delatori figuravano sotto pseudonimi e le somme loro versate venivano registrate con motivazioni mascherate.

La provenienza sociale degli informatori era la più varia e, non di rado, finirono nelle file dell’Ovra antifascisti che, per sfuggire arresti e altre persecuzioni, avevano inizialmente barattato la propria salvezza con la delazione.

Scriverà il magistrato Antonino Repaci (« Movimento di Liberazione in Italia », gennaio 1956): « Che questi confidenti e agenti provocatori siano stati molti lo sa chiunque abbia avuto la gioia di vivere nei tempi ardenti e eroici di quel sullodato ventennio. Dal [...]

[...]romanziere, in ogni strato della società italiana del tempo il fascismo trovò i campioni e i campionissimi dello spionaggio, foraggiati dall’Ovra, i cui funzionari sapientemente diretti dall'infernale Bocchini erano abilissimi nel mettere il dito sulle piaghe delle ambizioni sbagliate, delle piccole e grosse magagne da coprire, delle vanità da soddisfare, dei risentimenti da sfogare. In questo letamaio il regime affondava le mani già lorde di sangue e su un materiale di tal fatta erigeva il granitico edificio della propria sicurezza ».

Compiuta la propria missione, l'informatore compilava un rapporto,

Io firmava nel modo convenuto e

10 spediva per posta, a una determinata casella postale. Nei casi urgenti, in cui fosse stato necessario ricorrere al telegrafo, veniva usato un cifrario convenzionale.

Secondo un articolo apparso su La Nazione

11 16.8.1948: « Il capo della polizia e quello dell’Ovra avevano ancora altre fonti di informazione da due loro reti di confidenti personali e di fiducia, con i quali erano in contatto [...]

[...]i e per conto di questi reclutava altri "informatori" e "informatrici", queste ultime specialmente tra le dame della alta società romana o impiegate presso grandi industrie ».

La vigilanza antifascista

Contro le insidie dell’Ovra cercavano di difendersi come potevano gli antifascisti, e in particolar mo

do i comunisti che costituivano il principale bersaglio della organizzazione spionistica. La stampa del P.C.I. metteva costantemente in guardia i militanti, smascherando le spie ed esortando i compagni con incarichi di responsabilità, alla massima vigilanza cospirativa. I criteri erano severi, rigorosi, e automaticamente veniva adottata l’esclusione dalle file dell’organizzazione clandestina per chiunque fosse sospettato di intrattenere rapporti con l’Ovra; l'espulsione, se (anche in buona fede) si fosse lasciato carpire qualsivoglia informazione atta a mettere in pericolo la sicurezza del movimento.

Esemplare, a questo proposito, quanto è riportato dalla rivista del P.C.I. Stato Operaio, pubblicata in Francia, nell’articolo [...]

[...]va adottata l’esclusione dalle file dell’organizzazione clandestina per chiunque fosse sospettato di intrattenere rapporti con l’Ovra; l'espulsione, se (anche in buona fede) si fosse lasciato carpire qualsivoglia informazione atta a mettere in pericolo la sicurezza del movimento.

Esemplare, a questo proposito, quanto è riportato dalla rivista del P.C.I. Stato Operaio, pubblicata in Francia, nell’articolo «Come lavora l'Ovra », (marzo 1933). Riguarda il caso del militante triestino Tlustos che, tratto in inganno dal comportamento benevolo degli agenti del commissario D’Andrea, capo dell'Ovra bolognese, aveva finto di assecondarli, portandoli su piste false e riuscendo poi a fuggire. Ma la segreteria del P.C.I., insospettita dalla sua successiva relazione, lo aveva espulso con questo commento che suonava a monito per tutti i militanti:

« Tlustos ha fatto un compromesso, ha tradito [...]. Ha accettato di discutere con agenti dell’Ovra, ha spiegato il comuniSmo agli ovristi (!!), ha fatto delle ammissioni numerose su questo o quel pun[...]

