Brano: Appendice
aveva condannato nel 1864 il liberalismo come eresia).
A bloccare questa ventata di rinnovamento fu l’enciclica di Pio X « Pascendi » contro il movimento modernista, considerato foriero di gravi errori dogmatici e morali. Nella Fuci si scontrarono così l’anima più culturale e quella più praticapastorale, maggiormente propensa al lavoro nel sociale lasciando perdere le dispute teologiche. Prevalse questa seconda. A decretare il silenzio su questioni filosofiche fu
lo stesso padre Agostino Gemelli, che impose a tutti gli universitari una linea di rigoroso tomismo (cioè la filosofia perennis direttamente dedotta dal pensiero di san Tommaso d’Aquino).
Ma la natura federativa della Fuci non permetteva un rigido controllo su persone e idee. Per questo non si spensero mai spazi e tempi per una riflessione diversa. Infatti[...]
[...]arono così l’anima più culturale e quella più praticapastorale, maggiormente propensa al lavoro nel sociale lasciando perdere le dispute teologiche. Prevalse questa seconda. A decretare il silenzio su questioni filosofiche fu
lo stesso padre Agostino Gemelli, che impose a tutti gli universitari una linea di rigoroso tomismo (cioè la filosofia perennis direttamente dedotta dal pensiero di san Tommaso d’Aquino).
Ma la natura federativa della Fuci non permetteva un rigido controllo su persone e idee. Per questo non si spensero mai spazi e tempi per una riflessione diversa. Infatti l'attività della Fuci si sostanziava in dibattiti, seminari, convegni, conferenze, che i fucini vivevano riunendosi in assemblee e congressi periodici.
La F.U.C.I. e il fascismo
Particolarmente illuminata fu negli anni 191012 la presidenza di Francesco Luigi Ferrari (v.), un laico che avrebbe dato filo da torcere al regime fascista come esponente del Partito Popolare di don Luigi Sturzo. Alla vigilia della Prima guerra mondiale la Fuci, dopo un tentennamento filonazionalista condannò questo atteggiamento. Al termine della guerra, tra i gruppi della Fuci si segnalò per vivacità a Brescia (v.) quello della “Fionda”, tra le fila del quale erano personaggi della tempra di padre Bevilacqua e di Ludovico e Giovan Battista Montini (v. Paolo VI).
Molti fucini confluirono nel P.P.I., tra questi Giuseppe Spataro (v.), presidente tra il 1920 e il 1922. Ma l’inclinazione politica della Fuci nel dopoguerra fu bruscamente interrotta dall'avanzare del fascismo, che si sarebbe di lì a pochi anni scontrato con l’Azione cattolica (v.) e l'intera Chiesa italiana.
All'interno della Fuci prevalse ancora una volta la linea più moderata (meno politica e meno vivace). Ma ormai lo scontro tra Fuci e Gruppi universitari fascisti (v. G.U.F.) era una realtà. Dal congresso bolognese del 1925 a tutto il 1933 la Fuci fu bersaglio quasi quotidiano delle intimidazioni e delle violenze fasciste, anche se i fucini non erano tutti dichiaratamente antifa
scisti.
Su questioni di diplomazia con il regime caddero le teste di assistenti spirituali quali don Giandomenico Pini, don Luigi Pistelli e infine lo stesso Montini. Il 1925 fu anche l'anno in cui papa Ratti (Pio XI) decretò la revisione degli statuti dell'Azione cattolica in una struttura ancor più gerarchica e controllata nelle ramificazioni. Anche i presidenti nazionali della Fuci, fino a quel momento eletti democraticamente dai gruppi, da allora in poi vennero scelti dal Romano Pontefice.
Il maggior legame tra Fuci e giunta dell'A.c. non mise al riparo i fucini dalle vessazioni fasciste. La via della Fuci sembrava tuttavia segnata: ripiegarsi sulla formazione spirituale e culturale, l'unica che concedesse spazi di libertà non controllati dal regime e dalla stessa gerarchia ecclesiastica (almeno fino a un certo punto).
Per l'intera cattolicità italiana una data spartiacque fu senz’altro il
1929, anno della stipula dei Patti Lateranensi (v.) che ponevano termine a una cinquantennale ferita: la questione romana, cioè l'esproprio dello Stato del Vaticano con la breccia di Porta Pia nel 1870. I cattolici italiani poterono tirare un sospiro di sollievo e molti sottoscrissero il giudizio su Mus[...]
[...]a cattolicità italiana una data spartiacque fu senz’altro il
1929, anno della stipula dei Patti Lateranensi (v.) che ponevano termine a una cinquantennale ferita: la questione romana, cioè l'esproprio dello Stato del Vaticano con la breccia di Porta Pia nel 1870. I cattolici italiani poterono tirare un sospiro di sollievo e molti sottoscrissero il giudizio su Mussolini “uomo della Provvidenza”, ma al coro dei consensi non si associò più di un fucino, tra cui i vertici stessi della federazione, che ogni giorno sperimentavano nelle università la prassi dei Guf e sapevano fin troppo bene di qual tenore fosse l'ideologia che cementava gli ordini dell’uomo della Provvidenza.