[...]e, deve diffidare di tutto e di tutti, non deve confermare nulla, non deve dare dati e nomi. Deve stare zitto. Altrimenti sarà disono, rato ».

Tentata riabilitazione del l'Ovra

Alla caduta del fascismo, una Commissione speciale fu incaricata di compilare l’elenco dei confidenti dell’Ovra e, sulla Gazzetta Ufficiale del 2.7.1946, vennero pubblicati 622 nominativi. Ma questo era il frutto di un esame assai incompleto e, per di più, la stessa G.U. scriveva che, quanto alle responsabilità

o meno dei nominativi, non era stato compiuto « nessun accertamento ».

Scrisse in proposito Ernesto Rossi: « Si tratta solo di una piccola parte di spie dell’Ovra, anche perché l’elenco non riportava tutte le spie che erano morte, tutte le spie di cui non si era riusciti ad identificare nome e cognome. E poi quelle erano le spie che facevano capo al centro, alla direzione generale della polizia; ma c’erano tutte le spie locali che facevano riferimento alle questure e all’Ovra locali ».

Dopo la pubblicazione dell’elenco dei confidenti del l’Ovr[...]

[...]56 vennero riconosciuti validi e 131 respinti. Ma anche in questa circostanza la Commissione responsabile dell’esame dei ricorsi fu di manica larga: per esempio, essa accettò ricorsi nei quali gliinteressati, pur ammettendo di aver svolto un’attività politica informativa, sostenevano di non averla svolta « nell’interesse del regime », presentando documentazioni e testimonianze tutt’altro che convincenti e addirittura di comodo.

Il commissario Guido Leto (v.) che dal 1926 aveva collaborato con il Di Stefano e, alla morte di questi,

LA VOCE REPUBBLICANA

_______ ________oeorjjouMO xtnx. j*a.ktxro i*aua.vo

^ttegfe eranw>,e sple ,|tv||OVIlA

La Voce Repubblicana del 4.7.1946 con l'elenco delle spie dell’Ovra



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 780

Brano: [...]ultuosa riunione alla Costituente.

La Cassazione, per parte sua, l’11.

7.1947 dichiarò la competenza dei tribunali ordinari e non di quelli militari sulla base del Decreto legge 6.9.1946 n. 93, il quale esplicitamente escludeva l'applicazione della legge penale militare a coloro i quali avevano la qualifica di partigiano combattente. Inoltre la Cassazione riconobbe ai comandanti delle formazioni la qualità di pubblici ufficiali con il conseguente potere di sequestrare beni al nemico e di custodirli. (« Giustizia penale », 1948, II, p. 584 ss.).

La questione di fondo era naturalmente quella della processabilità o meno della Resistenza, della riducibilità di questa particolarissima forma di guerra agli schemi giuridici ordinari. Basti riflettere sulla stessa qualifica dei comandanti partigiani come « pubblici ufficiali » e sul fatto di considerare le loro azioni poste in essere nell’interesse e per conto dello Stato. Si trattava di un riconoscimento che serviva sicuramente a legittimare molte azioni partigiane (sia pure nell’ottica della continuità istituzionale dello Stato), ma che altrettanto sicuramente andava ad aggravare la posizione di chi veniva sottoposto a processo: per l’« oro di Dongo », ad esempio, la Cassazione definì il fatto come « peculato », ipotesi più grave propr[...]

[...]ano giuridico a prestarsi più alla ripresa reazionaria che non al consolidamento delle conquiste partigiane.

Scriverà Roberto Battaglia in « Rinascita » (1949, n. 5 pag. 205), nel suo articolo « Come viene fatto il processo alla Resistenza »: « La piccola borghesia e molte oneste persone, che non comprendono tuttavia ov’è il punto dolente della lotta, si affannano inutilmente a regolarizzare la situazione dei partigiani, a ricondurre anche la guerra di liberazione negli schemi d'una guerra ordinaria, a trasformare 'il C.V.L. in una specie di corpo d’alpini sopravvissuto e riorganizzatosi dopo la tempesta delI’8 settembre. [...] i giuristi borghesi della Resistenza sono i primi a cadere nella trappola della tecnica tesa loro dalle vecchie e ben più astute caste dell’apparato burocratico [...] non si accorgono che facendo così non fanno altro che prestarsi al giuoco del l'avversario, riaccettare la vecchia soggezione: tant'é vero che fino 'all'estate del ’46 esce un solo provvedimento per i partigiani che suddivide le ca

tegorie, i casi, i commi, che è irto di distinzioni [...]

[...]arecchio radioricevente, di un contributo in denaro imposto, ecc.. Vediamo qualche caso. Una pattuglia partigiana era stata attaccata all’improvviso dai tedeschi mentre si trovava all’interno di uno stabilimento di proprietà di un tale Ostino, nelle vicinanze di Chieri. Il Comando partigiano aveva deciso una rappresaglia nei confronti del proprietario, ritenuto l’organizzatore della « soffiata » ai nazifascisti, ma, per evitare le possibili conseguenze alla popolazione civile, aveva sostituito l’azione militare con l’imposizione del pagamento di un milione di lire a carico dell’Ostino. A guerra terminata, quest'ultimo agì davanti al Tribunale di Torino contro Fantini, delegato al Comando di zona partigiana, per la restituzione della somma. L’11.7.1947, il Tribunale rigettò la domanda e ritenne legittimo l’esercizio, da parte del Comando partigiano, del potere di imporre contribuzioni di guerra e di compiere rappresaglie. Si veda la sentenza in Foro padano (1947, I, p. 524 e ss.) con nota favorevole di C. Galante Garrone, « Sul potere del comandante partigiano in zona di operazioni ».

Un caso analogo, con aspra polemica tra giuristi, riguardò la confisca di un apparecchio radioricevente operata da partigiani comandati da Enrico Martini Mauri in danno di un noto fascista di Lesegno (Mondovì), Luigi Pozzo, il quale svolgeva attiva opera antipartigiana ascoltando i bollettini di guerra nemici e successivamente diffondendoli. La decisione assolutoria dei giudici (prima il Tribunale di Cuneo e poi la Corte d’appello) provocò un violentissimo commento critico di A. M. SandulH.

In « Foro padano » (1947, I, p. 524 e segg.): In una sua nota critica (« In tema di confische operate da partigiani ») Sandulli parlò di sentenza dettata dalla « preoccupazio

ne di parlar male di Garibaldi ». L'autore contestò inoltre che una radio solo ricevente potesse considerarsi « mezzo bellico » soggetto a confisca e auspicò che « la giustizia serena — e, se occorre, spietata — si realizz[...]

[...]ntissimo commento critico di A. M. SandulH.

In « Foro padano » (1947, I, p. 524 e segg.): In una sua nota critica (« In tema di confische operate da partigiani ») Sandulli parlò di sentenza dettata dalla « preoccupazio

ne di parlar male di Garibaldi ». L'autore contestò inoltre che una radio solo ricevente potesse considerarsi « mezzo bellico » soggetto a confisca e auspicò che « la giustizia serena — e, se occorre, spietata — si realizzi ugualmente nei confronti di tutti: anche di quelli che hanno sacrificato tutto alla salvezza comune ».

A questi argomenti rispose in modo appassionato ed efficace, sulle stesse colonne del « Foro Italiano » (1948, I, col. 323) l’avvocato Dante Livio Bianco, il quale tra l’altro ricostruì efficacemente le circostanze concrete e la conseguente legittimità dell’operato dei partigiani: « Il fatto avvenne in un piccolo paese, punto vitale della lotta fra partigiani e nazifascisti, su una linea di comunicazione vigorosamente battuta dall’aviazione alleata: un piccolo paese dove non certo tutti i giorni arrivano i giornali e dove le autorità nazifasciste per non sbagliarsi avevano pensato bene di togliere la radio agli abitanti "di non sicura fede". In queste circostanze è un po’ difficile ravvisare nella radio significativamente lasciata al propagandista repubblichino un innocente strumento di privata informazione ».