Non si può dire che i fucini manifestassero dichiaratamente il loro dissenso, ma nella corrispondenza privata tra loro o con esponenti ex fucini del P.P.I. in esilio molti di essi esprimevano assai chiaramente i loro dubbi e pericoli insiti nel l'aver vincolato l'opera apostolica della chiesa, concordandola con il cavalier Benito. Essi dimostravano, come scriverà lo storico Nicola Antonetti, « di volersi giovare solo della lettera delle garanzie concordatarie » e di essere invece riluttanti nei confronti « dello spirito che ha animato la attuazione » dei Patti stessi.
La Fuci ufficiale mostrò anche nei fatti di rifiutare la protezione del regime, consapevole che la posta in gioco era il vasto campo dell’educazione giovanile e, nella fattispecie, quello dell’educazione universitaria delle generazioni che sarebbero diventate classe dirigente. La Fuci avvertiva l'inconciliabilità tra pedagogia cristiana e pedagogia
fascista, intrisa com'era quest'ultima di retorica statolatria, di violenza e di culto paganeggiante della natura.
Queste tensioni raggiunsero l'apice nel 1931, quando (a soli tre anni dal Concordato) si ebbe la chiusura delle associazioni cattoliche da parte del regime e lo scontro tra fascismo e Azione cattolica divenne manifesto anche ai più ottimisti sostenitori della ritrovata unità fra trono e altare. L’accordo del 3.9. 1931, che sanciva il compromesso, significò per la Fuci la riduzione di ogni gruppo a gruppo “dioc[...]
[...]tima di retorica statolatria, di violenza e di culto paganeggiante della natura.
Queste tensioni raggiunsero l'apice nel 1931, quando (a soli tre anni dal Concordato) si ebbe la chiusura delle associazioni cattoliche da parte del regime e lo scontro tra fascismo e Azione cattolica divenne manifesto anche ai più ottimisti sostenitori della ritrovata unità fra trono e altare. L’accordo del 3.9. 1931, che sanciva il compromesso, significò per la Fuci la riduzione di ogni gruppo a gruppo “diocesano”, sotto il vigile controllo del vescovo, ma significò anche il riconoscimento della Federazione stessa che, unica nel suo genere, non chiuse i battenti. Così, negli anni ’30, la Fuci fu di fatto l’unica oasi dove potesse maturare in Italia un fermento di pensiero cattolico democratico e potesse esprimersi una leggera voce di dissenso rispetto al trionfalismo della nascente società di massa.
Ad alimentare un’apertura verso tematiche qualitativamente nuove intervenne la diffusione, tra le fila fucine, delle opere del vivace cattolicesimo francese. Tra queste, l’opera del filosofo Jacques Maritain, del quale lo stesso Montini aveva tradotto già nel 1927 I tre riformatori (cioè i pilastri della cultura moderna: Lutero, Cartesio, Rousseau), mentre il fucino Dorè per la Card. Ferrari di Roma traduceva II primato del spirituale.
Era il Maritain che usciva dalla fase antimoderna per aprirsi alla comprensione, seppure in chiave tomista, della filosofia contemporanea. L’altra opera che circolava dattiloscritta tra i fucini era Umanesimo integrale, del 1936, testo sul quale si formò buona parte della generazione che, nel dopoguerra, avrebbe preso le redini del Paese. In quegli stessi anni, organo della Fuci era diventato il foglio Azione Fucina, cui partecipavano, con loro scritti, personalità quali i teologi Congar, Sertillanges e Clérissac. Le tematiche che andavano via via affermandosi erano quelle tipiche intracattoliche del rinnovamento liturgico, del movimento ecumenico, dello studio della teologia e delle Scritture, del rinnovamento del l'ecclesiologia verso un’idea di comunione e di sacramento. Erano i germi che, negli anni ’50, avrebbero fatto maturare a papa Giovanni XXIII l’idea di un Concilio.
Sul piano più propriamente politico passava l’idea di una rifondazione della società che evitasse Scilla (cioè il liberalism[...]
[...]ropriamente politico passava l’idea di una rifondazione della società che evitasse Scilla (cioè il liberalismo materialista e capitalistico) e Cariddi (il comuniSmo marxista ateo e altrettanto materialista), riaffermando al tempo stesso
I esigenza di una convivenza democratica fondata sul primato della coscienza e del rispetto della persona umana. Valori e discorsi non propriamente omogenei con l’ideologia fascista.
Nel 1933, a opera di ex fucini, tra cui Igino Righetti, dalla Fuci nacque il Movimento laureati di Azione cat
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