Se i proces[...]

[...]o di privata informazione ».

Se i processi di questo tipo (specie quello per l’« oro di Dongo ») furono i più rilevanti per le implicazioni politiche generali che comportavano, la massa dei processi ai partigiani venne d’altra parte giuridicamente mimetizzata come una sequela di casi di « volgare » rapina, furto, omicidio o altri reati comuni.

Contro i provvedimenti d\i amnistia

Il Decreto legge luogotenenziale del 12.4.1945, n. 194 (in G.U. del 15.5.

1945, n. 58) aveva, per esempio, dichiarato espressamente non punibili, in quanto operazioni di guerra, « gli atti di sabotaggio, le requisizioni ed ogni altra operazione compiuta dai patrioti per la necessità di lotta contro i tedeschi ed i fascisti ». Ma l’11.12.1946 la Cassazione ritenne generalmente « fuori dalle previsioni del detto decreto la rapina anche se commessa per continuare a vivere alla macchia senza sottostare ai voleri dei tedeschi ». (Si veda « Giustizia penale », 1948, II, p. 160).

I giudici tesero inoltre a circoscrivere l’ambito dei comportamenti riconosciuti come politici, introducendo tra l’altro la distinzione tra « fine politico » che, per esempio, rendeva appli[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 781

Brano: Processi ai partigiani

parte del bottino a vittime di nazifascisti, divide il resto con i suoi vicini ». C. Cass. 16.10.46, (In « Giustizia penale », 1947, II, p. 228).

Si vedano anche, dello stesso tenore, le sentenze della Cassazione dell ’11.12.1947, in « Rivista penale » (1947, 11), quella del Tribunale militare territoriale di guerra di Roma del 13.1.1946 in «Archivio penale» (1946, II, p. 253 ss.), quella della Corte d'Assise di Ferrara del 28.10.1946 in « Critica penale » (1948, p. 1921).

Come si vede, l’aspetto individuale era secondario; mentre, da ciò che è dato capire dalla ricostruzione giudiziaria, vi era una dimensione collettiva e politica incomprensibile per giudici che interpretavano in modo restrittivo una norma la quale, come risulta dalla relazione del guardasigilli Pai miro Togliatti, era esplicitamente destinata agli

« atti commessi in violazione delle leggi penali, dopo la liberazione del terri[...]

[...]erra di Roma del 13.1.1946 in «Archivio penale» (1946, II, p. 253 ss.), quella della Corte d'Assise di Ferrara del 28.10.1946 in « Critica penale » (1948, p. 1921).

Come si vede, l’aspetto individuale era secondario; mentre, da ciò che è dato capire dalla ricostruzione giudiziaria, vi era una dimensione collettiva e politica incomprensibile per giudici che interpretavano in modo restrittivo una norma la quale, come risulta dalla relazione del guardasigilli Pai miro Togliatti, era esplicitamente destinata agli

« atti commessi in violazione delle leggi penali, dopo la liberazione del territorio nazionale, da combattenti di queste formazioni partigiane, a cui va imperitura la riconoscenza del paese ». (In « Le Leggi », 1946. d. 4146).

Che l’atteggiamento dei giudici fosse molto più disponibile nei confronti dei fascisti (v. Processi ai fascisti) che verso i partigiani, lo dimostrano alcuni dati statistici relativi ai primi mesi di applicazione di quella amnistia.

Al 31.7.1946 vi erano state 219.481 pronunce, tra le quali, per m[...]

[...], di queste, solo 153 erano relative a partigiani.

Mario Bracci, in un articolo intitolato « Come nacque l'amnistia », apparso in « Il ponte » (1947, n. 1112, p. 11056) scrisse: « Il fatto che l'amnistia fosse diretta principalmente ai fascisti ("amnistia Togliatti”) non è sufficiente a spiegare una differenza così grande ».

Lo squilibrio era tale da rendersi necessario, per superare le resistenze della magistratura, quel decreto di Fausto Gullo (6.9.1946, in G.U. 19.9.1946, n. 212) che aveva il tenore di un vero e proprio ordine amministrativo:

« Art. 1 Non può essere emesso mandato od ordine di cattura o di arresto, e se è stato emesso deve essere revocato, nei confronti dei partigiani, dei patrioti e delle altre persone indicate nel comma secondo dell'articolo unico del Decreto legislativo luogotenenziale 12 aprile 1945, n. 194, per i fatti da costoro commessi durante l'occupazione nazifascista e successivamente fino al 31 luglio 1945, salvo che, in base a prove certe, risulti che i fatti anzidetti costituiscono reati comuni ».

il testo era c[...]

[...]estrato del denaro, di aver arrestato un fascista e ucciso un collaborazionista della Decima Mas. Le richieste di applicazione dell’ amnistia e di revoca degli ordini di cattura furono respinte, in quanto i fatti addebitati furono considerati non delitti politici ma « vendette » politiche. Solo dopo ben 29 mesi di carcerazione preventiva la Corte d’Assise di Roma assolse tutti gli imputati, meno uno che intanto era morto in carcere. (Mario Berlinguer, « Processi politici nell’Italia d’oggi », in « Rinascita »,

IV, 1947, n. 1112, p. 334).

Numerosi mandati di cattura furono mantenuti, come quello nei confronti di Piccardi [Icaro), comandandante della formazione « Friuli ». In altri casi furono nuovamente arrestati imputati che erano già stati scarcerati in quanto era stato riconosciuto il movente politico delle loro azioni.

Nell'articolo di Mario Berlinguer se ne cita uno: « Così accadde a certo Pompei Francesco di Ariccia il quale, proprio nel giorno della Liberazione, imbattutosi in una spia dei tedeschi che aveva denunziato e fatto deportare un suo giovane figliolo, morto poi nelle camere dei gas in Germania, ebbe con lui un diverbio e, minacciato, lo uccise. Nessun movente politico, si disse rinnegando i! precedente provvedimento ».

Quattro partigiani modenesi [Mal otti, Rossi, T avernar i, Mensini) assolti dopo oltre 4 anni di carcere preventivo (Bologna, ottobre 1952)

Da una sentenza della Corte di Cassazione del 25.4.1947 (in « Gi[...]

[...]7, III, p. 392 ss.) si apprende che vi fu anche il caso di un partigiano, accusato « di avere nell'esecuzione di un’operazione compiuta per la necessità di lotta contro i tedeschi e i fascisti, esploso un colpo di moschetto in Ponte Stazzema, nella notte dal 14 al 15 gjugno 1944, cagionando lesioni gravi a Vezzoni Giuseppe nonché la morte dell’altro patriota e vicebrigadiere dei carabinieri Palmiesi Cesare, che aveva anch'egli l'iniziativa di eseguire lo stesso servizio senza darne preventiva comunicazione al comune Comando [...] ». L’imputato, denunciato e arrestato nel settembre del 1945, restò in carcerazione preventiva fino all 'aprile. del 1947, quando l'organo inquirente si accorse che « per costatazione ictu oculi » poteva e doveva essere applicato il decreto Gullo con conseguente scarcerazione. Ebbene, la lunga carcerazione preventiva servì a... risolvere un conflitto di competenza tra giudice ordinario e militare.

L’atteggiamento della magistratura non fu d’altra parte molto più aperto nell’applicazione di altre leggi a favore dei partigiani. Ci si riferisce in particolare all'art. 2 del R.D. 5.4.1944 n. 96, con il quale tra l’altro veniva concessa amnistia per i reati, « punibili con la pena detentiva non superiore nel minimo a cinque anni », commessi da chi dopo l’8.9.1943

« ha partecipato con reparti militari, regolari od irregolari, o in occasione di mo[...]

[...]riore nel minimo a cinque anni », commessi da chi dopo l’8.9.1943

« ha partecipato con reparti militari, regolari od irregolari, o in occasione di moti popolari, a fatti di armi [...] ovvero ha, anche isolatamente come militare o come civile, compiuti atti diretti a frustrare la attività bellica delle truppe tedesche o di chi ad esse prestava aiuto ». (In Gazzetta Ufficiale, serie speciale, 5.4.1944 n. 17).

Si veda inoltre la relazione del guardasigilli in « Archivio penale », 1946, I, p. 303

4. Sull'art. 1, che prevedeva un’ipotesi ancora più ampia (« È concessa amnistia per tutti i reati, quando il fine che li ha determinati sia stato quello di liberare la Patria dall’occupazione tedesca, ovvero quel

lo di ridare al popolo italiano le libertà soppresse o conculcate dal regime fascista»), sono rintracciabili pochissime pronunce: Tribunale Supremo Militare 9.7.1946, in « Rivista penale », 1946, II, p. 952+4; Corte di Cassazione 28.1.1946, in « Rivista penale», 1946, 11, p. 6601.

I destinatari erano chiaramente coloro che,[...]

[...]upremo Militare 9.7.1946, in « Rivista penale », 1946, II, p. 952+4; Corte di Cassazione 28.1.1946, in « Rivista penale», 1946, 11, p. 6601.

I destinatari erano chiaramente coloro che, dopo aver commesso reati comuni o militari, avevano « riscattato il passato con atti di patriottismo » avendo « combattuto contro il tedesco per scacciarlo dal sacro suolo della Patria o per frustrarne l’attività bellica », secondo le parole della relazione del guardasigilli.

Le qualifiche di partigiano

La questione che con maggior frequenza si pose nelle applicazioni giurisprudenziali fu quella sulla suf

781



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 570

Brano: [...]elle lotte di quei montanari, nonostante un arresto e varie intimidazioni. Nel 1916 fu eletto sindaco del comune, confermato nelle elezioni del 1920. Destituito in autorità (per le sue iniziative di lotta) nel 1921, in quello stesso anno aderì al Partito comunista. Licenziato per motivi politici dall’impiego che aveva assunto presso l'amministrazione postale, per sfuggire ai continui arresti e alle aggressioni fasciste emigrò in Francia, dove si guadagnò da vivere facendo i lavori più disparati. Rientrò in Italia nel 1940, ma per i suoi precedenti gli fu proibito di dimorare nel paese natio.

Riebbe l’impiego alle Poste dopo la Liberazione e riprese l’attività politica. Fu sindaco di Castiglione dei Pepoli dal 1951 al 1961, quando si dimise dal|a carica per motivi di salute e per l’età ormai molto avanzata.

Giudice, Maria

N. a Codevilla (Pavia) il 27.4.1880, m. a Catania nel secondo dopoguerra; maestra elementare.

Giovane socialista e attivissima propagandista fra le contadine, nel 1902 era segretaria della Camera del lavoro [...]

[...] da vivere facendo i lavori più disparati. Rientrò in Italia nel 1940, ma per i suoi precedenti gli fu proibito di dimorare nel paese natio.

Riebbe l’impiego alle Poste dopo la Liberazione e riprese l’attività politica. Fu sindaco di Castiglione dei Pepoli dal 1951 al 1961, quando si dimise dal|a carica per motivi di salute e per l’età ormai molto avanzata.

Giudice, Maria

N. a Codevilla (Pavia) il 27.4.1880, m. a Catania nel secondo dopoguerra; maestra elementare.

Giovane socialista e attivissima propagandista fra le contadine, nel 1902 era segretaria della Camera del lavoro di Voghera e, nel 1903, di quella di Borgo San Donnino (Parma). La sua grande combattività su posizioni di intransigenza le costò le prime condanne per propaganda antimilitarista.

Unitasi con l’anarchico Carlo Civardi (dal quale ebbe 6 figli), visse a Pavia collaborando alla stampa socialista e spingendosi tino in Svizzera per tenere conferenze ai lavoratori italiani emigrati. Nel 1910 si trasferì a Milano, dove continuò sia l’insegnamento elementare [...]

[...]e spingendosi tino in Svizzera per tenere conferenze ai lavoratori italiani emigrati. Nel 1910 si trasferì a Milano, dove continuò sia l’insegnamento elementare sia il lavoro politico fra le donne. Nel 1914 passò a Borgosesia, dove capeggiò la “lega rossa” (v. Valsesia). Nello stesso anno fu eletta segretaria della Federazione socialista valsesiana. Arrestata durante uno sciopero di tessili, fu carcerata per alcuni mesi.

Nel corso della Prima guerra mondiale, contro la quale condusse una serrata azione antiinterventista attraverso il settimanale “La campana socialista” da lei stessa diretto,

divenne segretaria della Federazione torinese del P.S.I.. Nel settembre 1916 fu arrestata con Umberto Terracini per manifestazioni contro la guerra e nel 1917 fu alla testa dei moti torinesi che le costarono una condanna davanti al Tribunale militare e oltre un anno di carcerazione.

Riacquistata la libertà dopo la fine della guerra, si trasferì in Romagna e poi in Sicilia, dove si unì all’avvocato socialista Giuseppe Sapienza (v.). Esponente della frazione massimalista del P.S.I., con l'ascesa dei fascisti al potere subì nuovi arresti e persecuzioni poliziesche che tuttavia non ne fiaccarono la tempra.

Trasferitasi a Roma con il suo compagno all'inizio della Seconda guerra mondiale, dopo T8.9.1943 partecipò con lui alla Resistenza romana, redigendo un foglio ciclostilato clandestino. I due si stabilirono successivamente a Catania, dove lei morì qualche anno più tardi, seguita a breve distanza dal suo compagno.

Giuriati, Giovanni

N. a Venezia il 4.8.1876, m. a Roma nel 1970; avvocato.

Laureato in Legge all’Università di Padova, fu un esponente dell’irredentismo (v.) e, dal 1913, presidente della Società “Trento e Trieste”. Fu quindi interventista e combattè nella Prima guerra mondiale guadagnandosi medaglie e promozioni. Partecipò all’impresa fiumana del 1919 e fu capo di gabinetto di Gabriele D’Annunzio durante l’occupazione di Fiume.

Nel 1920 aderì al fascismo e capeggiò le squadre venete al momento della marcia su Roma. Deputato dal

1921, confermato nelle elezioni del 1924, fu ministro delle Terre liberate nel 1923 e ministro dei Lavori pubblici dal 1925 al 1929, quando venne eletto presidente della Camera fascista. Nel settembre 1930 fu chiamato da Benito Mussolini a sostituire Augusto Turati (v.) al vertice del Partito fascista.

Segretario del P.N.F. (193031)
[...]

[...]a del 1919 e fu capo di gabinetto di Gabriele D’Annunzio durante l’occupazione di Fiume.

Nel 1920 aderì al fascismo e capeggiò le squadre venete al momento della marcia su Roma. Deputato dal

1921, confermato nelle elezioni del 1924, fu ministro delle Terre liberate nel 1923 e ministro dei Lavori pubblici dal 1925 al 1929, quando venne eletto presidente della Camera fascista. Nel settembre 1930 fu chiamato da Benito Mussolini a sostituire Augusto Turati (v.) al vertice del Partito fascista.

Segretario del P.N.F. (193031)

Considerato esponente dell’ala “colta” ed elitaria del partito (cui si contrapponevano i “ras” capeggiati dal cremonese Roberto Farinacci), Giuriati svolse soprattutto il compito di “fascistizzare” i giovani e il mondo della cultura: rafforzò i G.U. F. (v.), varò il “Decalogo del perfet

Giovanni Giuriati

to giovane fascista”, insieme a Giovanni Gentile propose a Mussolini il giuramento (v.) obbligatorio per tutti i docenti universitari. Ma nel suo zelo di bonificare il partito dai violenti, dai corrotti e dagli opportunisti andò oltre le direttive del Duce e, nel corso di un anno, tolse la tessera a 120.000 fascisti « indegni di chiamarsi tali ». Quest’ultima iniziativa gli inimicò parecchi gerarchi che convinsero Mussolini a farlo dimettere per sostituirlo con Achille Starace (v.).

Insignito (1932) del collare della SS. Annunzi[...]

[...] corso di un anno, tolse la tessera a 120.000 fascisti « indegni di chiamarsi tali ». Quest’ultima iniziativa gli inimicò parecchi gerarchi che convinsero Mussolini a farlo dimettere per sostituirlo con Achille Starace (v.).

Insignito (1932) del collare della SS. Annunziata, la massima decorazione italiana dell'epoca, Giuriati rimase presidente della Camera fino al 1934 e passò poi al Senato. Console generale della Milizia, durante la Seconda guerra mondiale divenne ufficiale di collegamento tra il ministro degli Esteri e il Comando supremo. Dieci giorni prima del 25 luglio 1943 fu tra i gerarchi che sollecitarono il Duce a convocare il Gran Consiglio del fascismo; ma quando, dopo I’8 settembre, Alessandro Pavolini e Guido Buffarini Guidi gli proposero di fare il ministro degli Esteri della repubblica di Salò, ebbe il buon senso di rifiutare prontamente l’incarico (che venne assunto direttamente da Mussolini).

Processato nel dopoguerra per il rilevante contributo dato al fascismo, fu assolto e potè vivere indisturbato nella capitale fino a 94 anni.

Giust, Giuseppe

Vitas. N. a Sarone di Caneva di Sacile (Pordenone) il 16.9.1920.

Subito dopo I’8.9.1943 organizzò la gioventù di Cordignano e Caneva, costituendo i primi gruppi partigiani del luogo, con i quali disarmò po

570


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine G.U., nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---fascista <---fascisti <---Giustizia penale <---comunista <---fascismo <---italiana <---nazifascisti <---propagandista <---Archivio penale <---Borgo San Donnino <---C.V.L. <---Caneva di Sa <---Castiglione dei Pepoli <---Critica penale <---D.L.L. <---D.P. <---Dante Livio Bianco <---De Gasperi <---Di Stefano <---Diritto <---Enrico Martini Mauri <---Foro Italiano <---Giuseppe Sapienza <---La Nazione <---La Voce <---La Voce Repubblicana <---La campana <---Liberazione in Italia <---Luigi Pozzo <---P.C.I. <---P.N.F. <---P.S.I. <---Partito comunista <---Pompei Francesco di Ariccia <---Ponte Stazzema <---R.D. <---Rientrò in Italia <---Rivista penale <---Roma-San <---Sarone di Caneva di Sa <---Scriverà Roberto Battaglia <---Sport di Milano <---Tribunale Supremo Militare <---Tribunale di Cuneo <---Tribunale di Torino <---antifascista <---antifascisti <---antiinterventista <---antimilitarista <---antipartigiana <---collaborazionista <---collaborazionisti <---comunisti <---d'Assise <---dell'Ovra <---dentismo <---fasciste <---interventista <---italiani <---italiano <---massimalista <---nazifasciste <---opportunisti <---ovristi <---patriottismo <---siano <---socialista <---valsesiana



Modalità in atto filtro S.M.O.G+: CORPUS OGGETTO

visualizza mappa Entità, Analitici e Records di catalogo del corpus selezionato/autorizzato (+MAP)




Interfaccia kSQL

passa a modalità Interfaccia kSQL